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CAMMINARE INSIEME 1

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Il 1° numero di "Camminare Insieme" , il bollettino parrocchiale della Parrocchia di Lumezzane Pieve-Fontana

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IO E L’UNITA’ PASTORALEI MIEI PRIMI MESI A LUMEZZANE

Carissimi,

eccomi a voi dopo l’ affettuoso ingresso che mi ha fatto sentire la vostra cordialità e la vostra fiducia nel nuovo parroco. Sono state due giornate indimenticabili che mi hanno caricato di responsabi-lità e di speranza. Mi affido a Gesù e alla Madonna perché possa es-sere “il buon pastore che dà tutto se stesso per i suoi parrocchiani”.

Siamo all’inizio di un nuovo anno pastorale e le nostre parrocchie hanno davanti un’altra ottima possibilità per continuare il loro cam-mino di rinnovamento ecclesiale. Quali sono le condizioni perché le nostre parrocchie tornino ad incidere profondamente nel tessu-to socioculturale dei nostri tempi e a Lumezzane in particolare? Prima condizione: riscoprire la vocazione missionaria. Le nostre parrocchie non conoscono più l’ansia Kerigmatica, quella cioè del primo annuncio: Gesù è morto ed è risuscitato per noi. Il Vangelo si trasmette per contagio, non c’è altra possibilità. Questa catena che dal Cristo è arrivata fino a noi, devo e posso continuarla fino al

raggiungimento del Regno alla fine dei tempi. Una seconda condizione: guardare la struttura. Perché la comunità parrocchiale possa incidere profondamente nella re-altà socioculturale è necessario che essa sappia guardare al di sopra di sé. La parrocchia è una struttura relativa. Essa è Chiesa solo se in perfetta comunione con la diocesi e se c’è la presenza di un pastore che rende presente il vescovo. Essa è dono e grazia, non legge dettata dall’efficienza, non bisogno tattico per sfon-dare, non presa in considerazione del proverbio: “L’unione fa la forza”. Pertanto richiede il sacrificio di uscire da proprio como-do per ricercare l’intesa. Il sacrificio di rinunciare all’agilità del proprio passo per camminare al passo degli altri, perché è molto meglio fare cento metri insieme che un chilometro da solo. Ma la comunione è sempre un dono che viene da Dio, che però abbia-mo l’obbligo di accogliere e di vivere. Terza condizione: guardare il basso. Perché la parrocchia incida nella realtà socioculturale è indispensabile che sappia guardare al di sotto di sé, cioè quella micro realtà che sono i gruppi e le comunità, che garantiscono vivacità alla parrocchia.

Ripartiamo tutti insieme per diventare: “Parrocchia, comunione di comunità”.

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Il modo concreto che abbiamo di vivere la comunità è la Parrocchia. la partecipazione alla Messa, la cate-chesi per adulti e ragazzi, l’Azione Cattolica, i funerali, la vita quotidiana, l’oratorio, ci portano a vivere il Vangelo in quella porzione di terra in cui abitiamo. Per questo vi invito a partecipare generosamente ad ogni iniziativa. La vita di fede non può svilupparsi senza apprendere di più. Inoltre, desidero che i nostri oratori diventino veri “laboratori” di uomini cristiani e che i giovani di buona volontà non lascino perde-re questa occasione che il Signore offre alla loro responsabilità.

Amiamo le Parrocchie, tiriamoci su le maniche per creare veri luoghi di interiorità e di dialogo all’interno della struttura, cambiamole dal di dentro, fecondandole con la nostra preghiera e la nostra disponibilità. Lo Spirito Santo aiuti a superare ogni “pre” – giudizio sugli altri, legato al passato, alle idee politiche, a lontani comportamenti giovanili, e faccia gustare la gioia di condividere di cuore la stessa fede e il pane della fraternità. L’augurio è di vivere questo anno pastorale con spirito di vera e autentica partecipazione. Insieme è sempre meglio. Comunque!

don Riccardo Bergamaschi

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UNITA’ PASTORALE: TRA PASSATO E PRESENTE

La nostra Diocesi, dopo il condiviso orientamento emerso nel Sinodo del dicembre 2012 e la promulgazione del documento sinodale da parte del Vescovo il 4 aprile 2013, si appresta ad in-trodurre gradualmente le UP. Ciò dovrebbe favorire una migliore cooperazione tra le varie parrocchie, dato che oggi i confini sono in pratica superati dalla grande mobilità delle persone, e dovreb-be consentire di far fronte, in un certo modo, alla forte diminu-zione del numero dei preti, fenomeno che non permette più di coprire tutte le comunità e gli oratori (oltre agli altri incarichi diocesani e non) con la presenza stabile di uno o più sacerdoti nella stessa parrocchia. Ciò tocca da vicino anche Lumezzane. La prospettiva è quella di creare un’unica UP di tutta Lumezzane (già unita civilmente in un unico Comune) in cui le parrocchie gravitano sui tre centri maggiori con il coordinamento del par-roco di Pieve. Parlando con chi conta già un discreto numero di primavere, mi sento ripetere che, allora, si ritorna a com’era un tempo. Sì e no. Sì, perché i tre centri maggiori, che fino a circa settant’anni fa erano le uniche tre parrocchie (mentre Pieve fu istituita nel sec. XII, S. Apollonio nel XVI e S. Sebastino nel 1838, Fontana fu invece istituita nel 1940, Villaggio Gnutti nel 1952, Gazzolo nel 1957, Valle nel 1964), si prestano a svolgere un ruolo di coesione e sostegno (come ad esempio nella formazione dei vari collaboratori). No, perché appunto tutte le ‘sette sorelle’ rimangono canonica-mente parrocchie e perché ogni comunità è pienamente coinvolta nel contribuire alla vitalità e alla crescita non solo di sé ma dell’intera UP. Tutte sono ad ugual titolo protagoniste. Sinergia non è appiattimento, ma arricchimento reciproco. Dovremmo, se così mi posso esprimere, essere, in qualche misura, ‘imprenditori’ lungimiranti (Gesù parla di ‘amministratori’ – cfr. Lc 16) anche in campo ecclesiale, unendo l’originalità e l’intraprendenza di ciascuna comunità con la rete di condivisione e di sostegno all’interno di una mis-sione comune. Noi non abbiamo prodotti da piazzare sul mercato vincendo la concorrenza, ma qualcosa di ben più grande e prezioso: il Vangelo della vita da offrire a chiunque col contributo di tutti. Per questo, nonostante le revisioni da compiere e le necessarie modifiche da introdurre sui vari fronti per organizzare meglio le iniziative e le attività e per distribuirle armonicamente, penso che ci sia più da guadagnare che da perdere con questa nuova modalità dell’UP. Certo, ci chiede di essere meno campanilisti, senza però perde-re nulla di quanto è sentito e vissuto come originale da parte di ogni comunità e promettente dal punto di vista dell’evangelizzazione (arricchendo in tal modo anche le altre comunità), e più aperti alla condivisione e all’unione delle forze. È meglio, ad esempio, avere la possibilità di inviare un proprio figlio a fare l’espe-rienza in un’associazione o gruppo o movimento nella comunità cristiana dove tale attività c’è, piuttosto che non cogliere l’opportunità perché non è presente nella propria parrocchia. S. Paolo ci invita a gareggiare nello stimarci a vicenda (Rm 12,10) e a fuggire l’animosità (Col 3,8) e l’invidia (Gal 5,26). Ma in più oggi, come ci ha insegnato Papa Benedetto e ripete ora con insistenza Papa Francesco, la sfida più insidiosa è l’indifferenza, l’apatia nei confronti del Vangelo. L’unire le forze dovrebbe aiutarci a fare di più e meglio, non ad aspettare e a delegare. È il futuro che ci attende; non il passato da rimpiangere. Il fine è sempre l’evangelizzazione; l’UP solo uno strumento un po’ più adatto ai nuovi tempi, che dovrà essere migliorato (dato che la perfezione non è di questo mondo) col contributo saggio di tutti man mano lo si sperimenterà.

don Mario Zani

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LA MESSA E L’UNITA’ PASTORALE

Forse, prima di parlare della necessità della Messa nella vita del cristiano, sarebbe opportuno interrogarci sull’idea che ciascuno di noi ha della Chiesa.Può esserci utile allora questo breve pensiero del Card. Henri-Marie De Lubac:Non illudiamoci, mettendoci fuori dalla Chiesa, di poter ancora restare «nella comunione del Cristo». Ma ri-petiamo a noi stessi come s. Agostino: «Per vivere dello Spirito di Cristo, bisogna rimanere nel suo Corpo», e ancora: è «in proporzione a quanto si ama la Chiesa di Cristo, che si possiede lo Spirito Santo». Può darsi che molte cose, nel contesto umano della Chiesa, ci deludano. Può darsi che, senza alcuna colpa da parte nostra, noi siamo profondamente incompresi. Può darsi, infine, che nel suo stesso seno noi abbiamo a pa-tire persecuzioni. Il caso non è impossibile, benché occorra evitare di applicarlo presuntuosamente a noi stessi. Pazienza ed amoroso silenzio varranno allora più di ogni altra cosa; non avremo da temere il giudizio di coloro che non possono leggere nei cuori, e penseremo che la Chiesa non ci dona mai con tanta pienezza Gesù Cristo come quando ci offre l’occasione di essere configurati alla Sua Passione. Noi continueremo a servire con la nostra testimonianza la fede che la Chiesa non cessa di predicare (H. De Lubac, Meditazioni sulla Chiesa - 1952)

Rimanere nel Corpo di Cristo significa an-che e soprattutto che il cristianesimo non è semplicemente una somma di “individui” slegati uno dall’altro, ma una comunità di persone legate le une alle altre dalla con-sapevolezza di appartenere ad un unico Signore. Perché questa unione possa av-venire, vale da sempre quello che ha detto Gesù: “ da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri ”( Gv 13, 35) e anche “ dove sono due o tre riuniti nel mio nome, li sono io in mezzo a loro.”( Mt 18, 20) E ancora: “Ogni volta, dunque, che mangerete di questo pane e berrete di questo calice, annunziate

la morte del Signore, finché Egli venga”. ( 1 Cor 11, 26). Senza la Chiesa la nostra conoscenza di Dio sarebbe veramente povera, ognuno tenderebbe a figurarsi un dio fatto a propria immagine e somiglianza, mentre è vero il contrario. La tentazione di sempre per l’uomo è quella di sostituire il Creatore con la creatura. Chiesa significa assemblea di Dio, convocata da Dio, segno visibile di una realtà invisibile, luogo dove la salvezza si fa presente all’uomo. È a partire dal nuovo testamento che nasce una comunità suscitata dall’evento Cristo e dalla sua intenzione. Una comunità che si riunisce nel giorno della Domenica (primo giorno della settimana; inizio, non conclusione della settimana e delle sue gioie e fatiche!) per lodare e ringraziare, per ascoltare la sua Parola, per spezzare il Pane di vita. Se davvero la Chiesa rende visibile la presenza del Cristo nel mondo, allora chiunque guarda ai cristiani do-vrebbe rendersi immediatamente conto di osservare una comunità animata dall’amore verso Dio e verso il prossimo, non semplicemente una associazione filantropica dedita al bene.Mica facile oggi. Soprattutto se viene chiesto ai cristiani : “perché devi andare a messa tutte le Domeniche?”. Di solito, a parte delle lodevoli eccezioni, la risposta è: “perché è un dovere” . Potrebbe anche essere sufficiente come risposta, ma è come chiedere ad un bambino :” perché vai a scuola?” o :”perché ti lavi i denti tutte le mattine?”. Se il motivo della mia partecipazione alla Messa è legato ad una tradizione, ad una educazione, ad

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un dovere, forse non rendo affatto l’idea che la Messa è necessaria alla mia vita di cristiano. E forse, soprattutto, non ce l’ho presente tanto bene nemmeno io questa idea. I primi cristiani invece l’avevano ben presente, tanto che nel 304 i 49 martiri di Abilene, al motto di “senza domenica non possiamo vivere” si fanno uccidere piut-tosto che rinunciare alla Messa.È chiaro che se vedo la Messa come un obbligo, mi sentirò libero ogni tanto di trasgredirlo, di trovare una scusa plausibile e piena di buon senso per non andarci. Ma se ne capisco il valore, se riesco a riconoscere che è durante la Messa che trovo l’alimento e la forza per affrontare degnamente la mia vita, allora le cose possono cambiare. Chiedete ad una persona innamorata perché desidera essere accanto al suo amore e sentirete che la parola “devo farlo” non è dettata da un dovere esterno, ma è necessaria al suo vivere come lo è l’aria o il cibo.Il cristianesimo non è una dottrina, ma è una persona: Gesù Cristo. Non è una somma di precetti da seguire, ma è il seguire le orme del suo Signore. Allora, se il mio Signore mi ha detto “ fa questo, non fare quello” , e soprattutto se credo fermamente alle sue promesse di vita eterna, è necessario e indispensabile che il mio essere cristiano cresca e maturi di pari passo con la mia vita anagrafica. Dio mi chiede di avere un rapporto personale con lui, di essergli servo, amico, figlio, esattamente come lo è stato Gesù. È il cammino di tutta una vita e que-sto cammino ha bisogno di “cibo”. Il “cibo” del cristiano è la Parola di Dio e l’Eucaristia, due cose che vengono servite all’altare della Messa.Poi c’è la preghiera. La preghiera del cristiano è sia personale che comunita-ria. Se così non fosse, se cioè bastasse il livello personale, allora ognuno di noi sarebbe un corpo a parte, un singolo che magari pretende di rappresen-tare il tutto. È anche per questo motivo che il Signore ha voluto la Chiesa: non ci si salva da soli.L’unità pastorale delle nostre parrocchie dipende quindi da quanto siamo disposti a vivere secondo gli insegnamenti di Gesù, fidandoci della sua pa-rola, anche quando ci chiede di essere coerenti e responsabili. Non possiamo chiamarci suoi discepoli se dal suo insegnamento togliamo le parti che ci risultano sgradevoli o eccessivamente pretenziose. Ma questo, lo sappiamo bene, vale anche all’interno di ogni famiglia, di ogni comunità, di ogni ami-cizia. Se è l’amore a guidarci, allora sarà più facile, o comunque più soppor-tabile, superare gli ostacoli. Altrimenti la via di fuga è sempre lì, possibile, desiderabile, che si nutre dell’egoismo che di fronte alle difficoltà ci fa dire: “ma chi me lo fa fare?”.Ecco, appunto.

diacono Mauro

Dagli scritti di Carlo Carretto:Quanto sei contestabile, Chiesa. Eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto ti devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità. Nulla ho visto nel mondo di più compromesso e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello. Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure. No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te. E poi, dove andrei? A costruirne un’altra? Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che mi porto dentro. E se la costruirò sarà la mia chiesa, non più quella di Cristo. Sono ab-bastanza vecchio per capire che non sono migliore degli altri. No, non vado fuori di questa chiesa fondata sulla pietra così debole che è Pietro, perché ne fonderei un’altra su una pietra ancora più debole, che sono io. Ma poi c’è ancora un’altra cosa che forse è ancora più bella. Lo Spirito Santo, che è l’amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri. E questo è il lavoro di Cristo in noi. E questo è l’am-biente divino della chiesa. Volete voi impedire questo “far nuovi i cuori” scacciando qualcuno dall’assemblea del popolo di Dio? O volete voi, cercando altro luogo più sicuro, mettervi in pericolo di perdervi Io spirito?

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Bambino, se trovi l’aquilonedella tua fantasia

legalo con l’intelligenza del tuo cuore.vedrai sorgere giardini incantatie tua madre diventerà una pianta

che ti coprirà con le sue foglie.

Fa delle tue mani due bianche colombeche portino la pace ovunque

e l’ordine delle cose.Ma prima d’imparare a scrivere

Guardati nell’acqua del sentimento.

Alda Merini

L’anno pastorale che si apre 2013-2014 sarà per la Caritas diocesana di Brescia un anno importante: l’anno in cui spegneremo quaranta candeline.Che bello sarebbe poter dire, guardando a questi quarant’anni, siamo stati perseveranti nella carità.Tutte le volte che apriamo il nostro cuore all’amore, capiamo di essere in Dio e che Dio è in noi, è questa l’esperienza essenziale che ci sentiamo di condivide-re con tutti coloro che operano nelle Caritas parroc-chiali.L’amore cristiano è tensione, è espressione di un cuo-re e di un essere che tende a qualcosa di più grande e di più giusto di questo mondo, un amore inquieto che attende cieli e terra nuovi per consolare gli afflit-ti ed asciugare le lacrime del dolore innocente.Ecco perché quando guardiamo alle Caritas vedia-mo giardini fioriti di opere. Sono segni di consolazione e, come dice Papa Francesco: “Voi della Caritas rendete visibile la tenerezza della Chiesa.”Nulla è più visibile e teneramente sperimentabile di una carezza. Ciò è di tutta la Chiesa e di ogni cristiano. Perché allora è importante che in ogni comunità cristiana ci sia la Caritas?Perché, come ebbe a dire Paolo VI, ad essa è affidata una missione ed un servizio che partendo dal concreto del fare ricorda a ciascuno che il senso ultimo è l’amore, nel suo significato di amore verso tutti. Dedizione gratuita, lotta per il bene e la giustizia.La dove non c’è la Caritas andrebbe fondata. Lo spirito di Cristo opera perché ogni comunità cristiana sia

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sorretta da relazioni d’amore. È lo stesso spirito che infonde nel cuore di qualcuno in particolare il ministero alla carità.È importante, in questo tempo di grandi trasformazioni anche in campo ecclesiale (ad esempio l’istituzione delle Unità Pastorali) riflettere e sostare nel discernimento comunitario.Fare discernimento è cogliere i doni che ogni parrocchia porta in sé e con essi l’azione dello Spirito Santo.Da anni come Caritas diocesana siamo vicini alle parrocchie supportandole nel loro sforzo di ascolto delle povertà e nel discernere i gesti concreti che rendono visibile la speranza dono della fede in Gesù, il risorto dal Padre.La carezza della Caritas nei confronti dei più deboli e dei più fragili deve essere una carezza discreta, capil-lare, realizzata da alcuni nella comunità che hanno il compito di annunciare con la loro vita, prima che con le parole, la solidarietà e l’amicizia tra tutti.Da ultimo mi sento di dire che la presenza dei poveri in una comunità cristiana è dono per la comunità stes-sa, perché gli ultimi, i fragili, accudiscono la nostra anima rendendo presente il volto di Gesù che si nasconde tra gli ultimi per ricordarci che è Lui a ricevere tenerezza per donarci tenerezza.

diacono Giorgio

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E’ proprio di ogni donna e di ogni uomo l’innato desiderio di amare e di ricevere amore. Tale bisogno trova la sua massima realizzazione nella vita di una coppia, dove l’uomo e la donna si donano reciprocamente, totalmente, per sempre. Da tale do-nazione nasce la famiglia, istituzione che, malgrado le mutate condizioni culturali e sociali tendano a metterla in discussio-ne, continua ad essere la cellula fondamentale della società. Ma l’amore è dono di Dio e la donna e l’uomo, amandosi, si rendo-no segno e strumento di tale amore, tanto che la loro unione, voluta da Dio fin dall’inizio, viene assunta a dignità sacramen-tale da Cristo e in quanto tale è considerata dalla Chiesa via di santificazione. E’ chiara, quindi, l’importanza che riveste la vita matrimoniale e l’atto (Sacramento) che introduce ad essa e l’accompagna, per cui risulta ancor più chiara la necessità di una preparazione seria e tempestiva. Per venire incontro a tale esigenza la erigenda Unità Pastorale di Lumezzane offrirà ai fidanzati un percorso di formazione che vuol es-sere un aiuto ad una scelta responsabile, libera e fedele che dovrà essere continuamente supportata anche dopo il matrimonio con atti propri della vita coniugale e con interventi di promozione umana e di crescita spirituale.Come ricorda la ‘Familiaris Consortio’, l’itinerario formativo dei giovani fidanzati dovrà perciò prevedere: l’ap-profondimento della fede personale e la riscoperta del valore dei sacramenti e dell’esperienza di preghiera; la preparazione specifica alla vita a due “che, presentando il matrimonio come un rapporto interpersonale

dell’uomo e della donna da svilupparsi continuamente, stimoli ad approfondire i problemi della sessualità coniugale e della paternità responsabile, con le cono-scenze medico-biologiche essenziali che vi sono connesse, ed avvii alla fami-liarità con retti metodi di educazione dei figli, favorendo l’acquisizione degli elementi di base per un’ordinata conduzione della famiglia” (FC 66); la “prepara-zione all’apostolato familiare, alla fraternità e collaborazione con le altre famiglie, all’inserimento attivo in gruppi, associazioni, movimenti e iniziative che hanno per finalità il bene umano e cristiano della famiglia”(Ibid.). Compito fondamentale sarà quello aiutare i fidanzati a percepire che l’esperienza dell’amore che stanno vivendo e che sta trasformando la loro vita ha la sua radice

in Dio e può ricevere dalla fede una ricchezza che va ben al di là del fatto umano: questo sarà il punto di par-tenza per una riscoperta della fede che potrà continuare dopo il loro matrimonio. Per merito del cammino che la Chiesa ha compiuto soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, chi si sposa oggi ha a disposizione un vasto pa-trimonio di conoscenze teologiche e scientifiche per vivere con consapevolezza l’esperienza della vita coniugale e per prepararsi adeguatamente a superare i rischi a cui essa attualmente è soggetta. Siamo consapevoli che un corso prematrimoniale non consente certo un approccio completo e profondo a questo patrimonio; è tuttavia un’occasione privilegiata per avviare (o per approfondire) nella coppia un confronto che dovrà continuare in tutto l’arco di vita della famiglia. I contenuti da comunicare ai fidanzati che si preparano al matrimonio avran-no una certa completezza e coerenza, ma soprattutto saremo molto attenti che questa comunicazione sia sti-molante agli effetti di una continuità di discorso dopo il matrimonio: dovrà essere non semplicemente qualcosa che aumenta le conoscenze, ma un messaggio che coinvolga il cuore e la vita.

Elda Torcoli

PREPARARE AL MATRIMONIO CRISTIANO

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In ogni persona è inscritto il de-siderio di essere utile a qualcuno. Tale desiderio diventa più vivo quando ci sono legami affettivi: si configura come tensione a dare vita a coloro con i quali si condivide la radice dell’esistenza. Di più: poter dare vita ad altri dà la sensazione di prolungare la propria. In questa prospettiva si comprende la pratica diffusa in tutte le culture di venera-re i morti, non semplicemente con il ricordo, ma pure con qualche ge-sto che richiami vita: per es. intro-durre nella tomba cibo o monete, portare fiori sul luogo della sepol-tura, far crescere erba sui tumuli. Su questa pratica, che il cristianesimo ha incontrato nella cultura mediterranea, si è innestata la ritualità tipicamen-te cristiana, che trova nella celebrazione eucaristica il suo culmine. I giorni nei quali nella liturgia si fa memoria di un defunto non sono stati fissati dai cristiani: già i romani compivano riti in occasione del terzo, settimo, trentesimo giorno dalla morte di un parente. C’è qualcosa di ‘intercul-turale’ quando sono in questione la nascita e la morte. Il cri-stianesimo, raccogliendo un filone della tradizione ebraica, e soprattutto fondandosi sulla convinzione che Dio è il Dio della vita, ha risignificato le pratiche precedenti. Pregare per i defunti è il modo più vero, perché più attivo, per ricordarli: la semplice memoria generata dall’affetto produce rimpianto, nostalgia, forse sensi di colpa; volgersi a Dio indica che si affida a Lui l’esistenza dei propri cari poiché da Lui si attende anche il riscatto della propria debole memoria. Infatti, il no-stro ricordo non è in grado di ridare vita; consegnare a Dio nella preghiera i defunti vuol dire confessare che Egli è capa-ce di donare quella pienezza che noi desideriamo per chi abbiamo amato. E se lo facciamo con la celebrazione eucaristica è perché in essa si vive la memoria dell’azione risuscitatrice di Dio nei confronti di Gesù, e quindi si spera – nel senso forte del termine – che egli risusciterà anche coloro per i quali Gesù è morto. A questo riguardo si deve ricordare una pratica, purtroppo un po’ dimenticata, della tradizione cristiana: in occasione della messa per i propri defunti, ci si confessava e si riceveva la comunione. Era il modo per eccellenza di vi-vere attivamente il ricordo: nella unione con il Signore risorto, ci si univa anche ai propri defunti per i quali si chiedeva la vita eterna, quella che sgorga dalla fonte della vita che è Dio.

A COSA SERVE PREGARE PER I DEFUNTI?

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L’ESTATE NELL’UNITA’ PASTORALE

PENSIERI E PAROLE...

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L’estate è iniziata in Aprile! In Aprile?! Si proprio in quel periodo in cui faceva tanto freddo e non smetteva di piovere, tra Pieve e Fontana, un gruppo di circa 140 adolescenti e giovani iniziava a preparare il Grest 2013. Eh si; perché nulla nasce a caso e per rendere l’estate davvero bella c’è bisogno di tanto lavoro. Quindi il pri-mo grazie va proprio a loro: gli animatori. Ognuno ha scoperto le sue capacità, i suoi limiti, le sue specialità e si è messo in cam-po donando tempo e disponibilità. Mi piace raccontarvi una novità di quest’anno: il pro-getto “A braccia aperte”; insieme alla CVL, alcuni di noi, hanno vissuto l’esperienza di incontri di formazione per l’accompagna-mento dei ragazzi per dare la possibilità a tutti di partecipare al grest. Arriva il 17 giu-gno e 230 ragazzi più 85 animatori inizia-no, ancora una volta, l’esperienza più bella dell’estate; bambini di tutte le età che, come un corpo solo, vivono giornate insieme: pre-ghiera, gioco, laboratori anche litigi e scuse reciproche, tutto questo per crescere insieme nella grande famiglia dell’oratorio. Personalmente credo sia molto bello “far convivere” tanti bambini di età diverse in un esperienza simile. I grandi devono stare attenti ai piccoli, i piccoli guardano ai grandi e cercano di imitarli nel meglio (sperom!!) gli animatori, distribuiti nei vari gruppi, cercano ogni giorno di rendere possibile questa esperienza di insieme. Ovviamente il numero dei ragazzi è alto, alcuni disagi ci sono, ogni tanto un po’ di confusione, ma il guardarsi intorno e vedere che tanti

e tanti come me amano l’oratorio è una realtà che rende felici e direi anche orgogliosi. Ringraziamo tutti i partecipanti e, pensandoci come un vero unico corpo, ricominciamo, dopo l’estate, un nuovo anno di oratorio insieme.

don Giuseppe Baccanelli

CHE ESTATE...!!!

Ho vissuto quest’anno, per la quarta volta, il pellegrinag-gio in Terra Santa. Ho camminato dove Gesù ha vissuto la sua umanità e ha donato la sua vita in croce per noi. Questa esperienza di cammino mi ha aperto il cuore e mi ha fatto capire, una volta di più, che Gesù è proprio morto per noi e noi dobbiamo testimoniarlo agli altri. Un profondo grazie a tutti, soprattutto ai Sacerdoti, don Giuseppe e Mons. Vincen-zo. Ora i miei occhi e la mia bocca proclamano veramente la grandezza del Signore. Ora posso ribadire che il Cristo è davvero Risorto. Un grazie ancora!

Gippo

IN PELLEGRINAGGIO...!!!

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LE 9 ANIME DEL CAMPO MEDIE

“9”, un semplice numero il titolo del film di Tim Burton che quest’anno ha accompagnato il campo medie della nostra parrocchia. In questo film, uno scienziato, intuendo l’imminente fine del mondo causata dalle mac-chine create dall’uomo stesso, decide di sacrificare la propria anima e di dividerla in 9 bambole, ognuna delle quali erediterà una particolare personalità. Potremmo seguire il suo esempio, e riassumere il campo dividendo la sua essenza tra le caratteristiche delle bambole:1) Il responsabile: la buona riuscita del campo è dovuta certamente anche all’ottima organizzazione e alla ricerca di un tema così profondo da parte di Don Giuseppe, che mette sempre tutto il suo impegno e il suo spirito per organizzare questi campi.2) Il tenace: spesso ad un campo ci sono momenti nei quali si crede di non essere all’altezza della situazione, di non essere in grado di aiutare i nostri compagni o di non arrivare alla meta, ma con l’ausilio degli animatori e dei propri amici, i ragazzi sono sempre riusciti a farcela e a superare tutti gli ostacoli.3 e 4) Gli amici: Ciò che si è notato a questo campo è sicuramente la forte unione tra i ragazzi che vi hanno partecipato (20 il numero totale). Lavorare in queste condizioni è sempre piacevole, come lo è vedere che l’amicizia tra i ragazzi persista nonostante i litigi dovuti ai giochi o alle partite di calcio perse nella tradizionale edizione della partita “Ragazzi VS Animatori”.5) Il creativo: la preparazione del campo è spesso un lavoro lungo, ma non è per niente faticosa se gli animatori collaborano al meglio per inventare nuovi giochi per far divertire i ragazzi. Gli animatori di quest’anno (Fa-bio Salvinelli, Ylenia Tanghetti, Andrea Peli, Maria Vittoria Marconi, Kelly Bugatti e i seminaristi Piergiorgio Ghidinelli e Jacopo Arceri) hanno collaborato al meglio cercando di dare sempre il loro meglio per i ragazzi.6) L’oracolo: Senza l’ausilio della preghiera e del sostegno di Qualcuno che sta più in alto di noi, il campo non avrebbe sicuramente lo stesso significato. Accompagnare i giochi e gli scherzi con la fede è sempre un ottimo modo per mantenere viva la Parola tra di noi e farne capire il significato ai ragazzi.7) La coraggiosa: Un campo non potrebbe definirsi tale senza il tradizionale gioco notturno, che incute sempre certi timori tra i ragazzi. E’ stato molto piacevole notare che quest’anno tutti vi hanno partecipato, superando le loro paure grazie alla compagnia e al sostegno degli amici.8) Il forte: ognuno di noi possiede dentro di sè una grande forza, e grazie alla gita di due giorni al rifugio Torsoleto (m.s.l.m 2390), siamo stati in grado di scoprire questa nostra energia nascosta, che ci ha consentito di arrivare in cima, nonostante non credessimo fosse possibile, e di ammirare la bellezza dell’ambiente circo-stante.9) L’ultimo: anche a questo campo non potevano mancare “gli ultimi”, cioè coloro per i quali questo è stato il primo campo. I nuovi ragazzi si sono adattati velocemente ai ritmi del campo e hanno partecipato ai giochi e agli scherzi senza lamentarsi. E’ sempre bello vedere che anche nuovi ragazzi si uniscono ai tradizionali campi estivi, che ultimamente sembra stiano passando di moda tra le nuove generazioni.Il campo estivo è sempre un’esperienza fantastica, che insegna molto sia ai ragazzi, che agli animatori. Grazie a tutti per la bellissima esperienza, all’anno prossimo, sperando di essere più numerosi! E naturalmente un ringraziamento speciale alle nostre cuoche, Stella e Wilma, senza i loro gustosi pasti non avremmo avuto l’energia necessaria per tutte le nostre attività!

Kelly Bugatti

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Quest’anno, come tutti gli anni, il cam-po estivo ha lasciato in noi un segno indelebile. Il cartone animato che ha accompagnato i bambini è stato ‘Ribelle - The Brave’, che tratta di temi come liti-gio genitori-figli e coraggio, argomenti che sono stati affrontati nelle attività e nei giochi preparati in precedenza da noi animatori. Divertente è stata la se-rata di gala: i bambini, divisi in coppie, hanno dovuto affrontare nel corso del-la giornata col proprio compagno delle prove e la sera hanno indossato i loro abiti piu eleganti e, dopo aver sistemato trucco e parrucco grazie alle animatrici, hanno cenato e ultimato le prove. Tutto ciò è stato possibile anche grazie al gran numero di femmine presenti quest’an-no! Pensando al campo, tanti sono i ri-cordi che mi vengono in mente: le facce assonnate la mattina, le pulizie fatte dai ragazzi, il sudore della camminata al ri-fugio Prudenzini, le risate, i pianti, gli scherzi, le cantate... Molto è stato il la-voro che ha preceduto quest’ esperien-za: ringrazio i miei “colleghi” animatori per l’aiuto, per l’armonia che si è creata nonostante gli scontri e per le grasse ri-sate! Ringrazio i miei bambini, che mi hanno trasmesso tanto in poco tempo: vi voglio bene! Un ringraziamento spe-ciale alle cuoche: siete le migliori! E per ultimo, di numero ma sicuramente non per importanza, un grazie immenso a Don Giuseppe: guida spirituale, ma anche amico, sempre pronto ad aiutare tutti nonostante i suoi tanti impegni e la stanchezza: grazie per l’ascolto e per per avermi dato la possibilità di partecipare a quest’esperienza, la terrò sempre nel cuore. Alla prossima!

Annalaura Romeo

CAMPO ELEMENTARI: RICORDI INDELEBILI!

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LA DIOCESI DAL PAPA!Sabato 22 giugno mi sono recato a Roma con la mia Parrocchia nella Basilica di S. Pietro per un’ udienza con Papa Francesco, in ricordo di Papa Paolo VI a cin-quant’anni dalla sua ele-zione a pontefice.Alle 11 il Vescovo Lucia-no, ha celebrato la Mes-sa nella basilica, e con lui c’erano moltissimi sacerdoti bresciani oltre a mons. Giulio Sangui-neti, Vescovo emerito, e mons. Vigilio Mario Olmi, Vescovo ausiliare emerito.Al termine della Santa Messa con il Vescovo è arrivato Papa Francesco; quando è entrato, vedevo la gente tutta in piedi con un sorriso stampato sulla faccia, mentre piano piano, sul mio viso, scendevano lacrime come di gioia. Per me questo Papa ha aperto il cuore ai giovani, ha trasmesso la forza di credere e di andare contro corrente come aveva detto in un’ udienza passata.

Successivamente è iniziata l’udienza, e il Papa ha cominciato dicendoci:“Cari fratelli e sorelle della Diocesi di Brescia buongiorno!” , per me potevano già bastare queste piccole parole per far sì che sentissi veramente il Papa vicino; e subito dopo una lettera del nostro Vescovo (ricordo queste parole): “Siamo contenti, ora, di poter vedere direttamente quel papa per cui preghiamo e a cui sappiamo di essere legati da un vincolo robusto di fede. Siamo contenti, papa Francesco, perché le vogliamo bene; ma ancora di più perché sappiamo che il nostro rapporto con Gesù comprende necessariamente il legame con lei.”

Finita la lettera il Papa ha stretto con un forte abbraccio il vescovo e devo ammettere che è stata un’altra emozione forte!!

Per Papa Francesco il merito di paolo VI è stato quello di aver saputo testimoniare, in anni difficili, la fede in Cristo, mostrando che Gesù è più che mai necessario all’ uomo d’oggi, al mondo contemporaneo, perché nei deserti della città secolare, Lui ci parla di Dio, ci rivela il suo volto. Papa Paolo VI ha saputo testimonia-re: “L’ AMORE A CRISTO, L’AMORE VERSO LA CHIESA E L’AMORE PER L’UOMO.”

Per me questa è stata un’ esperienza ricca, forte e bellissima: mi ha portato molta gioia!!Un grazie a Don Giuseppe e a Don Riccardo che ci hanno permesso di vivere questa esperienza davvero intensa!

Andrea Pala

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Anche quest’anno il campo estivo adolescenti è stato a dir poco fanta-stico. 4 agosto partenza, viaggio in pullman in cui ovviamente non sono mancate le risate e arrivo con il tra-ghetto sull’isola di Prvic Sepurine. Abbiamo dormito in un ostello che si trovava al di la’ del convento che già ci aveva ospitato lo scorso anno. La spiaggia e il mare, le stradine e le case hanno dato fin da subito quella sicurezza e quella sensazione di pace che si sente a casa. Inutile dire che la compagnia è stata ottima, e anche se non sono mancate le incomprensioni, alla fine ci si ritrovava sempre a cantare insieme a squarciagola, a suonare la chitarra, a ballare, a tuffarsi dal molo e ridere a crepapelle. Un’esperienza grazie alla quale abbiamo avuto la possibilità di passare del tempo con amici e cono-scere meglio persone con cui prima scambiavamo solo qualche parola, dove i pregiudizi sono stati messi da parte e ognuno ha fatto del suo meglio per divertirsi tutti insieme. Abbiamo conosciuto anche persone del posto, al supermercato o nel convento o in piazza, parlando in inglese o gesticolando e ovviamente abbiamo anche rivisto persone già conosciute l’anno prece-dente, che si sono mostrate molto felici di reincontrarci. La mattina dopo colazione ci si ritrovava in chiesa per pregare e cantare, poi tempo libero e all’una di nuovo tutti insieme per il pranzo. Il pomeriggio solitamente ci si incontrava al molo per tuffarsi e prendere il sole o in spiaggia e alle 8 al convento per la cena. In seguito eravamo liberi e potevamo fare passeggiate sull’isola, dove ci sono state spesso feste di paese, o sederci in piazza mangiando un gelato tutti insieme o cantando con il Don e la sua chitarra. Infine, prima di an-dare a dormire, sul molo, sotto un cielo incantevole pieno di stelle ci riunivamo per fare la preghiera e salutarci a suon di musica. E’ stato riorganizzato anche il torneo di Just Dance dove abbiamo ballato e riso tutti insieme, italiani e croati e una mattina è stato possibile tornare sulla terra ferma per fare piccole spese. A distanza di qualche giorno, tornati a casa, ci si ritrova a ricordare i momenti passati insieme. Riaffiorano piccoli det-tagli, immagini, momenti divertenti di una settimana lonta-na dalla vita di tutti i giorni, lontana dalla citta’, in un’isoletta piccola ma splendida. Ci si ritrova a guardare le foto con una lacrimuccia e un senso di nostalgia così grande che sembra riportarci là, anche solo per un momento. Una vacanza che rifaremmo altre mille volte, il cui unico inconveniente è che il tempo è volato via troppo in fretta.

IN CROAZIA CON FURORE!

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EVERYBODY...CHE GREST!Come ogni anno l’estate giunge al suo epilogo, ed è arrivato il momento di fare un resoconto dell’esperienza che i nostri giovani animatori e bambini hanno vissuto in tre settimane di grest. Non nascondiamo che inizialmente le preoccupazioni erano molte, ma nonostante tutto si è riusciti a creare un gruppo unito e affiatato. Ci piace sottolineare il fatto che, più della metà degli animatori, hanno seguito con grande partecipazione il cammino che gli è stato proposto durante l’anno, sicuramente questo ha contribuito a creare e rafforzare i le-gami tra di loro.Un altro elemento importante che ha caratterizzato questo grest è stato il ricambio generazionale degli ani-matori, un passaggio fondamentale per il nostro oratorio. Questo “ricambio” è stato reso possibile solo grazie al lavoro congiunto dei giovani con maggior esperienza, che si sono messi a disposizione dei più piccoli per trasmettere loro quei trucchi che rendono l’animatore amico dei bambini. Dopo questa breve introduzione che ci sembrava doveroso fare, descriviamo brevemente il tema che ha guidato queste tre settimane di grest.In continuità dell’anno scorso dove abbiamo riempito l’estate di parole, pensando a quanto possano essere capaci di costruire relazioni buone, di dire tutto il bene che scende dall’alto per riempire il cuore e la vita di ciascuno di noi. La parola, però, non è sufficiente. La sua verità si esprime anche attraverso i gesti che il nostro CORPO può fare nella vita di ogni giorno.Prendendo spunto dal tema e dalla storia di Pico, un inventore pasticcione, abbiamo costruito diverse attività che ci hanno permesso di utilizzare il nostro corpo per realizzare lavori speciali e divertenti, ma soprattutto

colorati.I ragazzi delle medie invece hanno sperimentato attraverso un video clip l’importanza dei 5 sensi aiutando anche i più piccoli a capire come sia difficile interagire con il mondo senza di essi.Tramite la preghiera abbiamo voluto trasmettere come il corpo sia un mezzo di comunicazione per poter entrare in relazione con DIO e con gli altri.Siamo giunti alla conclusione e ci sembra doveroso ringraziare per prima cosa il nostro parroco don Riccardo e il nostro nuovo curato don Giuseppe che con pazienza ci hanno seguito e cura-to in tutto il cammino di preparazione. Un grazie ai nostri giovani animatori che hanno speso il loro tempo per mettersi a disposizione dei più piccoli e delle loro famiglie, un grazie anche a tutti i genitori che hanno creduto in noi affidandoci i loro bambini.

Paolo Ghio

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6° MEMORIAL ALEX GARAU

Joker - Dexanet1° classificata torneo

USO Aurora

Campioni provinciali CSI - Cat. Under 12

USO Aurora prima classificata

torneo notturno femminileValgobbia Zanano 1° Classificata 21°

ediz. Sit. Tampalini

Partita del Cuore vecchie glorie

e Coop. il PonteCHE SPETTACOLO!!!

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6° MEMORIAL ALEX GARAU

MEMORIAL RObERTO FERRAGLIO – CSI ORATORIO FONTANA

USO Aurora prima classificata

torneo notturno femminile

Partita del Cuore vecchie glorie

e Coop. il PonteCHE SPETTACOLO!!!

ATTENZIONE!!Il CSI Fontana informa che sono aperte

le iscrizioni per bambini e ragazzi.Per Info rivolgersi a Frenk

3355606309

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“INFERNO” DI DAN BROWN, MA IN FONDO CI SON LE STELLECriticato ed esaltato. Fatto a pezzi da molti e comprato al botteghino da tanti altri che hanno passato le ore estive, sotto l’ombrellone, a leggerne i segreti: “Inferno” di Dan Brown (Editrice Mondadori, 25 euro). E il romanzo piace e diverte. Una tipica lettura da spiaggia: capitoli brevi, con chiusura di capi-tolo che lasciano in sospeso le vicende, scrittura semplice e poi quel suo modo di costruire un thriller come una vera caccia al tesoro. L’ambientazione principale è Firenze, dove il professor Langdon si risveglia in ospedale con una forte amnesia su quanto gli è successo nei giorni precedenti: non sa perché a Firenze né come ci sia arrivato. Comincia così un thriller che assume ben presto, tipico di Brown, le tonalità della caccia al tesoro tra segreti da svelare, codici (artistici e non ) da interpretare e qualcuno a cui sfuggire. Fin qui niente di nuovo e di mai visto, in Brown o in altri che seguono lo stesso filone ma che sono ma-gari meno noti al pubblico (Steve Berry è un autore molto bravo nel genere; sue le avventure di Cotton Malone).La corsa contro il tempo a cui Langdon partecipa è legata al tentativo di impedire una pandemia di massa. Un genio della genetica, tale Zobrist, minaccia la vita sulla terra a causa della sovrappopola-zione. Il risultato, se il problema non viene affrontato, sarà l’inferno di Dante: un’umanità sofferente già qui sulla terra. Ecco quindi il legame alla prima cantica del sommo poeta e uno dei motivi per cui ci si trovi a Firenze. Il testo di Dante, la sua vita e alcune opere a lui collegate diventano gli indizi che Zobrist lascia per arrivare all’agente patogeno da lui creato. Piace, a chi conosce Dante e la Divina Commedia, così come a chi ha visitato Firenze (e non solo. Non è l’unica location…) anche se in alcu-ne descrizioni Brown sembra prendere a prestito qualche guida e scopiazzare sintesi di descrizioni di palazzi e opere, con qualche accento calcato (strani pruriti adolescenziali o strizzate d’occhio, non poco velate più avanti nel romanzo, alle “Cinquanta sfumature”) alle statue che mostrano nudità, così come non mancano attacchi poco velati e fuori luogo, in molti casi, al Vaticano (sarà anche uno dei protago-nisti a porre la domanda “cosa c’entra qui il Vaticano, quasi già l’autore si faccia autocritica). Fa un po’ sorridere immaginare il protagonista inseguito e in pericolo di morte che si ferma a riflettere su Ponte Vecchio o altro, ma nell’economia del romanzo può servire ai lettori che non conoscono bene le loca-tion per averne una infarinatura storico-culturale oltre che descrittiva. Il canovaccio è quello di Dan Brown, e da lì non si scosta, ma restano dei colpi di scena. Insomma “Inferno” si fa leggere, volentieri. Ma detto di alcuni difetti e alcuni pregi, la nuova avventura di Dan Brown è consigliata a chi ama il

genere e a chi, senza essere troppo esperto, conosce e apprezza Dante. Sta proprio qui forse l’idea più geniale quella di costruirsi, cosa non nuova per lo scrittore, una caccia al tesoro mescolando moderno e classico, contaminando Dante, Vasari, Botticelli (solo per dirne alcu-ni) con la modernità. E non è poca cosa la citazione, qua e là, dei versi danteschi. E alcuni effetti immediati si fanno sentire subito: avere arricchito editore ed autore, aver voglia di visitare Firenze e le altre location e il desiderio di leggere e conoscere meglio la “Divina commedia”. E quest’ultimo desiderio che nasce nel lettore, con un costo risicato, apre le porte del Paradiso, perché se il sommo poeta cantò dell’uomo, non fu certo per farsi odiare dagli scolari, ma perché l’uomo stesso potesse, un giorno, scoprire la profondità dell’amore, da Beatrice a quello “Che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII, 145). E se il lettore non pensa di averne bisogno, una domanda risolve il quesito: da quanto non guardi le stelle?

Mauro Toninelli

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E ALLORA...MOVIDA!

Ogni stagione ha il suo tempo. E il tempo d’estate por-ta le sue potenzia-lità, opportunità e problematicità. La questione del-la movida colpisce Brescia, così come molte altre città (a volte paesi). Si par-la ai telegiornali di droghe dello stupro, somministrate a ra-gazze inconsapevoli (?) e innocenti (?), proprio durante le feste della movida. Purtroppo poi i casi

drammatici ci sono. Ma si dimentica qualcosa di importante: il punto di vista con cui guardare alla movida. Tutte vere le osser-vazioni portate da più fronti, da chi si lamenta per l’inquinamento acustico (troppo rumore), a chi nota la grande dose di alcool bevuta, a chi ricorda l’integrità di un intero quartiere, spiaggia, zona turistica, che la mattina dopo sembra essere stato un campo di guerra, la necessità che i locali si prendano le proprie responsabilità (patente a punti) e chi giudica questi giovani come un problema. Tutto vero, ma “fa strano” come difficilmente si osservi la questione, e non problema, solo da un punto di vista repressivo. “Fa strano” come le soluzioni da adottare chiamino in causa sistemi di punizione. “Fa strano” come una delle soluzioni invocate sia la chiusura di locali. “Fa strano” che laddove qualche giova-ne si riunisca appaia sempre l’allarme rosso acceso. Insomma, “fa strano”. E allora si provi anche nel nostro piccolo, a scoprire quali sono. Anche i nostri ragazzi e giovani vanno alla movida; e ci mancherebbe! Si provi a capire le potenzialità: potenzialità immediate per un indotto economico e commerciale, potenzialità educative da spendere nell’informalità per avvicinare i giovani, potenzialità future perché dove si ritrovano delle menti che hanno voglia di fare può nascere in questa informalità forse più che in altre situazioni rigide.Da quanti caffè, pasticcerie, locali, circoli, oratori, è nato il futuro. Quanti gruppi di amici hanno dato vita attorno ad un bicchiere di vino e un sigaro a progetti che hanno coinvolto il paese, l’Italia e non solo. Ma si parte da un punto di vista diverso, di fiducia, di educazione, legati anche a qualche disagio. La movida è il luogo in cui i giovani si ritrovano, e dove ci sono i giovani c’è energia, potenzialità e allo stesso tempo problematicità. Spesso è un po’ come camminare su una corda sospesa, ma l’energia per non cadere è tutta lì. A noi, alla società, agli adulti, agli educatori, agli oratori, alla scuola la possibilità di aiutarli, bastonarli, richiamarli o assecondarli ma sempre con fiducia. A loro resta la sfida più grossa: riempire il tempo di questa stagione della vita di sogni e non di allucinazioni. La differenza è tanta. E il futuro sarà un tempo.

Mauro Toninelli

“Fa strano” che il punto di vista sia solo problematico e la posizione repressiva.

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A DUE A DUE!Per chi, contrariamente al sottoscritto, ha esperienze di cordate su un ghiacciaio, è scontato pensare che non si può effettuare alcun passaggio da solo. E’ meglio, anzi, assolutamente consigliabile, essere almeno in due.Ma anche chi è abituato a pedalare in sella alla propria bici, vedi i tanti appassionati che s’incontrano sulle no-stre strade, sa bene che, quando si va in fuga per raggiungere il traguardo, non è bene essere da soli: il vento e la fatica è tutto a carico del fuggitivo e le speranze di arrivare sono, spesso, poche. In due, magari che si “danno il cambio” e che “vanno d’accordo”, lo sforzo è equamente diviso e l’impre-sa di lasciarsi il gruppo alle spalle diventa accessibile.E così, in tanti ambiti della nostra vita: sul lavoro, a scuola, in famiglia… Checché se ne dica, essere da soli, ad un certo punto, diventa pesante.Anche Gesù, come ci narra l’evangelista Luca, potrebbe aver pensato la stessa cosa: «Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). Perché ? Forse perché in due ci si può incoraggiare a vicenda, soprattutto quando il messaggio da comunicare è nuovo e destabilizzante. Forse perché, essendo in due, uno può correggere l’altro nel caso in cui ci si possa sbagliare. Forse perché la carità si manifesta quando si è in due, non quando si è da soli. O anche perché, in due, la Sua presenza è garantita, e rende più sicuro il passo dei discepoli.Anche le prime opere di evangelizzazione ci parlano spesso di coppia (Paolo e Barnaba, Giuda e Sila, ed in seguito Cirillo e Metodio…).Venendo a noi…L’unità pastorale parla al plurale. Sì, come per chi corre in bicicletta o affronta il passaggio di un ghiacciaio, an-che per le nostre parrocchie non è più tempo di rima-nere da soli: il vento spesso è contrario (superficialità, indifferenza, egoismo aleggiano su di noi e sul nostro cammino di fede), la fatica si fa sentire. Occorre essere insieme, camminare insieme, vivere in-sieme, nello stile che proprio Gesù ci ha suggerito. In-sieme nell’affrontare le necessità dei più deboli, nel por-gere la mano a chi bussa alla nostra porta, nel gioire per le bellezze che il Signore ci dona.Il bollettino parrocchiale non vuole altro che essere un limitato ma genuino strumento per fare ciò. Si parlerà della vita buona del Vangelo nelle nostre realtà di Pieve e Fontana, ci si potrà confrontare su temi a noi vicini, ci accompagnerà, nella maniera più esaustiva possibile, all’inizio di questo cammino. Insieme.A tutti l’invito a contribuire alla vita di questo strumen-to, ritenuto importante da Don Riccardo e dai consigli pastorali: ogni gruppo, ogni persona può scrivere belle pagine, che possano restare impresse negli anni, e, so-prattutto, possano contribuire alla crescita nella fede e nella carità delle nostre comunità.

Angelo Compagnoni

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“ON AIR” CON LA RADIO PARROCCHIALE

“Amo la radio perchè arriva dalla gente entra nelle case

e ci parla direttamente e se una radio è libera ma libera veramente mi piace ancor di più

perché libera la mente.”

Cantava così Eugenio Finardi in una nota canzone del 1976. La radio , così “antica” ma sempre al passo con i tempi. Le nostre parrocchie, lo abbiamo già detto e stradetto, stanno vivendo un momento pastorale e spirituale davvero unico. L’avvento dell’unità pastorale sta donando a tutti i parrocchiani di Pieve-Fontana spunti di riflessione, momenti comunitari di preghiera e dialogo. In un contesto così particolare diventa sempre di più vitale importanza la comunicazione e la partecipazione di tutti. Per questo, oltre al bollet-tino parrocchiale e alle pagine Facebook degli oratori, vogliamo rispolverare la cara e vecchia radio. Ad oggi questo strumento nella nostra parrocchia è utilizzato solamente per trasmettere le Sante Messe. La radio par-rocchiale, che rientra nel circuito ECZ (emittente cattolica zonale) InBlu, può utilizzare fasce giornaliere prestabilite per andare “on air” con programmi personalizzati rispetto a quelli indicati nel palinsesto di Radio ECZ…InBlu, emit-tente diocesana con sede a Castenedolo.

La nostra parrocchia, che è socia della radio contribuendo con una tassa annua, è decisa a migliorare e a rendere ancor più piacevole questo servizio attraverso appuntamenti settimanali dedicati ai ragazzi, allo sport oratoriano e di tutto ciò che rende viva e speciale la nostra comunità.

Per realizzare questo piccolo ma importante progetto in chiave pasto-rale bisogna avere costanza e voglia di fare. Per questo le porte dei no-stri studi sono aperte a tutti coloro che voglio darci una mano e diven-tare protagonisti sulle nostre frequenze!

Per qualsiasi informazione non esitate a contattarci sulla pagina Face-book di “Radio Studio Pieve”.

Alessio Andreoli

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Martedì 10 settembre alle ore 20.30 presso l’oratorio di Fontana,“Due passi avanti - Tracce di vita di Virginio Caldera”

Serata di presentazione e incontro con l’autrice: saranno presenti insieme a Fiorella anche le associazioni e i gruppi che sono nati sulla spinta di Virginio Caldera.

“Una favola africana racconta che durante un incendio della foresta, mentre tutti gli uomini fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d’acqua nel becco. “cosa credi di fare?” gli chiese il Leone. “vado a spegnere l’incendio!” rispose il colibrì. “Con una goccia d’acqua?” disse il leone con un sorriso irrisorio. E il colibrì, proseguendo il suo volo, rispose: “io faccio la mia parte!”.Con questa semplice storiella, l’autrice del libro Fiorella Elmetti coglie a pieno il significato e la vita di Caldera Virginio, un uomo che con la sua fede, la sua volontà, la sua semplicità, la sua lungimiranza, quel suo essere “due passi avanti”, ha saputo portare la “goccia” che ha dato vita a realtà importanti nella nostra comunità lumezzanese.Si ricorda che il ricavato del libro verrà devoluto alla Cooperativa Sociale CVL.

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UNITA’ PASTORALE Parrocchie S. Giovanni Battista PIEVE e S. Rocco FONTANA

FESTE PATRONALI DI S. ROCCO - FONTANAPROGRAMMA LITURGICO:

MARTEDI 10 SETTEMBRE ORE 20:00: Presentazione del libro: “DUE PASSI AVANTI” della nostra catechista FIORELLA ELMETTI,

presso il salone dell’oratorio di Fontana 

GIOVEDI 12 SETTEMBRE: ORE 20:00: Assemblea parrocchiale per l’unità pastorale presso teatro “Lux” Pieve  VENERDI 13 SETTEMBRE ORE 20:00: Liturgia Penitenziale e S. Confessioni SABATO 14 SETTEMBRE ORE 19:00: S.Messa DOMENICA 15 SETTEMBRE: ORE 08:00: S. Messa ORE 10:30: S. Messa Solenne (dopo la S. Messa, si raccoglieranno le iscrizioni al catechismo e al CSI). ORE 18:45: S. Vespri ORE 19.00: S. Messa LUNEDI 16 SETTEMBRE: ORE 10:30 S. Messa concelebrata dai sacerdoti della zona pastorale e presieduta da Don Italo Lombardi  ORE 19:30: Processione con la statua di S. Rocco (partenza dal Santello di Renzo) con la partecipazione

della banda di Lumezzane S.Apollonio. 

PROGRAMMA FOLKLORISTICO:

VENERDI 13 SETTEMBRE:ORE 21.00: SERATA DANZANTE CON GINO DE GONZALES SABATO 14 SETTEMBRE:ORE 20.30: ESIBIZIONE DEL GRUPPO “DIVERTIMENTO LATINO” DI PONTE S. MARCO ORE 21.00: SI BALLA CON L’ORCHESTRA SPETTACOLO LUCA FANTI DOMENICA 15 SETTEMBRE:ORE 21.00: SERATA CON IL COMPLESSO MAX DEL FIORE LUNEDI 16 SETTMEBRE:ORE 21.00: BALLO CON IL COMPLESSO DANIELA TECNICOLOR E MARIO ORE 22.30 ESTRAZIONE LOTTERIA

Nei giorni di festa funzionerà lo stand gastronomico. VI ASPETTIAMO NUMEROSI