bollettino 01/2020 ffshore e marina associazione di

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Associazione di Ingegneria Offshore e Marina Bollettino 01/2020 Diga di sopraflutto del Porto di Gela: verifica di stabilità della mantellata in unità Eopode™. Carlo Lo Re 1 , Giorgio Manno 1 & Giuseppe Ciraolo 1 1 Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Palermo, viale delle Scienze, Ed.8, 90128, Palermo. [email protected] Abstract Il manoscritto descrive sia il metodo che i risultati ottenuti dalla modellazione fisica a grande scala del nuovo molo foraneo di sopraflutto del Porto di Gela. La realizzazione del modello si è resa necessaria a causa di una modifica del progetto imposta dal Ministero de beni e delle attività culturali e del turismo. La variante di progetto prevedeva la sostituzione dei massi artificiali costituenti la mantellata di tipo Antifer, con quelli di tipo Accropode TM II ed Ecopode TM . Tale sostituzione ha comportato inevitabilmente la modifica delle originarie geometrie delle sezioni della diga foranea. Obiettivo delle prove di laboratorio è stato quello di determinare la “stabilità idraulica” dei nuovi massi artificiali costituenti la mantellata. I modelli fisici relativi alle nuove sezioni della diga foranea sono stati riprodotti, presso il laboratorio di ingegneria marittima del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo, utilizzando la nota similitudine di Froude. Al fine di garantire la congruità del modello con il prototipo, è stata calcolata la scala di riduzione geometrica attraverso il noto criterio di Hudson. In questo modo è stato possibile tenere in considerazione sia il peso specifico dell’acqua del laboratorio (acqua dolce), sia il peso specifico del calcestruzzo dei blocchi della mantellata riprodotti in scala ridotta. In laboratorio, sono stati condotti 80 test su un totale di 8 sezioni, ognuno dei quali esposto a cinque differenti stati di mare. La stabilità idraulica della mantellata è stata calcolata attraverso l’ausilio di registrazioni video, mentre l’entità dei volumi di tracimazione sono stati misurati con una tramoggia posta a tergo del modello in laboratorio. Parole chiave: Accropode II, Ecopode, stabilità idraulica, mantellata, modello fisico. Introduzione Presso il laboratorio di ingegneria marittima dell’Università degli Studi di Palermo sono state svolte prove su modello fisico bidimensionale. Tali prove sono state realizzate a supporto della progettazione esecutiva della nuova darsena commerciale del Porto di Gela (CL). Tale progettazione è stata curata dall’Ufficio 3 - Tecnico ed Opere Marittime per la Regione Sicilia del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Sicilia - Calabria. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, congiuntamente al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, hanno verificato (Decreto del 3 giugno 2015) la compatibilità ambientale del progetto “lavori di costruzione nuova darsena commerciale, completamento delle banchine interne, arredi, impianti ed escavazioni” del Porto di Gela, subordinata al rispetto di alcune prescrizioni. Tali prescrizioni sono state pronunciate sia dalla Commissione Tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS, sia dal Ministero de beni e delle attività culturali e del turismo che, in particolare, prescrive: “dovranno essere utilizzati, nei settori in cui il progetto prevede l’utilizzo di massi artificiali ANTIFER, elementi litici del tipo denominato in progetto - scogli di 3a categoria”. A seguito di ciò prescrizioni l’Ufficio di progettazione ha dovuto modificare il progetto, sostituendo i massi ANTIFER del molo foraneo, con i massi artificiali di tipo ACCROPODE TM II ed ECOPODE TM . Nel presente lavoro si discutono i risultati ottenuti, della modellazione fisica a grande scala del porto di Gela. Tali prove si sono rese necessarie a causa della variante progettuale che ha cambiato in modo significativo la geometria della mantellata dell’opera foranea. Il progetto Il Porto di Gela classificato di II categoria - III classe, presenta allo stato attuale uno specchio d’acqua, parzialmente protetto, di circa 120.000 m 2 sotteso da due moli convergenti che raggiungono fondali di circa -5.00 m. Sul molo di sottoflutto è radicato un pennello banchinato che delimita la darsena operativa (Fig. 1). Considerato il limitato sviluppo dei moli foranei, l’esposizione dell’attuale imboccatura, il trasporto litoraneo derivante dal clima ondoso del paraggio e dalle caratteristiche fisiche e geologiche del fondale, l’esistente bacino portuale è soggetto a periodici fenomeni di

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Associazione di Ingegneria Offshore e Marina B o l l e t t i n o 0 1 / 2 0 2 0

Diga di sopraflutto del Porto di Gela: verifica di stabilità della mantellata in unità Eopode™. Carlo Lo Re1, Giorgio Manno1 & Giuseppe Ciraolo1

1Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Palermo, viale delle Scienze, Ed.8, 90128, Palermo. [email protected]

Abstract Il manoscritto descrive sia il metodo che i risultati ottenuti dalla modellazione fisica a grande scala del nuovo molo foraneo di sopraflutto del Porto di Gela. La realizzazione del modello si è resa necessaria a causa di una modifica del progetto imposta dal Ministero de beni e delle attività culturali e del turismo. La variante di progetto prevedeva la sostituzione dei massi artificiali costituenti la mantellata di tipo Antifer, con quelli di tipo AccropodeTM II ed EcopodeTM. Tale sostituzione ha comportato inevitabilmente la modifica delle originarie geometrie delle sezioni della diga foranea. Obiettivo delle prove di laboratorio è stato quello di determinare la “stabilità idraulica” dei nuovi massi artificiali costituenti la mantellata. I modelli fisici relativi alle nuove sezioni della diga foranea sono stati riprodotti, presso il laboratorio di ingegneria marittima del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo, utilizzando la nota similitudine di Froude. Al fine di garantire la congruità del modello con il prototipo, è stata calcolata la scala di riduzione geometrica attraverso il noto criterio di Hudson. In questo modo è stato possibile tenere in considerazione sia il peso specifico dell’acqua del laboratorio (acqua dolce), sia il peso specifico del calcestruzzo dei blocchi della mantellata riprodotti in scala ridotta. In laboratorio, sono stati condotti 80 test su un totale di 8 sezioni, ognuno dei quali esposto a cinque differenti stati di mare. La stabilità idraulica della mantellata è stata calcolata attraverso l’ausilio di registrazioni video, mentre l’entità dei volumi di tracimazione sono stati misurati con una tramoggia posta a tergo del modello in laboratorio. Parole chiave: Accropode II, Ecopode, stabilità idraulica, mantellata, modello fisico. Introduzione Presso il laboratorio di ingegneria marittima dell’Università degli Studi di Palermo sono state svolte prove su modello fisico bidimensionale. Tali prove sono state realizzate a supporto della progettazione esecutiva della nuova darsena commerciale del Porto di Gela (CL). Tale progettazione è stata curata dall’Ufficio 3 - Tecnico ed Opere Marittime per la Regione Sicilia del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Sicilia - Calabria. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, congiuntamente al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, hanno verificato (Decreto del 3 giugno 2015) la compatibilità ambientale del progetto “lavori di costruzione nuova darsena commerciale, completamento delle banchine interne, arredi, impianti ed escavazioni” del Porto di Gela, subordinata al rispetto di alcune prescrizioni. Tali prescrizioni sono state pronunciate sia dalla Commissione Tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS, sia dal Ministero de beni e delle attività culturali e del turismo che, in particolare, prescrive: “dovranno essere utilizzati, nei settori in cui il progetto prevede l’utilizzo di massi artificiali ANTIFER, elementi litici del tipo denominato in progetto - scogli di 3a categoria”. A seguito di ciò prescrizioni l’Ufficio di progettazione ha dovuto modificare il progetto, sostituendo i massi ANTIFER del molo foraneo, con i massi artificiali di tipo ACCROPODETM II ed ECOPODETM. Nel presente lavoro si discutono i risultati ottenuti, della modellazione fisica a grande scala del porto di Gela. Tali prove si sono rese necessarie a causa della variante progettuale che ha cambiato in modo significativo la geometria della mantellata dell’opera foranea. Il progetto Il Porto di Gela classificato di II categoria - III classe, presenta allo stato attuale uno specchio d’acqua, parzialmente protetto, di circa 120.000 m2 sotteso da due moli convergenti che raggiungono fondali di circa -5.00 m. Sul molo di sottoflutto è radicato un pennello banchinato che delimita la darsena operativa (Fig. 1). Considerato il limitato sviluppo dei moli foranei, l’esposizione dell’attuale imboccatura, il trasporto litoraneo derivante dal clima ondoso del paraggio e dalle caratteristiche fisiche e geologiche del fondale, l’esistente bacino portuale è soggetto a periodici fenomeni di

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insabbiamento in corrispondenza dell’imboccatura e delle banchine interne, che lo rendono insicuro e ne limitano l’operatività e le prospettive di sviluppo. Nel 1985 l’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, con D.A. n.81 del 07.03.1986, ha approvato il Piano Regolatore Portuale (P.R.P.) del porto di Gela. Tale Piano Regolatore è stato elaborato sulla scorta di studi specialistici e ambientali, anche con l’ausilio di modelli matematici, ha individuato la nuova configurazione portuale che il porto di Gela deve assumere per garantire il necessario sviluppo delle attività portuali connesse alle ipotesi di sviluppo del comprensorio gelese. Nel 1991 la società Agip S.p.a. ha manifestato l’esigenza di realizzare direttamente un primo stralcio funzionale delle opere previste nel P.R.P., ciò al fine di potenziare le strutture operative di supporto alla propria attività in Sicilia e nel territorio di Gela in particolare. A tale scopo l’Agip S.p.a. ha redatto un progetto relativo alla realizzazione del nuovo molo di sopraflutto fino alla prog. 965,00 m allo scopo di realizzarvi un accosto di supply vessels al servizio dei propri stabilimenti e delle piattaforme petrolifere ubicate nella zona di mare Mediterraneo antistante la costa. Il molo di sopraflutto sarà realizzato nei fondali del Golfo di Gela. Come riportato dalla relazione sull’unità fisiografica 8 del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) della Regione Siciliana, tale golfo è caratterizzato da bassi fondali (fino a 20 m), con presenza di praterie di Cymodocea nodosa. Inoltre, la batimetria dei luoghi prossimi alle opere di progetto risulta in continua evoluzione dinamica a causa dei sedimenti di natura sabbioso-limosa. Tali sedimenti infatti risentono sia dell’azione delle correnti sia dell’azione del moto ondoso. Infine, come indicato negli elaborati progettuali, le pendenze dei fondali risultano deboli e uniformi e prive di forme di fondo di generose dimensioni.

Figura 1: Localizzazione del porto di Gela (immagine satellitare da Google Earth - Dicembre 2016)

La configurazione portuale individuata dal P.R.P. prevede la trasformazione e modifica dell’esistente bacino portuale in una darsena peschereccia e turistica, e nella realizzazione di una nuova darsena, ad ovest di quella esistente, da destinare ai traffici commerciali.

Metodo Al fine di verificare la stabilità idraulica dell’opera, il Laboratorio di Ingegneria Marittima di Palermo (Fig. 2) ha svolto prove di laboratorio su modello fisico nel canale 2D per realizzazione di modelli in grande scala (lungo 40 m, largo 2 m e alto 2 m). Per il calcolo della scala ridotta si è utilizzata la similitudine di Froude e il criterio di Hudson (1958, 1959).

Porto di Gela

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Le prove su modello fisico a fondo fisso, oltre ad avere lo scopo principale di verificare la stabilità idraulica della struttura del molo foraneo di sopraflutto, hanno avuto anche quello di valutare il volume di tracimazione e il loro coefficiente di riflessione delle onde estreme. Le prove hanno riguardato tre modelli in scala ridotta (scala di 1:39 e 1:40) rappresentanti le sezioni tipo del progetto (Fig. 3 e 4) e la loro risposta a cinque differenti stati di mare. Sul modello fisico bidimensionale sono state realizzate un totale di 80 prove. Le caratteristiche del moto ondoso incidente sulla struttura sono state definite in accordo con le linee guida internazionali più recenti in materia di modellazione fisica di strutture a gettata (The Rock Manual). Successivamente a una fase di assestamento la struttura è stata sottoposta all’azione di un moto ondoso avente intensità crescente. In particolare, nelle simulazioni sono state considerate altezze d’onda relative rispettivamente al Tr = 10, Tr = 20, Tr = 50 anni e l’onda di progetto (corrispondente a un tempo di ritorno di 100 anni). Tramite le stazioni di misura sono state determinate le seguenti caratteristiche d’onda: lo spettro di densità dell’energia; l’altezza dell’onda significativa spettrale delle onde incidenti Hsi; il periodo di picco Tp; il coefficiente di riflessione Kr.

Figura 2: Pianta e sezione del Canale 2D del laboratorio di ingegneria marittima

Figura 3: a) Planimetria del nuovo layout del Porto di Gela (stralcio dalla Tavola A05, scala 1:10.000, del Progetto

definitivo), b) Planimetria nella quale sono localizzate le tre sezioni oggetto del presente studio.

a)

b)

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Figura 4: Sezione 27 del molo foraneo di sopraflutto relativa alla progressiva 765 (profondità: 6,85 m)

Calcolo della scala ridotta Per ottenere un modello fisico riproducente al meglio le caratteristiche reali dell’opera si deve: i) definire un’opportuna formulazione adimensionale del sistema reale; ii) definire un “modello” in similitudine con il “prototipo”. Nel campo della modellazione fisica, si definisce: “prototipo” il sistema reale in esame; “modello” una riproduzione del prototipo; iii) rispettare le seguenti similitudini: geometrica, cinematica e dinamica. Se si realizza il modello nel rispetto di tali similitudini, la relazione funzionale che governa il sistema reale (prototipo) è rappresentativa anche del problema riprodotto in sede sperimentale (modello). In altri termini, indipendentemente dai valori delle singole grandezze fisiche che intervengono nel problema generico, qualsiasi parametro adimensionale assume lo stesso valore nel prototipo e nel modello. In letteratura esistono molteplici criteri di similitudine, per gli studi qui presentati è stata utilizzata la nota similitudine di Froude che prevede:

! "#$⋅&

'(= ! "

#$⋅&'*

(1)

Dove 𝑉 è la velocità caratteristica, 𝑔 l’accelerazione di gravità ed 𝑙 la lunghezza caratteristica, il pedice 𝑝 indica il prototipo il pedice 𝑚 il modello . Per compensare gli effetti della salinità, differente tra modello e prototipo, si dovrebbe garantire eguale spinta immersa nei due sistemi quindi eguali rapporti tra i pesi specifici:

012134(= 012

134*

(2)

dove 𝛾6 è il peso specifico dei massi della mantellata, 𝛾7 è il peso specifico del liquido. L’eq. (2) è utile per determinare il peso specifico dell’unità di massa nel modello, necessaria a riprodurre le condizioni di acqua salata del prototipo nelle condizioni di acqua dolce nel modello. Il peso del blocco della mantellata è ottenuto semplicemente dalla seguente espressione che dà il rapporto di scala per il peso:

𝑁96 = 𝑁12 ⋅ 𝑁:; (3)

dove 𝑁96 è il fattore di scala per i pesi dei massi della mantellata, 𝑁12è il fattore di scala del peso specifico dei massi della mantellata, 𝑁:è fattore di scala delle lunghezze. Purtroppo, l’eq. (2) è valida soltanto nei casi in cui è possibile controllare la densità dei materiali che costituiscono il modello, poiché i blocchi della mantellata hanno dimensioni obbligate che spesso non possono essere modificate. Le dimensioni dei blocchi della mantellata, quindi, costituiscono il vincolo per la progettazione del modello ed il calcolo della scala.

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Nel nostro caso non è possibile utilizzare l’eq. (3) per i blocchi della mantellata ma bensì un metodo alternativo. Tale metodo prevede di correggere la spinta di galleggiamento nel modello, nel quale vi è acqua dolce e non salata, modificando il peso dei blocchi. Il requisito diviene quello di mantenere il “parametro di stabilità” nel modello rispetto al prototipo. Hudson (1958,1959,1975,1979) fornisce la famosa formula di stabilità:

12⋅<=>

0?2?34>⋅92

= (𝐾B ⋅ 𝑐𝑜𝑡 𝛼) (4)

Dove 𝐻è l’altezza d’onda di progetto, 𝑊6 è il peso delle unità della mantellata, 𝐾Bè il coefficiente di stabilità dell’unità della mantellata. Hudson (1958,1959) chiamò il primo membro dell’equazione (4) Stability Number (Numero di Stabilità) e sviluppò diversi test di laboratorio variando i parametri coinvolti. I test di stabilità furono condotti in un canale bidimensionale con il fondo orizzontale. Nel progetto del modello, al fine di considerare le diverse densità sia dei liquidi sia dei materiali, si vuole garantire che il parametro di stabilità di Hudson (primo membro dell’eq. (4)) si mantenga costante tra prototipo e modello. La scala appropriata si deriva dalla seguente eguaglianza:

K 12⋅<0?2?3

LM4⋅92=/>O

(

= K 12⋅<0?2?3

LM4⋅92=/>O

*

(5)

o in termini di fattori di scala:

𝑁96 =P?2⋅PQ

>

P(?2/?3R=)> (6)

dove 𝑁(12/13LM) è il fattore di scala del peso immerso. Sharp & Khader 1984 e Sharp 1985 osservarono che il raggruppamento adimensionale usato nel numero di stabilità è una delle tante possibili combinazioni che possono essere derivate dall’analisi dimensionale. Mantenendo costante il rapporto tra forze di inerzia e spinta di galleggiamento tra il modello e il prototipo, si giunge al seguente requisito di similitudine di Sharp:

K 12⋅<>

0?2?3LM4⋅92

=/>O(

= K 12⋅<>

0?2?3LM4⋅92

=/>O*

(7)

che può essere espresso in termini di fattori di scala come:

𝑁96 =P?2⋅PQ

>

P(?2/?3R=) (8)

l’unica differenza tra il criterio di Sharp & Khader ed il criterio di Hudson (equazione si ritrova nella potenza al cubo nel denominatore nella formula di Hudson. Sharp & Khader osservarono che le differenze nell’utilizzo dei due approcci sono piccole. Osserviamo inoltre che risulta più conservativo utilizzare il criterio di Hudson poiché è evidente dai calcoli riportati nelle pagine successive, che i blocchi della mantellata, dimensionati in tal modo, risultano più pesanti di quelli dimensionati con il criterio di Sharp & Khader. Materiali L’assortimento dei blocchi di mantellata di tipo ECOPODETM, disponibili per il laboratorio di ingegneria, non era sufficiente a garantire i requisiti minimi per la progettazione del modello.

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Tabella 1: Caratteristiche dei massi tipo ACCROPODETM II forniti dalla CLI (Concrete Layer Innovation )

A

CC

RO

POD

ET

M II

UN

ITÁ

M

OD

ELL

O

Tipo Categoria Altezza Volume Peso Densità mm cm3 g t/m3

Mor

tar

1 30,3 8,8 20,2 2,30 2 37 15,2 36,5 2,40 3 43 23,5 55,4 2,36

3B 43 24,4 58,7 2,40 4 47 31,7 76,0 2,40

4-5 51,8 42,4 100,1 2,36 5 B 54 47,1 113,5 2,41 6 60 63,5 154,8 2,44 7 67 87,6 205,3 2,34 8 74 118,3 276,8 2,34 9 81 159,5 376,5 2,36 10 85 175,6 413,8 2,36

Per tale motivo, a causa delle differenti densità tra prototipo e modello, non è possibile garantire la relazione espressa dalla equazione (2); infatti ad esempio per i blocchi ACCROPODETM II/ECOPODETM da 10 m3, utilizzando il blocco Categoria 9 della (Tab.1), si avrebbe:

01S134(= T;,VWP/*>

MX,XYWP/*> = 2,33; 01S134*= T;,M\WP/*>

],^MWP/*> = 2,36 (9, 10)

Dato che 012

134(≠ 012

134*

si è dovuto scegliere il parametro di scala per le lunghezze che soddisfi uno

dei due criteri tra Hudson e Sharp & Khader. La lunghezza di scala risolta secondo il criterio di Hudson è dunque:

𝑁: = 𝑁(12/13LM) ⋅ !Pa2P?2

'=>= 0,9805 ⋅ 0f;fVM

M,XMV\4=> = 38,94 (11)

Alternativamente, la lunghezza della scala risolta secondo Sharp e Khander è:

𝑁: = h𝑁(12/13LM)i=> ⋅ !

Pa2P?2

'=>= (0,9805)

=> ⋅ 0f;fVM

M,XMV\4=> = 39,46 (12)

Pertanto, secondo il criterio di Sharp & Khander il danno è prodotto da altezze d’onda all’incirca 1,32 % più alte rispetto alle onde scalate secondo il criterio di Hudson. Se si ignora del tutto la differenza di densità dei fluidi tra prototipo e modello (per esempio 𝑁(12/13LM) = 1), si produrrebbe un fattore di scala per le lunghezze 𝑁: = 39,72 che risulta essere quello meno conservativo. A garanzia di sicurezza si è scelto di adottare il fattore 𝑁: = 39. Analoghi calcoli sono stati sviluppati per i blocchi ACCROPODETM II e/o ECOPODETM da 6 m3. La lunghezza di scala risolta secondo il criterio di Hudson è dunque:

𝑁: = 𝑁(12/13LM) ⋅ !Pa2P?2

'=>= 0,9217 ⋅ 0YXX;^

M,XTT4=> = 40,60 (13)

mentre quella risolta secondo il criterio di Sharp & Khander è:

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𝑁: = h𝑁(12/13LM)i=> ⋅ !

Pa2P?2

'=>= (0,9217)

=> ⋅ 0YXX;^

M,XTT4=> = 40,81 (14)

Pertanto, secondo il criterio di Sharp & Khander, il danno è prodotto da altezze d’onda all’incirca 0,52 % più alte rispetto alle onde scalate secondo il criterio di Hudson. La scelta di scala per i blocchi da 6 m3 è quindi𝑁: = 40. Nella tab. 2 sono riportati i fattori di scala utilizzati durante la campagna sperimentale.

Tabella 2: Rapporti di scala

Grandezza fisica Rapporto di scala Grandezze geometriche l 39 40 Velocità l0.5 6,24 6,33 Tempi l0.5 6,24 6,33 Portate l2.5 9.498,64 10.119,28 Massa l3 59.319 64.000 Forze l3 59.319 64.000 Momento delle forze l4 2.313.441 2.560.000 Inerzia l5 90.224.199 102.400.000

Per l’acquisizione dei livelli idrici sono state impiegate sonde resistive con risoluzione pari ad 1 mm. I sensori di livello sono stati posizionati in modo tale da consentire la ricostruzione del moto ondoso nelle diverse zone interessate dal modello in particolare, le sonde poste davanti alla sezione da verificare sono state disposte in modo tale da poter discriminare i contributi del moto ondoso incidente e riflesso. Prima del loro utilizzo le sonde devono essere sottoposte a taratura e verifica di linearità. In questo modo, di volta in volta, si ricava per ognuna di esse la relazione che intercorre tra tensione ed altezza d’acqua fornendo una curva di calibrazione. Per stimare la stabilità idraulica della mantellata e della berma al piede nelle configurazioni geometriche assegnate, sono stati utilizzati strumenti di ripresa video/fotografica. Nell’ambito delle prove è stata stimata anche l’eventuale portata di tracimazione. A tale scopo è stato appositamente realizzato un sistema di misurazione, costituito da una vasca e da uno scivolo per il convogliamento della portata tracimata a tergo della struttura. L’indirizzatore di flusso, costruito in lamiera d’acciaio zincata sagomata con forma trapezia. La misura del volume d’acqua tracimato è stata condotta mediante lettura del livello idrico in appositi cilindri graduati. Nelle fig. 5 e 6 sono riportati i particolari costruttivi del modello in laboratorio.

Figura 5: a) Particolare dei massi della berma; b) Particolare costruttivo della mantellata

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Figura 6: a) particolare della costruzione della mantellata; b) sezione di progetto completata

Prove di laboratorio e risultati Il programma sperimentale è stato articolato come di seguito descritto. Per ogni sezione è stata generata una sequenza di quattro stati di mare, al termine di ognuno dei quali è stato rilevato il grado di danneggiamento dell’opera. Sono state identificate le sezioni dell’opera indicate dal Progettista e successivamente sono state valutate le alternative proposte dal committente riguardanti la sezione numero tre. Tali alternative sono state individuate dal progettista in base a quanto verificato durante le prove. Le caratteristiche delle onde da riprodurre sono quelle indicate nella Tab. 3.

Tabella 3 - Caratteristiche del moto ondoso riprodotto nel modello fisico

Stati di mare Hs [m] Tp [s] Tr [anni] 1 5,30 10,6 10 2 5,60 10,9 20 3 6,00 11,3 50 4 6,30 11,6 100 5 7,6 15,1 (120% onda di progetto)

Per il calcolo del periodo di picco associato all’altezza d’onda di progetto, è stata utilizzata l’eq. (15) che rappresenta il periodo di picco corrispondente ad uno spettro di tipo JONSWAP (Boccotti , 2008).

𝑇( = 8.5 ⋅ 𝜋 ⋅ o<S\$⋅ 1.08 (15)

dove 𝑇( è il periodo di picco. Tutte le prove sono state condotte utilizzando il sistema di dissipazione dinamico della riflessione. Il programma di attività è stato il seguente: i) installazione delle tre sezioni del progetto; ii) test di quattro differenti stati di mare per ogni configurazione geometrica; iii) stima del volume d’acqua di tracimazione; iv) costruzione di cinque configurazioni aggiuntive riguardanti alternative progettuali della sezione tre. Gli spettri di potenza delle mareggiate da riprodurre sono stati di tipo JONSWAP. Il grado di danneggiamento delle scogliere ad opera del moto ondoso è stato rilevato mediante le riprese video/fotografiche effettuate da posizioni fisse prima e dopo ogni singola prova. In questo modo è stato possibile ottenere una serie di riprese sovrapponibili, dal confronto delle quali è stato valutato in dettaglio, lo spostamento di ogni elemento componente la mantellata. In particolare, sono stati osservati e valutati: i) gli spostamenti (s) dei massi di entità superiore alla dimensione caratteristica dei massi stessi (D), ossia quelli che comportano la fuoruscita del masso dalla mantellata (s > D); ii) gli spostamenti corrispondenti a piccole rotazioni od assestamenti nel posto (s < D).

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Durante l’esecuzione di tutte le prove non sono stati registrati spostamenti dei massi (ACCROPODETM II) costituenti la mantellata, per cui non è stato necessario stimare il coefficiente di danneggiamento. Purtuttavia in 5 casi, su un totale complessivo di 59 prove sono stati registrati spostamenti dei massi costituenti la berma al piede, mentre in un solo caso si è registrata una lieve oscillazione di una singola unità ACCROPODETM II. È opportuno evidenziare che gli spostamenti dei massi naturali in prossimità delle pareti laterali risentono direttamente degli effetti di turbolenza prodotti dall’interazione onda/vetro. Pertanto, non sono utilizzabili ai fini della stima della stabilità idraulica. La figura 7 mostra un esempio in cui sono stati registrati gli spostamenti dei massi naturali costituenti la berma al piede dell’opera (massi colorati in blu).

Figura 7: Oscillazione di un masso della mantellata durante una dei test di laboratorio. Nel riquadro a destra un

ingrandimento della mantellata con evidenziato il masso che ha subito oscillazione

Durante le prove in laboratorio è stata condotta una stima del coefficiente di riflessione incidente, Kr, mediante analisi spettrale dei dati acquisiti da 4 sonde. Dall’esame dei risultati si evince che il coefficiente di riflessione è contenuto nell’intervallo tra 32% e 40%. I volumi di tracimazione calcolati sulle tre configurazioni di progetto variano da un minimo di 43 l/m sino ad un massimo di 1027 l/m a tali volumi corrispondono rispettivamente portate medie di 0,02 l/s/m e di 0,55 l/s/m. Questi valori, se pur considerati accettabili in termini di danneggiamento (Eurotop Manual, 2008), hanno richiesto un approfondimento durante la fase sperimentale. Conclusioni L’obbiettivo dell’indagine sperimentale condotta è stato quello di trarre informazioni utili all’ottimizzazione e alla verifica della geometria della diga foranea di sopraflutto del nuovo Porto commerciale di Gela. In particolare, sono state adottate due differenti scale geometriche, quella 1:39 per le due sezioni i cui massi della mantellata hanno volume pari a 10 m3 e quella 1:40 per la sezione i cui massi della mantellata hanno volume 6 m3. Tale scelta è stata vincolata dalla reperibilità dei blocchi artificiali di opportuna dimensione. Infatti, la Ditta CLI, titolare del brevetto dei massi artificiali ACCROPODETM II / ECOPODETM, disponeva solo di specifiche e limitate misure. Al fine di garantire la congruità del modello con il prototipo, è stato necessario calcolare la scala di riduzione geometrica attraverso il noto criterio di Hudson. Tali calcoli hanno tenuto in considerazione sia il peso specifico dell’acqua del laboratorio (acqua dolce), sia il peso specifico del calcestruzzo dei blocchi della mantellata riprodotti in scala ridotta. Per quanto attiene alla tipologia di massi naturali presenti nel modello, si sono dovute garantire sia un’adeguata massa volumica apparente delle rocce, sia opportune caratteristiche granulometriche al fine di compensare la differente densità relativa tra l’acqua dolce del modello e l’acqua salata del prototipo. Per tali ragioni e per tenere conto delle comunicazioni inviate dall’Ufficio di progettazione sono state scelte le rocce carbonatiche mioceniche del ragusano. In tutte le prove effettuate non si sono registrati spostamenti, avendo considerato significativi solo spostamenti maggiori del diametro nominale DN (pari a 0.7 volte l’altezza di un ACCROPODETM II). In definitiva, dalle prove effettuate emerge che per quanto riguarda la stabilità della mantellata e della

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Associazione di Ingegneria Offshore e Marina B o l l e t t i n o 0 1 / 2 0 2 0

berma al piede non sono stati registrati spostamenti, quindi il danno per le condizioni di mare utilizzate risulta nullo. Sulla base delle prove effettuate, risulta sostanzialmente verificato con esito positivo il dimensionamento delle opere foranee per gli stati di mare, anche estremi, del paraggio. Purtuttavia in 5 casi, su un totale complessivo di 59 prove sono stati registrati spostamenti dei massi costituenti la berma al piede, mentre in un solo caso si è registrata una lieve oscillazione di una singola unità ACCROPODETM II. Appare opportuno sottolineare che l’utilizzo di una mantellata in massi artificiali tra loro inter-bloccati garantisce una maggiore stabilità e che la berma al piede riveste un ruolo chiave per la stabilità complessiva dell’opera. Sulla base dei risultati ottenuti, pur considerando i limiti della sperimentazione fisica, si ritiene che le configurazioni geometriche delle sezioni provate, garantiscano adeguati margini di sicurezza anche per i fenomeni di sormonto. Ringraziamenti: le prove su modello fisico sono state commissionate dall’Assessorato delle Infrastrutture e Mobilità della Regione Siciliana. Gli Autori ringraziano l’Arch. Carmelo Ricciardo, del Servizio 8 - Infrastrutture marittime e portuali per la disponibilità e la collaborazione durante l’esecuzione delle prove di laboratorio. Bibliografia Boccotti, P. (2008) - Idraulica Marittima. Ed. UTET Libreria, pp 544, ISBN:9788877508744 EurOtop Manual (2008) - Overtopping Manual; Wave Overtopping of Sea Defences and Related Structures -

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