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BOLLETTINO SETTIMANALE

DOMENICA 11 MARZO

LA GRANDE

DOMENICA DELLA GUARIGIONE DEL PARALITICO

ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA

LETTURE DELLA DOMENICA

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BOLLETTINO SETTIMANALE

DOMENICA 11 MARZO 2018

LA GRANDE QUARESIMA

DOMENICA DELLA GUARIGIONE DEL PARALITICO

*** ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA

Feriali: Ore 13.30

Festivi: Ore 11.00

*** LETTURE DELLA DOMENICA

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DOMENICA DELLA GUARIGIONE DEL PARALITICO

ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA

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LA GRANDE QUARESIMA

DOMENICA DELLA GUARIGIONE DEL PARALITICO

* 1° Lettera a Timoteo 5:24-6:5

* Santo Vangelo di Marco 2:1-12

"Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo

lettuccio e và a casa tua»."

***

FESTA DELLA MAMMA IN PARROCCHIA

DOMENICA 18 MARZO 2018

DURANTE LA SANTA MESSA DELLE ORE 11,00

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CELEBREREMO LA FESTA DELLA MAMMA

CHE IN LIBANO RICORRE CON L'INIZIO DELLA PRIMAVERA

E CELEBREREMO ANCHE LA FESTA DEL PAPA'

CHE RICORRE IL 19 MARZO FESTA DI SAN GIUSEPPE

TUTTE LE MAMME ED I PAPA' SONO PARTICOLARMENTE

INVITATI A PARTECIPARE

AL TERMINE DELLA SANTA MESSA LE MAMME

RICEVERANNO UN OMAGGIO FLOREALE

SEGUIRÀ COME SEMPRE UN MOMENTO CONVIVIALE

CON IL CIBO PREPARATO DA CIASCUNO DI VOI,

SARANNO SERVITI INOLTRE SAJ MANAKISH

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ADORAZIONE

col l'inizio della Grande Quaresimariprende il pio esercizio della

ADORAZIONE

che si terrà ogni Venerdì di Quaresima alle ore 18.45

presso la nostra Chiesa Parrocchiale di San Marun

***

ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE

Carissimi,

col l'inizio della Grande Quaresima riprende il pio esercizio della

ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE

ogni Venerdì di Quaresima alle ore 18.45

presso la nostra Chiesa Parrocchiale di San Marun

in via Aurora 6

DELLA SANTA CROCE

ogni Venerdì di Quaresima alle ore 18.45

presso la nostra Chiesa Parrocchiale di San Marun

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***

I VESCOVI MARONITI: NO ALLA STRUMENTALIZZAZIONE DELLE ISTITUZIONI AL SERVIZIO DI ALCUNI CANDIDATI

L'Assemblea dei Vescovi Maroniti si è espressa mercoledì scorso, sulla base di voci che

circolano in questo momento, contro qualsiasi tentativo o prova di "interferenza pianificata di enti

pubblici, ministeri e servizi di sicurezza nel processo di campagna elettorale". Riunitosi sotto la

presidenza del Patriarca Maronita Cardinale Bechara Rai per la sessione mensile, la riunione ha

esaminato la situazione generale del paese, fermandosi sui momenti salienti riguardanti i fatti

maggiori del paese, e per primo per le prossime elezioni politiche. L’Assemblea episcopale ha

chiesto al governo di spiegare la nuova legge elettorale basata su un sistema proporzionale,

sottolineando che "molti temono di perdere questa opportunità per far avanzare la democrazia

nel paese." L'Assemblea ha anche incoraggiato i libanesi a partecipare efficacemente alla scelta

dei loro rappresentanti e ha invitato lo stato a garantire l'integrità e la liceità del voto. Inoltre,

l'Assemblea ha preso atto delle conferenze e dei processi pianificati per promuovere la vita

politica ed economica, nonché gli sforzi diplomatici che li accompagnano. "Molti libanesi si

trovano ad affrontare una legge elettorale che non hanno ancora identificato l'identità e la paura

di perdere una reale opportunità di ottenere un'efficace cambiamento democratico". I Vescovi

hanno messo in guardia contro "voci di interferenze da parte di ministeri, amministrazioni

pubbliche o servizi di sicurezza nel processo elettorale". Hanno invitato i responsabili a "spiegare

la nuova legge elettorale (basata sul sistema di voto proporzionale con voto preferenziale) e

assicurare l'indipendenza delle elezioni". I Vescovi hanno anche invitato i libanesi a "votare in

modo responsabile e votare per coloro che ritengono siano i migliori per il bene pubblico". Ha

tuttavia notato che "la preoccupazione economica è predominante" e "la grande

preoccupazione" dei libanesi a questo riguardo; prendendo atto dei "ripetuti avvertimenti

internazionali contro una vera depressione economica", a causa di una combinazione di cause

convergenti: sanzioni internazionali, riforme imposte, corruzione dilagante, aumento del debito e

del deficit, spreco e aumento delle richieste popolari. Di passaggio, l'Assemblea ha chiesto al

governo di mostrare "serietà e senso di responsabilità", in modo da "proteggere la scuola privata

e le scuole libere, risparmiando allo stesso tempo ai genitori uno sforzo finanziario extra, e

dando agli insegnanti i loro diritti sulla nuova scala salariale ". Infine, l'Assemblea ha accolto con

favore l'incontro che si era appena tenuto con il direttore generale del ministero dell'Agricoltura,

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Louis Lahoud, e il suo teamdi lavoro. Un incontro esplorativo per sfruttare i terreni agricoli rimasti

incolti. Il 15% dei libanesi vive nel settore agricolo, ha affermato Lahoud, che ha rilevato il

potenziale in termini di sviluppo della cultura e del bestiame e la creazione di posti di lavoro. La

partnership tra l'associazione Adyar dell'Ordine dei Monaci Libanesi e l'associazione

Batrouniyat, la produzione di vino e la casa della mela sono stati presentati come modelli di

successo in questo campo. Un modulo è stato distribuito ai Vescovi per un censimento generale

dei terreni coltivati, in preparazione di un congresso che si terrà questa estate a Dimane, alla

presenza di un gruppo internazionale di investitori.

***

UDIENZA DEL MERCOLEDÌ. PAPA FRANCESCO: NESSUNO VIENE DIMENTICATO DURANTE LA MESSA

Ci sono "tre atteggiamenti che non dovrebbero mai mancare nei discepoli di Gesù: primo,

imparare a rendere grazie, sempre e in ogni luogo, e non solo in certe occasioni, quando tutto va

bene; secondo, fare della nostra vita un dono d'amore, libero e gratuito; terzo, costruire la

concreta comunione, nella Chiesa e con tutti". È il cuore del messaggio di papa Francesco

nell'odierna udienza generale di mercoledì 7 marzo scorso, con cui ha proseguito il ciclo di

catechesi sulla Messa. Oggi in particolare il Papa ha parlato della Preghiera Eucaristica

sottolineando che "questa Preghiera centrale della Messa ci educa, a poco a poco, a fare di tutta

la nostra vita una Eucaristia, cioè un'azione di grazia". "Oggi ci soffermiamo sulla preghiera

eucaristica" ha esordito papa Francesco in aula Paolo VI dove è arrivato salutando i fedeli.

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"Concluso il rito della presentazione del pane e del vino, ha inizio la Preghiera eucaristica, che

qualifica la celebrazione della Messa e ne costituisce il momento centrale, ordinato alla santa

Comunione. Corrisponde a quanto Gesù stesso fece, a tavola con gli Apostoli nell’Ultima Cena,

allorché rese grazie sul pane e poi sul calice del vino: il suo ringraziamento rivive in ogni nostra

Eucaristia, associandoci al suo sacrificio di salvezza". "Questa solenne Preghiera la Chiesa

esprime ciò che essa compie quando celebra l’Eucaristia e il motivo per cui la celebra, ossia fare

comunione con Cristo realmente presente nel pane e nel vino consacrati. L’azione dello Spirito

Santo e l’efficacia delle stesse parole di Cristo proferite dal sacerdote, rendono realmente

presente, sotto le specie del pane e del vino, il suo Corpo e il suo Sangue, il suo sacrificio offerto

sulla Croce una volta per tutte". La Messa non si paga: il sacrificio di Cristo è gratuito.

"Nessuno è dimenticato durante la preghiera eucaristica" ha proseguito papa Francesco,

aggiungendo che la "Messa è gratuita". "Se io ho qualche persona, parente o amico nel bisogno

o che hanno passato questo mondo, posso nominarli in quel momento in silenzio", ha precisato

il Papa a braccio. "'Padre quanto devo pagare perché il mio nome venga detto lì?' Niente. Capito

questo? Niente. La Messa non si paga, la Messa è il sacrifico di Cristo che è gratuito. Se tu vuoi

fare l'offerta falla, ma non si paga". Giochi Paralimpici a PyeongChang: «Ponte di pace e scuola

di inclusione». L'appello di papa Francesco, dopo la catechesi. "Tra due giorni si apriranno i

Giochi Paralimpici invernali nella città di PyeongChang, in Corea del Sud, che ha ospitato

recentemente le Olimpiadi. Queste hanno mostrato come lo sport può tendere ponti tra paesi in

conflitto e dare un valido contributo a prospettive di pace tra i popoli. I Giochi Paralimpici, ancora

di più, attestano che attraverso lo sport si possono superare le proprie disabilità. Gli atleti e le

atlete paralimpici sono per tutti esempio di coraggio, di costanza, di tenacia nel non lasciarsi

vincere dai limiti. Lo sport appare così una grande scuola di inclusione, ma anche di ispirazione

per la propria vita e di impegno a trasformare la società. Rivolgo il mio saluto al Comitato

Paralimpico Internazionale, agli atleti e alle atlete, alle Autorità e al popolo coreano. Assicuro la

mia preghiera perché questo evento possa favorire giorni di pace e di gioia per tutti". Papa

Francesco al termine dell'udienza generale ha ricordato anche l'iniziativa "24 Ore per il Signore".

IL SALUTO DEL PAPA AI PELLEGRINI DI LINGUA ARABA

Mercoledì, dopo la catechesi dell’Udienza generale in Piazza San Pietro il 7 marzo 2018 il Santo

Padre ha salutato i pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. Papa Francesco ha espresso,

fra l’altro, un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti

dal Libano, dalla Siria e dal Medio Oriente:

Santo Padre:

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli

provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, vi invito a coltivare nella quotidianità

della vostra vita gli atteggiamenti dei discepoli di Cristo, facendo della vostra vita un

dono d’amore, libero e gratuito e costruendo la concreta comunione, nella Chiesa e con

tutti. Il Signore vi benedica!

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***

I TESTI DELLA VIA CRUCIS PRESIEDUTA DAL PAPA IL VENERDÌ SANTO SCRITTI DAGLI STUDENTI DI UN LICEO ROMANO

La notizia è arrivata via telefono, poco meno di un mese fa, tramite la voce del cardinale

Gianfranco Ravasi. All’altro capo del filo l’insegnante di religione, scrittore e saggista, Andrea

Monda: «Il cardinale mi ha comunicato le intenzioni del Papa. Voleva che, nell’anno dedicato al

Sinodo dei giovani, fossero dei ragazzi a commentare le stazioni della Via Crucis al Colosseo».

Monda, che insegna al liceo classico Pilo Albertelli, ha così prima scelto e poi coordinato il

gruppo di giovani, liceali e universitari dai 16 ai 26 anni, che si sono cimentati in un’impresa di

solito riservata a teologi, sacerdoti, vescovi e cardinali. I quindici del gruppo “Albertelli” (due

ragazze hanno deciso di meditare la stessa stazione). L’indicazione del professore è stata

semplice: «Chiudete gli occhi e incamminatevi con Gesù per le strade di Gerusalemme. Basta

questo. Poi fate parlare il vostro cuore e la vostra intelligenza, senza filtri. Io sono stato il loro

“tramite”». Anche se i testi devono ancora essere approvati dalla Segreteria di Stato vaticana,

«quello che posso anticipare è un approccio assolutamente originale ai testi che tutti

conosciamo». Basti pensare che alcuni tra questi ragazzi sono nati nel 2001: «è lo sguardo di un

“millennial” sul mistero della vita e della morte che caratterizza la storia dell’uomo». Nelle

meditazioni si parla di nuove tecnologie, di smartphone e computer, di migranti e di dignità

(persa e ritrovata). C’è chi ha evidenziato il «senso dell’ingiustizia nella condanna di Gesù», chi

«il paradosso della Croce, che solo in una dimensione di fede si intuisce come strumento di

salvezza». Nelle meditazioni si parla soprattutto di dolore. «Ricordo un passaggio, ad esempio,

in cui uno di loro scrive che vorrebbe evitare di guardare la scena della morte di Cristo.

Preferirebbe non guardare perché “noi – parla a nome dei giovani – viviamo in una società che

rimuove il dolore, non siamo più abituati a farci i conti, ci appare privo di senso, come uno

scandalo da dover evitare a tutti i costi”». E proprio attraverso la Via della croce, riflette Monda,

«i ragazzi hanno avuto la possibilità di recuperare una maggiore consapevolezza, che li ha

portati lungo il cammino della ricerca di senso al mistero del dolore». Al termine della salita al

Calvario c’è la croce ma anche la speranza: «una ragazza ha riflettuto sul sepolcro di Cristo, che

è anche il nostro, dove spesso non si ha il coraggio di scendere ma che resta, alla fine, la via

privilegiata verso la resurrezione». A lungo collaboratore di Roma Sette, Monda è laureato in

Giurisprudenza alla Sapienza e in Scienze Religiose alle Gregoriana. È attivo su diverse testate

giornalistiche, tra le quali Avvenire, e scrive recensioni per La Civiltà Cattolica. Presidente

dell’associazione BombaCarta, che organizza laboratori ed eventi culturali, dal 2006 tiene un

seminario su religione e letteratura alla Pontificia Università Lateranense. È autore di saggi

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letterari dedicati a Tolkien e Lewis, e di un saggio biografico su Benedetto XVI. Su Tv2000 ha

realizzato “Buongiorno Professore”, una fortunata trasmissione settimanale in forma di docu-film

in cui l’insegnante suggerisce un tema e lo lancia come riflessione e provocazione. I ragazzi poi

rispondono, commentano, chiedono, con curiosità e passione. Non sappiamo ancora se saranno

i 15 dell’Albertelli a leggere le meditazioni che hanno scritto per la Via Crucis presieduta da Papa

Francesco al Colosseo: «quello che posso dire – conclude Andrea Monda – è che ci speriamo

tanto».

***

LE SUORE TRAPPISTE IN SIRIA SCRIVONO UNA LETTERA ACCORATA: QUANDO TACERANNO LE ARMI?

Il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha rivolto un appello a tutte le parti in confitto in

Siria, chiedendo loro di permettere l’ingresso di convogli con aiuti previsto per domani nel

Ghouta orientale, popoloso sobborgo controllato dai ribelli ad est di Damasco e assediato dalle

forze governative. Intanto si stringe la morsa sull’enclave dei ribelli. Secondo fonti

dell’opposizione, il governo ha inviato almeno 700 miliziani lealisti sul fronte del Ghouta, mentre

un portavoce del ministero degli Esteri russo ha detto che i miliziani che compiono atti terroristici

“devono essere liquidati”. I bombardamenti sul Ghouta orientale hanno finora provocato oltre 700

morti tra i civili, ma fonti locali parlano di centinaia di vittime anche tra la popolazione dei quartieri

di Damasco colpiti da bombe e razzi lanciati dai ribelli. L’Unicef rende noto che, solo noi primi

mesi del 2018, sono stati oltre mille i bambini uccisi in Siria. Il messaggio delle suore trappiste.

“Abbiamo saputo che i ribelli del Ghouta hanno accettato di lasciare uscire i civili però in cambio

di aiuti umanitari. Questo significa che non sono liberi di uscire”, denuncia sour Marta Fagnani

superiora delle trappiste Azeir, un piccolo villaggio siriano sul confine col Libano, a metà strada

fra Homs e Tartus. La piccola comunità delle religiose trappiste nei giorni scorsi aveva attirato

l’attenzione sulla drammatica situazione sul terreno con un messaggio all’agenzia Fides, nel

quale lanciavano un appello per la fine della guerra e ricordavano che anche la parte di

Damasco controllata dal governo, visitata più volte dalle religiose, è colpita da bombardamenti

che mietono vittime e impediscono ai bambini di andare a scuola. E nuove drammatiche

testimonianze, raccolte nei soggiorni a Damasco, sono state riferite ai nostri microfoni proprio da

suor Marta: R. – Incontriamo la gente e vediamo la gente soffrire, per tutte le conseguenze,

come abbiamo detto: la paura, questa insicurezza di una morte che può arrivare sui civili da un

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momento all’altro, veramente a caso. Inoltre, c’è la fatica di questo parlare solo di un lato della

vicenda, che fa pesare molto la situazione perché non c’è nessuna solidarietà per questo tipo di

sofferenza che viene portata anche da questa parte della popolazione. Lei per “questa parte”

intende le zone controllate dai governativi… R. – Sì, la parte della maggioranza, che ha diritto a

essere difesa, come gli altri. Ci sono bombardamenti da parte governo sul Ghouta però dal

Ghouta, allo stesso tempo, arrivano missili, razzi, bombe sui quartieri di Damasco sotto il

controllo del governo. Lei ha detto che il Ghouta, tra l’altro, è controllato da ribelli islamisti e

integralisti… R. – Ci sono diverse fazioni. I moderati sono stati subito inghiottiti da tutto quello

che era già preparato da prima. Quindi ci sono diverse fazioni ma tutte più o meno estremiste.

Avete avuto notizie di persecuzioni anche all’interno del Ghouta… R. – Abbiamo saputo, per

esempio, che i ribelli del Ghouta hanno accettato di lasciare uscire i civili però in cambio di aiuti

umanitari. Questo significa che i civili fanno parte delle trattative e non sono liberi di uscire. Mi

sembra che questi indizi parlano chiaro. Voi pregate per tutti, per i civili uccisi nei

bombardamenti del governo, per i civili uccisi nei bombardamenti dei ribelli e persino per i

jihadisti, perché nella lettera alla Fides parlate di persone che sono nel peccato che comunque

devono essere salvate… R. – La scelta del bene e del male è davvero un mistero. Quindi non ci

si può rallegrare per la morte di nessuno. La morte è sempre un dramma però bisogna

affrontarlo con lucidità e non ci si può schierare da una parte e dall’altra. Soprattutto non si può

piangere sulla guerra senza lavorare sulle cause che vengono prima, che sono cause volute. Noi

troviamo ipocrita lamentarsi della violenza quando non diciamo chiaramente quali sono le cause

che originano la violenza. Poi, quando un Paese è pieno di armi e di combattenti, si combatte…

Voi denunciate ingerenze esterne; che cosa avete visto sul terreno? R. – In questa guerra se

anche ci fosse stato all’inizio il desiderio di cambiamento - e c’era - subito la situazione è

sfuggita di mano: qualunque desiderio di democrazia che poteva esserci è stato subito

impugnato e direi ancora prima manipolato dagli interessi esterni. E’ lì bisogna agire per la pace.

Per parlare delle esperienze e non di cose sentite, noi nella nostra regione - che ormai da tre

anni è in sicurezza - abbiamo visto benissimo il cambiamento quando i combattenti erano siriani

e il combattimento era verso l’esercito, ma con molto rispetto verso la popolazione, da quando

invece hanno cominciato a entrare i sauditi, i ceceni… Li abbiamo visti proprio in giro, nelle

nostre strade… E la guerra è molto cambiata: è diventata di una violenza e di una ferocia

inaudite. Sì, i combattenti esterni sono stati la maggioranza e continuano ancora ad entrare. Voi

vivete in un piccolo monastero ad Azeir, un villaggio siriano al confine con il Libano. Com’è lì la

situazione e come resiste questo piccolo epicentro di speranza e fede? R. – Abbiamo avuto dei

momenti difficili fino a tre anni fa. C’à sempre un po’ di passaggio nel confine dal Libano…ormai

non ci sono più combattimenti. La gente vive semplicemente, cioè continua a lavorare, a cercare

di vivere. Stamattina parlavo con il nostro operaio… E’ rimasto solo lui come uomo nella

famiglia: un fratello combatte ad Aleppo, l’altro combatte a Damasco… Si continua a vivere

cercando di lavorare sulla coscienza delle persone. Penso che le grandi sfide saranno la

riconciliazione, il perdono, il ricucire la convivenza che era veramente eccezionale in Siria e che

è stata ferita gravemente. La comunità cristiana è stata colpita da questo conflitto, molti sono

fuggiti all’estero: che momento è per i cristiani? R. – Noi siamo una piccola realtà dentro un

piccolo villaggio. La nostra è una presenza soprattutto di preghiera. Parlando con i giovani,

cerchiamo di far riprendere coscienza della responsabilità di restare, perché i cristiani, anche se

sono una minoranza, hanno un ruolo importante. Le sanzioni hanno reso la vita dei giovani molto

difficile, senza prospettive di lavoro. Però queste difficoltà aiutano a fra trovare in se stessi le

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forze che normalmente nel benessere non si trovano. Qualcuno sta tornando, qualcuno sta

ricominciando ad aprire delle piccole imprese… Non ci sono solo le distruzioni c’è tanta vita che

riprende. Certo, senza illusioni, perché c’è una generazione o due di giovani uomini che sono o

morti o che sono andati all’estero, quindi tante donne che si trovano con il peso dei figli, delle

famiglie… C’è moltissimo lavoro da fare ma si può fare. Piano, piano… ci vorrà molto tempo.

***

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA: LEADER UNICEF E UNHCR

IN LIBANO TRA LE DONNE E LE BAMBINE RIFUGIATE SIRIANE

In Libano, oltre la metà della popolazione siriana rifugiata registrata è composta da donne e

ragazze e circa il 40% delle famiglie rifugiate nel paese sono guidate da donne. Per questo

Filippo Grandi, Alto Commissario ONU per i Rifugiati, ed Henrietta H. Fore, Direttore Generale

dell’UNICEF, hanno chiesto un’azione “più incisiva” per la protezione e l’empowerment delle

donne rifugiate. Durante una missione congiunta in Libano, mentre il mondo celebra la Giornata

Internazionale delle Donne e il conflitto in Siria si avvicina al suo settimo anniversario, il Direttore

UNICEF e l’Alto Commissario hanno sentito testimonianze dirette di alcune donne e ragazze

costrette a scappare dalla guerra e cercare salvezza nel vicino Libano. Le donne, che

attualmente vivono in accampamenti per rifugiati con tende a Baalbek, nella valle della Bekaa, a

circa 30 chilometri dal confine siriano, spiegano le due agenzia Onu, fanno parte di un gruppo

formato sulle tematiche della protezione dei bambini e della violenza di genere e sessuale e che

lavora attualmente con altri rifugiati per aiutare a sensibilizzare e fare la differenza nelle loro

comunità. Le donne hanno sottolineato che le loro maggiori preoccupazioni sono i matrimoni

precoci e la mancanza di istruzione. “Nella Giornata Internazionale delle Donne, dico a ogni

donna: sii forte, sii te stessa, sii indipendente e abbi fiducia in te stessa”, ha detto Kholoud, 37

anni, madre di due bambini e rifugiata siriana. “Le donne e le ragazze rappresentano sia la

tragedia della Siria, sia la speranza per il suo futuro”, ha dichiarato Filippo Grandi, l'Alto

Commissario ONU per i rifugiati. “Queste iniziative della società civile sono degli strumenti

fondamentali per affrontare la violenza di genere e sessuale, ma anche per l’empowerment delle

donne e per contribuire al benessere della comunità e alla riconciliazione”. “Il conflitto

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sanguinoso in Siria sta per entrare ancora in un altro anno di guerra e continua a lasciare i

bambini senza casa, istruzione e traumatizzati”, ha dichiarato Henrietta H. Fore, Direttore

generale dell’UNICEF. “Le giovani ragazze in particolare, hanno visto le loro speranze in un

futuro migliore distruggersi, mentre un numero sempre maggiore di loro è costretto a lavorare o

a sposarsi invece di andare a scuola. Solo in Libano, il 40% delle donne siriane fra i 20 e i 24

anni si sono sposate prima di compiere 18 anni, diventando mogli e madri quando erano ancora

delle bambine”. La tragedia umanitaria siriana è ormai impressa sulle fondamenta delle famiglie

costrette a scappare dalle loro case, con un impatto particolare e duraturo sulle donne e i

bambini – che attualmente costituiscono circa tre quarti dei rifugiati siriani in Medio oriente e

Nord Africa. In Libano, alcuni studi hanno dimostrato che le famiglie guidate da donne sono più

vulnerabili e affrontano un rischio maggiore di sfruttamento e in media hanno meno cibo e

un’alimentazione peggiore, livelli di povertà più alti e una probabilità circa due volte maggiore di

vivere in tende presso accampamenti informali. I rifugiati siriani in Libano diventano più

vulnerabili in generale – con oltre tre quarti che attualmente vivono sotto la soglia di povertà. Tra

loro ci sono anche madri che si preoccupano di come portare il cibo in tavola, tenere un tetto

sopra le teste dei loro figli, fornire loro salute e istruzione ed essere sicure che abbiano un futuro

migliore. Sfruttare a pieno il potenziale di donne e ragazze non è possibile finché questo conflitto

brutale non arriverà a una fine. Come leader di due agenzie umanitarie con una forte presenza

sul campo, Grandi e Fore hanno espresso il loro “sdegno verso i terribili livelli di sofferenza dei

civili in Siria” e hanno fatto appello per una “soluzione politica che ponga fine all’eccidio e

permetta accesso duraturo agli operatori umanitari per affrontare l’enorme portata di sofferenze

e bisogni delle persone sul campo”.

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COMMENTO AL VANGELO DELLA DOMENICA: ALZATI, PRENDI LA TUA BARELLA E VÀ A CASA TUA

Nel Vangelo di questa domenica, Marco mostra come deve essere preparata e divulgata

la Buona Notizia di Dio. In Mc 1,16-45, indica qual è l’obiettivo della Buona Notizia e

qual è la missione della comunità. Ora, in Mc 2,1 a 3,6, appare l’effetto dell’annuncio

della Buona Notizia. Una comunità fedele al vangelo vive valori che contrastano con gli

interessi della società che la circonda. Per questo, uno degli effetti dell’annuncio della

Buona Novella, è il conflitto con coloro che difendono gli interessi della società. Marco

raccoglie cinque conflitti che l’annuncio della Buona Novella recò a Gesù. Nel 70, epoca

in cui lui scrive il suo vangelo, erano molti i conflitti nella vita delle comunità, ma non

sempre sapevano come comportarsi dinanzi alle accuse che venivano da parte delle

autorità romane e dei capi giudei. Quest’insieme di cinque conflitti di Mc 2,1 a 3,6

serviva da guida per orientare le comunità, sia quelle di ieri che quelle di oggi. Perché il

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conflitto non è un incidente di percorso, bensì fa parte integrante del cammino. La

solidarietà degli amici ottiene al paralitico il perdono dei peccati. Gesù sta ritornando a

Cafarnao. Si riunisce molta gente davanti alla porta di casa. Lui accoglie tutti e comincia

ad insegnare. Insegnare, parlare di Dio, era ciò che Gesù faceva di più. Giunge un

paralitico, portato da quattro persone. Gesù è la loro unica speranza. Non dubitano a

salire sul tetto e togliere le tegole. Deve essere stata una casa povera, fango coperto di

foglie. Calano l’uomo, davanti a Gesù. Gesù, vedendo la loro fede, dice al paralitico: I

tuoi peccati ti sono perdonati. In quel tempo, la gente pensava che i difetti fisici

(paralitico) fossero un castigo di Dio per qualche peccato commesso. I dottori

insegnavano che la persona rimaneva impura e quindi incapace di avvicinarsi a Dio. Per

questo i malati, i poveri, i paralitici, si sentivano rifiutati da Dio! Ma Gesù non pensava

così. Quella fede così grande, era un segno evidente del fatto che il paralitico era

accolto da Dio. Per questo, lui dichiara: “I tuoi peccati ti sono perdonati!” Con questa

affermazione Gesù nega che la paralisi fosse un castigo dovuta al peccato dell’uomo.

Gesù è accusato di blasfemia dai padroni del potere. L’affermazione di Gesù era

contraria al catechismo dell’epoca. Non andava d’accordo con l’idea che loro avevano di

Dio. Per questo reagiscono ed accusano Gesù: bestemmia! Per loro, solo Dio poteva

perdonare i peccati. E solo il sacerdote poteva dichiarare qualcuno perdonato e

purificato. Come mai Gesù, uomo senza studi, laico, semplice falegname, poteva

dichiarare le persone perdonate e purificate dai peccati? E c’era ancora un altro motivo

che li spingeva a criticare Gesù. Loro avranno pensato: “Se fosse vero ciò che questo

Gesù dice, noi perderemo il nostro potere! Perderemo la nostra fonte di reddito”.

Guarendo, Gesù mostra che anche lui ha il potere di perdonare i peccati. Gesù

percepisce la critica. Per questo domanda: Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti

sono rimessi i tuoi peccati, o dire Alzati e cammina!’? É molto più facile dire:“I tuoi

peccati ti sono perdonati”. Perché nessuno può verificare se di fatto il peccato è stato o

meno perdonato. Ma se io dico:“Alzati e cammina!”, lì tutti possiamo vedere se ho o

meno questo potere di guarire. Per questo, per mostrare che aveva potere di perdonare

i peccati, in nome di Dio, Gesù disse al paralitico: Alzati, prendi il tuo lettuccio e va a

casa tua! Guarì l’uomo! E così attraverso un miracolo insegnò che la paralisi dell’uomo

non era un castigo di Dio, e mostrò che la fede dei poveri è una prova che Dio li accoglie

nel suo amore. Il messaggio del miracolo e la reazione della gente. Il paralitico si alza,

prende il suo lettuccio, comincia a camminare, e tutti dicono: Non abbiamo mai visto

nulla di simile! Questo miracolo rivela tre cose molto importanti: a) Le malattie delle

persone non sono un castigo dei peccati. b) Gesù apre un nuovo cammino per giungere

fino a Dio. Ciò che il sistema chiamava impurità non era già ostacolo per le persone per

avvicinarsi a Dio. c) Il volto di Dio rivelato mediante l’atteggiamento di Gesù era diverso

dal volto severo di Dio rivelato dall’atteggiamento dei dottori. Questo ricorda ciò che

disse un tossicodipendente che guarì e che ora è membro di una comunità a Curitiba,

Brasile. Disse: “Sono cresciuto nella religione cattolica. L’abbandonai. I miei genitori

erano molto praticanti e volevano che noi figli fossimo come loro. La gente era obbligata

ad andare in chiesa sempre, tutte le domeniche e le feste. E quando non si andava loro

dicevano: “Dio castiga”. Andavo perché mi veniva imposto, e quando divenni adulto, non

andai più a messa. Il Dio dei miei genitori non mi piaceva. Non riuscivo a capire che Dio,

creatore del mondo, stesse su di me, un piccolo bambino, minacciandomi con il castigo

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dell’inferno. A me piaceva molto di più il Dio di mio zio che ogni giorno, ripeto ogni

giorno, dopo essere stato a messa per sua libera decisione, comprava il doppio del pane

che mangiava, per darlo ai poveri!”

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CALENDARIO LITURGICO E

RICORRENZE SETTIMANALI

17 MARZO SAN PATRIZIO

«Arrivato in Irlanda, ogni giorno portavo al pascolo il bestiame, e pregavo spesso nella giornata;

fu allora che l’amore e il timore di Dio invasero sempre più il mio cuore, la mia fede crebbe e il

mio spirito era portato a far circa cento preghiere al giorno e quasi altrettanto durante la notte,

perché allora il mio spirito era pieno di ardore». Patrizio nasce verso il 385 in Britannia da una

famiglia cristiana. Verso i 16 anni viene rapito e condotto schiavo in Irlanda, dove rimane

prigioniero per 6 anni durante i quali approfondisce la sua vita di fede secondo il brano della

Confessione che abbiamo letto all’inizio. Fuggito dalla schiavitù, ritorna in patria. Trascorre

qualche tempo con i genitori, poi si prepara per diventare diacono e prete. In questi anni

raggiunge probabilmente il continente e fa delle esperienze monastiche in Francia. Ha ormai 40

anni e sente forse la nostalgia di ritornare nell’isola verde. Qui c’è bisogno di evangelizzatori e

qualcuno fa il suo nome come vescovo missionario. Egli si prepara, ma la famiglia è restia a

lasciarlo partire, mentre degli oppositori gli rimproverano una scarsa preparazione. Nel 432,

tuttavia, egli è di nuovo sull’isola. Accompagnato da una scorta, predica, battezza, conferma,

celebra l’Eucarestia, ordina presbiteri, consacra monaci e vergini. Il successo missionario è

grande, ma non mancano gli assalti di nemici e predoni, e neppure le malignità dei cristiani.

Patrizio scrive allora la Confessione per respingere le accuse e celebrare l’amore di Dio che l’ha

protetto e guidato nei suoi viaggi così pericolosi. Muore verso il 461. È il patrono dell’Irlanda e

degli irlandesi nel mondo.

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SACRAMENTI

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BATTESIMO

I modi e tempi sono da concordare con la Segreteria Parrocchiale, per la preparazione

dei genitori, per la scelta adeguata dei padrini e delle madrine, per la presentazione dei

documenti richiesti; per il battesimo degli adulti sarà richiesto un percorso

individualizzato

CONFESSIONI

Le confessioni sono disponibili in Parrocchia DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ prima e dopo la

Santa Messa delle 13.30 e OGNI DOMENICA dalle ore 10.00 alle ore 13.00.

CRESIMA

Al termine del cammino di preparazione (iniziazione cristiana), si potrà accedere al

sacramento della Confermazione in data e modalità da concordare col Parroco.

COMUNIONE AI MALATI

Per le persone trattenute in casa da una lunga o invalidante malattia si prega

di contattare la Segreteria Parrocchiale per la visita del sacerdote a portare l’Eucaristia

nelle case.

UNZIONE DEGLI INFERMI

l’Unzione è chiesta in caso di malattia di lunga durata o in pericolo di vita, in questi casi

si prega di contattare il Parroco h24 .

CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE (FUNERALI)

La data e l'ora della celebrazione delle esequie sono fissate d'intesa coi familiari, previo

contatto con la Segreteria .

MATRIMONIO

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per ricevere informazioni circa le pratiche civili e Parrocchiali, richieste dalla disciplina

del sacramento è necessario rivolgersi alla Segreteria Parrocchiale, almeno 6 MESI prima

della data prevista per la celebrazione del matrimonio. La Parrocchia ogni

anno predispone dei corsi per fidanzati.

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