bollini rosaargento 2016 claudio mencacci- virginio salvi · sul cervello sociale • premiazione...
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Claudio Mencacci- Virginio Salvi Dipartimento Neuroscienze –Salute Mentale
ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano
La Solitudine dell’anziano Anziano riflessi sul cervello Sociale
• Premiazione
Bollini RosaArgento 2016
Milano 8 novembre 2016
Composizione della popolazione over 65
secondo la nuova classificazione
Classificazione
Anni Tot. nazionale
% nazional
e
% femminile sul tot.
Giovani anziani
65-74 Oltre 6.5 milioni
10.7% 53%
Anziani 75-84 Oltre 4.7 milioni
7.8% 57.8%
Grandi anziani
85 e oltre
Oltre 1.9 milioni
3.2% 68.9%
Il decadimento cognitivo dell’anziano non demente
in Italia
Decadimento cognitivo associato all’età: 28 % - maschi 28.3%, femmine 27.6% Decadimento cognitivo in soggetti che si considerano sani: 17%
Scafato et al., Aging Clin Exp Res 2010;22(5-6):440-9
45%
Italian project on the epidemiology of Alzheimer’s disease in Italy (IPREA)
4785 persone 65-84 anni
• I disturbi cognitivi sono molto frequenti anche nei pazienti non dementi: circa un anziano su due ha qualche problema cognitivo che potrebbe approfondirsi nel tempo ed evolvere in demenza, o comunque portare a peggioramento del funzionamento generale.
• Farmacologiche
– Prevenzione cerebrovascolare (antiaggreganti, statine..)
• Non farmacologiche
– Stili di vita
– Interventi sul contesto sociale
Quali strategie per ridurre il rischio di
deterioramento cognitivo
Processo di Neurogenesi Proliferazione - Maturazione cellulare - Differenziamento
Ambiente arricchito
Esercizio Fisico
Apprendimento - Memoria
Cure
Stress
Glucocorticoidi
Età
Droghe
Depressione
Glutammato
Rete Sociale Relazionale
Socialità
Fattori Protettivi
Estrogeni
Statine
Antipertensivi
Antinfiammatori
Folati
Vit C
Vit E
Antiossidanti
Attività Fisica
Vita Sociale
Neurogenesi
Biggio G 2004
Fattori Rischio
>Omocisteina
Depressione
Stenosi caratoidea
> Pressione Art.
Diabete 2
> BMI-Obesità
Fumo
Alcool
Basso Grado Istr-
Leucoaraiosi
Isolamento Soc. Glucocorticoidi
Amm. Eccitatori
Polimorfismi
Biggio G 2004
La Solitudine
In numerose ricerche si è osservato che la solitudine
sembra aumentare i rischi per l’individuo che ne soffre,
La disregolazione immunologica potrebbe essere una
potenziale pathway.
Elevati livelli di citochine proinfiammatorie come
l’Interleuchina 6 (IL-6) aumentano i rischi per la salute.
In un recente studio condotto su 134 soggetti, gli autori
hanno osservato che tra gli adulti sani esposti ad uno stress,
quelli più soli producevano in maggiore quantità tumor
necrosis factor-alpha (TNF-α) e IL-6, dimostrando dunque
una peggiore risposta allo stress. Jaremka et al, 2013
Isolamento Sociale
L’isolamento sociale è risultato associato in numerosi studi di letteratura ad un maggior rischio di sviluppo di Demenza.
Il rischio di sviluppare demenza era più che doppio nelle persone che si sentivano sole rispetto a coloro che non hanno sviluppato disturbi cognitivi.
L’Isolamento Sociale, Solitudine facilitano l’insorgenza di depressione e di decadimento cognitivo.
Sofferenza del nostro CERVELLO SOCIALE
Social isolation is associated to decrease in dendritic spines
density: Reversal by social housing
0
20
40
60
80
100
120
GH ISO
60 days
ISO 30 days
GH 30 days
**
°°
Den
sity
of
den
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spin
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0
µm
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den
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len
gth
Isolated Group Housed Group Housed Isolated / Group Housed
**P<0.001 vs GH
°°P<0.001 vs ISO
100 77 97
Creare Relazioni
Secondo Dunbar, il successo della specie umana non dipende tanto dalla capacità di adattamento/risoluzione dei problemi, ma piuttosto dalla sua capacità di creare relazioni e condividere idee e conoscenze
• Dunbar fece i suoi studi sui primati scoprendo una correlazione diretta fra dimensione della corteccia e numero di relazioni sociali, ipotizzando nell’essere umano un numero di 150 relazioni.
Rete Sociale
• Quello che oggi sappiamo, è che la rete sociale, oltre che favorire lo sviluppo cerebrale, ne previene il declino.
• Nel 2008 l’AARP (American Association of Retired Persons) esce con un editoriale che riassumeva ciò che alcuni studi stavano dimostrando l’avere interazioni sociali e in particolare di tipo amicale migliora le funzioni cognitive. Avere più rete e più ruoli sociali incide significativamente
• Cardiovascular Health Study (USA) 2015 ha stabilito un’associazione fra dimensione della rete sociale della persona anziana e atrofia cerebrale maggiori le connessioni sociali, minore l’atrofia (soprattutto ingrandimento ventricoli)
• Limite: studio trasversale potrebbe anche essere l’atrofia che determina una minore quantità di contatti sociali
Esercizio fisico
Effetti indiretti
•Migliora il sonno
•Riduce la morbilità cardiovascolare
•Riduce lo stress
Effetti diretti
•Aumenta l’angiogenesi
•Aumenta il rilascio di fattori di crescita •Induce neurogenesi ippocampale
Miglioramento funzioni cognitive
Sofi et al., J Int Med 2011;269:107-11
• Metanalisi di 15 studi prospettici, per un totale di oltre 30.000 anziani non- dementi inclusi un basso-moderato esercizio fisico previene il declino cognitivo (misurato con il MMSE) nel caso di esercizio intenso l’effetto è ancora più evidente
2854 elderly (mean 77 yo) from South France followed for 20 years
“In the whole population, we found associations between increased engagement in social, physical, or intellectual pursuits and increased cognitive ability (but not decline) and decreased risk of incident dementia, and between feeling understood and slower cognitive decline.”
Marioni et al., BMC Public Health 2015;15:1089
Successful ageing
• Non è tanto è l’effetto specifico di una singola azione, quanto l’effetto complessivo di interazioni sociali, attività fisica e stimoli intellettivi a permettere una “successful ageing”, migliorando le funzioni cognitive e anche riducendo il rischio di demenza.
.
Approccio centrato sulla persona
3. Implementare le capacità residue
2. Personalizzare il più possibile il suo spazio
1. Sottolineare le capacità dell’anziano più che i deficit
5. Adattare la struttura all’utente e non viceversa
4. Favorire le interazioni sociali
Approccio basato sulla persona
1. Al momento di accogliere il paziente, sottoporlo a test cognitivi ed esami vari ne sottolineerà soprattutto gli aspetti dipendenti e disfunzionali partire dall’altro lato
2. La mancata personalizzazione promuove il deficit cognitivo, il disorientamento, l’anonimato inserire fotografie, un piccolo mobile, uno strumento musicale supporta la dignità della persona e crea punti di repere per mantenere la memoria di chi si è
3. Gli hobby vanno riconosciuti e nei limiti del possibile sostenuti
4. Le interazioni devono essere differenziate: fra ospiti, con i familiari, con il personale NON MEDICO che deve essere addestrato a PARLARE con l’anziano in RSA
5. Questo il punto di arrivo, già realtà in paesi come Norvegia e Svezia “Advance Care Planning”
Advance Care Planning Condividere con l’ospite le riflessioni sul fine vita
• La RSA è molto spesso per l’ospite anziano l’ultima stazione, il luogo dove si spegneranno. È quindi anche il luogo dove parlare della morte.
• L’Advance Care Planning è il processo di condivisione delle riflessioni sul fine vita, dà indicazioni ai curanti sull’approccio da tenere quando il paziente non sarà più in grado di decidere della propria salute.
• La partecipazione alle scelte da parte dell’anziano promuove la dignità della persona e riduce stress e ansia nell’anziano e nei suoi familiari.
“Quanto vuoi essere informato di quello che ti succede se starai molto male?”
– “Vuoi che decida il tuo medico?”
– “Vuoi che ci pensino i tuoi familiari?”
– “Vuoi essere tu a decidere?”
“Cosa vorresti che facessimo se le tue condizioni di salute precipitassero?”
– “Vuoi andare in ospedale o restare in RSA?”
– “Dobbiamo curarti se sei incosciente, oppure lasciarti andare?”
– “Chi vorrai avere accanto alla fine?”
modificato da: Thoresen et a., J Aging Studies 2016;38:16-26
Thoresen et a., J Aging Studies 2016;38:16-26
• Articolo Norvegese qualitativo, riporta le interviste con le singole persone cogliendo le differenze dei singoli nell’approccio al fine vita approccio personalizzato, riduce lo stigma
• Implementare la ricerca narrativa riduce lo stigma
Studio compiuto su Italiani e Greci residenti in RSA Australiane e senza
background anglosassone
Detering K, et al. BMJ Open 2015;5:e008800
da: Rozzini R, Quaderni del Ministero della Salute, 2011
• Le RSA sono luoghi dove spesso si va a trascorrere l’ultima fase della vita, fino alla fine. È quindi evidente la necessità di adattare l’intervento sulla persona il più possibile, per rendere dignitosa e sensata l’ultima fase della vita. Per farlo bene, qualche volta si deve andare oltre le linee guida.