cambiamenti climatici e gestione delle acque · acque e di conseguenza sulla gestione delle stesse,...

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GEOLOGI e TERRITORIO GEOLOGI e TERRITORIO Periodico dell’Ordine dei Geologi della Puglia n. 3-4/2007, pp. 19-29 19 1. INTRODUZIONE La corretta valutazione degli effetti determinati dall’occorrenza di possibili cambiamenti climatici, a scala globale e/o locale, sul ciclo naturale delle acque e di conseguenza sulla gestione delle stesse, individua percorsi di analisi e di definizione del rischio associato che appaiono ancora di indubbia complessità e di ardua quantificazione. Le conseguenze prodotte dal mutamento clima- tico sul bilancio idrologico, siano esse tali da pro- durre volumi idrici in eccesso (aumentata frequenza ed intensità degli eventi pluviometrici massimi) ovvero in difetto (prolungate assenze di precipita- zione e/o accentuata carenza di disponibilità idrica), coinvolgono aspetti economici e sociali certamente rilevanti, che assumono complessità maggiore qua- lora riferiti ad un contesto, quale quello mediter- raneo, nel quale la risorsa idrica rappresenta da sempre un fattore limitante allo sviluppo. D’altra parte, le continue sollecitazioni che provengono, per lo più da ambiti marginali, se non addirittura esterni, al mondo scientifico internazionale impongono una seria riflessione sul ruolo che i ricercatori devono svolgere in tale contesto per fornire una risposta oggettiva, piuttosto che credibile, alle richieste della società. Al solo scopo di delineare la dimensione della sfida che attende il mondo scientifico nel prossimo futuro si citano, a titolo di esempio, le conclusioni della recente conferenza romana sui cambiamenti climatici (AA.VV., 2007), la nuova direttiva allu- vioni di recente approvazione presso il Parlamento Europeo (EP & EC, 2007), che al capo II art. 4 comma 2 recita testualmente “sulla base delle infor- mazioni disponibili o di quelle facili da ottenere, quali i dati registrati e gli studi sugli sviluppi a lungo termine, tra cui in particolare le conseguenze del cambiamento climatico sul verificarsi delle allu- vioni, una valutazione preliminare del rischio di alluvioni è effettuata per fornire una valutazione dei rischi potenziali” e quanto riportato nel draft del terzo World Water Assessment Report (UNESCO IHP, 2007), che pone tra i sette temi focali per il rag- giungimento dei Millenium Development Goals quello del “Climate Change and Water”. Le que- stioni poste in tali documenti trovano oggi la comu- nità scientifica ancora impreparata a fornire risposte adeguate alle aspettative, a meno che ad esse non si intenda ottemperare utilizzando i contenuti propri della scienza olistica, cioè del solo principio di emergenza nell’applicare il metodo scientifico, il che evidentemente contrasta con il rigore metodolo- gico e l’autorevolezza scientifica che il metodo ana- litico necessita. È ormai universalmente ricono- sciuto come solo nella definizione delle componenti e nell’analisi disgiunta delle loro proprietà risieda l’unico approccio fisicamente basato nell’interpreta- zione dei sistemi complessi. Da tale riflessione con- segue, onde evitare la marginalizzazione della scienza a favore della stregoneria scientifica, la necessità di affrontare i temi del cambiamento cli- matico, sia a scala planetaria sia regionale, con rin- CAMBIAMENTI CLIMATICI E GESTIONE DELLE ACQUE Antonio R. Di Santo (1,2) , Umberto Fratino (1,2) , Vito Iacobellis (1,2) (1) Dipartimento di Ingegneria delle Acque e di Chimica - Politecnico di Bari (2) Autorità di Bacino della Puglia SOMMARIO La nota tratta del rapporto tra risorsa idrica ed effetti potenzialmente indotti dal cambiamento climatico ponendo in evidenza la necessità di approcciare tale tema con valutazioni analitiche e sperimentali che abbiano il rigore scientifico che l’importanza dell’argomento impone. Qualche approfondimento viene presentato con par- ticolare attenzione al contesto climatico mediterraneo della Puglia, nel quale la risorsa idrica rappresenta da sempre un fattore limitante allo sviluppo. Tali considerazioni forniscono importanti spunti di riflessione in merito alla complessa valutazione dei potenziali effetti determinati dai possibili cambiamenti climatici in atto in tema di gestione della risorsa idrica. Pur nella elevata incertezza associabile all’analisi dei processi fisici ed alla loro previsione, il ruolo degli organi di pianificazione e controllo appare decisivo sia nella corretta quantificazione dei rischi associati all’occorrenza di eventi estremi sia nella definizione di futuribili scenari di trasformazione terri- toriale e nella programmazione di ipotesi di sviluppo socio economico che vedano la “gestione sostenibile delle risorse idriche” quale condizione inderogabile.

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GEOLOGI e TERRITORIOGEOLOGI e TERRITORIOPeriodico dell’Ordine dei Geologi della Puglia

n. 3-4/2007, pp. 19-2919

1. INTRODUZIONELa corretta valutazione degli effetti determinati

dall’occorrenza di possibili cambiamenti climatici, ascala globale e/o locale, sul ciclo naturale delleacque e di conseguenza sulla gestione delle stesse,individua percorsi di analisi e di definizione delrischio associato che appaiono ancora di indubbiacomplessità e di ardua quantificazione.

Le conseguenze prodotte dal mutamento clima-tico sul bilancio idrologico, siano esse tali da pro-durre volumi idrici in eccesso (aumentata frequenzaed intensità degli eventi pluviometrici massimi)ovvero in difetto (prolungate assenze di precipita-zione e/o accentuata carenza di disponibilità idrica),coinvolgono aspetti economici e sociali certamenterilevanti, che assumono complessità maggiore qua-lora riferiti ad un contesto, quale quello mediter-raneo, nel quale la risorsa idrica rappresenta dasempre un fattore limitante allo sviluppo. D’altraparte, le continue sollecitazioni che provengono, perlo più da ambiti marginali, se non addirittura esterni,al mondo scientifico internazionale impongono unaseria riflessione sul ruolo che i ricercatori devonosvolgere in tale contesto per fornire una rispostaoggettiva, piuttosto che credibile, alle richieste dellasocietà.

Al solo scopo di delineare la dimensione dellasfida che attende il mondo scientifico nel prossimofuturo si citano, a titolo di esempio, le conclusionidella recente conferenza romana sui cambiamenticlimatici (AA.VV., 2007), la nuova direttiva allu-

vioni di recente approvazione presso il ParlamentoEuropeo (EP & EC, 2007), che al capo II art. 4comma 2 recita testualmente “sulla base delle infor-mazioni disponibili o di quelle facili da ottenere,quali i dati registrati e gli studi sugli sviluppi alungo termine, tra cui in particolare le conseguenzedel cambiamento climatico sul verificarsi delle allu-vioni, una valutazione preliminare del rischio dialluvioni è effettuata per fornire una valutazione deirischi potenziali” e quanto riportato nel draft delterzo World Water Assessment Report (UNESCOIHP, 2007), che pone tra i sette temi focali per il rag-giungimento dei Millenium Development Goalsquello del “Climate Change and Water”. Le que-stioni poste in tali documenti trovano oggi la comu-nità scientifica ancora impreparata a fornire risposteadeguate alle aspettative, a meno che ad esse non siintenda ottemperare utilizzando i contenuti propridella scienza olistica, cioè del solo principio diemergenza nell’applicare il metodo scientifico, ilche evidentemente contrasta con il rigore metodolo-gico e l’autorevolezza scientifica che il metodo ana-litico necessita. È ormai universalmente ricono-sciuto come solo nella definizione delle componentie nell’analisi disgiunta delle loro proprietà risiedal’unico approccio fisicamente basato nell’interpreta-zione dei sistemi complessi. Da tale riflessione con-segue, onde evitare la marginalizzazione dellascienza a favore della stregoneria scientifica, lanecessità di affrontare i temi del cambiamento cli-matico, sia a scala planetaria sia regionale, con rin-

CAMBIAMENTI CLIMATICI E GESTIONE DELLE ACQUE

Antonio R. Di Santo(1,2), Umberto Fratino(1,2), Vito Iacobellis(1,2)

(1) Dipartimento di Ingegneria delle Acque e di Chimica - Politecnico di Bari (2) Autorità di Bacino della Puglia

SOMMARIOLa nota tratta del rapporto tra risorsa idrica ed effetti potenzialmente indotti dal cambiamento climatico

ponendo in evidenza la necessità di approcciare tale tema con valutazioni analitiche e sperimentali che abbianoil rigore scientifico che l’importanza dell’argomento impone. Qualche approfondimento viene presentato con par-ticolare attenzione al contesto climatico mediterraneo della Puglia, nel quale la risorsa idrica rappresenta dasempre un fattore limitante allo sviluppo. Tali considerazioni forniscono importanti spunti di riflessione in meritoalla complessa valutazione dei potenziali effetti determinati dai possibili cambiamenti climatici in atto in tema digestione della risorsa idrica. Pur nella elevata incertezza associabile all’analisi dei processi fisici ed alla loroprevisione, il ruolo degli organi di pianificazione e controllo appare decisivo sia nella corretta quantificazione deirischi associati all’occorrenza di eventi estremi sia nella definizione di futuribili scenari di trasformazione terri-toriale e nella programmazione di ipotesi di sviluppo socio economico che vedano la “gestione sostenibile dellerisorse idriche” quale condizione inderogabile.

novata e proficua attenzione, fornendo agli stessiogni risposta e ponendo, nel contempo, sul tavolodella discussione tutti i dubbi e gli interrogativi cheil tema propone.

In questo senso, pur nella consapevolezza delledifficoltà connesse all’individuazione di approcci eprocedure scientificamente attendibili, compatibilicon una base campionaria di dimensioni ridotte,appare doveroso operare una proposta che riconducail tema nella forma di “science and technical que-stions” in modo che il processo interpretativo rac-colga un consenso ampio da parte di tutti i soggetticoinvolti (Castelli, 2008).

2. STATO DELLE CONOSCENZELe conclusioni della recente conferenza nazio-

nale sui cambiamenti climatici di Roma (AA.VV.,2007) e le indicazioni contenute nel Fourth Asses-sment Report (IPCC, 2007) elaborato di recente dal-l’IPCC (Intergovernmental Panel on ClimateChange) destano indubbiamente preoccupazione. Lagran parte dell’aumento delle temperature rilevatonell’ultimo secolo (circa 0.74 °C) è concentrata inun periodo compreso tra il 1970 e oggi, quando leemissioni di gas serra sono aumentate di quasi il70%; nel contempo, si è osservato un aumentoannuo del livello medio del mare di circa 3 mm, lariduzione dei ghiacciai polari e montani, soprattuttonell’emisfero nord, ove si sono raggiunti valori pros-simi al 25%, l’aumento di frequenza delle ondate dicalore estivo, degli eventi pluviometrici estremi edella distruttività dei cicloni (figura 1).

Tali dati hanno suscitato un ampio ed articolatodibattito all’interno della comunità scientifica inter-nazionale e, benché a molte valutazioni non corri-sponda un’analisi scientificamente condivisa, undato appare inequivocabile: il sovrasfruttamentodelle risorse naturali, anche in virtù del peso demo-grafico, ha raggiunto un livello critico, prossimo alpunto di non ritorno, per cui urge l’adozione di stra-tegie di mitigazione che, dalla più volte proclamatafase di impegno, si traducano in azione.

Ad ogni buon conto, merita tuttavia di essere evi-denziato come, ad oggi, non esista alcuna dimostra-zione scientifica di una relazione causa-effetto tral’inequivocabile aumento della concentrazione digas serra (figura 2) e una qualunque grandezza diret-tamente connessa al ciclo idrologico; si cita a talproposito quanto testualmente riportato nell’ultimodocumento a cura dell’IPCC (IPCC, 2007): “Thereis still substantial uncertainty in trends of hydrolo-gical variables because of large regional diffe-

rences, and because of limitations in the spatial andtemporal coverage of monitoring networks (Huntin-gton, 2006). At present, documenting interannualvariations and trends in precipitation over theoceans remains a challenge”.

Può quindi accadere che ogni affermazionerimanga, in virtù delle poche informazioni disponi-bili, una mera ipotesi scientifica che si scontra da unlato con la difficoltà di relazionare quanto osservatoai fenomeni di oscillazione naturale del clima (figura3) e dall’altro con la necessità di definire scenarifuturi aventi complessità crescente al diminuire dellascala territoriale di riferimento (downscaling). Vaquindi fornito maggior supporto teorico-sperimen-tale ai risultati derivanti dall’applicazione di modelliinterpretativi ideati a scala globale ed applicati surealtà territoriali piccole e caratterizzate da gran-dezze ambientali e morfologiche peculiari chehanno un ruolo fondamentale nella definizione delprocesso fisico (figura 4). Alla luce di quanto sopradescritto, appare quindi corretto cercare di compren-dere, in via preliminare, se e in che misura l’infor-mazione idrologica disponibile consenta di elabo-rare, a scala locale e regionale, nuovi e potenzialiscenari evolutivi al fine di poter criticamente con-frontare tali indicazioni con quelle rese disponibili

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CAMBIAMENTI CLIMATICI E RISCHI GEOLOGICI IN PUGLIACASTELLO DI SANNICANDRO DI BARI - 30 Novembre 2007

Figura 1 - Variazioni di temperatura media, livello mediomare e copertura nevosa nell’Emisfero Nord nel periodo1961-1990 (IPCC, 2007)

su scenari territoriali ampi e di verificare l’efficaciadelle metodologie e dei parametri tradizionalmenteadoperati a tal fine. Allo scopo si è quindi sviluppatal’analisi con riferimento al solo territorio pugliese,cercando di esaminare il comportamento di alcunesemplici variabili idrologiche (piogge e portate gior-naliere osservate) in modo da ricavare indicazioni inmerito sia alla possibile mutata frequenza di accadi-mento degli eventi estremi (piene e magre idrolo-giche), sia agli effetti che mutate condizioni clima-tiche possono indurre sul bilancio idrico regionale.

3. REGIONE PUGLIA: ACQUA IN PIÙ O INMENO?

Al fine di meglio definire le implicazioni deri-vanti dalla presenza di possibili cambiamenti clima-tici sul territorio pugliese sono stati analizzati, siapur in modo semplice e sintetico, i dati idrologicidisponibili in modo da verificare se essi possano for-nire indicazioni utili alla quantificazione del feno-meno, sia con riferimento all’occorrenza di volumiidrici in eccesso (acqua “in più”) sia in difetto(acqua “in meno”). Per tale applicazione si sonopresi in considerazione sia alcuni eventi pluviome-trici estremi sia i dati di deflusso giornaliero osser-vati nell’ultimo trentennio.

In particolare, con riferimento agli aspetti con-nessi all’occorrenza di eventi pluviometrici estremi,

si è operata una verifica circa l’affidabilità dei risul-tati derivanti dall’applicazione delle tecniche diregionalizzazione dell’informazione pluviometricaper la stima delle precipitazioni massime. Tali proce-dure, ampiamente consolidate anche in ambito tec-nico, consentono di ottimizzare l’informazione idro-logica, in quanto trascurano la sua variabilità spa-ziale, che non è distinguibile da quella campionaria,a vantaggio del contenimento della incertezza nellastima di medio e lungo periodo. Come ampiamentenoto, tali tecniche possono avvalersi di distribuzionidi probabilità a più di due parametri quali la TCEV(distribuzione dei valori estremi a due componenti,Rossi et al., 1984) con il fine di rappresentare, all’in-terno della serie campionaria dei massimi annuali,la presenza di una componente straordinaria, deter-minata dalla presenza degli “outliers”, che origina lacosiddetta “condizione di separazione” associataall’osservazione di elevati valori del coefficiente diasimmetria delle serie storiche.

L’analisi condotta ha preso origine dalle valuta-zioni condotte sul territorio pugliese nell’ambitodella redazione del progetto VA.PI. Puglia (Claps etal., 1994, Castorani e Iacobellis, 2001), introdu-cendo, nella serie storica utilizzata per tale stima,anche i dati pluviometrici che, nel 2003 e nel 2005,hanno prodotto significativi eventi di piena neibacini idrografici dell’arco jonico tarantino. Tali

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Figura 2 - Variazione diconcentrazione dei gasserra nel periodo 1900-2000 (IPCC, 2001)

dati, sintetizzati in tabella 2, si riferi-scono alle registrazioni ai pluviografidelle stazioni di Castellaneta, Massafrae Masseria Chianchiarello in corrispon-denza degli eventi del 08/09/2003 e del07/10/2005 e sono stati utilizzati perverificare la loro rappresentabilità sullacurva di crescita, rappresentativa delladistribuzione di probabilità delle varia-bili casuali rese adimensionali tramiterapporto con la rispettiva media locale(fattore di crescita). Il risultato ottenutoè rappresentato in figura 5 nella quale inrosso sono identificati i dati riferiti aglieventi pluviometrici ultimi. Appare evi-dente come i nuovi dati, pur indivi-duando, in quattro casi, valori elevatidel tempo di ritorno associato, sianocoerenti con la previsione statistica, adimostrazione dell’affidabilità dell’ap-proccio utilizzato che appare statistica-mente robusto. Appare tuttavia neces-sario evidenziare come l’occorrenza ditali eventi abbia determinato un signifi-cativo incremento, circa pari al 13%,del valore medio atteso delle precipita-zioni giornaliere massime annuali, ilche potrebbe suggerire una variazione,seppur modesta, nella definizione dellimiti territoriali delle regioni omogeneeal terzo livello di regionalizzazione. Sipuò peraltro osservare che tale analisinon è inficiata da ovvie considerazioni

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CAMBIAMENTI CLIMATICI E RISCHI GEOLOGICI IN PUGLIACASTELLO DI SANNICANDRO DI BARI - 30 Novembre 2007

Figura 3 - L’oscillazione naturale del clima (ENEA, 2002)

Figura 4 - Il downscaling nella modellistica idrologica (Rosso, 2007)

sulla dipendenza reciproca delle misurazioni ripor-tate che si riferiscono, come evidente, ad eventi con-testualmente registrati in siti tra loro relativamentevicini.

Se tali considerazioni appaiono confortanti, senon altro sul piano dell’affidabilità degli strumenti

disponibili nella previsione dimedio e lungo termine, appare,per altro verso, interessante eforiero di importanti risultati, losforzo che la Protezione CivileNazionale, con l’ausilio dellesedi regionali ed il contributodel mondo scientifico, sta svi-luppando al fine di rendere ope-rativa una catena procedurale diprevisione in tempo reale (RealTime Forecasting). La defini-zione e la successiva implemen-tazione di una moderna model-listica idrologica per la previ-sione degli eventi estremi con lasinergia derivante dal monito-raggio continuo dei bacini idro-grafici e dall’accoppiamentocon l’informazione metereolo-gica fornita dai radar previstinei centri funzionali (figura 6)costituisce una risposta efficacee moderna in tema di gestionedel rischio idraulico, che appareirrinunciabile al cospetto del-l’esplosione della incertezzaassociabile a modelli di tipo non

stazionario configurabili in uno scenario di realecambiamento climatico.

In riferimento al tema dell’acqua “in meno”, lapreventiva valutazione della disponibilità idrica,anche in rapporto alle sue oscillazioni di medio elungo periodo, è requisito essenziale per garantire uncorretto approccio all’argomento.

In tale ambito, si descrivono, nel seguito, i risul-tati ottenuti da un’indagine preliminare tesa a defi-nire le curve di durata annuali medie, riferite adintervalli temporali diversi, come calcolate dai datidisponibili in corrispondenza delle stazioni idrome-trografiche presenti sui corsi d’acqua della Puglia(figura 7). Allo scopo si è sono utilizzati i dati dideflusso giornaliero osservati nell’ultimo trentenniodisponibile (1965-1996), aggregandoli in modo dasuddividere l’informazione in periodi temporali didimensione confrontabile.

In figura 8 sono rappresentate le curve di durataottenute in quattro delle sezioni esaminate, una affe-rente al bacino del fiume Cervaro e tre a quello delfiume Candelaro, tutte caratterizzate dall’assenza diopere di invaso e/o regolazione dei deflussi che nepotessero condizionare il comportamento idrolo-

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Tabella 1 - Eventi pluviometrici del 2003 e del 2005 in provincia di Taranto.

Figura 5 - Eventi pluviometrici del 2003 e del 2005 in pro-vincia di Taranto. Adattamento alla curva del fattore di crescita

gico. Si osserva, a fronte di valori estremi in medianon spiccatamente diversi, una significativa ridu-zione del deflusso medio avente carattere di ordina-rietà e la drastica diminuzione del volume medioannuo disponibile. Tale circostanza può essere rela-zionata ad una diminuzione complessiva dell’ap-porto pluviometrico ovvero ad una variata frequenzae distribuzione degli eventi piovosi, ma può esserespiegabile anche con altre motivazioni di caratterefisico. D’altra parte non va trascurato il contributodelle mutate modalità di gestione idraulica del terri-torio, con la scellerata proliferazione di interventi

(realizzazione di arginature e creazione di alvei pen-sili) che talvolta spacciano per esigenze idraulichel’intenzione di salvaguardare le superfici agricoledal rischio di allagamento.

Tale osservazione trova conferma anche nelleanalisi condotte sul bacino del fiume Ofanto, all’in-terno del quale sono presenti diverse opere idrau-liche atte a garantire la disponibilità e l’ottimizza-zione dell’uso della risorsa idrica (figura 9). Infigura 10 si riportano le curve di durata elaboratesulla scorta dei dati rivenienti da due stazioni loca-lizzate su affluenti del fiume Ofanto, a monte dellequali non sono presenti opere di regimazione deideflussi (fiumara dell’Arcidiaconata e fiumara diAtella) e da due stazioni (Cairano e Monteverde),poste invece sull’asta principale, nei quali è invecerilevante l’effetto determinato dalla presenza diopere di accumulo e regimazione (diga di Conza etraversa di Santa Venere). È evidente l’effetto deter-minato dalla presenza dell’invaso di Conza suideflussi osservati nella stazione di Cairano scalo el’aumentata pendenza della curva media di duratanella stazione di Monteverde, calcolata in riferi-mento al periodo più recente, rispetto a quella rife-rita al periodo 1970-1982, in corrispondenza deivalori di portata ordinari, cioè con durata variabiletra i 150 e i 200 giorni.

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Figura 7 - Localizzazione delle stazioni idrometriche nellaregione Puglia

Figura 6 - Copertura radar previstasul territorio italiano

Tali evidenze hanno sollecitato l’interesse a con-durre successive analisi sui dati idrologici disponi-bili al fine di comprendere, seppur in prima appros-simazione, se la diminuzione di deflusso annuoatteso possa essere legata ad un corrispondentedecremento del volume annuo di precipitazione. Atale fine si è quindi fatto riferimento allo Standar-dized Precipitation Index (SPI) (McKee et al.,1993) che consente una quantificazione del deficitdi precipitazione per diverse scale temporali,ognuna delle quali riflette l’impatto della magrametereologica sulla disponibilità idrica. Tale indice,la cui valutazione richiede la sola conoscenza di

serie di precipitazioni mensili, si determina consi-derando la deviazione della precipitazione rispettoal suo valore medio su una predefinita scala tempo-rale, divisa per la sua deviazione standard. Secondouna classificazione convenzionalmente adottata,valori dell’indice SPI inferiori a -1 individuanoperiodi secchi, valori compresi tra -1 e 1 determi-nano una condizione “pressoché normale”, laddovevalori maggiori di 1 sono connessi all’occorrenza diperiodi definiti umidi. L’ambiziosa finalità dell’in-dice SPI, almeno negli auspici dei propositori, èquella di utilizzare la precipitazione locale alloscopo di rendere confrontabili eventi che si verifi-cano in regioni caratterizzate da diversi regimi cli-matici (figura 11); ciò si ottiene tramite una norma-lizzazione della distribuzione di probabilità dellapioggia stimata dalla serie storica relativa al puntoin esame, il che implica una trasformazione del datodi origine (precipitazione) che generalmente non ènormalmente distribuito, almeno per scale tempo-rali inferiori ai 12 mesi.

Pur non apparendo esente da critiche l’utilizzo ditale indice su scala continentale, in quanto esso nontiene conto di fattori oggettivi legati alla variabilitàdei fabbisogni idrici, nel seguito si presenta una suaapplicazione la cui valenza è squisitamente di carat-tere locale.

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Figura 9 - Bacino del fiume Ofanto

Figura 8 - Curvedi durata mediein alcune stazionidi misura pre-senti su bacininon regolati

L’analisi è stata condotta su tutti i bacini dei corsid’acqua pugliesi attrezzati con stazione idrometro-grafica (tabella 2) ed, oltre all’indice SPI calcolatoutilizzando i dati delle stazioni pluviometriche affe-renti al corrispondente bacino imbrifero, è stato deri-vato anche un parametro sintetico atto a quantificareil deficit di deflusso, definito Standardized FlowIndex (SFI) che presenta struttura matematica ana-loga all’indice SPI ed utilizza i valori di portatemedie mensili anziché quelli di precipitazione. Atitolo di esempio, in figura 12, sono riportati risultatidi tale applicazione, effettuata ipotizzando un inter-vallo temporale di 12 mesi, in riferimento al bacinodel Cervaro nella sezione di Incoronata ed alla fiu-mara di Atella a ponte sotto Atella. La figura evi-denzia, nella pur naturale ed attesa oscillazione tem-porale dei due indici, come il trend pluriennale del-l’indice SFI possa essere interpretato da una rettache presenta coefficiente angolare più elevato diquello ottenuto per il corrispondente indice SPI, adevidenziare deficit maggiori nella generazione deldeflusso di quanto direttamente indotti dalla ridu-zione del volume di precipitazione.

Tale situazione è confermata dai dati di tabella 2nella quale, per tutte le stazioni monitorate, oltreall’indicazione in merito all’estensione del bacinoscolante, si è riportato il valore dell’indice di umidità

globale di Thornthwaite (Thornthwaite, 1948), uti-lizzato per caratterizzare climaticamente il bacino,ed il valore medio del tasso annuo di variazionedegli afflussi e dei deflussi, come determinato daivalori dei coefficienti angolari delle rette di interpo-lazione dei trend temporali degli indici SPI e SFI.Tali dati, rappresentati graficamente in figura 13,evidenziano, a fronte di un valor medio del tasso diriduzione degli afflussi attorno al 2,5%, un corri-spondente valore per quanto attiene ai deflussi pari acirca il 4%. La figura evidenzia, inoltre, una ridu-zione più marcata nella generazione dei deflussi incorrispondenza dei bacini umidi, caratterizzati davalori positivi dell’indice climatico, da imputareprobabilmente ad un diversa dinamica spazio-tem-porale della distribuzione dell’umidità del suolo neibacini idrografici considerati.

4. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Le considerazioni riportate nei paragrafi prece-

denti hanno inteso fornire qualche spunto di rifles-sione in merito alla complessa valutazione deipotenziali effetti determinati dai possibili cambia-menti climatici in atto in tema di gestione dellarisorsa idrica. Pur nella consapevolezza delle diffi-coltà insite nella valutazione di tali effetti, il ruoloche gli organi di pianificazione e controllo, e fra

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Figura 10. FiumeOfanto: sottoba-cini non regolati(sopra) e regolati(sotto)

questi anche l’Autorità di Bacino della Puglia, sonoistituzionalmente chiamati a svolgere appare deci-sivo sia nella corretta quantificazione dei rischi asso-

ciati all’occorrenza di eventiestremi sia nella definizione difuturibili scenari di trasforma-zione territoriale e nella pro-grammazione di ipotesi di svi-luppo socio economico chevedano la “gestione sostenibiledelle risorse idriche” qualecondizione inderogabile.

In questo ambito, appareopportuno rilevare che un ulte-riore fattore di complessitàderiva dall’articolato quadroistituzionale e normativo con ilquale le Autorità di Bacinosono tenute a confrontarsi, siache si ipotizzi la conservazionedella struttura organizzativarealizzata dalla loro legge isti-tutiva (legge n. 183/1989), siache si tenga conto del possibilescenario determinato dall’ap-plicazione del nuovo testounico in materia ambientale(D.Lgs. n. 152/2006). Infatti, ilquadro normativo di riferi-mento nazionale appare oggiassai frammentato: alla leggesulla difesa del suolo (legge183/1989 e successivi dispostied atti integrativi), a quella diriordino delle risorse idriche(Legge 36/94 o legge Galli) e aquella di tutela della risorsa(Legge 258/2000), si aggiun-gono, infatti, nel nostro paese,le difficoltà connesse al recepi-mento della Direttiva 2000/60con l’aggravante che la stesuradel nuovo testo unico ambien-tale (D. Lgs. n. 152/2006)sembra aver purtroppo persol’irripetibile occasione di rior-ganizzare la normativa di set-tore alla luce e secondo l’ap-proccio innovativo propostodalla stessa comunità europea.

In particolare, nella difesadell’assetto idrogeologico,

l’obiettivo più urgente dovrebbe essere quello diassicurare, a tutto il territorio nazionale, un livellominimo di tutela unitaria ed uniforme. E’ opinione

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Figura 12 - SPI e SFI: Applicazione al fiume Cervaro e alla fiumara di Atella

Figura 11. Indice SPI a diverse scale di aggregazione temporale (Hydrocare, 2007)

certamente condivisa che identificare l’intervento adifesa dell’assetto idrogeologico con la realizza-zione di opere non colga l’efficacia degli interventidi tipo non strutturale, mentre non è diffusa, comeinvece dovrebbe, la percezione concreta che lagestione controllata e organizzata del territorio è unostrumento formidabile per contrastare la sua siste-matica occupazione.

Si tenga conto, inoltre, che nel nostro Paese, lalegge-quadro di riforma della difesa del suolo,assume, nell’ambito di un’innovativa forma di coo-perazione-concertazione tecnica-istituzionale traStato centrale e Regioni, il metodo della pianifica-zione dei bacini idrografici, considerati come unitàdi analisi ambientale, territoriale ed economica e,quindi, produttiva e sociale. In tal senso, essa ha ilpregio di aver introdotto con largo anticipo alcuniconcetti cardine quali la centralità del bacino idrolo-gico nella pianificazione ambientale, la definizionepreventiva del rischio connesso all’insorgenza di

eventi eccezionali e la necessità di tutela quali-quan-titativa delle risorse naturali nell’insieme del lorocontesto fisiografico naturale. Questa impostazione,recentemente adottata dal Parlamento Europeo conl’adozione della direttiva alluvioni (EP & EC, 2007),anche in riferimento ai possibili impatti esercitati daicambiamenti climatici (cfr. titolo II, art. 4, comma2) non sembra tuttavia trovare consenso unanime.

Il documento conclusivo della Conferenza nazio-nale tenutasi nello scorso settembre a Roma(AA.VV., 2007) individua nell’immediata defini-zione del “Piano nazionale di adattamento ai cam-biamenti climatici”, nel quale devono concentrare iloro sforzi Governo, istituzioni locali e territoriali eparti sociali, lo sviluppo di politiche concrete dimitigazione dei cambiamenti climatici sia attraversoil rispetto degli impegni precedentemente assunti(protocollo di Kyoto) sia mediante iniziative con-crete a favore del risparmio, dell’efficienza energe-tica e dell’utilizzo di fonti rinnovabili sostenibili.

Tale impegno, teso soprattuttoal coordinamento delle oppor-tune misure di mitigazione conquelle di adattamento al cam-biamento climatico, medianteintegrazione di queste ultimenelle politiche settoriali di svi-luppo economico, nella legisla-zione e nei programmi di finan-ziamento delle grandi opere,prevede azioni di immediatoavvio quali a) la protezionedegli ecosistemi e della biodi-versità (terrestre e marina); b)la gestione del suolo e dellecoste; c) la gestione dellerisorse idriche; d) la tutela sani-taria della popolazione; e)l’agricoltura e lo svilupporurale; f) l’industria e l’energiaed infine g) il turismo.

Tuttavia, l’approccio pro-posto è solo di tipo top-down,fondato sulla doverosa e neces-saria azione di coordinamento econtrollo da parte degli orga-nismi tecnici nazionali, anchese non appare ancora chiaro,almeno nelle linee preliminaridi definizione, il ruolo attribuitoagli enti di pianificazione econtrollo locale, quali le Auto-

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Figura 13 - Afflussi e deflussi in bacini strumentati: tasso di variazione annua

Tabella 2 - Tasso di variazione annua della precipitazione e del deflusso osservato neibacini strumentati pugliesi

rità di Bacino; in tal modo si rischia di non tener indebito conto gli effetti che alcune azioni di tutela emitigazione ambientale, pur di sicura razionalità seapplicati in contesti nazionali e/o internazionali,possono determinare localmente sui diversi ambititerritoriali. L’esperienza vissuta dalla Puglia, a valledell’adozione del D. Lgs. 152/1999, è esempio diquali possano essere le conseguenze di scelte ope-rate a livello centrale in assenza del supporto dellerealtà territoriali locali, anche a causa dalla mancataconoscenza delle peculiarità dei contesti ambientalinei quali le stesse trovano applicazione.

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