black burnished ware : conservazione della memoria ... · questa industria ceramica basata...

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1 Bollettino di Archeologia on line I 2010/ Volume speciale B / B4 / 1 Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n. 330 ISSN 2039 - 0076 www.archeologia.beniculturali.it Maria Isabel D’Agostino Fleming Black Burnished Ware: conservazione della memoria tecnologica nella Britannia romana Introduzione Il lavoro qui presentato è il risultato di una ricerca su un tipo di ceramica domestica, considerata una delle più importanti produzioni di questa categoria nella Britannia romana e le cui origini risalgono all’età del ferro (circa II e I secolo a.C.). Ci fu un lungo periodo di produzione derivato dalla buona accettazione avuta tra le comunità della Britannia romana. I principali luoghi di produzione si trovavano nell’area di Wareham- Poole Harbour, nella regione di Dorset, nel sudest dell’Inghilterra, occupata dalle tribù dei Durotrigi (fig. 1 e 2). Si tratta della Black-Burnished Ware, in modo specifico la categoria classificata dagli specialisti come BB1. Il problema sollevato riguarda la conservazione della memoria tecnologica nel processo di questa produzione tra la comunità di artigiani, avendo come referenza l’approccio alla romanizzazione. Sono domande tuttora aperte, prendendo in considerazione il contrasto tra il successo di questa ceramica da Fig. 1 – Centri conosciuti di produzione di ceramica brunita BB1 (WILLIAMS 1977, fig. 5). Fig. 2 – Siti di supposta produzione di ceramica brunita (BB1) nell’area di Wareham-Poole Harbour di Dorset (adatto da WILLIAMS 1977, fig. 7).

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Bollettino di Archeologia on line I 2010/ Volume speciale B / B4 / 1 Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n. 330 ISSN 2039 - 0076

www.archeologia.beniculturali.it

Maria Isabel D’Agostino Fleming

Black Burnished Ware: conservazione della memoria tecnologica

nella Britannia romana

Introduzione

Il lavoro qui presentato è il risultato di una ricerca su un tipo di ceramica domestica, considerata una

delle più importanti produzioni di questa categoria nella Britannia romana e le cui origini risalgono all’età del

ferro (circa II e I secolo a.C.). Ci fu un lungo periodo di produzione derivato dalla buona accettazione avuta

tra le comunità della Britannia romana. I principali luoghi di produzione si trovavano nell’area di Wareham-

Poole Harbour, nella regione di Dorset, nel sudest dell’Inghilterra, occupata dalle tribù dei Durotrigi (fig. 1 e

2). Si tratta della Black-Burnished Ware, in modo specifico la categoria classificata dagli specialisti come

BB1. Il problema sollevato riguarda la conservazione della memoria tecnologica nel processo di questa

produzione tra la comunità di artigiani, avendo come referenza l’approccio alla romanizzazione. Sono

domande tuttora aperte, prendendo in considerazione il contrasto tra il successo di questa ceramica da

Fig. 1 – Centri conosciuti di produzione di ceramica brunita BB1 (WILLIAMS 1977, fig. 5).

Fig. 2 – Siti di supposta produzione di ceramica brunita (BB1) nell’area di Wareham-Poole Harbour di Dorset

(adatto da WILLIAMS 1977, fig. 7).

Maria Isabel D’Agostino Fleming – Black Burnished Ware: conservazione della memoria tecnologica nella Britannia romana

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cucina – evidenziato dalla vasta diffusione nel territorio dominato dai Romani – e le tecniche tradizionali di

produzione – adottate in un periodo in cui dominava il vasellame tornito non solo di ceramica da tavola più

raffinata, ma, tra i prodotti che riproducevano le loro forme ed erano diretti rivali, come nel caso della BB2, la

ceramica proveniente da un centro in Colchester e da altri luoghi vicini.

La Black-Burnished Ware è stata oggetto di lavori sistematici ed esaustivi, soprattutto di carattere

tecnologico, archeometrico ed etnoarcheologico, tra i quali ricordiamo quelli di Gillam1, sulla ceramica rustica

ritrovata nella zona delle Mura di Adriano; Gillam2, relativi alle fonti del materiale ceramico, trovato in luoghi

militari del nord della Britannia; Peacock3, sulla costituzione minerale degli impasti ceramici, che ha deter-

minato l’origine delle due principali categorie di questo

tipo di ceramica, denominate BB1 e BB2; Peacock4, un

approccio etno-archeologico applicato alla produzione e

al commercio della ceramica romana come un tutto;

Farrar5, sulle tecniche e fonti della Black-Burnished Ware

romano-britannica; Williams6, sulla caratterizzazione di

questa industria ceramica basata sull’analisi minera-

logica. Ricordiamo anche degli studi su altri tipi di

ceramica rustica della Britannia Romana, come quello di Loughlin

7, sulla Dales Ware, il cui approccio è utile per

capire l'infrastruttura della produzione della Black-

Burnished Ware. Perciò, in questa presentazione ver-

ranno utilizzati solo alcuni dati essenziali per quanto

riguarda la specificità della BB1 dell’area di Wareham-

Poole di Dorset, riguardo a: 1) le caratteristiche tecniche

della fabbricazione; 2) la traiettoria della sua produzione

e distribuzione.

Caratteristiche tecniche

Argilla grigia scura o nera, mescolata con sabbia

di quarzo di granelli di media dimensione, probabilmente

della regione; fatta a mano, di solito mostra segni di

rifiniture fatte con rotazioni, ma non con le increspature

interne della ceramica tornita o il segno spiraliforme di

distaccamento sotto la base; cotta in focolari all’aperto.

Sviluppo della produzione e distribuzione

La BB1, secondo analisi mineralogiche8, è stata divisa in sei gruppi: l’88% appartiene al Gruppo I,

proviene dalla zona di Dorset ed è distribuita su una vasta area dell’Inghilterra, non è limitata solo a qualche

regione. Questo gruppo servirà di riferimento per le nostre riflessioni, perché corrisponde ad una percentuale

rilevante della produzione e costituisce perciò un campione valido. Gli altri gruppi della BB1, dal II al IV e il

Gruppo VI rappresentano la produzione al di là del centro di Dorset e in scala ridotta (tabella 1 e fig. 3).…

1 GILLAM 1960, 113–129.

2 GILLAM 1973, 53–62.

3 PEACOCK 1973, 63–65.

4 PEACOCK 1982.

5 FARRAR 1973, 67–103.

6 WILLIAMS 1977, 163–220.

7 LOUGHLIN 1977, 85–146.

8 WILLIAMS 1977, 182.

Fig. 3 – Localizazione dei siti con ceramica BB1 del Gruppo I, prodotta in Wareham-Poole Harbour, Dorset. (WILLIAMS 1977, fig. 4).

XVII International Congress of Classical Archaeology, Roma 22-26 Sept. 2008

Session: Forms of contact and transformation processes in the Ancient Mediterranean: Rome and its provinces

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Risalendo all’età del ferro (I

secolo a.C.), l’analisi di vari pezzi di

differenti siti a Dorset ha mostrato che il

materiale tendeva a variare da sito a sito,

il che certamente riflette l’esistenza di una

produzione locale.

All’inizio del I secolo a.C. l’orga-

nizzazione della produzione ceramica a

Dorset e aree adiacenti sembra aver

subito profondi cambiamenti, che segna-

lano la sua commercializzazione: vasta

gamma di diversi tipi, tutti con un’unifor-

mità di carattere generale; materiale di

diversi siti quasi non distinguibile; la mag-

gioranza dei tipi ha relazioni con le tra-

dizioni identificate in quell’area. Questa

ceramica può essere considerata come

caratteristica dei Durotrigi e la distribu-

zione del vasellame più rappresentativo

coincide con quella di monete durotrigie

ritrovate negli stessi luoghi.

L’area di distribuzione di questa ceramica aumentò molto all’inizio della conquista romana. Due

possono essere le cause: la grande richiesta da parte dell’esercito e l’esistenza, in quest’area di Dorset, di

una grande industria, che poteva costituire una fonte di fornitura supplementare ai propri prodotti

dell’esercito. Tuttavia, sebbene entro i limiti della tribù la ceramica durotrigia sopperisse in buona parte ai

bisogni dell’esercito, il vasellame del luogo, anche se adatto a cucinare e conservare, aveva una varietà

limitata di tipi prodotti. Ciò può spiegare l’esistenza a Dorset, nel periodo di Claudio, di un forno per la

fabbricazione di vasi speciali, come mortaria e bottiglie. La concorrenza della ceramica durotrigia fu così

significativa che il forno funzionò solo per un breve periodo9.

Per quanto riguarda la ceramica BB1, oltre alla derivazione

di certe pentole più antiche di tipo durotrigio dell’età del ferro (fig.

4), fondamentalmente si verificò una continuità di forme tra queste

due produzioni, come si può osservare nel classico servizio della

BB1 ritrovato nel sito di Westonzoyland, nel Somerset (una

pentola, una ciotola e un piatto, figg. 5, 6 e 7)10

. Allo stesso tempo

analisi di paste di ceramiche durotrigie e della BB1 confermano la

stessa composizione mineralogica e implicano una continuità di

produzione in quell’area dalla fine dell’età del ferro fin quasi alla

fine del periodo romano (IV secolo d.C.)11

.

Per quanto riguarda la distribuzione, il centro di produzione

di BB1 di Dorset fu localizzato in modo ideale per il facile trasporto

dei suoi prodotti. I centri di Ower, Arne e Fitzworth sono tutti situati

vicino alle acque di Poole Harbour, mentre Stoborough e Reddiff

9 WILLIAMS 1977, 171.

10 FARRAR 1973: 103; WILLIAMS 1977, Fig. 3.

11 WILLIAMS 1977, 171.

Tabella 1

Analisi mineralogiche di 160 vasi di ceramica BB1: - Classificazione per gruppi

- Localizzazione dei siti di origine dei vasi (WILLIAMS 1977, 182)

Gruppi Numero di vasi

per gruppo Siti di origine

Gruppo I ~140=88% Wareham-Poole Harbour – Dorset

Gruppo II ~ 3=2% Rossington

Bridge

Gruppo III ~ 3=2% indeterminato

Gruppo IV ~ 4=3% indeterminato

Gruppo V ~ 4=3% indeterminato

Gruppo VI ~ 6=4% indeterminato

Fig. 4 – Pentola pre-romana usata dai Durotrigi. Da Maiden Castle, Dorset (PEACOCK 1982, 86, fig. 40).

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sono a breve distanza dal fiume Frome, che dà facile accesso a Dorchester e ai principali sistemi viari

romani (fig. 2).

Considerando i volumi di ceramica interessati, è probabile che ci fosse un punto centrale di raccolta

per la produzione dei vari siti, almeno per quanto si riferisce alla distribuzione ai siti militari a nord e a ovest.

Discussione

Questa breve esposizione colloca la ceramica BB1 in un contesto di produzione domestica,

localizzata essenzialmente nella regione di Dorset, con centri distribuiti vicino a vie di facile trasporto. Questi

prodotti appaiono fuori dell’area di fabbricazione solo nel periodo di Adriano, in occasione della costruzione

delle Mura e, inizialmente, in piccole quantità. A partire da allora, dal 120 al 140 d.C., i risultati delle analisi

mineralogiche e dell’esame microscopico dei vasi di

BB1 indicano che Dorset fornì la maggior parte della

ceramica BB1 ritrovata nei siti civili e militari del

Galles, i Midlands e il Nord (fig. 8). Nonostante

alcune imitazioni nella tradizione della BB1 prodotte

in altre centri e trovate nel Nord12

, se confrontate con

la BB1 di Dorset esse sono però minoranza, la cui

produzione cessò all’inizio del III secolo d.C.13

.

Le evidenze archeologiche mostrano pure

che, nel periodo degli Antonini e fino alla metà del III

secolo d.C. Dorset fu il maggior produttore isolato di

BB1 tra le fortezze antonine nella Scozia. Le altre

imitazioni di BB1 sono grossolane e con una minor

quantità di sabbia.

12

WILLIAMS 1977, 199. In seguito al suo arrivo al Nord, alcune imitazioni nella tradizione della BB1 furono prodotte in un altro centro, come

dimostra il ritrovamento di un piatto nel sito di Birdoswald, la cui composizione mineraria si rivela essere del Gruppo III. 13

WILLIAMS 1977, 202. Un altro esempio di concorrenza, anch’esso della seconda metà del secolo II d.C., fu quello di tipi di BB1 perfettamente

accettabili (pentole, ciotole e piatti) prodotti nel centro di Rossington Bridge, nel sud dello Yorkshire.

Fig. 5 – Servizio standard di ceramica brunita (BB1) (FARRAR 1973, 103).

Fig. 7 – Pentole di ceramica brunita (BB1) (FARRAR 1973, plate I).

Fig. 6 – Servizio standard di ceramica brunita (BB1) (WILLIAMS 1977, fig. 3).

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La questione che discuteremo, da un lato si riferisce alle ragioni della conservazione delle tecniche

artigianali della BB1 a Dorset, tecniche che risalgono all’età del ferro, pur essendo necessario realizzare un

volume significativo di produzione, specialmente dopo il II secolo d.C.; dall’altro lato si riferisce all’accet-

tazione che questo tipo di ceramica ebbe da parte di consumatori che erano abituati a prodotti di alta qualità,

provenienti dai grandi centri di esportazione dell’Europa, come la Gallia e la Germania.

Un primo approccio considera la tecnologia

associata a pratiche e processi in cui è incorporata la

cultura materiale. In questo caso bisogna consi-

derare la tradizione fortemente radicata tra le co-

munità di Dorset, una zona con vocazione per la

ceramica, ossia dove predominava un ambiente non

propizio all’agricoltura, con pochi segni di sfrutta-

mento nel periodo romano, a causa dell’acidità del

terreno, che cominciò probabilmente nell’età del

bronzo. Sono osservazioni che considero pertinenti e

basate su modelli etnografici che comprovano lo

sviluppo di attività di produzione di tipo domestico

proprio in ambienti sterili dal punto di vista agricolo,

oltre al fatto che questi vasi vengono trasportati su

lunghe distanze14

. Quanto alla tradizione, conside-

rando la tecnica di fabbricazione della BB1 in un

contesto effettivamente domestico, non sono neces-

sari torni, stampi, forno o ausili meccanici. Il lavoro

richiede grande abilità nel mescolare l’argilla agli altri

componenti, applicare i decori ed effettuare la pu-

litura del prodotto finale con strumenti semplici, prima

di controllare il tempo di cottura. Tra questi pro-

cedimenti quello che ha presentato più resistenza a

cambiamenti nel processo di apprendimento e tra-

smissione delle pratiche nel contesto di produzione

familiare, è la creazione della struttura del vaso, che

è associata a una gestualità con profonde radici in

epoche immemorabili e che varia poco da cultura a

cultura. La tecnica usata in questo stadio è quella della costruzione a colombino. Si tratta di un processo

completamente differente da quello della tornitura, che richiederebbe evidentemente cambiamenti, anche

questi radicali, nelle relazioni di produzione15

. Quanto alla cottura in focolari, la forza della tradizione

giustifica la sorprendente scarsità di resti di forno nell’area vicino a Wareham Poole Harbour, considerando

la potenziale grandezza del centro di produzione di BB1 fornita nella regione16

. Siccome la BB1 di Dorset è

così simile nell’impasto ai suoi prototipi dell’età del ferro, non pare esserci una buona ragione per supporre

un cambiamento di abitudini per la cottura, nel passaggio dalla ceramica durotrigia alla BB1. Effettivamente,

il color nero della pasta, ricco e invariabile, che è una caratteristica costante della BB1 di Dorset, può

veramente indicare che non venne usato il forno, almeno per la maggior parte di questi prodotti. Confrontata

con le altre ceramiche domestiche della stessa epoca, la BB1 risulta aver incontrato una buona

accettazione, dovuta effettivamente a una sua qualità intrinseca essenziale: l’alta resistenza agli choc

termici, grazie alla presenza in elevata quantità di silice, ciò che la rendeva ideale per usi culinari.

14

PEACOCK 1982, 98, 103. 15

ARNOLD 1985, 220–24. 16

WILLIAMS 1977, 185.

Fig. 8 – Area di distribuzione di ceramica brunita (BB1) (WILLIAMS 1977, fig. 1).

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Mentre la distribuzione della BB1, fino al II secolo d.C., si mantenne nello spazio circostante l’area di

produzione, non ci sarebbe un’effettiva necessità di cambiamenti tecnologici più radicali per servire il

mercato locale. Tuttavia, il problema si pone quando il mercato dei consumatori è abituato ai prodotti di

livello industriale, come quelli della ceramica samia importata da vari centri europei, come l’Aquitania, la

Gallia Belga e la Germania Superiore, soprattutto nel periodo in cui la produzione di BB1 si diffuse

maggiormente nella Britannia (fig. 8), a livelli simili a quelli delle ceramiche da tavola. Così la sua tecnica di

fabbricazione nel periodo della dominazione romana, oltre alla tradizione e alle qualità speciali di questa

ceramica qui trattate, deve essere analizzata in una prospettiva che consideri questo periodo di dominazione

romana nella Britannia.

Questo secondo approccio deve considerare con esattezza il periodo di espansione della

produzione e distribuzione della BB1 alla luce di altri fattori che sono indici di modificazioni nel contesto della

Britannia romana, in modo da collocare il fenomeno che ci interessa in un contesto più ampio e valutarlo

meglio.

La Britannia, nel periodo di Adriano, subì forti cambiamenti. Per quanto riguarda la produzione

ceramica nelle officine dell’esercito, vennero chiusi vari depositi militari. Sono esempi i depositi militari di

Muncaster e Brampton, probabilmente successe la stessa cosa a quelli di Scalesceugh, nel caso sia stato

un deposito della IX Legione, Hispania. Il deposito di Quernmore fu certamente attivo in un periodo

posteriore, insieme a officine di produzione esclusiva di tegole. La ceramica all’interno di ogni classe diventò

molto più uniforme. Tale uniformità, caratteristica della ceramica della Britannia del nord, in gran parte del

periodo romano, implica che tutti i depositi di lavori ausiliari, fonti delle varietà anteriori, venissero anch’essi

chiusi. Questo potrebbe essere successo quando i forti furono evacuati a causa di nuove disposizioni della

truppe e non essendo ancora stati aperti nuovi depositi. Ceramisti civili, o per lo meno che stampavano i loro

prodotti, cominciarono a lavorare nell’area di Brampton-Carlisle, usando le stesse argille dei ceramisti

militari. Un altro cambiamento rilevante, e che può essere considerato conseguenza dei cambiamenti rilevati

precedentemente, fu l’introduzione di vasellame da cucina BB. Tra il 125 d.C. circa e il 350 d.C. era il più

numeroso tra tutti i tipi di ceramiche17

.

Le trasformazioni menzionate fanno parte della dinamica che coinvolse i 350 anni di dominazione

romana, il cui sistema centralizzato non rimase statico: le civitates capitali cambiarono18

. Alla fine del II

secolo d.C. ci sono già segni che forse riflettevano modificazioni nell’idea di centralità del potere: diminuisce

significativamente la costruzione di edifici pubblici, le produzioni di manifatture in grande scala e il

commercio. Diventarono più comuni le residenze private importanti. D’altra parte, si svilupparono nuove città

vicine ai territori delle antiche civitates capitali, con un’area maggiore e di disegno meno rigido, con un

sistema viario meno regolare e formale. Esse condividono elementi con le fortificazioni pre-romane e gli

oppida19

. Queste piccole città riflettono prototipi nativi che si trovano anche nell’assenza di edifici centrali

dominanti e nel modello dispersivo. Dei rilevamenti di insediamenti rurali indicano la presenza di modelli

nativi in tardo periodo romano, contraddicendo l’impressione generale che fortificazioni native fossero state

abbandonate con l’occupazione romana. Sono pure state scoperte costruzioni eredi delle tradizioni native

regionali dell’età del ferro nelle strutture di fattorie. I materiali costruttivi usati sono legno, argilla, mattone

crudo e pietre, di solito per strutture circolari o ovali, sebbene si conoscessero edifici rettangolari20

.

I due esempi sono romano-britannici. Le civitates capitali erano parte dell’estensione del controllo

locale da parte dello Stato e dell’élite nativa, e le piccole città erano, in certo modo, una reazione a questo

processo21

, reazione espressa per mezzo di uno strumento tradizionale, conservato nella memoria e

manifestatosi più nitidamente 150 anni dopo la conquista romana.

17

GILLAM 1973, 54. 18

HINGLEY 1997, 91. 19

GOSDEN 2005, 202. 20

KING 1989, 350. 21

HINGLEY 1997, 91.

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Riprendendo la questione centrale della sopravvivenza della tecnologia tradizionale della BB1 nel

periodo di dominazione romana, oltre alle caratteristiche e qualità sopra enfatizzate, è possibile che la

manutenzione dei prodotti tradizionali in altri settori ne sia una delle cause, o meglio, spieghi la sua

accettazione e anche il suo successo. Le comunità tradizionali potrebbero essere un punto di appoggio

importante nella distribuzione agli altri centri di consumo, tanto civili quanto militari.

Ringraziamenti

Questo lavoro ha avuto l'appoggio della FAPESP (Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo) e del Rettorato

dell'Università di São Paulo, Brasile.

Maria Isabel D'Agostino Fleming

Museu de Arqueologia e Etnologia

Universidade de São Paulo, Brasil

E-mail : [email protected]

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