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( ( ( )) Breve storia contemporanea dell’Alto Adige (1918-2002)

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((( ))Breve storia contemporaneadell’Alto Adige (1918-2002)

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Editore: Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano © 2002Testo: Dr. Christoph H. von Hartungen

Traduzione italiana: Paola ArdolinoFotografie: Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige, ufficio Audiovisivi - rip. 14, Foto Alberti

Archivio Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano,Archivio Corbis (United Nations Headsquarter New York)

Concetto grafico: DO.CTipografia: Nova Grafica

((( ))Atto primo

La storia della nostra Provincia Autonoma di Bol-zano-Alto Adige prende l’avvio da una grande trage-dia, la prima guerra mondiale del 1914-18. Fino adallora l’Alto Adige faceva parte della contea del Tiro-lo e quindi dell’impero austro-ungarico. A quell’epo-ca il Tirolo comprendeva l’attuale Tirolo austriaco ele due province autonome di Trento e Bolzano (l’o-dierna regione italiana Trentino-Alto Adige), avevaun’estensione di più di 27.000 km2 ed era abitato dacirca 860.000 persone, di cui il 55% di lingua tede-sca e il 45% di lingua italiana e ladina. Quando laguerra finì nel novembre del 1918, in Tirolo si conta-vano 20.000 morti (circa 8.000 solo in Alto Adige),decine di migliaia di feriti, malati e mutilati, e non esi-steva più il vecchio mondo. L’impero era dissolto el’Italia, quale potenza vincitrice, aveva occupato ilTirolo fino al Brennero rescindendo quasi tutti i vec-chi legami tra nord e sud. Con la firma del trattato dipace di Saint Germain, il 10 settembre 1919, l’an-nessione dell’Alto Adige all’Italia venne sancita anchedal diritto internazionale.

I circa 220.000 abitanti di lingua tedesca e ladinadell’Alto Adige si ritrovarono a vivere in un nuovoStato, nel quale costituivano una minoranza linguisti-ca. Il re d’Italia Vittorio Emanuele III, rinomati politiciliberali e i rappresentanti delle forze armate avevanoassicurato agli abitanti dei territori annessi che le loroscuole, istituzioni e associazioni sarebbero statemantenute, e in effetti subito dopo l’annessione furo-no avviate trattative su strutture amministrative auto-nome in grado di garantire l’integrazione delle istitu-

Breve storia contemporaneadell’Alto Adige (1918-2002)

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zioni di più antica tradizione nel nuovo sistema statale.Alle prime elezioni per il rinnovo del parlamento a cuiparteciparono anche gli abitanti dell’Alto Adige (15maggio 1921) si presentarono la Tiroler Volkspartei,la Deutschfreiheitliche Partei e la Sozialdemokrati-sche Partei. I primi due partiti si presentarono assie-me come Deutscher Verband ottenendo circa il 90%dei voti e conquistando quattro seggi (Eduard Reut-Nicolussi, Karl Tinzl, Friedrich Graf Toggenburg e Wil-helm von Walther), mentre i socialdemocratici con ilrestante 10% dei consensi non riuscirono a inviarealcun deputato a Roma. I quattro rappresentanti altoa-tesini in parlamento continuarono le trattative sull’au-tonomia ma non riuscirono a portarle a termine acausa dell’avvento del fascismo (28 ottobre 1922).

((( ))Il vero volto del fascismo e il suo atteggiamento neiconfronti delle nuove minoranze linguistiche in realtàsi erano rivelati ben prima della marcia su Roma. Il21 aprile 1921 i fascisti avevano attaccato il corteoorganizzato in occasione della prima fiera campiona-ria di Bolzano uccidendo il maestro di Marlengo FranzInnerhofer e ferendo decine di persone, alcune dellequali gravemente. Dopo il 28 ottobre 1922 il nuovoregime si mise subito all’opera revocando qualsiasidisposizione speciale a favore delle minoranze lin-guistiche. Il 21 gennaio 1923 venne istituita la pro-vincia di Trento, che includeva l’Alto Adige ed eraequiparata a tutte le altre province del Regno. Ai suoivertici fu posto un prefetto con poteri speciali. Il 29marzo fu introdotta la toponomastica italiana qualeunica forma di denominazione dei luoghi e il 15 luglioil nazionalista roveretano Ettore Tolomei (1865-1952)presentò nel teatro di Bolzano un programma di 23punti, elaborato su incarico del nuovo regime, per l’i-talianizzazione dell’Alto Adige. Le misure propostecomprendevano tra l’altro l’uso esclusivo della linguaitaliana nella vita pubblica (uffici, tribunale, insegne,toponimi, cognomi ecc.), la chiusura delle scuoletedesche, l’esproprio dei rifugi dell’Alpenverein, aiutistatali per gli italiani che si trasferivano in Alto Adigeda altre regioni, la limitazione, e per un breve periodola completa soppressione, della stampa in linguatedesca nonché la penetrazione economica dellaprovincia. Il programma, che d’ora innanzi avrebbecostituito il principale riferimento per la politica fasci-sta nei confronti della minoranza sudtirolese, vennein parte attuato e in parte accantonato, a secondadegli interessi del momento, anche se l’obiettivo pri-mario del regime rimaneva quello di italianizzare defi-nitivamente l’Alto Adige.

Sotto il giogo del fascismo e del nazionalsocialismo

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Furono soprattutto la chiusura delle scuole in linguatedesca e il conseguente obbligo di insegnamento inlingua italiana a incontrare resistenze e suscitare indi-gnazione a livello internazionale. Per consentire aibambini di apprendere i fondamenti della lingua te-desca, a partire dal 1925 vennero create le cosid-dette Katakombenschulen, scuole clandestine orga-nizzate dal canonico Michael Gamper. Inoltre, grazieall’intervento di dignitari ecclesiastici altoatesini, au-striaci e tedeschi fu possibile mantenere l’inse-gnamento della religione in lingua tedesca nono-stante la forte opposizione del regime. A due istitutireligiosi, lo Johanneum (a Tirolo, nei pressi di Mera-no) e il Vinzentinum (a Bressanone), fu concesso dicontinuare l’insegnamento in lingua tedesca ma senzaalcun riconoscimento ufficiale. Con l’affermarsi delladittatura fascista vennero dichiarate fuorilegge –come nel resto d’Italia – tutte le organizzazioni politi-che (partiti) e sciolte molte associazioni locali: lapopolazione sudtirolese venne di fatto privata deipropri leader. Nel 1926 fu definitivamente abolitoanche l’antico istituto dell’autonomia comunale; con-sigli comunali e sindaci furono sostituiti da podestànominati dallo Stato e subordinati ai prefetti. Per con-sentire al regime di agire con la massima efficienza,nel dicembre dello stesso anno furono create le dueprovince di Trento e Bolzano nell’ambito di una rifor-ma a livello statale.

Se la chiesa cattolica riuscì a mantenere un minimodi autonomia e di libertà d’azione in virtù della conci-liazione con lo Stato italiano (Concordato dell’11 feb-braio 1929), la minoranza sudtirolese a cominciaredal 1922 dovette fare i conti con un regime politicoche la escludeva gradualmente dalla vita politica esociale. A parte la chiesa, non rimaneva che ritirarsinella sfera privata e nella natura: la vita pubblica, masoprattutto le città e i grandi centri erano ormai occu-

((( ))pati dagli altri, gli italiani, per lo più arrivati soltantodopo il 1919, funzionari, impiegati, militari, ferrovieriecc., a volte trasferiti nelle nuove province con l’ac-cusa di antifascismo, i quali ritrovandosi in un ambien-te completamente estraneo e spesso ostile finivanocon l’essere completamente dipendenti dal sistemafascista. L’immigrazione italiana subì un ulteriore impul-so a partire dal 1935 quando fu realizzata la zonaindustriale di Bolzano. Vista la ricchezza di risorseidriche e boschive, la politica autarchica fascista siconcentrò sulla sistematica realizzazione di insedia-menti industriali, anche per aumentare la consistenzadel gruppo etnico italiano, le cui fila venivano ingrossa-te dagli operai provenienti per lo più dalle aree sotto-sviluppate del Veneto e della pianura Padana. Neglianni Trenta in Alto Adige vivevano due gruppi linguisti-ci, entrambi di una certa consistenza, che tuttavia nonsi conoscevano né si interessavano l’uno dell’altro.

L’avvento dei nazionalsocialisti di Adolf Hitler in Ger-mania (30 gennaio 1933) fu per molti tedeschi al difuori della Germania motivo di speranza in tempimigliori. Nell’estate del 1933 fu fondato in Alto Adigeil Völkischer Kampfring Südtirol (VKS), cui aderironoprincipalmente i giovani, un’associazione ideologica-mente e politicamente vicina al nazionalsocialismo,caratterizzata da un rigoroso centralismo secondo ilprincipio del Führer e animata dalla speranza che Hit-ler potesse liberare l’Alto Adige dagli oppressori fasci-sti e accoglierlo nel Terzo Reich. In realtà il dittatoretedesco aveva tutt’altri progetti per l’Alto Adige, bensapendo che per poter realizzare le sue mire espan-sionistiche in Europa aveva bisogno di un alleato,che non poteva essere che l’Italia fascista. Ma a unalleato non era certo possibile togliere una provincia,pena la rottura, dunque l’Alto Adige doveva esseresacrificato per una causa superiore. Il Brennero avreb-be quindi segnato per sempre il confine meridionale

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del Reich (dal 1938), anche se ciò non avrebbenecessariamente implicato la rinuncia al preziosomateriale umano costituito dai 200.000 tedeschi chevivevano a sud di tale confine i quali, rappresentandoun possibile motivo di attrito tra i due alleati, doveva-no in qualche modo essere oggetto di una sistema-zione definitiva. Il 23 giugno 1939 in un incontro aBerlino tra l’ambasciatore italiano e il capo delle SSHeinrich Himmler furono decise le opzioni, in virtùdelle quali gli abitanti della provincia di Bolzano e dialcuni comuni delle vicine province di Trento e di Bel-luno avrebbero potuto optare per la cittadinanzatedesca con l’obbligo di espatrio nel Reich oppurerimanere nella propria terra senza alcun diritto in ter-mini di salvaguardia della propria lingua e cultura,chiamati quindi a scegliere tra la propria identità lin-guistico-culturale e la propria Heimat.

Dopo alcune esitazioni iniziali, il VKS, nel frattempopresente in tutto l’Alto Adige, decise di raccoglierel’appello del Führer e promuovere l’espatrio di tutti isudtirolesi nel Terzo Reich. Anche i gerarchi fascistipensarono in un primo momento di dover spingerecon tutti i mezzi i sudtirolesi a optare per l’espatrio.Soltanto alcuni esponenti di rilievo dell’ormai discioltoDeutscher Verband e la maggior parte del clero deci-sero di rimanere in Alto Adige. Questi ultimi, sopran-nominati Dableiber, erano tuttavia in minoranza perchéla maggioranza dei sudtirolesi – sia per la capillare pro-paganda del VKS sia per esperienza – era certa di nonavere alcun futuro nella propria terra. Il 31 dicembre1939, allo scadere del termine per le opzioni, 212.000(circa l’85%) sudtirolesi avevano deciso di espatriare.Entro il 1943, anno in cui gli espatri furono sospesi,ne emigrarono 75.000, e se il piano non venneattuato fino in fondo fu solo in seguito agli eventi bel-lici e alle tattiche di temporeggiamento adottate alivello burocratico. La questione delle opzioni aveva

((( ))però creato una grave spaccatura tra la popolazionedi lingua tedesca, al punto che la minoranza dei nonoptanti subiva intimidazioni e attacchi da parte dellamaggioranza degli optanti. La situazione peggioròulteriormente dopo l’8 settembre 1943 coinvolgendoanche il gruppo italiano.

Alcune pesanti sconfitte provocarono il crollo delregime fascista e l’arresto di Mussolini; l’Italia capitolòe gran parte di essa fu occupata dalle truppe te-desche. In Alto Adige molti speravano a questo puntonell’annessione al Reich, cosa che tuttavia non fupossibile per la nascita della Repubblica Sociale Ita-liana, la cosiddetta Repubblica di Salò. Le tre pro-vince più settentrionali di questo Stato fantoccio –Bolzano, Trento e Belluno – furono riunite nella zonadi operazioni cisalpina, con a capo il nazionalsociali-sta tirolese Franz Hofer quale commissario supremo,finendo sotto il controllo del Terzo Reich. Il com-missario incominciò ad adeguare e subordinare l’am-ministrazione della provincia di Bolzano al sistemanazionalsocialista. I reclutamenti obbligatori si susse-guivano e gli obiettori erano puniti con la morte.Numerosi oppositori del regime, di tutti i gruppi lingui-stici, vennero internati, assieme a partigiani del NordItalia e ad altre persone perseguitate per motivi raz-ziali, nel famigerato lager di transito di Bolzano (nototra la popolazione come campo di concentramentodi Bolzano), dove finivano anche i familiari degli obiet-tori, chiamati da Franz Hofer a rispondere in propriodel mancato adempimento.

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Contro le forze di occupazione naziste si organizzòben presto la resistenza, che a Bolzano, soprattuttonella zona industriale, si era polarizzata intorno al Co-mitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.), mentre nellezone rurali confluiva nell’Andreas-Hofer-Bund (A.H.B.),il movimento sudtirolese fondato da alcuni non optan-ti. Gli uomini che in seguito avrebbero contribuito allarinascita della nostra provincia provenivano proprioda questi due movimenti. Il 2 maggio 1945 ci fu laresa della Wehrmacht in Italia e con essa la fine dellaguerra. Ma che ne sarebbe stato dell’Alto Adige? Idue gruppi linguistici avevano progetti del tutto oppo-sti: gli italiani organizzati nei diversi partiti derivati dalComitato di Liberazione Nazionale, in particolare idemocristiani (DC), i comunisti (PCI), i socialisti (PSI)e il Partito d’Azione, speravano che il territorio a suddel Brennero rimanesse all’Italia mentre i tedeschi,che l’8 maggio 1945 sotto la guida di esponenti dirilievo dei non optanti avevano fondato la SüdtirolerVolkspartei (SVP), auspicavano il diritto all’autodeter-minazione e l’annessione allo Stato austriaco sortodopo la guerra. Ma alla popolazione non fu conces-so di decidere: la questione altoatesina fu elevata aproblema internazionale e come tale divenne mercedi scambio tra gli alleati (USA, Gran Bretagna, Fran-cia) e l’Unione Sovietica, che alla fine decisero diconfermare il confine tracciato nel 1919. In ogni casoi politici di allora erano consapevoli della necessità ditutelare la minoranza di lingua tedesca che viveva asud del Brennero – i ladini erano stati dimenticati! –per salvaguardarne l’identità e impedire che si ripe-tesse quanto era accaduto durante il regime fascista.

La difficile rinascita

((( ))Nell’ambito delle trattative di pace a Parigi tra gli al-leati e l’Italia (1946-1947), i rappresentanti di Italia eAustria, invitati a elaborare congiuntamente un tratta-to per la tutela di questa minoranza, stesero il tratta-to Degasperi-Gruber, sottoscritto a Parigi il 5 set-tembre 1946 dal presidente del Consiglio dei ministrinonché ministro degli esteri italiano Alcide Degasperie dal ministro degli esteri austriaco Karl Gruber, notoanche come Accordo di Parigi e fondamento dellenostre competenze autonome. Esso garantiva agliabitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano edella vicina provincia di Trento – all’epoca la Bassaatesina era sotto Trento – quanto segue:

- l’insegnamento nella lingua materna;- l’uso, su una base di parità, della lingua tedesca edella lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni,nei documenti ufficiali e nella toponomastica;

- il ripristino dei cognomi tedeschi italianizzati sotto ilfascismo;

- un’adeguata distribuzione dei posti pubblici tra igruppi linguistici;

- un’autonomia amministrativa;- il riconoscimento dei titoli di studio universitari con-seguiti nei Paesi dell’area di lingua tedesca;

- la revisione delle opzioni;- la facilitazione della circolazione di persone e mercitra le varie parti dell’ex contea del Tirolo.

Il 31 gennaio 1948 la costituente italiana, eletta il 2 giu-gno 1946, ratificò lo Statuto di autonomia della Regio-ne Trentino-Alto Adige, redatto sulla base dell’Accor-do di Parigi, ma comunque deludente per irappresentanti politici dei sudtirolesi, in quanto lecompetenze autonome erano meno del previsto eanche perché l’autonomia era stata concessa assie-me alla provincia di Trento e non alla provincia di Bol-zano da sola, rendendo così il gruppo tedesco una

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minoranza anche a livello locale. I veri detentori dell’au-tonomia erano la regione e il consiglio regionale,anche se potevano delegare delle competenze alledue province e ai due consigli provinciali che li com-ponevano. Il 28 novembre 1948 ci furono le primeelezioni del consiglio regionale ovvero del consiglioprovinciale, in pratica le prime elezioni democratichedopo 26 anni (le ultime erano state le comunali del1922): il 16 aprile si svolsero le elezioni per il rinnovodel parlamento, l’11 luglio ci furono le elezioni comu-nali a Bolzano e a novembre quelle regionali. Dei 20consiglieri eletti, 13 appartenevano al gruppo linguisti-co tedesco (tutti della SVP), 7 a quello italiano (duedemocristiani, un socialista, un comunista, un repub-blicano, un missino e uno dell’Unione Indipendenti).Negli anni successivi la composizione del consiglioprovinciale sarebbe stata caratterizzata da una gran-de stabilità. Karl Erckert di Merano divenne il primopresidente della giunta provinciale, Silvius Magnago ilprimo presidente del consiglio provinciale, affiancatoda Luigi Negri quale suo vice.

Il potere era tuttavia saldamente nelle mani della re-gione, dove la SVP aveva formato una coalizione coni democristiani, che avevano 17 consiglieri su 46. Ini-ziò a questo punto una fase di rinascita politica, cul-turale e in parte anche economico-sociale. La pro-vincia acquisì gradualmente competenze nei settoridell’agricoltura e silvicoltura, del commercio, artigia-nato e turismo, dei lavori pubblici, della cultura edella sanità e nel campo sociale, anche se dispone-va solo di un quarto del bilancio regionale; potevaamministrare i mezzi finanziari ma non prendere ledecisioni politiche, che competevano invece al con-siglio regionale. Inoltre alle due province era affidatasempre meno l’attuazione di leggi regionali. Da Romaspirava un crescente vento antiautonomista e moltedisposizioni dell’Accordo di Parigi venivano attuate

((( ))con molta lentezza se non addirittura disattese, alpunto che nel 1954 la SVP presentò al Governo ita-liano una nota di protesta. Nel 1956 si attivò anchel’Austria in qualità di firmataria dell’Accordo di Parigiproponendo trattative a livello di esperti. All’annunciodell’arrivo di aiuti statali diretti per la costruzione di piùdi mille alloggi sociali a Bolzano, la SVP irritata daquesta ingerenza diretta nell’autonomia provinciale - ilgruppo linguistico tedesco temeva un’infiltrazione ita-liana - replicò il 17 novembre 1957 con la grandemanifestazione di Castel Firmiano, la quale segnò l’i-nizio di una nuova fase della questione altoatesinaaprendo una grave crisi.

L’esperimento funziona

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La principale rivendicazione dei manifestanti di CastelFirmiano, tra i quali c’era anche il neoeletto segretariodella SVP Silvius Magnago, era una vera autonomiaregionale per l’Alto Adige (Los von Trient!). Nel frat-tempo il Governo italiano si era detto disponibile atrattare con Vienna, ma i colloqui non avevano datoalcun esito. In segno di protesta contro la riduzionedelle competenze provinciali nel settore dell’ediliziaagevolata da parte di Roma, il 30 gennaio 1959 laSVP abbandonò la giunta regionale. Nel frattempo inAustria si era giunti alla conclusione che fosse ne-cessario investire del problema le istituzioni interna-zionali e il 21 settembre dello stesso anno il ministrodegli esteri austriaco Bruno Kreisky annunciò di volersottoporre l’autunno successivo la questione altoate-sina all’assemblea generale delle Nazioni Unite qua-lora i colloqui bilaterali non avessero prodotto alcunrisultato. E così fu. Dopo svariati colloqui e interventidelle due parti, il 31 ottobre 1960 l’assemblea gene-rale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione in cuisollecitava le parti “… a trovare una soluzione di tuttele controversie concernenti l’attuazione dell’Accordodi Parigi del 5 settembre 1946 …”. Tale risoluzionevenne riconfermata dall’assemblea generale nellaseduta del 28 novembre 1961.

((( ))Ma cosa accadeva in Alto Adige in quegli anni? Neimesi di gennaio, maggio e giugno del 1961 i dueministri degli esteri si erano incontrati mentre nellanostra provincia esplodevano le bombe.

Gli attentati, cominciati nel 1956-1957, culminarononella notte dei fuochi tra l’11 e il 12 giugno 1961 (do-menica del Sacro Cuore), quando furono fatti saltarein aria 47 tralicci dell’alta tensione per lo più a Bolza-no e nel Burgraviato. Gli attentati dinamitardi, alcunidei quali fecero anche delle vittime, erano diventati

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ormai una costante delle trattative tra Roma e Viennao tra Roma e Bolzano; la loro matrice era all’inizioaltoatesina e poi sempre più esterna. La notte deifuochi comportò anche l’adozione di severe e a volteeccessive misure di polizia da parte dello Stato italia-no, che al pari degli attentati contribuirono più adaggravare il problema che non a risolverlo. Il 1° set-tembre 1961 il Governo aveva insediato la commis-sione dei 19, composta da undici italiani, sette tede-schi e un ladino, e incaricata di analizzare a fondo ilproblema e di presentare delle proposte per unavera autonomia sulla base dell’Accordo Degasperi-Gruber. I lavori terminarono nel 1964 e le conclusionivennero utilizzate come base di discussione nelletrattative interstatali, nell’ambito delle quali riguardo ataluni aspetti si andò anche oltre le stesse propostedella commissione.

Le trattative italo-austriache beneficiarono nella se-conda metà degli anni ’60 del clima politico più tol-lerante che si respirava in Italia dal dicembre del 1963con i governi di centro-sinistra, in particolare con AldoMoro alla presidenza del Consiglio e agli esteri. Dopo numerosi incontri e colloqui, alla fine di agostodel 1966 Roma fece un’offerta globale, meglio notacome Pacchetto di misure a favore delle popolazionialtoatesine. Vienna fece presente alla SVP che era ilmassimo che si poteva ottenere e il direttivo allargatodel partito ne decise lo stesso mese l’approvazionepur chiedendo la ridefinizione di alcuni punti. Tra lequestioni più controverse c’era quella delle garanziegiuridiche ovvero dell’ancoraggio del Pacchetto. Nel1969 un gruppo di esperti elaborò il cosiddettocalendario operativo, una sorta di scadenziario chegarantiva l’effettiva attuazione delle misure contenutenel Pacchetto, al termine della quale sarebbe statarilasciata dall’Austria la dichiarazione di chiusura dellavertenza dinnanzi all’ONU. Da quel momento in poi

((( ))eventuali divergenze sull’Alto Adige sarebbero statesottoposte alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia.

Nell’ottobre 1969 Pacchetto e calendario operativoerano pronti. Il primo conteneva 137 misure, la mag-gior parte delle quali a tutela della popolazione tede-sca e ladina ma alcune anche per la protezione delgruppo linguistico italiano, come ad esempio la pos-sibilità di opporsi al bilancio di previsione, mentre ilsecondo fissava i 18 passi da compiersi a garanziadell’attuazione delle 137 misure. A questo punto all’in-terno della SVP iniziò un confronto dai toni piuttostoaccesi tra sostenitori e oppositori del Pacchetto, chesi concluse il 22 novembre 1969 quando il congressodel partito riunito a Merano ne decise l’approvazioneanche grazie all’opera di convinzione di Magnago, daanni presidente della giunta provinciale e segretario delpartito nonché principale artefice dello stesso Pac-chetto. Dopo quattordici ore di dibattito, il 53,4% dei1104 delegati votò a favore e il 46,6% contro. Inseguito all’approvazione da parte della principale orga-nizzazione politica del gruppo linguistico tedesco eladino, anche il parlamento italiano e quello austriacodiedero il proprio benestare. Trattandosi di una com-plessa normativa elevata al rango di legge costituzio-nale e quindi soggetta a una complessa proceduradi approvazione, il Pacchetto di misure noto comesecondo Statuto di autonomia entrò in vigore solo il20 gennaio 1972 sotto forma di testo legislativo uni-ficato composto da 115 articoli.

I decenni successivi furono caratterizzati da lunghe edifficili trattative tra Bolzano e Roma sulle norme diattuazione delle singole disposizioni dello Statuto diautonomia, nell’ambito delle quali fu possibile miglio-rare ed ampliare ulteriormente le competenze auto-nome. La denominazione ufficiale della regione eradiventata Trentino-Alto Adige. La principale novità

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del secondo Statuto di autonomia consisteva nellosvuotamento della regione a causa del trasferimentodi quasi tutte le sue competenze alle province auto-nome di Bolzano e Trento. Questo determinò unagrande rivalutazione del consiglio provinciale e richie-se un fitto programma di lavoro affinché in Alto Adigepotessero essere creati i presupposti giuridici dellanuova autonomia. Il più evidente meccanismo di tute-la del gruppo linguistico tedesco e ladino era l’obbligodel bilinguismo e la ripartizione di tutti i posti di lavoronella pubblica amministrazione secondo il principiodella proporzionale etnica, cosa che consentì final-mente alle minoranze di avere un’adeguata presenzalinguistica ed etnica nella vita pubblica e in molti luoghidi lavoro. Il processo di rivalutazione riguardò anche lelingue delle minoranze, e questo garantì a tedeschi eladini di poter sopravvivere linguisticamente e cultural-mente nonostante il fatto di essere una minoranza inuna grande nazione.

I risultati si cominciarono a percepire sempre più chia-ramente negli anni ’70 quando in tutta la provincia siavviò una forte crescita, soprattutto nel settore delturismo nonché della piccola industria e dell’artigia-nato, che pose fine allo spopolamento delle zone piùperiferiche favorendo un benessere diffuso. Ne deri-varono un’apertura culturale e intellettuale e un mag-giore pluralismo, in particolare tra i giovani, conse-guenza tra l’altro della ventata innovatrice portata inEuropa dal Sessantotto. Alcuni ambienti del gruppolinguistico italiano cominciarono a sentirsi relegati insecondo piano non essendo preparati al bilinguismo,privati del proprio posto di lavoro a causa della pro-porzionale e della crisi nell’industria pesante, e solo inparte coinvolti nella crescita del settore turistico eartigianale per mancanza dei presupposti economici;in altre parole si diffuse la convinzione che gli italianifossero i perdenti dell’autonomia. A partire dal 1985

((( ))tale disagio si è manifestato con un forte spostamen-to dell’elettorato italiano verso destra nell’ambito di unorientamento che perdura tuttora.

Vent’anni dopo l’entrata in vigore del secondo Statu-to di autonomia, e più precisamente il 30 gennaio1992, il Governo italiano guidato da Giulio Andreottiha emanato le ultime norme di attuazione. Il 22 aprileè stata consegnata all’Austria la relativa nota ac-compagnatoria e dopo un approfondito dibattito inseno al parlamento austriaco, il 19 giugno 1992 i rap-presentanti dell’Italia e dell’Austria hanno rilasciato laquietanza liberatoria dinnanzi alle Nazioni Unite a NewYork, ponendo di fatto fine alla questione altoatesinapendente in tale sede dal 1960.

Nel frattempo, in seguito alla progressiva unificazionedell’Europa e al graduale smantellamento dei confinistatali, la situazione dell’Alto Adige ha assunto unanuova dimensione. Con l’adesione dell’Austria all’Unio-ne Europea (EU) il 1° gennaio 1995 e l’entrata in vigo-re del trattato di Schengen il 1° aprile 1998, l’Europasenza confini è diventata una realtà e si sono apertenuove prospettive di cooperazione interregionale

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all’interno dell’Europa unita. Grazie ad alcuni governifavorevoli all’autonomia, le province di Bolzano e diTrento hanno potuto acquisire ulteriori competenzenonostante la dichiarazione di chiusura della verten-za. Al riguardo spiccano, per la loro importanza, il tra-sferimento di importanti funzioni nelle materie viabilità(tra queste la manutenzione ordinaria e straordinariadelle strade statali), comunicazioni e trasporti, dema-nio idrico e opere idrauliche (comprese le concessio-ni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico), produ-zione e distribuzione di energia elettrica nonchéordinamento scolastico provinciale (p.es. attribuzioniin materia di determinazione dello stato giuridico edeconomico del personale insegnante). Una leggestatale ha inoltre attribuito all’Alto Adige le competen-ze necessarie per istituire un’università, poi fondata il31 ottobre 1997 come Libera Università di Bolzano,con sede a Bolzano e Bressanone, e inaugurata il 10novembre 1998.

Questo sviluppo è giunto, almeno per ora, al capoli-nea con la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n.2, che ha tra l’altro modificato e integrato lo Statutospeciale della Regione Trentino-Alto Adige, e con lalegge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, sulla ri-forma della Costituzione italiana, approvata mediantereferendum popolare. Quest’ultima in particolare hadato notevole impulso al federalismo in Italia equipa-rando comuni, province, città metropolitane e regioniallo Stato in termini di importanza nell’ordinamentodella Repubblica. Tale riforma costituzionale ha an-che modificato radicalmente le competenze delloStato e delle regioni. Queste ultime avevano primacompetenze legislative solo in alcuni settori espres-samente definiti – le competenze della Provincia diBolzano erano e sono tuttora molto più ampie di quel-le delle altre regioni, soprattutto di quelle a statuto ordi-nario, in virtù dello Statuto di autonomia – e in tutti gli

((( ))altri settori era competente lo Stato, mentre ora lasituazione si è capovolta. Tale rivolgimento dei ruoliha fatto sì che le competenze dell’Alto Adige aumen-tassero ulteriormente, come del resto sono stateampliate quelle delle altre regioni a statuto speciale(Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sici-lia) e della Provincia autonoma di Trento, che inseguito alla modifica della Costituzione forma con laProvincia autonoma di Bolzano una regione oradenominata Trentino-Alto Adige/Südtirol.Una chiara conseguenza di questo primo passo del-l’Italia verso il federalismo è da una parte l’abolizionedel visto del Governo per le leggi regionali e provin-ciali, che ora entrano in vigore subito dopo l’ap-provazione e senza il preventivo controllo da partedel Governo, e dall’altra l’abolizione del controlloesercitato sui comuni e su altri enti locali da partedelle regioni o, nel caso dell’Alto Adige, da partedella Provincia, e la rivalutazione degli enti locali tra-mite l’istituzione obbligatoria del Consiglio delle au-tonomie locali. Già prima della riforma della Costitu-zione italiana, la succitata legge costituzionale 31gennaio 2001, n. 2, aveva attuato una radicale tra-sformazione dei rapporti istituzionali tra la RegioneTrentino-Alto Adige e le due province autonome diTrento e Bolzano. Infatti se prima la regione era sud-divisa nelle due province ora, in seguito alla suddettariforma dello Statuto di autonomia, sono le due pro-vince di Trento e Bolzano a formare la regione, inaltre parole le province sono diventate le colonneportanti nell’ambito di una evidente rivalutazione ri-spetto alla regione. In futuro in Alto Adige i consiglierinon saranno più eletti come consiglieri regionali macome consiglieri provinciali, e in tal modo al Consiglioprovinciale competeranno anche la definizione deldiritto elettorale e della forma di governo. Tutte que-ste modifiche rappresentano una grande sfida per laProvincia di Bolzano e quindi anche per il Consiglio

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provinciale, il quale da una parte gode ora di moltapiù autonomia nella propria attività legislativa ma dal-l’altra deve dar prova di ancora maggiore attenzionee responsabilità nell’esercizio delle proprie compe-tenze.

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