borgese e manzoni

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BORGESE E MANZONI Author(s): Giuseppe Langella Source: Aevum, Anno 60, Fasc. 3 (settembre-dicembre 1986), pp. 397-414 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20858110 . Accessed: 10/06/2014 01:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.22 on Tue, 10 Jun 2014 01:29:06 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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BORGESE E MANZONIAuthor(s): Giuseppe LangellaSource: Aevum, Anno 60, Fasc. 3 (settembre-dicembre 1986), pp. 397-414Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20858110 .

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BORGESE E MANZQNI

1. L'estetica della ?trasfigurazione?

Nei lucidi e coraggiosi interventi volti a creare le condizioni per un ?tempo di edificare?, Borgese dairimportante tribuna dei ?Libri del giorno? fin dal 1920 assumeva Manzoni quale pietra di paragone per giudicare la letteratura contemporanea: ?e Patteggiamento verso Man zoni ? scriveva in uno di essi1 ? quello che definisce un atteggiamento letterario?; e tra gli opposti del calligrafismo rondiano e del romanzo d'alcova, egli si schierava con Manzoni nel ritenere che ?tema delParte? fosse non il ?solfeggio? gratuito n6 ?il nudo senza volto, ma il cuore con le sue passioni?2. Nel proporre agli scrittori la via delPimpegno3, Borgese riconosceva dunque a Manzoni un significato non meno esemplare di quello che piu avanti, nel libro-manifesto, avrebbe attribuito a Verga e a Tozzi4.

A questa predilezione per Pautore dei Promessi Sposi non era estranea, poi, Pinquieta ma acuta sensibilita religiosa di Borgese. Non per nulla, una ?fedelta? ideale alia linea man zoniana veniva ribadita dal critico proprio nelParticolo sulle conversioni5. Nel momento in cui, sulPonda di queste, una letteratura a sfondo religioso stava diventando di moda e il misu rarsi col tema della fede correva il rischio di diventare troppo facile awentura, Borgese non a torto si preoccupava di richiamare Pattenzione Sulla natura delicata delPargomento, deplo rando che lo si affrontasse con tanta leggerezza. II nome di Manzoni, autorevole come pochi, era invocato stavolta da Borgese in alternativa alia ?degenerazione snobistica? e ?dilettante sca? di certo ?neocristianesimo? di quel primo dopoguerra, edulcorato e ridotto a puro prete sto letterario. Manzoni soccorreva, in particolare, col modello di un romanzo in cui Pimpronta cristiana era tanto radicata nel cuore stesso delPinvenzione e del giudizio storico quanto poco appariscente in superficie, avendo egli evitato con cura, nella sua estrema discrezione, di por tare sulla pagina tutto ci6 che avesse troppo scoperto sentore di dogma, di liturgia e di sacra

1 Cfr. Le mie letture. II, ?I libri del giorno?, III (giugno 1920), 6; poi in Tempo di edificare, Treves, Milano 1923, p. 102.

2 Ibid., p. 111. 3 Per un'analisi adeguata del programma letterario di Borgese, all'inizio degli anni Venti, fissato nei saggi e negli

articoli poi raccolti in Tempo di edificare, cfr. G. Debenedetti, II romanzo del Novecento, Garzanti, Milano 19813, pp. 126-135; M. Santoro, L'uomo nel labirinto, Federico e Ardia, Napoli 1981, pp. 57-74; V. Licata, L'invenzione critica. Giuseppe Antonio Borgese, Flaccovio, Palermo 1982, pp. 9-24; e S. Zarcone, Borgese, ildopoguerra e il ̂ Tem

po di edificare?, in Autori Vari, Borgese. Rosso di San Secondo. Savarese, ?Atti dei Convegni di studio, Catania

Ragusa-Caltanissetta 1980-82?, a cura di P. M. Sipala, Bulzoni, Roma 1983, pp. 91-109. Una piu ampia ricognizione dei fondamenti estetici che stanno alia base del borgesiano 'invito al romanzo' si trova in F. Pappalardo, ?Rube'?

fra tradizione e crisi, ?Lavoro critico?, VI (ottobre-dicembre 1980), 20, pp. 47-66. SulTattivita critica di Borgese cfr., inoltre, A. Rufino, La critica letteraria di G. A. Borgese, Istituto Tipografico Editoriale, Venezia 1969; e E. Scuderi,

Borgese critico, ?Rivista di Studi crociani?, VI (luglio-settembre 1969), 3, pp. 339-346. 4 Cfr. Tempo di edificare, cit., p. VII. 5 Cfr. Le mie letture. VI, ?I libri del giorno?, III (novembre 1920), 11; poi in Tempo di edificare, cit., pp. 149-167.

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398 G. LANGELLA

menti6. L'esibizione formale o troppo sonora del proprio credo infastidiva Borgese, appro dato a una fede di tipo non confessionale, tutta risolta in interiore homine1. Si comprende, dunque, quanto egli dovesse apprezzare la misura con cui Manzoni aveva pur dato corpo a una visione cristiana del mondo.

Di fatto, il ricorso a Manzoni avviene in concomitanza con la censura del ?cattolicesimo fanatico e sterminatore? di Giuliotti, intransigente tutore delPortodossia e dell'obbedienza alia Chiesa, e con Paperta difesa dei ?liberi credenti?8. Lo stesso incondizionato appoggio

6 Cfr., su questo, B. Falsini, Motivi liturgici nell'opera del Manzoni, ?Studi Francescani?, LIX (gennaio-giugno 1962), 1-2, pp. 71-83, e ora E. N. Girardi, // sacro nell'opera del Manzoni, ?Testo?, gennaio-giugno 1985, 9, pp. 5-18, il quale, con formule assai felici, parla piu in generale di ?dislocazione del sacro? e di ?reticenza religiosa?. Di

questa discrezione, che giustamente G. Petrocchi tende a interpretare piuttosto come ?scrupolo d'artista, non tanto o non soltanto come riserbo di cattolico 'illuminato', di cristiano che ha sfiorato il giansenismo? (cfr. G. Petrocchi,

Manzoni. Letteratura e vita, Rizzoli, Milano 1971, p. 210), deve prendere atto anche D. Sparpaglione (cfr. L'ideale

religioso nel pensiero e nell'arte di A. Manzoni, ?Atti del VI Congresso nazionale di studi manzoniani?, Lecco, 4-8 ottobre 1963?, pp. 316-317) nella parte del suo intervento in cui si impegna a dimostrare che ?/promessi sposi presup pongono tutto il dogma?. Quanto alia mancanza, nel romanzo, di uno ?specifico carattere cristologico? e di un ?esplici to e intenso culto agiografico?, si vedano le osservazioni come sempre penetranti di G. Petrocchi, Manzoni..., cit., pp. 206-211, nel cap. intitolato ?Un romanzo cristiano senza Cristo?. Non e, inoltre, senza peso che ? giusta il rilievo del Petrocchi: cfr. ibid., p. 202, nella Galleria di personaggi minori ? ?i personaggi di chiesa sono visti soprattutto a contatto col mondo secolare (padre Cristoforo fuori del convento, il Borromeo fuori del palazzo arcivescovile; e persi no Gertrude, cosi come ora ci appare nei Promessi Sposi, e vista in azione assai piu nelle stanze della dimora principesca del padre che tra le mura del monastero; e lasciamo stare don Abbondio, che non e mai veduto in chiesa, se non nella sola riga che riguarda il matrimonio dei due promessi, e che fuggendo aveva dedicato alia chiesa appena 'un'occhia

ta'!)?. Perfino nel dar corpo alle preghiere dei suoi personaggi, Manzoni ? com'e stato finemente notato, di recente, da F. Mattesini in II linguaggio della preghiera nella narrativa di Manzoni, ?L'Osservatore Romano?, 24-25 giugno 1985, p. 3 ? ha il pudore di arrestarsi sulla soglia del loro intimo dialogo con la Provvidenza: ?Manzoni elude l'elocu zione devota. L'incontro con Dio e ineffabile, non osa trattarne il linguaggio. II rapporto religioso trascende il sistema

linguistico. La contemplazione, l'unione con Dio, il fatto mistico e senza parole. Non ha termini che possano essere

adeguatamente trasmessi e veicolati dalla lingua. Manzoni non e mistico della parola, ma mistico del silenzio. E religioso senza esprimerlo. Non affida alia letteratura il fatto religioso: lo trasforma sotto il segno dell'ineffabile. La preghiera non si traduce in formule, ma in vita?.

7 Sull'argomento cfr., in particolare, M. Olivieri, La religione di G. A. Borgese. Lettere a Clotilde Marghieri e a Giovanni Papini, ?Letteratura Italiana Contemporanea?, IV (settembre-dicembre 1983), 10, pp. 101-107; ma anche M. Kuitunen, La narrativa di Giuseppe Antonio Borgese, Federico e Ardia, Napoli 1982, pp. 33-34 e passim e S.

Orilia, Curriculum spirituale di G. A. Borgese, in Autori Vari, Atti del Convegno suG. A. Borgese (Polizzi Genero sa, 11-12 sett. 1982), a cura di I. Rampolla Dominici, Tip. ed. Mori, Palermo 1984, pp. 167-176. Un'altra testimonianza della sua posizione religiosa e fornita dallo scrittore in una lunga lettera a Vitaliano Brancati dell'8 luglio 1933, resa nota da quest'ultimo in / fascisti invecchiano, Longanesi, Roma-Milano 1946, pp. 56-60. In essa Borgese confessa, tra Paltro, che ?nemmeno nei momenti di misticismo piu sentimentale, a cui accresceva attrattiva la nostalgia della

patria in paesi protestanti [allude, qui, al soggiorno in Germania dal 1906 al 1908], aveva saputo deciders/ alia comunio ne?. L'astensione dalla frequenza ai sacramenti e piu in generale la scelta di tenersi al di fuori di una precisa confessione

religiosa non toglie che Borgese sia animato da una sincera e intensa, ancorch? inquieta e inappagata, sete del divino. Lo prova l'attenzione prestata come studioso di letteratura e come critico militante a tutti i fermenti spirituali del suo

tempo e alle opere, letterarie e non solo, che ne assimilavano le istanze e ne traducevano il messaggio; nonche l'insisten za, si direbbe, sistematica con cui Borgese assume al centro della propria produzione poetica, narrativa e drammaturgica il tema della fede, l'urgenza di assoluto, il mistero dell'al di la, la ricerca dei veri valori della vita. L'identita di libero credente non implica, inoltre, in Borgese, un atteggiamento di rifiuto e magari di astio nei confronti della Chiesa in

quanto pretendente al ruolo di intermediaria fra l'uomo e Dio. Al contrario, per il cattolicesimo in particolare, fin

dagli anni di ?Hermes? Borgese aveva mostrato di nutrire una spiccata simpatia, come traspare chiaramente dalla prosa Resurrezioni, piu tardi ristampata, con altre del suo noviziato letterario, nella ?Biblioteca rara? di Achille Pellizzari, e anzi promossa a titolo dell'intera raccolta (Perrella, Firenze 1922). Non deve sorprendere, pertanto, la presenza nei romanzi di alcune pie e discrete figure di sacerdote, cdlte nell'atto di amministrare i sacramenti o di raccogliere le torbide confidenze o gli interrogativi piu ardui dei protagonisti e porgere loro parole di ristoro, di speranza e di verita. Nella scena dell'estremo incontro tra Eliseo e Sofronia, collocata verso la fine de / vivi e i morti ? di cui si parlera a suo

luogo ?, in un contesto non fortuito di similitudini liturgiche, pare addirittura di cogliere, attraverso la rievocazione

dejla giovane donna, una punta di nostalgia, attribuibile all'autore, per la perduta religione dell'infanzia. 8 Cfr. Le mie letture. VI, cit., pp. 161 e 159. Borgese afferma, inoltre, con vigore polemico che, a prescindere dalla

?messa delle undici?, ?essere cristiano significa sforzarsi di vivere secondo ci6 che insegnano i Vangeli?, e fa vedere,

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BORGESE E MANZONI 399

espresso a Papini in ordine alia sua annunciata svolta spirituale s'inquadra nella posizione assunta da Borgese di cristiano non osservante. Quando, in effetti, nelPottobre del 1920 Bor gese tentava di fare il punto sul diffuso fenomeno delle conversioni, Papini, a dispetto delle voci che andavano circolando sul suo conto, sentiva per il momento di nonpotersi proclama re senz'altro cattolico 9. Anzi, nelPultima uscita pubblica in materia di religione, Particolo

polemico Non esistono cristiani10, invece di rawisare nella Chiesa la depositaria della verita rivelata e dei doni di Gesu crocifisso, non aveva saputo scorgervi altro che ?un sistema di

politica monarchica, di metafisica alessandrina e di sacro cerimoniale?. II Papini con cui Bor

gese solidarizza e dunque, come lui, un ?cercante?, che ha subito il fascino del ?sermone della montagna? ma non si riconosce ancora in una precisa confessione religiosa.

Non passeranno, tuttavia, molti mesi che Pautore della Storia di Cristo, grazie anche al Manzoni moralista, dara uno sbocco definitivo, in senso cattolico, al suo lungo itinerario di conversione11. Non ne uscira, per questo, affievolito nei due coetanei il sentimento di una ?vicinanza spirituale?

12 che per anni ancora si nutrira di attenzione e apprezzamento reci

proci13. Ma, da allora in avanti, lo svolgimento letterario dei grandi temi della dottrina, della

sulla traccia dell'evangelico ma non praticante Tolstoj, ?in che rapporto possano stare il rito e il dogma da un lato e lo spirito religioso dall'altro, senza dominio intransigente di quelli su questo ne ribellione libertaria di questo contro

quelli? (p. 159). 9 Cfr. la lettera a Soffici del 19 luglio 1920 (in R. Rtdolfi, Vita di Giovanni Papini, Mondadori, Milano 1957, p.

202) e quella a Giuliotti del 30 settembre (in D. Giuliotti - G. Papini, Carteggio. I, 1913-1927, a cura di N. Vian, Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1984, p. 77).

10 In ?I1 Resto del Carlino?, 21 dicembre 1919. 11 Quanto abbia influito su questa risoluzione di Papini la meditata lettura della Morale cattolica, si e tentato di

dimostrare nelPultimo paragrafo del saggio su // modello della conversione: Papini e Manzoni, in Autori Vari, Manzo ni tra due secoli, Vita e Pensiero, Milano 1986, pp. 205-212.

12 Per usare una formula adottata dallo stesso Borgese in una lettera a Papini del 28 febbraio 1927. Ma tutta la

corrispondenza di Borgese con Papini e piena di analoghe espressioni di amicizia, di stima e di solidarieta intellettuale.

Questo materiale epistolare, ancora inedito, e conservato presso la Fondazione Primo Conti di Fiesole, che qui vivamen te ringrazio per averne consentito la lettura.

13 E ben vero, infatti, che a Papini, desideroso di vedere ?il Dio cristiano? insediato al centro di ogni libro, del Rube* appariranno ?odiosi i personaggi, tetra e pesa l'atmosfera morale; [...] senza una luce di speranza felice che venga dal cielo? (cfr. la voce Borgese nel Dizionario dell'Omo salvatico, in collaborazione con Giuliotti, Vallecchi, Firenze 1923, pp. 471-472. Circa la paternita delle voci cfr. L. Righi, Cattolicismo nero e giuliottismo, Tip. A. Sbolci, Fiesole

1976, pp. 54-56); ma nell'insieme i giudizi formulati sul conto di Borgese saranno piu che lusinghieri ?

privilegio assai raro tra le schede riservate ai contemporanei ?, tanto che questi si sentira in dovere di scrivere a Papini, il 22 marzo

1923, una lettera calorosa di ringraziamento. Tra l'altro, memore forse del sostegno ricevuto sui ?Libri del giorno? contro quanti avevano messo in forse l'autenticita della sua conversione, Papini lo aveva scagionato dall'accusa calun niosa di arrivismo. Inoltre, se Borgese in un famoso bilancio (cfr. in Tempo di edificare, cit., p. 254) collochera la Storia di Cristo tra le opere piu autorevoli del 1921, col Notturno di D'Annunzio e i Sei personaggi di Pirandello, Papini, dal canto suo, introdurra diverse pagine liriche e narrative delPaltro nella seconda edizione dei Poeti d'oggi (Pantologia compilata in coppia con Pancrazi, Vallecchi, Firenze 1925, pp. 413-425. Si vedano, in proposito, le lettere inedite di Borgese a Papini datate 18 aprile e 21 dicembre 1924).

Data la viva attenzione che mutuamente i due scrittori si prestano, acquista una speciale connotazione d'intesa il titolo scelto da Borgese per un articolo sul capolavoro di Manzoni, Recensione ai ?Promessi Sposi? (in ?L'illustrazio ne italiana?, L [20 maggio 1923], 20, pp. 586-589; ora in Da Dante a Thomas Mann, Mondadori, Milano 1958, pp. 215-225): non piu di due anni prima, infatti, presentando una silloge di prose manzoniane minori (cfr. Le piii belle

pagine di Alessandro Manzoni, vol. I, Treves, Milano 1921), Papini aveva lamentato, testualmente, che ?fino a que/ giorno, dopo quasi cent'anni, non era ancora uscita una bella e completa recensione dei Promessi Sposi?. ? difficile non collegare quel saggio a queste legittime querele; tanto piu che, analogamente, Pattacco al debole anti-manzonismo del Borgognoni, donde prendeva le mosse la prefazione di Papini al vol. II dell'antologia di testi manzoniani (Treves, Milano 1924), sembra essere mutuato dal corrispondente, contenuto in un intervento di Borgese nel frattempo stampato piu volte in volume (cfr. L'Innominato [1914], in Studi di letterature moderne, Treves, Milano 1915; poi in Autori

Vari, Discussioni manzoniane, Perrella, Napoli 1916; e ora in Da Dante a Thomas Mann, cit., p. 227), di cui ricalca non solo il taglio ma perfino le parole. Del resto, anche in precedenza, nella premessa alia Storia di Cristo (ora in Tutte le opere di Giovanni Papini. V, Cristo e Santi, Mondadori, Milano 1962, p. 40) Papini aveva dato l'impressione di riprendere pari pari, con alcuni spunti dell'articolo di Borgese sulle conversioni, le tesi esposte da questi in Resurrezio

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storia e della prassi cristiana sara improntato, nelFosservante Papini, a una sensibilita com

pletamente diversa da quella che continuera ad animare il 'libero credente' Borgese. In effetti, nella cultura del primo dopoguerra piu sensibile alle ragioni dello spirito, Borgese, piuttosto che a Papini, andra accostato ad altri autonomi cercatori d'Assoluto, come uno Zanfrognini o un Martinetti. Opere quali il Rube*, I vivi e i morti o il Lazzaro, pur cosi impegnate sotto il profile religioso, presentano anzi una fisionomia per molti aspetti complementare rispetto a quelle scritte da Papini dopo la conversione: tanto sono ferme, queste, nella proclamazione del dogma, quanto sono travagliate e problematiche quelle di Borgese; nelle une la verita e data ab origine, nelle altre e raggiunta, semmai, solo alia fine di un lento e faticoso tormen to; da una parte si afferma con certezza, dalFaltra si cerca con insistenza; alia propaganda

fides fa da contrappunto Vitinerarium ad fidem. Cambia, insomma, il punto di vista: Borgese da voce poetica alFinchiesta esistenziale,

alia domanda di luce, alia sete metafisica; si colloca, col personaggio, davanti airintrico labi rintico delle strade senza uscita, prima di trovare lo sbocco rasserenante ove pud riconoscere finalmente ? o intravedere ? il volto di Dio. Papini, invece, anche quando deve ripercorrere le tappe della propria o delPaltrui conversione, non cessa mai di giudicare gli eventi col metro della fede raggiunta. Lo troviamo continuamente preoccupato di anticipare Fepilogo della vicenda interiore, quasi tema che Pesposizione dei dubbi, delle sbandate, delle battute d'arre sto, possa turbare o disorientare il lettore, e sviare Popera dal suo intento edificante14. Lo

squarcio di vita dissipato lontano dal Padre e guardato dalPalto della riconciliazione. Tutto ci6 che non rientra nel piano divino di salvezza, tutto cid che appartiene alia natura contami nata delPuomo e oppone resistenza alia Grazia, viene liquidato senza esitazioni. L'autore della Storia di Cristo concepisce la sua presenza cristiana essenzialmente come apologetica. In lui ?prevalgono

? conPe stato ben osservato 15 ? la 'missione' delPintellettuale e Papo stolato dello scrittore, militante sotto Pinsegna di un cattolicesimo 'agonico')); donde anche

quelPaccento a volte troppo perentorio nella pronuncia di una sentenza, quella punta d'in

transigenza verso Perrore16, quel tono a tratti gladiatorio, quello stile ̂ alvatico'17 che ha spesso impedito di consentirgli appieno 18.

ni, ove, in contrasto con l'etica nietzschiana e protestante dello sforzo, della rinuncia e dell'ascesi, il cattolicesimo era stato celebrato come religione serena, gioiosa e conviviale. Borgese, guarda caso, si era richiamato a quella lontana

prosa di ?Hermes? proprio nell'art. sulle conversioni, largamente dedicato a Papini, il quale giusto allora aveva posto mano alia revisione della Storia di Cristo. La collocazione di questi argomenti borgesiani in fondo alia premessa avvalo ra l'ipotesi di un'aggiunta fatta in seguito alia lettura dei due scritti.

14 Un intento di questo tipo Papini aveva apertamente dichiarato nella prefazione alia Storia di Cristo: cfr. ed. cit., pp. 33-34.

15 Cfr. F. Mattesini, Giovanni Papini tra la ?Storia di Cristo? e il ?Sant'Agostino? (1920-1930) attraverso alcune lettere inedite, in Autori Vari, Giovanni Papini nel centenario della nascita, ?Atti del Convegno?, Vita e Pensiero,

Milano 1983, p. 117. II testo della relazione e stato raccolto dalFautore in Figure e forme di vita letteraria da Carducci

aU'ermetismo, Bulzoni, Roma 1983, pp. 166-183. 16 Papini era consapevole e soffriva di questa sua insufficienza di carita, come ammetteva in uno dei primi capito

letti della Storia di Cristo (cfr. ?La vigilia?, in part. p. 94); ed era abbastanza lucido da comprendere che simili inconti nenze erano il tipico retaggio e quasi le stigmate del convertito, sempre ?turbato? perchS vive nelPeterno ?sospetto di non essersi spogliato fin all'ultima pelle del vecchio uomo? e nell'angoscia di ricadere in tentazione; e per questo, se ?non sfugge i peccatori?, ?li accosta con un senso d'involontario ribrezzo; col timore, a volte neppur confessato, d'un nuovo contagio; col sospetto che il rivedere la lordura dove anche lui si compiacque gli rinnovi troppo atroce il ricordo ormai insostenibile della vergogna?.

17 Una giustificazione di questa ?maniera? di scrivere fu tentata da Papini stesso nell'art. L'Omo Salvatico si difen de (nel ?Carroccio?, II [aprile 1923], 4, pp. 201-220, col titolo Umilissimescuse), ora in Tutte le opere. VI, Testimonian ze e polemiche religiose, Mondadori, Milano 1960, pp. 119-143.

18 Riserve alia prosa di Papini ha mosso, tra gli altri, G. Cattaneo: cfr. Giovanni Papini, prima della conversione e dopo, in Autori Vari, Modernismo, fascismo, comunismo: aspetti e figure della cultura e della politico dei cattolici nel '900, & cura di G. Rossini, II Mulino, Bologna 1972, pp. 181-193; mentre, di recente, G. Pampaloni, Papiniscrittore, in Autori Vari, Giovanni Papini. L'uomo impossibile, a cura di P. Bagnoli, Sansoni, Firenze 1982, pp. 108-121,

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BORGESE E MANZONI 401

Ne, probabilmente, e solo questione di diversita di attitudini: il primato riconosciuto da Papini alia ?verita? sulla ?bellezza? 19 sarebbe stato respinto da Borgese, nelle Lezioni di estetica, in quanto vi si annidava, a suo parere, il pericolo di ?ridurre Parte nelle strettoie del moralismo catechistico? e di ?farne una forma pleonastica delPattivita spirituale?20. Non

collimano, quindi, neanche le due visioni estetiche. Papini, infatti, aveva inteso porre le sue

capacita di scrittore direttamente al servizio della diffusione del vangelo21; aveva aspirato a ?farsi leggere volentieri?, ma per fornire ?un nutrimento appropriato alPanima?, per ?rifar la gente?; e aveva concluso che ?se quelle sue virtu, per scarse che fossero, di scrittore affezio nato alParte sua, avessero potuto persuadere un'anima sola di piu, sarebbe stato piu lieto di prima dei doni che aveva ricevuto?22.

La subordinazione delParte alia ?funzione pedagogica, come il 'soave licor' ? di tasse sca memoria ? che aiuta a trangugiare Pamara medicina della verita?, non appagava Borge se, il quale, parlando dalla sua cattedra universitaria, si rifiutava di ?intendere il bello come una superstruttura decorativa del buono?, aspirando a una ben piu profonda ?unione di en

trambi?, quella che gli pareva di ?poter significare col termine Kalocagathds?23. Per altra via Pautore del Rube' intendeva sollevare la letteratura alle piu alte ?sfere? della religione. D'accordo con Manzoni che ?tutto cio che ha relazione con Parti della parola, e coi diversi modi d'influire sulle idee e sugli affetti degli uomini, e legato di sua natura con oggetti gravis simi?24, anche Borgese, dal canto suo, rivendicava alParte una ?santita? e una ?tendenza ad occuparsi *de maximis,?25. Senonche, proprio per questo era deciso ad inserirla non tra le attivita ?aleatorie o transeunti o sorpassabili, ma tra quelle che hanno una perenne dignita, un'efficacia in se compiuta nella vita spirituale?26. L*arte, a suo giudizio, non stava in rap porto di eloquente amplificazione con la verita rivelata, ma era essa stessa religione, in quan to ?ispirata creazione di un sopramondo?27. Borgese aveva gia messo a punto questa teoria

nel saggio Figurazione e trasfigurazione, uscito nel 1926 sulla ?Fiera Letteraria?28, che re sta forse Pesito piu acuto di tutta la sua riflessione estetica. L'arte e sorella della religione perche congiunge la terra al cielo, mostra, per via simbolica, il destino delPuomo e ?da il

sentimento, o, meglio ancora, Pesigenza?29 del divino. Anzi, laddove la filosofia formula

ha si risolto affermativamente l'interrogativo continiano se Papini sia ?stato anche uno scrittore?, ma a prezzo di am mettere il carattere ?frammentario? e ?impuro? della sua opera, e proporne, come gia C. Bo, lo, Papini, Vallecchi, Firenze 1967, una ideale ?antologia?.

19 Cfr., della Storia di Cristo, la prefazione L'autore a chi legge, p. 35. ? sintomatico che Papini, avendo da poco avviato la stesura della Storia di Cristo, ne parli in questi termini alia signora Olga Resnevic Signorelli, scrivendole

il 16 settembre 1919: ?Non sara un'opera 'letteraria' (benche scritta bene) ma un'opera di vita?; e a Prezzolini, lo stesso

giorno: ?Con questo libro esco fuori della letteratura, alia quale mi son lasciato andare un po' troppo negli ultimi

anni, e torno alPumanita e piu in su? (cfr. rispettivamente Carteggio inedito Papini-Signorelli. V, ?L'Osservatore politico letterario?, XXV [gennaio 1979], 1, p. 83; e G. Papini - G. Prezzolini, Storia di un'amicizia. 1900-1924, Vallecchi, Firenze 1966, p. 314).

20 G. A. Borgese, Lezioni di estetica, raccolte da M. Gorra, Tipo-litografia Mariani, Milano 1930, p. 40. 21 Per una lettura del Papini del primo dopoguerra in chiave di ?apologeta artista?, cfr. F. Mattesini, Letteratura

e religione in Papini, Giuliotti, Tozzi, in Autori Vari, IlNovecento letterario in Italia: poesia e prosa, Vita e Pensiero, Milano 1985, pp. 229-235.

22 L'autore a chi legge, cit., pp. 28-29 e 35. 23 Lezioni di estetica, cit., p. 15. 24 La citazione dalla Prefazione al Conte di Carmagnola e ibid., p. 76. 25 Cfr. ibid., pp. 69 e 21. 26 Ibid., p. 170. 27 Ibid. 28 cfr. i numeri del 16 e del 23 maggio. Poi in G. A. Borgese, Poetica dell'Unita, Treves, Milano 1934, pp. 142-176.

Sul saggio e in genere sull'estetica borgesiana cfr. R. Scrtvano, Borgese critico, in Letteratura italiana. I Critici, Marzo

rati, Milano 1969, vol. Ill, pp. 2243-2265; e S. D'Alberti, Giuseppe Antonio Borgese, Flaccovio, Palermo 1971, pp. 109-116.

29 Figurazione e trasfigurazione, cit., p. 165.

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Passoluto e la religione lo rivela, Parte finisce per anticiparlo. Citando i versetti della Lettera ai Romani in cui Paolo si sofferma a parlare del creato con accenti di speranza nel suo futuro riscatto30, Borgese individua ?il mondo delPispirazione e delPopera d'arte? in ?una natura

purificata, redenta, affrancata dalla corruzione e dalla morte, una natura graziata, trasfigu rata come se fosse risorta in gloria?31.

NelPassegnare alParte una specifica funzione religiosa in virtu del processo ad essa pecu liare della ?trasfigurazione?, Borgese sviluppa una teoria che, nonostante le comuni premesse

morali, diverge in maniera abbastanza radicale da quella via via elaborata da Manzoni, specie in rapporto ai principi delP?utile? e del ?vero?. Nelle Lezioni di estetica, che sono quasi interamente dedicate alPanalisi dei fondamenti speculativi della produzione manzoniana, Bor gese ribadisce la sua grande considerazione delP?eccellenza? del Manzoni pensatore oltre che letterato, ne riconosce Palto magistero, si sente ?erede? delPimpostazione etica che Pautore del Carmagnola aveva dato alia definizione di uno statuto delParte32; ma non puo condivi dere quello che egli chiama il platonismo di Manzoni, cioe il troppo severo ?segregamento? teorico delle belle lettere entro una ?funzione pedagogica?33, che fatalmente e ?logicamen te? aveva finito per indurre lo scrittore a ?rinunziare alParte?34, facendogli chiudere anzi

tempo un capitolo aureo della sua creativita intellettuale e portandolo addirittura a condannare in blocco tutta la sua opera35. L'errore di Manzoni ? il bando delParte, sulle orme del Pla tone della Repubblica

? derivava, secondo Borgese, dalla svalutazione delPattivita estetica

conseguente a quella sua subordinazione preliminare, per cui svaniva la possibilita di attri buirle un ?posto? piu specifico e qualificato ?nella vita etica e religiosa?36.

II saggio su Figurazione e trasfigurazione, in cui, alPopposto, Borgese si era sforzato di restituire alParte una sua dignita in quanto anticipatrice delPassoluto, aiuta poi a chiarire le ragioni delPaltra non certo marginale divergenza dagli assunti manzoniani espressa nelle Lezioni di estetica: se Parte deve tendere, secondo le parole delPapostolo, alia natura redenta, ?trasfigurando la realta in una realta superiore?37, non puo oltrepassare le colonne d'Erco

le del ?verosimile?38. ?La verity di fatto e la riproduzione meccanica?39 restano fuori del suo campo. Ma allora Passiduo torturarsi di Manzoni per ridurre ad armonia Pinsanabile

dissidio tra storia e invenzione diventa, agli occhi di Borgese, inutilmente ossessivo. La quan ta delle opere manzoniane non ne viene pregiudicata solo perche il poeta si ribella al teorico e ne elude i postulati. Borgese smonta il preteso storicismo di Manzoni, mostrandone le ina dempienze sul terreno concreto della produzione letteraria40. In particolare, il romanzo ap

30 Cfr. Lettera ai Romani, 8, 19-23. 31 Figurazione e trasfigurazione, cit., p. 171. 32 Cfr. in particolare pp. 50, 66, 69. 33 Ibid., p. 167 e passim. 34 Cfr. ibid., p. 5 e passim. 3* Per un'interpretazione in parte diversa di questo abbandono dell'attivita letteraria da parte di Manzoni, ricon

dotto alle categorie conoscitive del vero e del falso, cfr. M. Puppo, Poesia e verita. Interpretazioni manzoniane, D'An

na, Messina-Firenze 1979, capp. I-IV. Un approfondimento delle cause di questa svolta manzoniana, fatta risalire alia crisi del 1826-1827, a revisione del romanzo non ancora ultimata, si trova altresi in A. L. De Castris, L'impegno del

Manzoni, Sansoni, Firenze 1965, pp. 233 ss. 36 Cfr. Lezioni di estetica, cit., p. 107. 37 Figurazione e trasfigurazione, cit., p. 175. 38 Ibid., p. 160. 39 Ibid., p. 159. 40 Nella concezione dell'Adelchi, ad esempio, egli trova, ?storicamente parlando, il falso a prima vista. Chi potreb

be credere infatti che Adelchi avesse sentimenti cosi coscientemente puri e raffinati? Certo, noi sappiamo che questi anacronismi psicologici non nuocciono, a priori, alParte, e nel caso poi dell5 Adelchi gran parte del fascino della tragedia sta appunto in questa luce che irraggia dal di fuori ? da una mente nostra e moderna ? a illuminare le oscurita barbari che. Ma al Manzoni, invece, importava sommamente che tali sentimenti, con la relativa espressione, fossero veri; egli voleva che tutto ? nella sua opera ? fosse veritiero; donde questo suo doloroso anfanare verso una materialita del

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BORGESE E MANZONI 403

pare a Borgese, non senza forzature, come ?la costruzione di un mondo dove tutto e o finisce

per diventare concorde [...]; un mondo composto e ordinato intorno a un centro inamovibi le? che assicura alia ?tragedia? dei due giovani uno scioglimento ?idillico?41. Una simile interpretazione, collocata com'e nelle Lezioni di estetica, ha indubbiamente un valore stru

mentale rispetto alPassunto borgesiano della trasfigurazione artistica; ma era gia stata avan zata senza varianti nella Recensione ai ?Promessi Sposi?, dove il carattere paradigmatico del

capolavoro manzoniano veniva individuato appunto nella proposta, invero riduttiva, di un'im

magine della ?Terra come gia in qualche modo oltreterrena, campo della giustizia eterna, vestibolo del regno di Dio? 42.

2. Itinerarium ad fidem

NelParticolo sulle conversioni, in polemica con quanti, dopo il ?satanismo? e il ?pagane simo? di primo Novecento, si andavano accostando al vangelo con lo stesso spirito dilettante sco di scoperta intellettuale e di esperienza letteraria con cui avevano abbracciato via via tutte le nuove correnti d'arte e di pensiero, Borgese faceva appello, oltre che ai ?capitoli XX e

seguenti dei Promessi Sposi?, alP?inno per la Pentecoste? 43. A quelPepoca egli stava lavo rando al suo primo romanzo, che sarebbe uscito pochi mesi dopo44. Ebbene, versi della Pen tecoste si ritrovano apertamente citati in piu luoghi del Rube*, quasi a sancire la serieta con cui Pautore si misura col problema religioso. Non e cosa da poco, nella fortuna della lirica manzoniana, che alP?infelice? protagonista del romanzo, precipitato in uno stato d'angoscia

vero, questo bisogno ? si direbbe ? di stringere e pesare i fantasmi? (Lezioni di estetica, cit., p. 92). NelPadditare

questi difetti e contraddizioni, Borgese si aw ale sicuramente delle riserve gia mosse allo storicismo manzoniano da

Goethe, che egli conosceva a fondo. Quanto tali riserve avessero d'altronde contribuito ad accelerare la crisi del sistema

poetico prowisoriamente formulato da Manzoni nella Lettre a Monsieur Chauvet, ha ribadito anche di recente M.

Puppo, in Poesia e verita..., cit.: cfr. il cap. intitolato ?Manzoni e Goethe: il dibattito su poesia e storia?, pp. 23-40, e altrove pp. 19-21 e 42-47. Su L'incontro spirituale tra Goethe e Manzoni, A. Matter Siniscalchi ha tenuto una comunicazione al congresso su Manzoni scrittore europeo (Salerno, 27 aprile -1 maggio 1974), Jannone, Salerno 1976, pp. 173-183.

41 Lezioni di estetica, cit., p. 87. Ma sul ?lieto fine? e in generate sul ?mondo? dei Promessi sposi cfr. almeno E. Raimondi, II romanzo senza idillio, Einaudi, Torino 1974. L'estetica della trasfigurazione fa velo a un'analisi piu perspicace del capolavoro manzoniano, impedendo a Borgese di cogliere sino in fondo la complessita di un testo teso tra il cristiano ?augurio / di piu sereno di? e la non meno cristiana e pascaliana ?contemplazione delPabisso del core umano guasto com'e dalla colpa originale? (A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica, III).

42 Cfr. la Recensione ai ?Promessi Sposi?, cit., p. 223. 43 Cfr. Le mie letture. VI, cit., pp. 165-166. 44 G. A. Borgese, Rube', Treves, Milano 1921. Sul Rube' cfr. almeno: S. Battaglia, Mitografia del personaggio,

Rizzoli, Milano 1968, pp. 533-536; M. Isnenghi, Ilmito della grande guerra, Laterza, Bari 1970, pp. 198-202; S. D'Al berti, Giuseppe Antonio Borgese, cit., pp. 119-124; L. De Maria, Introduzione alPed. del romanzo negli Oscar Monda

dori, Milano 1974; M. Oltvieri, Schema oppositivo nel ?Rub6? di G. A. Borgese, ?Prospetti?, XI (marzo-giugno 1976), 41-42, pp. 31-40; P. Laroche, Situation et signification de ?Rub6? dans la crise du premier apres guerre en Italie, in Ideologies et politique. Contributions d I'histoire des intellectuels italiens du Risorgimento au Fascisme, Paillart, Parigi 1978, pp. 165-192; M. Kuitunen, I personaggi minori nel ?Rub6? di Borgese, ?Esperienze letterarie?, III (luglio settembre 1978), 3, pp. 29-42; G. Natali, 77 caso e I'analisi: RuM, in Le verita della menzogna da Sperelli a Zeno, Bulzoni, Roma 1979, pp. 119-144; G. Amoroso, Giuseppe Antonio Borgese. II romanzo come testimonianza storico

politica: I'intellettuale borghese alVavvento del fascismo, in Autori Vari, Novecento, Marzorati, Milano 1979, vol.

Ill, pp. 2436-2444; F. Pappalardo, ?Rub6?..., cit., pp. 66-79; R. Freda Melis, Alcuni appunti sul ?Rubi? di Borgese, in Autori Vari, Studi difilologia romanza e italiana offerti a Gianfranco Folena dagli allievipadovani, STEM-Mucchi,

Modena 1980, pp. 525-540; M. Santoro, Esemplarita di ?Rub4?, in L'uomo nel labirinto, cit., pp. 75-121; V. Licata, L'invenzione critica..., cit., pp. 27-65; M. Kuitunen, La narrativa di Giuseppe Antonio Borgese, cit., pp. 45-93; M. N. Frascarelli Gervasi, Iromanzi di Borgese e la tradizione narrativa americana: spunti e suggestioni, ?Critica lettera

ria?, X (1982), 35, pp. 359-373; N. Tedesco, Borgese, De Roberto, la guerra e il fascismo, in La tela lacerata, Sellerio, Palermo 1983, pp. 44-51.

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e in un ?disordine orrendo delPimmaginazione?, padre Mariani ricordi e additi proprio La Pentecoste45. Per lo scrittore siciliano questo testo e anzitutto Pinvocazione della fede su chi non la possiede, come passo iniziale verso la conversione: Filippo Rube, ?ne osservante ne credente?, si rivolge, infatti, alP?umile servo di Dio? perche lo aiuti a ?dissipare le orride tenebre della mente? e ad ?intravedere una luce di purificazione?; e il dotto e pio salesiano, recitando i primi versi della XII strofa, lo incoraggia a impetrare Pintercessione del Paracleto, del lumen cordium.

Perche Pincredulo sia inondato da ?quella grazia che ? come aveva scritto Manzoni46 ? non e mai dovuta, ma che non e mai negata a chi la chiede con sincero desiderio, e con umile fiducia?, occorre tuttavia che il suo animo sia disposto alPattesa, paziente, pieno di confidenza nel soccorso divino ma non pretenzioso. Senonche a Filippo quelPatteggiamento spirituale di ?vera umilta? fa appunto difetto. Egli e ancora ? per stare alia radiografia, severa ma centrata, di padre Mariani ? ?un feticista del successo e del fatto compiuto e della forza come legge suprema?, e un ?idolatra della Materia e della Fortuna?; s'illude di ?estorcere a viva forza la grazia?, di ?conquistare il regno di Dio per scommessa e con un

colpo di mano?, di ricevere ?a ogni occorrenza il miracolo?. E dunque fuori strada: ?la for tezza di Dio ? gli fa osservare il salesiano ? non si prende per stratagemma ne d'assalto. Non si espugna. Le sue porte sono innumerevoli?, ma aperte solo ai ?mansueti?. A lui percid e interdetta la catarsi delPInnominato, ne e dato in dono a padre Mariani, come al cardinal Federigo, ?di toccare il cuore di quelPinfelice? e riconciliarlo con Dio 47. A Filippo, che ha la mente malata d'orgoglio, son riservati in sorte soltanto la disperazione e Pangoscia, il ?cer vello che mulina a vuoto? 48, il vano dibattersi della coscienza entro il Jabirinto delle ?possi bilita? 49, senz'altra via d'uscita, stavolta, che la morte.

A differenza di quanto succede alPInnominato, lo scompiglio delP animo in Rube non ha valore di stimolo al ravvedimento, non foss'altro perche, mancandogli qualsiasi preannun cio di refrigerio, e privo di contropartita. Padre Mariani pud ben affermare, lasciando aperto uno spiraglio di salvezza, che ?lo stesso turbamento, lo stesso cupo dolore, lo stesso eccesso delle calunnie con cui Filippo si lacera Panima, sono segni che la grazia non gli manchera?; ma la sventurata creatura di Borgese prova soltanto il peggiore e tumultuoso dei due contra stanti sentimenti che il Borromeo aveva letto nel cuore delPInnominato invaso da Dio. Anche Panimo di Filippo e ?oppresso?, ?agitato?, senza pace; ma non pregusta alcuna ?speranza di quiete, di consolazione?. Non a caso, della XV strofa della Pentecoste, cui strettamente si ricollega Pintrospezione del cardinal Federigo, Borgese riporta unicamente i due versi, si direbbe, di maledizione: ?Scendi bufera ai tumidi / pensier del violento?. E una ?bufera? e tutta la vita di Filippo, non solo quella che lo sorprende improvvisa sul lago Maggiore e lo fa luttuosamente naufragare tra gli scogli.

Piu che ad altri luoghi manzoniani, la catastrofe cui va incontro, irresistibilmente, il per sonaggio dfracine borgesiano, pare ispirata alia terribile sentenza pronunciata da Adelchi (I, 344-346): Dio ?in cor del reo sovente / mette una smania, che alia pena incontro / correr 10 fa?. Non si spiegherebbe, diversamente, Paffannoso saltare di Rube da un treno alPaltro, 11 suo ?carambolare? per PItalia alia ricerca di una ragione ideale di vita che nessun interlocu

45 G. A. Borgese, Rube1, cit. II colloquio di Filippo con padre Mariani, cui si riferiscono le citazioni a testo, occupa la prima parte del cap. XX, pp. 326-337.

46 Osservazioni sulla morale cattolica, HI. 47 Gia il Pancrazi, recensendo il Rub? (cfr. 77 romanzo di un critico, ?I1 Resto del Carlino?, 15 maggio 1921, ora

in Ragguagli di Parnaso, Dal Carducci agli scrittori d'oggi, Ricciardi, Milano-Napoli 1967, vol. II, p. 155) aveva richia mato per questo episodio il ?grande precedente? del ?colloquio tra il Cardinale e rinnominato?.

48 Cfr. Rube, cit., p. 340. 49 Cfr. ibid., p. 418. Per una lucida analisi del ?male oscuro? che divora il personaggio cfr. P. Giannantonio,

Rube^ o la crisi dell'intellettuale, in Contemporanea, Loffredo, Napoli 1981, pp. 131-144.

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BORGESE E MANZONI 405

tore e in grado di dargli; ne, soprattutto, Pattrazione magnetica esercitata su di lui da un

?viaggiatore sconosciuto?, causa del mancato incontro con la moglie e della sua tragica fine. Rube non pud uscire che con la morte dal labirinto della coscienza. Al demone delFinquietu dine si aggiunge la paralisi della volonta. Egli si sente rotolare come una palla da biliardo, spinto da ?un colpo di stecca formidabile? che attribuisce al misterioso, impassibile, colossa le, tremendo ?viaggiatore sconosciuto?50. E che davvero Pepilogo del romanzo sia costruito da Borgese in chiave con la battuta di Adelchi, fa pensare anche Pattribuzione a questo non

meglio identificato ispettore delle ferrovie di caratteri e poteri divini, a cominciare da quello di tenere in pugno, scritto in un taccuino, il destino stesso di Filippo51.

Del giovane re longobardo, sollevato da Manzoni al rango di eroe tragico, Rube condivide anche il ?destino? d'agognare ?la gloria?, ?e di morire senza averla gustata?; di sentirsi spin to dal cuore ad ?alte e nobili cose?, ma ?condannato ad inique? dalla ?fortuna?, e di andare, ?strascinato?, ?per la via che non si scelse, oscura, senza scopo? (III, 43-45 e 84-88). La comune vicenda terrena sfocia nel piu doloroso fallimento. Anzi, la struttura narrativa in cui viene calato da Borgese il tema scenico, ne dilata le proporzioni: Filippo, educato dal padre alPinsegna del motto ?o tutto o niente?52, cresciuto nel mito dei viri clarissimi di Cornelio

Nepote e di Plutarco53, e nel culto del Memoriale di Sant'Elena e del superomismo di Sten dhal, Nietzsche e D'Annunzio54, aveva vagheggiato ?la professione assoluta, la guerra as

soluta, Pamore assoluto?55, s'era sognato ?un uomo di genio, un uomo celebre, nominato

in tutti i giornali, col suo nome su tutte le bocche, un grand'uomo, il piu grande degli uomi

ni?56; ma deve ammettere, prove alia mano, d'essere ?un buono a nulla?51, un ?uomo sen

za ne arte ne parte, capitano smobiUtato, awocatuccio spiantato, impiegato Ucenziato?58, che non si era neanche presentato alle elezioni e aveva finito per sposare una donna che non amava.

Peraltro, tutta la concezione del personaggio sventurato, cui solo la morte pud restituire la serenita e il riposo vanamente inseguiti durante la vita, e ricalcata sul capolavoro tragico di Manzoni. Si ricorderanno, infatti, a proposito di Ermengarda, i versi del coro famoso

(IV, 17-22): ?fuor della vita e il termine / del lungo tuo martir. / Tal della mesta, immobile / era quaggiuso il fato: / sempre un obblio di chiedere / che le saria negato?; ma anche da Adelchi la morte sara vista come una liberazione, al cui solo pensiero ?Palma [...] riposa alfine? (V, 65-66); e le estreme parole, indirizzate a Dio, su cui cala il sipario della tragedia e della sua esistenza terrena, ribadiranno questo concetto con senso di soave consolazione:

?Vengo alia pace tua: Panima stanca / accogli? (V, 403-404). Analogamente, di Filippo si dira che era ?un uomo perduto. Non poteva trovare pace che nella morte?59. Lo stesso at

tribute, che con una certa insistenza qualifica come ?infelice? la sorte toccata in questo mon

do ai due figli sciagurati di Desiderio60, torna con uguale evidenza e coloritura semantica nel romanzo di Borgese, a connotare il destino di Rube61. Ma ?infelice? era altresi la perso na in preda a ?languidi pensier? su cui il Manzoni della Pentecoste aveva invocato la discesa ristoratrice dello Spirito Santo; e i due personaggi drammatici dell'Adelchi in punto di morte

50 Cfr. Rubiy cit., pp. 395-396. 51 Cfr. ibid., pp. 393, 397 e passim. 52 Cfr. ibid., p. 382. 53 Cfr. ibid., p. 400. 54 Cfr. ibid., p. 345. 55 Cfr. ibid., p. 383. 56 Cfr. ibid., p. 384. 57 Cfr. ibid., p. 410. 58 Cfr. ibid., p. 314. 59 Ibid., p. 418. 60 Cfr. Adelchi I: 204, 220; III: 90; IV: 31, 166. 61 Cfr., ad es., pp. 337 e 418.

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ne ricevono, in effetti, il ?piacevol alito?, P?aura consolatrice?. Allora, pud darsi che anche la ?pace? che Filippo trova nel rendere Panima a Dio sia illuminata e benedetta dal suo per dono e dalla speranza della beatitudine. Borgese e discreto, al riguardo, perche, alia fine, e il giudizio insondabile delPAltissimo che decide della salvezza o della dannazione di un uo mo; e d'altro canto Pautore della Morale cattolica alPidea calvinista della ?piena certezza? circa P?eterna salute? delPanima aveva opposto la dottrina della ?speranza? come ?aspetta tiva non certa d'una cosa desiderata?62. Tuttavia, in sintonia, appunto, con questa manzo

niana ?aspettativa?, il lettore del Rube e indotto da piu di un'allusione disseminata nel testo a confidare che anche sulle disgrazie e gli errori del tormentato protagonista si pieghi, da ultimo, la misericordia divina. Gia padre Mariani aveva lasciato intendere che la Grazia non sarebbe mancata a Filippo63, interpretando come ?un segno precursore? la ?fausta? coinci

denza della sua liberazione dal carcere col giorno di Pentecoste M; ma poi e Filippo stesso, agonizzante, in un ultimo ?barlume? di lucidita, a immaginare che ?PIspettore, il Viaggiatore Sconosciuto?, che ?certo avrebbe di nuovo incontrato? nelPaldila, ?non poteva essere troppo severo con lui, perche aveva molto sofferto e non aveva odiato nessuno? 65. Siamo alia sen

tenza manzoniana della Morale cattolica secondo cui ?il vero male per Puomo non e quello che soffre, ma quello che fa?66, tanto piu valida ed esclusiva, ai fini della salvezza eterna, per il non osservante Borgese; e siamo, soprattutto, alia possibility, che si apre ad Ermengar da, di ?ascendere? ?al Dio de' santi?, ?santa del suo patir?. E insomma una nuova ?provida sventura? quella che pone le basi per la redenzione delP?infelice? protagonista del romanzo e lo autorizza a confidare in un ?piu sereno di?. Dietro Pultima pagina del Rube si avverte chiaramente il coro delle suore attorno a Ermengarda morente. Eugenia, la moglie ?pietosa? di Filippo, che lo assiste durante il trapasso e lo conforta ad abbandonarsi al sonno eterno, e una variante di Ansberga, sorella della giovane sovrana ripudiata, che compie il medesimo mesto, funebre ?ufficio?. E si noti: Ansberga ha preso i voti ed e anzi badessa del monastero dove P?infelice? si e ritirata; Eugenia e vista dal marito come ?suora, infermiera, buona a chiudere gli occhi a un agonizzante?61. E li chiude, infatti, a Filippo, con immagine delica tissima sotto la quale e fin troppo agevole riscontrare il palinsesto manzoniano del coro, tanto il borgesiano ?non avevano peso le lunghe dita di donna che gli stavano sulle palpebre chiu se? 68 riverbera quella ?man leggiera? che ?sulla pupilla cerula / stende Pestremo vel? (vv. 10-12). Ne, questo, e Punico topos che Borgese derivi da quei settenari: P?affannoso petto? della morente da luogo a un ?ansava piu forte?, mentre al suo ?tremolo sguardo? corrispon de da vicino lo ?sguardo che gia si spegneva?. L'esortazione del coro, poi, ripetuta a distanza come un ritornello ? ?Sgombra, o gentil, dalPansia / mente i terrestri ardori; / leva alPEter no un candido / pensier d'offerta e muori? (vv. 13-16 e 85-88)

? viene tradotta da Borgese nel commento delPamico medico e nel resoconto delPultimo labile ragionamento di Rube, restando il centro tematico della sequenza. La triste vicenda di Ermengarda e la catarsi della morte forniscono, quindi, a Borgese il modello letterario del reo punito e redento con Pinfeli cita della sorte, che egli sviluppa nel Rube'.

D'altronde, il fatto che Filippo riapra gli occhi un'ultima volta, prima di richiuderli per sempre, non e dettaglio da trascurare nelPeconomia della vicenda, in ordine alia sua conver sione in extremis al Dio di misericordia, se va collegato

? come pare ? colPultimo distico

62 Cfr. Osservazioni sulla morale cattolica, VIII, 2. 63 Cfr. Rube', cit., p. 336. 64 Cfr. ibid., p. 333. 65 Ibid., p. 420. 66 Osservazioni sulla morale cattolica, III. 67 Rube', cit., p. 234. 68 Ibid., p. 421.

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BORGESE E MANZONI 407

della Pentecoste ? ?brilla nel guardo errante / di chi sperando muor? ? che a Filippo era tomato in mente non piu di due giorni prima69. Era, quello, Pannuncio della prossima ?ago nia?, ma anche Pennesimo indizio di una redenzione che non sarebbe mancata.

Ora, lo stesso Manzoni aveva sottolineato nel capitolo IX della Morale cattolica, ?Sul ritardo della conversione?, che la Chiesa non incoraggia di certo il ravvedimento del peccato re in articulo mortis; ma s'era guardato, naturalmente, dal metterne in dubbio la validita, quando le sacre scritture apertamente lo contemplavano. E dal suo canto, nei confronti di don Rodrigo non aveva emesso, per conto di Dio, un verdetto di condanna, alimentando anzi attorno al suo caso un'atmosfera di sospensione non preclusa alPeventualita di una sal vezza70. Ne si pud dimenticare, giacche Pepisodio aveva deciso del futuro di Lodovico, che il ?signor tale, arrogante e soverchiatore di professione?, rimasto trafitto dalla sua spada nel famoso duello, era ?morto bene?, cristianamente assistito da un cappuccino, invocando

il perdono delPuccisore e porgendogli il suo, di modo che, nonostante la lista delle sue colpe presso Dio dovesse essere verosimilmente lunga, non si era dannato.

Piu che rifarsi a esempi di conversione palese, maturata a tempo debito, preludio a una vita di riparazione, Borgese preferisce seguire, per la fine del suo Rube, Pimpianto delPago nia di don Rodrigo, che quindi si intreccia con quella di Ermengarda, arricchendo il modello di nuovi risvolti. Oltre tutto, anche lui e un ?infelice?, anche lui, ?di quando in quando?, ha il ?respiro affannoso?, anche lui e pietosamente assistito da qualcuno; e in piu, come

Rube, e privo di conoscenza e scosso da ?una contrazione violenta?.

Ma Borgese da alPagonia del suo personaggio un seguito dal quale Manzoni si era aste nuto: Renzo, e il lettore con lui, viene a sapere che il signorotto era spirato, ma non se ?quel pover'uomo fosse morto bene? (cap. XXXVIII). L'unico fatto certo e che, quando padre Cristoforo Paveva accompagnato alia capanna dove il moribondo giaceva, questi non aveva

ancora ripreso coscienza71. A Filippo, invece, e dato di conservare quel poco di lucidita ne cessario a rimettere la propria anima alia clemenza del Signore, e riaprire gli occhi per vedere, non foss'altro, una croce. Non c'e, naturalmente, una sanzione sacramentale della contrizio

ne del personaggio e del perdono di Dio, ma perfino la presenza di Eugenia, ai piedi del letto, lascia ben sperare: Filippo se Pera gia figurata, altra volta, come P?angelo? di quella ?buona morte?72 che tanto stava a cuore anche a Manzoni. E d'altra parte, ragionando ?sulle cose che decidono della salvezza e della dannazione?, anche Pautore della Morale cattolica aveva tenuto a smentire P?opinione erronea? che faceva dipendere il destino delP anima ?dal

Passoluzione del prete?, riconducendolo invece, secondo la corretta dottrina della Chiesa,

alia ?misericordia di Dio? e ai ?meriti di Gesu Cristo?73. A maggior ragione, per un libero credente come Borgese, che tendeva a regolare i suoi personali rapporti con Dio senza ricorre re ad alcuna mediazione istituzionale, gli ultimi ?balbettii senza voce? di Filippo non poteva no giungere sgraditi al Giudice Supremo.

Se nel Rub4 la ricerca di fondamenti religiosi, fino alPultimo compromessa dalla malat tia delPorgoglio, e coronata soltanto dalla speranza della salvezza in nome della ?provida

69Cfr. ibid., p. 401. 70 Si ricorderanno le raccomandazioni, piene di premura, di fra Cristoforo a padre Vittore nel cap. XXXV dei Pro

messisposi: ?Quel tale principalmente! se mai desse il piu piccolo segno di tornare in se, avvisatemi subito, per carita?; o le parole indirizzate a Renzo per conwtirlo ad un ?sentimento di perdono, di compassione... d'amore?: ?Pu6 esser

gastigo, pu6 esser misericordia. [...] Forse il Signore e pronto a concedergli un'ora di ravvedimento?; e tutti gli altri ?forse? di speranza di cui e costellato il seguito di quel discorso.

71 Ma sulla morte di don Rodrigo mi piace rinviare al ?capitolo? di don Angelini ?Pud esser castigo pud esser mise

ricordia?, in Capitoli sul Manzoni, vecchi e nuovi, Mondadori, Milano 1966, pp. 261-266. 72 Cfr. Rube, cit., p. 382. 73 Cfr. cap. XII, dove tuttavia era in questione la salvezza non gia di tutti i peccatori che si affidassero al perdono

di Dio, ma di quanti morivano nelPimpossibilita materiale di accedere al sacramento della penitenza.

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sventura?, / vivi e i morti sono senz'altro il romanzo di una conversione pienamente consu mata e avviata per tempo. Non si pud dire, infatti, che il suo protagonista abbia atteso Pora

deiragonia per affrontare il mistero delPaldila e risolverlo cristianamente. Al contrario, Eli seo Gaddi, almeno da quando, quarantenne, viene preso in consegna da Borgese, non ha altra cura che di ?preparar5/ a morire?74. Anzi, retrospettivamente potr& sembrargli di non essere ?vissuto che per pensare alia morte? e di avere quella ?disposizione? innata, nel ?san

gue?75. Egli vuole ?comprendere perche e sulla Terra, e che cos'e il futuro?76. ?Non ha piu nessuna curiosity se non di quello che e eterno. Non ha sete ne fame se non di cibi e di bevan de immortali. Ogni altro desiderio e spento?77. Di fronte al problema di Dio e della vita

ultraterrena, ?tutto il resto e polvere e sogno?78; per cui ?tutto il tempo che abbiamo sulla terra dev'essere dedicato al pensiero delPeternita. Tutto il tempo che non si pensa alia morte e tempo sperperato, perso. E incredibile come ci se ne possa scordare un solo minuto?19. Eliseo trova insensato che gli uomini, pur sapendo ?che devono morire?, possano ?vivere, agire, sperare, odiare perfino! Quale assurdit&! La notte e eterna, e nel cuore della notte s'ac cende uno zolfanello, e il vento lo spenge prima ancora che sia consumato. Uno strepito di un istante, una luce che fa diventare ironiche le stelle. Ed esse pure morranno. Questa e la nostra vita?80. La nuova creatura di Borgese ha pieno il senso della precarieta non tanto delPesistenza in se, quanto delPazione. ?A che serve? ? si domanda in margine alia guerra ? darsi tanta pena di edificare ?quando tutto sara distrutto??81. Nella stessa ?campagna sterminata e piana?, dove si ritira in solitudine per meglio meditare su questi grandi temi, ?non e nulla che non ricordi la perpetuity del cielo e il breve tempo d'ogni cosa terrestre?82.

D'altronde, la decisione di ?abbandonare le lusinghe della vita cittadina e qualunque cosa fa vago e desiderabile il futuro?83 e una scelta perfettamente coerente con le premesse di Eliseo: ?prepararsi a morire? significa disporsi a troncare ogni legame, ogni mira, ogni attrattiva, a spegnere le ?passioni? e ad ?estinguere il desiderio?84. L'impresa e quanto mai

congeniale a un uomo fin dalla fanciullezza ?svogliato di tutto?85, senza ?ambizioni di sor

ta?86, cui ?era mancata? qualsiasi ?concupiscenza di gloria e di potere?87. Per questo lo

scoppio della guerra lo sfiora appena88, e unicamente in quanto lo conferma nelPidea della lability della vita e della vanity dell'azione; le ultime volonty della madre in materia di eredita lo trovano incalcolabilmente distratto e lontano89; e perfino Pamore per Sofronia ? tra Pal tro di stampo preraffaelhta

90 ?, in cui culmina il suo temporaneo ritorno nel mondo, e bloc cato sul nascere dalla coscienza di trovarsi ?al di iy?, diviso dalla giovane dal ?grande Inverno? della morte91.

74 G. A. Borgese, / vivi e i morti, Mondadori, Milano-Roma 1923, p. 23. 75 Ibid., p. 319. 76 Ibid., p. 214. 77 Ibid., p. 323-324. 78 Ibid., p. 275. 79 Ibid., p. 279. so Ibid., p. 321. 8i Ibid., p. 261. & Ibid., p. 11. 83 Ibid. 84 Cfr. &/</., pp. 232-233. 85 Cfr. ibid., p. 319. 86 Cfr. ibid., p. 213. 87 Ibid., pp. 12-13. 88 Cfr., ad es., pp. 198 e 215. 89 Cfr. ibid., p. 368. 90 Cfr. ibid., p. 179 ss. 91 Cfr. ibid., rispettivamente pp. 213 e 202.

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BORGESE E MANZONI 409

Questo distacco dagli eventi, questo smorzamento delle passioni fa di Eliseo Gaddi, nella coscienza creativa dell'autore, un personaggio manzoniano, e sia pure di un Manzoni riletto da Borgese alia luce di Pascal92. Di fatto, alcuni passaggi della Recensione ai ?Promessi Spo si?, pubblicata da Borgese tre settimane dopo Puscita del romanzo, hanno tutto Paspetto di un commento ermeneutico a / vivi e i morti, oltre che alP opera in yersi e in prosa di Manzo ni. Cosi, ad esempio, nel riferire la parabola del suo protagonista, lo scrittore siciliano, maga ri piu ancora che non Pautore del Cinque Maggio, ?interviene al momento in cui il valico della verita e raggiunto e, cominciando la lenta discesa verso la morte pacificata, il versante della passione e delPerrore non e piu che un ricordo?93. Ugualmente, ne / vivi e i morti, assai piu che nelle due tragedie manzoniane, ?Pamore e la brama di gloria e di fortuna sono un presupposto superato?94. E anche quello di Borgese, non meno delPeroe tragico longo bardo, e un ?personaggio solennemente vecchio anche in gioventu?95. La stessa maggiore serenita e pacatezza riscontrata nei Promessi sposi in confronto al Carmagnola e dXVAdel chi96 rispecchia, in fondo, Pindole de / vivi e i morti rispetto al Rub6. Persino Pindugio sul le metafore stagionali97 si ricollega a luoghi precisi98 e alPatmosfera generale del nuovo romanzo borgesiano; mentre il ?cielo sterminato e azzurro? che ?si curva? sulP?anfiteatro vuoto e scoperto ove passarono cosi incantevoli sogni? ", se solo per immagine vale come

explicit dei Promessi sposi, con ben altra evidenza e realmente presente in quality di tema descrittivo a conclusione de / vivi e i morti.

Del resto, piu avanti nel tempo, tornando a Manzoni nelle Lezioni di estetica, Borgese non fara altro che ribadire Pinterpretazione 'pascaliana' del '23, osservando che, ?nella visio ne manzoniana, la passione e davvero 'defuncta')), o ridotta a lontano ricordo, a malinconica prova del ?labile trascorrere di tutte le cose umane? e della conseguente ?vanita? della ?gran dezza?, della ?gloria? e della ?forza? 100. In questa prospettiva, non parra strana la predile zione che Borgese accorda, in qualche modo, dXYAdelchi: egli avverte, infatti, nella rovinosa ?caduta di un regno? intero il senso ?del tragico passare delle cose? e ?come un ammonimen to alia necessita della meditazione sul transeunte rispetto alPeterno? 101. Si capisce, allora, per quale ragione, gia nel Rub4, lo scrittore si fosse largamente ispirato a quelPopera.

Ma / vivi e i morti rientrano in un'orbita manzoniana anche per un altro motivo, ugual mente sottolineato nella Recensione ai ?Promessi Sposi?: per lo sforzo di cogliere e lumeggia re, con una tecnica attenta alle sfumature e alle gradazioni di tono, il percorso spirituale di Eliseo, dalPiniziale memento mori su su fino al traguardo cristiano della fede nella risurrezio ne. L'impegno narrativo di Borgese, piuttosto che nella statica dei caratteri o nelPintreccio

degli avvenimenti, si concentra, infatti, a quest'altezza, sulla pittura di quelle situazioni di ?transito?, di quei ?passaggi di credenza?, di quella ?vertiginosa esitazione fra due pendii?, di quegli spostamenti da un luogo alPaltro come ?simboli d'un nuovo orizzonte morale?, di cui Manzoni aveva fornito piu d'un ?eccelso? paradigma102. Di qui, ad esempio, la fre quenza con cui Borgese trasferisce la scena sulle rive o sulle acque delPAdda, un fiume che

92 Di cui viene riportato ne I vivi e i morti (p. 360) un pensiero che pud ben essere considerato la chiave di volta di tutto il romanzo.

93 Recensione..., cit., p. 216. 94 Ibid. 95 Ibid. 96 Cfr. ibid., pp. 218-219. 97 Cfr. ibid. 98 Cfr. I vivi e i morti, cit., ad es. p. 202. 99 Recensione..., cit., p. 224. 100 Cfr. Lezioni di estetica, cit., pp. 57-62. 101 Ibid., p. 60. 102 Cfr. Recensione..., cit., p. 217.

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proprio attraverso la mediazione manzoniana pud apparire, agli occhi di Eliseo, P?inguada bile confine tra due mondi? 103, nuovo Acheronte che separa il regno dei vivi da quello dei morti104.

In questa prospettiva, la conversione, in quanto postula una metamorfosi interiore, di venta tema manzoniano per eccellenza105, specie ove Pinondazione della Grazia ? come ca

pita ad Eliseo ? giunge solo al termine di un lento processo evolutivo. Eliseo, infatti, dalPiniziale materialismo d'impronta leopardiana106, dovra passare attraverso Pincertezza tra il nulla e Paldila107 e la progressiva attrazione per la dottrina teosofica della reincarnazione108, prima di accettare il dogma della risurrezione.

Per studiare il fenomeno della metanoia, Borgese sceglie, conformemente alia propria idea delParte, Pangolo visuale delP?inestinguibile sete delPEterno? 109, della ricerca solerte di una verita, di una risposta esauriente agli interrogativi che Puomo si pone intorno ai massi mi problemi. E di domande e d'ipotesi e costellato il romanzo. Ma tutti i libri ?sulPal di

la, sui vivi e sui morti, sulPabitabilita dei pianeti, sulle reincarnazioni, sui pellegrinaggi delle anime dei trapassati? no, ?sulla fine della Terra? per glaciazione o catastrofe cosmica m, che Eliseo pazientemente spoglia per averne un'illuminazione, si rivelano inutili, assurdi e doloro si: ?quel vivere e rivivere e reincarnarsi di cui parlano i [...] teosofi, quel risuscitare coi debiti non pagati delPesistenza anteriore, quel risorgere con rimorsi che non conoscono il peccato da espiare [...] mi sembra una sorte terribile e infernale. QuaPe il Dio che vuole sovraccaricar ci cosi? [...] di che ci punisce tutti quanti?? 112.

II dogma cristiano della risurrezione, in confronto, appare a Eliseo assai ?piu bello?.

Egli avverte ?come un presentimento e una promessa? che ?quello ch'e piu caro al nostro cuore dovrebb'essere vero? 113. Per questo, miglior frutto e beneficio ricava dai testi biblici e patristici indicatigli da don Clemente: ?PEvangelo di Matteo?, ?i versetti di Paolo, sui fini re della prima epistola ai Corinti? e il ?passo di Sant'Agostino ove la risurrezione e profetata con splendore di gioventu? 114. Ma le sacre scritture chiedono di essere accostate con animo

diverso, disposto non piu tanto a capire, quanto a credere. Manzoni aveva spiegato, proprio alPinizio delle Osservazioni sulla morale cattolica115, che la ?fede sta nelPassentimento dato alle cose rivelate, come rivelate da Dio?, per effetto, quindi, delPautorita di chi se ne fa ga rante, non della loro accessibilita alia ?mente umana?. La conversione in cui sbocca Pinchie

sta esclusiva di Eliseo comporta, allora, Pabbandono della pretesa di *sapere' e Paccettazione del 'mistero': ?Soprattutto non si deve sapere nulla, nulla delPal di la. Nulla. Non e permesso

103 / v/v/ e i morti, cit., p. 110. 104 Cfr. ibid., pp. 229, 316, 351. 105 Nella Recensione ai ?Promessi Sposi? Borgese da grande rilievo a questo tema, giudicandolo, non a torto, even

to biografico decisivo e insieme motivo centrale dell*opera manzoniana. A suo parere, il romanzo avrebbe potuto intito larsi benissimo La Conversione, mentre ?il Cinque Maggio era sostanzialmente la storia della conversione di Napoleone? (pp. 215-216 e 220). Piu avanti nel tempo, all'altezza delle Lezioni di estetica, p. 62, Borgese continuera a segnalare P?episodio culminante della conversione dell'Innominato? come il punto piu alto della ?narrazione manzoniana?. Ma si ricordera che a quell'episodio

? e alia svolta che segnava nell'economia del romanzo ? il critico aveva riservato un saggio fin dal 1914.

106 Cfr. / vivi e i morti, cit., pp. 65, 83, 92. 107 Cfr. ibid., pp. 195-196. los Cfr. ibid., pp. 279 ss. 109 Ibid., p. 213. no Ibid., p. 218. in Ibid., p. 283. H2 Ibid., p. 333. H3 Ibid. H4 Ibid., p. 369. 11S Cfr. cap. I: ?Sulla unita di fede?.

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sapere. E proibito domandare? 116. Di questo tenore sono le ?voci del cuore, ch'egli ascolta come un messaggio celeste? 117, a conclusione del romanzo: ?Panima salpa di mondo in mon

do, come tu non puoi capire. E PEternita t'e promessa, ma tu non la puoi dire a parole. T'e promessa la Giovinezza Immortale, e tu non sai che sia. La Risurrezione dalla Morte; ma tu non sai che sia. [...] Ora tu non domandare prima che venga la sera. Perche non e

permesso! Perche non e permesso! [...] E non domandare nemmeno se Dio abbia il suo trono sopra lo Zenith o se abiti dentro il tuo petto, s'Egli sia il padre delPUomo o il figlio delPUo mo. Perche non lo puoi sapere! Perche non lo devi sapere!?118.

Sulla scia di queste ?voci?, Patto finale d'dnginocchiarsz sotto le stelle?, ?a capo scoper to?, oltre che Papprodo alia fede sigla il piegarsi di Eliseo davanti al mistero, a quel ?libro

imperscrutabile? di cui gli aveva gia parlato don Clemente riempiendolo ?di quiete e di grati tudine? 119. Le verita ultime sono impenetrabili al pensiero e all esperienza. Solo la fede nel la rivelazione puo colmarne i vuoti. Ma il suo presupposto e Pammissione dell'inconoscibilita, per vie autonome, del senso del mondo e del destino delPuomo.

Attorno al medesimo tema della fede, che non puo fondarsi su prove materiali, ma ri chiede un'adesione intenzionale delPanimo e della ragione, Borgese imbastisce anche il Laz zaro, dramma in un prologo e tre atti pronto alia fine del '2412?, rappresentato, previo adattamento, Panno dopo al 'Dal Verme' di Milano121 e finalmente pubblicato presso Mon dadori, in versione definitiva, nel 1926. Lazzaro, che incarna il dissidio tra fede e incredulita, in quanto gia morto e cioe privato della coscienza sensoriale e intellettiva, e alPoscuro del

miracolo che lo ha riportato alia vita; e dovra conquistarne faticosamente la credenza. La fede s'insedia la dove Pindagine naturale si arrende, priva di risorse, di fronte alPinattingibi le. Tra il credere e il percepire c'e un'opposizione categorica. Non per nulla Lazzaro invoca il dono della fede con le seguenti parole: ?0 Cristo, che m'hai restituito questa misera carne, oh toglimi la vista degli occhi perche io ti possa vedere dentro di me!? 122; e alia fine non vorra guardare il volto luminoso di Cristo risorto quando si trovera a passare vicino alia sua casa, memore di quanto aveva udito da Maria sua sorella, ?beati quelli che non han visto, eppure hanno creduto? 123. L'atto di fede su cui cala il sipario si configura, dunque, come rinuncia volontaria a vedere coi propri occhi, a subordinare la certezza e Passenso alPeviden za. A Marta che lo invita a guardare, ?come gli altri?, Lazzaro risponde: ?Ch,io non guardi! Ch'io guardi verso la terra da cui nacqui! Ch'io sia beato e giusto, come uno degli infiniti che crederanno in Lui, e non Pavranno veduto... Io credo. II Cristo e in me. Io sono tuo,

Gesu? 124.

In questa prospettiva, e assai piu che un semplice espediente teatrale, la decisione di la sciare Gesu, in quanto operatore di portenti, lontano dalla scena. L'ottica della fede, che e quella del non vedere per credere, non avrebbe tollerato la presenza fisica, tangibile, del divino. E se il 'miracolo', in quanto fenomeno che sovverte ogni legge di natura, al punto da sconfiggere la morte, e la forma privilegiata in cui la potenza divina si manifesta, anch'es so deve rimanere fuori dal campo d'osservazione del destinatario, perche possa scattare la

116 / v/vz e i morti, cit., p. 358. H7 Ibid., p. 386. us Ibid., p. 387.

Ibid., p. 362. 120 oitre alia Nota alPed. in vol. (Mondadori, Milano 1926), p. 263, cfr. la lettera inedita a Papini del 12 dicembre

1924, in cui Borgese comunica, tra l'altro, di aver appena terminato la stesura dell'opera. 121 Per l'esattezza, il 21 aprile. II testo, nella versione messa in scena, comparve in ?Comoedia?, VII (15 maggio

1925), 10, pp. 517-531. 122 Lazzaro, cit., p. 259. 123 Ibid., pp. 255-256. 124 ibid., pp. 260-261.

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molla del plus credulitatis affectus. Percid, cosi come Gesu non compare mai nel dramma in veste di personaggio, tanto la risurrezione di Lazzaro, nel prologo, che quella del Signore, nel terzo atto, avvengono 'dietrole quinte', e sono portate alia ribalta soltanto per interposta persona, nella rievocazione dei testimoni oculari. SulPazione, che, in quanto prodigiosa, non

pud essere umanamente rappresentata, predomina insomma il racconto. I personaggi che pro clamano Pevento sul palcoscenico svolgono la stessa funzione di intermediari posseduta dagli evangelisti. Si accede alia verita soltanto per il tramite della fede; e la conversione di Lazzaro

consiste, appunto, nel 'passaggio' dal dubbio airassentimento. Che merito ci sarebbe, d'altronde, a credere dopo aver assistito al miracolo, dopo aver

visto cogli occhi e toccato con mano, dopo aver ottenuto una verifica sperimentale delFeven to? II Lazzaro di Borgese e Panti-Tommaso per eccellenza, il simbolo della fede che scioglie le perplessita facendo a meno delle prove, che da credito al Miracolo' senza accampare ogni volta delle spiegazioni scientifiche o i sospetti circa Pattendibilita della testimonianza. Tutto il dramma e un'apologia del soprannaturale contro le posizioni scettiche adombrate nelPin credulita del vecchio ebreo del prologo e dei tre membri della delegazione in visita al re divivo 125.

3. ?Il prezzo del perdono?

Non precisamente un miracolo, ma un intervento divino di sapore tutto manzoniano, e Finfusione della Grazia nel cuore di Eliseo, dono necessario ? come ben sapeva Pautore della Morale cattolica126 ? affinche il desiderio di credere, che il personaggio da tempo nu

triva127, potesse diventare fede piena e raggiunta. Borgese ha avuto cura di non far cadere Pevento in un giorno come gli altri, ma in quello che nel calendario liturgico celebra la passio ne e la morte di Gesu. E che la data venga caricata di implicazioni simboliche, si capisce subito, fin da quando Eliseo chiede a Sofronia, giunta inaspettata per visitare il convalescen te, se non fosse ?venuta nel giorno di venerdi santo a preannunciarg//' la Pasqua di Risurrezio

ne? 128: Cristo, vittorioso sulla morte ? come Borgese avrebbe ribadito nel Lazzaro ?, e

figura del destino di ogni uomo, e promessa di vita eterna. Tutto il romanzo di Eliseo, in

fondo, tende a quelFawenimento straordinario e alle prospettive ineffabili che apre. Ma Cri sto e, insieme, Postia divina che col sacrificio della croce redime Puomo dalla colpa di Ada

mo, lo riconcilia col Padre, gli apre le porte del paradiso; specie quando Puomo si confessi peccatore, come fanno a vicenda i due amanti di un tempo, col rammarico di aver perduto Pinfantile innocenza129'.

II colloquio tra Eliseo e Sofronia nel ?giardino a ponente?, ?che ha le luci violette del tramonto e forse il raggio verde della suprema speranza? B0, avviene, dunque, su uno sfon do sacro e sacramentale, dove persino le piante diventano simboli della passione e delPeucari stia in quanto continuamente ne rinnova il prodigio del perdono, della conversione e della salvez

125 Di queste posizioni si era fatto alfiere, tra gli altri, il Renan, che Borgese cita espressamente nella Nota all'ed. in vol., pp. 263-265, per contrastarne ?Patteggiamento e le ipotesi?. Contro il ?chierico apostata? si era schierato, a suo tempo, anche Papini nella premessa alia Storia di Cristo, pp. 26-28, per colpire in lui, che ne era il piu famoso, quanti, tra i ?dotti?, ?tendono a ritrovare l'uomo nel Dio, la normalita nel miracolo, la leggenda nelle tradizioni?. Come si vede, nel segno della fede afflora un ulteriore punto di tangenza tra i due scrittori.

*26 Cfr. cap. ?Sulla unita di fede?. 127 Cfr. / vivi e i morti, cit., p. 85. 128 Ibid., p. 372. 129 Cfr. ibid., pp. 377-379. 130 Ibid., p. 376.

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BORGESE E MANZONI 413

za: le acacie ?paiono corone di spini? e Facero ?un ostensorio? 131. E alia donna sovviene, non senza turbamento, ?la cappella delle Orsoline. Cresimande bianche, comunicande, ceri, il vescovo con la mitria, Porgano cosi soave e profondo, tutt'a un tratto, che ognuna di noi si sentiva volare, in un odore di biancheria? 132.

Su questo sfondo, Parrivo del ?ragazzetto del fornaio, con la testa curva sotto la gerla del pane da cui si spandeva un odore chiaro e salutare? 133, palesemente ricalcato sulla de scrizione del capitolo XII dei Promessi Sposi che precede Passalto al forno delle grucce, ac

quista addirittura il valore di segno della Grazia che sta per invadere il cuore di Eliseo, trovatone ormai aperto Faccesso. E in effetti ?Elio senti tutt'a un tratto come se ignote scaturigini gli si dissigillassero nelPanima, e un flutto d'incorruttibile forza, di giovinezza eternale gPirro rasse le vene, gli si spandesse in un luminoso rossore sul viso? 134. E la Grazia ? non c'e dubbio ? che lo fara inginocchiare, di li a poco, sotto la volta del cielo, definitivamente arreso al mistero e credente. Ce ne rende ancor piu persuasi il duplice, marcatissimo calco dei primi versi della Pentecoste, dove Manzoni aveva attribuito alia Chiesa il privilegio di essere ?del Sangue incorruttibile / conservatrice eternav>. E il ?flutto? che proprio nel giorno della passione ?irrora le vene? di Eliseo e ?si spande in un luminoso rossore sul viso? e, per ideale trasfusione, lo stesso ?sangue? versato sul Golgota come ?prezzo del perdono?. Non per nulla, e la vista e la fragranza del pane, che infonde tanta ?forza? in Eliseo; e non e chi non veda, in questa sequenza, un'allusione abbastanza evidente, se non proprio al rito eucaristico, giacche la religione di Borgese non lo consente, sicuramente al racconto evangeli co delPultima cena e al discorso di Gesu sul ?pane vivo, disceso dal cielo? riferito da Giovan ni (6, 30-58).

D'altronde, tutto Pepilogo de / vivi e i morti e intessuto di richiami alia Pentecoste, che si conferma, dunque, dopo le citazioni contenute nel Rub?, fonte privilegiata delP opera di Borgese. Intanto, anche Pinno manzoniano prende le mosse dalla rievocazione della morte e risurrezione del Signore, cui fa capo tutto il romanzo di Eliseo. Inoltre, le ?voci? che Eliseo ?ascolta come un messaggio celeste? hanno la medesima sorgente divina che aveva ispirato la predicazione degli apostoli in molte lingue, tanto che lo stesso Manzoni aveva preferito parlare di ?voce dello Spiro?. Ma gia nel 'sacro' colloquio di Eliseo con Sofronia, Borgese recupera Pimmagine del sollevare ?al ciel, ch'e suo, le ciglia?135; e piu ancora si diffonde sulPaltra del sole, ?mite / lume, dator di vite?, ?che schiude / dal pigro germe il fior?: ?la

mattina di venerdi?, prima che arrivasse Sofronia, approfittando della ?luce piu bianca? che

?traspar/va dalle nubi?, Eliseo era uscito a ispezionare ?a uno a uno i tronchi e i cespugli innanzi al magazzino, quasi carezzandoli con gli occhi e invocando che la primavera sonno lenta si destasse e desse moto ai succhi e aprisse le foglioline in cima ai rami?; ma non aveva visto che ?stecchi e spini? 136. Piu tardi, finalmente, il sole atteso ?usci dalle nubi, giallo, caldo, e tutte le zolle e i colori della terra respirarono. Pareva di sentire gli alberi e i fusti minori distendersi, stirarsi con un impercettibile crepitio; e che Pumidita della terra e le goc ciole rimaste sospese agli spini svanissero in un diafano incenso? 137. Entro questa trama di riferimenti, non sembra inopportuno collocare, accanto a Pascal, Pinvocazione manzoniana:

?dona i pensier che il memore / ultimo di non muta?, addirittura al centro, per non dire

alPorigine, delPinvenzione narrativa de / vivi e i morti.

131 Ibid., pp. 375-376. 132 Ibid. 133 Ibid., p. 382. 134 Ibid. 135 Cfr. ibid., pp. 374 e 375.

Ibid., pp. 370-371. 137 Ibid., p. 375.

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414 G. LANGELLA

Borgese realizza cosi, nel romanzo, il programma letterario che aveva fissato nel sesto

articolo de Le mie letture, dedicato alle conversioni, indicando nella linea dei grandi scrittori cattolici, Dante, Tasso e Manzoni, la strada maestra da proseguire138. Anche il tema del per dono, che attraversa il romanzo in tutta la sua lunghezza, e attinto da Manzoni: Michele, fratello del protagonista, airincirca secondo lo schema del IV capitolo dei Promessi sposi, e morto, infatti, in seguito a un alterco furioso avuto proprio con Eliseo, di cui non sopporta va il ritorno in campagna, avvertito quasi come un'usurpazione del proprio diritto a mandare avanti Pazienda 139. Nel diverbio era tomato il motivo del puntigko su una questione di pre cedenze, Pinsulto e la sua ricusa, perfino il ?passo indietro? di Lodovico, lo sguardo di sfida e il gesto d'intimidazione e d'impazienza dei bravi. E ancora: Eliseo, come il futuro padre Cristoforo, nel duello verbale aveva ?mirafo piuttosto a scansare i colpi, e a disarmare il

nemico, che ad ucciderlo?; e poco c'era mancato che davvero Pavido fratello, come gia i contendenti dei Promessi sposi tra loro, con perfetto calco verbale, non gli si ?avventasse? contro. Lo stesso inciso morale del Manzoni, che ?e uno de' vantaggi di questo mondo, quel lo di poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi?, viene fatto proprio da Michele, per il

quale ?e un gran torto giudicare la gente senza conoscerla bene?. II cruccio di Eliseo, che durera fin quando egli non sara capace di figurarsi il fratello

morto ?pacato e tranquillo? 140, e appunto quello di non potersi riappacificare con lui, con un abbraccio e una parola di perdono 141. II sacerdote che ha portato a Michele Pestrema unzione e ha affidato alia misericordia di Dio Panima d'un uomo che durante la vita ?non era andato in chiesa e non se Yera fatta coi reverendi? 142, e solo in punto di morte aveva

sposato la giovane contadina che s'era presa in casa, non ha raccolto, diversamente dal cap

puccino dei Promessi sposi, esplicite parole di riconciliazione 143. Ma la madre, che ?ha tutti e due? i figli ?nel petto?, sente che Michele ?non pud essere morto in litigio? col fratello 144. E che ella si rechi da don Fausto espressamente per interrogarlo in proposito, rafforza Pim

pressione che, anche dove ha istituito una variante rispetto al modello, Borgese abbia voluto chiamare in causa Manzoni. Tant'e vero che ne / vw e i morti ha introdotto un equivalente simbolico del 'pane del perdono': sono quei ?tortelli con Puvetta? che Eliseo avrebbe dovuto

assaggiare a casa del fratello, mentre in sogno verra Michele a mangiarli nella sua145. II piatto che aveva fatto scatenare il risentimento di Michele verso Eliseo, per Pindugio con cui questi aveva accolto Pinvito, diventa il segno della riconciliazione nel momento in cui Pagape frater na viene finalmente celebrata. La conversione al Padre comporta, secondo il dettato manzo

niano, anche la pace coi fratelli.

Giuseppe Langella

*38 Cfr. Tempo di edificare, cit., pp. 162-163. L'Adda-Acheronte e il nome di Sofronia lasciano immaginare quan to profondi e suggestivi siano, ne / vivi e i morti, i debiti contratti da Borgese con gli autori della Commedia e della Liberata. Ma non e parsa, questa, la sede piu idonea per un loro, pur sommario, esame.

139 per l'episodio, cfr. / vivi e i morti, cit., pp. 37-55. 140 Cfr. ibid., p. 104. 141 Cfr. ibid., p. 79. 142 Ibid., p. 39. 143 Cfr. ibid., pp. 79-80. 144 Ibid., p. 80. 145 Cfr. ibid., rispettivamente p. 27 e pp. 231-232.

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