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Perfetta Bugiarda Brenda Novak Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Questo volume è stato impresso nel settembre 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

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Brenda Novak

Perfetta Bugiarda

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Perfect Liar

Mira Books © 2009 Brenda Novak

Traduzione di Barbara Piccioli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Nuovi Bestsellers Special ottobre 2010

Questo volume è stato impresso nel settembre 2010

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I NUOVI BESTSELLERS SPECIAL ISSN 1124 - 3538

Periodico mensile n. 109S del 2/10/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 369 del 25/6/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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PROLOGO

Base aeronautica di Travis Fairfield, California Domenica, 7 giugno «Siete qui perché?» Con indosso solo un paio di jeans infilati in fretta e furia, il capitano Luke Trussell guardava incredulo l'uomo e la donna, entrambi appartenenti alla sicurezza della base, il cui arrivo lo aveva trascinato giù dal letto. «In risposta a una denuncia presentata dal sergente Kalyna Harter.» Doveva esserci un errore. Lui non viveva neppure lì, dato che aveva prestato il suo appartamento esterno alla base a due cugine in vacanza. Nel frattempo, occupava la casa di un amico, in licen-za con la famiglia. «Contro di me?» Si portò una mano sul petto nudo. Lo sguardo di uno dei funzionari, stando alla targhetta il ser-gente E. Golnick, indugiò sul suo torace. Benché l'interesse fem-minile non fosse il motivo per cui Luke si allenava, restava non-dimeno un benefit accessorio. L'espressione della donna, tuttavia, rivelava più disprezzo che apprezzamento. Luke capì che stava prendendo mentalmente nota della sua muscolatura, pensando che gli sarebbe stato facile avere la meglio su una donna, perfino una come Kalyna, che misurava un metro e settantacinque e come lui si allenava regolarmente con i pesi. «Sì, contro di lei» rispose il sergente Golnick, spostando gli occhi sul suo viso. «La conosce, giusto?»

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«Sicuro. È nella mia squadriglia da quando è stata trasferita qui, tre mesi fa.» Doveva essere stata Kalyna ai dire ai funzionari dove abitava. «Sostiene di essere stata violentata da lei ieri sera, capitano. Dal suo aspetto, si direbbe un'aggressione alquanto brutale.» Un'aggressione brutale? Kalyna era in perfetta forma quando aveva lasciato il suo appartamento, alle tre del mattino... Che ora era, a proposito? Abbassò gli occhi sul polso, poi rammentò che lei gli aveva tolto l'orologio quando aveva cominciato a farle no-tare quanto fosse tardi. Non voleva che lui lasciasse il suo letto. Era questa la sua vendetta, dunque? O qualcun altro le aveva fatto del male... al punto da renderla incoerente? «Si riprenderà?» «Ha riportato qualche brutto livido e delle escoriazioni.» A ri-spondere era stato il sergente P. Jeffer. «Non è certamente in peri-colo di vita, ma ha trascorso le ultime cinque ore al Northbay Medical Center per essere visitata con una diagnosi di stupro.» Luke scosse la testa. «Non ha senso. Se davvero è stata aggre-dita, lo ha fatto qualcun altro.» «La versione del sergente è diversa.» Un accesso di rabbia spazzò via gli ultimi brandelli di sonno. «Dev'essere fuori di sé; probabilmente delira.» «È perfettamente coerente.» «Allora sta mentendo!» Un sopracciglio scattò verso l'alto. «È stato trovato dello sper-ma. Mi sta dicendo che questo non dimostra la sua colpevolez-za?» «Non vedo come potrebbe.» Golnick incrociò le braccia sul petto. «Non ha avuto rapporti sessuali con lei?» Luke si massaggiò il collo. Detestava discutere di questioni tanto personali... soprattutto quando quello che voleva era soprat-tutto dimenticare... ma doveva spiegarsi ed essere franco. In caso contrario, avrebbero potuto esserci altri guai. «Abbiamo fatto ses-so, sì» ammise. «Ma è stato consensuale.» «Significa che eravate entrambi consenzienti.» Luke le scoccò un'occhiata bruciante. «So cosa significa.»

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La donna non batté ciglio. «Il fatto che lei non abbia usato un profilattico sembra indicare il contrario.» «Ma l'ho usato. Non avrei... insomma, non sono così avventa-to.» «In questo caso come spiega la presenza di sperma?» Non era in grado di farlo. Non che gli avvenimenti della notte precedente fossero totalmente immersi nel buio. Ne ricordava, tuttavia, solo qualche dettaglio, e i postumi dell'ubriacatura non lo aiutavano a essere più lucido. «Forse si è rotto...» Da parte sua, non aveva notato niente di insolito, ma era anche vero che aveva bevuto molto più del solito. E una volta che gli effetti dell'alcol avevano cominciato a esaurirsi, si era scoperto ansioso di andar-sene a casa. «Non le ho fatto del male, posso assicurarvelo. Se qualcun altro lo ha fatto me ne dispiace, ma non ho mai colpito né forzato una donna a fare qualcosa contro la sua volontà.» «Continua ad accennare alla possibilità di una terza persona.» «Semplicemente perché non sono stato io.» «Allora cos'è successo, secondo lei? Sta insinuando che il ser-gente è stato raggiunto da qualcun altro dopo che lei se ne era an-dato?» «Dev'essere per forza così. Non sono uno stupratore, e non ero io quello a caccia di avventure, ieri sera. Kalyna è salita sul taxi con me e al conducente ha dato il suo indirizzo. Personalmente, pensavo che ci fossimo già augurati la buonanotte.» «Certi uomini penserebbero che se l'è meritata.» Luke non ebbe difficoltà a cogliere la trappola insita in quelle parole. «Certi uomini, forse, ma non io. La pianti di distorcere tut-to quello che dico. Le sto solo spiegando quello che è successo.» La verità era che Kalyna gli aveva dato la caccia per settimane. Se la trovava davanti ovunque, perfino quando non era alla base. Lu-ke aveva percepito il suo interesse dal momento stesso in cui era-no stati presentati; ricordava ancora il sorriso che gli aveva rivol-to, e come si fosse ostinata a coinvolgerlo in una conversazione. «Secondo il sergente, le ha proposto di andare a casa con lei, che inizialmente ha rifiutato ma in seguito ha ceduto.» Nella voce di Jeffer si era insinuata una nota di dubbio, e Luke ne approfittò.

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«È una menzogna! Non le ho neppure chiesto di ballare. Kaly-na non mi ha mai attratto.» La giudicava troppo mascolina e fin dall'inizio aveva compreso che aspirava ad avere sempre il con-trollo della situazione. L'avrebbe evitata, se solo avesse potuto, ma lei era il suo capo equipaggio, il che significava che era re-sponsabile delle ispezioni pre, durante e post volo e di tutte le e-ventuali riparazioni necessarie. «Se non era attratto dal sergente, perché ha avuto un rapporto sessuale con lei?» Luke non ne aveva avuto la minima intenzione. Era stata lei a chiedergli di ballare e a strofinarglisi addosso mentre sussurrava: «Mi fai sentire così calda... quando mi farai vedere cos'hai dentro i pantaloni, capitano?». Ma perfino allora, non fosse stato per l'al-col, lui non si sarebbe sentito tentato. «A essere sincero, non lo so» ammise ora con un sospiro. Ave-va semplicemente consentito che la promessa nella voce di lei a-vesse la meglio sul buon senso. Si accorse che Golnick stava guardando alle sue spalle, quasi sperando di trovare qualcosa che provasse la sua colpevolezza. «Perché non si veste?» suggerì la donna. «Dovrà venire con noi in ufficio per rilasciare una dichiarazione formale. Abbiamo già av-vertito il suo comandante. Ci raggiungerà là.» Le parole dichiarazione formale suonarono cariche di minaccia alle orecchie di Luke. La faccenda era grave. Dopo la cattiva pubblicità che simili episodi avevano ricevuto in passato, l'eserci-to mostrava tolleranza zero verso i reati di natura sessuale. Un cenno, perfino un sorriso, poteva venire interpretato come mole-stia sessuale e rovinare la reputazione di un uomo, e forse anche la sua carriera. Ma le accuse contro di lui erano di gran lunga più serie. Poco importava che fosse innocente. Sarebbe apparso col-pevole. A chiunque altro, la possibilità che una seconda persona avesse raggiunto Kalyna la notte precedente sarebbe sembrata ri-sibile; loro due erano stati insieme fino alle tre del mattino. Oltre a ciò, Luke era più grosso e più robusto di lei. Era la classica situa-zione in cui, perfino in America, un uomo era colpevole finché non riusciva a dimostrare la propria innocenza.

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Aprì la bocca per perorare la sua causa, ma un vicino che ave-va notato l'auto del servizio di sicurezza stava osservando la scena incuriosito, e Luke non voleva altra pubblicità. Ancora con la spe-ranza che si trattasse di un errore a cui la sua collaborazione a-vrebbe messo fine, rientrò in casa per finire di vestirsi. Fin dall'inizio aveva avuto la sensazione che Kalyna significas-se guai, ma aveva ignorato il proprio istinto. Non aveva mai avuto motivo di temere una donna. In fondo, cosa avrebbe potuto fargli? A quanto pareva, stava per scoprirlo.

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CAPITOLO

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Sacramento, California Tre settimane più tardi Seduta alla sua scrivania, Ava Bixby osservava la bionda robusta torcere fra le mani il fazzoletto che lei le aveva appena offerto. Il viso chiazzato e gli occhi gonfi stonavano con la tenuta di fatica, ma la visitatrice stava raccontando un terribile avvenimento, veri-ficatosi appena tre settimane prima, che avrebbe fatto piangere qualsiasi donna, perfino un membro dell'esercito. «Faccia con calma» disse ora Ava in tono rassicurante. Sapeva quale tono adottare in certe circostanze. Aveva a che fare con le vittime ogni giorno. Era il suo lavoro. Non tutte, naturalmente, avevano subito uno stupro, ma nella maggioranza dei casi erano vittime di violenze. Le sue socie, Skye Willis e Sheridan Granger, ne avevano un'esperienza diretta. Lo stesso valeva per Ava... an-che se con modalità diverse. Kalyna Harter si era presentata come sergente ordinario E-5 dell'aeronautica, ed era di origine ucraina. La mancanza di qual-siasi accento, tuttavia, aveva indotto Ava a pensare che fosse arri-vata negli Stati Uniti da piccola. Kalyna aveva folti capelli biondi che le ricadevano sulle spalle e una spruzzata di lentiggini sul na-so. Sarebbe stata bella, non fosse stato per i lineamenti un po' troppo marcati, o forse in qualche modo incongrui... Ava non riu-sciva a definirlo con certezza. «Mi dispiace...» Kalyna tirò di nuovo su con il naso. «È solo che... mi riesce talmente difficile parlarne.»

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«Capisco.» Benché non avesse mai subito un'aggressione fisi-ca, Ava conosceva gli effetti del comportamento criminale. A causa di ciò che aveva fatto sua madre, sapeva come si riverbe-rasse sulle persone coinvolte, anche quelle che non erano il bersa-glio originale. «Sembrava... sembrava un tipo a posto, capisce» stava dicendo Kalyna. «Voglio dire, volo con lui da tre mesi e in tutto questo tempo non aveva mai detto né fatto nulla che potesse portarmi a pensare che era pericoloso. E comunque, perché un uomo con un corpo come il suo dovrebbe ricorrere alla forza?» Ava si era distratta, come sempre accadeva quando pensava alla madre. Quel giorno era stanca e meno concentrata del con-sueto. Era lunedì mattina, ma come al solito lei aveva lavorato du-rante il weekend. Prese la penna, sforzandosi di allontanare la sensazione di per-dita e tradimento che la assaliva quando meno se lo aspettava. La madre le mancava, e al tempo stesso si sentiva in colpa per sentire la mancanza di una persona che aveva fatto ciò che Zelinda aveva fatto. «Lo stupro non ha a che fare con il sesso, signora...» «La prego, mi chiami Kalyna.» «Kalyna. Riguarda il potere, invece. E gli stupratori possono essere molto diversi fra loro. Ma...» Lasciò nuovamente cadere la penna. «Non sono sicura di poterle essere di aiuto. È coinvolto l'esercito, e a quanto mi ha detto, i loro investigatori sono già al lavoro.» «È accaduto nel mio appartamento, che si trova all'esterno del-la base. Il che significa che anche la polizia civile ha facoltà di in-tervenire.» Un colpo secco alla porta la interruppe. «Mi scusi» disse Ava. E a voce più alta: «Avanti». Skye Willis mise dentro la testa. Alta e snella, dalla carnagione dorata e il corpo tonico, non aveva bisogno di cosmetici o abiti vistosi, ma vestiva sempre con eleganza. Quel giorno portava un abitino estivo e si era raccolta i capelli biondi in una coda. Con lei c'era Sheridan. Non era né alta né tonica come la compagna, ed era un po' più voluttuosa, ma certamente non meno carina. L'inso-

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lito viola degli occhi e i capelli scuri attiravano invariabilmente l'attenzione. Accanto alle sue socie, Ava si sentiva alquanto insignificante. Con i capelli di un biondo slavato, occhi che non erano né verdi né castani, ma piuttosto di una sfumatura fangosa, e un corpo sot-tile fino a rasentare la magrezza, sapeva di non poter competere con loro. Forse era per questo che aveva adottato abiti severi e quasi informi. Si accettava per quello che era, e non cercava di mettersi in competizione. «Stiamo andando da Starbucks» annunciò Skye. «Possiamo portarvi due caffè?» aggiunse Sheridan. Ava lanciò un'occhiata interrogativa a Kalyna. «Per me va bene» mormorò la donna. «Anche per me» disse Ava. Skye doveva aver notato il viso chiazzato della visitatrice e in-tuito che erano nel bel mezzo di una conversazione importante. «Scusate l'interruzione» disse, e Sheridan agitò la mano in segno di saluto prima di sparire. «Anche loro lavorano qui?» volle sapere Kalyna. «Sono le fondatrici dell'organizzazione.» Ava lavorava a In-sieme da tre anni, ma a concepire il progetto e ad attuarlo erano state Skye, Sheridan e una certa Jasmine Fornier. Eccellente pro-filer, Jasmine lavorava ancora come consulente... per loro come per altri clienti... ma si era sposata e trasferita in Louisiana, e Ava ne aveva preso il posto. «Siete solo in tre?» «Più un gruppo di collaboratori esterni, da psicologi a guardie del corpo, che in gran parte lavorano a titolo gratuito. Abbiamo anche alcuni volontari.» «Non lo sapevo. Quando ho telefonato, mi hanno semplice-mente fissato un appuntamento con lei.» «Sono single, quindi lavoro qualche ora in più delle altre. E mi occupo più dei casi concreti che delle questioni amministrative e finanziarie.» «Capisco.» Nel tentativo di riportare la conversazione sui giusti binari, Ava

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consultò rapidamente i suoi appunti. «Allora... stava parlando del-l'intervento della polizia civile.» «Dicevo che anche loro potrebbero procedere a una incrimina-zione» riprese Kalyna. «Ma sono restii a farsi coinvolgere. Non reputano necessario spendere il denaro dei contribuenti per una doppia incriminazione, e hanno deciso che sia l'esercito a occu-parsi della faccenda.» «E lei non è d'accordo?» «Non mi fido dell'aeronautica. Farebbero qualsiasi cosa per e-vitare uno scandalo, anche se per Luke significasse farla franca. È uno dei piloti migliori, un ufficiale. Per loro è un investimento importante, mentre io sono solo una recluta, e per di più donna.» Ava non aveva difficoltà a credere che l'esercito avrebbe fatto il possibile per mettere la sordina all'accaduto. Ma avrebbero dav-vero indagato in modo meno approfondito? Nuove lacrime gonfiavano gli occhi di Kalyna. «È questo che fate, no? Aiutate le persone come me. Le persone che da sole non riescono a ottenere giustizia.» «È quello che facciamo, sì.» Il tono di Ava era ancora rassicu-rante, ma il caso presentava aspetti che la preoccupavano. L'aero-nautica non sarebbe stata felice di trovarsi sotto lo sguardo scruta-tore di un'organizzazione civile. Perfino la pubblica accusa avreb-be probabilmente fatto muro contro di loro. E Insieme non aveva contatti fra i militari. Lei doveva fare attenzione quando si trattava di adoperare denaro del centro, assicurarsi che non andasse spre-cato, soprattutto perché reperirlo era il frutto di continui sforzi. Le persone che si rivolgevano a loro erano molte più di quante potes-sero aiutarne con le risorse a loro disposizione. Con l'avvento del-la crisi economica, lei, Skye e Sheridan avevano deciso di accetta-re solo casi di estrema gravità o che comportassero potenziali pe-ricoli per le loro assistite. Diversamente, molto presto non avreb-bero più potuto mantenersi e a quel punto non sarebbero state più di aiuto a nessuno. Quello, però, era il classico caso che vedeva Davide contrap-posto a Golia, e Ava era fortemente tentata di accettare l'incarico. Forse era la consapevolezza che Kalyna si muoveva in un mondo

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quasi esclusivamente maschile. O forse era il ricordo della sua prima cliente, Bella Fitzgerald, che quel giorno la ossessionava... «Allora, mi aiuterete?» insistette Kalyna. Sì, il caso di Kalyna rispondeva ai nuovi criteri stabiliti dalle tre socie, ma Ava non era ancora persuasa che Insieme potesse fare la differenza. E se avesse semplicemente fagocitato il suo tempo e i fondi del centro, senza per questo garantire un esito soddisfacente? Doveva essere ragionevole, non permettere che quanto era accaduto a Bella la spingesse ad accettare ogni caso di stupro, senza curarsi delle considerazioni di natura pratica. Intanto, Kalyna aveva preso dalla borsa alcune foto e le aveva posate sulla scrivania. «Guardi che cosa mi ha fatto.» Le foto la ritraevano sotto crude luci bianche, con indosso un camice da ospedale. Sul suo viso erano visibili parecchi lividi, un occhio era così gonfio da essere quasi chiuso e un labbro era spaccato. Guardandole, Ava non vedeva Kalyna ma Bella, pallida e senza vita sotto un lenzuolo. «Come se le è procurate?» «Ce n'erano parecchie copie nel mio dossier. Ho pregato il me-dico del Pronto Soccorso di darmene una per ciascuna.» Kalyna si protese in avanti. «Mi aiuterà? La prego.» Ava imprecò mentalmente. Non poteva rifiutare e rischiare che un'altra donna finisse come Bella. «Farò quello che posso» pro-mise, poi, per smorzare l'evidente sollievo del sergente, aggiunse: «Ma deve capire che non ho mai avuto a che fare con i militari. Non ho idea di quello in cui forse ci imbatteremo, ma sono certa che le regole sono diverse da quelle con cui mi sono confrontata in passato. Quello dell'esercito è un mondo a sé». «Sapere che ci siete voi a sostenermi dovrebbe indurli ad agire con onestà» disse Kalyna. «I giornali si occupano spesso di voi, e loro hanno paura dei media.» «È così che ci ha trovati?» chiese Ava. «Ha letto di noi sui giornali?» Questo spiegava molte cose. Anni prima, Sacramento aveva chiuso le sue due basi aeronautiche, e quella di Travis si trovava a un'ora di auto in direzione ovest, a Fairfield. Benché Ava si im-

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battesse di rado in membri della base, lei e le sue socie avevano lavorato ad alcuni casi di alto profilo. La pubblicità aveva fatto sì che le donazioni aumentassero, così com'era cresciuta la notorietà del centro. Tuttavia, restava il fatto che se l'aeronautica era decisa a proteggere il suo capitano, si sarebbe rivelata un avversario for-midabile, soprattutto se la polizia civile preferiva starne fuori. Tutto sarebbe dipeso dalle prove, stabilì. Se fosse riuscita a raccoglierne a sufficienza... un testimone che avesse visto Trussell andarsene appena prima che Kalyna chiedesse aiuto, il rinveni-mento sull'uomo di graffi ed escoriazioni provocati dai tentativi di difesa della donna, una storia passata di stupri o altri problemi... allora nessuno avrebbe potuto salvarlo. «Mi racconti tutto quello che sa sul conto di Trussell» disse. «Compreso il colore della sua biancheria.»

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