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Mercoledì 18 gennaio 2017 16 IL CASO I LOCALI AL PIANO TERRA PASSANO A UN PRIVATO ED È POLEMICA Se la Galleria di Bitonto «perde» le sue stanze Devanna: «Arriva un negozio? Assurdo» di ENRICA D’ACCIÒ «S e aprono un negozio di moda, trasferisco tutta la collezione a Matera». È una pro- vocazione, ma neanche poi troppo, quella di Girolamo Devanna, il me- cenate dalla cui collezione è nata la galleria nazionale della Puglia, che ha sede a Bitonto nel palazzo Sylos Calò. Alcuni dei locali a piano terra, annessi all’immobile storico ma non di proprietà pubblica, sono stati di recente venduti ad un privato. Né il segretariato regionale del ministero dei beni culturali e delle attività cul- turali e del turismo per la Puglia, l’ex direzione regionale del Mibact, né la regione, né la città metropolitana, né il comune hanno esercitato il diritto di prelazione per l’acquisto, pure pre- visto, e pure in presenza di un fi- nanziamento accantonato da oltre 10 anni. Nei locali, da poco venduti da privato a privato, pare si aprirà una boutique di moda. Nel pro- getto iniziale, in- vece, i locali era- no destinati ad ospitare altre opere che il col- lezionista era in- tenzionato a do- nare. Devanna non trattiene la rabbia. «Si pre- giudica l’unità monumentale della galleria e si espone la colle- zione a rischi di sicurezza, per- ché i locali ven- duti hanno ac- cesso al cortile della galleria. Nessuno ha volu- to acquistare. Perché? I soldi ci sono, o almeno, c’erano». Gli strali del colle- zionista non ri- sparmiano nessuno. «Ho donato la mia collezione alla Puglia perché era l’unica regione a non avere una gal- leria nazionale ma gli amministra- tori regionali, nonostante siano stati sollecitati più volte, non hanno dato alcun riscontro. Emiliano? Forse sa- rà andato qualche volta allo zoo, di sicuro non è mai stato in un museo». Il ministero ha inviato a fine settem- bre una nota, che allertava gli enti locali dell’imminente vendita, solle- citandoli ad esercitare il diritto di prelazione. «Nessuno ha fatto niente. Né la regione, né la città metropo- litana di Bari, né il comune: l’esempio lampante dell’incompetenza e degli ignoranza di tutte le istituzioni lo- cali». La vicenda amministrativa, che og- gi si tinge di toni così accesi, è partita alla fine degli anni ‘90. Il comune di Bitonto acquista da privati l’immo- bile storico, il primo e il secondo pia- no, accede ad un finanziamento re- gionale milionario, avvia il restauro e poi dona l’immobile al ministero. L’obiettivo è di farne un grande mu- seo nazionale, proprio grazie alla di- sponibilità di Devanna. Il regista dell’operazione è l’allora sindaco Ni- cola Pice. Il 18 aprile 2009 la galleria è aperta al pubblico. In mostra, circa 200 fra dipinti, piccole sculture e di- segni: El Greco, Il Veronese, Arte- misa Gentileschi, Poussin, Giuseppe De Nittis, Francesco Speranza. Per 80 dipinti rimasti in deposito, per man- canze di spazio, e in vista di nuove acquisizioni, una parte del finanzia- mento per il restauro, circa 300 mila euro, viene accantonata per acqui- stare i locali a piano terra. Per l’ac- quisto di questi locali, 11 in tutto, all’ex direzione generale, alla regione e ad altro ente pubblico territoriale viene riconosciuto il diritto di pre- lazione, così come previsto per legge. Tale diritto è stato esercitato, lo scor- so anno, per 6 di questi locali. Al- tri tre risultato affittati, ed ospi- tano una gelate- ria, altri due so- no stati venduti, pare a 80 mila eu- ro, e sono oggi nell’occhio del ci- clone. Devanna ha fatto già sape- re che il secondo nucleo di opere, che era pronto a donare, sarà de- stinato altrove. Si tratta di dipin- ti, piccole scultu- re e alcuni reper- ti archeologici. Ma la vicenda è destinata a chiu- dersi tanto pre- sto. «Sono pronto ad un esposto in procura. I soldi c’erano ma forse sono spariti. Tut- ta l’operazione, secondo me, è po- co corretta e poco pulita». «Non siamo stati avvisati. Fino a poche settimane fa c’era ancora il cartello “vendesi”», commenta a riguardo la direttrice della galleria Nuccia Barbone. «Un anno fa è stato esercitato il diritto di prelazione, abbiamo acquisito 6 locali ed eravamo pronti ad acquisire anche gli altri. Nei programmi di investi- mento triennale abbiamo richiesto al ministero fondi per restaurare tutto il piano terra. Ci sono progetti per future acquisizioni, nuovi allesti- menti, nuovi spazi per la didattica e l’accoglienza turistica». Come si spie- ga allora il «patatrac»? La direttrice parla di «uno scivolone» che però non pregiudica il futuro della galleria. «La galleria è incardinata nel palazzo Sylos Calò, qui è nata e qui deve stare. Non esistono alternative a Bitonto». Nonostante i ripetuti tentativi, non è stato possibile contattare nessuno del segretariato regionale del ministero dei beni culturali e delle attività cul- turali e del turismo per la Puglia. IL SAGGIO LO SCRITTORE PUGLIESE ATTACCA LA CULTURA DELLA RESA ALLA SCIENZA E ALLE SUE MANIPOLAZIONI ARTIFICIALI «Alla luce del mito» per evitare il buio Esce domani il nuovo libro di Marcello Veneziani Spietata requisitoria contro l’ossessione biotech Esce domani in libreria l’ultimo saggio di Marcello Veneziani, dal titolo «Alla luce del mito», edito da Marsilio (pp. 170, euro 16,50). Pubblichiamo di se- guito uno stralcio. di MARCELLO VENEZIANI C iascuno dispone di due vite che non si avvicendano ma scorrono parallele. Non una vita dopo l'altra, in sequenza, ma una oltre l'altra, compresenti. Non due linee rette ma curve, sinuose; di- segnano a volte arabeschi, giri di boa, punti d'arresto e di svolta. E non scor- rono a fianco, perché camminano piut- tosto su piani diversi. Una è la vita cor- rente, l'altra è la vita ulteriore. La prima vita è quella che accade an- che senza volerlo, la vita spontanea, quo- tidiana e ordinaria, immersa nel fluire delle cose e dei fatti, che si perde nella vita e poi nella morte. La seconda è la vita che si sporge oltre se stessa fino all'in- visibile, la vita che pensa e che sogna; è cosciente di sé, ha una visione, coglie un disegno e si protende oltre la morte. Una si spande nel mondo e si spende nel tem- po, l'altra cura di mettere in salvo. Le due vite scorrono quasi parallele ma talvolta, come accade negli scambi ai binari, s'in- trecciano, stridono e perfino si urtano. Non riconducono una alla vita del corpo e l'altra alla vita dell'anima, e nemmeno si distinguono come la vita della neces- sità e la vita della volontà, perché mente e sensi, necessità e volontà, incidono su ambo le vie, seppure in modi e ruoli diversi. Una può dirsi la vita piccola, l'altra la vita grande. La prima ha li- mitati orizzonti, rinchiusa nella gabbia dei giorni e dell'ego. La seconda è la vita del mito e del pensar grande (megalop- sichia). «Tutti abbiamo due vite – scrive Pes- soa sdoppiandosi in Alvaro de Campos – quella vera, che è quella sognata nel- l'infanzia e che continuiamo a sognare da adulti in un sostrato di nebbia; quella falsa che viviamo in convivenza con al- tri, che è quella pratica, quella utile, quel- la in cui finiscono per chiuderci in una bara. Nell'altra non ci sono né bare né morte. Ci sono solo illustrazioni d'in- fanzia: grandi libri colorati da guardare ma non da leggere grandi pagine con i colori per ricordare più tardi. Nell'una siamo noi, nell'altra viviamo; in questa moriamo, che è ciò che vivere signifi- ca». Il mito è la finestra che si affaccia sulla vita ulteriore, essenziale, evanescente, necessaria e impalpabile; racconta l'al- tro mondo che vive dentro, a fianco e sopra il mondo in cui siamo immersi. Il futuro è nel grembo del mito. Nel mito dimorano i suoi elementi costitu- tivi: la morte, la rinascita, la trasfigu- razione. Il futuro appartiene a loro. Il mito nutre il futuro con la distanza pro- fetica dal presente, tramuta il disgusto dell'oggi nel sapore dell'attesa, traduce la lontananza dai presenti nella vicinanza degli assenti- gli dei, i non ancora nati, i risorti nel solco del mito. L'essenza del mito e del futuro collimano: ambedue sono proiezioni. Il mito ci proietta in un'altra dimensione, come il futuro. La civiltà avrà un futuro se riprenderà a L’ANNIVERSARIO LABORATORI E VOLUMI, PARTENDO DA MOLFETTA E DA DON TONINO BELLO Quella Meridiana segna il tempo della lettura Trent’anni della casa editrice: pace e cultura di MARIA GRAZIA RONGO I l primo libro pubblicato fu Il mito e l’archetipo nella fiaba a cura di Mario Bo- lognesi, frutto di un labo- ratorio della Casa della Pace. Era il luglio 1987 e il 13 gennaio dello stesso anno, nella sede di via Massimo d’Azeglio 46, era nata a Mol- fetta, cittadina adriatica a nord di Bari, la casa editri- ce La Meridiana. Tra quelle stesse mura avevano pre- so vita qualche anno prima la Casa della Pace appunto, e ancor prima, l’esperienza di «Obiezio- ne di coscienza». Molfetta in quegli anni era un vero e proprio laboratorio, una comunità dove si sperimentava- no e condividevano esperienze inedite, per alcuni versi predit- tive di quello che sarebbe ac- caduto anni dopo nella nostra regione, animate da un pastore illuminato, don Tonino Bello, il «vescovo degli ultimi», e per il quale da diversi anni è anche iniziato il processo di canoniz- zazione. Tanti i giovani che ave- vano accolto il suo richiamo alla non violenza, alla pratica della pace, all’impegno sociale e ci- vile nel mondo del volontariato, e tra questi, Guglielmo Miner- vini, mite ma tenace, determi- nato, dallo sguardo limpido e lungo, che appena ventunenne fondò La Meridiana insieme ad un manipolo di amici e ne di- venne il direttore. Minervini che sulle quelle basi ha poi co- struito anche il suo impegno po- litico, è scomparso durante la scorsa estate, lasciando rim- pianto in quanti hanno avuto modo di conoscerlo, a prescin- dere dallo schieramento politi- co, e un grande vuoto tra coloro che con lui condividevano la «missione» della casa editrice molfettese. La Meridiana, esperienza che porta nel nome il compito di mi- surare il tempo del presente, compie quindi trent’anni. Nel tempo anni la casa editrice è divenuta senz’ombra di dubbio un punto di riferimento impor- tante per chi si occupa di edu- cazione, e non parliamo solo de- gli insegnanti, ma anche degli operatori sociali e soprattutto dei genitori, di chi vive la fede nell’accezione di scoperta del sacro nell’altro, dell’uomo al servizio attivo della comunità. Oltre la realtà: «Mentre vivi un'esperienza, un incontro, una presenza, prefiguri il suo svanire...» BITONTO La Galleria nel centro storico Elvira Zaccagnino: «Radici e maestri» sarà il tema dei festeggiamenti APERTA NEL 2009 La replica della direttrice: «Sì, uno scivolone ma non siamo stati avvisati»

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Page 1: C U LT U R A &S P E T TAC O L Ibile storico, il primo e il secondo pia - no, accede ad un finanziamento re - gionale milionario, avvia il restauro e poi dona l3immobile al ministero

Mercoledì 18 gennaio 201716

IL CASO I LOCALI AL PIANO TERRA PASSANO A UN PRIVATO ED È POLEMICA

Se la Galleria di Bitonto«perde» le sue stanzeDevanna: «Arriva un negozio? Assurdo»

di ENRICA D’ACCIÒ

«S e aprono un negoziodi moda, trasferiscotutta la collezione aMatera». È una pro-

vocazione, ma neanche poi troppo,quella di Girolamo Devanna, il me-cenate dalla cui collezione è nata lagalleria nazionale della Puglia, cheha sede a Bitonto nel palazzo SylosCalò. Alcuni dei locali a piano terra,annessi all’immobile storico ma nondi proprietà pubblica, sono stati direcente venduti ad un privato. Né ilsegretariato regionale del ministerodei beni culturali e delle attività cul-turali e del turismo per la Puglia, l’exdirezione regionale del Mibact, né laregione, né la città metropolitana, néil comune hanno esercitato il dirittodi prelazione per l’acquisto, pure pre-visto, e pure in presenza di un fi-nanziamento accantonato da oltre 10anni.

Nei locali, dapoco venduti daprivato a privato,pare si apriràuna boutique dimoda. Nel pro-getto iniziale, in-vece, i locali era-no destinati adospitare altreopere che il col-lezionista era in-tenzionato a do-nare. Devannanon trattiene larabbia. «Si pre-giudica l’unitàm o nu m e n t a l edella galleria e siespone la colle-zione a rischi disicurezza, per-ché i locali ven-duti hanno ac-cesso al cortiledella galleria.Nessuno ha volu-to acquistare.Perché? I soldi cisono, o almeno,c’erano». Glistrali del colle-zionista non ri-sparmiano nessuno. «Ho donato lamia collezione alla Puglia perché eral’unica regione a non avere una gal-leria nazionale ma gli amministra-tori regionali, nonostante siano statisollecitati più volte, non hanno datoalcun riscontro. Emiliano? Forse sa-rà andato qualche volta allo zoo, disicuro non è mai stato in un museo».Il ministero ha inviato a fine settem-bre una nota, che allertava gli entilocali dell’imminente vendita, solle-citandoli ad esercitare il diritto diprelazione. «Nessuno ha fatto niente.Né la regione, né la città metropo-litana di Bari, né il comune: l’esempiolampante dell’incompetenza e degliignoranza di tutte le istituzioni lo-cali».

La vicenda amministrativa, che og-gi si tinge di toni così accesi, è partitaalla fine degli anni ‘90. Il comune diBitonto acquista da privati l’immo -bile storico, il primo e il secondo pia-no, accede ad un finanziamento re-

gionale milionario, avvia il restauro epoi dona l’immobile al ministero.L’obiettivo è di farne un grande mu-seo nazionale, proprio grazie alla di-sponibilità di Devanna. Il registadell’operazione è l’allora sindaco Ni-cola Pice. Il 18 aprile 2009 la galleria èaperta al pubblico. In mostra, circa200 fra dipinti, piccole sculture e di-segni: El Greco, Il Veronese, Arte-misa Gentileschi, Poussin, GiuseppeDe Nittis, Francesco Speranza. Per 80dipinti rimasti in deposito, per man-canze di spazio, e in vista di nuoveacquisizioni, una parte del finanzia-mento per il restauro, circa 300 milaeuro, viene accantonata per acqui-stare i locali a piano terra. Per l’ac -quisto di questi locali, 11 in tutto,all’ex direzione generale, alla regionee ad altro ente pubblico territorialeviene riconosciuto il diritto di pre-lazione, così come previsto per legge.Tale diritto è stato esercitato, lo scor-

so anno, per 6 diquesti locali. Al-tri tre risultatoaffittati, ed ospi-tano una gelate-ria, altri due so-no stati venduti,pare a 80 mila eu-ro, e sono ogginell’occhio del ci-clone. Devannaha fatto già sape-re che il secondonucleo di opere,che era pronto adonare, sarà de-stinato altrove.Si tratta di dipin-ti, piccole scultu-re e alcuni reper-ti archeologici.Ma la vicenda èdestinata a chiu-dersi tanto pre-sto. «Sono prontoad un esposto inprocura. I soldic’erano ma forsesono spariti. Tut-ta l’o p e r a z i o n e,secondo me, è po-co corretta e pocopulita».

«Non siamostati avvisati. Fino a poche settimanefa c’era ancora il cartello “ve n d e s i ”»,commenta a riguardo la direttricedella galleria Nuccia Barbone. «Unanno fa è stato esercitato il diritto diprelazione, abbiamo acquisito 6 localied eravamo pronti ad acquisire anchegli altri. Nei programmi di investi-mento triennale abbiamo richiesto alministero fondi per restaurare tuttoil piano terra. Ci sono progetti perfuture acquisizioni, nuovi allesti-menti, nuovi spazi per la didattica el’accoglienza turistica». Come si spie-ga allora il «patatrac»? La direttriceparla di «uno scivolone» che però nonpregiudica il futuro della galleria.«La galleria è incardinata nel palazzoSylos Calò, qui è nata e qui deve stare.Non esistono alternative a Bitonto».Nonostante i ripetuti tentativi, non èstato possibile contattare nessuno delsegretariato regionale del ministerodei beni culturali e delle attività cul-turali e del turismo per la Puglia.

IL SAGGIO LO SCRITTORE PUGLIESE ATTACCA LA CULTURA DELLA RESA ALLA SCIENZA E ALLE SUE MANIPOLAZIONI ARTIFICIALI

«Alla luce del mito»per evitare il buioEsce domani il nuovo libro di Marcello VenezianiSpietata requisitoria contro l’ossessione biotech

Esce domani in libreria l’ultimo saggiodi Marcello Veneziani, dal titolo «Allaluce del mito», edito da Marsilio (pp.170, euro 16,50). Pubblichiamo di se-guito uno stralcio.

di MARCELLO VENEZIANI

Ciascuno dispone di due viteche non si avvicendano mascorrono parallele. Non unavita dopo l'altra, in sequenza,

ma una oltre l'altra, compresenti. Nondue linee rette ma curve, sinuose; di-segnano a volte arabeschi, giri di boa,punti d'arresto e di svolta. E non scor-rono a fianco, perché camminano piut-tosto su piani diversi. Una è la vita cor-rente, l'altra è la vita ulteriore.

La prima vita è quella che accade an-che senza volerlo, la vita spontanea, quo-tidiana e ordinaria, immersa nel fluiredelle cose e dei fatti, che si perde nellavita e poi nella morte. La seconda è la vitache si sporge oltre se stessa fino all'in-visibile, la vita che pensa e che sogna; ècosciente di sé, ha una visione, coglie undisegno e si protende oltre la morte. Unasi spande nel mondo e si spende nel tem-po, l'altra cura di mettere in salvo. Le duevite scorrono quasi parallele ma talvolta,come accade negli scambi ai binari, s'in-trecciano, stridono e perfino si urtano.Non riconducono una alla vita del corpoe l'altra alla vita dell'anima, e nemmenosi distinguono come la vita della neces-sità e la vita della volontà, perché mente esensi, necessità e volontà, incidono suambo le vie, seppure in modi e ruolidiversi. Una può dirsi la vita piccola,

l'altra la vita grande. La prima ha li-mitati orizzonti, rinchiusa nella gabbiadei giorni e dell'ego. La seconda è la vitadel mito e del pensar grande (megalop-s i ch i a ) .

«Tutti abbiamo due vite – scrive Pes-soa sdoppiandosi in Alvaro de Campos –quella vera, che è quella sognata nel-l'infanzia e che continuiamo a sognareda adulti in un sostrato di nebbia; quellafalsa che viviamo in convivenza con al-tri, che è quella pratica, quella utile, quel-la in cui finiscono per chiuderci in unabara. Nell'altra non ci sono né bare némorte. Ci sono solo illustrazioni d'in-fanzia: grandi libri colorati da guardarema non da leggere grandi pagine con icolori per ricordare più tardi. Nell'unasiamo noi, nell'altra viviamo; in questamoriamo, che è ciò che vivere signifi-

ca».Il mito è la finestra che si affaccia sulla

vita ulteriore, essenziale, evanescente,necessaria e impalpabile; racconta l'al-tro mondo che vive dentro, a fianco esopra il mondo in cui siamo immersi.

Il futuro è nel grembo del mito. Nelmito dimorano i suoi elementi costitu-tivi: la morte, la rinascita, la trasfigu-razione. Il futuro appartiene a loro. Il

mito nutre il futuro con la distanza pro-fetica dal presente, tramuta il disgustodell'oggi nel sapore dell'attesa, traduce lalontananza dai presenti nella vicinanzadegli assenti- gli dei, i non ancora nati, irisorti nel solco del mito. L'essenza delmito e del futuro collimano: ambeduesono proiezioni. Il mito ci proietta inun'altra dimensione, come il futuro. Laciviltà avrà un futuro se riprenderà a

L’ANNIVERSARIO LABORATORI E VOLUMI, PARTENDO DA MOLFETTA E DA DON TONINO BELLO

Quella Meridiana segnail tempo della letturaTrent ’anni della casa editrice: pace e cultura

di MARIA GRAZIA RONGO

Il primo libro pubblicato fuIl mito e l’archetipo nellaf i ab a a cura di Mario Bo-lognesi, frutto di un labo-

ratorio della Casa della Pace.Era il luglio 1987 e il 13 gennaio

dello stesso anno,nella sede di viaMassimo d’Aze glio46, era nata a Mol-fetta, cittadinaadriatica a nord diBari, la casa editri-ce La Meridiana.Tra quelle stessemura avevano pre-

so vita qualche anno prima laCasa della Pace appunto, e ancorprima, l’esperienza di «Obiezio-ne di coscienza».

Molfetta in quegli anni era unvero e proprio laboratorio, unacomunità dove si sperimentava-no e condividevano esperienze

inedite, per alcuni versi predit-tive di quello che sarebbe ac-caduto anni dopo nella nostraregione, animate da un pastoreilluminato, don Tonino Bello, il«vescovo degli ultimi», e per ilquale da diversi anni è ancheiniziato il processo di canoniz-zazione. Tanti i giovani che ave-vano accolto il suo richiamo allanon violenza, alla pratica dellapace, all’impegno sociale e ci-vile nel mondo del volontariato,e tra questi, Guglielmo Miner-vini, mite ma tenace, determi-nato, dallo sguardo limpido elungo, che appena ventunennefondò La Meridiana insieme adun manipolo di amici e ne di-venne il direttore. Minerviniche sulle quelle basi ha poi co-struito anche il suo impegno po-litico, è scomparso durante lascorsa estate, lasciando rim-pianto in quanti hanno avutomodo di conoscerlo, a prescin-

dere dallo schieramento politi-co, e un grande vuoto tra coloroche con lui condividevano la«missione» della casa editricem o l f e t t e s e.

La Meridiana, esperienza cheporta nel nome il compito di mi-surare il tempo del presente,compie quindi trent’anni. Neltempo anni la casa editrice èdivenuta senz’ombra di dubbioun punto di riferimento impor-tante per chi si occupa di edu-cazione, e non parliamo solo de-gli insegnanti, ma anche deglioperatori sociali e soprattuttodei genitori, di chi vive la fedenell’accezione di scoperta delsacro nell’altro, dell’uomo alservizio attivo della comunità.

Oltre la realtà: «Mentre viviun'esperienza, un

incontro, una presenza,prefiguri il suo svanire...»

B I TO N TO La Galleria nel centro storico

Elvira Zaccagnino:«Radici e maestri»

sarà il tema deifesteggiamenti

C U LT U R A &S P E T TAC O L I

APERTA NEL 2009La replica della direttrice:«Sì, uno scivolone ma non

siamo stati avvisati»

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mitificare, ossia a generare simboli, riti eracconti e a proiettarli nell'avvenire. Vi-ceversa la decadenza si farà estinzione.

La nostalgia è la trasformazione dellalontananza in sentimento e mito. Lon-tananza nel tempo, ossia passato, lon-tananza nello spazio, ossia distanza. Masi può nutrire nostalgia del presente e diciò che è presente? La nostalgia si addicea quel che è stato, riguarda il passato,

esige comunque una distanza e una man-canza. Qualcuno evocò la nostalgia del-l'avvenire congiungendo due lontananzeopposte per fondare il futuro sulle traccedi un mitico passato. La curvatura deltempo consente questi prodigi sul pianoideale. La nostalgia del presente è il titolod'una poesia di Borges, dove il desideriocombacia con la realtà. Al di là dellaversione borgesiana, la nostalgia del pre-

sente appare quasi uno scippo di vitalitàalla pienezza del tempo in atto, un deficitvitale o una schizofrenia mentale, checonduce a situarsi altrove, fuori dal mo-mento in corso, al contrario del carpediem. E' la percezione di non vivere ab-bastanza il presente, di non trattenerealcuna traccia di quel che sta accadendo,come se finisse prima che se ne prendapieno possesso. La nostalgia del presente

è il sentore della sua perdita in corsod'opera. E' il timore e il dolore di vedersfiorire le situazioni presenti. La foto-grafia è una forma tecno-pratica di no-stalgia del presente: immortalare il mo-mento o il luogo, cioè fermarlo, anto-logizzarlo nella sacca della nostalgia, cri-stallizzarlo nell'archivio di una mitolo-gia personale o famigliare. Il vinta ge è lanostalgia applicata agli oggetti; trasfor-ma le cose in icone mitiche o evocatricidel mito.

La poesia nasce da un sentimento dinostalgia preventiva: mentre vivi un'e-sperienza, un incontro, una presenza,prefiguri il suo svanire, avverti il pre-sagio della sua assenza e trasfiguri larealtà in mito. Da quel sentimento diperdita sorge la poesia, che è il tentativoestremo di eternizzare, mitizzare o te-saurizzare quel momento, quel luogo,quell'incontro e di farlo vivere in un al-trove, oltre il tempo e lo spazio. Salvarenei cieli della poesia quel che finisce interra, dissipato nei giorni. La poesia è ladimora della nostalgia, intima e cosmi-ca; la poesia sorge sull'amore perduto ocaduco, sul presagio doloroso di unamancanza, passata, presente o ventura.Tutta la poesia sorge sul pathos delladistanza, nello scarto tra il visibile el'invisibile, il presente e l'assente.

La nostalgia è il sentimento originarioche muove l'arte, il pensiero, la grandeletteratura e si condensa in mito: l'O-dissea è il poema della nostalgia. L'uomoè un animale nostalgico, non sa viveresolo del presente ed è indotto a mitizzareper dare significato alla vita. Nella suavita nutre la nostalgia delle origini.

MALINCONIA DELL’ESISTEREÈ una delle tematiche delnuovo libro di MarcelloVeneziani (nella foto in alto)edito da Marsilio. A sinistra,«Famiglia di saltimbanchi»di Pablo Picasso

COMPUTER ALTRO CHE SICUREZZA

Ma che banaliusiamo semprecome password«123456»

«Q uando c’è da scegliereuna password l’espe -rienza a quanto parenon insegna: gli utenti

sono ancora troppo sprovveduti. Nonservono le raccomandazioni di esperti eaziende, non fanno da lezione nemmenocasi eclatanti come il maxi furto di datisubito da Yahoo! a più riprese. E dunquela peggior password del 2016 è stata an-cora la banale e prevedibile “123456”».

A stilare la classifica è la società Kee-per Security che ha analizzato un da-tabase di oltre 10 milioni di parole chiavidisponibili sul web, frutto quindi di vio-lazioni di dati nel corso dell’anno. Inbarba ai consigli degli esperti e alle no-tizie di cronaca, ricercatori hanno sco-perto che il 17% degli internauti ha con-tinuato a usare «123456» come passwordper accedere a servizi online. Spessousando la stessa password per accountdiversi, facilitando così l’attività deicybercriminali. Sul podio, a seguire, lasequenza più ampia «123456789» e l’altrainossidabile «qwerty». La metà dei 10milioni di parole chiave analizzate ap-partiene alle prime 25 più usate. Segnoche la fantasia e le misure di precauzionescarse ggiano.

Oltre alle «solite note» non mancano lesorprese. Come il caso di «18atcskd2w»finita al quindicesimo posto delle pas-sword deboli. Una stringa all’ap p a re n z a«difficile» ma comunque tra quelle piùrubate. La cosa più preoccupante è chegli account con questa password - spiegail ricercatore Graham Cluley - sono staticreati da «botnet» (cioè le reti di pc «zom-bie» frutto di virus e malware) concepiteper diffondere spam nei forum online.

I ricercatori inoltre notano che quat-tro delle prime dieci password più uti-lizzate erano di appena sei caratteri, omeno. Più sono corte le parole chiave,più è semplice - in primis per i software -individuarle. Questa scelta però è anche«colpa“ delle varie piattaforme onlineche evidentemente non richiedono ob-bligatoriamente una password «forte»,lunga un certo numero di caratteri e conalmeno una maiuscola e un numeroall’inter no.

Per fortuna l’antidoto alla pigriziaumana arriva dalla stessa tecnologia.Oggi molti siti implementano un metododi accesso basato sulla verifica a duefattori, sblocchiamo i modelli più avan-zati dei telefonini con le impronte di-gitali, presto forse lo faremo anche con losguardo e ci sono i primi esperimenti - adesempio di carte di credito - per auto-rizzare pagamenti con un selfie, basatosul riconoscimento del volto. Le nuovetecnologie - soprattutto quelle biometri-che - puntano a rendere obsoleto il con-cetto di password che fin qui abbiamoc o n o s c i u t o.

quello culturale. Ma quel vesco-vo arrivato a Molfetta parlava difuturo, di possibilità, di guar-dare insieme verso un orizzontecomune che ci avrebbe portatolontano le nostre idee e la nostravoglia di cambiamento». Anniche in effetti sono stati la pre-messa di quella «Primavera Pu-gliese», e dell’idea di un Mez-zogiorno che da estremo lembodell’Europa si faceva avampostodi un mondo che esigeva di ri-disegnare il concetto stesso diglobalizzazione e comunità. «Inquel clima nacque la casa edi-trice – continua Zaccagnino chenella editrice è anche direttoregenerale e commerciale, cura lerelazioni con gli autori e la va-lutazione dei testi da pubblica-re, coordina il lavoro di reda-zione, programma gli eventi –che era quello dell’impegno e diun confronto socio-culturale vi-vacissimo, nel quale don Toninointercettò le sensibilità di uo-mini come Guglielmo. Un pro-cesso che aveva bisogno anchedi un contenitore e quindi sipensò alla cooperativa per la ca-sa editrice, che avrebbe testimo-niato come proprio a Sud, nelleperiferie del mondo, si costruivala Storia, e la cultura innescavaprocessi di cambiamento».

Sono tantissimi i titoli e lecollane che in questi anni LaMeridiana ha pubblicato, cer-cando di dare voce sempre adautori, circa settecento in totale,

Venezia, una scelta al femminile per la Mostra nell’edizione del 2018Le irlandesi Yvonne Farrell e Shelley McNamara cureranno la Biennale Architettura

.Yvonne Farrell e Shelley McNama-

ra (foto) cureranno la 16ma Mostra In-ternazionale di Architettura del 2018. Loha deliberato il Cda della Biennale di Ve-nezia su proposta del presidente PaoloBaratta.Farrell e McNamara vivono e lavorano aDublino dove hanno fondato lo studioGrafton Architects nel 1977 che ha par-tecipato alla Biennale Architettura 2002,ha vinto il Leone d’Argento alla Bienna-le Architettura 2012, con il progetto delnuovo Campus UTEC dell’Università diLima in Perù insieme all’opera di PauloMendes da Rocha. Hanno partecipatoalla Biennale Architettura 2016 con ilprogetto «The Physics of Culture».Entrambe hanno progettato e realizzato

numerose scuole ed edifici per istituzio-ni e università, specie in Irlanda. In Italiahanno realizzato il nuovo edificio dellaBocconi di Milano.«La Mostra di Alejandro Aravena - hadetto Baratta - ha offerto ai visitatori unesame critico dell’evoluzione dell’archi -tettura nel mondo e ha sottolineato l’im -portanza che una qualificata domandada parte dei singoli e delle comunità in-contri un’altrettanto efficace risposta.Su questa linea - ha aggiunto - Farrell eMcNamara riprenderanno lo stesso te-ma da un altro punto di vista volgendoattenzione alla qualità dello spazio pub-blico e privato». La 16/a Mostra Interna-zionale di Architettura aprirà il 26 mag-gio e chiuderà il 25 novembre 2018.

«Un punto di un percorso, nonun traguardo – sottolinea ElviraZaccagnino, direttore della casaeditrice – che ci indica di con-tinuare ancora per la nostrastrada, quella di una casa edi-trice che prova a far vivere i suoilibri, che attiva relazioni, se-guendo tre direttive fondamen-tali, quella della spiritualità cri-tica, rivolta a tutti e non con-fessionale, quella dell’educazio -ne, e quella delle politiche dicambiamento. Trent’anni nonsono certo pochi per una casaeditrice nata alla fine degli anniOttanta, a Sud, in quello che eraancora percepito come un luogoperiferico rispetto ad ogni ideadi sviluppo figuriamoci per

DONTO N I N OB E L LOVenerdì saràletto un suotesto daMicheleSanteramonella sededella casaeditrice

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C U LT U R A &S P E T TAC O L I

che esprimevano e continuanoad esprimere in pieno l’idea dicultura e processi sociali che necaratterizzano il percorso edi-toriale con oltre 550 titoli. Tra gliautori in catalogo ricordiamoMario Lodi, Francesco Berto,Carl Rogers, Alex Zanottelli, Do-menico Seccia, Paola Scalari etanti altri.

«Il tema che ci condurrà lun-go l’anno del nostro trentennale– concluda Elvira Zaccagnino –è “Radici e maestri”, perché so-no queste le colonne portanti delnostro operato da casa editriceprofondamente radicata a Sud eguidata appunto da maestriquali don Tonino e poi Gugliel-mo che ha raccolto i suoi in-segnamenti. E per cominciare,venerdì prossimo, 20 gennaio,alle 18,30, nella nostra sede, Mi-chele Santeramo, interpreterà ilracconto che lui stesso ha scrittosu don Tonino, “O l t re t u t t o ”.L’autore nel testo ripete spessoche “ci sono vite che cambianole vite” e don Tonino ha cam-biato la vita di molti, sicura-mente le nostre».

Fino al 22 gennaio La Meri-diana propone alcuni regali peri suoi lettori, in primo luogo lapossibilità di avere gratuita-mente in formato pdf il primolibro edito Il mito e l’a rch e t i p onella fiaba (per averlo basta ri-chiederlo alla mail [email protected]), e poi ci so-no tanti sconti e promozioni.

Le commissioni della Fondazione Matera-Ba-silicata 2019 hanno selezionato i nuovi ma-nager amministrativo e culturale: si trattadi Giuseppe Romaniello e di Ariane Bieou,

secondo quanto reso noto dalla Fondazione, scelti su173 candidature inviate dall’Italia e dall’estero, di cui124 per la posizione di manager culturale, e 49 perquella di manager amministrativo e finanziario.

In base al dossier di candidatura, il managerculturale «avrà la responsabilità del coordinamento,della produzione e della supervisione dei progetti delprogramma culturale di Matera 2019: sulla base degliobiettivi annuali definiti dal direttore generale e instretta interazione con il manager sviluppo, il ma-nager culturale attuerà, coordinerà e supervisionerài progetti del programma culturale di Matera 2019, siaquelli gestiti direttamente dalla Fondazione chequelli coprodotti». Al manager amministrativo efinanziario «verranno invece affidati compiti digestione e coordinamento dei processi amministra-tivi e finanziari legati ai programmi della Fon-dazione».

«Il livello delle candidature - ha detto il direttoredella Fondazione, Paolo Verri - era davvero molto altoe la selezione ha richiesto un’analisi molto ap-profondita dei curricula».

CAPITALE DELLA CULTURA SONO ROMANIELLO E BIEOU

«Matera 2019»selezionatii nuovi manager