buone feste - home - il filo di aracne...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un...

48
Anno XIV - N° 4, ottobre/dicembre 2019 Periodico di cultura, storia e vita salentina edito dal Circolo Cittadino “Athena” - Galatina BUONE FESTE Anno XIV - N° 4 ottobre/dicembre 2019- Autoriz. Trib. di Lecce n.931 del 19 giugno 2006 - Distribuzione gratuita

Upload: others

Post on 21-Jan-2021

0 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Anno XIV - N° 4, ottobre/dicembre 2019

Periodico di cultura, storia e vita salentina edito dal Circolo Cittadino “Athena” - Galatina

BUONE FESTE

Anno XIV - N° 4 ottobre/dicembre 2019- Autoriz. Trib. di Lecce n.931 del 19 giugno 2006 - Distribuzione gratuita

Page 2: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura
Page 3: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Gli articoli rispecchianoil pensiero degli autori enon impegnano assolu-tamente la Direzione.

Tutte le collaborazionisi intendono a titolo

gratuito.

Periodico bimestrale di cultura, storia e vita salentina, edito dal Circolo Cittadino “Athena”Corso Porta Luce, 69 - Galatina (Le) - Tel. 0836.568220 [email protected] - e.mail: [email protected]; [email protected] del Tribunale di Lecce n. 931 del 19 giugno 2006. Distribuzione gratuitaDirettore responsabile: Ada DonnoDirettore: Rino Duma - e.mail: [email protected] Direttore: Giuseppe Magnolo Collaborazione artistica: Melanton Redazione: Salvatore Chiffi, Gianfranco Conese, Pierlorenzo Diso, Giorgio Liaci, Adriano Margiotta,

Alessandro Massaro, Antonio Mele ‘Melanton’, Maurizio Nocera, M. Chiara Patera, Rosanna Verter, Piero Vinsper

Impaginazione e grafica: Salvatore ChiffiStampa: Editrice Salentina - Via Ippolito De Maria, 35 - 73013 Galatina

Redazione Il filo di Aracne

COPERTINA: “Salento - Acquaviva d’inverno” - Foto di Maria Grazia Preite

Cultura e societàLAICISMO E RADICI CRISTIANE IN EUROPAdi Giuseppe MAGNOLO 4

I Quadernetti di AthenaAMATA E DOLCE MADREdi Rino DUMA 8

Risorgimento meridionalePROCLAMA DI FRANCESCO II DI BORBONE 12

In novo vetusLATINO VIVOdi Fernando VINSPER 14

Di donna in donnaSIBILLA ALERAMO: “UNA DONNA”di Rosanna VERTER 16

Gente di mareOPERAZIONE G. A. 3di Salvatore CHIFFI 20

Usanze e costumi salentiniIL SALENTO DELLE LEGGENDEdi Antonio MELE/MELANTON 24

Letterati salentiniRICORDO DEL PROF. GINO PISANÓdi Paolo VINCENTI 26

Tesori riscopertiGLI AFFRESCHI DI GALATINAdi Maurizio NOCERA 30

Artisti salentiniIL NOSTRO SPAZIO E LO SPAZIO METAFISICOdi Massimo GALIOTTA 32

C’era una voltaNARCISO... LO SPECCHIO... LA DONNA...di Piero TRE 36

Una finestra sul passatoSTORIA DELLA PASTICCERIA A GALATINAdi Alessandro MASSARO 38

Terra nosciaLU DITTÈRIUdi Piero VINSPER 42

ComunicazioneCircolo Cittadino Athena 44

Sul filo della memoriaIL DISTACCOdi Pippi ONESIMO 45

Io vado, madreSe non torno,sarò fiore di questa montagna,frammento di terra per un mondopiù grande di questo.Io vado, madre.Se non torno,il corpo esploderà là dove si torturae lo spirito flagellerà, comel'uragano, tutte le porte.Io vado ... Madre ...Se non torno,la mia anima sarà parola ...per tutti i poeti.

Abdullah Goran padre della letteratura curda moderna

In ricordo di Asia Ramazan Antar eroina curda morta a 20anni per difendere la Siria dall'Isis

I O VA D O , M A D R E

Page 4: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Il riserbo dei padri fondatori. In esordio al suo recentestudio sulle radici cristiane dell’Europa e la sempre mi-nore incidenza della pratica religiosa sulla popolazione

europea, lo storico francese Olivier Roy mette in evidenza ilfatto che, al momento della nascita dell’Unione Europea(Trattato di Roma, 1960), tre su quattro dei suoi padri fonda-tori (Alcide De Gasperi, Robert Schuman e Konrad Adena-uer) erano cattolici devoti e soltanto uno (Jean Monnet)sosteneva il pluralismo religioso come base dell’integrazio-ne comunitaria. Eppure nessuno di loro si era premurato dimetterlo per iscritto nei documenti fondativi dell’unione,dando probabilmente per scontato un fatto di per sé più cheevidente. Come mai, a di-stanza di mezzo secolo, almomento di redigere ilpreambolo al Progetto diCostituzione Europea (Se-condo Trattato di Roma,2004) molte voci, a comin-ciare dal futuro ponteficeBenedetto XVI, si sono le-vate per chiedere di evi-denziare le “radici cris-tiane” dell’Europa? Il mo-tivo di questo diverso at-teggiamento è nella con-statazione che attualmen-te l’evidenza di tali radicinon è più così chiara e universalmente accettata come era untempo1.Dati statistici. Le statistiche più recenti al riguardo sono

davvero sconfortanti e rivelano una situazione profonda-mente mutata circa la convinzione e la pratica religiosa intutti i paesi dell’unione. Anche negli stati europei tradizio-nalmente con forte presenza di abitanti che si definisconocristiani (Francia, Germania, Spagna), a fronte di una dichia-rata appartenenza religiosa (oltre il 50 %), in realtà i pratican-ti che partecipano alle funzioni religiose almeno la domenicanon superano il 10 %. Percentuali un po’ superiori si regi-strano per l’Italia, ma non più per stati come Irlanda e Polo-nia, dove un tempo la connotazione religiosa era fortementeinfluenzata da rivendicazioni di indipendenza politica. An-che per quanto riguarda la popolazione protestante, diffusanel centro-nord dell’Europa, coloro che partecipano alle fun-zioni religiose sono circa uno su dieci. Ma il dato più allar-

mante è sotto gli occhi di tutti, ossia il fatto che i praticantisono prevalentemente, se non esclusivamente, persone adul-te ed anziane. Relativamente pochi sono i bambini, nono-stante alcune celebrazioni ad essi dedicate, e scarsissimapurtroppo è la presenza di giovani2.Intanto il crollo delle vocazioni lascia sguarnite molte par-

rocchie, nonostante un significativo impiego di sacerdotiprovenienti dall’Africa o dall’America Latina. A livello divissuto quotidiano, l’attrazione un tempo esercitata dalleesperienze in seno alla parrocchia, o nell’ambito dell’annes-so oratorio, adesso è rivolta verso luoghi di consumismo (icentri commerciali) o di puro svago (le discoteche). Anche il

turismo religioso (i pelle-grinaggi di un tempo) è ri-dotto ad attività dinicchia, rispetto al turismodi massa che punta al-l’evasione verso luoghiesotici dove conta solo ilbenessere fisico. Da tempomolti osservatori parlanoormai di un costante feno-meno di “scristianizzazio-ne”dell’Europa, e in ge-nere della civiltà occiden-tale, con un progressivoscivolamento verso l’in-differenza religiosa, se

non addirittura verso una forma di neopaganesimo, che ri-fiuta decisamente qualsiasi interferenza sia di tipo confes-sionale che più genericamente moralistico da parte dellegerarchie religiose. Ecumenismo e potere temporale della Chiesa. Eppure la

fede cristiana ha segnato profondamente la storia della ci-viltà occidentale ed europea in particolare. Dopo la fine del-l’impero romano, durante il Medio Evo è stato proprio ilcristianesimo che ne ha raccolto l’eredità culturale e lingui-stica, rendendo i monasteri e le prime università i deposita-ri di tale patrimonio, e permeando con i suoi valori losviluppo civile dei popoli europei per diversi secoli3. L’api-ce di questa organizzazione ecumenica della Chiesa cattoli-ca si può collocare tra il Sacro Romano Impero (800) e lasituazione precedente la riforma che nel ‘500 vide il distac-co delle chiese protestanti4. Dopo la controriforma del ‘600sia la Chiesa cattolica che quelle protestanti continuarono ad

4 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

CULTURA E SOCIETÀ

Emile Signol - La conquista di Gerusalemme

Page 5: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

esercitare un notevole potere temporale in varie parti delmondo5, anche se già l’Illuminismo del ‘700 aveva intrapre-so una radicale rivisitazione della storia, interpretandola intermini immanenti che postulano la laicità dello stato6. Nel-l’Ottocento il predominio universalistico del cattolicesimofu messo in discussione dalla formulazione di teorie socio-politiche e scientifiche di impronta totalmente materialista(comunismo, socialismo, radicalismo, evoluzionismo), men-tre la costituzione degli stati moderni si poneva spesso incontrasto con il potere temporale del Vaticano (Italia, Ger-mania). Per lungo tempo vi fu separatezza tra stato e chiesa7,fino a giungere nel secolo scorso a varie forme di concorda-to, che hanno riconosciuto alle chiese nazionali uno status dilegittimazione che implica diverse garanzie e una condizio-ne di indiscussa autorevolezza dal punto di vista non soloreligioso ma anche etico. La modernizzazione del Concilio Vaticano II e la frattu-

ra del ‘68. Dopo il concordato del 1929 tra lo stato fascista eil papato (Patti Lateranensi), la Chiesa cattolica ha continua-to in Italia la sua azione di spiritualità moralizzatrice. Neldopoguerra si costituì un vero e proprio partito confessio-nale (la Democrazia Cristiana) che sosteneva l’impegno di-retto dei cattolici in politica, mentre analoghi partiti politicidi ispirazione religiosa si affermavano in vari stati europei.Le mutate condizioni sociali degli anni sessanta indussero ilConcilio Vaticano II8 ad introdurre profondi cambiamentinel tentativo di riavvicinare la Chiesa al sentire comune delpopolo: l’organizzazione delle parrocchie fu aperta alla par-tecipazione attiva dei laici, mentre il rituale veniva concepi-to con innovazioni di evidente richiamo alla semplicità (usodelle lingue nazionali per la celebrazione della messa, cele-brante rivolto all’assemblea dei credenti, uso discrezionaledell’abito talare, persino la propensione ad evitare la costru-zione di campanili elevati e appariscenti rispetto al paesag-gio circostante). Tuttavia furono ribadite alcune norme eti-

che ritenute inderogabili (matrimonio indissolubile, rifiutodei contraccettivi, celibato ecclesiastico, esclusione delledonne dalle ordinazioni sacerdotali). Di fatto l’azione delConcilio II risultò più evidente nel contrasto delle devianzedi quanto non fosse nelle aperture alle istanze sociali e allacollaborazione dei laici. Infatti ben presto si verificò una radicale rottura fra la

Chiesa e il tessuto sociale al tempo della contestazione del’68, che mise in discussione il principio stesso di autorità co-stituita specialmente in ambito politico e religioso, rivendi-cando di fatto al singolo individuo qualunque decisione dicarattere etico, non solo come libertà sessuale, ma anche co-me diversa e libera concezione del matrimonio, della fami-glia, della procreazione, e di qualunque aspetto di tipovaloriale. Si trattava di una vera e propria rivoluzione antro-pologica, l’affermazione della libertà individuale in contra-sto con l’importanza attribuita al gruppo sociale, unmovimento di rivolta generazionale in favore di un nuovoedonismo, di fronte al quale la Chiesa cattolica con l’encicli-ca Humanae Vitae assunse un atteggiamento di assoluta in-transigenza9, che poi si è protratto anche in seguito coneffetti dissuasivi che a lungo andare hanno reso le file deicredenti sempre più esigue e sguarnite. Anche la successivaformazione di alcune importanti istituzioni di impronta reli-giosa volte ad operare nel sociale (Comunione e Liberazione,Comunità di Sant’Egidio, e simili) hanno di fatto accentuatola sensazione di arroccamento della Chiesa in una condizionevolutamente elitaria (meglio pochi ma buoni).La fine dei partiti politici confessionali. L’ultimo decen-

nio del secolo scorso ha visto la fine del partito cattolico10,che nel bene e nel male per circa mezzo secolo, a partire daldopoguerra, aveva rappresentato l’asse centrale dell’arco co-stituzionale che aveva retto la politica in Italia. Già negli an-ni settanta il compromesso storico aveva in qualche modolegittimato i partiti laici (comunismo e socialismo), coinvol-

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 5

Page 6: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

gendoli nel governo del paese. Ma nel decennio successivouna lunga serie di scandali per corruzione portò ai processidi “Mani Pulite”, che stroncarono le brillanti carriere di al-cuni importanti esponenti politici, decretando la fine dei par-titi che erano maggiormente coinvolti nel sistema delletangenti (Democrazia Cristiana e Partito Socialista). Le for-mazioni che successivamente ne hanno preso il posto (inparticolare Forza Italia), pur dichiarandosi a favore dellaChiesa cattolica, di fatto si sono astenute da qualunque im-pegno o pratica religiosa che non sia di facciata o puramen-te strumentale. Questo spaziovuoto è stato recentementeriempito dai partiti di destra,ma sostanzialmente in spirito dipura conservazione di tutto ciòche sia in qualche modo ricon-ducibile ad una tradizione na-zionalistica (sovranismo), cheper nulla incide sulle convinzio-ni autenticamente religiose, o suqualsivoglia orientamento dicarattere etico11.Problematiche divisive e gli

scandali della pedofilia. Gli an-ni precedenti all’attuale pontifi-cato di Papa Francesco, che si èdistinto per la vicinanza agli ul-timi della terra ed una convintadisponibilità al dialogo interre-ligioso, sono stati un periodo digrande travaglio, che ha registrato una fortissima secolariz-zazione nello stile di vita delle popolazioni appartenenti al-la comunità europea. Sicuramente non ha giovato laposizione rigida assunta dalla Chiesa cattolica sui cosiddet-ti “Principi non negoziabili” (pronunciamento di BenedettoXVI, 2006), ossia l’aborto, il matrimonio omosessuale, la gra-vidanza assistita, l’eutanasia, il celibato ecclesiastico. Ma aparte la rilevanza di questi aspetti particolari, il venir menodei valori religiosi nella realtà attuale è imputabile anche afattori più complessi di diversa natura. Dal punto di vistaeconomico la forte spinta all’industrializzazione ha favoritouna notevole espansione urbanistica, determinando la scom-parsa di quel mondo contadino di carattere patriarcale cosìfortemente aggrappato a principi morali e religiosi, depo-tenziati dal progressivo benessere e dal marcato allentamen-to dei legami familiari. Sul piano sociale si è registrato un af-fievolimento del senso di appartenenza alle comunità diriferimento (gruppo religioso, sindacato, partito politico, as-sociazionismo vario) per orientarsi verso abitudini di tipoindividualizzato. Anche sotto l’aspetto culturale l’avvento diInternet, se da un lato ha facilitato la possibilità di connes-sione virtuale tra gli utenti, dall’altro ha raffreddato o inibi-to i rapporti con il vicino della porta accanto, o con qua-lunque situazione di prossimità che permetta il contatto fi-sico come base di una reale condivisione. Ma il colpo fatale alla reputazione della Chiesa è stato in-

ferto dalla denuncia di numerosi casi di pedofilia, che han-no innescato processi infamanti a carico di esponentiimportanti del mondo cattolico con pene risarcitorie chehanno dissanguato varie archidiocesi, gettando nel discre-dito personaggi che esercitavano grande influenza e minan-do la credibilità dell’istituzione religiosa nel suo complesso.In particolare si è rimproverato ai due predecessori dell’at-

tuale pontefice (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) di avernegato l’evidenza per troppo tempo. È facile anche compren-dere come l’opera moralizzatrice avviata da Papa Francescosu vari fronti intacchi interessi consolidati, e si presti a varieforme di resistenza da parte di alcune frange più conserva-trici del mondo cattolico, in particolare nel nord-America,che sarebbero ben liete di vedere nuovamente un papa di-missionario12.L’avanzata dell’Islam in Europa e la deriva identitaria.

Negli anni più recenti il dialogo interreligioso è venuto a ca-ricarsi di una valenza partico-lare in concomitanza conl’impellente problema migrato-rio, che ha risvolti non soloumanitari e socio-economici,ma anche religiosi, dato che lamaggioranza degli immigrati èdi religione islamica13. I datinumerici dimostrano che, men-tre i cattolici diminuiscono, imusulmani sono in continuoaumento, e considerati i diver-si indici di fertilità delle giova-ni coppie, è facile immaginarecome il fattore tempo giochi afavore dell’Islam. Tutto ciò po-ne problemi notevoli, non solosulle rispettive differenze diabitudini nel vestire, nell’ali-mentazione, nello svago, ma

anche nella costruzione e frequentazione dei luoghi di culto(moschee) in aree urbane, e nell’uso di simboli religiosi inluoghi aperti al pubblico. Indubbiamente la libertà di cultoè sancita da tutti gli ordinamenti nazionali e dalla stessa co-stituzione europea, ma l’uso pubblico dei simboli religiosi(dal crocefisso al soggolo di una suora, al burqa, al velo, o ilburkini indossato in località balneari, fino al divieto dei mi-nareti per le nuove moschee) è diventato estremamente di-scriminatorio, ma solo come marcatore identitario che nonha nulla a che vedere con gli insegnamenti della Chiesa. Tan-to più che molti partiti politici di destra, fortemente xenofo-bi e decisi ad arginare il fenomeno migratorio per motivi dipresunta sicurezza nazionale, hanno deciso di cavalcare iltema dell’identità religiosa come elemento distintivo fonda-mentale tra nativi ed immigrati, osteggiando tutto ciò cheviene ritenuto diverso dalla cultura e dalla tradizione cristia-na. Dispute e contrasti continui hanno richiesto interventinormativi ad hoc da parte dello stato, che ha dovuto discipli-nare una materia che si presta a molte controversie attinen-ti ai diritti fondamentali dei cittadini (si pensi al divieto dialcune pratiche religiose particolari, come la circoncisione, oalla crudeltà della macellazione rituale). Va anche tenutopresente il rischio che alcuni centri religiosi islamici servanoda copertura per fini destabilizzanti (attentati) o finanziaria-mente illeciti (rimesse in denaro, riciclaggio, ecc.).La Chiesa assediata e la nuova frontiera. Nel mondo con-

temporaneo bisogna constatare come il senso di precarietàsia diventato pervasivo sotto ogni aspetto, per cui le certez-ze di un tempo vacillano sotto l’incalzare di trasformazioniche investono non soltanto l’ambito religioso, ma anche lapolitica, la cultura, e persino la cura della salute o la gestio-ne del tempo libero. Va anche segnalato un cambio di passonell’orientamento delle chiese protestanti d’Europa, che ten-

6 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

Giovan Battista Tiepolo - La Crocifissione

Page 7: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

dono ad accettare nuove realtà come l’ordinazione di pasto-ri omosessuali o la celebrazione religiosa di matrimoni omo-sessuali, rispetto alla visione restrittiva della Chiesa cattolica.La realtà non è mai statica, ma cambia in continuazione e ri-chiede capacità di adattamento e spirito di inventiva. Tutta-via è bene ricordare che proprio i periodi di crisi come quelloattuale sono i più favorevoli ad innovare e migliorare l’esi-stente. L’importante è superare il rancore diffuso e saper di-fendere i valori di fondo che possono mantenere viva lasperanza e indurre all’azione positiva14. Solo in questo mo-do “pensare significa oltrepassare”.In una società sempre più secolarizzata è inevitabile che

la guida morale attribuita all’autorità religiosa venga ad es-sere progressivamente depotenziata, e sia costretta a cederela propria funzione normativa allo stato laico oppure allaCorte Europea. Questeistituzioni naturalmentesi muoveranno secondo iprincipi fondamentali deldiritto, che sono di deri-vazione illuministica enon confessionale, e sifondano sulla tutela dellelibertà individuali nellamisura in cui esse non in-tacchino interessi social-mente più rilevanti.Ovviamente vi sarannocasi particolarmente deli-cati (ad esempio l’abortoterapeutico o la morte as-sistita) che attengono allacoscienza individuale, ein cui non sarà possibile imporre delle linee di comporta-mento univoche, perché scienza e fede si troveranno ancorauna volta a divergere.Per quanto attiene invece alla posizione ufficiale della

Chiesa, che si sente minacciata, se non addirittura assediatadal materialismo imperante, è auspicabile che essa si ado-peri per contrastare con efficacia la sensazione, a volte giu-stificata, di essere chiusa in una situazione di arroccamentoelitario, che rischia di compromettere seriamente la portatadel suo messaggio evangelico15. Questo richiamo alle origi-ni potrà avere successo solo nella misura in cui saprà risco-prire le proprie radici, per riaffermare delle verità basilariche non possono essere date per acquisite una tantum, ossiail fatto che la fede è un dono da riscoprire giorno per giorno,anzi momento per momento; che la religione rivelata si fon-da sulla parola di Cristo che si è immolato per la salvezza ditutti e di ciascuno; che il sentimento religioso della vita na-sce nell’intimità della coscienza, che non è mai in contrastocon la legge di natura, e che si sostanzia nel dare e nel con-dividere, più che nel perseguire l’interesse individuale. E al-la fine tutto ciò aiuterà anche a comprendere che una visionepoliticamente allargata ed inclusiva come quella perseguitadall’Unione Europea potrà essere ulteriormente corrobora-ta da convergenze di natura etico-religiosa, che non consen-tono particolarismi inutilmente sterili e forzatamentedivisivi.NOTE:

1. Vedi OLIVER ROY, L’Europa è ancora cristiana?, Cosa resta delle nostre ra-dici religiose, Feltrinelli, 2019, pp. 7-11.2. Cfr. Being Christian in Western Europe, sondaggio effettuato dal Pew Re-

search Center, 29 maggio 2018. L’analfabetismo religioso nell’epoca at-tuale è dimostrato dal fatto che anche fra i credenti pochi conoscono il si-gnificato di termini di uso corrente nella cultura cattolica, come“transustanziazione o eucarestia”, mentre rilevante è l’indice di coloroche ritengono che “le tre persone della Trinità” siano Dio, Maria e Gesù. 3. Da notare come il diritto romano sia filtrato negli ordinamenti giuri-sprudenziali moderni attraverso il diritto canonico. Anche la forma costi-tutiva della Corte d’Assise deve molto ai tribunali della SantaInquisizione, persino nelle procedure di interrogatorio che portano allaconfessione.4. Le crociate in Terrasanta, promosse dalla Chiesa cattolica per la libera-zione del Santo Sepolcro, coprono un periodo di circa due secoli tra l’ XIe il XIII.5. La Pace di Vestfalia (1648) pose fine ai contrasti dinastici e di religionein Europa, istituendo come credo ufficiale per ciascuno stato europeo lareligione del principe (“cuius regio, eius religio”) e di fatto riconoscendo lasuperiorità dell’autorità civile rispetto a quella della Chiesa. In seguito ilcattolicesimo, ridimensionato in Europa, tenderà ad assumere una pro-

iezione universale globalizzan-dosi di fatto.6.Nella sua monumentale operastorica sulla fine dell’impero ro-mano Decline and fall of the Ro-man Empire (1776) lo storicoinglese Edward Gibbon (1737-94), seguendo i dettami delloscetticismo illuministico, attri-buiva l’indebolimento e la ca-duta di Roma imperialeprincipalmente alla diffusionedei nuovi valori introdotti dallamorale cristiana.7. Nel 1874 con il decreto NonExpedit il papa Pio IX vietava aicattolici di partecipare alla vitapolitica italiana come segno diprotesta per la forzata rinunciaallo Stato Pontificio da partedella Santa Sede. Il decreto fuabrogato ufficialmente nel 1919

da papa Benedetto XV.8. Il Concilio Vaticano II fu indetto nel 1962 da Papa Giovanni XXIII unanno prima della sua morte e si concluse nel 1965 sotto il pontificato diPaolo VI.9. Proseguendo nello spirito del Concilio Vaticano II, il papa Paolo VI ema-nò a luglio del 1968 l’enciclica Humanae Vitae, che teorizzava la difesa del-la vita come dono divino dal concepimento fino alla morte, in antitesicon le teorie materialiste, che Giovanni Paolo II nell’enciclica EvangeliumVitae (1995) arrivò a definire “cultura della morte” (interesse per i riti sa-tanici, aborto, aumento dei suicidi, eutanasia).10. Il partito della Democrazia Cristiana, fondato clandestinamente nel1943 durante il secondo conflitto mondiale, è stato sciolto ufficialmenteil 18 gennaio 1994.11. La Chiesa cattolica in Europa si è sempre mantenuta a distanza dai mo-vimenti populisti e di estrema destra, opponendo i valori della carità edell’accoglienza all’egoismo populista, e diffidando di alcuni rigurgiti dipaganesimo presenti nell’estrema destra identitaria.12. Il 26 agosto 2018 l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già nunzio aposto-lico negli Stati Uniti, ha pubblicato su vari organi d’informazione un dos-sier di accusa contro papa Francesco chiedendone le dimissioni. Il Papaha dichiarato di non voler rispondere alle accuse. Circa le principali figu-re di riferimento dell’ala cattolica ultraconservatrice (teocon) si veda ilcontributo “La furia sovranista contro Francesco“ di ANDREA PALLA-DINO, in L’Espresso, n. 41 del 6 ottobre 2019, pp. 48-50. 13. A livello comunitario si deve anche tener conto della pressante richie-sta della Turchia, uno stato con circa 80 milioni di abitanti di prevalentereligione islamica, di entrare a far parte dell’Unione Europea.14. Si veda al riguardo MASSIMILIANO VALERII, La notte di un’epoca:Contro la società del rancore, “La speranza di Ernst Bloch e l’utopia concre-ta”, Milano, Ed. Ponte alle Grazie, 2019, pp. 192-224.15. Si segnala l’interessante saggio Risorse del cristianesimo (Milano, Pontedelle Grazie, 2018) del filosofo FRANÇOIS JULLIEN, che da non creden-te rilegge in chiave laica il Vangelo di Giovanni, trovandovi degli spuntimotivazionali che avvalorano il legame spirituale con la vita in chiunquevoglia superare la soglia del puro materialismo. •

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 7

Istanbul (Turchia) - Moschea di Santa Sofia (Moschea Blu)

Giuseppe Magnolo

Page 8: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Ogni anno, con l’approssimarsi del Santo Natale, av-verto il bisogno di rivolgere un caro saluto alla miaamata e indimenticabile mamma e, di riflesso, a tut-

te le mamme di questo mondo, nessuna esclusa. Mi sovviene spesso di incontrarla idealmente, soprattutto

quando sto giù di corda. Le rivolgo i pensieri più profondi eteneri, inconfessabili ad altre persone. Me la ritrovo accantoallo stesso modo di quando mi seguiva passo passo duran-te i miei primi incerti anni di vita. Bastava la sola sua pre-senza per riaccendermi la luce in fondo all’anima erasserenarmi dopo momenti di pau-ra e di sconforto. Lei puntualmentesi faceva carico di tutte le mie pene emi aiutava a rialzarmi dopo le tanterovinose cadute fisiche e spirituali. Stesse considerazioni vanno fatte

per le mamme del mondo, perchésono tutte uguali, con gli stessi sen-timenti, attenzioni e sacrifici verso ipropri figli. Almeno così penso chesia.E allora, come si fa a dimenticare

la mamma?! Come si fa a tirare in-nanzi senza la sua presenza?! Comesi fa a vivere senza le sue continue esilenziose premure, i suoi sguardipreoccupati ma rassicuranti?! Soltanto Lei sa ascoltare gli affan-

ni e le paure dei figli, sa porre trepi-do orecchio alle loro sofferenze.Soltanto Lei rimbocca le coperte ogni sera ai suoi piccini, dàloro il bacio del buongiorno e della buonanotte e prepara lafamiglia alla vita quotidiana. La mamma è la gioia più dolce e sublime che ci sia, è un

pezzo di Dio in terra, è una fonte perenne d’amore, graziealla quale i figli si dissetano nei momenti di bisogno. Quan-do è presente Lei, la stessa casa sembra che abbia un cuore,un’anima e vi si avvertono battiti, suoni, profumi, saporispeciali della vita; in sua assenza tutto scade e decade ma-ledettamente. La mamma non dovrebbe mai morire! Purtroppo, quan-

do viene a mancare, anche una parte di noi, quella legata airicordi più intimi e cari, va via per sempre con Lei.Da queste pagine mi sento in dovere di rivolgere un ca-

loroso invito ai tanti fanciulli e ragazzi che mi leggeranno,ma non guasterebbe se i miei pensieri fossero letti anche

da certi adulti. Ecco, cari figli, vi auguro che possiate godere a lungo del-

l’amore stupendo ed ineffabile di vostra madre. Amatela in-tensamente, ragazzi, ora che potete abbuffarvi dei suoismisurati affetti e delle immancabili attenzioni. Quandoavrete la sventura di perderla – ve l’assicuro – solo alloraavvertirete nel cuore la morsa del freddo pungente della vi-ta, solo allora comincerete a percepire il senso della morte,che, poco per volta, si calerà dentro di voi con i suoi veli ne-ri, con il suo pesante carico di ombre e di paure, e vi allon-

tanerà pian piano da quel mondofanciullino in cui la bella fatina eraLei , che vi incantava e vi seduceva,lasciandovi nel cuore sempre unadolce scia.Ho scritto tanto di Lei nei miei ro-

manzi, in modo particolare ne “Lafalce di Luna”.Ho voglia di riportare, se non tut-

ti, almeno quelli che per me sono ipensieri più importanti a lei rivolti.Sono considerazioni riferite, in

modo particolare, alla mia vita difanciullo, durante la quale, pur com-portandomi educatamente e consenso del dovere e del rispetto, avolte scantonavo e ne combinavo ditutti i colori. In poche circostanze miha picchiato, quasi sempre mi harimproverato, usando e dosando le

parole migliori, quelle più adeguate ad ogni singolo caso.Non mancava mai di consigliarmi e di indicarmi la via daseguire.La singolare storiella che sto per raccontarvi è stata per

me fondamentale e decisiva nella vita, poiché ha contribui-to in maniera determinante alla mia formazione umana,professionale e religiosa. Se sono diventato un buon inse-gnante ed un cittadino-modello, lo devo esclusivamente al-l’educazione che Lei mi ha impartito.Alcuni anni fa, allorquando mi venne diagnosticata, per

pura casualità, una malattia molto importante, dalla qualenon mi sono più ripreso e, forse, non ne verrò mai fuori, hoavvertito il desiderio impellente di rivolgerle alcune rifles-sioni sulla mia vita vissuta, di ringraziarla per i continuisuggerimenti, sempre utili e mai vani e vaghi, di chiederleperdono per alcune mie scelte sbagliate di vita, nonostante

8 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

I QUADERNETTI DI ATHENA

Mamma Francesca

Page 9: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Lei si fosse più volte opposta alle mie avventate decisioni peraver rifiutato le sue idee religiose, che stoltamente ritenevoassurde, ma che ho fatto mie soltanto in questa tarda età. Questi miei pensieri li ho spediti idealmente in cielo, nei

giardini di Dio, dove Lei oggi vive beata con la maggiorparte delle mamme. Ed allora, rivolgo a voi, cari fanciullie cari amici, un invito aseguirmi con molta at-tenzione e serietà d’in-tenti nella mia narra-zione, perché avrete lapossibilità di far vostraqualche importante espe-rienza presente in que-sto scritto.«Da fanciullo, durante

le serate estive di lunanuova, spesso mi disten-devo in terrazza su unasdraio ad ammirare il fa-scino che proveniva dallavolta celeste. Rimanevo abocca aperta di fronte aquell’immenso ed avvolgente sfavillio di stelline, che mi tra-sportava, senza che me ne accorgessi, in altri mondi e cielie mi risucchiava in uno stato di estrema beatitudine. Nonmi era per niente facile venir fuori da quella dolce malia,anche perché provavo molto dispiacere a staccarmene. Mi chiedevo più volte cosa rappresentasse quel manto di

puntini luminosi e per quale motivo si trovasse così tantodistante da noi altri. “Un giorno saremo tutti lassù a navigare in quel mare e a pe-

scare il maggior numero possibile di stelline, che poi si trasforme-ranno in fiori da regalare a Dio per godere della salvezza eterna”– in questo modo rispondeva la mamma ai miei assillanti

‘perché’, ai quali seguivano risposte, che ritenevo incom-prensibili e vaghe. Non riuscivo a capire come mai le stelline potessero tra-

sformarsi in fiori, cosa volesse dire “salvezza eterna” e, so-prattutto, chi fosse mai quel Dio da lei dipinto come unapersona molto più importante di suo padre e di mio padre.

Ci capivo ben poco deisuoi discorsi religiosi tut-ti incentrati su Gesù, loSpirito Santo, gli Angelicustodi e maggiormentesul Signore, creatore delcielo e della terra, e sullaMadonna, dipinta sem-pre come la madre di tut-te le madri, molto buonae generosa. “Perché non me li fai co-

noscere?” – le chiedevoinnocentemente. E lei: “Ora è ancora pre-

sto. Un giorno, quando sa-rai divenuto più grandi-

cello, saranno loro stessi a venirti a trovare, ma a patto di compor-tarti bene, di avere rispetto del prossimo, di studiare e di rivolge-re le migliori preghiere al buon Dio, alla Madonna e a Gesù”. “Ma io sono sempre buono, mamma; forse, ma solo raramente,

ti ho disobbedito e ho studiato poco per giocare un po’ di più coni miei compagni per strada” – le dicevo a testa china, confes-sandole qualche mio peccato veniale.“Lo so, figlio mio, ma se mi disobbedisci e non fai il tuo dovere

quotidiano, se trascurerai la tua persona, se t’impegnerai con po-co profitto nello studio, se sarai poco rispettoso della vita degli al-tri, rischi di precipitare in un pozzo profondissimo pieno di ombreopprimenti, di grida di dolore, di figure mostruose pronte ad az-

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 9

La famiglia Duma riunita a Lido Piccolo di Gallipoli - anni ‘50

Page 10: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura
Page 11: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 11

zannarti, di diavoli che ridacchiano e ti volano accanto, di stregheche ti ballano intorno urlando come pazze, pronte a calarti in unpentolone bollente…”. “C’è anche la strega sdentata di cui mi parli spesso?!?” – le ri-

battevo con terrore.“Certo che sì! ...” – mi rispondeva stringendomi a sé –

“…Ma se mi assicuri che rispetterai quanto ti ho detto, ogni brut-ta cosa svanirà nel nulla e il buon Dio ti starà sempre accanto, as-sieme al tuo angelo custode”.Era l’educazione di quei tempi fatta di baci e carezze ma

anche di regole da osservare, di schiaffi che arrivavano almomento giusto e di discorsi forti e necessari, che si fissava-no sul muro dell’anima e ti costringevano a metterti sullaretta via.Nonostante queste opportune indi-

cazioni, non riuscivo a spiegarmil’importanza e la magnificenza diquel Dio, ancora in fasce dentro dime, del quale Lei mi parlava a lungocon pia devozione durante le pre-ghiere serali. Ho affrontato la prima Comunio-

ne e la santa Cresima con poco entu-siasmo, proprio perché sia Lei sia ivari preti di turno mi avevano fattoingoiare tante di quelle preghiere efigure sacre, che puntualmente coz-zavano contro la normale ragione diun bambino. Mi ossessionava ogni domenica

mattina, quando mi ricordava, anzim’imponeva, di andare in chiesa perla santa Messa. Le ho sempre obbedi-to, non tanto per farle un piacere,quanto perché c’era la prospettiva diprecipitare nell’inferno più infuocatoe di incontrare tutti quei mostri di cuiLei mi parlava ad ogni mia disobbedienza. A furia di andare in quei luoghi sacri, a furia di ascoltare

il professore di religione in classe e, in modo particolare Lei,durante la sofferta mezz’ora del Rosario serale, ogni regolae figura cristiana mi si appiccicarono su ogni cellula.Poi, crescendo e lasciandomi rapire dal vortice impetuo-

so della vita, quegli iniziali propositi via via andarono ascontornarsi fino ad assumere connotati rivolti più che altroalla materialità e non alla spiritualità della vita. Qualche pic-colissima distrazione o disobbedienza l’ho rimediata, allaquale seguiva puntualmente un doveroso pentimento peressere in linea con quei famosi “dieci comandamenti”, al dilà dei quali c’era la condanna eterna, secondo gli intendi-menti materni.Man mano che crescevo, ho iniziato a cogliere importan-

ti successi nella vita. Il primo è stato quando vinsi, tra tuttii ragazzi della Scuola Media “Pascoli”, il primo premio conun tema sul “Risparmio”, da meritarmi tanto di diploma,che conservo gelosamente e che mi fu consegnato nella pre-sidenza dal funzionario dell’Istituto Nazionale Assicurazio-ni e dalla severa ma preparata preside Sabato. Poi nel tempo ho colto tanti altri ‘fiori’, come il diploma di

ragioniere prima e di laurea in Economia e Commercio poi,la nomina di docente di Matematica, l’elezione a Presiden-te del Circolo Cittadino “Athena”, le undici edizioni del

Premio Letterario “Arhena”, le conferenze su argomentid’importanza nazionale e internazionale, la pubblicazionedel mensile “Il Gazzettino di Galatina”, di cui sono stato re-dattore per oltre cinque anni, la pubblicazione della rivista“Il filo di Aracne”, ormai entrata nel 14° anno di vita, la no-mina a Presidente dell’associazione sportiva “Cuore bian-costellato”, la pubblicazione dei miei romanzi: “La falce diluna”, “La scatola dei sogni”, “La donna dei Lumi”, “La Ta-ranta”, “Storia di una Stella”. Ultimi tasselli sono rappre-sentati dalla nomina a Preside della Scuola Media “DonRua” di Porto Cesareo e dal conferimento della cittadinan-za onoraria da parte del Comune di Caldarola (MC). Molti di questi importanti successi li devo unicamente a

Lei, al suo continuo spronarmi, ad in-stillarmi il senso del dovere, dello stu-dio, del sacrificio per raggiungeretraguardi insperati, ad impegnarminel ‘sociale’ e, soprattutto, ad amare lamia vita e quella dei miei simili.Della vita sentimentale ricordo i

tanti amori giovanili (alcuni dei qualiplatonici), che duravano il tempo diuna stagione e anche meno, e poi ildefinitivo vincolo matrimoniale con lamia amata Angela e la nascita dellemie due care figliole, Laura e Paola.Le sacre figure religiose e le sane re-

gole di vita di cui Lei mi aveva parla-to a lungo, pur rimanendo attaccateal mio tessuto interiore, s’erano peròalquanto defilate. Il resto della vita èstato contrassegnato da una buonaregolarità come uomo, marito, padree docente.Con l’apparire dei primi acciacchi

fisici e con la perdita di persone mol-to care, soprattutto la sua, la vita gio-

vanile e spensierata ha iniziato a perdere le tinte forti d’untempo, finendo per decadere in un’insipida scala di grigi.Mi sono ritrovato a vivere in una situazione di mezzo, traimmanenza e trascendenza, con la prima a perdere impor-tanti punti a vantaggio della seconda. Oggi, finalmente, dopo tante sofferte tribolazioni interio-

ri, ho ripreso a guardare, anche se con occhi diversi, quel“tetto di stelle” che mi ammaliava così tanto da fanciullo.Solo ora comprendo appieno il significato della volta cele-ste, che da sempre ci avvolge, ci investe, ci meraviglia, cirasserena e, nel più assoluto silenzio, ci parla di un Dio chesovrintende ad ogni nostra azione… e non certamente di unNulla creatore. Per tale motivo, soprattutto quando sto giù di morale, av-

verto il desiderio, anzi la necessità, di recarmi in terrazzaper appartarmi e riprendere quei voli fanciullini che mi pro-curavano dolci ed inenarrabili emozioni. Rivolgo in cielo gliocchi per immergermi nell’estasi del creato e mi ritrovo acaracollare, così come allora, in mezzo a quell’immensitàfatta di un buio rassicurante, pieno di soli, lune, comete etanto amore… ma soprattutto tanto, tanto Dio.Ho scoperto, finalmente, il vero significato della vita e, fra

non molto, scoprirò il vero volto di Dio. Grazie, mamma, ti mando un bacione sin lassù!». •

Anno 1940 - Mio padre Giuseppenel giorno del suo matrimonio

Rino Duma

Page 12: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

“Da questa Piazza, dove difendo più che la miacorona l'indipendenza della patria comune, sialza la voce del vostro Sovrano per consolar-

vi nelle nostre miserie, per promettervi tempi più felici.Traditi egualmente, egualmente spogliati, risorgeremo

allo stesso tempo dalle nostre sventure; che mai ha duratolungamente l'opera della iniquità, né sono eterne le usur-pazioni. Ho lasciato perdersi nel disprezzo le calunnie; hoguardato con sdegno i tradi-menti, mentre che tradimentie calunnie attaccarono solo lamia persona; ho combattutonon per me ma per l'onore delnome che portiamo.Ma quando vedo i sudditi

miei che tanto amo in preda atutti i mali della dominazionestraniera, quando li vedo co-me popoli conquistati, por-tando il loro sangue e le lorosostanze ad altri paesi, calpe-stati dal piede di straniero pa-drone, il mio cuore napoli-tano batte indignato nel miopetto, consolato soltanto dallalealtà di questa prode armata, dallo spettacolo delle nobi-li proteste che da tutti gli angoli del Regno si alzano con-tro il trionfo della violenza e dell'astuzia.Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altra

aria, non ho veduto altri paesi, non conosco altro che ilsuolo natio.Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costu-

mi sono i miei costumi: la vostra lingua è la mia lingua; levostre ambizioni mie ambizioni.Erede di una antica dinastia che ha regnato in queste

contrade per lunghi anni ricostituendone l'indipendenzae l'autonomia, non vengo dopo avere spogliato del loro pa-trimonio gli orfani, dei suoi beni la chiesa ad impadronir-mi con forza straniera della più deliziosa parte d'Italia.Sono un principe vostro che ha sacrificato tutto al suo

desiderio di conservare la pace, la concordia, la prosperi-tà tra i suoi sudditi.Il mondo intero l'ha veduto; per non versare il sangue

ho preferito rischiare la corona.I traditori pagati dal nemico straniero sedevano accanto

ai fedeli nel mio consiglio; ma nella sincerità del mio cuo-re, io non potevo credere al tradimento.Mi costava troppo punire; mi doleva aprire, dopo tante

nostre sventure, un'era di persecuzioni la slealtà di pochie la clemenza mia hanno aiutata l'invasione piemontesepria per mezzo degli avventurieri rivoluzionari e poi del-la sua armata regolare, paralizzando la fedeltà de’ miei po-poli, il valore de' miei soldati.

In mano a cospirazioni con-tinue non ho fatto versare unagoccia di sangue, ed hannoaccusato la mia condotta didebolezze. Se l'amore il piùtenero pe' miei sudditi, se lafiducia naturale della gioven-tù nella onestà degli altri, sel'orrore istintivo al sanguemeritano questo nome, sonostato certamente debole.Nel momento in che era si-

cura la rovina de' miei nemici,ho fermato il Braccio de' mieigenerali per non consumarela distruzione di Palermo, hopreferito lasciare Napoli, la

mia propria casa, la mia diletta Capitale per non esporlaagli orrori di un bombardamento, come quelli che hannoavuto luogo più tardi in Capua e Ancona.Ho creduto nella buona fede del Piemonte che si dice-

va mia fratello, mio amico, che mi protestava disapprova-re la invasione di Garibaldi, che negoziava col miogoverno ma alleanza intima pe' veri interessi d'Italia, nonavrebbe rotto tutti i patti e violate tutte le leggi, per inva-dere i miei stati in piena pace, senza motivi né dichiara-zioni di guerra.Se questi erano i miei torti, preferisco le mie sventure ai

trionfi dei miei avversari. Io aveva data una amnistia, ave-va aperto le porte della patria a tutti gli esuli, concesso aimiei popoli una costituzione.Non ho mancato certo alle mie promesse. Mi preparava

a garantire alla Sicilia istituzioni libere che consacrasserocon un parlamento separato la sua indipendenza ammini-strativa ed economica rimuovendo ad un tratto ogni mo-tivo di sfiducia e di scontento. Aveva chiamato a' mieiconsigli quegli uomini che mi sembrarono più accettabili

12 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

RISORGIMENTO MERIDIONALE

Gaeta, 8 dicembre 1860

RE FRANCESCO II DI BORBONE

PROCLAMAAI POPOLI DELLE DUE SICILIE

Francesco II di Borbone

Page 13: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne

all'opinione pubblica in quelle circostanze, ed in quantome lo ha permesso l'incessante aggressione di che sono sta-to vittima, a progressi, ai vantaggi del comune paese.Non sono i miei sudditi che mi hanno combattuto con-

tro; non mi strappano il Regno le discordie intestine, ma mivince l'ingiustificabile invasione d'un nemico straniero.Le Due Sicilie, salvo Gaeta e Messina, questi ultimi asili

della loro indipendenza, si trovano nelle mani del Piemon-te. Chi ha dato questa rivoluzione ai miei popoli di Napo-li e Sicilia?Vedete lo stato che presenta il paese. Le finanze un tem-

po cosi floride sono completamente rovinate: l'amministra-zione un caos; la sicu- rezzaindividuale non esiste. Leprigioni sono piene di so-spetti; in nome della libertà,lo stato di assedio regna nel-le provincie, ed un generalestraniero pubblica la leggemarziale, decreta fucilazioniistantanee per tutti quellidei miei sudditi che nons'inchinano alla bandiera diSardegna.L'assassinio è ricompensa-

to, il regicidio merita unaapoteosi: il rispetto al culto santo dei nostri padri è chiama-to fanatismo: i promotori della guerra civile, i traditori delproprio paese ricevono pensioni che paga il Pacifico contri-buente. L'anarchia è da per tutto.Avventurieri stranieri han rimestato tutto, per saziare

l'avidità o le passioni dei loro compagni.Uomini che non hanno mai veduta questa parte d'Italia

o che hanno dimenticato in lungua assenza i suoi bisogni,formano il vostro governo.Invece nelle libere istituzioni che io vi avevo date e che

era mio desiderio sviluppare, avete avuta la più sfrena-ta dittatura, e la legge marziale sostituisce adesso la co-stituzione.Sparisce sotto i colpi de' vostri dominatori l'antica mo-

narchia di Ruggero II, di Carlo III e le Due Sicilie sono sta-te dichiarate provincie di un regno lontano, Napoli ePalermo saranno governati da prefetti venuti da Torino.

Ci è un rimedio per questi mali, per le calamità piùgrandi che prevedo, la concordia, la risoluzione, la fedenell'avvenire.Unitevi intorno al trono de' vostri padri, che l'oblio copra

per sempre gli errori di tutti, che il passato non sia mai pre-testo di vendetta, ma quale futura lezione salutare.Io ho fiducia nella giustizia della Provvidenza e qualun-

que sia la mia sorte, resterò fedele ai miei popoli ed alleistituzioni che ho loro accordate.Indipendenza amministrativa ed economica tra le Due

Sicilie con parlamenti separati, amnistia completa per tut-ti fatti politici questo è il mio programma. Fuori di queste

basi non ci sarà pel paeseche dispotismo o anarchia.Difensore della sua indi-

pendenza, io resto e combat-to qui per non abbandonarecosì santo e caro deposito. Sel'autorità ritorna nelle miemani sarà per tutelare tutti idiritti, rispettare tutte le pro-prietà, garantire le persone ele sostanze de' miei sudditicontro ogni sorta di oppres-sione e di saccheggio.E se la Provvidenza nei

suoi alti disegni permette che cada sotto i colpi del nemi-co straniero l'ultimo baluardo della monarchia, mi ritireròcon la coscienza sana, con incrollabile fede, con immutabi-le risoluzione: ed aspettando l'ora inevitabile della giusti-zia, farò i più fervidi voti per la prosperità della mia Patria,per la felicità di questi paesi che formano la più grande epiù diletta parte della mia famiglia.Preghiamo il sommo Iddio e la invitta Immacolata pro-

tettrice speciale del nostro paese, onde si degnino di soste-ner la nostra causa”. •

13

NOTAL’assedio di Gaeta, iniziato il 13 novembre 1860, durò tre me-si. Il 13 febbraio 1861 Francesco II si arrese alle truppe pie-montesi. Fu deposto e si recò in esilio a Roma, via mare sulpiroscafo francese Mouette. Non sarebbe mai più tornato aNapoli. Morì nel 1894 ad Arco in Trentino all’età di 58 anni.

Francesco II di Borbone e la moglie Maria Sofia

AVVISO

I lettori che intendono sostenere la nostra rivistapossono inviare il loro contributo mediante bonificoindirizzato a Banca Intesa San Paolo e intestato a

Circolo Cittadino AthenaCorso Porta Luce, 69 – 73013 Galatina

Il codice IBAN è il seguente: IT36F0335901600100000106190

Grazie infinite

Page 14: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Aura popularis: il vento popolare. Questa espressionemetaforica, nota e usata, indica il favore con cui il po-polo sostiene i propri beniamini, un favore che, co-

me il vento, li può portare fino a traguardi importanti, mache, d’altra parte, si rivela mutevole e incostante. Essa è repe-ribile in Cicerone (De haruspicum responso, 20, 43), Orazio(Carmina, 3,2,20), Virgilio (Eneide, 6,8,16), Quintiliano(11,1,45), il quale distingue il discorso che deve far colpo sul-la gravitas senatoria da quello che vuole accattivarsi l’aura po-pularis. Parallelamente in Fedro (3,5,11) la favola del flautistache piace al volgo è emblematicamente introdotta da Vanusanimus aura captus frivola “l’anima vuota, conquistata daun’aria leggera”, Orazio (Ep. I, 19,37) usa ventosa plebs e Sene-ca (Hercules furens, 171) attribuisce al mobile vulgus, un’aurainanis.Odi profanus vulgus et ar-

ceo: odio la massa ignorante e latengo lontana; questo verso, oracitato per esprimere disprezzonei confronti delle opinioni edei gusti popolari, deriva dalleOdi di Orazio (3,1,1); il poeta in-troduce così una serie di com-ponimenti in metro alcaico incui sono esaltati Ottaviano e lasua opera di restaurazione del-la res publica (27a.C.) e usa tonoed espressioni propri di un sa-cerdote che sta per comunicarei misteri agli iniziati e vuoleescludere i profani, cioè non ini-ziati (nel verso successivo si ha l’altrettanto famoso Favete lin-guis). Le parole oraziane dovettero già nell’antichità esserefamose e usate con un senso simile a quello moderno, se Pe-tronio (118,4) fa dire al poetastro Eumolpo che è sua intenzio-ne realizzarle evitando nella sua opera ogni espressionevolgare e non raffinata. C’è, infine, un apologo di La Fontai-ne (8,25) mirato al disprezzo dell’opinione popolare nei con-fronti dei dotti, il quale si conclude con una contestazione –su questa base – del motto Vox populi, vox Dei.Fiat voluntas tua: sia fatta la tua volontà. Questa frase, ora

di uso comune a indicare una rassegnata ubbidienza, derivadalla versione della Vulgata del Vangelo di Matteo e rientra nelPater Noster ed è l’accorata preghiera di Gesù nell’Orto degliulivi (Padre, se è possibile, passi lungi da me questo calice, seno sia fatta la tua volontà). Otium cum dignitate: una dignitosa tranquillità. Questa

espressione è ora di solito citata a indicare il meritato riposodopo una vita di lavoro, ma in Cicerone aveva una valenzameno banale: all’inizio del De oratore egli infatti afferma chei più felici sono stati quanti in negotio sine periculo vel in otiocum dignitate esse possent, cioè hanno potuto darsi alla vita po-litica in una situazione non pericolosa o attendere ai loro stu-di dignitosamente. Nella Pro Sestio (45,46,98) e nelle Epistulaead familiares (1,9,21) essa però assume una connotazione squi-sitamente politica: si tratta della situazione cui deve tendereun capo di stato, cioè una pace dignitosa, fondata sulle isti-tuzioni, la tradizione, le leggi, i valori, l’esercito e tutta unasaggia conduzione della politica interna ed estera.E pluribus unum: da molti uno solo. Questo motto, citato

con lo stesso senso del nostro adagio L’unione fa la forza (pre-sente anche in altre lingue eu-ropee), non appartiene, aquanto pare, al latino classico,dove espressioni del genere disolito significano “uno solo tramolti”, “uno fra i tanti”, cf. ad es.Cicerone, Pro Cluentio, 7,22,Ovidio, Tristia 1,3,16, Columella11,1,6, e, in ambito greco, Me-nandro, Samia, 11. Deve la suafama al fatto che compare sullostemma degli Stati Unitid’America, dove si allude ov-viamente al fatto che si tratta diuna confederazione.Homo novus: uomo di nuova

nobiltà. L’espressione indicavaun personaggio di primo piano nella politica romana, prove-niente da una famiglia, in cui nessuno aveva mai ricevutomagistrature curuli: egli, avendo per primo tali incarichi, nefondava quindi la nobiltà. Il nesso si trova spesso in Cicero-ne (ad es. in De officiis, Pro Murena, Epistulae familiares), e inGiovenale è detto di Cicerone stesso, il quale, pur non prove-nendo da nobile famiglia, aveva salvato Roma dal pericolodi Catilina. Ora la locuzione è usata a indicare una personache si è fatta da sé e che deve la sua fortuna solo ai proprimeriti e non a tradizioni familiari, oppure chi è chiamato a ri-coprire un’alta carica senza aver percorso i gradini inferioridella carriera. Imperium et libertas: impero e libertà. Il motto è famoso

perché Disraeli, in un discorso tenuto il 10 novembre 1879,affermò che esso designava per uno dei più grandi insigniromani il fondamento del potere di Roma, e che non aveva

14 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

IN NOVO VETUS

Marcus Tullius Cicero

Page 15: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

perso nulla della propria validità. Il binomio si ritrova perògià in un’opera del 1605 di Bacone (The two Brooks of the Pro-ficience and Advancement of Learning Divine and Umane, 3,303)il quale la traduce con Government and liberty, e nel 1675Churchill (Divi Britannici, pag. 349) indicò come sua fonte unpasso di Tacito (Vita di Agricola, 3,1), in cui invero esso noncompare, ma comunque si dice che Nerva ha unito due ele-menti prima ben distinti, principatum ac libertatem “il principa-to e la libertà”. Imperium ac libertas, invece è attestato daCicerone (Catilinarie, 4,11,24, Fi-lippiche, 4,4,8) a indicare due di-versi aspetti della potenza diRoma, la sua libertà e il suo am-pio potere su altri popoli; in Sal-lustio, invece, (De Catilinaeconiuratione, 33,4), il bisogno pri-mario della libertà è contrappo-sto all’imperium “voglia dipotere” e alle divitiae, che provo-cano di solito lotte e guerre.Summum ius summa iniuria:

perfetta giustizia perfetta ingiu-stizia. Questo famoso adagio av-verte che applicare rigidamentela legge senza la necessaria dutti-lità e senza attenzione alle situazioni concrete porta a com-mettere gravi ingiustizie: tale formulazione, piacevole per laparadossale contrapposizione polare ius/iniuria, è riferita daCicerone (De officiis, 1,10,33), esplicitamente come proverbia-le ed è poi ripresa testualmente nel Medioevo. In Terenzio(Heautontimoroumenos, 796) e in San Gerolamo abbiamo ma-litia invece di iniuria, in Columella crux; paralleli concettualisi hanno nello stesso Cicerone (Pro Caecina 23,75). Nella rac-colta delle sentenze medievali di Walther sono registrate tut-te queste varianti, nonché altre massime concettualmenteimparentate, come Expedit interdum sancita remittere legum/ne

pereat feritate mala clementia regum “ bisogna talora rilascia-re i dettami delle leggi, perché la clemenza regale non feri-sca a causa della crudeltà. Iudicis sententiam oportet sequiclementiam “la sentenza dei giudici deve essere improntataalla clemenza”, e Si careat pietate rigor pietasque rigorem/nonhabeat, perdit iustum sementia florem “se il rigore manca dipietà e la pietà non è sostenuta dal rigore, la sentenza per-de il fiore della giustizia”.Conscientia mille testes: la coscienza vale come mille testi-

moni. La frase è riportata daQuintiliano come esempio dignome diffusa a livello popolare;l’importanza della coscienza è ri-badita anche da altri autori lati-ni, come ad es. Plauto(Mostellaria, 344,345) e Cicerone(Epistulae ad Atticum 13,28,2: Meamihi conscientiam pluris est quamomnis sermo “per me la mia co-scienza vale di più di ogni di-scorso”; Paradoxa Stoicorum (1.8).Particolarmente celebre è un luo-go di Ovidio (Fasti, 311) doveQuinta Claudia, calunniata, ridedelle calunnie, avendo la co-

scienza perfettamente a posto (conscia mens recti famae men-dacia risit “conscia della propria probità se ne rise della falsitàdella fama”); simile è anche uno di San Girolamo che procla-ma: Sufficit mihi conscientia mea: non curo quid loquuntur homi-nes “mi basta la mia coscienza: non mi curo di quello chedicono gli uomini”. La traduzione della massima di Quinti-liano è diffusa a livello proverbiale in tutte le lingue europee(in italiano abbiamo: La coscienza vale per mille testimoni); im-parentata è anche una sentenza, presente anch’essa in tutte lelingue, secondo cui Una buona coscienza è un buon guanciale. •

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 15

Quintus Horatius Flaccus

Page 16: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

13gennaio 1960: una donna canuta, con un viso bel-lo, nonostante gli 84 anni, su un corpo sformato,giace in un letto di una clinica romana. Vicino a lei

il figlio Walter e l’amico Palmiro Togliatti.Una donna che in amore ha donato molto, in una vasta

apertura umana, muore povera e sola “perché nessuno si èmai sentito la forza di arrivare sino in fondo alla sua animae di sostenerla intera, quella sua anima ricca e veggente”.Per la morte di questa donna Eugenio Montale scrive: “So-pravvissuta a tante tempeste portava ancora in sé, e impo-neva agli altri, quella fermezza e quel segno di dignità cheerano stati la vera sua forza e il suo segreto”. Questa don-na oggi riposa nel cimitero del Verano [area XV,sez 61, grava 52] e sulla sua lapide leggiamo:“Poeta, che credette nel tempo in cui la ter-ra sarà degna del grano, dell’ulivo e del-la rosa”. È sempre stata bella, anzi bellissima

come un’apparizione, ampia fronte, vi-so regolare con fini lineamenti, gesticalmi e regali, portamento da statua, icapelli annodati dietro la nuca, figurasottile, sguardo profondo. Il suo nomeMarta Felicina (Rina) Faccio può non dirnulla, ma l’elegante pseudonimo potrebbedire molto: è Sibilla Aleramo, l’amata, l’im-prevedibile, la ribelle, la femminista mili-tante, la progressista battagliera, l’estro-versa, l’emancipata, la mondana e frequen-tatrice di salotti, in una parola è la scandalosa Sibilla. Consa-pevole della sua bellezza, lascia sempre il lungo collotornito scoperto per dar risalto al suo profilo da cammeo,profilo che fu riprodotto, dallo scultore ed amico LeonardoBistolfi, sulle monete da venti centesimi d’anteguerra, persimboleggiare l’Italia con le spighe in mano. A svelare cheil profilo era proprio quello di Sibilla fu una lettera inviatadal poeta Dino Campana a Giacinta, moglie dello scrittoreG. Papini. Scrive infatti Campana: “Carissima signora, saròinteramente sincero con lei nella speranza che abbia la pa-zienza di leggere la mia lettera e non mi abbia dimenticato.Sappia signora che sui ventini di nichel c’è il ritratto (capel-li fronte e tempie) di una certa signora più fredda tremen-damente e materialmente gelida del metallo stesso”.Chiaramente si riferisce a Sibilla della quale, così come ilPapini, è stato amante.Perché Sibilla? Perché in un certo modo è la profetessa

della nuova immagine femminile; ciò lo intuisce il poeta ca-navesano Giovanni Cena, col quale ha un lungo rapportodi amore e di convivenza. Le dedica un sonetto pubblicatoin Homo: “Io la scopersi e la chiamai Sibilla, palpita in leil’umanità futura…”. Sibilla nome poco amato tanto che neIl Passaggio lei scrive: “Chiara, Letizia, Vittoria. Ed un gior-no, sul rovescio d’un dei foglietti dov’io nella notturna pa-ce della pineta gli sussurravo le mie estasi, egli [GiovanniCena] scrisse ‘Sibilla’. Nome di mistero, che doveva restar-mi, nome nel mio destino, fiero ed altero, nome che non homai amato ma che ho portato come dono periglioso, Sibil-la, fiorito inconsapevole di sua durata quando un solo mi

ascoltava”.Perché Aleramo? Perché la scrittrice “nata amezzo agosto in Piemonte” (Alessandria,14.8.1876) proprio in quella contrada, ap-partenuta ad una potente famiglia me-dioevale che la contese ai Savoia, e cheGiosuè Carducci nella poesia Piemonteaveva chiamato suol d’Aleramo.Sibilla Aleramo trascorre la prima

infanzia a Milano dove termina le uni-che scuole che ebbe modo di frequen-tare, le elementari, e dove prende

sempre più coscienza di sé e della vita, edove si acuisce il senso della solitudine edell’inquietudine morale.Da Milano a Porto Civitanova, “una cit-

taduzza del Mezzogiorno”, perché il pa-dre, un ingegnere appartenente al vecchio ceto borghese,aveva accettato di dirigere una industria chimica. Qui esplo-de la sua bella adolescenza selvaggia, il suo gusto di leggereVictor Hugo, Alexander Dumas, Alessandro Manzoni, Ed-mondo De Amicis, letture giudicate impegnate ed eccessive.Spunta la simpatia per la classe operaia e un vago senso

del femminismo, quella sua passione severa per le ideedell’800. Nell’azienda del padre Ambrogio, dove lavora co-me segretaria, si compie l’evento determinante della suaadolescenza che avrà conseguenze per tutta la vita: la vio-lenza, riparata poi con il matrimonio, da parte di UldericoPierangeli, un impiegato del padre. Da quel momento labellissima Sibilla appartiene ad un uomo che disprezza eche non ama, è in balia di un ambiente chiuso in cui la don-na ha solo il compito di procreare. La maternità non le feceriacquistare nell’intenzione la propria dignità. È il febbraio1901, Sibilla Aleramo é già una firma prestigiosa, é già nota

16 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

DI DONNA IN DONNA

Effigie di Sibilla Aleramosu moneta da 20 centesimi

Page 17: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

per articoletti e articoloni a tendenze socialiste e femministe.A Milano le viene proposta la direzione di una rivistucoladal gran titolo: L’Italia femminile alla quale, pur lavorandoda casa per volere del marito, dàun taglio diverso firmando con lopseudonimo Favilla la rubrica Insalotto e racconta alle lettrici l’ap-prensione della rivista francese LaFronde, giornale diretto, redatto,composto, impaginato e vendutoda sole donne, sul dibattito nato ol-tralpe sulla mascolinizzazione deivestiti e le incoraggia a discutere diemancipazione, di movimentofemminista e di politica.Della sua bellezza e dei suoi

amori si è sempre scritto molto si-no a dare di lei un’immagine disessuale smoderatezza tanto chePrezzolini critica aspramente que-sta donna libera e soprattutto intel-ligente. Questa donna nata non perlegarsi ma per donare a coloro cheincontrava la sua femminilità fre-mente fa strage di poeti ed artisti.Crede nell’amore, che poi è il fil-rouge di tutti i suoi scritti, crede ditrovare nell’amore la comunioned’intenti, la reciproca comprensio-ne e questi numerosi amori per lei sono uno sbocco, uncompenso alla giovinezza infelice.A lei si sono legati, per periodi più o meno lunghi i nomi

più prestigiosi della nostra letteratura del primo novecento.Da Damiani a Cena, da Cardarelli a Papini, da Gerace a Boc-cioni e Cascella, da Boine a Rebora a Franchi, da Parise adEmanuelli, Slataper e Quasimodo. Un parterre de roi.Ma l’esperienza cruciale è il legame lungo e tormentoso

con l’uomo a cui sconvolge il già precario equilibrio menta-le e che sconvolge anche lei el matt di Marradi: Dino Campa-na. E per chiudere il suo amore senile per il giovane FrancoMatacotta. Ma al di là delle sue vicende amorose Sibilla Ale-

ramo ci è ancora sconosciuta. Con la razionalità del pensie-ro maschile “anticipava, e i suoi scritti oltre che la sua vitace ne danno atto, l’intuizione del femminismo più vero per

cui una donna è liberata solo quan-do vive la sua identità senza imita-re l’uomo, senza lasciarsi castrarenei sensi e nei sentimenti.” La scrit-trice, che all’inizio era socialista, at-torno agli anni ’40 fu più pre-disposta al comunismo, ideologi-camente prima, militante poi, fadono dei manoscritti inediti e del-la corris- pondenza conservata nel-l’armadio cinquecentesco della suacasa, la fredda soffitta di Via Mar-gutta, civico 42, al Partito Comuni-sta nominando esecutori testa-mentari Palmiro Togliatti e Ranuc-cio Bianchi Bandinelli. Tutto il suolascito è oggi conservato presso laBiblioteca della Fondazione Anto-nio Gramsci di Roma.È il 3 novembre del 1906, quan-

do Marta Felicina Faccio pubblicala sua opera narrativa; nasce unanew woman, un nuovo modelloculturale modificato dalla condi-zione sociale delle donne del de-cennio giolittiano. Taglia i capelli

e per tre anni va con il capo alla Bruto. Nasce da questo ta-glio una nuova fisionomia e autonomia femminile.Nasce Sibilla Aleramo!La sua opera prima, Una donna, di natura rigorosamente

autobiografica, con quel dramma a base sessuale, è considera-ta dalla critica rivoluzionaria nel suo genere sia per il con-tenuto che per la forma. È scritta tra il 1902 e il 1904, a PinetaSacchetti e Roma, anni in cui lei, abbandonato il marito edil figlio, convive con una figura singolare di letterato e ri-formatore sociale: il poeta dall’esistenza maledetta, Giovan-ni Cena, direttore per oltre trent’anni della prestigiosarivista letteraria Nuova Antologia, ed è con il suo incoraggia-

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 17

Sibilla Alerano (Marta Felicina Faccio)

Page 18: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura
Page 19: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 19

mento che Sibilla scrive un primo canovaccio, rivisto ed am-putato in alcune parti dallo stesso Cena. L’opera colpisce nelleggerla perché non ci sono nomi né di persona [i personag-gi sono chiamati con il ruolo che ricoprono: madre, figlio,marito…] né di luoghi e il titolo con l’articolo indetermina-tivo è semplice e molto generico. Forse le sue intenzioni so-no di rendere la storia una come tante, denunciando lacondizione femminile, rivendica la parità tra i sessi. Da de-cisa femminista afferma che la donna è “più presso alla vi-ta di quel che non sia l’uomo” e da lui si differenzia perintegrarlo e quando la donna l’avrà capito “l’uomo superbodi sentirsi vivo solo quando pensa, si volgerà verso me pen-sosa d’amore e valorizzerà infine questa che egli ha credu-to sempre soltanto forza oscura…”. Sta di fatto che Unadonna, rifiutato dagli editori Treves e Baldini & Castoldi èpubblicato da Sten. Ottiene un succes-so incredibile ed è recensito positiva-mente dagli eminenti critici letteraridei primi anni del secolo breve: Ojetticommenta sul Corriere della Sera: “que-sto libro è sincero è crudele è moder-nissimo”. Dopo la sua recensione illibro, suddiviso in XXV capitoli, costi-tuì un vero e proprio caso letterario.Pirandello, invece, sulla Gazzetta delPopolo scrive: “pochi romanzi moder-ni io ho letti che racchiudano comequesto un dramma così grave e pro-fondo nella sua semplicità e lo rappre-sentino con pari arte, in una formacosì nobile e schietta, con tanta misu-ra e tanta potenza”. Arturo Graf su Nuova Antologia sot-

tolinea che “è un libro degno di alte-rezza di esecrazione di giustizia e dicastigo”. Forse Pirandello e Grafavrebbero preferito “una soluzione in-teramente plausibile, la fuga di lei in-sieme col bambino”, mentre Bon-tempelli, un anno dopo l’uscita del libro, sul Grido del Popo-lo concorda con l’Aleramo: “... è di una precisa e profondaverità psicologica ed io vi sento una vastità d’orizzonti chenon ho saputo penetrare bene ancora, né forse saprò datele mie scarse conoscenze in materia di idealità e lotte fem-ministe ma tuttavia ne sento l’efficacia artistica molto be-ne”. Nel 1950 l’editore G. Feltrinelli invita un critico digrande misura a scrivere l’introduzione alla ristampa delromanzo: Emilio Cecchi, che finora aveva taciuto sul roman-zo, quarantaquattro anni dopo, con una recensione dalle li-nee pacate e classiche, riconosce la statura superiore allamedia di questo libro: “Devo ammettere che Una donna haun accento, una forza di convinzione tutta speciale. Questoromanzo ci venne da una scrittrice giovanissima, autodidat-ta venuta su un cantuccio di provincia…Una donna non puòche raccontare la via Crucis della sua solitudine, che per ra-gioni ogni volta diverse è poi simile a quella di tante altrecreature”Due anni dopo, (1908), la casa editrice francese di Cal-

mann-Levy, su suggerimento del premio Nobel per la lette-ratura Anatole France, pubblica il romanzo con la tra-duzione di Pierre Paul Plan. Negli anni a seguire fu pubbli-cato in inglese, spagnolo, svedese, tedesco, polacco e russocon un’ottima critica di Maksim Gor’kij. Era certamente de-

stinato ad essere il primo romanzo della nostra letteraturafemminile circondato dallo scandalo, e se da un lato potevasembrare una rivendicazione di indipendenza, di libertà al-lo stato puro dall’altro fu invece una coraggiosa confessio-ne, un romanzo d’amore e di dolore, straziante e creativo,spietato e sensibile.

Una donna, con il romanzo Casa di bambola di Ibsen, a cuiSibilla fa riferimento non è considerato solo come la “Bibbiadel femminismo”, ma un testo fondamentale dell’ideologiafemminista, un documento storico e attuale nello stessotempo, ma è soprattutto un’opera d’arte che suscita interes-se, critiche, discussioni, pregiudizi. Alla base del romanzo vi è la difficile storia personale, con

alle spalle un malessere che affligge il suo matrimonio ripa-ratore e la sua volontà nel non accettare un marito geloso

che la picchiava, che le impediva di af-facciarsi alla finestra o di uscire da ca-sa. Solo l’amore per il figlio “poveropiccolo palpitante cuore” le dà la for-za di sopportare il marito “inutile edestraneo” alla sua vita, amore che fre-na il desiderio di essere libera ma allafine è l’amore verso se stessa a vincere.Sibilla rifiuta sempre con fermezza ilruolo storicamente tradizionale delladonna, “la cura empirica dei figliuoli,la cucina e la chiesa”, per cui decide diabbandonare il marito ed il figlio.Queste rinunce non fermano la stradadella costruzione di una nuova perso-nalità non soggetta a doveri e pregiu-dizi. Scelta difficile e sofferta la sua,che fece molto discutere, ma lo fa perriscattare la propria dignità “con laconvinzione (come scrive Bontempel-li) che anche la donna ha diritto di darun compiuto svolgimento alla propriaindividualità, a questa convinzione el-la sacrifica quell’amore, e si lascia se-

parare dal figlio”. Questo abbandono dà molto spessore alromanzo, certo non fu un caso se con la sua pubblicazionenasce una vivace discussione attorno ad esso. Molti hannosottovalutato il valore letterario per concentrarsi sul gesto,sulla decisione finale di abbandonare il marito e staccarsidal figlio. Donna libera quando i costumi impongono di es-sere sottomessa all’uomo, donna libera “oltre che dalle con-venzioni, dalla retorica e dal pregiudizio dell’ideologia edella politica”, vissuta senza proibizioni e “per questo rap-presenta una pericolosa forza eversiva che non può essererinchiusa in nessuna cornice e catalogata con nessuna eti-chetta”.Sibilla Aleramo nella sua copiosa produzione ha un con-

tinuo rinnovamento di modi, una femminilità ricca e appas-sionata, espressa con chiarezza impetuosa ed audace chenon può essere misurata col metro della morale. Bisognacomprendere che i valori dell’amore non sono di certo infe-riori a quelli della razionalità e dell’ordine. E Sibilla, che èriuscita a ritagliarsi un ruolo nella scena culturale a cavallotra i due secoli, lo ha intuito se nel 1950 scrive in una dellepoesie: “Incinta sono di te, donna che vivrai sul domani delmondo”.Intende forse questo mondo? Credo di no. •

Rosanna Verter

Sibilla in un ritratto di Guttuso - 1951

Page 20: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Il comandante T.V. Junio Valerio Borghese diede l’enne-sima occhiata al grosso orologio della sala manovrapoi, finalmente, dopo ore di febbrile attesa, impartì

l’ordine secco e perentorio: “Quota periscopio”. Alle ore20.47 del 18 dicembre 1941 dalle oscure profondità del ma-re, a poche miglia dal portodi Alessandria d’Egitto,spunta silenzioso il perisco-pio di un sommergile. Èquello del sommergibile ita-liano Scirè, temutissimo dalleforze nemiche inglesi, chedopo aver controllato accura-tamente che le acque davantial porto fossero sgombre danavi nemiche, rilascia in ma-re 3 SLC, siluri a lenta corsadenominati comunemente“maiali”: sono il 221, 222 e223, pilotati rispettivamentedal Tenente di Vascello Luigi Durand de La Penne coadiu-vato dal Capo palombaro Emilio Bianchi, dal CapitanoGenio Navale Antonio Marceglia con il Sottocapo Palom-baro Spartaco Schergat e dal Capitano Armi Navali Vin-cenzo Martellotta con il Sottocapo Palombaro MarioMarino.Le operazioni di rilascio dei tre mezzi vengono eseguite

regolarmente, seppur con qualche difficoltà non prevista.Appena svincolati dal sommergibile vettore, i tre maiali siportano in superficie e, navigando in formazione affianca-ta, si dirigono senza esitazione verso i bersagli prefissati: le

navi militari inglesi alla fonda nel porto di Alessandria.Dopo circa un’ora di navigazione, i sei incursori sono in

prossimità della costa, riconoscono il palazzo reale e, navi-gando in prossimità della scogliera, proseguono sino adarrivare al traverso di Ras El Tin. Alle 23.00 navigano in

prossimità del molo esternodel porto.Procedendo sempre in su-

perficie si avvicinano cosìtanto alla diga foranea, dasentire persino il parlottaredelle sentinelle, che vigilanosull’ingresso del porto e no-tare che una di loro va su egiù lungo la diga foranea conuna lampada a petrolio, illu-minando di tanto in tanto lasuperficie del mare e qualcheanfratto nella scogliera.La vigilanza è anche effet-

tuata da un motoscafo che, navigando lentamente in pros-simità del molo, lancia in mare, ad intervalli regolari,alcune bombe per dissuadere eventuali mezzi insidiosi,ma ormai il dado è tratto e i sei impavidi perseverano nel-la loro missione.“Accertata presenza in porto due navi da battaglia. Pro-

babile portaerei. ATTACCATE”. Questo era l’ordine ine-quivocabile che avevano ricevuto da Supermarina.Inaspettatamente i fanali che delimitano i canali navi-

gabili per l’ingresso e l’uscita dal porto si accendono. Trecacciatorpediniere sono prossimi ad uscire dal porto. Si-

20 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

GENTE DI MARE

L. Durand de La Penne Emilio Bianchi

Vincenzo Martellotta Mario Marini Antonio Marceglia Spartaco Schergat

Page 21: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 21

curamente, pensano i sei arditi, il motoscafo di sorveglian-za si farà da parte per non ostacolare le navi in transito ele reti che costituiscono lo sbarramento del porto sarannoabbassate. L’occasione è ghiotta, bisogna approfittare del-la momentanea apertura e cercare di passare tra le navi intransito col rischio di essere speronati e nella speranza dinon essere visti dal personale di bordo impegnato al postodi manovra.Come previsto, il motoscafo si fa da parte e i tre mezzi,

navigando immersi a pelo d’acqua soltanto con la testa delpilota fuori dall’acqua, senza autorespiratore, passano trai tre cacciatorpediniere in uscita. Le onde provocate dalpassaggio delle navi sballottano i tre maiali che perdono ilcontatto tra loro, ma la rischiosa manovra ha successo epassano indenni.De La Penne chiama in superficie il suo compagno Bian-

chi: “Tutto bene?” - “Si” – “Hai paura” – “Si” – “Anche io.Andiamo” e decisi a tutto, costeggiando i frangiflutti alladistanza di un metro per sfruttare al meglio la zona d’om-bra, i due si dirigono verso l’obbiettivo.Superati senza essere visti due incrociatori ormeggiati di

poppa e la nave “Lorraine”, finalmente De La Penne avvi-sta la grande sagoma scura del suo bersaglio. E’ la coraz-zata “Valiant”. Una nave da 27.000 tonnellate armata con 42cannoni di vario calibro, 58 mitragliere antiaereo e 4 tubilanciasiluri sommersi.De La Penne pilota il suo siluro a pelo d’acqua attraver-

so una zona illuminata sempre con la sola testa fuori dal-l’acqua sino a portarlo in direzione del centro nave, ma a50 mt. dalla meta incappano in un ostacolo imprevisto: unarete di corda sorretta da una miriade di boe in metallo di-stanziate mezzo metro una dall’altra e un cavo d’acciaio.Con l’aiuto di Bianchi effettua alcuni tentativi di alzare larete e passarci sotto. Niente da fare, la rete, ancorata pe-santemente sul fondale, non si alza. Bisogna trovare unvarco, un passaggio più facile.

L’incursore dirige il mezzo verso la prora della corazza-ta trovando alcune boe leggermente più distanti fra loro.Bisogna passare sopra il cavetto e la rete cercando di non

Sommergibile “Scirè”

HMS Valiant con le reti di protezione

Page 22: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

urtare le boe per non fare rumore. Il passaggio, purtroppo, crea degli inconvenienti: l’elica

del maiale rimane impigliata nel cavetto d’acciaio che sor-regge la rete e alcune maglie della rete stessa. De La Pen-ne e Bianchi riescono a liberare a fatica il mezzo e sirimettono in rotta dopo essersi immersi ad una profondi-tà di 7 mt.Qualche minuto

dopo il mezzo ur-ta la carena e,sbandando da unlato, si allaga eprecipita sul fon-do. De La Penne ècostretto a risalirein superficie percontrollare la suatenuta; da quandoè fuoriuscito dalsommergibile lasua muta stagnaha fatto acqua, èbagnato e intirizzi-to dal freddo. Ri-preso il pienocontrollo della si-tuazione ridiscen-de sul fondo melmoso e cerca di rimettere in moto il siluro.Non parte. Si dirige a tentoni verso la parte poppiera delmezzo e solo allora si accorge che il suo secondo uomo,Bianchi, non è più con lui. Nel suo rapporto personale sul-la missione De La Penne scriverà… “Ritengo che non debbolasciare a galla il palombaro perché sarebbe un segno troppo evi-dente della nostra presenza e, considerando che se a bordo fossestato dato l’allarme, sarei stato danneggiato dalla eventuale rea-zione, e quindi sarei stato costretto ad innescare le spolette per ilminimo tempo possibile al fine di fare almeno qualche danno, de-cido di salire a galla per recuperare Bianchi. A circa 4 mt. sonoilluminato da un riflettore. Continuo a salire. Arrivato in super-ficie, sempre nella luce del riflettore,non vedendo il palombaro enotando che a bordo regna la calma assoluta,decido di portarel’apparecchio sotto la nave.

Mi immergo nuovamente e vado all’elica dell’apparecchio pertentare di liberarla. Un cavo di acciaio vi si è incattivato e nonmi è possibile toglierlo. Siccome l’apparecchio non si muove, loalleggerisco e tento di muoverlo portandomi sul fango e lavoran-

do con le due mani sul parabrezza.L’apparecchio si muove di qualche centimetro ma non riesco a

leggere la bussola a causa delle nubi di fango che sollevo dal fon-do lavorando. Sento il rumore di una pompa alternativa e cercodi dirigermi verso di essa ritenendo che potrò dirigermi con suf-ficiente esattezza guidato dal rumore che produce.

Gli occhiali sonoappannati e non ve-do più nulla. Mi fer-mo e tento di puliregli occhiali allagandola maschera, poi ten-to di scaricare l’ac-qua ma non ci riesco.Devo berla. Rico-mincio a trascinarel’apparecchio. Sonotormentato dal pen-siero di come potròfare il lavoro in care-na. In quel momentomi sembra di non po-ter continuare perl’eccessiva fatica eper l’affanno e di do-vere quindi andare agalla. La vicinanza

del bersaglio però mi da la forza, non sono preoccupato per lebombe, ma solo del riposo per un paio di minuti.

Il rumore della pompa è ora più forte. Ricomincio a trascinarel’apparecchio e sento che mi avvicino a causa dell’aumentare deirumori provenienti da bordo. Gli ultimi metri sono i più duri, la-voro meccanicamente senza capire dove vado e cosa faccio. Sonotrascorsi 40 minuti da quando ho iniziato. Finalmente urto loscafo della corazzata con la testa. Metto immediatamente in mo-to le spolette per evitare che qualche bomba mi impedisse di ter-minare la missione e ricomincio a trascinare l’apparecchio fino alcompleto esaurimento delle forze.

Copro il cruscotto con il fango per impedire che la sua lumino-sità possa indicarne la presenza e mi porto a galla lungo lo sca-fo. Mi tolgo l’autorespiratore e, dopo averlo affondato, cerco diallontanarmi, ma dopo dieci metri le urla provenienti da bordo euna raffica di mitra me lo impediscono. Ritorno quindi verso lanave dirigendomi verso prora. Lì trovo Bianchi che mi dice di es-sere svenuto e di essersi ripreso in superficie. Lo informo che lespolette sono in moto. Intanto da bordo i marinai inglesi ci irri-dono pensando che la nostra missione sia fallita: parlano di ita-liani. Faccio notare a Bianchi che, se aspettano un paio d’ore,avranno una diversa considerazione per gli italiani”.I due sabotatori vengono prontamente raggiunti da un

motoscafo inglese con alcuni soldati armati che li issano abordo (sono circa le 04.00 del mattino e hanno trascorso inacqua poco più di sette ore), li sottopongono a perquisi-zione, li privano dei loro orologi subacquei, controllano sesono armati e quindi li portano sulla Valiant perché sianointerrogati. Inutilmente. Dalla bocca dei due italiani nonuna parola sullo scopo della loro missione. Il comandantedella nave, Charles Morgan, chiede più volte ai due dovehanno piazzato l’esplosivo, poi, davanti all’ostinato silen-zio dei due prigionieri, ordina che siano rinchiusi in un lo-cale a prora e sottoposti a sorveglianza armata.Quando De La Penne si rende conto che mancano una

22 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

I “maiali” si svincolano dal sommergibile

Page 23: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

manciata di minuti all’esplosione, chiede alla sentinella diessere portato al cospetto del comandante. Viene subito ac-compagnato a poppa alla presenza del comandante Mor-gan, al quale rivela che mancano pochi minutiall’esplosione e che poteva approfittarne per mettere in sal-vo l’equipaggio.Il Comandante, stizzi-

to, ordina che sia riporta-to nella cala adibita acella e, mentre De LaPenne attraversa sottoscorta la nave, sente glialtoparlanti impartirel’ordine a tutto l’equipag-gio di recarsi a poppaperché la nave era stataattaccata dagli italiani.Bianchi era stato porta-

to via dalla cella improv-visata. De La Penne èsolo quando qualche mi-nuto dopo la caricaesplode proprio nelle vi-cinanze del locale doveera stato rinchiuso. Non ha riportato ferite, e fortunosamen-te risalendo al buio la scaletta, trova il portellone aperto. Sidirige verso poppa dove tutto l’equipaggio era radunato estava ricevendo gli ordini necessari per tentare di salvare lanave che, sbandando a sinistra di 5/6 gradi, affonda ineso-rabilmente adagiandosi sul fondale di 17 mt. lasciandoemersa solo la parte poppiera e i ponti superiori.Al suo passaggio i marinai inglesi che qualche ora prima

lo avevano deriso si alzano in piedi in segno di rispetto e ri-conoscenza, perché avvisando il Comandante della immi-

nente esplosione ha evitato che ci fossero vittime. Raggiun-to il Comandante Morgan, gli chiede di Bianchi. Non ottie-ne risposta e gli ordinano di tacere. Va quindi verso poppaestrema e si mette a guardare verso la “Queen Elizabeth”ormeggiata a qualche centinaio di metri.

Passa qualche minuto e la“Queen Elizabeth” salta inaria. Subito dopo una secon-da esplosione coinvolge lanave cisterna “Sagona” e ilcaccia inglese “Jervis”.L’azione degli altri due “ma-iali” ha avuto successo; lamissione dei sei uomini èstata portata a termine.Qualche giorno dopo

Winston Churchill riferirà alParlamento inglese che:“…sei italiani equipaggiati conmateriali di costo irrisorio han-no fatto vacillare l’equilibriomilitare in Mediterraneo a van-taggio dell’Asse”Al termine del conflitto, il

comandante Charles Morgan, divenuto Ammiraglio, chie-se al governo italiano l’onore di appuntare personalmentesul petto di Luigi Durand De La Penne la medaglia d’oroal valor militare a lui concessa per l’azione di Alessandria,intendendo così “esprimere il suo cavalleresco compiacimentoe quello della Marina britannica a tutti gli assaltatori e a tutti imarinai italiani che con onestà profonda e grande eroismo han-no cercato di servire nel miglior modo possibile il loro Paese”. •

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 23

L’Amm. inglese Charles Morgan decoraDurand De La Penne

Salvatore Chiffi

Page 24: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Non si è mai spento il ricordo né il profumo gioioso diquell’atmosfera davvero d’altri tempi, quando nella no-stra casa in via Fedele Albanese 12 a Galatina, come in

tutte le case di tutti i paesi del Salento, si festeggiava il SantoNatale. In purezza e semplicità, e con intensa partecipazioneemotiva.

Allora tutti noi, con grande eccitazione - piccoli e grandi,mamme e papà, zie e zii, e alla bisogna anche qualche ospite (disolito un paio di vicine di casa, rimaste vedove e sole) -, capeg-giati dalla sempre gioiosa nonna Anna, madre di undici tra figlie figlie, vissuta fino alla soglia dei cent’anni - riempivamo la sa-la grande, accalcati attorno al fatidico tavolo ovale, in un’atmo-sfera di rotonda allegria piena, schietta e gioiosa.

Anche se la nostalgia gioca spesso qualche scherzo alla memo-ria, e magari ti porta a esagerare un po’, lo spirito del Natale, ie-ri come oggi, è sempre magico e del tutto unico: col forte desideriodi rievocare quell’atmosfera d’incanto e d’allegria, quasi che queigiorni semplici e gioiosi di tempi lontani meritino nel nostro ri-cordo una valenza ben superiore al reale. Sicché, anche la crona-ca e la piccola storia si vestono talora di un po’ di leggenda. Equesto, nella ricorrenza festosa del Natale, è da considerare sem-pre un bellissimo regalo a chi sa conservare ancora un cuore fan-ciullo.

1. La leggenda dell’Albero di Natale.La zia Teresina era quella che di solito apriva con il pri-

mo ‘cuntu’ o favola. Agli inizi era seria e compunta in taleimpegno, e muoveva pensosamente gli occhi, che brillava-no di una luce magica, osservandoci a uno a uno sempresorridente, e alzando o abbassando il tono della voce, inrapporto all’atmosfera che intendeva descrivere. Comequella, davvero emozionante, nella leggenda dell’Alberodi Natale, che lei aveva appreso da un suo giovane inna-morato tantissimi anni prima. La leggiamo insieme, imma-ginando di essere tutti raccolti intorno al tavolo ovale…In un tempo lontano, appena fuori paese, proprio alla vi-

gilia di Natale, un ra-gazzino svelto e intra-prendente fu mandatodalla madre nel boscovicino per tagliarequalche ceppo di le-gna da bruciare nel ca-mino, e onorare così,in un’atmosfera di ca-lore, la tradizione del-la Notte Santa. Attardatosi nel bo-

sco più del previsto, ecalata rapidamentel’oscurità, il ragazzonon riusciva a ritrova-re la strada di casa, edopo qualche inutiletentativo di orientarsi,stanco e infreddolito, econ un po’ di tremarel-la addosso, si addor-mentò, rannicchiando-si vicino al tronco diun solido abete. Presto cominciò an-

che a nevicare. E accad-de allora che il grosso albero abbas-sasse i suoi rami fino al suolo come inun abbraccio, in modo da formare un vero e proprio rico-vero per proteggere dal gelo il ragazzino, che si era ran-nicchiato su se stesso, e pur tremando, aveva preso subitosonno. Per l’intera notte, in lungo e in largo, e tra mille dif-ficoltà, tutti gli abitanti del villaggio, che si erano messi al-

la sua ricerca con fiaccole elanterne e lo chiamavano agran voce, non ne trovaronotraccia alcuna, finché - allospuntare dell’alba del giornodopo, col primo chiarore diluce - poterono infine loca-lizzare e riabbracciare sano esalvo il piccolo eroe. Notan-do, altresì, l’incredibile e me-raviglioso spettacolo chequell’abete offriva, ricco didecorazioni luminose avvol-te tutte intorno all’albero,dalla cima fino a terra: ungioco di straordinari effettisfavillanti che il sole appenasorgente faceva brillare e ri-splendere tramite i cristallidi neve e il riverbero deighiaccioli sui rami. Nasceva

24 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

USANZE E COSTUMI SALENTINI

Quando muoiono le leggende �niscono i sogni.Quando �niscono i sogni, �nisce ogni grandezza.

Il fascinoso Leggende di Antonio Me

Galatina (LE) - Chiesa della SS. Trinità o dei Battenti - La Natività

Page 25: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

così la tradizione del-l’albero di Natale, ric-camente addobbato dinastri e di luci.2. La leggenda dellaStella di Natale. Era poi il turno della

zia Cetta a offrirci lasua storia. Spesso sup-portata, nella narra-zione, dalla zia Tries-tina, la sorella minore(nata nel 1918, fu cosìchiamata per onorare lacittà di Trieste, che inquello stesso anno erastata incorporata al Re-gno d’Italia: nobile segnopatriottico di suo padre,il nostro patriarca nonnoPaolino).Di solito, essendo

una sensibile e ingua-ribile sentimentalona,la zia Cetta racconta-va molto lentamente,quasi a singhiozzi o a

sospiri, scusandosi di tanto in tantocon un radioso sorriso o con una lacri-

muccia di commozione. Se si commuoveva troppo, la ziaTriestina la scuoteva con una gomitata. E finivano col liti-gare, un po’ anche per gioco: un divertentissimo ‘sipariet-to’ di pochi minuti, giusto per riprendere fiato...Anche il protagonista di questa leggenda è un ragazzino.

Anzi, un piccolo bimbo. Che era, peraltro, molto povero.Tanto che, negli anni lontanissimi in cui l’episodio era av-venuto, il piccolo bimbo, accompagnato dai genitori, eraentrato in chiesa a piedi nudi, dirigendosi deciso per offri-re un dono a Gesù Bambino. Il dono era un triste mazzetto di ramoscelli storti e ma-

linconicamente secchi. Un mazzetto così triste che il bim-bo stesso, vergognandosi, si mise a piangere. Più di unalacrima finì tra quei ramoscelli. Finché, quasi d’incanto,quei rametti rinsecchiti si trasformarono in un fiore rossobrillante a forma di stella, coronato da innumerevoli foglieverdi e piene di rugiada, che ne esaltavano ancor più labellezza. Era nata la stella di Natale. Una tradizione che, daallora, rende il Natale più lieto e festoso.

3. La leggenda dei Re Magi e della Befana.Forse, quella che noi bambini aspettavamo di più, era la

leggenda dei Re Magi e della Befana. Veniva raccontatasempre dalla zia Ninetta, moglie di zio Pippi, che con lacadenza della voce un po’ nasale, e il curioso dialetto diCopertino, suo paese d’origine, ci faceva ridere a crepapel-

le (ma anche lei, sotto sotto si divertiva...).I Re Magi - raccontava la zia Ninetta - erano così chia-

mati perché erano dei Maghi. I loro nomi erano Gaspare,Melchiorre e Baldassarre, e andavano in giro per guarire lepersone ammalate, in cambio di una minestra, di un po’ dipane, e un bicchiere di vino. «Venivano da molto lontano...da una terra sconosciuta... - spiegava la zia Ninetta, con unvocione cupo e tremolante - ...dove non canta gallo e nonluce luna». A questo punto ci mettevamo sempre paura estavamo zitti per un bel po’, ma dopo neppure cinque mi-nuti qualcuno iniziava a fare il verso alla zia, imitandolacol vocione: «...doveee non cantaaa gallo e non luce luna-aa...». E giù risate generali. Ma anche qualche rimprovero,perché la zia doveva proseguire per raccontarci infine del-la Befana. Non solo: ma la nostra Befana (come abbiamoscoperto alcuni anni dopo, quando siamo cresciuti) eraproprio la zia Ninetta, che si travestiva da vecchietta, conuna gobbetta finta, e senza farsi vedere, metteva nottetem-po i regalini per tutti noi nelle rispettive calze.Una leggenda nella leggenda, se vogliamo. In un tem-

po, tutto sommato, non lontanissimo, quando tutti noi,grandi e piccoli, in tutte le famiglie del secondo dopo-guerra, eravamo più ingenui o forse più semplici e spon-tanei. Bastandoci, molto spesso, alcune piccole cose persentirci felici.Auguri! •

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 25

eggende �niscono i sogni.Q � gni, �nisce ogni grandezza.

mondo dellee di Natale

ele ‘Melanton’

Galatina (LE) - Chiesa del CarmineAltare del Santissimo Presepe realizzato nel 1736

Page 26: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

La figura dell’intellettuale Gino Pisanò, filologo, criticoletterario, storico della cultura, nato a Casarano il 26giugno 1947 e morto a San Giovanni Rotondo il 18

marzo 2013, viene ricordata in un recente libro edito dallaSocietà di Storia Patria sezione di Lecce, intitolato “Qui do-ve aprichi furono i miei giorni”. La luminosa humanitas di GinoPisanò.2 Il volume, a cura di Fabio D’Astore e Mario Spedi-cato, raccoglie una serie di testimonianze da parte di amicie studiosi, oltre al profilo bio-bibliografico. Ordinario di La-tino e Greco nei licei, è stato docente di Storia delle Bibliote-che, presso la Facoltà di BeniCulturali dell’Università degli Stu-di di Lecce. Gino Pisanò aveva unacultura enciclopedica, perché insa-ziabile era la sua curiosità, varia lagamma degli aspetti su cui si ap-puntava il suo interesse erudito. Sipoteva dire esponente di quellahumanitas, come intesa nel Quat-trocento e nel Cinquecento, checonsiderava le humanae litterae, ilterreno di confronto, il mezzoprivilegiato di comunicazionespirituale, ovverosia di una co-munica- zione alta, ad ampioraggio, non chiusa, elitaria, setto-riale, parcellizzata, come pur-troppo sta tornando ad essereoggi il sapere. Suoi riconosciutimaestri furono Oreste Macrì,Mario Marti, Donato Valli.Pisanò era anche poeta. Clema-

tides, la sua esordiale raccolta poe-tica, è anche una delle sue primeopere3. Sebbene questa rappresenti un unicum nella sua car-riera, emergono dalla raccolta l’amore per i classici greci elatini, la devozione filiale per la terra madre, l’interesse filo-logico ed erudito, il gusto della scrittura colta, lo scavo pi-scologico, insomma tutti i temi che hanno accompagnato lasua lunga carriera.Fittissima, la sua attività di conferenziere. Presidente, dal

2000 al 2008, dell'Istituto di Culture Mediterranee della Pro-vincia di Lecce, era anche membro del comitato tecnico distudio del Parco Letterario "Quinto Ennio” della stessa Pro-vincia. Nell’incarico all’Istituto di Culture Mediterraneeprofuse moltissime energie. Da umanista, non poteva resta-re insensibile al grande fascino esercitato dal Mare Medi-

terraneo. In un’intervista, rilasciata allo scrivente per un pe-riodico locale, nei primi anni Duemila, disse: “Il Mediterra-neo, prima ancora di essere un luogo fisico, ossia una rete viarialiquida e un immenso contenitore di bio-diversità, è per me un‘luogo mentale’: è lo spazio sociologico nel quale è nata la demo-crazia greca antica, nel senso che furono i viaggi dei greci, i loroincontri, le loro scoperte di nuovi popoli e costumi, i confronti framentalità diverse a far nascere nel DNA di quel popolo l’idea del-la relatività della conoscenza, sottesa alla crisi di ogni certezza edi ogni assolutismo. Questo era in fondo il magistero di Socrate,

questo era il senso della strutturadialettica del teatro tragico ateniesedel V secolo a.C. Lontano dal Medi-terraneo, sulle montagne e nei deser-ti, nacquero i grandi imperi e i loropoteri assoluti, donde il contrasto frala civiltà politica panellenica e la bar-barie persiana. Il Mediterraneo dun-que è il simbolo della cultura oc-cidentale: Odisseo si forma e maturasul mare diventando, da astuto, sag-gio. La miriade di porti del Mediter-raneo può diventare simbolo di quellacultura dell’accoglienza, della tolle-ranza e della solidarietà che dovrebbestare alla base del nostro essere euro-pei, eredi di Socrate, di Cristo, di Vol-taire. Il Mediterraneo è un tourbillondi razze, lingue, odori e colori diver-si. Il Mediterraneo lambisce anche ipaesi del Medio Oriente. È sempre ilMediterraneo che ha visto il dispie-garsi della grande civiltà arabo-isla-mica; oggi l’islam rischia di diventare

un luogo comune come civiltà antitetica a quella occidentale o ad-dirittura come antagonista perenne”.4Parole profetiche, se si pensa che oggi non soltanto stiamo

vivendo un ritornante scontro di civiltà, fra Occidente eOriente, ma anche, in seguito agli esodi massicci di profu-ghi dalle coste africane e mediorientali, un asperrimo dibat-tito interno sulle politiche migratorie fra forze dellareazione, latamente xenofobe, che lavorano a piani di indif-ferenziato respingimento, e forze progressiste aperte di con-verso ad una accoglienza indiscriminata. Ricevette numerosi premi durante la carriera. Nel 1997, il

professor Osvaldo Giannì gli dedicò un profilo sulle paginedella rivista della Società di Storia Patria sezione di Maglie,

26 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

LETTERATI SALENTINI

Prof. Gino Pisanò

““ F o r s a n e t h a e c o l i m m e m i n i s s e i u v a b i tF o r s a n e t h a e c o l i m m e m i n i s s e i u v a b i t ”” ( 1 )( 1 )

R ico rdo de lp ro f . G ino P ISANÒ

di Paolo Vincenti

Page 27: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

con una bibliografia dei suoi scritti, seppure parziale5. DaMario Marti, forse più di tutti, aveva mutuato il fondamen-to metodologico, di derivazione crociana, con cui si approc-ciava ai problemi testuali, all’esegesi critica, allo scavoerudito, all’approfondimento delle tematiche che volta pervolta affrontava, in continuità con gli studi già inauguratidallo stesso Marti, da Vallone, Mangione, Valli, Dell’Aqui-la, Rizzo, Giannone. E quanto aicriteri ispiratori della sua ricer-ca, egli stesso invocava « a lorobeneficio (ma anche a testimo-nianza della mia attenzione peril “certo” e il “vero”) quantoGiovan Battista Lezzi scriveva aMarco Lastri nel presentargli lasua Biblioteca salentina: “Procu-ro di dare un’idea la più esatta del-l’autore, do un giudizio, qualunquesiasi, delle opere da lui scritte e per-ciò cerco di vederle in fonte”».6A Giovan Battista Lezzi volle

intitolare la rinnovata BibliotecaComunale di Casarano quando,nel 2005, dopo due anni di lavo-ro, venne riaperta al pubblico.Ben 4010 volumi, inventariati, catalogati e classificati da Pi-sanò. In occasione dell’inaugurazione, intervistato sul valo-re che una biblioteca può continuare ad avere nell’era diInternet, egli, da esperto di biblioteconomia e storia dellebiblioteche, non poteva che rispondere così: “È il luogo del-l’aggregazione, è lo strumento contro la dispersione scolastica, èun servizio sociale, è un istituto della democrazia. Pertanto, la bi-blioteca deve essere arricchita da una ludoteca per bambini, unaemeroteca, una discoteca, ecc., per diventare come la Public Libra-ry del mondo anglosassone. Va sfatata la concezione della biblio-teca pubblica come luogo claustrale. Internet non basta: comunicaun sapere universale ma non scientificamente documentato e per-ciò assolve solo a un compito divulgativo. La ricerca è altra cosa:richiede approfondimento, indagini documentali (le fonti, per

esempio), confronti testuali e intertestuali. Ma soprattutto lo stu-dio in biblioteca eroga, insieme con i suoi silenzi, stimoli per unaricerca sempre in progress, dietro la quale si annida il fantasmadella nostra limitatezza. E questo è il primo vero segnale che si èsulla strada giusta per conoscere prima sé stessi e poi il mondo”.7In occasione della sua scomparsa, scrive Gigi Montonato,

in un commosso ricordo dell’amico e collega: “La sua è statauna delle pochissime voci di questiultimi trent’anni a recuperare la di-mensione greca della nostra cul-tura, in un incontro ideale col Ga-lateo; a stabilire un rapporto con lenostre radici elleniche, che la crisisugli studi classici ha lasciato ina-ridire. Dall’amore per la Grecia al-l’amore per la cultura tedesca, chepiù di ogni altra, con la filosofia econ la poesia, ha dato alla civiltàeuropea importanti segni di identi-tà, il passo è breve. Gino era affa-scinato dai grandi filosofi e poetitedeschi quanto lo era di Omero edei lirici e tragici greci, di Euripide,di Sofocle, di Eschilo, ma anche diAristofane. L’affetto e l’ammirazio-

ne per Francesco Politi, il germanista di Taurisano, trovava linfacostante nelle belle traduzioni dal tedesco di Rilke, di Holderlin,di Nietzsche, che Gino riprendeva nei suoi scritti e di cui si face-va interprete a sua volta”. E conclude: “La sua scomparsa impo-verisce il panorama culturale salentino e lascia in chi lo haconosciuto un senso di vuoto e di tristezza. Consola che per quel-lo che ha fatto Gino, come il suo Orazio avrebbe detto, non mori-rà del tutto!”.8Su alcuni intellettuali in particolare concentrò i suoi sfor-

zi: Girolamo Cicala nel Seicento, Ignazio Falconieri, GiovanBattista Lezzi, Francesco Antonio Astore, nel Settecento,Giacomo Arditi nell’Ottocento, Macrì, Bodini, Caproni, Pa-gano, Comi, Pierri, Corvaglia nel Novecento. L’esegesi deipassi poetici, le curatele e le note di lettura, la traduzione

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 27

Il prof. Gino Pisanò riceve la “Civetta d’argento”dai soci del Circolo AthenaG. Sticchi e F. Volante

Page 28: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

delle più impenetrabili epigrafi latine, la riflessione filosofi-ca, procedevano di pari passo con la sua opera di divulga-zione. Intrinseca finalità, quella di trarre fuori di orfanezzapiccoli e grandi avvenimenti, date e personaggi illustri, periuvare mortales, come diceva il suo amato Livio, cioè sottrar-re l’oggetto dei suoi studi all’oblio. “Forsan et haec olim memi-nisse iuvabit”, proprio come l’insegnamento di Virgilio, cheaveva messo in epigrafe al suo volume su Falconieri.9 Conabbondanza di dottrina, si soffermava sui vari aspetti, nel-la disamina storico critica di un autore greco o latino, op-pure del Rinascimento o del Romanticismo, di uncomponimento poetico, di un racconto o di un romanzo,sempre inquadrando l’oggetto d’analisi nel contesto socialein cui si colloca, con approccio multidisciplinare.Il registro alto della scrittura è certo uno dei connotati del

suo stile. Egli aveva il culto della parola ed in tutti i suoi te-sti usava una prosa dotta, volutamente ricercata, intrisa diechi tardottocenteschi e novecenteschi, ma forgiata, comeegli avrebbe detto, sull’incudine letteraria dei classici. Laparola nei suoi scritti sifaceva elegante, il suolessico, impreziosito daaulicismi, disseminato ditermini desueti, forestie-rismi, o termini presi aprestito da altri linguag-gi settoriali, era diventa-to un marchio di fab-brica, e la sua sintassi co-sì elaborata, traboccante,a volte involuta, ma tal-mente originale da far fa-miliarizzare il lettore piùprovveduto, che ricono-sceva un suo scritto sen-za vedere la firma. Avolte, ingaggiava quasiun corpo a corpo con lalingua, fino ad ottenerne effetti straordinari, ricercando perlo stesso tema immagini diverse, che d’altronde rampollava-no con facilità dal suo universo di conoscenze, fino a torce-re la lingua in una resa polisemica con utilizzo anche dicalchi semantici e morfologici. L’ultima opera di Pisanò è un volume che raccoglie alcu-

ni saggi pubblicati negli ultimi anni: Studi di italianistica fraSalento e Italia: sec. XV-XX.10La presentazione di questo libro, nel 2013, già fissata, fu

annullata a causa della sua sopravvenuta scomparsa. A pro-posito degli ultimi giorni di vita, scrive Marco Leone: “No-nostante che la malattia avanzasse inesorabilmente, Pisanò sipropose di presentare, con mio grande compiacimento, l’edizionedel Cicala: stava lavorando a questo appuntamento, già calenda-rizzato, con l’abituale dedizione, però poi il peggioramento dellesue condizioni di salute gli impedì di portare a termine il suo pro-posito. Mi telefonò per comunicarmi il suo rammarico, che era an-che il mio: lo fece con la signorilità e con la eleganza che locontraddistinguevano di consueto. Fu l’ultima volta che ebbi lapossibilità di parlargli, anche perché la presentazione dell’altrosuo più recente volume, Studi di italianistica fra Salento e Italiasecc. XV-XX, a cui pure avrei dovuto partecipare come relatore, fupurtroppo annullata, a pochi giorni dalla data fissata, a causa del-la sopraggiunta morte. Si può dire così che il mio rapporto con

Gino Pisanò si sia concluso come era iniziato, nel nome di unignoto poeta latino di età barocca e nel segno di una condivisionedi interessi letterari che alla fine si è trasformata col tempo, permia fortuna, anche in una corrispondenza umana e amicale”11.Per famigliari, amici ed estimatori, oltre all’affetto, resta-

no le sue opere, testimonianza di alto impegno morale e ci-vile, dacché, per concludere con Dante, “Amore, acceso divirtù, sempre altro accese, pur che la fiamma sua paresse fore”.

Si passano ora in rassegna le iniziative degne di nota e leprincipali manifestazioni commemorative tenute a partiredall’anno della sua scomparsa.Già nel maggio del 2013 a Parabita, presso Palazzo Ferra-

ri, si tenne una cerimonia di consegna del Premio “L’Apol-lo d’argento” a Gino Pisanò, voluto dal centro culturale “IlLaboratorio” di Aldo D’Antico. Il premio venne consegna-to dal Presidente della Provincia Antonio Gabellone alla fa-miglia di Pisanò e furono chiamati ad intervenire alcuni

studiosi che sono statiamici del professore, co-me Fabio D’Astore, do-cente di Letteraturaitaliana presso la Facoltàdi Beni Culturali del-l’Università di Lecce, Gi-gi Montonato, animatoredella rivista “Presenzataurisanese”, e Luigi DeLuca, dell’Istituto di Cul-ture Mediterranee, chene fu direttore durante laPresidenza di Pisanò. Al-la Biblioteca Comunaledi Parabita, intitolata adEnnio Bonea, e gestita da“Il Laboratorio”, Pisanòaveva donato i suoi libri

prima della scomparsa. Nel marzo del 2014, dunque ad un anno dalla scomparsa,

nell’Aula Magna del Liceo Classico di Casarano, dove Pisa-nò ha insegnato per molti anni, è stato presentato il volumeStudi di Italianistica fra Salento e Italia secc. XV- XX, che eglinon ha fatto in tempo a vedere realizzato. L’importante se-rata, presieduta dal Prof. Mario Spedicato, dell’Universitàdel Salento, ha visto gli interventi di saluto del Sindaco diCasarano Gianni Stefano, del Presidente della Provincia diLecce Antonio Gabellone, della Vice Preside del Liceo Clas-sico Casarano Tonina Solidoro, del Presidente dell’IstitutoCulture Mediterranee Mauro Sbocchi; quindi le relazionidel Prof. Fabio D’Astore, Presidente della Società Dante Ali-ghieri Comitato di Casarano, del Prof. Marco Leone dellaFacoltà di Beni Culturali dell’Università del Salento, e delProf. Antonio Lucio Giannone della Facoltà di Lettere e Fi-losofia dell’Università del Salento. Infine, brevi interventidella Dirigente di Liceo Docet, Casarano, Lucia Saracino, edel figlio del professor Pisanò, Attilio. Questa manifesta-zione è stata fra le più intense ed emozionanti, anche per illuogo in cui si è svolta, vale a dire il Liceo Classico “DanteAlighieri”, massimo tempio della cultura casaranese.12Nel 2015, la Compagnia Teatrale La Busacca, guidata da

Francesco Piccolo, ha portato in scena un tributo al profes-

28 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

Casarano (LE) - Auditorium comunaleintitolato al prof. Gino Pisanò

Page 29: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

sore, con l'opera "Gino Pisanò: l'uomo che guardava il mare”,un omaggio incentrato sulla nota passione dello studiosoper il mare.Nel marzo del 2016, a tre anni dalla morte, a Casarano è

stato a lui intitolato l’Auditorium Comunale, con una ceri-monia alla presenza del Sindaco Gianni Stefàno, del Presi-dente della Provincia Antonio Gabellone, dei docentidell’Università del Salento Lucio Antonio Giannone, FabioD’Astore e Marco Leone, e del nuovo Presidente dell’Istitu-to di Culture Mediterranee Gigi De Luca. In quell’occasio-ne è stato anche inaugurato un concorso letterario di prosadedicato alla sua memoria, rivolto ai ragazzi maturandi del-le scuole superiori casa-ranesi e voluto da LiceoDocet Lucia Saracino ecomitato cittadino della“Società Dante Alighieri”.Nel giugno 2017 a Por-

to Cesareo, a cura del-l’Associazione di Pro-mozione Sociale "Medi-terraneaMente", è statoconsegnato alla sua me-moria l’alto riconosci-mento “Virtù e cono-scenza”, un premio “as-segnato a chi con l'inge-gno e la sua operameritoria ha dato lustroalla terra salentina e me-diterranea”, riproduzio-ne, dal valore simbolico,di una statuetta rappre-sentante il dio Thot, divi-nità egizia della scienza edella sapienza, risalenteal VI secolo a.C., rinve-nuta nel 1933 nel mare di Porto Cesareo e ora esposta nelMuseo Nazionale della Magna Grecia di Taranto. Il premioè stato consegnato al figlio, Attilio Pisanò, dalla professo-ressa Cristina Martinelli, responsabile del Presidio del Li-bro di Casarano. Nel marzo del 2018, a cinque anni dalla morte, si è tenu-

ta una giornata di studio dal titolo “Gino Pisanò: l’uomo e lostudioso”, presso l’ex Monastero degli Olivetani, a Lecce.L’incontro, promosso dal dipartimento dei Beni Culturalidell’Università del Salento e dalla sezione leccese della So-cietà di Storia Patria, ha visto vari e qualificati interventi,coordinati dal prof. Mario Spedicato, da parte di CristinaMartinelli, Giuseppe Spagnolo e Luigi De Luca, e poi Ales-sandro Laporta, che si è soffermato sulla figura di Pisanò ri-cercatore e didatta di Storia delle biblioteche, Marco Leone,che ha trattato di Pisanò come studioso del Seicento, FabioD’Astore e Antonio Lucio Giannone, che si sono soffermatisugli studi di Pisanò sul Settecento e sul Novecento, mentreLuigi Montonato e Felicità Cordella hanno parlato di Pisa-nò poeta. Nel giugno dello stesso anno, a Casarano, in occasione del

suo compleanno, il comitato cittadino della Società DanteAlighieri, ha voluto dedicargli un’altra serata ricordo, daltitolo “Gino Pisanò, luminoso umanista”. Nell’aula magna del-la Scuola “San Giovanni Elemosiniere” di via Cavour, mol-

ti sono stati gli intervenuti, a partire da Mario Spedicato,Tonina Solidoro, Vice Preside del Liceo Classico di Casara-no e Gigi De Luca, insieme alle attrici Alessandra De Lucae Carla Guido. La serata, condotta dal giornalista AntonioMemmi, ha visto anche gli interventi musicali di Rocco Lu-ca e Luigi Marra e dei maestri Lucia Rizzello e Luigi Bisan-ti. Saluti finali di Attilio Pisanò. A Pisanò è stato anche dedicato un omaggio poetico dal-

l’artista Peppino Martina, “A Gino Pisanò, indice del tempo edelle circostanze”, pubblicato in “Fondazione Terra D’Otran-to” on line13. Infine, il libro segnalato in apertura di articolo. •

NOTE:1. VIRGILIO - Eneide, I, v.203. 2. AA. VV., “Qui dove aprichi furo-no i miei giorni”. La luminosa hu-manitas di Gino Pisanò, a cura diFABIO D’ASTORE e MARIOSPEDICATO, Società di StoriaPatria sezione di Lecce, “I Qua-derni de L’Idomeneo”, Lecce,Grifo, 2019.3. GINO PISANÒ, Clematides, Ga-latina, Congedo, 1984. La raccol-ta reca la prefazione di Aldo deBernart, storico ed erudito ruffa-nese. Su ALDO DE BERNART, siveda: I luoghi della cultura e la cul-tura dei luoghi, a cura di FRAN-CESCO DE PAOLAe GIUSEPPECARAMUSCIO, Società StoriaPatria, sezione Lecce, “I Quader-ni de L’idomeneo”, n. 24, Lecce,Grifo, 2015. Con Aldo de Bernart,Pisanò pubblicò anche GiovanBattista Giugni e le sue epigrafi, in“Contributi” Rivista TrimestraleSoc. di Storia Patria per la Pugliasezione di Maglie, a. 2, n. 4, Ga-latina, Congedo, dicembre 1983,pp. 109-116; e poi Aradeo dalle ori-

gini all’Unità d’Italia, in AA.VV. Paesi e figure del vecchio Salento, a cura di AL-DO DE BERNART, vol. III, Galatina, Congedo, 1988, pp. 18-20.4. PAOLO VINCENTI, La cultura va per mare, in “Città Magazine”, Lecce,19/25 novembre, 2004, pp. 21/24.5. OSVALDO GIANNÌ, Contributi per una bibliografia di studiosi salentinidell’ultima generazione – parte prima, in “Note di Storia e Cultura Salenti-na”, Società Storia Patria sezione di Maglie, n.9, 1997, Lecce, Argo ,1997,pp. 121-149.6. Premessa, in GINO PISANÒ, Lettere e cultura in Puglia tra Sette e Nove-cento: studi e testi, Galatina, Congedo, 1994, pp.7-8.7. PAOLO VINCENTI, Una biblioteca nel nome di Lezzi. Finalmente, in “IlTacco d’Italia”, Casarano, giugno 2004, pp.16-17.8.GIGI MONTONATO, L’umanista che conciliava la tradizione con la moder-nità, in “Presenza Taurisanese”, a. XXXI, n.255, Taurisano, aprile 2013,p.12..9. GINO PISANÒ, Ignazio Falconieri: letterato e giacobino nella rivoluzionenapoletana del 1799, Manduria, Lacaita, 1996.10. GINO PISANÒ, Studi di italianistica fra Salento e Italia: sec. XV-XX, So-cietà Storia Patria per la Puglia Sezione Lecce, Galatina, Panico, 2012.11. MARCO LEONE, Ricordando Pisanò, in “L’Idomeneo”, Soc. Storia Pa-tria sez. Lecce, n.21, 2016,Lecce, Università del Salento, 2016, pp.210-211;anche in “www.unigalatina.it › Necrologi e ricordi ›”, 21 marzo 2016.12. Tutti gli interventi della serata sono in: Gino Pisanò, Studi di Italianisti-ca fra Salento e Italia (secc. XV-XX), Galatina, EdiPan, 2012.Interventi: F.D'Astore, A.L. Giannone, M. Leone, A. Gabellone, G. Stefano, M. Sbocchi, T.Solidoro, L. Saracino, A. Pisano', in “L’Idomeneo”, Soc. Storia Patria sez.Lecce, n.17, 2014, Università del Salento, 2014, pp.281-294.13. http: www.fondazioneterradotranto.it/ a-gino-pisano-indice-del-tem-po-e-delle-circostanze, giugno 2018.

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 29

Paolo Vincenti

Page 30: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Da decenni sono socio dell'Aldus Club di Milano,l'Associazione Internazionale di Bibliofilia fondatada Mario Scognamiglio e presieduta prima da Leo-

nardo Sciascia, poi da Umberto Eco, oggi da Gianni Cer-vetti. All'interno delle sue attività, mi sono dedicato aicaratteri tipografici e alla tipografia in generale, con unaparticolare predilezione per la tipografia pura e per quel-la d'arte. Da quando è nata l'arte della stampa, i grandi ti-pografi italiani sono stati: Aldo Manuzio (Bassiano, tra1449 e 1452 - Venezia, 1515); Giam-battista Bodoni (Saluzzo, 1740 - Par-ma, 1813); Alberto Tallone (Ber-gamo, 1898 - Alpignano, 1968); Gio-vanni Mardersteig (Weimar, 1892 -Verona, 1977); Franco Riva (Verona1922-1981).Con loro si può annoverare an-

che il milanese Luigi Maestri. Dilui, Attilio Rossi (Milano, 1909-1994) scrive:«Se dovessimo tentare un ritratto ana-logico di Maestri e della sua opera di raf-finato tipografo, di sibarita del bianco enero, prenderemmo, come punto di par-tenza per meglio definire i tratti essen-ziali, una lettera del carattere"Garamond", anzi una lettera maiusco-la dove i canoni costruttivi sono più evi-denti. [...] Ebbene in questa scelta quasiesclusiva del carattere Garamond, inqueste sue proporzioni, in questa sua euritmia ed eleganza l'os-servatore attento potrà scoprire e gustare il segreto dei modulispaziali con cui Maestri costruisce la sua bella e leggibile pagi-na, e quei suoi armoniosi frontespizi che suggeriscono, a ripro-va della loro perfezione, i punti essenziali con cui idealmente sicostruisce il profilo perfetto di un'anfora./ Se poi con modulatapazienza continuerete ad osservare l'ottima stampa, la spazia-tura meticolosamente e pazientemente perfezionata e la scel-ta oculata delle carte, forse riuscirete ad intravvedere queltratto analogico di Luigi Maestri che promettevamo di trac-ciare all'inizio di queste righe» (v. Mostra di Luigi MaestriTipografo. Opere stampate dal 1957 al 1967, Centro di Stu-di Grafici e Biblioteca Comunale di Milano - PalazzoSormani, 1967, pp. 5-6).Ancora una volta, sempre Attilio Rossi, in una sua bril-

lante introduzione - Luigi Maestri Tipografo - alla Mostra"Mezzo secolo di Arte Tipografica" (Biblioteca Trivulziana,Milano 1992) scrive:«Conosco Maestri da mezzo secolo, osservo il suo lavoro con tre-pidazione, stupore e qualche timore, nel vederlo perseguire la suaideale vocazione in un generoso disordine che lo porta a collabo-rare spesso con poeti e artisti, illustri bibliofili, inquieti e speri-colati editori, in imprese bellissime ma al limite del disastroeconomico. [...] A settant'anni [quelli di Maestri], nelle stanze

del suo Atelier del Libro, situato nel de-lizioso chiostro della Basilica del Carmi-ne, fra pile di pagine di piombo, mentretermina di stampare sul suo torchio,Stanhope (1807), in cento esemplaril'edizione del Compendio delle strego-nerie di Frate Francesco Maria Guaccio,Maestri si appresta, a distanza di quasiun trentennio dalla mostra del 1967 pro-mossa dal Centro di Studi Grafici allaCivica Biblioteca Sormani, ad esporre isuoi lavori nella splendida Sala del teso-ro della Biblioteca Trivulziana, con il pa-trocinio del Comune di Milano» (v. Op.cit., pp. 11 e 13).Sul catalogo della mostra milane-

se del 1967-68, anche il critico d'arteGuido Ballo (1914-2010), intervennescrivendo:«quando si guarda - e si tocca, per laconsistenza della carta - un'edizione di

Bertieri, di Preda, di Mardersteig, di Tallone, o di Maestri, siprova una gioia particolare: non si ha più la sensazione di esse-re fuori dalla cultura innovativa e di subire la tradizione. [...] Laformazione di Maestri, a parte la familiarità, fin dagli inizi, conla tipografia paterna, avviene del resto attraverso l'insegnamen-to di Giulio Preda, il quale lo avvia a una pulizia grafica, a un or-dine, che nascono da una chiara, coerente concezione morale piùche estetica» (v. Op. cit., pp. 8-9).Ed anche lui, intervenendo, con una seconda introduzio-

ne - La "pagina" di Luigi Maestri - sul catalogo della mostracitata del 1992, scrive:«L'umiltà, che gli fa calibrare la pagina e il libro come prodottodi rigoroso artigianato, ha permesso del resto a Maestri di svilup-pare un costume tipografico più personale, anche se in apparen-za mai invadente o clamoroso. I risultati suscitano alla fine

30 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

TESORI RISCOPERTI

Un libro di gran pregio di mons. Antonio Antonaci

“GLI AFFRESCHI DI GALATINA”SANTA CATERINA ANTE LITTERAM

di Maurizio Nocera

Page 31: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

meraviglia» (v. Op. cit., pp. 15 e 16).Conosco a memoria le opere stampate da Maestri in quei

due cataloghi, ed in esse non ho scorto un solo libro salen-tino; si cita solo un libro pugliese, quello di Alfredo Giovi-ne, Proverbi pugliesi, edito da Aldo Martello Editore ma«impaginato da Luigi Maestri, composto e stampato dalleArti Grafiche Italo-Svizzere-Artis, Milano, MCMLXX». Perdi più, in quei cataloghi non ho visto citato il libro galati-nese di mons. Antonaci, e questo non è spiegabile. È da di-re pure che fino a qualche tempo fa non esisteva nella miamente l'idea che il grande tipografo puro e d'arte milane-se avesse potuto stampare un libro di un nostro autore. Perme era grande la distanza tra la Milano tipografica deglianni '60 e il Salento degli scrittori di quella stessa epoca.Mi sbagliavo. Perché, è accaduto che un giorno, contatta-to da Salvatore Coluccia e Giuseppe Serra, rispettivamen-te presidente e vicepresidente del Club Unesco di Galatina,mi venisse chiesto un consiglio su un libro di mons. Anto-nio Antonaci possibilmente da ristampare. Il volume inquestione ha per titolo Gli affre-schi di Galatina. Saggio di storia eFilosofia dell'arte. Dato che Galatina - tra l'Otto-

cento e il Novecento - è la pa-tria delle tipografie e deglieditori salentini, ho chiesto lorochi fosse lo stampatore-editore,aspettandomi di avere come ri-sposta o l'Editrice Salentina, oPanico, o l'editore Mario Con-gedo. Mi fu risposto: LuigiMaestri di Milano. Là per là mivenne spontaneo un sorrisetto.Quindi, ho chiesto di vederlo.Ma non solo i due Unesco mel'hanno fatto vedere, perchépoi Giuseppe Serra, con un ge-sto di grande disponibilità, miha dato in prestito un esempla-re del volume. A questo puntonon credevo ai miei occhi, per-ché effettivamente il libro è fir-mato dallo stampatore-editoremilanese con il colophon cherecita:«finito di stampare dalla Maestri Arti Grafiche nel mese di di-cembre MCMLXVI».Francamente tutto mi sarei aspettato, ma non questo,

cioè che un galatinese - mons. Antonaci - fosse riuscito afarsi stampare un libro da uno dei più grandi stampatorisu torchio del Novecento.Ed ecco ora lo stupendo volume Gli affreschi di Galatina,

cartonato, formato mezzo folio (25 x 32), in copertinaun'immagine a colori degli affreschi di Santa Caterinad'Alessandria, carta speciale priva di ossidanti, con un in-chiostro nitidissimo e caratteri corsivi e normali Gara-mond, un frontespizio che respira classicità; l'impo-stazione della pagina segue i canoni pacioliani della misu-ra aurea, mentre i testi dell'autore si alternano a stupendeimmagini storiche quando in bianco e nero quando a colo-ri. Si tratta, vista l'epoca dell'edizione, di un unicum ecce-

zionale, che dà oggi ampiamente idea di come erano gliaffreschi a quel tempo e come sono oggi dopo il restauro.Nell'incipit c'è una dedica dell'autore al «principe Alessan-

dro Comneno d'Otranto, nella cui anima vibra la millenariagrandezza dei suoi Avi, e al cui mecenatismo si deve la presentepubblicazione; [all']arcivescovo di Otranto, S. E. monsignorGaetano Pollio, il quale affettuosamente mi ha incoraggiato e so-stenuto nel "dubbioso calle" che ha portato alla realizzazione diun'opera che mi è tanto costata./ La mia riconoscente attenzio-ne va anche al prof. Giacomo C. Bascapè, dell'Università catto-lica del Sacro Cuore di Milano, e al bravo editore, dott. LuigiMaestri». A presentare il prezioso volume è lo storico, paleografo

e sigillografo Giacomo Carlo Bascapè (1902-1993) che del-l'autore scrive: «L'Antonaci esamina tali pitture ed istituisce un'attenta compa-razione tipologica con altri affreschi del Salento; ne ricava con-statazioni stilistiche ed apprezzamenti utili, che recano uncontributo serio non solamente allo studio dell'argomento, ma

in generale alla valutazione dellapittura quattrocentesca pugliese.Egli vede nel fiorire della civiltà ar-tistica di Galatina - che si manife-sta in modo eccezionale nei dipinticitati - una singolare, viva ed effi-cace testimonianza dello svilup-parsi del gusto, della cultura, dellaspiritualità del popolo salentino,dotato di una spiccata sensibilitàche si potrebbe definire autoctona,nata in una zona felice del mondoclassico, ove l'arte ed il pensierogreco si sono incontrati e fusi conquelli romani; il periodo bizantinoha tenuta viva la fiamma - mentrein altre aree d'Italia le invasionibarbariche cancellavano ogni luce- e gli ultimi splendori del MedioEvo e l'inizio del Rinascimentohanno trovato qui un terreno fer-tile e un ambiente preparato./ De-vo infine notare che l'Autore, oltread esaminare le pitture in sé, sottol'aspetto formale, stilistico, compo-

sitivo, ha tentato di delineare il fervore spirituale, il clima cultu-rale ed artistico in cui quelle opere sono nate e l'ambiente che leha godute ed apprezzate, come monumenti di fede e di bellezza;insomma egli ha delineato un profilo di filosofia dell'arte dellasua terra./ E questa è una novità, degna di plauso».Infine della sua opera, «che gli è tanto costata», Antonio

Antonaci scrive:«studiando l'iter architettonico e specialmente pittorico (noi cifermeremo sul secondo) della chiesa cateriniana di Galatina, sipuò avere una guida ampia e maestra per seguire gli sviluppidella storia e della civiltà salentina: poiché l'Arte - e come! - co-stituisce un materiale fecondo per stabilire le determinazioni so-ciali d'un popolo e quindi formulare una sociologia dellaconoscenza. Ecco perché Cosimo De Giorgi, ne La Provincia diLecce, II, 1884, scriveva: "tutta la storia dell'arte e della civiltàdi Galatina si potrebbe dire che si compendia nel tempio di S. Ca-terina" (p. 240)» (v. Op. cit., p. 4). •

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 31

Galatina (LE) - Basilica di Santa Caterina

Page 32: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

32 Il filo di Aracne aprile/giugno 2019

In arte sovente avviene che la profondità, di questo spa-zio metafisico a cui fa riferimento Kant nella sua Criti-ca, sia data da cromatismi specifici dei contrasti di

colore, e nella fattispecie da quello freddo-caldo che è par-ticolarmente idoneo a conferire un essenziale effetto di “il-

lusionismo plastico”. Quando questa capacità illuso-rio-plastica, in un’opera d’arte, è in grado di far sperimen-tare sensazioni nuove e strettamente correlabili alla “este-tica trascendentale2” solo allora si potrà parlare di unaprospettiva cosmica capace di evocare quello “spazio al di làdelle sfere celesti” il cosiddetto “Iperuranio” in cui proprioPlatone vi collocò, nel suo Fedro, la sede delle realtà asso-lute, e in cui Biagio Magliani (Leverano, 1964) colloca i suoisoggetti. Realizzare su queste basi una mostra d’arte chefosse catalizzatrice delle diverse sfere dell’esistenza umanaè un’idea del tutto al passo con il nostro tempo. Ricercan-

do un senso logico da dare ad un simile evento, si può tro-vare una facile relazione socio-culturale nella naturale vo-cazione che ci caratterizza, ovvero il legame Arte-Cibo.Questo connubio antichissimo, ha un non sempre sconta-to nesso nella necessità dell’uomo di trovare nutrimento

necessario per il corpo eper l’intelletto. Ma pro-porre questo genere dimostra è complesso, spie-garne le finalità a voltepuò essere difficile: rac-contare quanto l’arte siaimportante, e costituiscaun elemento necessarioall’esistenza umana puòsfuggire di mano. Può pe-rò accadere, passeggian-do per Merano, lungo ilPassirio, e guardando l’ac-qua del fiume che lentascorre via, di rivedere leimmagini che da ormaimolto tempo disturbanola quiete di molti e chenon possono più restarenell’impronunciato. Neiprimi giorni di marzo, glistessi in cui movimentigiovanili manifestavano illoro dissenso nei confron-ti di una politica ambien-tale mondiale scellerata,

dove l’interesse delle singole nazioni per il bene comune èposto in secondo piano rispetto a quello delle stesse perl’interesse economico, in quei frangenti prendeva corpo lariflessione su quanto ognuno di noi possa fare per rispet-tare il proprio spazio; ma non nella visione riduttiva dellospazio prossimo che di volta in volta ci circonda, ma diquello spazio immenso che separa noi dall’orizzonte chestiamo osservando, ovvero ciò che i nostri occhi vedono,questo è lo spazio in cui dobbiamo agire. Le nazioni sonochiamate, in quest’ordine di idee, ad attuare politiche in-dustriali ed energetiche nel rispetto del pianeta (macro spa-

ARTISTI SALENTINI

«Ed appunto così Platone abbandonò il mondo sensibile, perché esso pone troppo angusti limiti all’intelletto, e silanciò sulle ali delle idee al di là di esso, nello spazio vuoto dell’intelletto puro1».

Biagio Magliani - Pane - olio su tela

Page 33: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 33

zio), ma ognuno di noi è custodedello spazio che lo circonda (microspazio). Non si intende quello den-tro le proprie mura domestiche,bensì lo spazio che avvolge il no-stro sguardo dal e per l’infinito.Quello spazio che distruggiamoquando, dopo aver terminato difumare, in città come in spiaggia,gettiamo in terra il mozzicone diuna sigaretta; quando fermi in au-to lasciamo il motore in moto oquando ogni giorno cerchiamo dismaltire i rifiuti che incessante-mente produciamo. C’è una digni-tà esistenziale anche nel modo incui si butta via un sacchetto del-l’immondizia; e questa dignitàumana viene meno ogni volta cheun sacchetto di rifiuti è abbando-nato arbitrariamente nell’ambien-te. Per questo è necessario chie-dersi: «come stiamo usando il no-stro spazio»? … Il nostro pianetanon può essere la mela che il bru-co affamato, e desideroso di dive-nire farfalla, divora fino alla polpaprima di abbandonarla inconsape-vole del suo agire»! Il nostro pia-neta è il nostro spazio vitale, ecome tale deve essere preservato dall’incuria dell’uomo“orco” che trascura tutto ciò che deriva da un comporta-mento ignorante. Il parallelismo «spazio vitale» e «spazio artistico» è la lo-

gica conseguenza di tali pensieri. Prendere spunto dal ri-spetto che il pittore ha nel suo quotidiano agire artistico,può essere il punto di partenza per una campagna di sen-

sibilizzazione per il rispetto delpianeta blu. Il pittore, infatti, comealtri artisti, non dispone di spazioin abbondanza ma di una superfi-cie limitata, di uno spazio finito,come il pianeta Terra. La sua telaper quanto grande possa esserenon gli permetterà mai di esprime-re tutto ciò che egli realmente vor-rebbe. Il pittore più di tutti ècostretto a ricorrere alla sintesi, alnon detto, e alla prospettiva in gra-do di trovare una via di fuga perl’immaginazione, ottenendo dauna superficie piana uno spazioprofondo e a volte, come per Ma-gliani, di uno spazio definibile me-tafisico. La mostra “Unser Raumund (Il nostro spazio e) lo spazio meta-fisico (und der metaphysische Raum)”,titolo che fonde le due principalilingue dell'Alto-Adige, è un viag-gio nell'arte contemporanea del-l'artista Salentino ed una profondariflessione sulla metafisica di Im-manuel Kant. Durante la mostra cisaranno alcuni momenti di dialogosull'uso che stiamo facendo dellospazio a nostra disposizione; unconfronto tra uomo e arte, tra lo

Spazio umano e lo Spazio Divino. Interverranno il Prof.don Paul Renner (ordinario di Scienze della Religione eTeologia Fondamentale a Bolzano), che terrà una conferen-za sul tema durante l’inaugurazione della mostra; il poetaLino Cacciapaglia (autore di due libri di poesie, le raccolteEsisti Sole e Azzurra), che declamerà i versi di John Keatse di Girolamo Comi, in un percorso poetico che seguirà le

Biagio Magliani - Melogranisogno

Page 34: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

34 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

opere in mostra. Insomma, lo spazio metafisico e lo spazioreale convergono nell'Arte che ispira l'uomo, nutrendo lasua mente, fino a farlo evolvere nello spazio al di la dellesfere celesti, luogo dal quale riuscirà a meglio comprende-re il rispetto per l'ambiente che lo circonda. L'evento è rea-lizzato con il contributo del Comune di Merano3, che haaccolto l'idea di una mostra con finalità socioculturali cuci-ta intorno alla città sul Passirio, simbolicamente scelta perla sua spiccata vocazione alla cultura e al rispetto dell’am-biente. A tal proposito spesso si sente dire: «ah si, la bellez-za salverà il mondo»; ma la bontà di questa frase non èsempre condivisibile. La riduzione al solo concetto della«ricerca del bello» nella ben più ampia sfera della nostraesistenza non può essere la via disalvezza. Piuttosto è realistica l’ipo-tesi che non la bellezza ma la Cul-tura e l’Arte, elementi che ciesaltano e rendono sensibili, avvi-cinandoci al pensiero che astrae,possano salvare l'uomo e la naturache lo circonda. Leggere abitual-mente, ascoltare e fare musica, fre-quentare librerie e biblioteche,visitare musei, gallerie e spaziespositivi ci aiuterà, forse, a viveremeglio e più a lungo sul nostro me-raviglioso pianeta. Non a caso so-no state scelte, per pubblicizzare lamostra, due icone della natura e delsuo delicato equilibrio, due anima-li che ci guardano, l'orso bianco,che simboleggia le specie in via diestinzione, e il cerbiatto, simbolodella natura rigogliosa dei boschidell'Alto-Adige. Sono queste dueimmagini, di due opere del levera-

nese B. Magliani, forte-mente volute per la mo-stra meranese, e che sonostate scelte non a caso maper ricordare a tutti che ilmondo che abbiamo rice-vuto in dono non è soltan-to nostro.In Critica della ragion pu-

ra Vol. II, per andare al-l’origine di questa intui-zione, I. Kant introduce ilconcetto di noumeno, chia-mandolo anche Ding ansich (in tedesco “cosa insé”), ma nella filosofiakantiana il noumeno èuna rappresentazionementale complessa, daitratti spinosi, che allude aqualcosa di inconoscibile4e indescrivibile che in uncerto qual modo si collocaall’estremità delle manife-stazioni osservabili, quasi

sullo sfondo, oltre la realtà apparente ossia di come ci sem-bra di vedere gli oggetti (di come la realtà viene percepitadai nostri cinque sensi). Inoltre per Kant il «meccanismo delcondizionamento è indiretto e avviene attraverso una determi-nazione a priori che l’intelletto dà alle forme dell’intuizione […]la forma trascendentale che accoglie gli schemi è lo spazio, come«spazio realizzato» o «ipotizzato» chiamato anche etere». Daticome assunti questi principi filosofici si può affermare chela Metafisica degli elementi è dominante nelle opere di Ma-gliani, lo spazio intorno al soggetto è oggetto stesso da rap-presentare. Ciò che appare non è sempre ciò che èveramente. Lo spazio non ha un uso compiuto che fungeda completamento della tela, lo spazio è l’opera vera, volu-

to, pensato dall’artista, spesso pro-fondo. Vivere in questo spazio èun’esperienza che l’uomo può in-contrare soltanto nella fase Rem, incui il corpo è legato al terreno mal’anima inizia a librarsi libera nel so-gno e, guardando oltre questa di-mensione, può scorgere ciò che èinconoscibile e indescrivibile, uno spa-zio che si colloca “al fondo” dei fe-nomeni che si possono osservare.Sullo sfondo di un quadro, al di làdell'apparenza che è in un vaso diciclamini, in una cesta di pane e inuna natura morta con limoni; è liche si colloca questa quarta dimen-sione, di chiara matrice Metafisica.Fenomeni esperienziali, forme noteche nell’esplorazione artistica diMagliani divengono pretesto perraccontare l’ignoto in una sorta di -Realismo spaziale[ndr] - che l’arti-sta fa suo senza forzature, senza ri-

Biagio Magliani - Ramo di ciliegio in fiore - olio su tela

Biagio Magliani - Ciclamini in terracotta

Page 35: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

correre a sotterfugi e realtà apparec-chiate per colmare lo spazio lasciatodagli elementi, ossia quello spaziovuoto che la mente avida di imma-gini non potrebbe razionalmenteconcepire.Si entra in questo modo in una

proporzione artistica in cui l’oggettosta al fenomeno come lo spazio sta alnoumeno, e in cui lo spazio astrattoche si trova nell’area circostante l’og-getto è allo stesso tempo soggettoprincipale e incognita il cui valore èda ricercarsi essenzialmente nei me-andri della Metafisica. L’esperienzasensitivo-ottica che deriva dall’osser-vazione dei suoi quadri rende lospettatore e lo studioso attento, im-mediatamente reattivi alla percezio-ne spirituale del messaggio che ildipinto porta in se. Tale atteggia-mento di trattare lo spazio è osserva-bile in tutte le sue opere, che sianoesse di paesaggio o di fiori, naturemorte con frutta o con terrecotte, ulivi o animali, tutti sem-brano spuntare da un mondo vicino a noi, interiore, o for-se addirittura parallelo. Caratteristica rilevabile non solonello spazio circostante l’oggetto, ma anche nell’occhiatu-ra della mollica di una pagnotta spezzata, riposta in unacesta di vimini, oppure tra i rami di un melograno ricolmodi frutti o di un ciliegio in fiore dallo squisito sapore otto-centesco. L’atto dunque è compiuto, il pittore ha assolto ilsuo obbligo principale nei confronti dell’Arte. Perché com-

pito dell’arte è quello di “Evocare” edi “Simulare”: Evocare sensazioni,emozioni e stati d’animo, attraversola raffigurazione personale dell’arti-sta, che è in grado di Simulare, nellesue opere, visioni dell’inconscio chestabiliscano un legame perpetuo traartista, opera d’arte e fruitore del-l’immagine ritratta, quindi di unpensiero simbolico condiviso e accet-tato come verità tangibile. E in que-st’ordine di grandezze, non contapiù soltanto la tecnica pittorica maquanto l’imago è in grado di ripro-durre, ovvero di quanto la realtà si-mulata dall’artista sia capace dievocare nello spettatore.Su queste basi teoriche nasce la

mostra per Merano, dal 7 al 21 di-cembre, presso il “Centro per la Cul-tura”, via Cavour n°1, durante irinomati e attesi mercatini di Natale,l’ingresso è libero.Vi aspetto! •

NOTE:1. Immanuel Kant, Critica della Ragion pura, Vol. I, Hachette, 2016;2. I. Kant: “Chiamo estetica trascendentale una scienza di tutti i princìpi a prio-ri della sensibilità” (cit. p.60);3. L’evento culturale beneficia del patrocinio del Comune di Merano e del-la Provincia Autonoma di Bolzano;4. Vocabolario Treccani: Che non può essere conosciuto dalla mente dell’uomo,“tutto ciò che il pensiero umano, dati i suoi limiti, non è in grado di conoscere”.

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 35

Locandina

Massimo Galiotta

Page 36: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

36 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

Chi scoprì lo specchio? Se non vado errato, fu Narci-so che, guardando in un bacile contenente dell’ac-qua, vide riflessa la sua bella immagine e se ne

invaghì tanto da rimirarsi per numerose volte al giorno. Lasua, però, era una pia illusione, perché bastava immergere lamano nell’acqua per distorcere l’immagine e disfarla. Per noninterrompere la meravigliosa visione che l’acqua gli propone-va, decise di non smuoverla mai più, in modo d’ammirare inqualsiasi momento della giornata la bellezza del suo viso.Ma doveva pur lavarsi! Perciò pensò bene di chiudere gli

occhi mentre s’insaponava e di riaprirli dopo pochi minuti,quando il livello dell’acqua sisarebbe appiattito.Ma, nonostante ciò, l’imma-

gine riflessa, anche se bella,non era più quella di prima, inquanto era stata distorta dallebolle di sapone e intorbiditadalla sporcizia delle sue mani.Pensava e ripensava su comerendere eterna la bella imma-gine di sé, senza però trovarneun efficace espediente. Ci pensò Tike, la dea della

fortuna, ad andargli in soccor-so e a risolvere il suo assillan-te problema. Una mattina il giovane tro-

vò per caso in un vecchio bau-le, abbandonato dai suoigenitori in soffitta, un oggetto che non aveva mai visto primad’allora e che, solo a guardarlo, rifletteva la sua bella imma-gine. Si trattava di un vetro speciale che, più e meglio dell’ac-qua, gli forniva un aspetto di sé sin troppo luminoso e chiaro.“O mio Dio, quanto sono bello e affascinante!...” – proruppe

con grande enfasi – “…Speriamo che l’immagine non scompaiase ci metto il dito sopra!”.Provò prima a strusciare il pollice sullo specchio e poi l’in-

tera mano senza che l’immagine si deturpasse o si spostassedi un solo millimetro.“Evviva, evviva!!!...” – esclamò il giovane, in preda ad una

forte emozione – “…Ora sono sicuro di conquistare ogni dolcefanciulla”. Si beava il poveretto e non finiva mai di staccare lo sguar-

do dallo specchio generoso… generoso perché lui era anco-ra giovane, aitante e bello.

Poi, pian piano con l’incedere lento ma continuo degli an-ni, notava che quel pezzo di vetro magico cominciava a dar-gli un’immagine un po’ diversa: erano comparsi qualchepiccolo brufolo sul viso, un modesto affossamento della pel-le sulle guance, una leggera ruga sulla fronte, ecc.“Ma che sta succedendo al vetro?...” – s’interrogava trepidan-

te l’uomo – “…Ma sì, non è nulla!… Il vetro è sporco e perciò vaimmediatamente pulito”. Prese uno straccetto di lana, strofinò per un po’ di tempo la

superficie dell’oggetto, nella speranza di rimuovere quelleimperfezioni visive. Niente di niente. Riprovò con maggiore

insistenza, ma l’immaginenon migliorava affatto. Scon-solato, si sedette ed iniziò a ri-flettere. Arrivò perfino aritenere che la sua vista stessepeggiorando. D’altronde eral’unica spiegazione plausibile.Lo specchio, con il trascor-

rere del tempo, gli concedevaimmagini sempre più incle-menti e ingenerose, tanto daindurlo a non rimirarsi più inesso. Lo rimise nel baule esmise perfino di circolare perle strade del paese, temendoche le fanciulle non lo avreb-bero fissato come un tempo eche, anzi, si sarebbero voltatedal lato opposto, disgustate

nel vedere quel viso sfiorito e rugoso. Andava avanti con il magone e senza più pavoneggiarsi

con sé stesso. L’idea della perduta bellezza gli arrovellava lamente. Pensava, ripensava ma non riusciva a trovare unaragione possibile che giustificasse il declino repentino delsuo viso.Erano ormai trascorsi più di venti anni da quando aveva

smesso di rimirarsi nello specchio. Un giorno, tormentatodal desiderio di rivedere la propria immagine, decise dirompere gli indugi e tornare all’antico vezzo. Mentre apri-va il baule pensava che quelle impurità notate sul viso an-ni prima, sicuramente sarebbero scomparse e che il viso glisarebbe apparso bello e vellutato come ai tempi giovanili.Chiuse gli occhi, prese lo specchio tra le mani, lo baciò piùvolte e, dopo un lungo sospiro e con il cuore che gli pulsa-va fortemente, li riaprì.

C’ERA UNA VOLTA

Narciso si specchia nell’acqua

Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?

N a r c i s o . . .l o s p e c c h i o . . .

l a d o n n a . . .d i P i e r o T r e

Page 37: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 37

“Nooooo!... no, non sono io!!! Il mio viso è solcato da ru-ghe, la pelle è avvizzita, la carne è flaccida!... Mio Dio cosamai è successo?!”. “Non è accaduto nulla, caro Narciso! … È la vita che si srotola

in questo modo…” – gli rispose una vocina proveniente chis-sà da dove – “…Il percorso degli umani è questo e va accettatonel bene e nel male. Io vi ho regalato il Tempo perché voi poteste ca-pire che ogni cosa ha un inizio e una fine ed inoltre che tutto si muo-ve, cambia e precipita. Ora pensa a vivere con umiltà ed amore.Impègnati a migliorare la bellez-za della tua anima, piuttosto chequella del tuo cartoccio. Vivi inpace e sarai premiato”.Non si sa che fine abbia fat-

to Narciso. Forse non avràmai più utilizzato lo specchio,anzi credo che lo abbia rotto esicuramente non sarà uscitodi casa per non mettere in evi-denza i segni della appassitabellezza. Nessuno lo ha piùvisto in giro, nessuno ha maipiù parlato di lui.Per fortuna o sfortuna altri

specchi hanno invaso e tor-mentato la vita degli uomini,soprattutto di sesso femminile. Sì, la donna, che non smettemai di rimirarsi in ogni luogo e in ogni momento: nello spec-chio di casa, in quello che ha nella borsetta, in quello retrovi-sore dell’auto, in quelli che incontra guardando le vetrine,ecc.. In quest’ultimo caso non crediate che si fermi ad osser-vare i prodotti ivi esposti. Assolutamente no! Al limite dà unosguardo fugace per poi rimirare l’immagine che le viene ri-flessa dal vetro ben pulito di quella vetrina. E rimane là perqualche minuto, muovendo la testa ora a destra ora a sini-stra, ora in basso ora in alto, alla ricerca di qualcosa da cor-reggere all’istante, come un ciuffo di capelli alquantodisordinato oppure il viso un po’ pallido, che va subito riani-mato con una pennellata di fondotinta. Insomma, Lei vuole apparire sempre un’eterna ragazzina,

pronta ad esibire ciò che il Tempo, il Tiranno Tempo, le harubato per donarlo alle fanciulle che si affacciano alla vita.Ma Lei non si arrende, non vuole perdere la partita ed eccoche, a costo di spendere le migliori fortune, acquista creme,pomate, ciprie, matite, balsami, profumi, ecc. e si rifà le lab-bra, gli zigomi, il collo, il seno, le mani, ecc. per tentare diconservare buona parte dell’antica bellezza. E non si avvedeinvece che, utilizzando questi espedienti, contribuisce ancordi più a mettere in evidenza la sua incipiente vecchiaia.

Pertanto da queste righe sirivolge alle donne il consi-glio di coltivare, non tanto labellezza esteriore del propriocorpo, quanto quella interio-re dello spirito.La donna colta brilla grazie

ad un attraente portamento,alla scioltezza della lingua ealle idee geniali; seduce con isuoi raffinati pensieri, vivesempre di luce propria; quel-la mediocre, pur ostentandouna bellezza contraffatta,troverebbe degna collocazio-ne in un museo delle cere.Basta guardare la Tv per ac-

corgersi delle esibizioni quotidiane di tante donnicciole,sconciamente imbellettate e deturpate nel viso e nell’abbiglia-mento, che mettono unicamente in risalto la loro caduta distile e di bellezza. Pertanto, care donne, se ancora non lo avete capito, il vero

intenditore si innamora soprattutto del contenuto e non del-l’imballaggio femminile. L’uomo che si fa ammaliare dal vo-stro involucro seducente è soltanto… una misera scatolavuota: potrà essere un maschio, giammai un uomo. Purtroppo, ed è giusto rimarcarlo, anche tanti omuncoli so-

no attratti dal desiderio di apparire uomini e nulla fanno perdiventare tali. O mio Dio, forse sta tornando di moda Narciso?!… E allo-

ra, si salvi chi può! •

Donna allo specchio

Page 38: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Quando ho iniziato sulla storia della pasticceria diGalatina, man mano che raccoglievo informazioni,oltre ai maestri più noti, Antonio (‘Uccio’) Matteo

(1921-2012) e Andrea Ascalone (1939-2015), con mia stessasorpresa sono emersi i nomi di altri maestri loro contempo-ranei. Tra questi, Gino Sabella (1909-1976), Uccio Marino(1926-1974) ed Enrico Surdo (1936-1993), ognuno dei qualiabbiamo visto aver contribuito a costituire, in modo signi-ficativo, una vera e propria scuola formativa in Galatina,ma la cui memoria ha finito col tempo per affievolirsi, rima-nendo fatalmente legata alle rispettive attività e alla loroprogressiva scomparsa.Non ho potuto fare a meno di considerare, inoltre, come

la maggior parte dei pasticcieri ricordino ancora, con signi-ficativo entusiasmo, riverenza e commozione, colui il qua-le alcuni hanno tenuto a definire il “Maestro dei maestri”ossia Rafelino Bello (1937-1997), di cui in questi giorni, 10e 18 dicembre, ricorrono gli anniversari rispettivamente del-la nascita e della morte.Forse, per la sua meno recente scomparsa o per il fatto di

non aver lasciato anche lui degli eredi che proseguissero lasua attività, a mio avviso la memoria cittadina non gli ren-de il giusto merito. Eppure, oggi molte pasticcerie, ben fre-quentate, continuano a produrre articoli1, che devono la lorointroduzione a Galatina proprio ai suoi insegnamenti. Infatti, oltre i metodi innovativi importati dall’estero da

Rafelino, come quelli di produzione e lavorazione del cioc-colato, del gelato, o per montare la panna (crema chantil-ly), o la ricetta della pasta sfoglia, con cui è stato elaboratoanche il rustico, il Maestro ha introdotto dall’Austria la tor-ta sacher e lo strudel, che oggi purtroppo non fa quasi piùnessuno, ma anche ricette maggiormente diffuse come quel-le del krapfen, del cornetto (croissant) e del cannolo di pa-sta sfoglia (schaumrollen), che in Galatina hanno incontratola loro naturale farcitura di crema pasticciera, già normal-mente impiegata per la produzione dei pasticciotti.Peraltro, abbiamo già visto come il maestro Rafelino, pur

lavorando all’estero, saltuariamente, ma costantemente,avesse dimostrato disponibilità a collaborare con alcuni bargalatinesi, iniziando progressivamente, in pieno boom eco-nomico (1958-63 ca.) un’importante opera di ammaestra-mento di giovani e meno giovani apprendisti pasticcieri, chedi fatto è proseguita fino agli anni ’90 del secolo scorso. Mol-ti di loro, grazie al suo esempio, a loro volta hanno conti-nuato l’importante opera di trasmissione o di scambio diconoscenze, nonostante siano subentrati nuovi criteri di for-

mazione e di qualificazione professionale. Nel 1963 Rafelino è ancora a La Chaux-de-

Fonds, quando ha modo di conoscere una persona, moltovicina alla Regina Madre d’Inghilterra, in cerca di ingaggiodi maestri validi presso le più celebri pasticcerie svizzere.1Rafelino lascia improvvisamente la Svizzera per recarsi aGuernsey, un’isola situata nel canale della Manica. Dandosubito prova delle proprie capacità, riesce a farsi assumerepresso il Royal Hotel e, da lì a breve, nel mese di maggiodello stesso anno, riesce a incontrare a bordo del Real YachtBritannia, in veste di cameriere, la Regina Madre, in visita

per le Isole del Canale. Riuscirà, in breve, a farsi conoscereed apprezzare per le sue qualità artistiche e artigianali, ve-nendo assunto tra i migliori chefs della Famiglia reale.Nella prima metà degli anni ’60 a Galatina non sussisto-

no ancora vizi, largamente diffusi, legati al consumo deldolce. Alcuni ricordano che da giovani, presso i bar, comecolazione potevano permettersi tutt’al più una pasta secca eun bicchiere di latte. Al Convitto Colonna, ricorda AmericoPepe (cl. 1947), nel menù della domenica era previsto comedolce metà pasticciotto, fornito in convenzione dal GranCaffè di Gino Sabella: «Cominciava da allora l'attesa di poterassaggiare un vero pasticciotto che, diviso a metà, ci portava su unragazzino di cui ricordo solo il nome, Mimino [Gatto, N.d.r.].»2Timidamente sorgono a Galatina nuove attività. Nel 1964,

il siciliano Sebastiano Boscia, cognato di Enrico Surdo,apre in piazza Alighieri 101 un piccolo bar, nominato Babybar, che poi verrà rilevato e ampliato nel 1968 da CesareMartinez3; nel 1971 verrà ceduto a Luciano Rizzo e acqui-sito, infine, il 10 marzo 1983 dal figlio Giuseppe Antonio, il

38 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

UNA FINESTRA SUL PASSATO

Guernsey 1963. Il maestro Rafelino Bello esibisce una ri-produzione in cioccolato del prospetto del “Royal Hotel”

Page 39: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

quale lo intitolerà Caffé Alighieri. In questi anni, ad ogni modo si registra un progressivo,

ma importante sviluppo per Galatina, con la fondazionedell’ospedale (1966), la nascita di nuovi istituti scolastici,l’espansione urbanistica, agevolata dalla politica creditiziadelle banche, e un generale, progressivo incremento di be-nessere di tutta la società dovuto a nuove opportunità di la-voro e a una sempre piùdiffusa mobilità sociale, cuisono conseguiti una sostan-ziale crescita dei consumi eun importante mutamentodella vita sociale.L’attività del Bar delle Rose

si adegua e contribuisce aquesti cambiamenti, esten-dendo i propri servizi al ban-queting o al catering in noninfrequenti circostanze, nonsolo in cerimonie private diindividui altolocati, come adesempio, ricorda Adolfo Per-rone, le feste alle Tre Masseriedella Contessa Mongiò, pro-prietaria della banca omonima. Il maestro Rafelino, infatti,viene chiamato dall’estero anche per organizzare e coordi-nare i servizi necessari in occasione di alcuni eventi socialicome ad esempio, nei primi anni ’60, il Veglione della caccia alCavallino Bianco, oppure il Veglione della stampa, che si tieneannualmente presso lo stesso Teatro, sin dal 1956, in occa-sione del Carnevale. Un richiamo, quest’ultimo, per la socie-tà ‘bene’ dell’epoca, non limitato alla sola provincia di Lecce,ma anche a quelle di Bari, Brindisi e Taranto. La pratica commerciale di questo Bar tese ad estendersi

ben oltre i confini di Galatina, non solo in occasione dei ve-glioni, dei ricevimenti o di altri eventi mondani. Il prof. Ri-no Duma ricorda, ad esempio, che fu realizzata una

succursale a Santa Maria di Leuca, l’unico piccolo bar delluogo dove Rafelino d’estate svolse la propria attività arti-gianale, producendo e distribuendo articoli di gelateria e dipasticceria. Nel 1966, Uccio Matteo (cl. 1921), ormai forte delle cono-

scenze di pasticceria acquisite da Uccio Marino, Gino Sabel-la e soprattutto da Rafelino, apre il suo Minibar in Corso

Principe di Piemonte, attivitàche poi si trasferirà nel 1975in via Principessa Mafalda 19,dove verrà elaborata l’omo-nima variante dello spumo-ne di Rafelino4. Il Minibarverrà frequentato, sin dal1966 dai fratelli Antonio (cl.1956) e Michele Pellegrino(cl. 1957), giovani inservien-ti. I due, entrambi discepolidi Rafelino, dopo una seriedi esperienze5, il 4 aprile1979 rileveranno da Robertode Paolis lo storico GranCaffè6, e prose- guiranno l’at-tività formativa (soprattutto

Michele) a favore di molti bravi pasticcieri, alcuni dei qua-li oggi ancora attivi anche fuori Galatina.7Sempre intorno al 1966, Mario Esposito (cl. 1958), oggi

pasticciere e titolare del Bar Caffè Crystall (dal 16 settem-bre 1983), inizia a frequentare come inserviente il Bar-pa-sticceria Ascalone. In seguito, anche lui contribuirà, con lapropria attività, a una trasmissione e a uno scambio di co-noscenze8 e dirà che le stesse ebbe modo di acquisirle pres-so il laboratorio in cui operava Andrea Ascalone.Quest’ultimo, peraltro, rientra definitivamente dall’esterointorno al 1967, per onorare la sua promessa di matrimo-nio. Piero Tundo, quindi, presto sarà costretto a lasciare la

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 39

Galatina (LE) - Bar delle Rose - 1954 In piedi, sulla sinistra, Antonio Duma

Page 40: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

pasticceria dove aveva lavorato per circa 12 anni e verrà as-sunto presso il Bar Eden, sostituendo Pietro Scrimieri, ilquale a sua volta andrà a lavorare presso il Caffè Sammarti-no con il maestro Enrico Surdo. Nel 1968, a Galatina si registra un ulteriore incremento

di bar e di pasticcerie e un progressivo aumento della do-manda.

Il 6 agosto 1968, durante il rientro a Galatina per le ferie,un grave incidente stradale costringe il maestro Rafelino alricovero presso l’ospedale di Ancona in stato di coma, non-ché al suo definitivo rientro a Galatina. L’attività di pastic-ceria del Bar delle Rose, che aveva atteso invano un suosostegno, è retta dal tredicenne Adolfo Perrone. Dopo al-cuni giorni verrà in supporto il maestro Enrico Surdo, cheda lì a breve lascerà definitivamente il Caffè Sammartino, lacui attività fu poi ceduta, nel 1969, ad Alessandro (‘Sandro’)De Riccardis e infine, nel 1971, acquistata da Fedele Uggen-ti. Enrico Surdo, invece, il 1° settembre 1971 aprirà l’IndianBar, in via Pasquale Cafaro 35.Per la sua preziosa guida, nonostante la cecità post-trau-

matica e una successiva, lenta riabilitazione, Rafelino verràcomunque assunto presso il Bar delle Rose. Per contro, Lo-renzo Derniolo decide di mettersi in proprio, aprendo il BarEros.9Carlo de Matteis (cl. 1945) sostiene di aver acquisito, in

società con il fratello Salvatore, l’attività del Bar Eden da‘don’ Ninì Cioffi il 2 settembre 1968 (CCIAA: 18 gennaio1970), ossia al rientro dal servizio di leva. Lo stesso Carloricorda che gli avventori di questo Bar inizialmente acqui-stavano a mala pena quei pochi prodotti di pasticceria espo-sti in vetrina. Si rivolse così al maestro Rafelino, il qualesuggerì che la gente, per essere invogliata all’acquisto, do-veva prima “mangiare con gli occhi”. Perciò, produsse pa-ste secche e paste fresche di ogni genere da riempire gliespositori e in brevissimo tempo andò tutto a ruba. Fu que-sto un primo impulso che Rafelino diede a questa attività,che in seguito continuò ad avere comunque successo, avva-lendosi di altri suoi discepoli. Tra questi, vanno senz’altro ri-cordati il maestro Orazio Contaldo, nel ’72, e un altromaestro molto grato a Rafelino, Pantaleo Masciullo, che poia sua volta ebbe modo di collaborare e trasmettere le sueconoscenze a diversi futuri pasticcieri di successo che anco-ra lo ricordano con piacere.10

Sempre nel 1968, Giuseppe Perrone apre il Bar Oasi inpiazza Alighieri 46, che in quegli anni sarà tra i più apprez-zati produttori di gelato artigianale. Il nome gli fu suggeri-to dal suo carissimo amico, il poeta Lucio Romano, il qualeosservò che questo bar rappresentava l’ultima “oasi” primadi imboccare la via per Lecce, o la prima per chi entrava aGalatina. Il 7 agosto 1977 questa attività fu ceduta a Fernan-do Marzo e Piero suo figlio, che da allora hanno continua-to a gestirla con successo.Il rientro di Rafelino dall’estero costituì un’opportunità

per molti giovani, anche provenienti dai paesi limitrofi, perapprendere l’arte pasticciera. Progressivamente, presso ilBar delle Rose chiedono di essere arruolati diversi futuri pa-sticcieri galatinesi. In cambio degli insegnamenti di Rafelino, la manodope-

ra a basso costo consente di produrre dolci a prezzi acces-sibili praticamente a tutti, nonostante una migliore qualitàdegli articoli, dovuta alla mentalità professionale matura-ta dal maestro durante l’esperienza all’estero e a una sem-pre più frequente e assidua vendita di prodotti semprefreschi. Non a caso, tutte le domeniche si vedono sempre più nu-

merosi i papà uscire dai vari bar con il vassoio di dolci trale mani. D’altra parte, non va trascurato come il dolce e lacioccolata abbiano in sé le qualità accattivanti e intrinsechedi ingenerare dipendenza.Per tutte queste ragioni, nell’era del benessere economi-

co, a Galatina il consumo del dolce è divenuto lo statussymbol di gran parte della Comunità, ma è destinato a di-ventare un costume per l’intera società salentina.

A Galatina stessa, a questo punto, la pasticceria è un set-tore redditizio e in progressiva espansione, a motivo so-prattutto dell’aumento della domanda. Le imprese cheaspirano a produrre un’offerta adeguata possono contaresolo sulla disponibilità di Rafelino sia a garantire una co-spicua e diffusa produzione, da una parte, e sia a formarenuovi operai dall’altra. •

NOTE:1. Testimonianza di Gianni Stifani, che per circa un anno lavorò in Sviz-zera insieme ad Andrea Ascalone.2. Estratto dai commenti di Americo Pepe (di Salve), al post condiviso daKatia Montinaro il 2 giugno 2019 sul gruppo Facebook “SalentinaMEN-TE”. 3. Lo stesso, tenne anche un altro bar in piazza Alighieri 57.

40 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

Galatina (LE) – Cavallino Bianco Veglionissimo della Stampa - 1968 Rafelino con lo staff dei pasticceri

Galatina (LE) 1971 - Indian Bar, via Pasquale Cafaro, 35Il maestro Enrico Surdo

Page 41: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 41

4. Rafelino introdusse un nuovo metodo per lavorare il gelato e lo spu-mone; come addensante usava i tuorli d’uovo e l’amido di riso, all’epocavenduto in forma di cristalli solo presso la storica drogheria di CesarioDuma, nonno del prof. Rino Duma, da quest’ultimo gestita sin dal 1971,pur ricoprendo il ruolo di docente di matematica a Casarano. 5. Iniziarono entrambi al Bar delle Rose, rispettivamente intorno agli 8 e9 anni. Dal 1969 si tennero sempre in collaborazione con Rafelino. Mi-chele Pellegrino fece esperienza ancheal Montecarlo di Fedele Uggenti; poi,insieme al fratello Antonio, al Jolly Bardi Enrico Manzillo; poi a Roma, alla Pa-sticceria Ghimenti, dove imparò a farela mignon, la torta di mele, la pastiera ro-mana, il panettone artigianale. Subitoprima del Gran Caffè, i Pellegrino, apri-rono in società con Vladimiro Romano(discepolo di Rafelino) un biscottificio invia Marche, lo Sciarlò, poi di MaurizioZurigo. 6. Roberto de Paolis rilevò il Gran Caffèalla fine del 1975, dopo circa 50 anni diattività di Gino Sabella (†1976).7. Tra i pasticcieri che hanno collaboratoe appreso da Michele e Antonio Pelle-grino, ricordiamo: Luciano Cuna, Mau-rizio Zurigo, Piero De Matteis, ClaudioCodazzo, Giovanni Mariano, Adelchi Romano, Massimo Lazzari, Pao-lo Antonaci, Antonio Taccia, Carmen Marrazzo e altri, alcuni dei qualitutt’ora operanti in vari paesi salentini (Poggiardo, Specchia, Casarano,Copertino, Scorrano ecc.). Le conoscenze verranno poi trasmesse anche aifigli di Antonio Pellegrino: Adriano, Sandro e Valentina, che oggi eser-citano quest’arte, rispettivamente al Fuori Città Cafè, sulla via di Lecce (SP362), al Gran Caffè (40 anni di attività familiare) in corso Re d’Italia 40, eal Bar Antica Rivendita in corso Porta Luce.8. Mario Esposito e il cugino Italo Rossetti (†2004) eserciteranno entram-bi l’attività di banconisti presso il bar di Filomena Ascalone. Esposito so-stiene di aver avuto accesso al laboratorio nel ’69 e fino alla chiamata allearmi (1976-77). Italo Rossetti, invece vi rimarrà oltre, quando AndreaAscalone (peraltro, notoriamente geloso delle proprie conoscenze) iniziòa diventare celebre per il proprio pasticciotto. Oggi, Mario Esposito trat-

ta una varietà di articoli che in parte si differenzia da quella prodotta inpassato dalla pasticceria Ascalone, perciò evidentemente frutto anche diesperienze fatte con altri pasticcieri: per circa un anno e mezzo, tra il ‘77e il ‘79, presso il Gran Caffè affiancava un esperto pasticciere di San Ce-sario, di cui Roberto De Paolis, allora proprietario, non ricorda più il no-me. Ha collaborato per un breve periodo con il Jolly Bar di EnricoManzillo, dove già lavoravano dei discepoli di Rafelino. Dal 1980 ha la-

vorato a Sogliano, presso il Jolly Bar diRocco Mangione. Nel 1983 apre il BarCrystall e chiama a lavorare con sé Giu-seppe Palamà, che all’epoca lavorava peruna pasticceria a Ruffano. Assumerà poinumerosi collaboratori, tra cui: Italo Ros-setti, Silvano Botrugno, MassimilianoBaglivo, Riccardo Carechino, RaffaeleAntonaci, Antonio Lagna e Pietro Sam-bati.9. Il Bar Eros ebbe un laboratorio in CorsoGaribaldi, in cui hanno lavorato: il fratelloBenito Derniolo, Gianni Fure, MaurizioEsposito, Adolfo Perrone, poi anche il fi-glio Luigi Derniolo e Antonio Scarcia (inpensione dal 2018, dopo 40 anni di attivi-tà laboratoriale presso questo bar).10. Attualmente, Pantaleo Masciullo è ilpasticciere nonché proprietario, insiemea Natalino Palumbo, del Caffè Orsini a

Soleto. Con lui hanno lavorato all’Eden Bar: Raffaele Antonaci, Piero DeMatteis, Pietro Sambati e molti altri.

Galatina, corso Principe di Piemonte, anni ’60Pasticceria Gelateria Mini Bar di Antonio Matteo

Errata corrigeNel precedente numero è stato commesso un errore nella didasca-lia dell’unica foto presente a pag. 38. Al posto di “Cavallino Bian-co” – Veglione della Stampa 1967 – Armando Antonaci, Rafelinocon lo staff degli organizzatori” viene corretto con Galatina (LE) –Cavallino Bianco – Veglione della Stampa 1966 – Armando Anto-naci, Rafelino con lo staff dei pasticcieri

Page 42: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Lu ciucciu ci mandai nun ippe ricche: l’asino che man-dai non ebbe orecchie. Questo proverbio è usato dal po-polo quando vede, per mancanza di qualcuno, che

una missione sortisce un effetto contrario a quello che siaspettava, e si resta perciò disillusi. E si noti: questi tali ilpopolo li chiama ciucci, qualificandoli ignoranti, perché noncapiscono ciò che devono fare e dire, ciucci che non hannoorecchie, (aborto di natura, perché le orecchie dell’asino so-no abbastanza pronunziate! Sono anzi proverbiali!) perchéuno, ignorante quanto si voglia, può fare qualcosa di buo-no, se presta udito a ciò che gli si dice; ma se all’ignoranzasi accoppia la cocciutaggine e la sordità involontaria, allorasi finisce sempre con l’ottenere un effetto doppiamente fu-nesto.Ama l’amicu tou cu llu

vizziu sou: ama l’amicotuo con il vizio suo. Nemomundus a sorde: è biblicoil motto: tutti abbiamodifetti, e, chi dice di nonaverne, smentisce e mo-stra di avere quello del-l’orgoglio, per cui si re-puta un superuomo, eche basterebbe per tutti.Questo concetto è neces-sario che ci accompagninelle relazioni di amicizia. Un amico perfetto, in tutta laestensione della parola, non potremmo trovarlo che in unambiente superiore al livello dell’umanità, ma finché l’ami-co sarà carne, ossa e cartilagine, come noi, avrà sempre isuoi difetti, come noi abbiamo i nostri.Ci campa de speranza desperatu more: chi campa di spe-

ranza muore disperato. La speranza è l’ultima dea. E sta bene,ma non è la sola, per cui non ci si può consacrare interamen-te a lei, qualcosa di noi bisogna pur dedicarla alle altre dee,per esempio all’operosità. La speranza non ci autorizza a vi-vere nell’ozio, perché non ci assicura che all’ora del pranzoverrà essa, o manderà qualcuna delle sue ancelle per portar-ci il panem nostrun quotidianum, tanto più che il corvo, cheportava il pane a San Paolo Eremita nelle Tebaidi, è mortoda parecchi secoli, né i suoi discendenti non hanno appre-sa quell’arte filantropica, ma pensano soltanto a beccare perconto proprio. Alla gente, che vive nell’ozio sperando, il po-polo rivolge un ironico consiglio: spetta, ciucciu miu, finché nu

rriva la paja nova! Ci paca ‘nnanti è mmale servitu: chi paga anzitempo è mal-

servito. E’ frutto di esperienza, egregi operai; non vi offende-te se il popolo vi lancia sul volto questo insulto, è un insulto,se volete, meritato. E dicendo operai, intendo dire a tutti co-loro che prestano un’opera, qualunque essa sia. Il denaro èmolla potentissima, tutto si fa per guadagnarlo; quando siè incassato non c’è più lusinga che ci spinga anche ai sacri-fici nella prestazione di un’opera. Pagate anzitempo il calzo-laio! Forte della sua cassa… debole, vi consegnerà un paiodi scarpe che si romperanno prima di calzarle. All’avvoca-to non date che il semplice invito prima che si discuta lacausa, se lo disfarete per intero… perderà la poesia! Com-

pensandolo anticipata-mente, correrete un brut-to rischio: lo avete paga-to bene? E la troppa gioiagli farà dar di volta il cer-vello; lo avete compensa-to male? E allora qualispagatio talis pictatio! Ca-morrista no; minchio-ne… tanto meno…Ci spera de rricchire

inthr’all’annu mpoveri-sce inthr’allu mese: chispera di arricchire in un an-

no diventa povero in un mese. Non bisogna mai confidar trop-po nel futuro, né rimandare al domani ciò che si può fareoggi: il domani verrà, ma non sappiamo se verrà per noi, ese, trovandoci, ci troverà nelle condizioni di oggi. Alcuni,nella speranza di arricchire nel futuro, scialano e godononel presente. Imprudenti! La ricchezza non è una mannache caschi inopinata nel deserto delle vostre saccocce, la ric-chezza è il frutto dei quotidiani risparmi, perciò, di quel chesi guadagna, si tolga quanto è necessario alla vita e il restolo si metta da parte, accumulando per l’avvenire. Così si for-mano le vistose ricchezze, non già sciupando oggi con lasperanza dell’avvenire. In questo caso, si sa, si avvera sem-pre l’altro proverbio: ci campa de speranza desperatu more.Cane bbinchiatu e musciu sfamatu: cane sazio e gatto affa-

mato. Il cane e il gatto sono due animali necessari in ogni ca-sa: il primo ci custodisce dai ladri, il secondo ci libera daitopi. Prudenza vuole, però, che si sappiano trattare anchegli animali, se si vuole da essi un servizio ben fatto. Il cane,

42 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

TERRA NOSCIA

Esempio tangibile della saggezza popolare

Lu dittèriuIl popolo, quando parla, sentenzia

di Piero Vinsper

Page 43: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 43

perché serva bene, è necessario che si sazi, non lo si lascimorire di fame. Se è sazio si accovaccia vicino alla porta, dilà non si muove, e vigila pronto a dare il segno d’allarme alpiù piccolo rumore: ma se sente i latrati della fame, abban-dona la sua cuccia e scappa per procurarsi l’alimento neces-sario, conoscendo anch’esso che la fame è una bestiaccia conla quale non si scherza. Il contrario succede in rapporto algatto. E’ necessario dargli da mangiare, ma non tanto da sfa-marlo completamente, se no, vede il topo e, invece di gher-mirlo e divorarlo, entra in familiarità e scioca (si trastulla) conesso, ciò che non succede quando il gatto è affamato, poichéallora, sapendo che il topo è un buon boccone, ghermirlo edivorarlo è per lui tutto un affare di pochissimo tempo.Nunn essere throppu duce ca ognunu te suca, e nunn es-

sere throppu maru ca ognunu te sputa: non essere troppo dol-ce che ognuno ti lecca, né troppo amaro che ognuno ti sputa. Gliestremi sono sempre viziosi: bisogna aver sempre presenteil detto: incidit in Scyllam qui vult evitare Carybdim, e l’altro:medium tenuère beati, specialmente vivendo tra gente che ditutto abusa. La dolcezza e l’affabilità sono doti pregevolis-sime, ma chi è troppo dolce fa la fine del fiore cui le vespesucchiano il nettare dal calice e gli danno la morte. Le vespesotto la forma umana succhiano alla borsa e al cuore di chisi dimostra dotato di eccessiva bontà; gli scaltri approfitta-no per mutarsi in piovre che sanno dove attaccare i loro ten-tacoli. E’ necessario, però, guardarsi dal cadere nell’eccessoopposto: è male esser troppo dolce, perché si procurano di-verse noie, è male essere troppo amaro, perché si fa semprela fine di certi oggetti, come il legno cassio, lo si può tolle-rare un pochino e poi lo si sputa. Culle bbone tuttu se ottene: con le buone maniere tutto si ot-

tiene. Molte cose non si ottengono, non già perché non si do-

mandino, ma perché non si sanno domandare. Questo pro-verbio dovrebbero tenerlo a mente coloro che sono prepo-sti all’educazione e al governo della società. I modi burberi,le parole aspre, il contegno superbo ottengono effetti contra-ri a quel che si desidera, inaspriscono gli animi, e, invece disottomettere i ribelli, alienano l’aspetto dei buoni. Ecco per-ché il popolo, fedele ai suoi principii, è umile e mite; e tut-to ottiene in grazia dei modi con cui comanda. Esso che sache con le buone maniere tutto si ottiene, sa anche che ‘nabbona parola nu bbonu locu pija. Amare e nunn essere amatu è tiempu perdutu: amare e

non essere amato è tempo perso. L’amore esercita una doppiaazione: diffusiva la prima, attrattiva l’altra, l’una difficil-mente può stare senza l’altra, tutte e due si completano. SanGregorio scrisse: l’amore non tende a se stesso, ma perché sia de-finito tale, è necessario che si estrinsechi e tenda a un altro. Chiama vuole essere corrisposto e riamato. Nella corrisponden-za d’amorosi sensi, l’amore si sviluppa, si accresce: ma sel’amante si vede contraccambiato con glaciale indifferenza,è costretto a smettere e a rifare il cammino, perché il cammi-no già fatto fu tiempu persu. Nu tte fidare né de carusu, né de pertusu: non ti fidare né

del giovinetto, né del pertugio. Quando qualcuno commetteun’azione, che vorrebbe rimanesse occulta, deve guardarsidal commetterla innanzi a bambini (carusi) e deve essereguardingo perché qualcuno potrebbe spiare magari da unpertugio. L’adulto, malizioso, se lo vede, forse non parla, mail bambino nella sua innocenza, neppure pensando di nuo-cere, manifesta a tutti ciò che ha veduto. Giuridicamente latestimonianza di un bambino non ha efficacia, ma confortagli indizi che altri possano dare sul fatto. Quante testimo-nianze di bambini han posto i magistrati sulle tracce del reo!

Page 44: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

Circolo Cittadino “Athena”- GALATINA -

Corso Porta Luce, 69 - 73013 Galatina – Tel. 0836-568220 – Cell. 335.8456924e-mail: [email protected]

Campagna Soci – Anno 2020Si porta a conoscenza dei galatinesi d’ambo i sessi (ma anche dei paesi limitrofi) che è aperta la campagna-soci del Cir-

colo Cittadino “Athena” per il prossimo anno. A tal riguardo il Consiglio Direttivo ha stabilito di riorganizzare e rivitalizzare le attività sociali in modo da offrire al-

la comunità cittadina un ventaglio di possibilità, volte a consolidare l’associazionismo e lo spirito di gruppo. Una particolare attenzione è riservata all’organizzazione di attività socio-culturali mediante conferenze e dibattiti su

tematiche letterarie, artistiche, scientifiche e di pubblico interesse, al fine di consolidare il pensiero critico, di determi-nare negli associati il desiderio di confrontarsi su problematiche ad ampio raggio e di proporre soluzioni.Nella sede del circolo si possono utilizzare le seguenti strutture:a) Sala d’attesa fornita di comode poltroncine;b) Ampio salone, con 45 posti a sedere, in cui si possono organizzare conferenze su varie tematiche, eventuale ci

neforum e quant’altro similare;c) Un’accogliente sala TV che dispone di oltre una decina di posti a sedere;d) Una confortevole sala-lettura in cui i soci possono comodamente leggere giornali e uti-lizzare libri dell’annes

sa biblioteca, fornita di oltre 1.300 testi, molti dei quali riguardanti il Salento. Questa sala è dotata di un ulteriore televisore;

e) Un biliardo riscaldato fornito di stecche, segnapunti elettronico, tassametro e di un’ottima illuminazione; f) Una camera utilizzabile dai soci per giochi di società;g) Una camera riservata ai soci che desiderano ritrovarsi per discutere su vari argomenti;h) Un ufficio-segreteria riservato al Direttivo e alla redazione de “il filo di Aracne”;i) Due confortevoli bagni e un vano cucina utilizzabile dai soci che intendono fumare;j) L’intero immobile è dotato di riscaldamento, di telefono, di distributore di caffe e frigo.Attività associative e culturali che si intendono realizzare nel prossimo anno- In primavera ed autunno si organizzeranno, di domenica o nei giorni festivi, escursioni fuori porta con guida per

visitare chiese, palazzi, castelli, piazze di paesini salentini. - Organizzazione di gite nei week-end con pernottamento in località pugliesi ed anche fuori regione (Basilicata, Mo-

lise, Alta Calabria) d’interesse storico, artistico, turistico, ecc.- Tornei sociali di burraco e di biliardo. Cene sociali. Giochi di società.- Pentolaccia, in occasione del carnevale.- Organizzazione di conferenze e dibattiti storico-letterari-artistici- scientifici, ecc.- Qualsiasi altra attività in collaborazione con associazioni galatinesi e non.Galatina, 20 ottobre 2019

Il PresidenteProf. Cesario Duma

N.B. – Si fa presente che ai nuovi tesserati non è richiesto il pagamento della tassa di immatricolazione, bensì della ret-ta associativa annuale.

COMUNICAZIONE

44

Page 45: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

SUL FILO DELLA MEMORIA

ottobre/dicembre 2019 Il filo di Aracne 45

Ma le lezioni di ginnastica non potevano essere sem-pre sostituite dalle scampagnate fuori porta e fuo-ri dalla Scuola.

Non potevano durare una eternità.E, alla fine, l’insegnante di Educazione Fisica era costret-

to a rinunciare, di tanto in tanto, alle belle giornate di mar-zo che si preannunciavano più lunghe, più assolate epiacevolmente frizzantine e alla lettura del giornale con leultime notizie di sport.Rimanere in classe, o fare lezione nella palestra scoper-

ta (più esattamente nel cortile alberato, che lambiva a sudle aule del Ginnasio “Colonna” e le imponenti mura del“Convitto”) della Scuola “Pascoli“ diventava un supplizioper Lui, ma sinceramente anche per gli alunni.E comunque rimaneva a

Scuola solo quando era pro-prio costretto e quindi obbli-gato con l’acqua alla gola adassegnare ad ogni alunno al-meno un voto sul registro diclasse, previa esecuzione di al-cuni elementari esercizi diginnastica.Gli scrutini del secondo tri-

mestre premevano e occorre-va correre ai ripari. Due compagni avevano tra-

sportato nel giardino dell’Isti-tuto un’asticella e due rittiposizionati vicino alla buca, a mala pena riempita di sab-bia diventata dura e compatta, perché mai smossa dai bi-delli in tutt’altre faccende affaccendati.Eppure c’era una zappetta ed un rastrello a porta di ma-

no, accostati ad un rosaio asfittico e rinsecchito, che unavolta cresceva rigoglioso vicino ai gradini della scala di ac-cesso al giardino.Il rosaio era la passione di una anziana bidella.Rinsecchì disperato, dopo che fu collocata in pensione.Quelli attrezzi non furono mai usati da nessuno per

smuovere la sabbia indurita della buca, se non da qualchealunno volenteroso, prevalentemente preoccupato del suoposteriore durante le prove di salto in alto.

Tutta la classe era ferma sul lato sinistro del giardino,perché lo spazio a destra era occupato da una seconda clas-se femminile che giocava a palla a volo.Prevalevano ancora in quel tempo le classi distinte e se-

parate, fra maschietti e femminucce.Focu de Diu!Mai sia, se stàvanu ‘nsieme.La promiscuità delle classi scolastiche, scandalosa, im-

morale, indecente (nella cultura brachettona, democristiana eclericale del legislatore del tempo) fu una conquista di civil-tà che venne alcuni anni dopo.Ogni alunno in fila aspettava il suo turno per effettuare

una prova di salto in alto ed aver il suo bravo voto sul re-gistro.

Chicco era in fondo alla fila,quando un pallone accidental-mente gli rimbalzò sulla testa.Si chinò per raccoglierlo,

quasi contemporaneamentead una alunna della classe ac-canto che era accorsa per recu-peralo.Le porse il pallone.Un grazie appena strozzato

dall’emozione e pronunciatocon un esile filo di voce, unosguardo fugace, un breve sor-riso ed un leggero rossore sul-le gote.

Era Lei!E quella delicata ragazzina, da quel momento, cominciò

ad occupare i suoi pensieri, ad interessare la sua anima, adalimentare i suoi sentimenti e ad impegnare tutto sé stes-so.Gli faceva battere il cuore ogni volta che incrociava il suo

sguardo, all’uscita dalla scuola.Si emozionava ad ogni saluto ricambiato, durante le

chiassose ricreazioni consumate nei corridoi polverosi, chesi snodavano in perfetta simmetria di fronte alle aule sco-lastiche.Il loro rapporto delicato e gentile, prevalentemente idil-

liaco e romanticamente surreale, andò avanti come un so-

I raccont i del la Vadea

Galatina (LE) - Corso Re d’Italia e Liceo “Colonna”

di Pippi Onesimo

Page 46: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura

46 Il filo di Aracne ottobre/dicembre 2019

gno sino agli esami di licenza della terza media.Alcuni mesi dopo svanì anche quel sogno, perché la sua

famiglia si trasferì altrove, in una città del Nord (suo padreera militare di carriera).Chicco riceveva di tanto in tanto una cartolina di saluti,

firmata con un convenzionale e fittizio nome al maschileper evitare curiosità e sospetti.Il servizio postale di

recapito della corri-spondenza allora nonveniva assicurato nellecampagne (veramente,oggi, nemmeno in Cit-tà, se non a giorni alter-ni, quando va bene!).Per questo veniva re-

capitata presso il domi-cilio di un parente cheabitava in città.Era compito di Chicco

(compito peraltro che siera attribuito da solo,quindi usurpato, per l’evidente interesse riposto) di anda-re di tanto in tanto a ritirare la corrispondenza di tutta lafamiglia.Non veniva recapitato mai niente, o quasi, a parte le sue

rare cartoline, le cartelle esattoriali e i giornaletti votivi chereclamavano qualche offerta benevola, come l’Araldo di San-

t’Antonio, o Barbanera.Trafelato, sudato, ansimante percorreva come un fulmi-

ne quel breve tratto di strada che intercorreva fra la cam-pagna e la città.Il cuore in gola per l’ansia della cartolina riservata non

obbediva ad alcuna legge, ad alcuna logica, come nonl’avevano i pedali della bicicletta, che roteavano impazzi-

ti, senza controllo.La corrispondenza simu-

lata durò appena un anno.Poi improvvisamente non

ebbe più alcuna notizia.Mai più nulla… per sem-

pre!E la sofferenza di quel di-

stacco, ma soprattutto diquel silenzio, gli fece assa-porare con precoce anticipole prime amarezze della vi-ta, mitigate fortunatamenteda tante altre gioie e gratifi-cazioni guadagnate sul ver-

sante dell’ambiente fami- liare, sociale e del lavoro.Per fortuna il tempo, che tutto (o quasi) tenta di guari-

re con pietosa, fittizia, discreta comprensione, ha stem-perato con lenta e delicata sequenza il sapore, poidivenuto aspro, di tutti quei sentimenti in un dolce, sof-fuso, romantico passato.Ha lasciato però, sparse in giro, lievi, sottili, rade bricio-

le di sofferenze e sopite delusioni, mentre sparuti brandel-li di immagini confuse e intermittenti galleggiano, di tantoin tanto, nell’inconscio.Ma anche tutto questo passato, con gli anni, si è dissolto

definitivamente nel nulla (o perlomeno così sembra), sbia-dendo con lenta ma inesorabile determinazione nella neb-bia fitta e persistente dei segreti personali.Questo passato sembra impresso su una vecchia, lucida

cartolina illustrata, con i bordi dentati appena pronuncia-ti, ormai scolorita e ingiallita, come se fosse stata mal ripo-sta nel cassetto polveroso dei ricordi.Anche se il sole a picco aveva reso l’aria irrespirabile,

Chicco preferiva restare ancora fuori.All’aperto.Amava parlare col vento e sognare ad occhi aperti, con-

fuso nel leggero fruscio delle foglie rinsecchite, che un mu-linello dispettoso, di tanto in tanto, con un capriccioillogico, nervoso e irridente le faceva cambiare di posto.Ma sopratutto quei sogni appagavano il suo animo in un

languido riservato torpore, mentre ascoltava il silenzioprofondo e sonnacchioso della campagna, adagiata conplacido abbandono, come una gentile signora discreta, ri-servata e delicatamente romantica, nella irriverente e fa-stidiosa calura d’agosto.Oltre la siepe e le chiome fluttuanti degli alberi d’ulivo,

l’orizzonte dispiegava il suo dominio, sfumando pian pia-no alla vista e degradando dolcemente al di là dellosguardo.Tutto sbiadiva, pensieri e cose, oltre la profondità e il mi-

stero dell’infinito. •

pippi onesimo

Primi innocenti sguardi

Page 47: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura
Page 48: BUONE FESTE - Home - Il fIlo di ARACNE...2019/12/04  · nere della civiltà occiden - tale, con un progressivo scivolamento verso l’in - differenza religiosa, se non addirittura