cafoscari 10

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cafoscari 10 Inaugurazione Anno Accademico 2014–2015 Finestra sul mondo

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Edizione speciale della rivista cafoscarina in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2014-15. All'interno, molti approfondimenti e storie su ricerca e progetti dell'Università Ca' Foscari Venezia

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cafoscari 10

Inaugurazione Anno Accademico 2014–2015

Finestrasul mondo

1.Un ateneo internazionalenel cuore di Venezia di M. Bugliesi

3. Aristotele, il filosofo maestro dell’oggi

4. La green chemestry verso le risorse rinnovabili

5. Dallo yoga bizantino al dualismo religioso dei crociati

6. Come si conserva l’arte contemporanea

7. Breve storia dei cellulari (o del coraggio di cambiare)

8. Quando la scuola è (davvero) buona

9. Sapere “democratico” grazie al volgare

10. Collegio Internazionale Ca’ Foscari

12. Case per lo studente, in arrivo mille posti letto

14. Good Practice, Ca’ Foscari in vetta

16. Ca’ Foscari in cifre

Contenuti

DirettoreLorenzo Tomasin

RedazioneEnrico CostaFederica FerrarinPaola VescoviMartina Zambon

Progetto graficoZaven

Cafoscari 10Novembre 2014

Rivista universitaria di cultura

Reg. del Trib. di Venezia n. 994

del 19.10.1989

Editoriale

Un ateneointernazionalenel cuoredi Venezia

Michele BugliesiRettore Università Ca’ Foscari Venezia

L’inaugurazione dell’Anno Accademico è un momento doppiamente importante: è l’occasione per riunire in una giornata simbolica la comunità cafoscarina – docenti, studenti, personale tecnico-amministrativo – e per condividere, all’avvio ufficiale di un nuovo anno, gli obiettivi e i progetti da realizzare; ma è anche un momento d’incontro con la città e i suoi attori, istituzionali ed economici, un’opportunità per conoscere l’università e scambiare idee per il futuro.

Ca’ Foscari comincia l’Anno Accademico 2014-2015 sotto i migliori auspici e con una grande energia. È una università con molte competenze, capace di far fruttare le proprie risorse al servizio degli studenti e del terri-torio, valorizzando una caratteristica che le è propria e che la distingue nel panorama nazionale: l’intreccio di saperi, l’interdisciplinarietà fra le quattro aree in cui forma ricercatori e professionisti qualificati.

Alla ricerca, cuore di un Ateneo, e a coloro che vi dedicano i propri studi e la propria passione, viene riservata un’ampia parte del programma dell’inaugurazione dell’Anno Accademico, con la presenza di alcuni dei protagonisti, che si raccontano e raccontano i risultati più importanti dei proprio impegno e del proprio lavoro. Da sempre Ca’ Foscari investe con grande intensità nella ricerca, promuovendo la crescita dei giovani ricercatori sia negli studi accademici sia nelle attività di innovazione, sociale e tecnologica. Ogni anno nella nostra Università sono attivi più di 100 progetti di ricerca, in cui sono coinvolti, oltre ai nostri docenti, più di 200, tra assegnisti, dottorandi e studiosi che contribuiscono a rendere Ca’ Foscari un ambiente vivace, aperto e internazionale. L’internazionalità’ è da sempre una vocazione naturale della nostra università, che accoglie studenti, professori e ricercatori da centinaia di nazionalità e stringe accordi di mobilità per stage ed esperienze di studio con i Paesi di tutto il mondo.

La missione e l’impegno del nostro Ateneo sono anche nel saper offrire didattica di eccellenza, fornendo percorsi formativi di qualità e mettendo a disposizione degli studenti competenze e servizi efficaci e moderni. Un impegno che pone il nostro Ateneo ai vertici su scala nazionale per la qualità dei servizi bibliotecari, informativi, di segreteria, così come testi-moniato dalla voce stessa degli studenti che hanno espresso un alto livello di soddisfazione per i servizi di Ca’ Foscari nell’ambito dell’Indagine Good Practice. Un successo del quale ringrazio gli uffici e tutte le persone che ogni giorno lavorano per rendere la nostra università un’ottima università.

Non può mancare infine uno sguardo verso il futuro e verso le nostre sedi, perché un Ateneo di eccellenza si riconosce anche dalla capacità di investire in strutture adeguate e moderne, capaci di garantire gli ambienti migliori per lo studio, la ricerca e il lavoro. La residenzialità studentesca è la grande sfida di Ca’ Foscari per i prossimi anni: mille nuovi posti letto sorgeranno fra Venezia e Mestre nelle tre nuove residenze che andremo a realizzare fra Santa Marta, San Giobbe e il Campus Scientifico di via Torino. Nuove aule accoglieranno i nostri studenti a San Basilio e nei nuovi laboratori del Campus di Via Torino troveranno collocazione tutte le attività di ricerca in ambito scientifico. Tutti progetti ambiziosi che scriveranno un nuovo capitolo nella storia del nostro ateneo e della città di Venezia. Auguro dunque a Ca’ Foscari e a tutta la comunità cafoscarina un Anno Accademico ricco di soddisfazioni e successi.

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Ricerca

Storie di eccellenza

Ecco i protagonisti della ricerca a Ca’ Foscari che raccontano i loro risultati più importanti. Un mondo fatto di impegno e di passione, una ricerca frutto di slancio giovanile o di consolidata esperienza, che si presenta in queste pagine.

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Storie di eccellenzaRicerca

Aristotele, il filosofomaestro dell’oggi

“Aristotele è un filosofo per filo-sofi, ma serve a mettere in questione molti dei presupposti dell’epoca contemporanea, e non c’è da stupirsi se la rivista “Le Point” (un magazine francese come il nostro “l’Espresso”) gli dedicherà prossi-mamente un numero monografico”. Così Carlo Natali, ordinario di Storia della Filosofia antica, a Ca’ Foscari dal 1981, descrive la modernità di Aristotele.

Ha appena pubblicato per Princeton University Press, che lo definisce uno degli studiosi più auto-revoli in questo campo, “Aristotle: His Life and School”, traduzione inglese di una biografia del grande filosofo già pubblicata da Il Mulino e “Aristotele” per Carocci editore, un ritratto complessivo di uno dei pensatori dell’antichità, la cui prodigiosa attività di ricerca, dalla metafisica alla biologia e alla fisica, dalla psicologia all’etica, dalla politica alla poetica, dalla retorica alla logica, ha rappresentato una vera e propria “enciclopedia del sapere” destinata a esercitare un’influenza duratura sul pensiero occidentale.

Ma ci possono essere risultati nuovi in un’attività di ricerca che pare avere ormai svelato tutte le pieghe della filosofia aristotelica? “Sì – risponde Natali – perché il mondo cambia e noi facciamo domande diverse agli stessi testi. Basti pensare a Shakespeare che continuiamo a mettere in scena in mille modi diversi o a una sinfonia

di Beethoven, suonata in infinite variazioni. Un classico è capace di emettere risposte sempre nuove, dice Umberto Eco, e ha ragione”. Nel tempo le domande che si fanno sono diverse: nel Medioevo Aristotele era la scienza della natura, oggi nessuno legge più i trattati cosmo-logici. Ci sono bisogni diversi che permettono di leggere lo stesso autore in modi diversi”.

Quello che Dante definì “il maestro di color che sanno” ha ancora molto da dirci e da inse-gnarci. Natali afferma di aver appreso da lui un certo distacco dal dibat-tito politico. “Viviamo in un mondo dove il dibattito politico è portato all’eccesso, non ci si domanda più se una cosa è vera, ma l’importante è capire da che parte si sta. Lo studio permette di fare un passo indietro rispetto a questo impegno urlato. Di fronte a una proposta si tende a cercare di capire se è vera o falsa, non a capire chi la supporta”.

“Lo studio della filosofia antica in Italia è ad altissimo livello, i nostri studiosi sono invitati a conve-gni internazionali, ci sono italiani che insegnano a Oxford, Parigi, negli Stati Uniti. La filosofia piace e interessa a tutti, ma la conoscenza approfondita è una sfida alle diffi-coltà, superabile solo attraverso il piacere e l’amore per la ricerca”.

È in quest’ottica di passione per la ricerca e di scambio a livello internazionale che Natali ha promosso il progetto per la nascita

di un coordinamento mondiale delle Società di Storia della Filosofia Antica (di cui si è tenuto già un primo incontro nell’ottobre scorso a Ca’ Foscari con il contributo del Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali e del Rettorato), un’ini-ziativa che consentirà su tematiche complesse di coordinare studiosi di varia provenienza e travalicare i confini dei paesi per raggiungere nuove risposte alle grandi domande che la filosofia ci pone.

Carlo NataliDocente di Storia della Filosofia Antica

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Storie di eccellenza

C’è un’industria basata su risorse fossili, affamata di energia, inquinante, ma anche consolidata, efficiente e remunerativa. Produce carburanti, plastiche, materiali utili nell’edilizia come nell’elettronica. Questa industria, spinta dalla sensi-bilità ambientale richiesta dalla società e dall’accademia ha iniziato una transizione green a partire dagli anni Novanta, alla ricerca dell’e-quilibrio tra profitto e sostenibilità ambientale.

«Se fosse stata soltanto un fuoco di paglia, la green chemi-stry si sarebbe già estinta – assicura Alvise Perosa, professore associato al Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi –, invece vediamo colossi dell’industria chimica come Novamont e Basf investire forte-mente per una transizione possibile».

In origine c’è l’albero, ci sono le foreste, tanto per il petrolio e i suoi derivati quanto per gli equivalenti prodotti green. La differenza, però, è decisiva: sfruttare le molecole otte-nibili direttamente dalla biomassa anziché dal suo fossile permette di rendere la materia prima rinnovabile, equilibrando l’impatto sull’ambiente, in primis sulla CO

2 in atmosfera.

Animati da una forte spinta etica, dunque, gli scienziati cafosca-rini portano avanti da tempo una intensa attività di ricerca di base sulla chimica verde, specializzandosi nello studio delle proprietà e nell’u-tilizzo di reagenti e solventi green come la CO

2 ed il dimetilcarbonato.

La green chemestryverso le risorse rinnovabili

«Quest’ultimo consente di sostitu-ire ben tre agenti molto tossici usati finora dall’industria», spiega Perosa. Con il collega Maurizio Selva, guida l’attività di un gruppo di ricerca internazionale che vanta, tra le altre, una forte collaborazione con l’Uni-versità di Sydney. Alessio Caretto, dottorando in cotutela proprio tra Ca’ Foscari e Sydney, a Venezia ha studiato il comportamento di molecole organiche di origine rinno-vabile trasformate in molecole più complesse, utili come additivi e plastificanti green mediante il dime-tilcarbonato, mentre in Australia ha trovato una tecnica sostenibile per adattare i biocarburanti ai climi freddi.

In laboratorio entrano anche gli scarti dell’industria agroforestale e polimeri naturali difficili da trattare come la lignina. Il ‘mattone’ strut-turale delle piante, infatti, quando viene estratto diventa una sorta di liquore nero. Per molti è uno scarto, non per gli scienziati di Ca’ Foscari: la dottorata australiana Jessica Stanley ha studiato come raffinare la lignina con tecnologie ‘verdi’.

«Fare chimica green signi-fica andare oltre i biocombustibili, verso la sintesi di nuovi materiali e prodotti ad alto valore aggiunto – aggiunge Perosa –. Il nostro lavoro si basa sulla convinzione che le bioraf-finerie non si debbano fermare alle molecole più semplici, come per esempio i carboidrati, l’etanolo o la glicerina. Anzi, dalla comprensione

di queste ‘molecole piattaforma’ biso-gna partire per sintetizzare nuovi prodotti chimici basati sulle risorse rinnovabili e sostenibili sotto tutti i punti di vista».

«La ricerca di base nella green chemistry – conclude Perosa, – si fonda su internazionalità e interdi-sciplinarietà, richiedendo notevoli risorse economiche e il lavoro di molti ricercatori. Ca’ Foscari, che si occupa di chimica industriale dagli anni Settanta, fu il primo ateneo ad aprire un corso di Scienze ambien-tali e fu uno dei primi a coniugare chimica ed ambiente ponendo le basi della green chemistry. Fa parte a pieno titolo della comunità scien-tifica internazionale impegnata a ricercare strade sempre nuove per una transizione fondamentale dei processi industriali».

Ricerca

Alvise PerosaDocente di Chimica Organica

Alvise Perosa racconta come la ricerca può favorire la transi-zione verso un’industria chimica sostenibile

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Ricerca

“Siedi in una stanza, oscurala, assumi la posizione corretta, concen-tra la mente sul respiro, seguire la via che il respiro fa scendendo verso il cuore”, un testo di yoga indiano? No, un testo di mistica bizantina del 1200. “Tutta una serie di prati-che che consideriamo tipiche dello Yoga indiano e paraindiano – spiega Antonio Rigo, docente di storia delle idee religiose nel mondo bizantino e nell’oriente cristiano – si ritrovano nel mondo bizantino. Ci sono dei veri e propri manuali della fine del XIII secolo dedicati a questa tecnica. I titoli suonano ‘Trattato sulla concentrazione’, ‘Trattato sulla custodia del cuore’. Perché sono inte-ressanti? Perché il mondo bizantino, il vicino Oriente cristiano dall’ini-zio dell’epoca tardo antica all’epoca moderna è stato una terra di scambi, di mediazioni, di passaggi. Una sorta di ‘terra di mezzo’ per dirla con Tolkien, un crocevia in cui non solo le idee viaggiano e si incontrano. Anche sensibilità diverse coesistono e si arricchiscono reciprocamente. Difficile credere, ad esempio, che fino al XIX secolo, nell’Oriente cristiano, non fosse inusuale che il capo di una confraternita musulmana scegliesse un monastero cristiano per il proprio ritiro spirituale.

“Ciò che affascina – spiega Rigo – è proprio la trasmissione, la diffu-sione di idee di testi anche in ambiti apparentemente molto lontani fra loro e la sopravvivenza di concezioni, idee, immagini”.

Dallo yoga bizantinoal dualismo religioso dei crociati

Le ricerche di Rigo si sono concentrate su tre direttrici princi-pali. La prima è proprio la mistica bizantina cristiano orientale di cui non è ancora stata scritta una storia complessiva. Un obiettivo ambi-zioso per scandagliare le relazioni tra questo mondo, percepito troppo spesso come una realtà a sé stante, con il mondo occidentale medie-vale. Quando si parla degli eredi del mondo bizantino si ragiona per compartimenti stagni, come Oriente e Occidente fossero realtà antino-miche. Invece non sono poi così lontani. Merito della “terra di mezzo” di cui si parlava, i punti di contatto sono numerosi. Un esempio per tutti è proprio quello delle pratiche Yoga a Bisanzio. Il problema è stabilire come ci sono arrivate. L’idea di fondo è sempre quella della migrazione. “Le mie ricerche si sono concentrate su testi e autori che ci parlano dell’I-slam per comprendere la questione dei rapporti del mondo cristiano orientale in primis e in relazione al mondo musulmano. – spiega Rigo – Assistiamo così alla formazione di un’immagine del mondo islamico in oriente che diventa l’immagine dell’Islam in Occidente. Un’immagine che si è radicata talmente a fondo da essere riscontrabile anche nei linguaggi e negli stereotipi dei media contemporanei imbevuti – inconsa-pevolmente – di elementi arcaici”. L’altro filone è quello delle “realtà miste” cattolico-orientali e islamiche in Asia Minore, Turchia e Balcani.

Storie di eccellenza

Fra le biografie dei fondatori della confraternita dei cosiddetti dervi-sci danzanti troviamo anche Jalal Ad-Din Rumi autore, tra l’altro di poesie mistiche in greco scritte in caratteri persiani. L’ambiente in cui l’autore si muoveva e lui stesso erano in stretto contatto con i monaci di Costantinopoli. Una prova in più, in questa appassionante indagine a ritroso nel tempo, un “cold case” culturale tutto da svelare, è quello di un Occidente che vive in un mondo profondamente segnato dal mono-teismo cristiano ma anche ebraico e islamico. All’interno della storia delle idee c’è stata sempre, di contro, la “grande tentazione” del dualismo religioso, di un mondo governato da due principi contrapposti: uno della luce e uno della tenebra. Ed è proprio con questo bagaglio cultu-rale che tornarono i crociati della seconda spedizione in Terra Santa. Partiti per liberare il Santo Sepolcro, fecero ritorno convertiti al dualismo che nella zona balcanica e nell’at-tuale Turchia, nel Medioevo, ha conosciuto una grande fortuna. In queste aree si sviluppano movimenti dualistici molto vigorosi che sono all’origine del catarismo occidentale.

Antonio RigoDocente di Storia del Cristianesimo Bizantino e Storia dell’Oriente Cristiano

Tutto quello che ancora non sappiamo della mistica bizantina

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Ricerca

Come siconserva l’arte contempo- ranea

Anche l’arte contemporanea ha bisogno di restauro? Come possono essere conservati mate-riali instabili come la plastica, le pitture sintetiche il poliuretano? Gli oggetti di design che hanno segnato la nostra epoca, sono destinati a subire un degrado che ne altererà le caratteristiche, come preservarli? A queste e altre “curiose” domande, cerca di dare una risposta Francesca Caterina Izzo.

“Noi conosciamo bene i materiali del passato, ci sono decenni di espe-rienza nel restaurare un’opera antica, invece poco o nulla conosciamo dei materiali del presente, perché hanno composizioni più complesse che necessitano di un percorso

conoscitivo che è appena comin-ciato. I materiali moderni infatti, si degradano velocemente, nell’arte contemporanea vengono spesso utilizzati materiali effimeri, inusuali, inconsueti, improbabili, molto spesso è solo performance, quindi conser-vare l’arte dei nostri giorni prevede una dinamicità diversa e un approc-cio nuovo che tenga conto sia del messaggio che del materiale”.

Francesca Izzo ha cominciato a Ca’ Foscari con una laurea in Scienze chimiche per la conservazione e il restauro e un dottorato europeo in Scienze chimiche con una tesi su “Le pitture ad olio del ‘900” (all’in-terno del progetto internazionale “Modern paints” condotto dal Cultural Heritage Agency of the Netherlands in collaborazione con vari enti internazionali tra cui Getty Conservation Institute e Tate Modern), che puntava l’atten-zione sulla composizione chimica delle pitture ad olio prodotte industrialmente.

Nel suo percorso di formazione ha avuto poi l’occasione di lavorare ad alcune opere di Lucio Fontana (in particolare alcuni esemplari di Concetto Spaziale – Fine di Dio”, in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana e la restauratrice Barbara Ferriani, Milano in cui la sfida era capire i sintomi legati al degrado evidente in queste opere, definirne la causa e comprendere perché a distanza di soli 50 anni quelle opere si trovavano già in condizioni di conservazione non ottimali.

“Infatti – spiega la Izzo – mentre nel passato l’artista conosceva i materiali, imparava a fare i colori in bottega da sé in maniera artigianale, nell’epoca contemporanea spesso l’artista compra i colori senza cono-scerne realmente la composizione. Molti artisti moderni mescolano vari materiali, anche non prettamente artistici”.

Giulio Aristide Sartorio (1860-1932), il pittore dei fregi di Montecitorio, è un altro artista con il quale la nostra ricercatrice si è

dovuta confrontare per un impor-tante progetto portato avanti con la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, in particolare sul ciclo “Il poema della vita” (1907). Enormi tele per le quali è stata fatta una proposta di studio e rimusealiz-zazione, con un’analisi dei materiali per capire le vicissitudini che li avevano resi così fragili e progettare ad hoc un futuro allestimento per conservarle nel migliore dei modi.

È un lavoro in cui è importante sempre di più l’approccio interdi-sciplinare e multidisciplinare, in cui si opera a contatto con restaura-tori, conservatori, storici dell’arte, studiosi delle tecniche artistiche, analisti, case produttrici di materiali artistici e artisti. Un lavoro in cui la scienza incontra l’arte, la chimica sposa la storia dell’arte e l’artista abbraccia lo scienziato.

Collaborando con la Triennale Design Museum di Milano, Francesca Izzo è anche entrata in contatto con aziende storiche del design come la Gufram, famoso marchio del Design Italiano degli anni ’70 celebre per gli estrosi appendiabiti a forma di cactus, per i divani a forma di bocca e per il famoso “Pratone”. Anche qui si è trovata davanti a oggetti, anche recenti, fatti di materiali come il poliuretano che si degradano facil-mente. E insieme ai restauratori della Triennale ha studiato l’evoluzione del materiale nelle sue formulazioni industriali e ha realizzato uno studio per la loro conservazione.

Ca’ Foscari con il suo corso di studi in Tecnologie per la Conservazione e il restauro è stata tra i primi a parlare di arte contem-poranea in questi termini e a essere inserita in un circuito europeo di istituzioni che hanno cominciato ad occuparsene e a formare figure che potessero coniugare conoscenze sui materiali e sensibilità per l’opera d’arte. “Mi sorprendo sempre di come il nostro lavoro sia non solo fare analisi, ma essere dentro l’atto creativo, subendo sia il fascino della scienza che il fascino dell’arte” conclude Francesca Izzo.

Storie di eccellenza

Francesca Caterina IzzoRicercatrice, Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica

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Ricerca

Chi non ricorda quasi con nostalgia un vecchio Nokia inevitabilmente soppiantato da un Samsung o da un iPhone della Apple? Proprio la storia del produttore finlandese di cellulari potrebbe essere la cifra della ricerca condotta da Claudio Giachetti, dedicata al “carpe diem” sul fronte delle stra-tegie aziendali. Oltre ai suoi studi su dinamiche economiche di automobili e ceramica, Giachetti, classe 1981, ha scandagliato a fondo la storia del mondo “senza fili” dei cellulari.

In principio fu Motorola che, con coraggio, lanciò i primi telefoni mobili analogici e divenne, naturalmente, leader di mercato. All’inizio degli anni ’90, però, si affaccia sulla scena una nuova tecnologia, il digitale. Ed è qui che si innesta la ricerca di Giachetti: strategie competitive dei produttori di telefoni cellulari e il loro impatto sulle performance. Il cambiamento di leadership si lega a contesti caratterizzati da elevata incertezza, condi-zioni in cui scendere dal podio è fin troppo semplice. Si torna, quindi, a quei cruciali primi anni ’90 in cui venne introdotta la tecnologia digitale. Motorola, allora, saldamente al comando del settore non crede nelle poten-zialità del digitale. “È caduta – spiega Giachetti – nella cosiddetta ‘trappola delle competenze’. L’azienda non vuole sacrificare i profitti ottenuti fino a quel momento, investendo in una nuova tecnologia che annullerebbe parte dei benefici della precedente. Mantiene, cioè, un comportamento iner-ziale”. Il campo, a quel punto, è sgombro e la rivale finlandese Nokia investe fin da subito nel digitale dismettendo rapidamente i prodotti analogici. La leadership è immediata e incontrastata. All’inizio del nuovo millen-nio, poi, nascono modelli di cellulari con sistemi operativi avanzati, i così detti ‘smartphone’, che consentivano funzionalità tipiche dei pc. Nokia, un passo avanti agli altri, anche in questo caso, aveva il suo sistema operativo, Symbian. Il punto di rottura si colloca fra il 2007 e il 2008, anni in cui il mercato dei cellulari è scosso da due “shock”: nel 2007 Apple, tradizional-mente produttore di pc, entra nel settore dei telefoni cellualri con l’iPhone, telefono dotato di caratteristiche particolari, uno smartphone nel senso più ampio del termine che custodisce il primo sterminato ventaglio di “app”. Anche Symbian offre alcune app ma il paragone per quantità e raggio d’appli-cazione risulta fin da subito impietoso per i Nokia che diventano, d’un tratto, obsoleti. Nell’anno successivo Google lancia un altro sistema operativo: Android, unico competitor all’altezza di iOS (sistema operativo dell’iPhone) e per di più gratuito. Per Nokia si tratta della grande occasione mancata: Nokia decide di continuare con Symbian e perde, in quel momento, la leader-ship a vantaggio della sudcoreana Samsung, che scommette fin da subito su Android. Morale? Grandi cambiamenti ambientali, non ultimi la recente crisi economico-finanziaria, possono generare in ogni individuo e pure nelle aziende un senso di incertezza. È proprio in questi momenti che è necessa-rio cambiare e investire.

Breve storia dei cellulari(o del coraggio di cambiare)

Storie di eccellenza

Claudio GiachettiRicercatore, Dipartimento di Management

Claudio Giachetti, classe 1981, emiliano, è approdato a Ca’ Foscari dopo una laurea in Intenational Management all’U-niversità di Modena e Reggio Emilia e un dottorato in Business Economics a Ca’ Foscari. Da dottorando è stato alla Cass Business School di Londra e come ricercatore all’Università di Saragozza

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Ricerca

Sessant’anni di scuola insegnano. Fa bene andare in classe già a 4 anni d’età. Anticipare troppo la scelta del curriculum, invece, può ‘bloccare’ l’ascensore sociale. Lo rivela uno studio sulle riforme scolastiche dei paesi europei, condotto dalla giovane economista cafoscarina Elena Meschi con i colleghi Michela Braga e Daniele Checchi dell’Univer-sità di Milano. I tre ricercatori hanno analizzato sessant’anni di politiche della scuola, confrontandole con i risultati raggiunti dagli studenti e il loro background socio economico, cercando la riforma ‘ideale’, la ricetta per ridurre la diseguaglianza e libe-rare i figli dalle orme dei padri.

«È importante guardare all’età d’inizio della scuola dell’obbligo: dove è stata abbassata, ai 5 anni dell’Inghilterra o addirittura ai 4 dell’Irlanda del Nord, sono migliorate le opportunità», spiega Elena Meschi.

L’economista Elena Meschi dimostra come l’istruzione migliori la vita e renda la società più equa

Quando la scuolaè (davvero) buona

Il secondo indicatore signifi-cativo è il momento della scelta, quando il giovane è costretto a imboccare un percorso. In Germania accade già a 10 anni, si sale a 16 nel Nord Europa. «Incanalare troppo presto in percorsi scolastici specifici – afferma la ricercatrice del diparti-mento di Economia – va a svantaggio degli studenti meno abili e di quelli con un background economico peggiore».

Tessere di ‘buona scuola’, dunque, si trovano sparse in un puzzle europeo prodotto da decenni di riforme. Tuttavia, guardando alla mappa della ‘correlazione interge-nerazionale’, si nota come nei paesi dell’Europa meridionale l’istru-zione dei figli tenda a dipendere da quella dei padri in misura molto maggiore di quanto non avvenga in Scandinavia. Lo studio dell’econo-mia dell’istruzione, ha portato Elena Meschi ad altri sorprendenti risultati, riguardanti la popolazione italiana. Chi proviene da ambienti cultural-mente deboli, nei quali i genitori hanno al massimo la licenza media, grazie all’istruzione può colmare il divario di competenze con i figli dei genitori laureati. La disegua-glianza, dunque, è un problema quando cessa di essere dettata dal merito e diventa frutto di differenze di origine famigliare e di contesto sociale: «Si traduce in diseguaglianza sociale, considerando che l’istruzione influenza fortemente le opportunità di vita lavorativa e sociale».

Migliori competenze acquisite durante la carriera scolastica signifi-cano migliori opportunità lavorative da adulti, ma non solo. «Analizzando i dati di una dettagliata indagine su competenze, istruzione,

lavoro e benessere – aggiunge Elena Meschi – ci siamo resi conto che il livello di istruzione e le competenze maturate nel percorso di formazione favoriscono anche miglior benessere, salute e la soddisfazione generale rispetto alla propria vita».

«Le politiche pubbliche non possono certo intervenire diretta-mente sull’ambiente familiare, però possono favorire una migliore scola-rizzazione – conclude l’economista – attraverso una varietà di politiche che vanno dalla formazione presco-lare all’obbligo scolastico, fino ad arrivare agli ingressi universitari».Elena Meschi

Ricercatrice, Dipartimento di Economia

Storie di eccellenza

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Ateneo

Pensiero e scienza diventarono accessibili a tutti grazie alle prime tradu-zioni in lingua italiana degli scritti aristotelici? A quale pubblico era davvero rivolta la ‘divulgazione’ che al latino preferiva i ‘dialetti’? Tra i primi a porre interrogativi come questi, nel 2009, fu Luca Bianchi, professore all’Uni-versità del Piemonte Orientale. L’anno seguente, sul tema nacque il primo grande progetto internazionale di ricerca, firmato dal Centro per lo studio del Rinascimento dell’Università di Warwick e dal Warburg Institute. David Lines, Simon Gilson e i loro collaboratori iniziarono a censire le più rilevanti opere aristoteliche accessibili a lettori che non conoscevano greco o latino.

Per approfondire gli studi su questo passaggio epocale per la democra-tizzazione del sapere, è ora al lavoro un gruppo di ricercatori guidato da Marco Sgarbi, classe 1982, professore associato di Storia della filosofia a Ca’ Foscari, grazie al progetto “Aristotle in the Italian Vernacular: Rethinking Renaissance and Early-Modern Intellectual History (c.1400 – c.1650)”, finan-ziato con 1,5 milioni di euro da uno Starting grant dall’European Research Council. Il progetto impegna studiosi sia a Venezia, al dipartimento di Filosofia e Beni culturali, che a Warwick, dove a coordinare è David Lines.

I ricercatori stanno studiando opere di Aristotele che furono per la prima volta rese accessibili al di fuori dello stretto circolo dei professori universitari e dei teologi ad un pubblico più vasto costituito da uomini di corte, mercanti, architetti e, nondimeno, giovani e donne. La ricerca tocca temi interdisciplinari focalizzandosi soprattutto su contesto intellettuale, audience, qualità della lingua utilizzata, fonti (classiche), generi letterari, nonché sulle idee. Tutto questo in una prospettiva di storia della cultura.

«Dallo studio delle opere dei ‘volgarizzatori’ – spiega Marco Sgarbi – emerge come il loro obiettivo finale non fosse solo quello di disseminare il sapere, ma soprattutto di estendere l’accesso alla cultura a tutti gli uomini. La volgarizzazione della filosofia non era mai una semplificazione del sapere. Era sempre accompagnata dal tentativo di istruire il maggior numero di persone. Si passa dalla concezione di una cultura tendenzialmente chiusa e aristocratica, a una cultura più aperta e ‘democratica’».

Prove di questo orientamento si trovano nei contenuti stessi di libri e documenti tradotti in italiano. Gli studiosi hanno infatti riscontrato come, accanto a ricettari per la cosmesi o la cucina, si diffusero libri in volgare che trattavano gli stessi temi affrontati (in latino) nelle aule universitarie.

«L’approccio – aggiunge Marco Sgarbi – aiuterà a capire perché autori assai noti come Giordano Bruno e Galileo Galilei affiancarono alle loro opere latine un cospicuo corpus di lavori in lingua italiana, dando origine e vita alla nostra tanto bistrattata e dimenticata tradizione filosofica».

Sapere “democratico”grazie al volgare

Marco Sgarbi studia come la traduzione di scritti aristo-telici influenzò la cultura nel Rinascimento, e non solo

Marco SgarbiDocente di Storia della Filosofia

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Ateneo

San Servolo, Europa È in una piccola isola-gioiello come San Servolo che si incasto-nano le gemme dei talenti inter-nazionali dell’Ateneo veneziano. Una linguista videomaker, un crocevia “Europa oriented” forte-mente voluto e realizzato dagli stessi studenti e il genio economi-co di un giovane statunitense che, in felice controtendenza, lascia gli States per la laguna. Ecco tre fra le più recenti storie, individuali o collettive, legate al Collegio Internazionale di Ca’ Foscari. (Scuola Superiore Universitaria nata nel 2012 grazie al finan-ziamento dedicato del Miur che premia gli studenti più meritevoli e di talento con un programma culturale aggiuntivo e la residen-zialità gratuita all’isola di San Servolo).

Collegio Internazionale Ca’ Foscari

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Ateneo Collegio Internazionale Ca’ Foscari

Giulia Callino

Giulia Callino studia tedesco e russo al secondo anno di trien-nale in Lingue, Civiltà e Scienze del Linguaggio. Il linguaggio che le è più congeniale, però, è quello delle immagini e della loro potenza evoca-tiva. A fine settembre, premiata dai Cadolfiniani (i primi studenti accolti in un collegio di merito negli anni ’60 e ’70 a Ca’ Dolfin n.d.r.) proprio in occasione della riapertura dopo i restauri della prestigiosa sede cafo-scarina, Giulia ha restituito volti e voci di quegli anni in un apprezza-tissimo cortometraggio intitolato “Di là del ponte - Otto storie di una storia” presentato a fine settembre. La raccolta, una sorta di collage delle storie de gli studenti dell’epoca di Ca’ Dolfin, si è inserita in un progetto più ampio che ha incluso anche il volume “Ca’ Dolfin e i Cadolfiniani” di Diego Mantoan e Otello Quaino. Il ponte intergenerazionale è stato costruito con le interviste ai Cadolfiniani compiute dagli allievi del nuovo Collegio Internazionale Ca’ Foscari, realizzate fra marzo e aprile del 2014, Giulia Callino ha avviato un approfondito lavoro di documentazione video e fotografica convogliato nel documentario musi-cato da un altro cafoscarino, Luca Bonaccorsi.

Gabriel Pressman

Americano, 25 anni, migliore studente straniero di Ca’ Foscari nel 2014, dopo un anno a Venezia e una laurea in Economics and Mangement in tasca, lo scorso luglio, Gabriel Pressman, di Atlanta, in Georgia, ha scelto di restare in città, per così dire. A chiedere ai colleghi di San Servolo viene in mente il carattere entusiasta e il carisma da trasci-natore di Gabriel che, però, è un economista atipico. Con un doppio titolo (Ca’ Foscari e Georgia State University) più che spendibile, Pressman non cela le sue passioni, anche qui trasversali. Videomaker apprezzato, ha colto al volo la possi-bilità di entrare al Collegio di cui ha amato, subito, l’aspetto interdi-sciplinare. Lo aspettano due anni di specialistica in International Marketing a cui affianca già un progetto personale chiamato “Italian Innovation”, storie italiane, come la sua.

Federico Taddia

Il pretesto è stato il semestre europeo di presidenza italiana. La molla, genuina, è stata la voglia d’Europa in un luogo – San Servolo – in cui si incrociano studenti di tutto il mondo. E così, come accade di prassi al Collegio internazio-nale, sono stati gli stessi studenti, in questo caso collettivamente, a contri-buire concretamente all’ideazione e alla realizzazione di un laborato-rio “large”, vale a dire articolato e, ça va sans dire, visto il marchio di fabbrica di San Servolo, interdiscipli-nare. È nato così il ciclo di seminari “Making United Europe – History, Law, Politics and Best Practices” tenutosi a fine settembre. Più docenti hanno offerto una prospet-tiva diversa, un’angolazione specifica della “costruzione dell’Europa”. Dal diritto europeo a come si partecipa (e si vince) un progetto europeo per arrivare al pirotecnico intervento di Federico Taddia, voce inconfondibile di “Radio 24 l’Altra Europa” che ha raccontato la “sua” Europa.

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Ateneo

Santa Marta

La residenza universitaria di Santa Marta, nell’omonimo quartiere situato nel punto di raccordo tra Venezia e la terraferma, sorgerà dalla ristrutturazione di due edifici – il ‘cubo’ e il ‘parallelepipedo’ – per circa 700 posti letto. Lo studentato sarà attrezzato inoltre con servizi aperti al pubblico, aree verdi, piazze, campi e viabilità interna.

Tre progetti che cambieran-no il volto di Ca’ Foscari e della città di Venezia e la vita dei suoi studenti: tre residenze universi-tarie tutte nuove per circa mille posti letto fra Venezia e Mestre sorgeranno nei prossimi anni a Santa Marta, San Giobbe e al Campus Scientifico di Mestre in via Torino.

I progetti, resi possibili dagli investimenti in edilizia di Ca’ Foscari e sostenuti da finanzia-menti del Ministero dell’istruzio-ne, dell’Università e della Ricerca, permetteranno agli studenti di vivere l’università e la città più comodamente, come in vero campus universitario. Con servizi, spazi per il tempo libero e attività culturali. Un’esperienza unica nel cuore della città.

Fa inoltre parte della struttura il teatro Poli, un nodo culturale della vita di questa parte della città, che sarà potenziato grazie alla presenza dello studentato che porta in questa zona un alto numero di possibili fruitori.

Case per lo studente, in arrivo mille posti letto

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Ateneo Residenzialità studentesca

San Giobbe

La casa dello studente a San Giobbe costituisce l’intervento conclusivo del Campus universita-rio di Economia a Venezia nell’area dell’ex Ospedale Le Corbusier sulla punta ovest di Cannaregio, in una posizione facilmente accessibile e di grande visibilità a fianco della stazione di Santa Lucia e del ponte della Libertà che collega Venezia alla Terraferma.

La residenza per studenti potra’contare su 225 posti allog-gio con molti servizi e spazi aperti attrezzati di uso pubblico: spazi per rappresentazioni e assemblee, sala conferenze, caffetteria, salette polifunzionali.

Campus Scientificodi via Torino

Altri 142 posti alloggio saranno disponibili a Mestre, vicino al Campus Scientifico di via Torino, nell’area di proprietà di Ca’ Foscari, compresa fra il Campus e la rota-toria situata alla fine di via Torino. La struttura, cofinanziata dal MIUR, metterà a disposizione alloggi ma anche spazi comuni e servizi collegati alla residenzialità.

Al piano interrato e al primo piano troveranno collocazione parcheggi, funzioni di tipo collettivo quali la palestra e locali per la ricrea-zione e gli uffici amministrativi. Ai piani primo, secondo, terzo e quarto verranno collocati 142 posti alloggio con i relativi spazi collettivi destinati alla preparazione e consu-mazione pasti, soggiorno e aule studio.

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Attualità

Le valutazioni degli studenti, del I anno e degli anni successivi, premiano i servizi bibliotecari di Ca’ Foscari che si piazzano di gran lunga al di sopra della media nazionale, per l’ampiezza degli orari di apertura e per la soddisfazione rispetto al prestito librario. (Figura 1)

Al di sopra della media nazionale anche i servizi generali, informativi, la comunicazione, e il settore diritto allo studio. (Figura 2)

Anche gli studenti di Ca’ Foscari iscritti agli anni successivi al primo danno un ottimo giudizio sui servizi dell’ateneo loro rivolti, posizionando l’ateneo ai primi posti dell’indagine. (Figura 3)

L’indagine si è soffermata inoltre sul focus internazionalizzazione misurando la soddisfazione degli studenti che partecipano a programmi di mobilità relativamente ai servizi di supporto. Anche su questo fronte Ca’ Foscari si posiziona al di sopra dei valori medi in tutte le dimensioni analizzate. (Figura 4)

Good Practice, Ca’ Foscari in vetta

Ca’ Foscari

Media Atenei 2013

Max

Min

3.333.29

3.063.26

3.29

3.29 3.17 2.88

3.163.69

1.792.69

3.033.05

1.93

2.98 3.02 2.84

1.821.91

Soddisfazione biblioteca

digitale

Cortesia e competenza del

personale

Ampiezza orari di apertura

Disponibilità di volumi e riviste

Adeguatezza degli spazi

Ca’ Foscari al top della classificaGood Practice 2013 che misura le performance degli atenei sui servizi amministrativi secondo le valutazioni di studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo. Ca’ Foscari ha preso parte all’indagine del Politecnico di Milano insieme ad altre 26 Università.

Figura 1

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Attualità Good Practice, Ca’ Foscari in vetta

Ca’ Foscari

Media Atenei 2013

Max

Min

3.12 3.203.04 2.99

2.83 3.162.78 2.86

3.03 3.20

2.79 2.822.90 2.77

3.05 3.20

2.31 2.542.09 2.19

2.66 2.992.78 2.58

2.25 2.40

2.62 2.702.64 2.70

2.22 2.26

Servizi generali SegreteriaSistemi informativi

Servizi bibliotecari

Comunicazione Diritto allo studio

Internazio-nalizzazione

Job placement

Ca’ Foscari

Media Atenei 2013

Max

Min

3.242.98

2.912.48

3.21

2.86 2.86 2.99 3.12 2.94

3.043.19 3.01 3.25

2.322.22

2.832.68

2.35

2.77 2.75 2.71 3.06 2.79

2.602.30 2.22 2.71

Orientamento Servizi generali Servizi informativi

Comunicazione Segreteria Servizi bibliotecari

Diritto allo studio

Bicocca

Chieti - Pescara

Iuav

Piemonte Orientale

Bologna

Ferrara

Milano Statale

Politecnico di Bari

Brescia

Genova

Padova

Politecnico di Milano

Ca’ Foscari

Insubria

Pavia

Salento

Udine

Sassari

Verona

Torino Statale

Media

Politecnico di Torino

2.3

1.94

2.38

2.54

2.83

2.29

2.26

2.35

2.42

2.78

2.76

2.83

2.71

2.45

2.77

2.33

2.24

2.52

2.89

2.48

2.56

2.8

94.23%5.77%

95.74%4.26%

80.45%18.48%

87.66%12.32%

93.66%6.34%

93.68%6.27%

95.63%4.23%

90.44%9.56%

90.61%9.35%

83.27%16.73%

96.05%3.95%

91.48%8.48%

92.77%7.23%

86.06%12.42%

84.75%15.25%

92.89%7.11%

92.69%7.31%

91.14%8.73%

95.91%4.09%

96.20%3.80%

89.91%10.09%

89.76%10.24%

2.48

2.02

n.d.

2.68

2.83

2.39

2.49

2.57

2.56

2.76

2.79

3.24

2.65

2.54

2.75

2.59

2.48

2.62

2.89

2.43

2.52

2.74

2.23

1.92

2.53

2.47

2.67

2.28

2.25

2.27

2.31

2.58

2.69

2.74

2.5

2.41

2.61

2.57

2.35

2.43

2.56

2.22

2.37

2.56

2.38

2.18

2.69

2.78

2.64

2.27

2.88

2.24

2.68

2.75

2.37

2.58

2.38

2.4

2.55

2.6

2.35

2.51

2.22

2.3

2.82

2.6

2.43

2.22

n.d.

2.82

2.86

2.35

2.47

2.48

2.6

2.9

2.78

3.05

2.8

2.56

2.88

2.39

2.42

2.64

2.78

2.57

2.57

2.81

Partecipazione a programmi di internazionalizzazione

Ateneo Adeguatezza del supporto

(Se sì)

Utilità delle informazioni sui

programmi di internaz.

Completezza delle

informazioni sui programmi di

internaz.

Numero delle università

partner

Soddisfazione complessiva

Si No (1) decisamente No

(4) decisamente SI

(1) decisamente No

(4) decisamente SI

(1) decisamente No

(4) decisamente SI

(1) decisamente No

(4) decisamente SI

(1) decisamente No

(4) decisamente SI

Figura 2

Figura 3

Figura 4

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Ateneo

Ca’ Foscari in cifre

Intrecciodi saperi4 aree: economica, linguistica,umanistica, scientifica

20mila studenti

44 Corsi di laurea

40 Master

Innovazionenella tradizione1,7 milioni

di risorse elettroniche

1800 alloggi con l’Housing Office

1000 posti letto in prossime residenze universitarie

Internazio-nalitàStudenti di 118 nazionalità

160 accordi internazionali

18 Desk in the World

97 visiting professor

Ricercad’eccellenza15 milioni di euro in ricerca

200 assegnisti da 36 nazioni

Più di 100 progetti attivi

Dottorati: 10mila giornate di studio all’estero

Un futurodopo la laurea10milaconvenzioni per stage e tirocini

Occupazione: 88% a 5 anni dalla laurea

In rete

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