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Faventia 1911. 1997 89-108 Briciole poetiche tra Napoli e Maiorca Sette poesie inedite del secolo xv* Guido Maria Cappelli Universitat Autbnoma de Barcelona. Departament de Filologia Espanyola 08 193 Bellaterra (Barcelona). Spain Data de recepció: 19/3/1996 Abstract This article presents five unpublished Latin carmina, the work of two Catalan poets of the XVth century: Llucii Colomines and Ferran Valentí. The fust introductive part sums up the authors' personalities, their cultural links with other outstanding persons of the Aragonese-Neapoletan world, and the contents of the carmina as well. Then the edition's criteria, the critica1 editon of the carmina and an appendix containing two more texts related to the Catalan-Aragonese world. A prescindere dalla polemica sulle <<origini>> dell'umanesimo nella Corona d'Aragona, che pure hanno spinto alla messa in discussione del concetto stesso di ccumanesimo catalano>> come fenomeno a sé stantel, resta un dato scontato la pro- venienza fondamentalmente italiana di que1 complesso di fenomeni e atteggia- menti culturali, di <<mode>> bibliografiche e di preferenze estetiche, che porteranno, non senza contraddizioni e ripensamenti, ad una piena affermazione sul finire del sec. xv del moviment0 umanistico in questa parte del mondo occidentale: <<The presence of Petrarch and others later Italian autors in an inventory is perhaps a surer touchstone by wich to judge the humanist interests of their owner than the mere presence of a group of Latin classics>>, giunge a dire J.N. Hillgart, a pro- * Sulla soglia di questo mio primo contributo <<spagnolo)>, desidero ringraziare i1 professor E Rico, che mi ha dato (mi sta dando) la possibiliti di vivere questa bellissima esperienza di studi in Barcellona; la professoressa Mariangela Vilallonga, con l'ispirazione e i1 sostegno della quale ho condotto questa ricerca; i1 prof. Vincenzo Fera e i ragazzi del seminari0 di dottorato dell'universiti di Messina, che hanno dedicato uno dei loro incontri mensili a dipanare con me le pih spinose questioni esegetiche poste dai testi che qui si presentano; infine, <<ultimo ma non ultimon, i1 personale della Biblioteca centrale deli'universiti di Barcellona, in particolare Josep Turiel, guida insostituibile nel reperimento bibliografico, e Marina Ruiz, della sezione manoscritti e rari. 1. Cfr. 10 splendido articolo di BADIA, L. &'humanisme catali: formació i crisi d'un concepte historiogrific>), Actes del Cinqu2 Col.loqui Internacional de Llengua i Literatura Catalanes (Andorra, 1-6 d'oct. de 1979), Montserrat (1980), p. 41-70 (ora in De Bernat Metge a Joan Rois de Corella, Barcelona (1988), p. 13-38); l'altrettanto rivoluzionario contributo di F. Rico, aPetrarca y el "humanismo catalád'n, Actes del Sis2 Col.loqui Internacional de Llengua i Literatura Catalanes (Roma, 28 de set.-2 d'oct. de 1982), Montserrat (1982), p. 257-291.

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Faventia 1911. 1997 89-108

Briciole poetiche tra Napoli e Maiorca Sette poesie inedite del secolo xv*

Guido Maria Cappelli Universitat Autbnoma de Barcelona. Departament de Filologia Espanyola 08 193 Bellaterra (Barcelona). Spain

Data de recepció: 19/3/1996

Abstract

This article presents five unpublished Latin carmina, the work of two Catalan poets of the XVth century: Llucii Colomines and Ferran Valentí. The fust introductive part sums up the authors' personalities, their cultural links with other outstanding persons of the Aragonese-Neapoletan world, and the contents of the carmina as well. Then the edition's criteria, the critica1 editon of the carmina and an appendix containing two more texts related to the Catalan-Aragonese world.

A prescindere dalla polemica sulle <<origini>> dell'umanesimo nella Corona d'Aragona, che pure hanno spinto alla messa in discussione del concetto stesso di ccumanesimo catalano>> come fenomeno a sé stantel, resta un dato scontato la pro- venienza fondamentalmente italiana di que1 complesso di fenomeni e atteggia- menti culturali, di <<mode>> bibliografiche e di preferenze estetiche, che porteranno, non senza contraddizioni e ripensamenti, ad una piena affermazione sul finire del sec. xv del moviment0 umanistico in questa parte del mondo occidentale: <<The presence of Petrarch and others later Italian autors in an inventory is perhaps a surer touchstone by wich to judge the humanist interests of their owner than the mere presence of a group of Latin classics>>, giunge a dire J.N. Hillgart, a pro-

* Sulla soglia di questo mio primo contributo <<spagnolo)>, desidero ringraziare i1 professor E Rico, che mi ha dato (mi sta dando) la possibiliti di vivere questa bellissima esperienza di studi in Barcellona; la professoressa Mariangela Vilallonga, con l'ispirazione e i1 sostegno della quale ho condotto questa ricerca; i1 prof. Vincenzo Fera e i ragazzi del seminari0 di dottorato dell'universiti di Messina, che hanno dedicato uno dei loro incontri mensili a dipanare con me le pih spinose questioni esegetiche poste dai testi che qui si presentano; infine, <<ultimo ma non ultimon, i1 personale della Biblioteca centrale deli'universiti di Barcellona, in particolare Josep Turiel, guida insostituibile nel reperimento bibliografico, e Marina Ruiz, della sezione manoscritti e rari.

1. Cfr. 10 splendido articolo di BADIA, L. &'humanisme catali: formació i crisi d'un concepte historiogrific>), Actes del Cinqu2 Col.loqui Internacional de Llengua i Literatura Catalanes (Andorra, 1-6 d'oct. de 1979), Montserrat (1980), p. 41-70 (ora in De Bernat Metge a Joan Rois de Corella, Barcelona (1988), p. 13-38); l'altrettanto rivoluzionario contributo di F. Rico, aPetrarca y el "humanismo catalád'n, Actes del Sis2 Col.loqui Internacional de Llengua i Literatura Catalanes (Roma, 28 de set.-2 d'oct. de 1982), Montserrat (1982), p. 257-291.

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posito dell'influsso italiano nella formazione di una nuova coscienza culturale nella Maiorca del secolo xv2. Con 10 sguardo rivolto all'Italia, dunque; e non occorre sottolineare eventi come la traduzione in catalano della Divina Commedia ad opera di Andreu Febrer <<la primera traducción completa y en tercetos.. . en toda Europa,,, nel 1428-293, o quella del Valter e Griselda, la novella boccac- ciana latinizzata dal Petrarca, ad opera di Bernat Metge, g i i nel 1388. Italiane sono le noviti librarie, i classici riscattati; italiane le Universiti in cui si formano generazioni di giuristi ed ecclesiastici catalani, i pic avvertiti dei quali sapranno stabilire fruttuosi contatti con gli ambienti della nuova cultura umanistica, fino a giungere ai frutti maturi offerti dall'opera di due grandi intellettuali come Joan Margarit e Jeroni Pau4.

E dal 1442 italiana era anche una parte della stessa Corona d'Aragona: Alfonso V, i1 re castigliano, i1 sovrano accentratore in perenne conflitto con le oligarchie catalane, aveva compiuta una delle grandi aspirazioni espansionistiche dei suoi sudditi catalano-aragonesi, togliendo agli angioini i1 Regno di Napoli5, e trasfe- rendo nella nuova capitale la sua corte. Come i: noto, i1 re aragonese rimase sedot- to e affascinato dalla temperie culturale italiana e ne comprese assai bene la potenzialiti anche politica, c<d'immagine>> diremmo noi. Se avviciniamo, sia pure sommariamente, 10 sguardo alla corte alfonsina di Napoli verso la meti del seco- 10, vi scorgiamo una singolare compresenza di intellettuali in maggioranza italia- ni, con un buon numero di quelli di maggior prestigio, e di uomini di curia, arnministratori, giuristi, di origine principalmente catalana6. Al principio degli anni trenta, Guiniforte Barzizza era stato a Barcellona, e alle orecchie del re avevano risuonato, forse per la prima volta con tanta nettezza, i modi della parenesis uma- nistica nel pi6 terso stile latino:c<his studiis, quod omnes praedicant, egregie tua Maiestas operam dat, in quibus cum Gasparinus olim pater meus orator ac philo-

2. Cfr. HILLGART, J.N. (1991). Readers and Books in Majorca. 1229.1550. Paris, p. 145. 3. Cfr. BATLLORI, M. (1987). Humanisme y Renacimiento. Barcelona, p. 7. 4. Sul Margarit, pubblicista, politico, storico, sempre in un latino nitido, si veda TATE, R.B. (1976).

Joan Margarit i Pau cardenal i bisbe de Girona. Barcelona; di Pau, probabilmente i1 pib completo dei letterati catalani alla fine del secolo, si possono ora consultare tutte le opere grazie alla monu- mentale edizione, con ampio studio introduttivo, di VILALLONGA, M. (1986). Jeroni Pau. Obres, 2 vol., Barcelona, la cui apparizione nel panorama degli studi umanistici in Catalogna <<fa &pocau, come dice nella recensione BADIA, L. A propbsit de l'edició de les obres de Jeroni Pau, in De Bernat Metge.. ., cit., p. 51-56 (52). Ma gil nei decenni precedenti, prima della meti del secolo, incontriamo figure come Joan Ramon Ferrer, gionista addottoratosi in Italia e autore di opere gram- maticali con forti influssi valliani, destinato a non mediocre fortuna in Catalogna: cfr. COBOS, A. Joan Ramon Ferrer: De sui natura (1475). Aproximació biogr&Jica, edició critica, estudi i tra- ducció, Memoria de llicenciatura realizzata sotto la direzione di M. e letta neli'universiti Autonoma di Barcelona, 1995.

5. I1 contributo pib completo sulla conquista aragonese resta ancora que110 di FARAGLIA, N. Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angib, Lanciano (1908); cfr. anche PONTIERI, E. Dinastia, Regno e capitale nel Mezzogiorno aragonese, in astoria di Napolin, IV, 1, Napoli, s.d.

6. Si incrocino i dati sull'amrninistrazione aragonese a Napoli riscontrabili in RYDER, A. The Kingdom of Naples under Alfonso the Magnanimous, Oxford (1976) (trad. spagnola, Valencia 1987, da cui citeremo) con quelli relativi alla presenza di intellettuali in SORIA, A. LOS humanistas de la corte de Alfonso el Magnánimo, Granada 1956.

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sophus claruerit.. . D ~ ; pochi anni dopo, per rimanere nel campo dei fatti simboli- ci, i due mondi si incontrano sulla costa di Gaeta, quando i1 piccolo Ferrante sbar- ca accompagnato dal suo precettore Ximen Pérez de Corella e ad accoglierli c'2 Panormita8: ma le stesse opere del Panormita, e quelle di Facio o anche di un Poggio o di un Piccolomini non sono avare di testimonianze e ci suggeriscono che 10 scam- bio culturale tra le due sponde del Mediterraneo dovette subire in quell'epoca una fortissima accelerazione, con conseguenze che sono, a nostro giudizio, ancora ben lungi dall'essere state chiarite in tutta la loro portatag.

In realti, al momento di tentare un disegno pi6 preciso di questo intreccio di relazioni pesonali e culturali, i dati a disposizione si rivelano largamente insuffi- cienti, e impellente si fa sentire la necessiti di approfondire la ricerca documenta- ria in questa direzione.

Un qualche significato dovri avere, per esempio, l'appartenenza ai diversi paesi della Corona, dei singoli personaggi della Corte, finora etichettati somrnariamente come <<catalani>>, e che provengono invece da luoghi (e da tradizioni culturali) ben definiti: Valencia, Barcelona o Mallorca, e in questi luoghl molti fanno ritomo, anic- chiti del bagaglio di esperienze italiane, e a questi luoghi probabilmente guardano e pensano quando decidono di avvicinarsi alla nuova cultura. E' documentata a questo proposito la presenza di una vera <<colonia>> maiorchina nella Napoli alfon- sinalO, con personaggi, per limitarci agli intelettuali, come Joan Valero, Mateu Malferit, o pi6 tardi, gii sul finire del secolo, Arnau Descos e Jaume de Olezal1.

Una ricerca mirata nelle biblioteche italiane, in particolare quelle meridionali, sarebbe, ne siamo certi, preziosa, da un lato per aiutare a definire meglio intrecci,

7. Cfr. S o m , Los humanistas ..., cit., p. 155. 8. Una scena che vediamo con gli occhi di Panormita stesso: cfr. PANHORMITAE, A. Liber rerum ge-

starum Ferdinandi regis, ed. a cura di Gianvito Resta, Palermo 1968, p. 77-78. 9. Sul Panormita si pub ricordare, tra l'altro, un'epistola colma di elogi che gli indirizza Joan Ramon

Ferrer, in Antonio Beccadelli el Panormita, Dels dits e fets del gran rey Alfonso, versió catalana del segle xv de Jordi Centelles, a cura di E. Duran e M. Vilallonga, con un'appendice di J. Ruiz i Calonja, Barcelona (1990), p. 398; di Facio possediamo varie testimonianze, si veda qui almeno l'e- pistola all0 stesso Ferrer, in cui 10 ringrazia della stirna e dei buoni uffici presso i1 re: in AMADOR DE LOS Ros, J. Historia crítica de la literatura española, VI, Madrid (1865), p. 401 n. 1. Su Poggio, v. infra, n. 22. Sempre utile nell'insieme i1 volume di CROCE, B. La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza, Bari (1917), in part. i capp. Ei e n! Un panorama interessante della vita cul- turale alla corte di Alfonso, anche se ancora lontano dalla completezza, & costituito dal volume di ROVIRA, J.C. Humanistas y poetas en la corte de Alfonso el Magndnimo, Alicante (1990) si veda puae BENTLEY, I.H. Politica e cultura nella Napoli del Rinascimento, trad. it. Napoli 1995.

10. In RYDER, El Reyno de Nápoles.. . cit., la presenza di funzionari e dignitari maiorchini & notevole; Hillgart, d'altra parte, occupandosi particolarmente di Maiorca, mette in rilievo questo flusso Maiorca-Napoli (e ritomo; vedi nota seg.).

11. Cfr. HILLGART, Readers and Booh.. . cit., p. 239-41: <<As the fifteenth century advanced the con- quest of Naples by Alfonso V of Aragon (in 1442) and the success of the Borgias in papal Rome drew more Majoricans to Italy.. .B (239): interessante qui l'accenno alla corte papale di Callisto iIi prima (1455-58) e Alessandro VI poi (1494-1503), cui si pub applicare 10 stesso discorso che veniamo facendo per Napoli. Su Juame de Oleza, poeta e arnico tra gli altri di Valero, cfr. -ES de I M P m , C. Tres poemas de Jaime de Oleza, in Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, XXI (1948), p. 175-95.

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contatti, gruppi e sottogruppi, dall'altro per arricchire i1 numero di opere cono- sciute di intellettuali e artisti catalani del sec. xv.

In questa direzione si muove i1 contributo, sia pure minuscolo, che qui intendiamo offrire, in un campo, quello della poesia latina, ben poc0 dissodato dagli studi filo- logici attuali12. Si tratta di cinque carmi latini inediti e finora sconosciuti, rinvenu- ti in un codice napoletano (Biblioteca Nazionale, IV F 19, su cui infra), ed opera di due 'umanisti' di provenienza maiorchina, anche se di diseguale levatura: Pere Llucii Colomines e i1 molto pic noto Ferran Valenti. Malgrado i1 divers0 livello di conos- cenza che possediamo circa i due personaggi, li accomuna la provenienza maior- china13 e la relazione con la casa reale. La presenza di questi carmi in una rniscellanea umanistica, per giunta appartenuta al Seripando, accanto ad autori del calibro di un ~anormita'~, pone degli interrogativi circa la dfisione e la ricezione della poesia cata- lana presso un pubblico non certo sprovveduto come quello italiano, e piii in parti- colare circa i rapporti col mondo culturale napoletano dei due personaggi in questione, con i1 primo dei quali soprattutto non constavano relazioni.

Tutto quello che si sapeva di Llucii Colomines 10 si doveva, fino a tempi recen- tissimi, alla scarna biografia che i1 notaio barcellonese suo contemporaneo Pere Miquel Carbonell ne compose inserendola nel suo De viris illustribus cat ala ni^'^, ripetuta senz'altro dagli erutditi nel corso dell'ultimo secolo: grazie all'opera di M. Vilallonga disponiamo ora di una biografia, completa dell'opera sopravvissu- ta e perduta e di bibliografia, del poeta catalano (v. supra, n. 13). Si sa che dimorb a Valencia e a Játiva, da dove, cblto da ceciti, si imbarcb per Mallorca, dove mori

12. Recentemente Juan F. Alcina, nel suo saggio La poesia latina del humanismo espafiol, in Los humanistas espafioles y el humanismo europeo, IV Simposio de Filologia Clásica, Murcia (1990), p. 13-33 (che significativamente prende le mosse dalla fine del secolo xv, lasciando peraltro al margine un poeta come Jeroni Pau), lamenta che ala poesia latina anterior a la llegada de Nebrija nos es prácticamente desconocida. Pere Miquel Carbonell, notari0 y archivero de Femando el Católico, reunió una serie de biografías de notables catalanes de la segunda mitad del siglo xv entre 10s que aparecen algunos poetas. La mayor parte de estos personajes son juristas que ocu- pan cargos en la administración de Barcelona u otras ciudades. Son hombres sobre 10s que recae fácilmente la sospecha de medievalismo. Desgraciadamente sus obras no pueden defenderlos.. .r (p. 213): resta inteso che la asospecha), andra provata con un accurato, magari poc0 gratificante, stu- dio delle fonti.

13. Per la verith Colomines nacque a Perpinyh, ma passb a Mallorca gli ultimi ami della sua vita, ed ivi mori: cfr. VILALLONGA, M. La literatura llatina a Catalunya al segle XV, Montserrat (1993), p. 86 (questo testo Buna schedatura completa di tutti gli autori catalani conosciuti finora che scris- sero in latino nel sec. xv, che apporta sovente nuovi dati o corregge notizie vulgate anteriori, punto di partenza fondamentale per qualunque studio sull'umanesimo in Catalogna). Bibliografia su Colomines in Vilallonga, ibíd.; un suo carme di argomento grammaticale 2. pubblicato dalla stes- sa studiosa in Una mostra de poesia llatina quatrecentista als Pabos Catalans, <<Estudi Generab, 11 (1991), p. 53. Su Valentí, bibliografia infra, nn. 25-27.

14. Per i1 contenuto del codice v. infra. 15. E' un altro esempio di esplicita ripresa di modelli italiani, in questo caso Facio: cfr. 10 studio ed

edizione di M. Vilallonga, in Dos opuscles de Pere Miquel Carbonell, Barcelona (1988); la bio- grafia di Colomines alle p. 50-53.

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nel 1460. Colornines fu poeta e grammatico: di lui si ricorda un De accentu, soprav- vissuto in parte nelle additiones al Doctrinale di Alessandro di Villadei contenuto nel ms. 69, CC. 188v-198r, dell'Archivio Capitolare di Gerona. La Vilallonga seg- nala anche l'esistenza dei due carmi del codice napoletano, che a noi i: toccato di rinvenire. La lettura dei due componimenti -sprovvisti,, come i: naturale, di qual- siasi fascino estetico- ci permette di fomire qualche dettaglio alla figura del suo autore. Innazitutto, i1 titolo di Magister attribuitogli nell'intestazione dei due carmi (c. 1 4 5 e 151v), conferma la professione di grammatico e rimanda ad un hmbito accademico: in altri termini, i1 nostro Petrus Lucianus Columines (cosi nell'intes- tazione del secondo carme) non doveva essere un dilettante; in secondo luogo, fatto pia aneddotico, la intestazione del primo carme 10 definisce cecus, confermando cosi i1 dato tradizionale.

Quanto al contenuto e le fonti dei carmi, i1 primo 10 lasciamo agli specialisti di poesia medievale, ché tale appare nella forma come nel contenuto, configuran- dosi come una sorta di indovinello costruito su accumulazioni trimembri (bos edus vervex, v. 3 ; perdices passeres aquilam, v. 4 ecc.) ciascuna rispondente ad un numero: non ci azzardiamo ad una soluzione, limitandoci a segnalare la doppia interpretazione di cui i: passibile i1 v. 2 (ccDuplum florenum numum subiunge secundo,,), che si pub a nostro avviso intendere ccaggiungi al secondo una mone- ta da due fiorini,, (duplumflorenum), o anche, interpungendo dopo duplum eflo- renum, ccaggiungi al secondo un doblone, un fiorino ed un nurnmo>>, che tra l'altro ristabilirebbe l'accumulazione trimembre. Dal secondo riceviamo invece una qual- che luce sui 'feni del mestiere' di questo grammatico poeta, la sua cultura di base. Si tratta di un componimento laudativo indirizzato al nobile maiorchino Mateu Malferit (personaggio importante della corte alfonsina su cui tomeremo tra breve) in cui i1 poeta, pauper, chiede la mercedem di un non meglio identificato 'exigui laboris'. Un'analisi sommaria delle fonti ci mostra una clausola virgiliana (fama super ethera fulgens, riferito al doctor magnifice che ha invece un forte sapore medievale e <<maiorchino>>, essendo i1 <<magnific>> o ocmolt magnific>> titolo comu- ne, ccinflazionatow, per gli cconorati cittadinb dell'Isola, e i1 destinatari0 del carme i: proprio un maiorchino illustre)16; i1 mercedem.. . laboris risale probabilmente a Lucano. Dopodiché, troviamo una clausola di Venanzio Fortunato, e poi la pre- senza di tre poeti medievali: una formula (totis ex viribus), che in verith potrebbe anche esser farina dell'autore, ma che appare in Orienzio, i1 vescovo visigot0 di Huesca (V secolo), i1 cui Commonitorium dovette avere certa diffusione in h b i - to iberico; un emistichio preso dalla notissima Aulularia di Vitale di Blois, auctor nelle scuole medievali, e l'ultimo verso calcato sul Theophilus di Radewin17.

16. Tutta la terminologia, compresa l'osservazione, un po' ironica, sull' <<inflazione~ dí titoli, in HILLGART, Readers and Books.. . cit., p. 5-6, con ricca messe bibliogralica.

17. A titolo puramente indicativa, si vedano, per Orienzio, almeno MIGNE, Patrologia latina, s. I , vol. LXI, 973 SS.; Mtuwms, M. Geschichte der lateinisches Literatur des Mittelalters, I , 1965', p. 90 e 548; per Vitale, ALFONSI, L. La letteratura latina medievale, Firenze (1972), p. 188, e soprattut- to BERTINI, F. La commedia elegiaca, in CAVALLO, G.; LEONARDI, C.; MENEST~, C.E. (a cura di), Lo spazio letterario del Medioevo. Medioevo latino, I , p. 219 e 220-22; per Radewin (o Rahewin),

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Alcuni errori metrici rivelano uno stile rozzo ed una padronanza non totale della lingua: la sinizesi forzata di -io- in tertio (I, 3), l'allungamento irrazionale della prima e di passeres, v. 4, l'altrettanto duro allungamento in cesura della a di regi- na, nominativo (I, 6); nel secondo carme, vistoso l'allungamento irrazionale della e del vocativo magnifice (II,2), cosi come dell'ut al v. 4. I1 tutto condito da qual- che espressione corrente del latino liturgico, come ccIn Domino valeas,, (v. 7). Non c'i: bisogno di commento, la ccsospecha>> di Alcina resta confermata: i1 retroterra, i1 tono, l'impostazione del carme esalano (sia detto senza sfumatura negativa) medioevo18.

Un discorso a parte merita, per la sua posizione preminente nell'entourage alfon- sino, i1 dedcatario di questo carme, Mateu Malferit. E' una figura abbastanza conos- ciuta dagli storici, anche se manca su di lui uno studi organico che permetta di abbracciarne la traiettoria esistenziale e culturale in una visione d'insieme. Diplomatico e funzionario reale, advocatusfisci di Alfonso a Napoli, fu utilizzato in ripetute missioni fuori del Regno, ccnel 1443 a Milano, nel '44 Genova, nel '45 a Roma, nel'46 a Firenze, e cosi sino aila fine del regno,, alfon~ino'~. Ben nota anche la biografia altarnente elogiativa che ne fece Vespasiano da Bisticci, secondo cui Mateu, dopo lunghi anni di servizio, ottenne licenza dal re di ritomare <calla patria sua, per ripo~arsi>>~~; tuttavia, sembra che abbia continuato a servire sotto Ferrante, l'erede di Alfonso, fin dopo i1 146021. Malferit i: un esempio perfetto di integrazio- ne di un uomo di curia, giurista e ufficiale reale, nel mondo culturale italiano, al centro di una piuttosto fitta rete di relazioni con uomini di punta della cultura dell'e- poca, da Facio a Panormita, da Aurispa a Poggio a Filelfo: cceducated as a huma- nist, was completely at home in humanist circle of Italy and had risen to the highest level of the royal burocracy in Naples under the Trastámara Alfonso V>>22. Qui POS- siarno aggiungere di nuovo, ma in attesa di piii approfonditi controlli, la notizia di un'epistola di Facio contenuta in un ms. della Biblioteca Universitaris di Valladolid (227, sec. XV, CC. 57), e un riferimento contenuto in una epistola, anonima, che compare nel ms. 4Q 768 della Universitiitsbibliothek di Monaco di Baviera: <<Laetatus

un curiale di Federico Barbarossa, morto prima del 1177, M m s , Geschichte, JIi, 19@12, p. 388 SS.

(i1 Theophilus ap. 391). 18. Per i riscontri puntuali dei loci citati e dei fontes, qui come quando tratteremo di Valentí e dei testi

in appendice, si vedano qui in calce i testi e relativi apparati. 19. RYDER, El Reyno, cit., p. 181-182. 20. da BISTICCI, V. Le vite, ed. a cura di GRECO, A. I, Firenze (1970), p. 443-46 (cita. ap . 446). 21. Cfr. HILLGART, Readers and Books cit., p. 240. 22. HILLGART, Readers and Books cit., p. 266; per le relazioni con Aurispa e Panondta, v. Epistolario

di AURISPA, G. a cura di SABBADINI, R. Roma (1931), epp. LXXIII (1444), XCVI (1449), CXV (1454); Hillgart (p. 240) ricorda anche la protezione accordata al Valla in occasione del processo intentatogli dail'Inquisizione e i luoghi di opere del Facio e del Panormita in cui & menzionato; un'epistola di Poggio in SORIA, A. LOS humanistas cit., p. 249 (l'epistola 2 del '56 e non compa- re dunque nell'epistolario voluto da Poggio, che si ferma al '44: si veda la recente edizione di HART, H. P.B. Lettere, 2 voll., Fienze 1989); 10 stesso autore riporta una lettera del Filelfo al re Alfonso affidata alle mani del Malferit: in quell'occasione, forse, i1 Filelfo avra compost0 l'ele- gia ad Manhaewn Malferitum che compare nel nostro codice IV F 19, g f edita dal Flamini alla fine del secolo scorso (v. infra, n. 34).

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surn prospera fortuna Malferiti nostri, viri optimi.. .>>23; oltre naturalmente la novith di questo rapporto con Colomines, non altrimenti documentato, e occasionatosi forse in relazione al suo viaggio di ritomo a Mallorca, presumibilmente sul finire degli anni '50 e prima della morte di Aifonso (1456-58), cui Vespasiano faceva rife- rimento, ché non consta, né pare probabile, una permanenza di Colomines a Napoli.

Con Malferit, e con l'Italia, fu in relazione anche Ferran Valenti, figura di intel- lettuale di assoluta rilevanza nella Maiorca dell'epoca, di cui presentiamo qui tre carmi inediti. Valentí b noto soprattutto per la traduzione in volgare dei Paradoxa di Cicerone, compiuta alla meta del '400, e fonte di infinite dispute sul grado di maggiore o minore 'umanesimo' del suo autore, alimentate in un certo senso dallo stesso Ferran all'affermare di essere stato discepolo niente meno che di Leonardo B r ~ n i ~ ~ . Come dice Hillgart, egli fu in realta <<far from being a 'pure' humanistw: si era addottorato in utroque iure in Italia nel 1435 e, pur continuando a mantene- re relazioni culturali, per esempio con Panormita, fece ritomo a Mallorca dove svolse incarichi pubblici e mise insieme una notevole biblioteca, che riflette tutta la varieth, in qualche modo 'indiscriminata', della sua cultura25. Si tratta dunque di un intellettuale di formazione giuridica romanistica, esponente ciob di quella classe di giuristi che gih dalla fine del secolo precedente andavano rinnovando l'ap- proccio al diritto per riaccostarsi alle fonti romane e contemporaneamente ai gran- di classici dell'etica politica antica, da Aristotele a Cicerone, a Seneca, a ~ l u t a r c o ~ ~ ,

23. Cfr. BERTALOT, L. (1975). Studien zum Italienischen und Deutschen Humanismus, I. Roma, p. 22. 24. ii testo del volgarizzamento B pubblicato da MORAT^, J.M. Ferran Valentí. Traducció de les Paradoxa

de Ciceró, Barcelona (1959); la relazione con 1'Italia e l'influenza di Malferit, in HILLGART, Readers, cit., p. 259 (nel vol. Ii, nel catal. dei libri appartenuti a Ferran [num. 3331, si fa menzione di un acaxb veylls con <<molt scriptures de Miser Malferit,,); sul valore della versione ciceroniana, rimet- te le cose aposto BADIA, L. Traduccions al catald dels segles XV-XV i innovació cultural i literd- ria, in <<Estudi General*, cit., p. 43: ano introdueix cap canvi de rumb substancial en el modus operandi t&cnic de la seva traducciós, inquadrandolo nell'ambito cronologico e t e c ~ c o di tutta la teoria e pratica della traduzione nel corso del secolo. Quanto al rapporto con Bruni, non saremo noi a metterlo in dubbio: ci limitiamo a constatare che la notizia si basa unicamente sull'afferma- zione del Valenti nel prologo al volgarizzamento, in cui nomina <<Leonardo de Areqon come <<pare e preceptor meun da cui & stato <<adoctrinat e ensenyat*, citandone alcune versioni dal greco al latino (ed. cit., p. 37-38); in assenza di riscontri documentali precisi, non se ne pub inferire, crediamo, una frequenza regolare ai corsi universitari fiorentini.

25. HILLGART, Readers, cit., Ii, catalogo 333; dello storico canadese anche la data del titolo di doctor e la relazione con Panormita, cosi come la caratterizzazione della cultura e degli interessi del no- stro (p. 120-22: la citazione nel testo ap . 122). Quanto alle relazioni napoletane, disponiamo di una oratio composita per Ferrandum Valentinum Regi Sicilie Ferdinandum pronuntiata per Magistrum Pineda, Ordinis Predicatorum, scritta dopo la morte di Alfonso (1458) e pia precisa- mente dopo la fine della cosiddetta guerra dei baroni, la sollevazione contro I'ererde aragonese che terminb nel 1465: cfr. AMADOR de 10s RIOS, J.A. Historia crítica de la literatura espafiola, cit., p. 405. Studiando i1 Valentí, Amador de 10s Rios si riferisce (p. 401) ad <<un precioso codice que posee la Real Academia de la Historian (i: i1 12-Ii-15, ora 912161, contenente <<a correspon- dence between several Italian and Majorcan humanistsn @LLGART, p. 1201, e sul quale converrebbe uno studio sistematico, ché i1 saccheggio parziale cui fmora & stato sottoposto crea pia confusio- ne che chiarezza).

26. Cfr. ELIAS De TEIADA, F. (1963). Historia del pensamientopolítico catalán. Sevilla; su V., vol. 2, p. 229-33; a conferma di questo atteggiamento, basta un'occhiata al Parlament del 1467 o alla

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finendo obiettivamente con l'acquisire, in forma complementare, una formazione culturale 'umanistica', anche se sotto l'aspetto letterario, necessariamente dilet- tantesca.

La conferma di questo carattere dilettantesco e 'complementare' dellxumane- simo' di Valenti viene proprio dai tre carmi del codice nap~le tano~~. I1 primo pare essere l'epitaffio della moglie, che i1 poeta aveva in effetti perso, prima del 1471, anno in cui redige i1 suo testamento nel quale si riferisce a lei come morta28: non si va al di 18 di un dettato convenzionale forgiato su moduli ovidiani, con un tocco virgiliano (<<fats manereu, clausola del v. 1). I1 secondo & anch'esso un carme funebre, questa volta per Nicolau de Pacs, iuvenis della nobile famiglia maior- ~ h i n a ~ ~ morto prematuramente; nel carme 10 piange sua madre con accenti vaga- mente ovidiani, e iuncturae prese dalla tradizione dei carmina epigraphica latini. I1 terzo carme ha i1 carattere di una esercitazione di tipo scolastico e moralizzante: prendendo spunto da una iunctura ciceroniana (<<uxorem.. . suspendisse se de ficu>>), i1 poeta narra, con una punta di ironico cinismo, di un pusio che si impic- ca ad un albero di fico, finendo, per questo suo atto sacrilego, nelle fauci di Cerbero e, infine, sub Acharonte cavo: i1 tutto intessuto di sintagmi tolti dal sesto libro del17Eneide virgiliana. Senonché, a complicare in certo modo le cose, viene i1 Bover, che nella sua Biblioteca de escritores baleares, pubblicata nel secolo scor- so, riproduce proprio questo carme attribuendolo a Joan Valero, segretario del Magnanimo ed amico del Valenti; nel manoscritto da cui 10 trae i: narrata la curio- sa storia di uno schiavetto (i1 pusio) di un dieci o dodici anni che nel 1461 <<a 2 dias janér>>, si impicca ad un albero di fico. Disgraziatamente, i1 manoscritto

stessa prima parte del Testamento (ed. cit., p. 109-35 e 143-45), intessuta di richiami a testi clas- sici e, diremmo, imbevuta di moralismo politico classico.

27. I carmi in questione irrobustiscono notevolmente la tradizione poetica del Valenti, dato che sino- ra se ne conoscevano solo due componimenti, uno dei quali, in strofe saffiche, t pubblicato da VILALLONGA, M. Una mostra.. . cit., p. 61, che a sua volta riproduce i1 testo dato da AMADOR de 10s kos , J.A. Historia crítica de la literatura espatiola, cit., p. 402; si tratta di una esercitazione poe- tica, e come tale la considera l'autore presentandola agli arnici napoletani: degetis enim et degus- tabitis morem hunc exercitationum mearum, quibus iam alias, maxime apud vos, decus meum oblectatio mea, uti consuevin (Id., Ibíd., n. 1, con punteggiatura lievemente ritoccata; i1 corsivo t nostro): questo carattere di esercitazione sembra comune anche ai carmi che presentiamo, soprat- tutto il terzo; si noti inoltre l'affermazione esplicita dell'esistenza di altri componimenti del gene- re: alias.. . consueviv: nulla vieta che si riferisca ai nostri carmi.

28. Cfr. Testament, ed. cit., p. 147, in cui dice di voler essere sepolto <<in ecclesia Beati Francisci.. . ad latus corporis uxoris mec,,, con un distico da inscrivere sulla pietra tombale (abbiamo qui, non si sa se qualcuno se n'era accorto, un'altra piéce da aggiungere al corpus poetico valentiniano): eilla que me quondam rapuit seu iunxit in vita / Illa tulit secum teneat servetque sepulcros.

29. I1 iuvenis t Nicolau de Pacs, morto evidentemente in giovane eti, si che non consta tra i membri conosciuti della famosa famiglia maiorchina. Un Huguet de Pacs t menzionato dal Valenti nel suo Parlament (ed. cit., p. 127) come armatore di galere: nella nota ad loc. (p. 135), l'edtore ci dice che i1 personaggio appare nei registri deii' Archivo de la Corona de Aragón, e menziona un figlio suo, che potrebbe essere i1 Pere de Pacs, cavaliere e ufficiale deiia citti di Maiorca, morto nel 1521: cfr. Gran Enciclopbdia Catalana, s.v. D'altra parte un Hug de Pacs figura come proprietario di galere sotto Alfonso in ALB ERT^, Diccionari biograjic, Barcelona (1969), s.v.: da cib si pub con- getturare che i1 nostro Nicolau fosse figlio di questi.

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-<<unos apuntes que aunque breves son muy curiosos>>, <<de letra de Valero>>- appartenne, sempre secondo i1 Bover, a un tal signor Capdebou, amico suo, e natu- ralmente se ne b persa traccia: data la vicinanza tra i due autori che poteva indu- rre in errore, in mancanza del documento citato dall'erudito maiorchino (affaticato peraltro, nel comporre la sua Biblioteca da una massa di documenti opprimente), e, soprattutto, in presenza del testimonio napoletano che 10 attribuisce esplicitamente al Valenti, propendiamo per l'attribuzione a quest'ultimo, pur tenendo in conto, a titolo di curiositl erudita, l'episodio dello schiavetto30. Un'analisi delle fonti e della lingua mostra senza dubbio una maggiore perizia stilistica di Valenti ris- petto a Colomines, benché anche i1 suo dettato non vada esente da irregolarith metriche ed espressioni involute o non corrispondenti all'uso classico. Cosi, in IV, 2, per es. (<<et mea tam fessa pensaque ferre manu>>), i1 -que enclitico di pen- saque appare cornrne un'evidente zeppa metrica ad integrare la seconda breve del dattilo inziale del secondo pentarnentro, a meno di considerar10 un (rarissimo) -que epesegetico, intendendo meu come neutro sostantivato: <<e trascinare con mano cosi stanca le mie cose [meu] cio2 i miei pesi [pensa]>>. Del pari, al v. 6 dello stesso componimento, i -que di patrisque e retroque si configurano anch'essi come zeppe, costruendo un verso obiettivamente poc0 perspicuo. Al v. seguente (<<sic nate sic rebar funera nostra sequi>>), se non si vuol attribuire al poeta i1 grossola- no errore di abbreviare irrazionalmente la a lunga di nate (che peraltro usa corret- tamente poc0 dopo, al v. 10), bisognerh sopprimere i1 secondo sic e considerare la e del vocativo allungata in arsi: b una proposta che ci limitiamo a segnalare in apparato. Al v. 13, la i di Nicolaus appare abbreviata irrazionalmente. I1 quinto componimento, que110 del pusio, b forse i1 pih corretto, nella sua semplice ma mossa articolazione, basata sul racconto del fatto nei vv. 1-6, per poi lasciare la parola direttamente al giovinetto, vv. 7-10, col passaggio dalla terza alla prima persona. Dal punto di vista metrico, si segnala l'allungamento in arsi, estrema- mente rozzo, di sub, e i1 cavito corrispondente a caveto con correptio iambica della e, entrambi al v. 1031.

L'interesse di questo microcosmo di relazioni italo-maiorchine ci induce a discor- rere brevemente di altre due carmi del codice napoletano dedicati al Malferit, uno del Filelfo e l'altro del Porcellio, quest'ultimo inedito e che aggiungiamo, senza pretesa di edizione critica, ai versus auctoris in appendice.

30. Cfr. BOVER, J.M. (1968). Biblioteca de escritores baleares, 11. Palma, p. 478; non conoscendo ancora la testimonianza del codice napoletano, M. Vilallonga ha recentemente riprodotto i1 carme nella sua Mostra, cit., p. 20, attribuendolo al Valero.

31. Va avvertito infine che di &guito ai tre carmi ne compare un quarto (c. 157v), due distici mora- leggianti chiusi da una sententia proverbiale, sotto i1 titolo versus auctoris: I'assenza del nome deu' auctor ci induce alla rnisura prudenziaie di pubblicare i versi in appendice, anche se nel mede- simo codice, a c. 144v, si d i un caso anaiogo: prima del rkhog dell'Ermaphroditus del Panormita, i versi del poeta a Guarino vanno sotto i1 titolo di versus auctoris ad Guarinum e la risposta di Guarino versus Guarini ad auctorem, riferendosi evidentemente all'auctor dei testi che precedo- no (in questo caso i1 Panormita). Lo stile nel complesso, d'altra parte, non pare discostarsi da quel- 10 degli altri carmi di Ferrin (per inciso, si noti al v. 2 I'uso rar0 di omne in luogo del regolare omnia).

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Le relazioni di fil elf^^^ con Malferit erano note: possediamo una lettera dell'umanista ad Alfonso i1 Magnanimo, datata 8 ottobre 1456 e messa per l'ap- punto nelle mani di Malferit di ritorno da una missione diplomatica a M i l a n ~ ~ ~ , oltre naturalmente all'elegia a lui dedicata, facente parte del primo libro del de iocis et seriis, e pubblicata dal Flamini alla fine del secolo s c ~ r s o ~ ~ . I1 testo filel- fiano si rivolge a Malferit per parlare in tono scherzoso dell'amore del re per Lucrezia d'Alagno, la giovane amante degli ultimi anni di Alfonso, accennan- do al tempo stesso ai progetti di liberazione di Costantinopoli dai Turchi, per concludere, senza grande coerenza, con una serie di maldicenze all'indirizzo di Pier Candido Decembrio, nemico di Filelfo e in que1 momento al servizio di Alfonso a Napoli.

Malferit e Filelfo si saranno conosciuti in occasione del viaggio a Napoli del Filelfo per dedicare ad Alfonso i1 primo libro delle sue Satire nel 145335, o anche in occasione di uno dei viaggi diplomatici del consigliere di Alfonso a Milano. Non ci sembra azzardato ipotizzare che l'elegia in questione si possa far risalire proprio a quest'anno 1456, in occasione dell'inconiro milanese dei due, quando Filelfo, come abbiamo visto, afida a Malferit un'epistola per il re aragonese. Diversi elementi interni al testo ce 10 suggeriscono: innanzitutto, l'accenno nel testo a Leucus-Pier Candido Decembrio come dimorante a Napoli e cacciato da Milano, ci riporta agli anni posteriori al 145 1, quando questi fu costretto ad abbandonare la citti lombarda e cerc6 la protezione del Magnanimo a Nap01i~~; in secondo

32. La bibliografia sull'umanista tolentinate, la cui vita abbraccia quasi I'intero arco del secolo, 2 ovviamente molto ricca; non t certo questo i1 luogo per darne conto analiticamente: ci litiamo a segnalare, oltre ai testi che verremo citando di &guito, I'importante contributo fomito dal volu- me Francesco Filelfo nel quinto centenari0 della morte, aAtti del XVIi Convegno di studi mace- ratesiw (Tolentino, 27-30 settembre 1981), Padova (1986).

33. Cfr. SORIA, LOS humanistas, cit., p. 142-44; la lettera inizia: ccum Mattheus Malferitus tuus ad hunc principem legatus ad te rediret.. .D.

34. Nel nostro codice figura alle CC. 152v-153r. FLAMIN, G. Da codici landiani di Francesco e Giovan Mario Filelfo, in ~Giomale Storico della Letteratura Italiana>>, XVIII (1891), p. 320-35 (testo alle p. 333-34), la trae dai cod. Landiano CXXXI della Biblioteca Comunale di Piacenza e presenta, stando alla trascrizione dell'editore, lievi varianti rispeno ai cod. napoletano. J.C. Rovira, nel suo Humanistas, cit., p. 162, cita, tra gli esempi di poesia latina in lode di Lucrezia d'Alagno, i vv. 11- 18 del componimento, con una traduzione non priva di fraintendimenti e una lettura errata (v. 12: regale per regalis) che gli sari provenuta dai Croce, da cui trae i1 testo (cfr. CROCE, B. L'amorosa storia di madama Lucrezia in una inedita cronica quattrocentesca, in Aneddoti di varia letteratu- ra, Bari 1953=, p. 206-212).

35. Cfr. solo ROSSI, V. (1933). I1 Quattrocento. Milano, p. 268. il codice di dedicat I'attuale ms. 398 della Biblioteca Universitaria di Valencia.

36. Ci riferiamo ai vv. 49ss., in cui maiignamente come suo costume i1 Filelfo si domanda come possa un uomo della statura di Aifonso aver caro un nebulo come Pier Candido (sempre chiamato Leucus), per poi accennare ai suoi tentativi di ritomare a Milano (vv. 63-65); Decembrio stesso era in rela- zione con personaggi del mondo iberico: t nota la sua dedica deiia versione dei primi cinque libri dell'lliade a Juan Ii di Castiglia tramite Alonso di Cartagena, e basta del resto un'occhiata all'lter Italicum del Kristeller per rendersi conto della diffusione della sua opera nella Penisola Iberica; l'umanista lombardo soggiomb alla corte di Napoli tra 1451 e '52 e poi dal '55 (cfr. SORIA, Los humanistas, cit., p. 68-70); per l'identificazione con Leucus, del resto notissima (Filelfo 10 attac- ca svariate volte sono questo nome, per es. in Sat. VIi, 5; Vm, 3; X, 2), cfr. ROSSI, I1 Quattrocento,

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luogo, i1 componimento fa riferimento al progetto alfonsino di 'crociata' per ri- scattare Costantinopoli, dando per avvenuta la presa della citth da parte del Turco, ed 2 quindi posteriore al 145337; in ultimo, anche se meno probante, al v. 19 com- pare un riferimento all'inizio della stagione invernale (<ren adventat hiems,,) che ben si accorda con la data della lettera ad Alfonso, scritta ai primi di ottobre. A quell'autunno del 1456 si potrh dunque, a nostro avviso, datare l'elegia filelfiana diretta al Malferit.

Ultimo in ordine di apparizione nel nostro codice napoletano, non poteva man- care un carme del multiforme e onnipresente porcelli^^^. I1 componimento 2 una richiesta di <<raccomandazione>> presso Alfonso, secondo le pic tipiche abitudini del Porcellio, riscontrabili in decine di carmi analoghi. Si rivolge a Malferit in procinto di partire, per augurargli un viaggio sereno e sicuro. Di qui prende spun- to per venire al sodo: la richiesta di un beneficio del re: <<me non parva mercede et munere divi / donatum Alfonsi regia signa probent>> (vv. 19-20), tramite i1 Malferit e i due potenti segretari Olzina e Martorell -cauxiliantibus illis,, (v. 23)39. Anche una semplice lettura superficiale mostra la diversa perizia stilistica del con- sumato umanista italiano rispetta ai due 'colleghi' maiorchini, riflesso del pih generale dislivello culturalle che, quanto a conoscenza del mondo classico, oppo- neva 1'Italia al resto dei paesi europei. Ne sono prova la ricchezza delle 'tessere' classiche, la raffinatezzai di alcuni stilemi (per es., cccerulea equatos evehat unda sinus / reddite dirnidium cordis pia nurnina nostri,,, vv. 10-1 I), la stessa fluidith del dettato. Non 2 facile, infine, identificare le circostanze di composizione del testo. Porcellio pot6 conoscere Malferit (col quale mostra una certa intimith, chiaman-

cit., p. 41; DAVIES, M.C. in cdtalia Medievale e Umanistica)>, 30 (1987); FERA, V. Itinerarifilolo- gici di Francesco Filelfo, in Francesco Filelfo nel quinto centenario, cit., p. 121 n.

37. Cfr. vv. 23ss.: aAugustumque fretum quod fluctibus obmit Helen / Uitor classe petat, signa secun- da gerens / Cumque Propontiacas volitans superaverit undas / Irmat ultrici menia celsa manu / Obterat et Turchos et captas vendicet arces.. .>>.

38. Come nel caso di Fileifo, non possiamo dilungarci in una rassegna bibliograñca esauriente; diver- samente dal caso di Fileifo (ci si perdoni l'irriverenza), lamentiamo perb di non possedere un volu- me recente sul Porcellio, i1 che, sia detto per inciso, i: un peccato, data la mole di relazioni, contatti, luoghi di soggiomo, che i1 Porcellio accumulb nel corso della sua lunga esistenza (dai primi del secolo al 1485 circa), che ne fanno, con la sua presenza in una quantita impressionante di codici, una vera e propria miniera di informazioni sul mondo culturale deii'epoca. Ci limitiamo comunque a segnalare la rara (e pessima), unica monografia d'insieme sul poeta napoletano: FRI~TELLI, U. Giannantonio de' Pandoni deno ((i1 Porcelliox, Fienze 1900, insieme con 10 studio di MARLETTA, F. Per la biografia di Porcellio de' Pandoni, in <<La Rinascitaa, Ei, 16 (1940), p. 842-81, che anicchisce e in parte modifica le notizie del Frittelli, ma si arresta al 1449. Tra le non molte edizioni di opere dell'umanista, si segnala, per i nostri interessi, quella del poema Triumphus Alphonsi regis devic- tu Neapoli (1443 ca.), a cura di V. Nociti, I1 Trionfo di Alfonso I &dragona, cantato da Porcellio, Rossano 1893.

39. Nel carme li traveste classicamente cia Micenas e Pollio: per I'identificazione del primo con llOlzina, cfr. J. Solis de 10s Santos, Sátiras de Francesco Filelfo, Sevilla 1989, p.; Pollio i: invece Francesc Martorell, secondo l'appellativo postogli dal Porcellio stesso: cfr. Marletta, Per la biografia, cit., p. 866 n. Sull'Olzina, cfr. J. Ruiz i Calonja, Valor literari0 de 10s preámbulos de la cancillería real catalano-aragonesa, in aBoletin de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelonan, XXVI (1954-56), p. 205-34; su Martorell, M. de Riquer, Prólogo al Tirant 10 Blanc, Barcelona 1949.

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dolo <<dimidium.. . cordis nostrin, v. 11, con preziosismo oraziano) quando incontrb Alfonso durante la guerra nelle Marche, nel 1443; 10 reincontrb nel '47 a Siena, dove Malferit era di passaggio, recandosi al congresso di Ferrara40: in entrambi i casi egli aspirava ad entrare al semizio di Alfonso, e quindi avremmo i1 'moven- te' del carme. Naturalmente ebbe modo di frequentare i1 dotto maiorchino a Napoli, nel periodo 1449-52, quando vi dimorb41, ma escluderemmo questa circostanza, trattandosi qui di una richiesta di 'assunzione' che mal si comprenderebbe in un momento in cui i1 poeta gih gode del beneficio reale42. Ma nel 1456, l'anno in cui, come abbiarno visto, i1 Filelfo incontrava Mateu Malferit e con ogni probabilith gli dedicava i1 suo carme, anche i1 Porcellio era a Milano, ospite proprio del Filelfo, e desideroso di trovare sistemazione presso qualche p ~ t e n t e ~ ~ . Orbene, a parte i1 fatto che i1 tono generale del componimento presuppone un desiderio (que110 dei beneficia di Alfonso) sino a quel momento frustrato, i versi 16-18 ci possono offri- re uno spiraglio: rivolgendosi a Malferit che ritorna a Napoli, i1 poeta dice: <c.. .et quae fers prelia greca legat / Hic rex ille sacer noscat sua gloria quanta est / si vitam et mores et sua gesta canarn>>: quali saranno i bella greca che porta con sé i1 segretario del re, perché questi, leggendoli, misuri quanto grande serh la sua gloria se Porcellio la canta? E lecito supporre che si tratti di un'opera che i1 Porcellio andava rivedendo proprio in quel tomo d'anni, i1 De bel10 Thebanorum cum Telebois, un poemetto eroico di 139 esametri che tratta della guerra del re di Tebe Amfitrione contro Ptelera re dei Teleboi, e che i1 Porcellio aveva gih prima del 1450 (invano) tentato di utilizzare per accreditarsi presso Lionello d'Este, e poi, proprio nel '56, presso 10 S f ~ r z a ~ ~ . Non i: assurdo allora fantasticare che, in quell'autunno del '56, Filelfo e Porcellio abbiano messo nelle mani del legato del re una missiva, un poema e due carmi, ciascuno con un fine e una speranza diver- si. A Porcellio non gli andb bene neanche questa volta: a Napoli tornerh solo nel '65, chiamatovi ad insegnare nel rinnovato Studio dal grande figlio di Alfonso, F e ~ ~ a n t e ~ ~ .

I carmi che qui si pubblicano sono contenuti nel cod. IV F 19 della Biblioteca Nazionale di Napoli (=N), cart., sec. XV, cm. 20 x 28,6, CC. I11 + 167 + I', numerazione recente in basso, scrittura umanistica di una sola mano, salvo le CC. 166r e 167r in cui compaiono quattro brevi carmi scritti da due mani corsive posteriori; margini ampi con frequenti anno- tazioni di altra mano umanistica, soprattutto nella prima parte del codice. Iniziali dei carmi

40. ~ E b b e modo [Porcellio] di conoscere alcuni dei segretari regi, uomini non privi di cultura uma- nistica, che ben sapevano giudicare un epigramma: Matteo Malferit0 e Francesc0 Martorello, al quale dari l'epiteto di Pollione>>: Marletta, Per la biogra$a, p. 866 e 869.

41. Cfr. F R I ~ L L I , Giannantonio de 'Pandoni, cit., p. 39. 42. E neanche disprezzabile, ascendendo la pensione annua a trecento ducati ~ a d vitam suam,): cfr.

PERCOPO, E. Nuovi documenti, in <<Archivio storico per le province napoletane,,, XX (1895), p. 318 e 323-25 (t. i1 documento di conferimento del beneficio).

43. Cfr. FRI~ELLI, Giannantonio d2 Pandoni, cit., p. 55; su tutto i1 soggiorno rnilanese, G A B ~ , F. I1 Porcellio a Milano, Verona (1890).

44. Ibíd., p. 56 e 93-103. 45. Cfr. De FREDE, C. (1960). I lettori di umanita nello Studio di Napoli durante i1 Rinascimento.

Napoli, p. 58-59.

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maiuscole, legatura coeva in pergamena. A c. 165v la subscriptio c<Antonii Seripandi et amicorum,,.

I nostri componimenti si trovano alle CC. 14%: ctMagister P. Colomines cecus,,; 151v: aMagister Petrus Lucianus Columines [sic] ad V. clar(issimum) Mat. Mal.),; 157r: ctFerdinandus Valentinus,,, ddem Ferdinandus Valentinus,,, ctIdem Ferdinandus Valentinus,,; 157v: ccversus auctoris,,; 163v: ctPorcellius vates ad Malferitum~.

Data la rilevanza del codice e la scarsitii ed incompletezza della bibliografia, forniamo qui un regesto completo del suo contenuto: c. IIIr: 7 versi anonimi de fortuna et vitapoetae; c. lr: <<Catuili poete Veronensis <liben [aggiunto da altra mano] foeiiciter incipit <ad Comeiium nepotem> [di altra mano]; c. 34r: <<Finis Catulli Veronensis poete clarissimi,,; c. 34v: Gallesius vates lamentatur de scabie, inc.: c<Ulterius patiar divas bona iuppiter iras),; c. 3%: In iudicem pomposum et scelestum. Idem Gallesius, inc.: <<Retice vel leno potius vel in utile corpus,,; pictura pulchri pueri ad Petrum Sy. recanatensem, inc.: <<Qui multa virtute micas qui sanguine claro es>>; c. 36v: Gallesius preceptor in Eustachium grarnmaticum maledicum, inc.: c<Audite o iuvenes Parnasi templa colentes,; Idem vates egregius in principem, inc.: <<Est regere ars magna, magnus conducere ad castra,,, zkhos; c. 37r: Albi Tibulli equitis Romanipoete illus- tris / Elegiarum liber primus ad Messallam 1 Corvinum Foeliciter incipit; c. 6%: Epitaphion Tibullipoete, inc.: <<Te quaque Virgilio comitem non aequa Tibulle,,, tkhws; Summa vitae et rerum Tibulli breviter edita; c. 66r/v: bianca; c. 67r: Propertii Aurelii nautae Monobiblos / incipit foeliciter; c. 125r: Propertii Aurelii Nautae Monobiblos / Opusfinit foeliciter, tbhos; c. 1 2 5 : bianca; c. 126r: Saphos vatis egregie pelasgide mitillen epistola / adphaonem sici- lensem amatorem suum incipit, inc.: c<Nunquid ubi aspecta est studiose littera dextre~; c. 129r: Petri Grassi Siculi ad Bartholam senensam Nympham, inc.: <<Gesta ducum celebrent alii regumque triumphos,,; c. 130r: Hermaphroditi libellus Primus incipit ad Coslrnurn Florentinum ex illustri progenie Meldicorum virum clarissimum qui spreto vulgo / libellum equo animo legat quamvis lascivum / et secum una priscos viros immittetur; c. 144v: Versus auctoris ad Guarinum, inc.: c<Quantum romulide sanctum videre Catonem,,; Versus Guarini ad auctorem, inc.: ccMusarum decus Anthoni per secula salve,,, zkhws; Angeline oculis dedit aurea tela Cupido (Bertalot, 202)46; Antonius Panormita, inc.: <<Si qua Panormigene luti tibi cura poetae est>> (Bertalot, 5774); c. 14%: Epitaphium Baptiste studentis iuvenis, inc.: ctHic lapis esculeos cineres et membra cohercet,; Antonii Panormite creduntur, inc.: <<Illa ego partenope bel10 vexata tot annosu (Bertalot, 2582); Quare gesta senatus ac bella scribere nolit, inc.: cdcilicet Etrurii sint inclita gesta senatus, (2 l'elegia a Pietro de Luna del Panormita); c. 145r: Antonii Panhormitae elegia ad Lamolam, inc.: c<Desine me placida ver- bis abducere terra,, (Bertalot, 1135); c. 147r: Oda mater Francisci Pontani ad Panhormitam, inc.: <<Panormi nitidum sydus et inclitum,,; c. 147v: Francisci Pontani conquestus apud Antonium / Panormitam de largisiss [sic] cereris et bacchi mumeribus ac 1 Veneris spurciis, inc.: c<Cogere sarcinulas opicos expelie latebris,, (Bertalot, 760, che 10 attribuisce a ctGregorius Corrarius Venetus ad Victorinum Feltrensem),); c. 150r: Antonio Panormite centona, et est responlsio ad Satyram Magistri Francisci, inc.: <<Quin age venales malis Francisce pena- tes), (Bertalot, 5070); c. 151v: Antonius Panormita, inc.: <<Tanta tua est probitas quanta est prestantia forme,, (in realti Marziale, VEi 46: i1 carme 2 ripetuto, questa volta con l'indi- cazione c<Istud Marcialis,, a c. 164v); Idem Antonius Panormita, inc.: c<Quom tibi non pos- sit numos dat carrnina vates,,; c. 152r: Franciscus Philelphus ad thomam tebaldum equitem, inc.: <<Qui famam finxere d e m temploque locarunt,,; c. 152v: Idem ad Matheum Mal., inc.:

46. Cfr. von BERTALOT, L. (1985). Initia humanistica latina, Band I, Poesie. Tübingen: da ora segna- lato nel testo con i1 numero dell'incipit, senza ulteriore rimando.

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ccscire velim Matthae [sic] quibus nunc militat armis,,; c. 153v: Cervus Donatus summo pontzjiciprofrancisco defiano, inc.: <<Silva viret medio multis densissima campo,, (Bertalot, 5947); c. 154v: Ad terram miser et.. ., inc.: ctIamque adeo super imus eram cum lumina veste,; c. 15%: Idem ad Messanam, inc.: ctAnte superficiebus fundi spectabitur ethne,,; Idem loquitur de morte et queritur, inc.: <<Si mea cum lachrymis differri funera possentr (i: l'e- pitaffio di Cristoforo Lampugnani scritto da P.C. Decembrio: Bertalot, 5709); Collutius de signano ad Iohannem bocatium, inc.: cdnclite cur vates humili sermone locutus,> (Coluccio Salutati al Boccaccio: Bertalot, 2716); c. 155v: Franciscus Petrarcha Florentinus ad bea- tam 1 Mariam Magdalenam, inc.: ctDulcis amica dei lachrymis inflectere nostrisr; c. 156r: Alia oratio Christo dedicata, inc.: ctAltipotens rector verbo qui cuncta creasti,,; De quodam clerico et uxore militis cuiusdam, inc.: <<Multis uxorem clamidis mercede subegit,,; Versus cuiusdam ad elegiam nympham, c. 156v: inc.: c<Hei mihi ne superi si in te mala forte roga- rim,,; Oratio magistri.. . a d alfonsum regem, inc.: <<En te Alfonse vocant regem dominum- que tuentem,; c. 157v: Incipit Lactantius dephenice et foeliciter, inc.: <<Est locus in primo foelix oriente remotus,,; c. 160r: ~ b h o s ; Cecilii Cypriani De ligno crucis versus, inc.: <<Est locus ex omni medius quem credimus orbe,,; c. 161r: Gregorius Tifernius inquit, inc.: ctHic meliore lyre maiore hic carmine c l i o ~ (Bertalot, 2243: c<Hymnum in Trinitatem,,); c. 163r: Gregorius Tifernius, inc.: <<Mors tua sit quanquam multis deflenda camille,, (ctEpitaphium Camilli,,: Bertalot, 3410); Idem Gregorius Tifernius, inc.: <<Ducis apud superos foelicem didace vitarn,, (ctEpitaphium Didaci mathematicix Bertalot, 1307); 164r: Antonius Panormita conjugi, inc.: <<Parce tuam coniunx fletu quassare iuventa [sic], (Bertalot, 4139, dove figu- ra anonimo); Idem Antonius Panormita, inc.: <<Si pensare animas sinerent crudelia f a t a ~ (Bertalot, 5753, dove pure figura anonimo: in realth CIL 12652); Idem Antonius Panormita pro homonea super dicta, inc.: <<Tu qui secura procedis mente parunper,, (Bertalot, 6403, che amota: doh . Boccaccii verba puellae sepultae ad transeuntem et transeuntis ad sepultam,,: in realth Anth. Lat. LI, n. 995); Idem Antonius Panhormita, inc.: c<Hic tyramnea iacet vatis medicique voluptas,, (Bertalot, 2320: ccEpitaphium Tirineae,,); c. 164v: Idem Antonius Panormita (corretto in mg. da altra mano: ctIstud Marcialis,,: cfr. supra p. 93, sullo stesso carme a c. 151v); Lucius de sapho lesbia, inc.: ctTantum ego carminibus superavi sapho puellas,, (Bertalot, 6212, che 10 rivela come di Anth. Pal. VII, 15); Hylas pratensis, inc.: <<Musa mihi vocem dederat cyllenius artem,, (Bertalot, 3454: ctEpitaphium Henr. Hylae Pratensis a se ipso conditum,,); Publius Vergerius, inc.: ((Vivat ut aetemum vitae iam numi- ne functus~; c. 165 : Antonius luscuspro carolo, inc.: ((Natus in exemplis cunctis mortali- bus enim [sic],, (Bertalot, 3500, con la variante unus in luogo di enim); Per Thomam Strozam, inc.: c<Hic iacet tener endimion vates tuus alme cupido,,; Versus auctoris, inc.: c<Dumque puellarem ludum dum littore fratres,,; Ariminius, inc.: ctFunere non equo puer mimaturus obivi,, (Bertalot, 1905); c. 165v: Antonius Panormita, inc.: <<Siste gradum queso sine te tenet imbra tenacem,,; Mallii severini boetii uxoris epitaphium, inc.: ccHelpes dicta fui sicule regionis alumna,. Subscriptio: c<Antonii Seripandi et amicorum>>. Le CC. 166r e 167r (i1 verso di entrambe i: bianco) erano forse gli antichi fogli di guardia, su cui posteriormente furono aggiunti cia altra mano corsiva quattro carmi, identici sui due fogli: inc.: ctspirat ab occa- su zefirus venit ab occasu eurus,; Yehsus Maria, inc.: aInde carens pluviis aquilo carens- que pruinis,; Porcellius de homine nano, inc.: <<Aspice quale virum servit genus ille deorum rex,; Idem, inc.: <<Quando adversa dee mens est tunc sancta precarnur,,. A c. 166r figura, infine, anche un componimento volgare: inc.: c<Vergine bella che di solo vestito,,.

I1 codice i: in parte descritto da D. Coppini, Introduzione a Antonii Panhormitae Hermaphroditus, I, Roma 1990, p. XXVIII-XXM, che f a conto anche di alcune errate attri- buzioni o confusioni di versi del Panormita cui abbiamo fatto riferimento, e fomisce la scar- sa bibliografia esistente.

Briciole poetiche tra Napoli e Maiorca Faventia 1911, 1997 103

Quanto alla nostra edizione, abbiamo seguito i criteri prevalentemente vigenti nell'edi- zione di testi umanistici italiani: abbiamo pertanto rispettato integralrnente le grafie del codi- ce, limitandoci a regolarizzare le maiuscole e la punteggiatura. L'ordine dei componimenti segue naturalmente que110 del codice segnalando a margine i1 cambio di carta; per facilita- re la lettura degli apparati segnamo i cinque componimenti di Colomines e Valentí (non quelli in appendice) con un numero romano progressivo tra parentesi quadre; quanto ai carmi editi in appendice, abbiamo gih esposto supra le ragioni del l 'edi~ione~~; qui aggiun- giamo che i1 testo del Porcellio compare in almeno altre due mss.: Berlin, Staatsbibliothek 4" 390, c. 30v; Firenze, Biblioteca Nazionale, Conv. Soppr. J IX 10, CC. 146v-147 (Bertalot, n. 3181). La collazione con quest'ultimo codice, che chiarnaremo F e compare nell'appa- rato critico, ha permesso di sanare alcuni errori piuttosto insidiosi presenti nel codice napo- letano (in particolare potes per potis es, v. 5; regis per memor, v. 15), oltre a documentare la presenza di varianti adiafore che potrebbero risalire all'autore stesso, come B prassi nel Porcellio (per es., deo per diis, v. 2; ut timidos [sic: forse tumidos] per equatos, v. 10; et per ut, v. 13)48.

Segnaiiamo, infine, nell'apposito apparato critico le nostre poche emendazioni e le auto- correzioni del10 scriba, chiamando Na 10 strato d'impianto ed Nb l'attivith della seconda mano; un secondo apparato segnala i fontes pia notevoli.

Testi

[I] Magister P. Colomines cecus

Maiorem medium dat primus sive minorem Duplum florenum numum subiunge secundo Bos edus vervex tertio sub limite sistunt Perdices passeres aquilam vult quinque tenere Ferrum vult aurum cuprum senarius esse Dux et regina rex dicunt cannina septem.

[I] Maestro P. Colomines cieco

I1 primo dh i1 maggiore i1 mediano o i1 minore Aggiungi al secondo una moneta da due fiorini I1 bove, i1 capretto, i1 castrato si fermano davanti alla terza soglia Il cinque vuol tenere pernici, passen e un' aquila Il sei vuol esser ferro, oro e rame. I1 duca la regina e i1 re dicono sette canni.

I, 3. vervex: vervex vervex N post sublimite, secundo ser. Na exp. Nb. 5. aurum: thaurum N.

47. V. p. 89 e n. 21. 48. Una recensio sommaria, in particolare tra i codici vaticani del Porcellio, ha dato esito negativo.

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[11] Magister Petrus Lucianus Columines ad virum clarissimum Mateum Malferitum

Esse tuus cupio meriti si iura subessent, Doctor magnifice, fama super ethera fulgens. O utinam tantis mea sisteret ampla facultas Nulla tibi famulus poscens ut esse valerem! Es quia sed foelix et te fortuna beavit, Exigui pauper mercedem posco laboris. In Domino valeas totis ex viribus opto: Te regat et donis cumulans det plurima dona.

[11] Maestro Petrus Lucianus Columines all'illustrissimo Mateu Malferit

Se di un merito vi fosse giusta ricompensa, vorrei esser tuo, O dottore magnifico, fulgente di fama nel cielo. Oh se le mie facolth fossero talmente grandi Da poter esser tuo servo senza nulla chiederti! Ma poiché sei felice e la fortuna ti ha gratificato, Povero, ti chiedo i1 compenso di piccola fatica. Stai in pace nel Signore, 10 desidero con tutte le forze: Egli ti diriga, e colmandoti di doni, te ne dia sempre pih.

[III] Ferdinandus Valentinus

Si mea te coniunx misissent fata manere, Pensassem pro te liber et absque metu. At nunc quod possum faciam luctumque perennem Fundam. dum vitae cursus id esse sinet.

11, Tit.: ad Mat Mal N. 6. mercedem: mercedam N.

II,2. VERG. aen. 1, 379: afama super aethera notus,,. 3. ampla facultas: VENANT. FORT. carrn., 4,26. 5. te-beavit: cf. VITAL. BLES. Aulularia 467 [ed- COHEN, 1, p. 74-1041: *ut tibi referam quam me Fortuna beavib. 6. mercedem-laboris: cf. LUCAN., 5, 31: <<vestri ... mercede laboris,,; exigui ... laboris: cf. HADO- ARDI PRESB. carrn., XXXVI (de sancto Gregorio), 12: aexiguum quod cernis opuss (et sic saepe in poetibus rnediae aetatis). 7. totis ex viribus: cf. ORIENT. Commonitorium 1, 37 [ed. R. ELLIS, Poetae chrisitani minores, CSEL 161: (<viribus et totis totis et nitere votis,. 8. cumulans-dona: cf. RADEW. Theojilus 54 [ed. MEYER, Radewins Gedicht.. ., Berlin 1905, p. 59-1351: <<accumulata tibi plurima dona dedit>>.

111, 3. luctum: luctu N.

111, 1. fata-manere: cf.: VERG. aen., 2, 194. 3-4. quod-fundam: cf. OV. Fast., 472: <<quad potuit lacrimas manibus ille dedit,; Carm. Lat. Epigr., 270,2: <et tibi quod potui lacrimas hic mesta profuditn.

Briciole poetiche tra Napoli e Maiorca Faventia 1911, 1997 105

[111] Ferran Valentí

Se i fati, moglie mia, avessero voluto che tu restassi qui Avrei pagato per te volentieri e senza timore. Ora invece farb que1 che posso, lutto perenne Spargerb, sinché 10 vorrA i1 corso della vita.

[IV] Idem Ferdinandus Valentinus

Quid, Fortuna, meos conaris ludere sensus Et mea tam fessa pensaque ferre manu? Ah pudeat genito matrem superesse perempto, Non quod noluerit impia parca sequi. Cur mea nulla dolor dirmmpunt viscera morsque Et promptum metuunt sumere pectus humo? Ut quondam funus patrisque retroque profectus, Sic, nate, sic rebar funera nostra sequi. At nunc ipsa quidem desertaque solaque mansi, Iam pergam tumulum claudere nate tuum. Nunc lege funestum carmen, nunc percipe lector: Agnosces iuvenem qui tumulatur humo. Is Nicolaus erat de Pachs cognomine gentis: Verax et mitis conditur hoc tumulo.

[IV] Ancora Ferran Valentí

Perché o fortuna ti sforzi di ingannare i miei sensi E con mano cosi stanca trascinare i1 peso dei miei giomi? Sia tormento per la madre sopravvivere al figlio estinto, Non perché l'empia parca non abbia voluto raggiungerla. Perché i1 dolore e la morte non squassano le mie viscere, Ed esitano ad inghiottire nella terra i1 mio cuore, che t pronto? Come un giomo i1 funerale del padre e la sua dipartita, Cosi, figlio, cos1 credevo avresti seguito i1 mio funerale. Ora invece sono rimasta sola e abbandonata, Mi appresto ormai a chiudere, figlio, i1 tuo sepolcro. Ora leggi, lettore, i1 carme funesto, ora osserva: Riconoscerai i1 giovinetto che t sepolto nella terra.

IV, 3. superesse: superasse N. 6. sumere: summere N. 8. nate sic: fortasse sic expungendum est.

IV, 1. fortuna ... ludere: cf. STAT. Theb., 12, 35: <fortuna lusitn. 2. fessa ... manu: cf. VAL. FLACC, 3,552. 6. sumere-humo: cf. OV. Trist., 1,2,54: sponere corpus humo),. 9. solaque mansi: cf. PROP., 2,9,20: <<sola maneren. 10. tumulum claudere: cf. OV. Met., 15,389: <<clauso.. . sepulcron. 14. conditur hoc tumulo: AUSON. Carm. 6,5, 1; Car. Lat. Epigr., 1413,2 (et sic aliquando); BALD. BURG. Carm. 87,2 [ed. ABRAHAMS, Paris 19261.

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Egli era Nicolb, cognominato dalla stirpe dei Pacs: Sincero e mite, 2 coperto da questo sepolcro.

[VI Idem Ferdinandus Valentinus

Pusio suspendit laqueo se verna scitarum Arbore sub ficu: maxime mortis erat. Inseruit Pluto, sed mox plantavit Herinis, Servat earn mendax sordidus ipse Charon, Cerberus hic horrens ingenti mole trifauci Presidet et semper nec saciatus abest: cKorripuit subito miserum sua guttura pandens Me pressit tetra turbine mersit aqua. Nec mihi nunc requiem celebret nec sacra sacerdos, Cum iaceam, cavito, sub Acharonte cavo,.

[VI Ancora Ferran Valentí

Un giovinetto, schiavo scita, si appese alla corda Sotto un albero di fico: era proprio que110 della morte. Plutone 10 aveva innestato, ma subito 10 piantb l'Erinni, Lo custodisce que1 sordido mentitore di Caronte; Li Cerbero orrendo, nella sua grande mole trifauce, Comanda sempre, né mai se ne va sazio: c~All'improvviso mi afferrb, infelice, spalancando le fauci Mi strinse immergendomi in un vortice di acqua torbida. Non celebri per me i1 sacerdote "requiem" né messa, Perchi: giaccio, badate, nel profondo Acheronte,).

Appendice

[157v] Versus auctoris

Si quid turpe putas hominem celare laboras, Nec curas summus quod videt omne deus: Mortales oculos in crimine stulte vereris, Nec maiestatis lumina sancta times Que facere turpe est hec nec dicere honestum puta.

V, 1. Pusio-ficu: cf. CIC. de orat., 2,278: caxorem.. . suspendisse se de ficu,. 4. sordidus ... Charon: VERG. aen., 6,299. 5. ingenti ... trifauci (Cerberus): VERG. aen., 6,417. 7. guttura pandens: VERG. aen., 6,421-2: ccille farne rabida tria guttura pandens Corripit obiectam [offarn] . . .s.

Tit.: Versus auctoris: Ferdinandus Valentinus?

5. que-puta: cf. WALTHER, Sprichworter 25791 (= Teil4, p. 450)

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Versi dell'autore

Se credi che una cosa 6 vergognosa, ti sforzi di nasconderlo agli uomini, E non ti preoccupi del fatto che i1 sommo Dio vede ogni cosa: Hai timore, o stolto, nel crimine del10 sguardo mortale, Ma non temi i santi occhi della Maesth. Cid che t? turpe fare, non creder che sia onesto dirlo.

[163v] Porcellius vates ad Malferitum

Malferite paras festis dare vela diebus Cum statuunt aras et pia thura diis Maiores nunquam, nisi sacris rite peractis Aut nisi captassent omina, vela dabant. Desine si potes, dum sunt solemnia, dum sunt Sacra Iovis picea dumque superbit hiems. Sed te si teneant maiora negotia rerum Obtestor faciles in tua vota deos: O vos o zephiri, precor, aspirate secundi, Cerulea equatos evehat unda sinus Reddite dimidium cordis pia numina nostri, lncolumem ac tutum reddite pyerium. At tu cui summa est virtus et vivis amice Quam cicius liceat vela secunda refer, Sed regis primum pedibus committere vatem Sis memor et quae fers prelia greca legat:

Tit.: M. Malfemto doctori et amicorum optimo F. 2. diis N deo F. 4. omina N omnia F. 5. potis es F potes N. 9. O vos N Et vos F. 10. equatos N ut timidos F. 12. Pierium N Pieridum F. 13. At N Et F. 15. regis. .. vatem F memor.. . natem N.

1. festis.. . diebus: VERG. georg. 1,268; dare vela: cf. VERG. aen., 4,546: teventis dare vela* (in eodem loco). 3. sacris-peractis: cf. W., 12,86: aiam sequar et sacro, quod praestat, rite peracto,; OV. Fast., 6,229: <<sacris de iure peractis,; PRIAP., 70,4: asacro.. . peracton (iuncturafiequentior). 4. captassent ornina: cf. SERV. ad VERG. aen., 2, 178 (aomina ni repetanb): <cad captanda m u s augu- ria>>. 9. o vos-secundi: cf. VERG. aen., 3,529: ct[dii maris et terrae]. . . spirate secundin. 10. equatos.. . sinus: cf. VERG. aen., 4,587: c<aequatis.. . velis,; 5, 16: ttobliquatque sinusr. 11. pia numina: cf. VERG. aen., 4,382: ctpia numina possune (in eodem loco). 11-12. cf. HOR. carm., 1,3,7-8: etfinibus Atticis Reddas incolumem precor Et serves animae dimi- dium meaea. 13. vivis amice: cf. CIC. de div., 29: etfamiliarissime amicissimeque viveren. 14. vela secunda: cf. OV. Fast., 3,790: ccvel secunda meo,; Ars., 2,64: ctvela secunda dato,.

108 Faventia 1911, 1997 Guido Maria Cappelli

Hic rex ille sacer noscat sua gloria quanta est Si vitam et mores et sua gesta canam, At me non parva mercede et munere divi Donatum Alfonsi regia signa probent. Id te Micenas id Pollio poscere nobis Polliciti, auxilium subsidiumque ferent; Tandem vel solus sive auxiliantibus illis Effice quod votis perfruar ipse meis.

Porcellio poeta a Malferito

O Malferito, ti prepari a spiegare le vele nei giomi festivi Quando si decretano are e pii sacrifici agli dei: Senza far le cerimonie sacre secondo i riti, Senza aver preso auspici, mai gli avi spiegavan le vele. Lascia perdere, se puoi, finché durano le feste, finché durano I sacri riti di Giove e infuria l'invemo. Ma se ti costringono affari pia importanti, Prego gli dei che siano favorevoli ai tuoi voti: O voi, zefiri, vi prego, spirate propizi, L'onda cerulea trasporti le vele rigonfie, Restituitemi, pii numi, la meta del mio cuore, Restituitemi sano e salvo l'alunno delle Muse. E tu che hai somma virtij e vivi sereno Riporta felicemente le vele i1 pia presto possibile. Ma prima ricordati di affidare i1 vate ai piedi del re E che legga le guerre greche che porti con te: Qui conosca i1 santo re quanto grande & la sua gloria Se potrb cantarne la vita, i costumi, le gesta; E segni regali provino che io del divo Alfonso Ho ricevuto premio non piccolo e doni. Mecenate e Pollione avendo promesso che tu questo chiedessi Per me, porteranno ausilio e sussidio; Alla fine, solo o con i1 loro aiuto, Fa' che io possa realizzare i miei voti.