cadono i muri e incontri di civiltà i ponti si rifanno · cadono i muri e i ponti si rifanno...

3
Cadono i muri e i ponti si rifanno Incontri di civiltà Il muro di Berlino: 13 agosto 1961. La costruzione N el periodo della «guerra fredda», quando l’Europa fu divisa in due blocchi di stati con- trapposti (vedi L’ora di storia, vol. 3, pagg. 300-304), anche la città di Berlino restò divisa in due setto- ri, quello occidentale, Berlino Ovest, che faceva parte del territo- rio della Repubblica Federale Te- desca, e quello orientale, Berlino Est, capitale della Repubblica De- mocratica Tedesca (R.D.T). Dalla Repubblica Democratica Tedesca e dal suo duro regime poliziesco chi ne aveva la possibilità tentava di fuggire in Occidente. Berlino Ovest era la prima tappa, quella più difficile, della fuga. Nel primo decennio dopo la fine della secon- da guerra mondiale operai, tecnici, scienziati e intellettuali, dapprima, e poi persone di ogni ceto e pro- fessione si riversarono a Berlino Ovest, attraverso gli edifici posti al confine, le cantine, i passaggi sot- terranei, le fogne, fino a diventare un flusso ininterrotto. La fuga di massa metteva a rischio la vita economica della Germania orien- tale e squalificava agli occhi del mondo il regime socialista che era al potere. Le autorità politiche del- la Germania orientale corsero allo- ra ai ripari. Nel giro di una sola notte, dal 12 al 13 agosto 1961, la città di Berli- no fu divisa in due da un muro di cemento, controllato dalla polizia della R.D.T., che fu autorizzata a sparare su chiunque cercasse sia di scavalcarlo, sia di aprire dei var- chi o anche di attraversarlo in qua- 9 7423DER Paolucci, Signorini, L’ora di storia e-piuma - © 2005 Zanichelli editore, Bologna lunque maniera. Come i campi di concentramento nazisti della se- conda guerra mondiale, la sommi- tà del muro era sormontata dal fi- lo spinato e, di notte, tutto il suo perimetro era illuminato da fari po- tenti. Tutte le vie di passaggio fra le due Berlino, anche quelle sotterra- nee, anche le fogne furono sbarra- te. Molti Tedeschi dell’Est, a partire da quel giorno, furono uccisi dai poliziotti mentre tentavano di su- perare la barriera. Il muro divenne ben presto un simbolo della «guer- ra fredda»: non segnò semplice- mente il confine tra due stati, ma parve rappresentare la definitiva e immutabile divisione dell’Europa in due parti non comunicanti. 9 novembre 1989: comincia l’abbattimento del muro L’avvenimento più spettacolare che contrassegnò la fine della guerra fredda e la caduta dei regi- mi comunisti nell’Europa orientale fu l’abbattimento del muro di Ber- lino. La Repubblica Democratica Tedesca, nel 1989, quando si dis- gregò l’impero sovietico (vedi: L’o- ra di storia, vol. 3, pagg.404-405), era uno stato in via di dissoluzio- ne: i cittadini non avevano più fi- ducia nelle sue istituzioni e non si sentivano più obbligati ad obbedi- re alle sue leggi. Nelle città più grandi, a Lipsia, a Dresda, a Berlino cominciò nell’autunno del 1989 uno spontaneo e non violento moto di protesta di migliaia di per- sone. Il moto non era guidato né sorretto da nessuna struttura orga- nizzativa, ma era tenuto insieme solo da un inebriante sentimento di fratellanza. «Alla fine – hanno scritto due protagonisti della prote- sta di Lipsia – c’eravamo stancati di inventare solo barzellette sul re- gime. Scoprimmo che eravamo in condizione di rovesciarlo. Fu facile, perché il governo era moribondo e intimamente fragile, non perché fossimo organizzati. In realtà, era bello trovarsi in mezzo a questa Il muro di Berlino tagliava in due la città.

Upload: truongduong

Post on 16-Feb-2019

222 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Cadono i muri e Incontri di civiltà i ponti si rifanno · Cadono i muri e i ponti si rifanno Incontri di civilt ... Ovest, attraverso gli edifici posti al confine, le cantine, i

Cadono i muri e i ponti si rifanno Incontri di civiltà

Il muro di Berlino: 13 agosto1961. La costruzione

Nel periodo della «guerrafredda», quando l’Europa fu

divisa in due blocchi di stati con-trapposti (vedi L’ora di storia, vol.3, pagg. 300-304), anche la cittàdi Berlino restò divisa in due setto-ri, quello occidentale, BerlinoOvest, che faceva parte del territo-rio della Repubblica Federale Te-desca, e quello orientale, BerlinoEst, capitale della Repubblica De-mocratica Tedesca (R.D.T). DallaRepubblica Democratica Tedescae dal suo duro regime poliziescochi ne aveva la possibilità tentavadi fuggire in Occidente. BerlinoOvest era la prima tappa, quellapiù difficile, della fuga. Nel primodecennio dopo la fine della secon-da guerra mondiale operai, tecnici,scienziati e intellettuali, dapprima,e poi persone di ogni ceto e pro-fessione si riversarono a BerlinoOvest, attraverso gli edifici posti alconfine, le cantine, i passaggi sot-terranei, le fogne, fino a diventareun flusso ininterrotto. La fuga dimassa metteva a rischio la vitaeconomica della Germania orien-tale e squalificava agli occhi delmondo il regime socialista che eraal potere. Le autorità politiche del-la Germania orientale corsero allo-ra ai ripari.Nel giro di una sola notte, dal 12al 13 agosto 1961, la città di Berli-no fu divisa in due da un muro dicemento, controllato dalla poliziadella R.D.T., che fu autorizzata asparare su chiunque cercasse siadi scavalcarlo, sia di aprire dei var-chi o anche di attraversarlo in qua-

9

7423DER Paolucci, Signorini, L’ora di storia e-piuma - © 2005 Zanichelli editore, Bologna

lunque maniera. Come i campi diconcentramento nazisti della se-conda guerra mondiale, la sommi-tà del muro era sormontata dal fi-lo spinato e, di notte, tutto il suoperimetro era illuminato da fari po-tenti. Tutte le vie di passaggio fra ledue Berlino, anche quelle sotterra-nee, anche le fogne furono sbarra-te. Molti Tedeschi dell’Est, a partireda quel giorno, furono uccisi daipoliziotti mentre tentavano di su-perare la barriera. Il muro divenneben presto un simbolo della «guer-ra fredda»: non segnò semplice-mente il confine tra due stati, maparve rappresentare la definitiva eimmutabile divisione dell’Europain due parti non comunicanti.

9 novembre 1989: comincial’abbattimento del muroL’avvenimento più spettacolareche contrassegnò la fine dellaguerra fredda e la caduta dei regi-mi comunisti nell’Europa orientalefu l’abbattimento del muro di Ber-

lino. La Repubblica DemocraticaTedesca, nel 1989, quando si dis-gregò l’impero sovietico (vedi: L’o-ra di storia, vol. 3, pagg.404-405),era uno stato in via di dissoluzio-ne: i cittadini non avevano più fi-ducia nelle sue istituzioni e non sisentivano più obbligati ad obbedi-re alle sue leggi. Nelle città piùgrandi, a Lipsia, a Dresda, a Berlinocominciò nell’autunno del 1989uno spontaneo e non violentomoto di protesta di migliaia di per-sone. Il moto non era guidato nésorretto da nessuna struttura orga-nizzativa, ma era tenuto insiemesolo da un inebriante sentimentodi fratellanza. «Alla fine – hannoscritto due protagonisti della prote-sta di Lipsia – c’eravamo stancatidi inventare solo barzellette sul re-gime. Scoprimmo che eravamo incondizione di rovesciarlo. Fu facile,perché il governo era moribondo eintimamente fragile, non perchéfossimo organizzati. In realtà, erabello trovarsi in mezzo a questa

� Il muro di Berlino tagliava in due la città.

Page 2: Cadono i muri e Incontri di civiltà i ponti si rifanno · Cadono i muri e i ponti si rifanno Incontri di civilt ... Ovest, attraverso gli edifici posti al confine, le cantine, i

Incontri di civiltà

massa di gente, ridere delle comu-ni paure, sentire il proprio vicino eidentificarsi con lui».

Il Muro cominciò ad essere ab-battuto nel tardo pomeriggio digiovedì 9 novembre 1989. Lo sto-rico americano Robert Darnton,che ne fu personalmente testimo-ne, così racconta gli eventi di quelgiorno:

«Un giovane con uno zaino sul-le spalle era riuscito in qualchemodo a issarsi sulla cima del mu-ro. Se ne stava lassù a bighellona-re, agitando le braccia da una par-te e dall’altra, un bersaglio perfettoper i proiettili delle guardie, che giàin passato avevano abbattuto mol-ti altri scalatori. Ora le guardie mi-ravano e sparavano a un nuovobersaglio, ma solo con delle pom-pe idriche. Il conquistatore del Mu-ro ha proseguito la sua passeggia-ta, bagnato fradicio, fino a che l’ul-tima guardia non si è arresa e hasmesso. Allora ha aperto lo zaino,e ha riversato tutta l’acqua nellaparte orientale, con un gesto sim-bolico inteso a significare “Addioper sempre”.

Pochi minuti più tardi, centinaiadi persone, sia berlinesi orientaliche occidentali, erano in cima almuro ad abbracciarsi, ballare,scambiarsi fiori, bere vino. A mez-zanotte, sotto una luna piena e ifasci dei riflettori piazzati sulle tor-rette di controllo, la vetta del Murobrulicava di un migliaio di persone,intente a picconare, martellare, ra-schiare. In basso, i “conquistatori”lanciavano pietre contro la basedel Muro, oppure lo prendevano apicconate. A poco a poco sono ini-ziati ad apparire larghi squarci, at-

9

7423DER Paolucci, Signorini, L’ora di storia e-piuma - © 2005 Zanichelli editore, Bologna

traverso cui filtravano deboli raggidi luce. Su in cima, al centro dellabaraonda, un berlinese orientaledirigeva le operazioni di abbatti-mento con una falce in una manoe un martello nell’altra.

Sabato 11 dicembre pezzi dimuro avevano già preso a circola-re in entrambi i settori di Berlino.La gente se li scambiava come ri-cordo di quello che aveva già as-sunto il significato di un eventostorico: la fine della guerra fredda.Su un marciapiede un ambulantevendeva pezzi di muro: venti mar-chi per un pezzo di passato».

La distruzione del ponte diMostarLa penisola balcanica è una regio-ne di grandi fiumi con molti af-fluenti, di coste frastagliate e co-stellate di isole, attraverso le qualisi insinuano lunghi e stretti tratti dimare. Le emigrazioni dei popoli edelle etnie diverse che qui si sonosuccedute incessanti attraverso isecoli hanno fatto di questa terraanche una terra di ponti.

Qui più che altrove i ponti han-no assunto un profondo significatosimbolico, sia che vengano costrui-ti e attraversati, sia che siano di-strutti. Del significato dei ponti par-la lo scrittore serbo bosniaco IvoAndric nel romanzo intitolato Ilponte sulla Drina: la costruzione diun ponte è un simbolo del «desi-derio eterno e mai soddisfatto del-l’uomo di collegare, pacificare eunire tutto ciò che appare alla no-stra mente, ai nostri occhi e ai no-stri piedi separato, distaccato e di-verso». La distruzione di un ponteindica, al contrario, la volontà direndere invalicabile la separazioneda chi è diverso da noi, di far sìche la diversità si trasformi in odioimplacabile tra nemici e duri neltempo.

Per questo loro valore simboli-co, soprattutto, più che per calcolio necessità militari, i ponti, attra-versati o distrutti dagli eserciti del-le diverse etnie, hanno, dall’inizioalla fine, contrassegnato la sangui-nosa guerra civile che si combatténei Balcani e soprattutto in Bosnia

� La distruzione del muro di Berlino nel 1989.

Page 3: Cadono i muri e Incontri di civiltà i ponti si rifanno · Cadono i muri e i ponti si rifanno Incontri di civilt ... Ovest, attraverso gli edifici posti al confine, le cantine, i

Incontri di civiltà

dal 1992 al 1995 (vedi L’ora distoria, vol.3, pagg.411-412].

Il 9 novembre 1993 a Mostar,nella Bosnia, carri armati croati dis-trussero a cannonate il Ponte Vec-chio sul fiume Neretva, costruitonel 1566 su ordine di Solimano ilMagnifico (vedi L’ora di storia,vol.II, pag.116). Il ponte era l’unicocollegamento rimasto tra il settoremusulmano della città e quellocroato dall’altra parte del fiume.Qui si trovava la sola fonte dispo-nibile d’acqua potabile.

Per molti giorni le donne e ibambini musulmani che, di corsae di notte, cercavano di arrivare al-la fonte per rifornire d’acqua le lo-ro case, furono presi di mira dallefucilate dei cecchini croati, chesparavano dai tetti e dalle finestre.La distruzione del ponte impedìanche questi tentativi, dettati dalladisperazione.

9

7423DER Paolucci, Signorini, L’ora di storia e-piuma - © 2005 Zanichelli editore, Bologna

A Mostar, per secoli, musulma-ni, cristiani ed ebrei, separatamen-te, ma in pace, avevano celebratoi loro riti e frequentato i loro luoghisacri. La distruzione del ponte, nongiustificata da nessuna necessitàmilitare, ma solo dettata dall’odioetnico, aveva reso impossibile ogniconvivenza di etnie diverse permolto tempo in futuro.

Così allora un giornale di Zaga-bria commentò l’inutile atto di cru-deltà: «In Bosnia da lungo tempotacciono i molti minareti, i campa-nili e i luoghi di preghiera. Con ladistruzione di questo ponte il ma-le ha trionfato; ora ogni pensierodi sopravvivenza di una Bosniamulticulturale appare privo di sen-so. Il ponte, colpito a morte, è unmonumento funebre su duesponde che si allontanano sempredi più».

Il ponte di Mostar ricostruitoSolo nel 2003, molti anni dopoche accordi internazionali avevanoriportato in Bosnia la pace, il pon-te è stato ricostruito.

L’opera è stata incominciata epoi interrotta più volte. Per lungotempo si è rimasti fermi ai soliprogetti, ai preannunci e ai prepa-rativi. Secondo lo scrittore bosnia-co, nativo di Mostar, Predrag Mat-vejevic, questo è forse accaduto«perché gli stessi cittadini non han-no avuto la forza di raccogliersi in-torno al ponte, non sono stati ab-bastanza vicini gli uni agli altri».

Nella città, infatti, la pace fra lediverse etnie resta difficile. Gli odiche la guerra ha suscitato sonostati profondi e negli animi di mol-ti cittadini ancora non si è cancel-lato il ricordo della distruzione.

�� Il ponte di Mostar come era (in unavecchia cartolina) e come è oggi, dopo laricostruzione. (Foto Hypo Alpe-Adria Bank)