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Anno II No. 8 Agosto 2011 ISSN 2039-814X Registro Tumori Umbro di Popolazione Registro Nominativo delle Cause di Morte Registro Regionale dei Mesoteliomi Direttore: Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci Dipartimento di Specialità Medico- Chirurgiche e Sanità pubblica. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza I tumori della tiroide Efisio Puxeddu, Serena Romagnoli, Renato Colella, Gioia Calagreti, Francesca Cioccoloni, Susanna Ferroni Fabrizio Stracci, Fortunato Bianconi, Francesco La Rosa Parte I Epidemiologia e fattori di rischio pag. 1 Bibliografia pag. 9 Parte II Anatomia patologica pag. 11 Bibliografia pag. 13 Management clinico pag. 14 Bibliografia pag. 23 I registri tumori regionali: stato dell’arte III Corso di aggiornamento interdisciplinare “Progetto mesotelioma pleurico". Foligno 18 giugno 2011. Fabrizio Stracci pag 29 CancerStat Umbria

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Anno II No. 8

Agosto 2011 ISSN 2039-814X

Registro Tumori Umbro di Popolazione

Registro Nominativo delle Cause di Morte

Registro Regionale dei Mesoteliomi

Direttore: Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci

Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche e Sanità pubblica. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia.

Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza

I tumori della tiroide Efisio Puxeddu, Serena Romagnoli,

Renato Colella, Gioia Calagreti,

Francesca Cioccoloni, Susanna Ferroni

Fabrizio Stracci, Fortunato Bianconi,

Francesco La Rosa

Parte I

Epidemiologia e fattori di rischio pag. 1

Bibliografia pag. 9

Parte II

Anatomia patologica pag. 11

Bibliografia pag. 13

Management clinico pag. 14

Bibliografia pag. 23

I registri tumori regionali:

stato dell’arte

III Corso di aggiornamento interdisciplinare “Progetto

mesotelioma pleurico". Foligno 18 giugno 2011.

Fabrizio Stracci pag 29

CancerStat Umbria

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8

Anno II No. 8, Agosto 2011 ISSN 2039-814X Codice CINECA-ANCE E205269

Pubblicato da:

Registro Tumori Umbro di Popolazione Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche e Sanità Pubblica. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Via del Giochetto 06100 Perugia

Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366 Fax: +39.075.585.7317 Email: [email protected]

URL: www.rtup.unipg.it

Registro Tumori Umbro di Popolazione

Registro Nominativo delle Cause di Morte

Registro Regionale dei Mesoteliomi

Direttore: Francesco La Rosa

Coordinatore: Fabrizio Stracci

Collaboratori: Anna Maria Petrinelli Daniela Costarelli Fortunato Bianconi Valerio Brunori Daniela D’Alò Silvia Leite Cinzia Santucci Francesco Spano

Segreteria: Luisa Bisello

Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza Emilio Duca Paola Casucci Marcello Catanelli Mariadonata Giaimo

CancerStat Umbria

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8

I TUMORI DELLA TIROIDE

I tumori della tiroide

Efisio Puxeddu1, Serena Romagnoli

1, Renato Colella

2, Gioia

Calagreti3, Francesca Cioccoloni

3, Susanna Ferroni

3,

Fabrizio Stracci4, Fortunato Bianconi

4, Francesco La Rosa

4

1 Dipartimento di Medicina interna,Università di Perugia 2 Anatomia e Istologia patologica. Azienda Ospedaliera di Perugia

3 Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva,

Università di Perugia

4 Registro Tumori Umbro di Popolazione, Dipartimento di Specialità

medico-chirurgiche e Sanità pubblica, Università di Perugia

Parte I EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

Gioia Calagreti, Francesca Cioccoloni, Susanna Ferroni

Fabrizio Stracci, Fortunato Bianconi, Francesco La Rosa

Diversi studi internazionali di recente pubblicazione hanno documentato, sia in Europa che in altri continenti, un aumento dell’incidenza del tumore maligno tiroideo negli ultimi due decenni, mentre per la mortalità l’andamento risulta stabile [1-3]. I dati italiani provenienti dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) confermano un aumento delle diagnosi di cancro della tiroide, particolarmente evidente fra le donne, ma ugualmente presente in modo significativo in entrambi i sessi (cambiamento medio annuo percentuale dei tassi: APC incidenza maschi 1998-2001, +10,0; APC incidenza maschi 2001-2005, + 4,2; APC incidenza femmine 1998-2005, +7,1). L’attuale trend di incidenza è caratterizzato da un incremento statisticamente significativo sia nei maschi che nelle femmine, più evidente nella fascia di età 50-69. La mortalità è caratterizzata in entrambi i sessi da riduzioni non significative (APC mortalità maschi 1998-2005, -0,9; APC mortalità femmine 1998-2005, -3,4).

Il trend di incidenza è relativamente omogeneo nel Paese, allo stesso modo della mortalità [4]. Sulla base dei dati dei registri tumori italiani si stima che in Italia nel sesso femminile il cancro tiroideo sia ormai il IV tumore in termini di prevalenza [5-6]. Al 1° gennaio 2006 in Italia, si stimava in 81.131 persone, di cui 17.958 maschi e 63.173 femmine (5%) il numero delle persone presenti che avevano avuto una diagnosi della tiroide nel corso della vita; questo numero di casi prevalenti corrisponde ad un rapporto di prevalenza di circa 143 casi ogni 100.000 abitanti. Come emerge da numerosi studi, il sesso e l’età rappresentano importanti fattori di variabilità per l’incidenza dei tumori tiroidei [6]. La prevalenza di tali tumori risulta, infatti, quasi doppia nelle donne delle classi di età intermedie (fascia tra 45-74 anni, oltre 350/100.000) rispetto alle più anziane (211/10.000). Un pattern analogo emerge nel sesso maschile, anche se con livelli di prevalenza molto inferiori (oltre 100/100.000 nelle classi de età 45-59 e 60-74 e 99/100.000 nei soggetti di oltre 75 anni). Il

I TUMORI DELLA TIROIDE

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rapporto fra i casi prevalenti nelle femmine e nei maschi è sempre maggiore di 3, tranne nella classe over 75 in cui, comunque, si mantiene maggiore di 2 [4]. Andamenti temporali dell’incidenza e della

mortalità in Umbria

Il trend umbro è sovrapponibile al quadro epidemiologico italiano. Nel primo anno di attività del Registro Tumori Umbro di Popolazione (1994) i casi incidenti di carcinoma tiroideo diagnosticati sono stati 32, di cui 12 nel sesso maschile e 20 nel sesso femminile, mentre le morti per tale patologia sono state 4, di cui 2 nei maschi e 2 nelle femmine. Nel 2008 si sono invece registrati 122 nuovi casi di cancro della tiroide di cui 35 nei maschi e 87 nelle femmine, mentre il numero di morti è stato di 9 (3 maschi e 6 femmine) [7]. Sebbene il cancro della tiroide sia abbastanza raro, nella Regione Umbria in seguito dell’aumento dell’incidenza è diventato l’ottavo tumore maligno nel sesso femminile [8]. I dati del Registro Tumori Umbro di Popolazione, relativi al carcinoma tiroideo e riferiti al periodo 1994-2008, sono stati analizzati mediate modelli di regressione joinpoint (figura 1 e figura 2).

Figura 1. Incidenza e mortalità per cancro della tiroide nei maschi (cerchio: tasso osservato di incidenza; linea continua: trend stimato di incidenza; rombo: tasso osservato di mortalità; linea tratteggiata: trend stimato di mortalità). Standard: popolazione italiana 2001.

Figura 2. Incidenza e mortalità per cancro della tiroide nelle femmine (cerchio: tasso osservato di incidenza; linea continua: trend stimato di incidenza; rombo: tasso osservato di mortalità; linea tratteggiata: trend stimato di

mortalità). Standard: popolazione italiana 2001.

In Umbria l’attuale trend temporale dell’incidenza è in aumento statisticamente non significativo sia nei maschi che nelle femmine, anche se in misura più spiccata in queste ultime; in entrambi i sessi l’APC della mortalità non varia in modo significativo. Dall’analisi di periodo 2004-2008 si osserva che il tasso standardizzato di incidenza è 6.3 casi per 100.000 abitanti nei maschi e 16.2 casi per 100.000 abitanti nelle femmine, mentre il tasso standardizzato di mortalità è 1 caso ogni 100.000 abitanti nei maschi e 1 caso ogni 100.000 abitanti nelle femmine (tabelle 1 e 2) [7]. Il cancro della tiroide è quindi più frequente nel sesso femminile in un rapporto F/M di circa 3/1. La diagnosi di tumore della tiroide risulta rara in età pediatrica e diviene più frequente con l’avanzare dell’età (figure 3-5): in Umbria per il periodo 2004-2008 la fascia di età più rappresentata è compresa fra i 55-59 anni per il sesso femminile e fra i 65-69 anni per il sesso maschile. In età avanzata l’incidenza di malattia torna a ridursi.

I TUMORI DELLA TIROIDE

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Tabella 1. Numero totale nuovi casi, tassi grezzi e standardizzati di incidenza e mortalità del cancro della tiroide, periodi 1978-1982, 1994-1998; 2004-2008; maschi.

Anni di

riferimento

Incidenza

N. Tot.

nuovi casi

Tasso

grezzo

Tasso

stand.(*)

1978-1982

1994-1998

2004-2008

27

80

141

1.3

4.1

6.7

1.0

3.7

6.3

Anni di

riferimento

Mortalità

N. Tot.

morti

Tasso

grezzo

Tasso

stand.(*)

1978-1982

1994-1998

2004-2008

11

17

19

0.5

0.9

0.9

0.6

1.2

1.0

(*) popolazione standard italiana m+f censimento 2001

Tabella 2. Numero totale nuovi casi, tassi grezzi e standardizzati di incidenza e mortalità del cancro della tiroide, periodi 1978-1982, 1994-1998; 2004-2008; femmine.

Anni di

riferimento

Incidenza

N. Tot.

nuovi casi

Tasso

grezzo

Tasso

stand.(*)

1978-1982

1994-1998

2004-2008

69

205

378

3.3

9.7

16.8

2.7

9.5

16.2

Anni di

riferimento

Mortalità

N. Tot.

morti

Tasso

grezzo

Tasso

stand.(*)

1978-1982

1994-1998

2004-2008

31

24

31

1.1

1.1

1.4

1.7

1.0

1.0

(*) popolazione standard italiana m+f censimento 2001

Figura 3. Tasso di incidenza cancro della tiroide

1994-1998, maschi e femmine, Regione Umbria

Figura 4. Tasso di incidenza cancro della tiroide

1999-2003, maschi e femmine, Regione Umbria

Figura 5. Tasso di incidenza cancro della tiroide

2004-2008, maschi e femmine, Regione Umbria

I TUMORI DELLA TIROIDE

4

Commento

L’incidenza del cancro della tiroide è in aumento nella gran parte delle aree geografiche dove esistono registri tumori [1-3]. Molti studi internazionali sono concordi nell’attribuire l’aumento dell’incidenza del cancro della tiroide, all’incremento nell’utilizzo di tecniche diagnostiche, le quali sono in grado di individuare tumori di piccole dimensioni; l’esistenza di un serbatoio rilevante di lesioni asintomatiche non evolutive nella popolazione generale, e in particolare nell’età avanzata, era stato evidenziato da tempo da studi autoptici [9-11]. L’ecografia tiroidea e la diagnosi citologica delle lesioni nodulari mediante ago sottile, hanno portato alla diagnosi di un elevato numero di microcarcinomi papillari, che sono tra tumori tiroidei maligni più frequenti [1-3]. Tuttavia non è escluso che all’incremento di incidenza possa contribuire in alcune aree l’esposizione a fattori di rischio non identificati con sicurezza [12]. Tra le ipotesi formulate possiamo citare l’aumento dell’esposizione a radiazioni ionizzanti [13], la diffusione dell’obesità [14], l’esposizione crescente a sostanze che interferiscono con la regolazione endocrina [15]. Il miglioramento delle tecniche diagnostiche per la tiroide si è tradotto in un intervento sanitario che potremmo definire screening non intenzionale (incidentale), responsabile di sovradiagnosi e sovra trattamento, a fronte di un’efficacia incerta in termini di riduzione della mortalità [16]. In Umbria, in effetti, la mortalità è sostanzialmente stabile, nonostante l’incidenza in aumento. É importante sottolineare che, in generale, per la bassa letalità del cancro della tiroide, che è responsabile di una quota assai ridotta della mortalità oncologica, e per il rischio importante di sovra diagnosi [17], non vi sono indicazioni ad uno screening opportunistico e,

men che meno, organizzato per il cancro della tiroide.

EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

La genesi dei tumori della tiroide sembra derivare da una complessa interazione tra fattori genetici ed ambientali in soggetti a rischio. La multifattorialità è stata evidenziata da numerosi studi epidemiologici, che hanno individuato come principali fattori di rischio:

� familiarità per carcinoma tiroideo (presenza di neoplasia tiroidea in almeno due consanguinei di primo grado)

� precedente esposizione a radiazioni ionizzanti sia terapeutica che accidentale (incidenti nucleari, irradiazione esterna della regione del collo, soprattutto in età infantile);

� preesistente patologia tiroidea benigna; � fattori endocrini e gravidanze; � massa corporea; � deficit e apporto alimentare di iodio;

� altri fattori legati all’alimentazione e all’ambiente.

Familiarità e fattori genetici

In circa il 3-5% dei pazienti affetti da carcinoma tiroideo è possibile riscontrare un’anamnesi familiare positiva per neoplasie della tiroide nei parenti di primo grado. La trasmissione sembra essere di tipo autosomico dominante a penetranza incompleta. In questi soggetti [18] l’aggressività del tumore è maggiore rispetto a quella osservata nella popolazione generale; si registra un’elevata frequenza di multifocalità ed un più elevato tasso di recidiva rispetto ai soggetti con carcinoma tiroideo papillare sporadico. Generalmente risultano affetti da patologia cancerosa tiroidea 2 familiari, raramente 3, mentre gli altri possono essere affetti da patologia tiroidea benigna, anche se questa associazione non è stata ancora ben definita.

I TUMORI DELLA TIROIDE

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In uno studio condotto dal registro tumori dello Utah (USA) al fine di studiare il rischio di un qualsiasi tipo di cancro in parenti di primo grado di un soggetto affetto, su 28 tipi di cancro analizzati, il rischio maggiore è stato osservato per il carcinoma differenziato della tiroide (8,6%). La trasmissione risulta essere di tipo autosomico-dominante a penetranza incompleta. Probabilmente, tale predisposizione è legata a geni frequenti nella popolazione generale, ma con debole penetranza, che non sono ancora stati identificati. I fattori genetici sono certamente responsabili della familiarità in alcune sindromi familiari associate ad un’elevata prevalenza di patologia nodulare tiroidea e carcinoma tiroideo (tabella 3). Tabella 3. Patologia nodulare tiroidea benigna e

maligna in sindromi familiari

SINDROMI

GENETICHE LOCUS

NODULI

TIROIDEI

Benigni Maligni

1 Poliposi

adenomatosa

del colon

(FAP)

5q21 n.d. 0,3-1%

2 Sindrome di

Cowden 10q22-23 60% 7%

3 Neoplasia

endocrina

multipla tipo 1

(MEN1)

11q13 25% n.d.

4 Ataxia-

Teleangectasia 11q22-23

riportati solo

occasionalmente

5 Sindrome di

Peutz-Jeghers 19p

riportati solo

occasionalmente

Nella poliposi familiare del colon, il rischio di sviluppare il carcinoma papillare della tiroide, in particolare la variante cribriforme [19], è circa 100 volte più elevato rispetto al rischio osservato nella popolazione generale [20]. I

soggetti di sesso femminile e di età inferiore a 35 anni sono più frequentemente colpiti ed il carcinoma presenta particolari caratteristiche istologiche: frequente multicentricità, associazione di aspetti papillari classici con aspetti solidi e a cellule fusate. Nella malattia di Cowden, malattia autosomica dominante con amartomi multipli, il rischio di carcinoma papillare o follicolare della tiroide risulta più elevato rispetto al rischio osservato nella popolazione generale. Precedente esposizione a radiazioni

ionizzanti

La precedente esposizione a radiazioni ionizzanti ha un ruolo accertato nella carcinogenesi tiroidea fin dal 1950, dopo l’esplosione delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki in Giappone. In seguito, numerosi studi condotti in Ucraina dopo il disastro di Chernobyl, hanno dimostrato un aumento d’incidenza di neoplasie tiroidee nei soggetti che, al momento dell’esplosione nucleare, avevano un’età compresa tra 5 mesi e 10 anni [21-22]. L’età media alla diagnosi del carcinoma tiroideo era di 14 anni, con nessuna sostanziale differenza in termini di incidenza tra maschi e femmine. Gli istotipi più frequenti erano le varianti solida e follicolare del carcinoma tiroideo papillare. Al momento della diagnosi, la malattia si trovava in uno stadio già avanzato presentandosi con metastasi linfonodali e polmonari con una frequenza maggiore rispetto alla media e presentava un comportamento biologico più aggressivo; inoltre, era più usuale il riscontro della neoplasia in associazione con tiroidite autoimmune. A 25 anni dall’incidente il rischio di cancro tiroideo per i residenti nell’area di Chernobyl al momento dell'incidente non si è ancora ridotto. Uno studio pubblicato dalla rivista Environmental Health Perspectives nel marzo

I TUMORI DELLA TIROIDE

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2011 da Brenner AV et al. [23], ha dimostrato che la probabilità che si sviluppi oggi il cancro della tiroide, è ancora uguale ai giorni successivi al disastro. Lo studio, condotto dal National Institute of Health americano, ha esaminato 12.500 persone che avevano meno di 18 anni al momento dell'incidente, misurando due mesi dopo i livelli di Iodio-131 nella loro tiroide. Nei 22 anni successivi 65 persone hanno avuto una diagnosi di cancro alla tiroide, e la probabilità è risultata doppia per ogni gray (unità di radiazione assorbita) misurato nei pazienti. In soggetti sottoposti a radioterapia in età pediatrica per neoplasie solide o ematologiche, come il linfoma o le leucemie, è nota l’aumentata incidenza di patologia tiroidea, in particolare del carcinoma della tiroide, rispetto a soggetti di pari età non sottoposti a tali interventi terapeutici [24-25]. E’ interessante sottolineare che i meccanismi eziopatogenetici delle neoplasie tiroidee insorte nei soggetti sottoposti a radiazioni ionizzanti differiscono da quelli osservati negli altri soggetti. Di fatto, negli studi di biologia molecolare condotti sui carcinomi papillari tiroidei sporadici, le mutazioni più frequentemente riscontrate sono state quelle a carico dell'oncogene BRAF (29-88% dei casi) ed in minor misura di RAS (0-16% dei casi), mentre nei carcinomi papillari dei pazienti esposti a radiazioni è stata dimostrata un'alta prevalenza (fino all’80% dei casi) di alterazioni cromosomiche risultanti in riarrangiamenti dell'oncogene RET, noti come RET/PTC. Poiché le cellule follicolari tiroidee di pazienti con tiroidite cronica autoimmune presentano spesso riarrangiamenti RET/PTC o RET- Trk, tale condizione è stata analogamente indicata come fattore di rischio per lo sviluppo del carcinoma papillare tiroideo [26].

Storia precedente di patologia tiroidea

benigna

Numerosi studi hanno dimostrato una maggior frequenza di carcinoma tiroideo in soggetti affetti da nodulo tiroideo benigno e, anche se in misura minore, da gozzo. Questa associazione fa sospettare, ma non dà alcuna prova certa, dell’esistenza di fattori eziologici comuni. Non esiste inoltre, alcuna differenza del tasso di malignità tra noduli singoli o multipli. Diversi studi hanno rilevato un’incidenza di noduli maligni più elevata (dallo 0,4% al 9,8%) in alcune serie di soggetti affetti da Morbo di Basedow [27-28], con un rischio maggiore per quei soggetti che presentavano noduli palpabili o rilevati attraverso esami strumentali ultrasonografici o scintigrafici, rispetto a quelli con gozzo diffuso non nodulare. Inoltre, i tumori insorti nei pazienti con Morbo di Basedow sembrano avere un’evoluzione clinica più aggressiva [29]. I casi di cancro insorti in pazienti con gozzo congenito da disormonogenesi hanno suggerito un ruolo del TSH ed in particolare della prolungata stimolazione come elementi favorenti lo sviluppo del carcinoma tiroideo. Fattori endocrini e gravidanze

Diverso è il rapporto di incidenza tra femmine e maschi a seconda del periodo di vita in cui insorge il tumore: nelle donne in età fertile, tale rapporto è circa 2-4:1 e si riduce a 1.5:1 in età pre-pubere e in menopausa. Nelle femmine sono stati osservati valori di TSH maggiori rispetto ai maschi, forse per la più frequente occorrenza di tiroiditi o per ragioni ancora non molto chiare, e pare che sia questa evenienza a condizionare la maggiore frequenza delle neoplasie tiroidee nelle donne [30-31]. In gravidanza, è frequente la diagnosi di gozzo o di noduli tiroidei e può verificarsi un aumento di volume della tiroide e dei noduli.

I TUMORI DELLA TIROIDE

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Per tale motivo, è stato ipotizzato il ruolo dei fattori ormonali o dei fattori legati alla gravidanza nella patogenesi del carcinoma tiroideo [32]. Non è chiaro il motivo della predominanza di tale patologia nel sesso femminile, anche se sono state descritte molte associazioni: un rischio lievemente superiore sembra essere nelle donne affette da cisti ovariche, con menopausa tardiva, pluripare e con età avanzata al primo parto, con aborti spontanei o deficit di progesterone, mentre sembra quasi giocare un ruolo protettivo un menarca precoce seguito da cicli di ritorno regolari [33]. In donne di età inferiore a 35 anni, sottoposte a terapia radiante nella regione del collo in età infantile, il rischio di cancro della tiroide aumenta con l’aumentare del numero di gravidanze. Non sembrano invece incidere eventuali terapie contraccettive a base di estroprogestinici o la terapia ormonale sostitutiva per le donne in menopausa [34]. Non è chiara l’associazione tra malattie tiroidee e il carcinoma della mammella; tale associazione potrebbe essere imputabile a fattori ormonali. Osservando questi aspetti epidemiologici, è stato approfondito il ruolo dell’espressione dei recettori degli ormoni steroidei nel tessuto tiroideo normale e tumorale. L’espressione dei recettori del progesterone e degli estrogeni è variabile, ma comunque più significativa nei soggetti giovani. Se i recettori estrogenici sono espressi sia nel tessuto sano che tumorale, non lo sono il recettore per il testosterone e il diidrotestosterone che risultano assenti nel tessuto tumorale. Un’azione diretta del testosterone sul tessuto tiroideo è stata ipotizzata sulla base dell’osservazione del rischio di cancro tiroideo radioindotto, in studi sperimentali nel ratto maschio: il rischio di cancro era minore se la cavia veniva castrata prima dell’irradiazione,

mentre aumentava nelle cavie castrate se prima dell’irradiazione veniva iniettato testosterone.

Massa corporea

Alcuni studi caso-controllo hanno dimostrato un aumento del rischio di carcinoma tiroideo in pazienti con elevato BMI (Body Mass Index) [35]. Il rischio sarebbe aumentato di 5 volte negli uomini e di 2 volte nelle donne obese (> 97° percentile), rispetto al rischio osservato nei soggetti con peso <3° percentile. Nelle donne (specie in epoca post-menopausale) un aumento di peso >14% sembra correlarsi positivamente con l’insorgenza del carcinoma tiroideo.

Fattori dietetici

Deficit e apporto alimentare di iodio

È stato dimostrato che la carenza iodica provoca un aumento della secrezione ipofisaria del TSH che si comporta quale fattore di crescita per le cellule epiteliali tiroidee, promuovendo i processi di tumorigenesi nei pazienti geneticamente predisposti. Nelle zone a carenza iodica si osserva una maggiore incidenza di noduli tiroidei e quindi di carcinomi tiroidei in termini assoluti. Tuttavia, se si corregge per il maggior numero di noduli, la percentuale di carcinomi nell’ambito dei noduli tiroidei è simile a quella che si riscontra nelle aree a normale apporto alimentare di iodio. Gli istotipi sono diversamente rappresentati proprio in base all’apporto di iodio alimentare: se l’apporto è sufficiente, più dell’80% dei tumori è rappresentato dal carcinoma papillare, mentre nelle aree a carenza iodica sono più frequenti gli istotipi follicolare ed anaplastico (frequenza circa 2-3 volte superiore rispetto a quella osservata nelle aree con adeguato apporto iodico) [36].

I TUMORI DELLA TIROIDE

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Alimenti di derivazione animale

L’uso di burro, formaggi, amidi, olio di fegato di pesce e l’abuso di pesce affumicato, sembrerebbe essere correlato positivamente con il rischio di cancro tiroideo, ma non vi sono evidenze certe al riguardo [37]. Fattori legati all’ambiente

Non è ben chiaro il ruolo di altri fattori alimentari oltre all’apporto di iodio. L’alta prevalenza di cancro tiroideo in regioni dove l’apporto iodico risulta elevato (Hawaii, Islanda, etc.) suggerisce che altri fattori giochino un ruolo carcinogenetico; sono stati quindi chiamati in causa fattori geologici ad esempio, vulcanici. Pellegriti et al. [38], individuerebbe una correlazione fra la vicinanza alle aree vulcaniche e la possibilità di ammalarsi di cancro alla tiroide. Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of the National Cancer Institute, ha comparato nel caso specifico i cittadini affetti da tumore che vivono vicino all'Etna, in provincia di Catania, al resto della popolazione siciliana. Mentre gli altri tipi di tumore tiroideo, quello follicolare e quello midollare, risultano nella norma, quello papillare ha un'incidenza più alta addirittura del doppio. Il fenomeno dipenderebbe, secondo i ricercatori catanesi, dall'ambiente vulcanico dell'Etna, e quindi di ogni vulcano in attività, il quale sarebbe in grado di produrre una serie di particolati, ovvero le polveri sottili che si disperdono nell'atmosfera, gas ed elementi vari che oltre all'aria potrebbero inquinare anche le falde acquifere. Secondo la coordinatrice Gabriella Pellegriti, l’aumento dei casi di cancro alla tiroide associati con l’ambiente vulcanico dell’Etna suggerirebbe, che anche chi risiede in altre aree

vulcaniche potrebbe essere più esposto a questo tipo di malattie. Altri determinanti del rischio

Scarso o irrilevante, invece, sembra essere il ruolo rivestito dal contenuto alimentare di glucosidi cianogeni, trasformati durante il processo metabolico in tiocianati, mentre nessun ruolo sembra avere il consumo di tabacco [39]. Recentemente è stato studiato il ruolo degli idrocarburi aromatici polialogenati (PHAHs), in particolare degli eteri difenil-polibromurati (PBDEs), nell’insorgenza del cancro tiroideo. L’aumentata incidenza di casi di cancro fra gli esposti ai PHAHs sembra essere conseguente all’alterata omeostasi degli ormoni tiroidei con conseguenti disfunzioni tiroidee. Inoltre, variazioni genetiche ed epigenetiche possono alterare l’espressione e la funzione di alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo degli ormoni tiroidei endogeni e nella detossificazione degli idrocarburi aromatici polialogenati e degli eteri difenil-polibromurati [15].

I TUMORI DELLA TIROIDE

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I TUMORI DELLA TIROIDE

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Parte II ANATOMIA PATOLOGICA

Renato Colella

Le neoplasie della tiroide possono essere in linea generale distinte in primitive e secondarie. La grande maggioranza delle neoplasie primitive origina dalle cellule epiteliali. Di seguito è riportata la classificazione delle neoplasie primitive in base alla derivazione cellulare. Classificazione delle neoplasie primitive: Neoplasie epiteliali: - a differenziazione dall’epitelio follicolare:

• Adenoma follicolare e varianti

• Adenoma trabecolare ialinizzante

• Carcinoma ben differenziato o Carcinoma papillare o Carcinoma follicolare

• Carcinoma scarsamente differenziato (insulare)

• Carcinoma anaplastico (indifferenziato)

• Altri istotipi (rari) - a differenziazione dalle cellule C:

• Carcinoma midollare - a differenziazione dall’epitelio follicolare e dalle cellule C:

• Carcinoma misto papillare/follicolare e midollare

Altre neoplasie

• di origine timica o branchiale

• di origine linfoide

• di origine mesenchimale Verranno di seguito descritti esclusivamente i principali aspetti istopatologici dei carcinomi [1-3].

Carcinoma ben differenziato: carcinoma papillare e carcinoma follicolare. Il carcinoma papillare è l’istotipo più frequente. L’aspetto macroscopico classico è quello di un nodulo di consistenza aumentata rispetto al parenchima tiroideo normale, il colorito è bianco-grigiastro e, generalmente, mostra margini sfumati; nel 20% circa dei casi può essere circondato da una capsula completa, mentre in una minoranza dei casi può mostrare un aspetto cistico. Istologicamente si presenta con una varietà di quadri architetturali che hanno in comune la caratteristica morfologia del nucleo costituita da chiarificazione della cromatina (carattere dovuto all’azione della fissazione in formalina), profilo irregolare della membrana, creste e pseudoinclusi nucleari. Architetturalmente, la forma tipica mostra numerose papille costituite da un asse fibrovascolare ed un rivestimento di cellule cuboidali. Quasi sempre le papille sono associate alla formazione di follicoli, il cui rapporto varia da caso a caso. Nell’asse delle papille o nel contesto dello stroma si riscontrano frequentemente i corpi psammomatosi (calcificazioni lamellari concentriche). Frequentemente si riscontrano microfocolai neoplastici diffusi anche nel lobo controlaterale. Di questa neoplasia si identificano diverse varianti morfologiche che sono riconosciute per esigenze diagnostiche, prognostiche e terapeutiche; le principali sono: il microcarcinoma papillare (tumore di al di sotto di un centimetro di diametro, tradizionalmente chiamato “occulto”), la variante follicolare, la variante sclerosante diffusa, la variante

I TUMORI DELLA TIROIDE

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oncocitica, la variante a cellule alte e colonnari, cribriforme-morulare. La modalità di diffusione del carcinoma papillare è soprattutto per via linfatica dando luogo a metastasi linfonodali. Il carcinoma follicolare, relativamente raro, è una neoplasia che mostra differenziazione follicolare in assenza delle caratteristiche alterazioni nucleari del carcinoma papillare. In rapporto al grado di invasività è stato suddiviso in una forma minimamente invasiva, o incapsulata, ed una forma diffusamente invasiva. Il carcinoma minimamente invasivo ha scarsa propensione alla metastatizzazione ed ha aspetti morfologici del tutto simili all’adenoma follicolare. La diagnosi è affidata al riscontro di invasione della capsula che circonda il nodulo e/o dei vasi localizzati nella capsula stessa o immediatamente all’esterno. Il carcinoma follicolare diffusamente invasivo è una forma più rara con spiccata tendenza alla metastatizzazione. Istologicamente è più facilmente distinta dalle forme benigne per la presenza di diffusa infiltrazione del tessuto tiroideo adiacente, spesso evidente già macroscopicamente, e per la diffusa infiltrazione dei vasi sanguigni. Un cenno particolare merita il carcinoma a cellule oncocitiche (di Hürthle) considerato da alcuni Autori una variante del carcinoma follicolare, mentre altri Autori considerano questa forma istologica a sé stante a causa delle caratteristiche citogenetiche, macroscopiche e microscopiche, talmente diverse dagli altri carcinomi tiroidei differenziati da giustificarne una trattazione e classificazione separate. Macroscopicamente la neoplasia mostra un caratteristico colorito mogano, mentre microscopicamente si contraddistingue per la presenza di cellule oncocitarie caratterizzate da un abbondante citoplasma granulare acidofilo (per la presenza di numerosi mitocondri), con grandi nuclei e prominenti nucleoli. La diagnosi di malignità è tuttavia affidata ai criteri applicati alle forme follicolari (invasione capsulare e/o vascolare).

Entrambi i tipi di carcinoma follicolare diffondono più frequentemente per via ematogena dando metastasi soprattutto alle ossa e ai polmoni. Il carcinoma scarsamente differenziato (carcinoma insulare) è una neoplasia che si caratterizza per un grado di differenziazione ed un comportamento biologico intermedio tra i carcinomi ben differenziati ed il carcinoma anaplastico (indifferenziato). Può rappresentare l’evoluzione di un carcinoma ben differenziato, papillare o follicolare. Macroscopicamente è una neoplasia francamente invasiva, solida e di colorito bianco-grigiastro. Istologicamente si caratterizza per l’architettura definita solida/insulare/trabecolare. La diagnosi è affidata al riconoscimento dei seguenti aspetti (criteri di Torino): 1. Architettura solida/insulare/trabecolare; 2. Assenza delle caratteristiche alterazioni nucleari del carcinoma papillare;

3. Nuclei convoluti o necrosi tumorale o mitosi (3 o più in 10 HPF).

Questa neoplasia mostra un’estensione extratiroidea e nel 90% dei casi si documenta invasione vascolare. Nel 20% circa dei pazienti sono presenti metastasi linfonodali o a distanza al momento della diagnosi. Il carcinoma anaplastico o indifferenziato è una neoplasia altamente aggressiva. Anche questa forma può derivare, per progressione di malignità, sia da carcinomi ben differenziati che dal carcinoma scarsamente differenziato. Si presenta macroscopicamente come una massa cospicua, a rapida crescita con diffuse aree di necrosi e di emorragia, precoce invasione della capsula tiroidea e degli organi vicini. Istologicamente la maggior parte di questi tumori è costituita da una mescolanza di cellule squamoidi, cellule fusate e cellule giganti. Sono comuni le metastasi viscerali specialmente a ossa, polmoni, fegato e cervello. Il carcinoma midollare deriva dalle cellule parafollicolari “C” ed è in grado di secernere

I TUMORI DELLA TIROIDE

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l’ormone calcitonina. La neoplasia è, di solito, ben delimitata ma non capsulata, di colorito grigio-giallastro. Istologicamente, nella forma classica, le cellule sono disposte in nidi, trabecole e cordoni. Le cellule hanno forma poligonale, rotonda o fusata, con citoplasma eosinofilo o anfofilo e nucleo rotondo, ovale o fusato. Lo stroma spesso contiene amiloide. Le indagini immunoistochimiche in queste neoplasie sono indispensabili per formulare la diagnosi ed evidenziano nel citoplasma delle cellule neoplastiche granuli di neurosecrezione che risultano positivi per anticorpi contro la calcitonina e la cromogranina. Caratteristicamente le cellule sono positive anche al TTF1 ma non esprimono tireoglobulina. La diffusione di questa neoplasia è per via linfatica, ai linfonodi laterocervicali e mediastinici, e, meno frequentemente, per via ematogena al fegato, al polmone e alle ossa.

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I TUMORI DELLA TIROIDE

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MANAGEMENT CLINICO DEI CARCINOMI TIROIDEI

Efisio Puxeddu, Serena Romagnoli

CARCINOMI TIROIDEI DIFFERENZIATI

Prognosi

La sopravvivenza a 10 anni dei soggetti affetti da carcinoma differenziato della tiroide supera attualmente il 90%. Dopo il trattamento iniziale circa l’85% dei pazienti risulta guarito, mentre il 15% presenta persistenza o recidiva di malattia. Nei ¾ dei pazienti la malattia residua è loco-regionale (nel letto tiroideo o nei linfonodi del collo), mentre in ¼ dei casi è localizzata a distanza (più frequentemente metastasi polmonari, poi ossee e quindi raramente cerebrali) [1]. Gli indicatori prognostici disponibili per quantizzare il rischio di morte sono rappresentati dall’età del paziente alla diagnosi e dalla estensione del tumore (dimensioni, invasività extratiroidea, metastasi). Esistono diversi sistemi per stadiare le neoplasie tiroidee, tra questi il più usato è il sistema TNM (“Tumor-Node-Metastasis”) (tabella I). Sulla base di questo sistema l’80-85% dei pazienti è classificato a basso rischio di mortalità per carcinoma della tiroide [1]. Il rischio di recidiva non coincide perfettamente con il rischio di morte ed è condizionato anche da altri fattori oltre a quelli presi in considerazione per la mortalità tra cui la giovane età (età < 16 anni), il riscontro di sottotipi istologici più aggressivi (tra i carcinomi papillari le varianti a cellule alte, a cellule colonnari, a sclerosi diffusa; tra i carcinomi follicolari quelli altamente invasivi, i carcinomi a cellule di Huerthle e i carcinomi insulari) e la presenza di infiltrazione vascolare. A partire dalle precedenti considerazioni si possono definire quattro categorie di rischio di recidiva che sono illustrate nella tabella II [2-3].

L’estensione del trattamento iniziale e il follow-up dovrebbero essere programmati sulla base della classe di rischio di appartenenza dei pazienti [4-6]. Recentemente è stato proposto che questa stima del rischio può essere significativamente migliorata aggiungendo durante il follow-up informazioni sulla risposta alla terapia iniziale. Questa valutazione dinamica del rischio è stata dimostrata permettere una più efficace personalizzazione del follow-up [7].

Terapia iniziale

Chirurgia. La finalità della chirurgia è quella di rimuovere tutto il tessuto tiroideo presente nel collo con l’asportazione dell’intera ghiandola e di tutti i linfonodi cervicali eventualmente coinvolti dalla neoplasia. Una emitiroidectomia può essere un trattamento sufficiente nei pazienti affetti da microcarcinomi (diametro ≤ 1 cm), monofocali, intratiroidei, non accompagnati da linfoadenopatie evidenti [8-12]. Nei pazienti con carcinoma papillare alcuni autori suggeriscono l’esecuzione in tutti i casi di una asportazione profilattica dei linfonodi del compartimento centrale (linfonodi para-tracheali e tracheo-esofagei). Questo approccio aggressivo è giustificato dall’evidenza che i 2/3 dei pazienti affetti da questo tipo di tumore presentano metastasi linfonodali, anche occulte, che nell’80% dei casi coinvolgono il compartimento centrale. Tuttavia i dati che sono a favore di una efficacia della dissezione linfonodale profilattica del compartimento centrale nel ridurre le recidive di malattia e migliorare la sopravvivenza non sono univoci; pertanto questa pratica, che sicuramente aumenta il rischio di complicanze chirurgiche, va

I TUMORI DELLA TIROIDE

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riservata a casi selezionati o a pazienti trattati presso centri specializzati. Una dissezione modificata della catena giugulo-carotidea (associata a uno svuotamento del compartimento centrale) va invece sempre eseguita nel caso di riscontro di linfonodi metastatici palpabili o visibili all’ecografia in questa sede [13-16].

Terapia con 131I (o radiometabolica). La terapia con 131I è somministrata nei pazienti affetti da carcinoma differenziato della tiroide dopo l’intervento chirurgico di tiroidectomia totale per tre ragioni distinte. In primo luogo permette la distruzione di tutti i residui di tessuto tiroideo normale, incrementando così la sensibilità della scintigrafia totale corporea (WBS) con 131I e la specificità del dosaggio della tireoglobulina nella diagnosi di persistenza e recidiva di malattia durante il follow-up. In secondo luogo permette la distruzione di eventuali foci occulti residui di carcinoma, riducendo il rischio di ripresa di malattia a lungo termine (effetto adiuvante). Infine l’uso di una quantità elevata di 131I permette l’esecuzione di una scintigrafia totale corporea post-dose ablativa, un esame estremamente sensibile per individuare la persistenza di focolai di carcinoma al di fuori del letto tiroideo [6,17]. La terapia post-operatoria con 131I dovrebbe essere usata in modo selettivo. Nei pazienti a bassissimo rischio (vedi tabella II) il trattamento ablativo con 131I non è di norma indicato, poiché, nella grande maggioranza dei casi, la mortalità ed il rischio di recidiva sono trascurabili già dopo la tiroidectomia totale (< 2%) ed i rischi del trattamento medico-nucleare, sia pur limitati, non

sono controbilanciati da benefici apprezzabili. Nei pazienti a rischio intermedio e alto il trattamento ablativo con 131I è invece sempre indicato perché riduce la mortalità e la progressione di malattia. Il beneficio aggiuntivo del trattamento con 131I alla tiroidectomia totale non è invece certo nei pazienti a rischio basso. In questi pazienti l’indicazione al trattamento ablativo con 131I va posta in maniera individuale per ogni singolo paziente, tenendo conto della radicalità dell’intervento chirurgico, del sottotipo istologico, dell’età, della pregressa esposizione a radiazioni ionizzanti e di tutti gli altri possibili fattori di rischio. L’ablazione totale del residuo può essere raggiunta con la somministrazione di una dose empirica di 131I di 30-100 mCi in più dell’80% dei pazienti sottoposti a tiroidectomia totale o quasi totale. Un approccio alternativo alla somministrazione di dosi empiriche è rappresentato da quello della dose personalizzata. Generalmente l’ablazione totale dei residui tiroidei richiede la somministrazione di una dose di 300 Gy a livello del letto tiroideo.

I TUMORI DELLA TIROIDE

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Uno studio dosimetrico preliminare permette di calcolare in modo preciso la dose da somministrare. La preparazione alla terapia prevede una dieta povera di iodio nelle settimane precedenti e una adeguata stimolazione del TSH

(> 25-30 µU/ml) che può essere raggiunta o attraverso la sospensione della terapia sostitutiva con L-tiroxina (stimolazione endogena) o attraverso la somministrazione esogena di TSH umano ricombinante [18-19].

Tab. I: Classificazione TNM dei DTC

AJCC Cancer Staging Manual, Seventh Edition (2009)

Sotto 45 anni

• Stadio I Any T Any N M0

• Stadio II Any T Any N M1

45 anni o più

• Stadio I T1a, T1b N0 M0

• Stadio II T2 N0 M0

• Stadio III T3 N0 M0

T1, T2,T3 N1a M0

• Stadio IVA T1, T2, T3 N1b M0

T4a N0, N1 M0

• Stadio IVB T4b Any N M0

• Stadio IVC Any T Any N M1

Tumore primitivo (T)•TX: Il tumore primitivo non può essere valutato

•T0: Non evidenza di tumore primitivo

•T1: Tumore di 2 cm o meno nella dimensione maggiore, limitato alla tiroide

T1a Tumore di 1 cm o meno nella dimensione maggiore, limitato alla tiroide

T1b Tumore maggiore di 1 cm ma meno di 2 cm nella dimensione maggiore,

limitato alla tiroide

•T2: Tumore maggiore di 2 cm ma non più di 4 cm nella dimensione maggiore,

limitato alla tiroide

•T3: Tumore maggiore di 4 cm nella dimensione maggiore, limitato alla tiroide o

qualsiasi tumore con estensione extratiroidea minima (per es. estensione nel

muscolo sternotiroideo o nei tessuti molli peritiroidei)

•T4a: Tumore esteso oltre la capsula tiroidea con invasione di una qualsiasi delle

seguenti strutture: tessuti molli sottocutanei, laringe, trachea, esofago, nervi

ricorrenti

•T4b: Il tumore invade la fascia pre-vertebrale, i vasi mediastinici o ingloba le

arterie carotidee

Linfonodi regionali (N)•NX: I linfonodi regionali non possono essere valutati

•N0: Assenza di metastasi nei linfonodi regionali

•N1: Metastasi nei linfonodi regionali

N1a: Metastasi nel livello VI ( linfonodi pretracheali, paratracheali, e

perilaringei/delfici)

N1b: Metastasi nei lnfonodi latero-cervicali unilaterali, bilaterali,

controlaterali (Levelli I, II, III, IV or V) o retrofaringei o del mediastino

superiore

Metastasi a distanza (M)•M0: Assenza di metastasi a distanza

•M1: Presenza di metastasia distanza

• Rischio bassissimo

Microcarcinoma unifocale (≤ 1 cm) + tutte le altre caratteristiche del basso rischio

• Rischio basso

1) assenza di matastasi locali o a distanza; 2) resezione macroscopica di tutto il tumore; 3)

assenza di invasione di tessuti o strutture loco-regionali; 4) istologia non aggressiva e assenza

di invasione vascolare; 5) assente up-take dello 131I al di fuori del letto tiroideo al primo

RxWBS

• Rischio intermedio

1) invasione microscopica del tumore nei tessuti molli peri-tiroidei; 2) metastasi linfonodali

cervicali o up-take dello 131I al di fuori del letto tiroideo al primo RxWBS; 3) istologia

aggressiva o invasione vascolare

• Rischio alto

1) invasione macroscopica del tumore; 2) resezione incompleta; 3) metastasi a distanza; 4) Tg

sproporzionatamente alta rispetto a quanto si vede nel RxWBS

Tab. II: Stratificazione del rischio di recidiva dei DTC (6)

I TUMORI DELLA TIROIDE

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Radioterapia esterna. Una radioterapia esterna al collo e al mediastino è indicata nei pazienti in cui l’asportazione chirurgica della neoplasia sia stata incompleta o impossibile e in quelli in cui il tessuto tumorale non risulti captare lo 131I [3,20-23].

Follow-up

Gli obiettivi del follow-up, dopo il trattamento iniziale, sono rivolti al mantenimento di una terapia con ormone tiroideo adeguata e all’individuazione di una persistenza o di una recidiva della neoplasia. Sebbene usualmente le riprese di malattia siano scoperte nei primi anni dopo la diagnosi, talvolta queste possono avvenire anche più tardivamente nel corso dell’esistenza del paziente. Pertanto il follow-up dei soggetti affetti da carcinomi della tiroide dovrebbe durare virtualmente per tutta la vita. Nella pianificazione del follow-up è essenziale tenere in considerazione il grado di rischio iniziale del paziente, modulando su questo l’intensità degli accertamenti, pronti a ridurre la frequenza e la complessità dei controlli quando vi sia evidenza di persistenza dello stato di guarigione nel tempo (concetti di follow-up personalizzato e follow-up dinamico nel tempo) [1,4-5,7,24]. Terapia con ormone tiroideo. Il razionale dell’uso della tiroxina nei pazienti con carcinoma della tiroide risiede nella nozione che la crescita delle cellule tumorali è stimolata dal TSH. E’ stato dimostrato che l’inibizione della secrezione di TSH, ottenuta con la somministrazione dell’ormone tiroideo nei malati di cancro della tiroide, riduce il rischio di recidive della malattia e migliora la sopravvivenza. Pertanto una terapia con L-tiroxina dovrebbe essere iniziata in tutti i pazienti affetti dalla malattia a prescindere dall’estensione della chirurgia iniziale e dagli altri

trattamenti eseguiti, fatta eccezione per i pazienti a rischio bassissimo (tabella II) che non necessitano di terapia TSH-soppressiva, ma solo sostitutiva [6,25-30]. Il dosaggio di L-tiroxina da utilizzare si attesta intorno ai 1,8-2,2 µg/Kg e l’obiettivo iniziale è rappresentato in tutti i pazienti da una soppressione del TSH al di sotto di 0,1 µU/ml, mantenendo le frazioni libere di T3 e T4 nei limiti della norma. Tuttavia poiché una TSH-soppressione prolungata non è esente da effetti collaterali cardio-vascolari e scheletrici oggi si tende a protrarla per il minor tempo possibile in accordo alle seguenti indicazioni [6,25-30]:

• Pazienti a basso rischio di mortalità: TSH < 0.1 µU/ml fino al primo test dopo stimolo; quindi se in remissione il TSH va mantenuto tra 0.5-1 µU/ml

• Pazienti a rischio intermedio e alto di mortalità: TSH < 0.1 µU/ml per 3-5 anni. Successivamente se in remissione TSH 0.5-1 µU/ml

• In tutti i casi con evidenza di persistenza o recidiva di malattia: TSH < 0.1 µU/ml

La terapia TSH-soppressiva va somministrata con prudenza e senza spingere eccessivamente nei soggetti anziani e in quelli con rischio di malattia cardio-vascolare. Definizione di remissione di malattia. Nei pazienti che sono stati sottoposti a tiroidectomia totale o quasi totale e ad ablazione del residuo, la definizione di assenza di malattia include tutti i seguenti criteri: assenza di evidenza clinica del tumore, livelli di tireoglobulina sierica indosabili sia durante terapia TSH-soppressiva che dopo stimolo del TSH, in assenza di anticorpi anti-Tg interferenti, assenza all’imaging di segni riferibili al tumore (assenza di captazione dello iodio al di fuori del letto tiroideo alla scintigrafia totale corporea post-ablativa iniziale o assenza di captazione dello iodio ad una scintigrafia totale corporea diagnostica nel follow-up; assenza di

I TUMORI DELLA TIROIDE

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evidenza di tessuto tiroideo all’ecografia del collo e a qualsiasi altra tecnica radiologica) [3,6,27]. Dosaggio della tireoglobulina sierica. La tireoglobulina (Tg) è una glicoproteina che è prodotta e secreta in circolo solo dalle cellule follicolari tiroidee normali e neoplastiche. La misurazione della Tg è una modalità importante per il monitoraggio delle persistenze di malattia e delle recidive nei pazienti affetti da carcinoma differenziato della tiroide. La Tg sierica ha infatti un elevato grado di sensibilità e specificità nella rilevazione di focolai di malattia, specialmente dopo l’esecuzione di una tiroidectomia totale e di un’ablazione del residuo. Il livello di massima sensibilità viene raggiunto se la Tg viene misurata dopo stimolo (in presenza di elevati livelli di TSH), ottenuto o attraverso la sospensione della terapia sostitutiva con L-T4, o dopo somministrazione di rhTSH [31-40]. L’uso di metodi immunometrici per il dosaggio della Tg è gravato dal limite che gli Ab anti-Tg, presenti nel siero del 25% dei pazienti affetti da carcinoma della tiroide e del 10% della popolazione generale, interferiscono con la determinazione e condizionano possibili risultati falsamente negativi. Essi vanno pertanto sempre determinati in associazione al marcatore di malattia [32,35].

Scintigrafia totale corporea con 131-I (WBS:

Whole Body Scan). Le recidive loco-regionali e le metastasi a distanza di carcinoma differenziato della tiroide mantengono in molti casi la capacità di concentrare lo iodio come avviene nel tessuto normale. Questa nozione costituisce il razionale per l’uso dello 131I nella diagnostica e terapia di questi tumori [35]. L’uptake dello 131I da parte del tessuto metastatico è stimolato da elevati valori di TSH; pertanto l’utilizzo del radioisotopo non può prescindere dalla stimolazione del TSH, ottenuta in fase diagnostica preferibilmente per via esogena, somministrando rhTSH.

Tuttavia oggi è riconosciuto che l’uso del WBS diagnostico con 131I (74-185 MBq equivalenti a 2-5 mCi) nel follow-up dei pazienti affetti da carcinomi differenziati della tiroide, sottoposti a tiroidectomia totale e ablazione del residuo, è gravato da due elementi negativi: 1) la ridotta accuratezza; 2) il rischio di provocare lo “stunning” (letteralmente stordimento) di un eventuale tessuto captante residuo. Il suo utilizzo non sembra necessario nei pazienti a basso rischio, clinicamente liberi da malattia, che hanno una Tg in terapia TSH soppressiva indosabile e una ecografia del collo negativa. Il WBS è eseguito generalmente 48-72 ore dopo la somministrazione di una dose tracciante di 2-5 mCi. Dosi più alte non vanno usate poiché esiste la possibilità che il radioisotopo produca un danno da irradiazione sub-letale nelle cellule metastatiche (“stunning effect”), che inficia l’uptake di una eventuale successiva somministrazione terapeutica di radioiodio [41-44]. TSH ricombinante. L’rhTSH è una forma altamente purificata di TSH umano ricombinante, ottenuto da una linea cellulare di ovaio di “hamster” cinese. Differisce dal TSH umano nativo per un diverso pattern di glicosilazione che rende conto della sua più lunga emivita. L’rhTSH stimola sia la captazione dello iodio che la produzione di tireoglobulina da parte di tessuto tiroideo normale o neoplastico. Esso offre il vantaggio di poter eseguire trattamenti con 131I, WBS diagnostici e misurazioni della tireoglobulina “dopo stimolo” anche in condizioni di eutiroidismo, laddove tradizionalmente era necessario sospendere per almeno 6 settimane la L-tiroxina con lo sviluppo di fastidiosi sintomi di ipotiroidismo. E’ stata dimostrata la sua affidabilità, con risultati del tutto comparabili a quelli ottenuti dopo “sospensione”, sia nella ablazione del residuo che nella diagnosi delle recidive di malattia [31,38-39].

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Il protocollo proposto per il trattamento con 131I prevede la somministrazione i.m. in due giorni consecutivi di 0,9 mg di rhTSH e la somministrazione il terzo giorno di almeno 100 mCi del radioalogeno (recenti evidenze della letteratura indicano che anche dosaggi inferiori del radioiodio nell’ordine dei 50 mCi sono adeguati per l’ablazione del residuo). Il protocollo proposto per lo screening delle recidive di carcinoma tiroideo prevede la somministrazione i.m. in due giorni consecutivi (per esempio il lunedì ed il martedì) di 0,9 mg di rhTSH. Il terzo giorno (il mercoledì) vengono somministrati 4 mCi (dose tracciante) di 131I, e 48 ore più tardi (il venerdì) viene eseguito il WBS. La Tg viene misurata prima delle iniezioni e il giorno in cui viene eseguita la scintigrafia [45]. Ecografia del collo. L’ecografia del collo è la metodica di imaging più sensibile nella rilevazione di tessuto tumorale persistente o recidivo nei linfonodi delle catene latero-cervicali e nel letto tiroideo. La sensibilità è talmente alta che in alcuni casi essa ha permesso di rilevare la presenza di piccoli linfonodi metastatici in pazienti con Tg negativa sia durante terapia con L-T4 che dopo stimolo con rhTSH [39,46]. Altre modalità di imaging. Modalità di imaging complementari includono la TC spirale del collo e del torace e la RMN dello scheletro o del cervello. La scintigrafia ossea è dotata di una scarsa sensibilità. La PET con 18-Fluoro-Desossiglucosio (FDG) trova oggi le seguenti indicazioni: 1) localizzazione della malattia in pazienti con Tg positiva e WBS con radioiodio negativo; 2) stadiazione iniziale e follow-up dei pazienti affetti da carcinomi poco differenziati e a cellule di Huerthle; 3) valutazione degli effetti di specifiche terapie (radioterapia, chirurgia, embolizzazione o trattamenti sistemici); 4) selezione dei pazienti che con alta probabilità non risponderanno più a terapie addizionali con 131I; 5) identificazione dei pazienti a più alto

rischio di mortalità. In effetti, una captazione del FDG elevata predice una scarsa responsività al radioiodio e una rapida progressione della malattia [47-49]. Linee guida per il follow-up

In tutti i pazienti sottoposti a tiroidectomia totale e terapia ablativa con 131I, in cui il WBS dopo dose terapeutica è risultato negativo per accumulo del tracciante al di fuori della loggia tiroidea, va iniziata la terapia TSH-soppressiva con ormone tiroideo. A distanza di 3 mesi va eseguito un primo controllo di Tg e del TSH con eventuale adeguamento del dosaggio dell’ormone tiroideo. Quindi dopo 6-12 mesi è opportuno eseguire il dosaggio della tireoglobulina “dopo stimolo” e l’ecografia del collo in tutti i pazienti, associando un WBS con 131I diagnostico (2-5 mCi) in quelli con rischio intermedio e alto. Lo stimolo del TSH viene ottenuto per via esogena somministrando rhTSH [3,11]. A questo punto tre sono le condizioni in cui ci si può trovare: 1. Tg basale e dopo rhTSH indosabile: il

paziente continuerà regolare follow-up. 2. Tg dopo rhTSH < 2 ng/ml, ma dosabile: se

l’ecografia del collo è negativa andrà ripetuto un test dopo 1-2 anni. A questo punto se Tg in riduzione o stabile continuerà regolare follow-up; se Tg in aumento vedi punto 3.

3. Tg basale o dopo rhTSH > 2 ng/ml: andranno ricercati gli eventuali residui locali di malattia o metastasi a distanza (ecografia del collo, WBS diagnostico, TC total body, scintigrafia ossea, PET-TC, WBS dopo dose terapeutica) e valutata la loro localizzazione, numerosità e grandezza. Quando opportuno andranno praticate le terapie più congrue (per esempio asportazione chirurgica di linfonodi del collo o di lesioni ossee isolate ecc.) e quindi comunque almeno un trattamento con dose terapeutica di radioiodio.

Nei pazienti a basso rischio, in cui il primo screening è negativo (punto 1), l’ulteriore follow-

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up dovrebbe prevedere una riduzione della posologia della L-tiroxina, con l’obiettivo di portare il TSH tra 0,5-1 µU/ml, e controlli annuali della Tg in terapia sostitutiva e dell’ecografia del collo. Nei pazienti a rischio intermedio e alto, una volta che il primo screening risulta negativo (punto 1), l’ulteriore follow-up dovrebbe prevedere controlli annuali della Tg in terapia soppressiva e dell’ecografia del collo e un nuovo test con rhTSH a distanza di 3-5 anni o prima se vi fosse qualche nuovo elemento di sospetto clinico. Dopo 3-5 anni di remissione si può ridurre la posologia della L-tiroxina con l’obiettivo di portare il TSH tra 0,5-1 µU/ml [6,23,27]. Trattamento delle recidive locali e regionali

Il 10-15% dei pazienti affetti da carcinoma differenziato della tiroide presenta recidive locali o regionali della malattia [50]. Alcune sembrano correlabili ad un trattamento iniziale incompleto (recidive in un linfonodo o in un residuo tiroideo), altre invece indicano la presenza di un tumore aggressivo (recidive nel letto tiroideo dopo tiroidectomia totale o nel tessuto peritiroideo). Una recidiva di malattia palpabile o facilmente visualizzabile all’ecografia o alla tomografia assiale computerizzata dovrebbe essere asportata chirurgicamente. Alla chirurgia andrebbe quindi fatta seguire una dose terapeutica di 131I [13-15]. La radioterapia esterna è indicata nei pazienti in cui il tessuto neoplastico invade il tessuto mesenchimale peri-tiroideo e non può essere completamente asportato o non risulta captare lo iodio radioattivo[51-54]. Trattamento delle metastasi a distanza

Metastasi a distanza, di solito a livello polmonare ed osseo, si verificano nel 5% dei pazienti affetti da carcinoma differenziato della tiroide [54-55]. Le metastasi polmonari sono piuttosto frequenti nei pazienti giovani affetti da carcinoma papillare e i polmoni rappresentano l’unico sito di

metastatizzazione nei bambini. Le metastasi ossee sono più comuni nei pazienti anziani e in presenza di un carcinoma follicolare. Altri siti meno comuni di diffusione metastatica sono il cervello, il fegato e la cute. In presenza di metastasi polmonari la sintomatologia è generalmente poco rilevante. La diffusione ossea è invece associata in più dell’80% dei pazienti a dolore e tumefazione e con l’evenienza di fratture patologiche. Le ripetizioni polmonari mostrano una crescita sia macronodulare che diffusa. Quest’ultima modalità di presentazione può non essere visualizzabile all’Rx standard del torace ed è usualmente diagnosticato in seguito alla scintigrafia con 131I o alla esecuzione di una TC del torace ad alta risoluzione. Le lesioni ossee sono invece generalmente osteolitiche e difficilmente visualizzabili con la radiologia tradizionale. La scintigrafia ossea e lo studio TC o RMN delle parti interessate risultano essere esami più sensibili [56]. Nel caso di metastasi ossee che determinano complicanze ortopediche o neurologiche c’è generalmente indicazione per una chirurgia palliativa. Inoltre il trattamento chirurgico è indicato in presenza di lesioni neoplastiche scheletriche voluminose per ridurre la massa del tumore. Pazienti con metastasi che captano lo 131I vengono tradizionalmente trattati con 100-150 mCi ogni 4-6 mesi fino alla totale scomparsa delle aree caratterizzate da accumulo patologico del tracciante. Nei bambini la dose raccomandata è più bassa: 1 mCi pro Kg di peso corporeo. Non vi sono limiti nella dose che può essere somministrata ad un paziente con metastasi a distanza. Tuttavia va considerato che dosi cumulative superiori ai 500 mCi incrementano lievemente il rischio di sviluppare una leucemia, ed inoltre dosi ancora più elevate non sembrano essere caratterizzate da una maggiore efficacia rispetto a quelle inferiori raccomandate. Secondo alcuni autori la terapia andrebbe personalizzata

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con uno studio dosimetrico preliminare che permette di individuare la dose massima di 131I non gravata da effetti tossici sugli altri organi, soprattutto il midollo osseo. La somministrazione di questa anziché di dosi refratte potrebbe offrire il vantaggio di una maggiore efficacia terapeutica [57-58]. La radioterapia esterna è indicata nel trattamento delle metastasi ossee visibili alla radiologia tradizionale, mentre la chemioterapia, generalmente poco efficace, trova spazio solo nella cura di metastasi progressive che non captano lo 131I [59-60]. Farmaci chemioterapici tradizionalmente proposti, con risultati peraltro estremamente scadenti, sono la Doxorubicina ed il Cisplatino in mono- o poli-terapia. Proprio per la scarsa efficacia del trattamento chemioterapico, le più nuove linee guida raccomandano che i pazienti con malattia metastatica o loco-regionale progressiva, non responsiva allo iodio radioattivo, vengano inclusi, dove possibile, in protocolli clinici con nuovi inibitori tirosino-chinasici, prima ancora di testare su di loro l’efficacia della chemioterapia [6]. Si tratta di nuovi farmaci molto promettenti nel trattamento mirato di alcune neoplasie poiché in grado di inibire in modo selettivo e con effetti collaterali inferiori rispetto alla chemioterapia recettori tirosino-chinasici importanti per la crescita o la neo-angiogenesi tumorale. Nessun farmaco è stato ancora approvato ufficialmente per essere usato nel carcinoma differenziato della tiroide. Tuttavia studi clinici di fase II con Sorafenib, Sunitinib, Axitinib e Pazopanib in questo tipo di tumore hanno dato risultati molto promettenti [61]. La sopravvivenza dopo la scoperta di metastasi è dipendente da diversi fattori, tra cui è importante ricordare l’età del paziente, la sede della diffusione neoplastica e le dimensioni delle ripetizioni. L’esito più favorevole si ha nei pazienti giovani, affetti da carcinoma ben differenziato che capta lo 131I, e con metastasi di piccole dimensioni diffuse a livello polmonare.

Quando le metastasi sono di dimensioni maggiori la sede di diffusione non riveste più alcun ruolo prognostico indipendente. La bassa sopravvivenza che si osserva in presenza di metastasi ossee è in relazione con le loro dimensioni generalmente cospicue. Carcinomi anaplastici

Terapia

Una volta posta la diagnosi di carcinoma anaplastico, in tutti i casi andrebbe considerato un approccio chirurgico (tiroidectomia totale). Sfortunatamente l’infiltrazione dei tessuti molli del collo, immancabilmente presente al momento dell’intervento, rende impossibile la radicalità chirurgica. Per questa ragione oggi molti chirurghi preferiscono non operare questi pazienti e li indirizzano in prima istanza allo specialista oncologo per l’inizio di una terapia medica e/o radiante [62-65]. Esistono diversi protocolli chemioterapici, sia monoterapici (Doxorubicina) che politerapici (Doxorubicina più Cisplatino), ma i loro risultati sono estremamente insoddisfacenti. Nel tentativo di controllare lo sviluppo locale della malattia si può ricorrere alla radioterapia esterna, eventualmente associata alla somministrazione di Cisplatino a scopo radio-sensibilizzante, ma anche questo trattamento è generalmente di utilità limitata [66]. Sono stati anche proposti dei trattamenti alternativi, quali l’associazione di una radioterapia iperfrazionata [67] con una polichemioterapia più complessa, finalizzate a ridurre più efficacemente la massa tumorale. In alcuni casi questo approccio ha permesso di eseguire in una seconda fase un trattamento chirurgico con intento curativo e di ottenere delle sopravvivenze relativamente maggiori e addirittura delle remissioni a lungo termine, almeno della malattia locale. Tuttavia in generale, a prescindere dal tipo di terapia impiegato, la sopravvivenza media dei pazienti affetti da carcinoma anaplastico della

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tiroide è di 3-6 mesi dalla diagnosi, con rari casi aneddotici di sopravvivenza fino ai 2-3 anni. Carcinoma midollare della tiroide

Terapia

Diversi lavori hanno evidenziato che la prognosi dei carcinomi midollari sporadici è largamente dipendente dalla radicalità del primo intervento chirurgico. La terapia chirurgica deve prevedere la tiroidectomia totale con la dissezione dei linfonodi del compartimento centrale, i primi ad essere interessati in caso di diffusione linfatica. La dissezione di altre catene linfonodali dipenderà dalla presentazione clinica [68-71]. La sopravvivenza a lungo termine è ottima nel caso di malattia confinata all’interno della tiroide (circa 90% a 10 e 30 anni). Essa si riduce al 60-70% in caso di estensione extra-tiroidea con infiltrazione extracapsulare e/o metastasi ai linfonodi loco-regionali. E’ drammaticamente ridotta nel caso di metastasi a distanza, con sopravvivenza inferiore al 20% dopo 10-15 anni [72-78]. Anche nel caso dei carcinomi midollari localmente avanzati o metastatici non passibili di trattamento chirurgico, le opzioni terapeutiche sono state fino ad oggi limitate. Sia trattamenti chemioterapici basati sull’uso della dacarbazina che terapie medico-nucleari basate sull’uso di anticorpi anti-CEA o di agonisti dei recettori della somatostatina radiomarcati non hanno esordito effetti degni di nota. Studi di fase I, II e III con nuovi inibitori tirosino-chinasici quali il Vandetanib e il Cabozantinib hanno invece dimostrato una promettente efficacia [61,79-80]. In effetti, molto recentemente l’FDA ha approvato la registrazione del Vandetanib per il carcinoma midollare della tiroide avanzato e si spera che presto anche l’EMEA compia questo passo in Europa.

Follow-up

CT e CEA sono i cardini diagnostici al fine di rivalutare nel tempo lo stato di malattia. La remissione clinica è definita da valori di CT e CEA indosabili e dal riscontro in almeno 2 occasioni di CT indosabile dopo stimolo con pentagastrina. CT e CEA vanno controllati la prima volta a distanza di almeno 2-3 mesi dall’intervento chirurgico in considerazione della possibile lunga emivita di queste molecole. Quindi vanno rivalutati ogni 6 mesi i primi 2 anni e ogni 12 mesi dal 3° anno [71]. In caso di positività di questi marcatori va eseguito un work-up completo che include ecografia del collo con eventuale FNAB e dosaggio della CT sul liquido di lavaggio dell’ago, TC del torace, RMN epatica, scintigrafia ossea e RMN dello scheletro assiale (cranio e colonna vertebrale) [71]. Una CT < 100 pg/ml indica una bassa probabilità di positività degli studi di imaging. Un incremento del 100% della CT e del CEA entro 24 mesi (“doubling time” ≤ 24 mesi) predice invece una progressione di malattia [81-83].

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I TUMORI DELLA TIROIDE

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I registri tumori

regionali: stato dell’arte

Fabrizio Stracci

Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche e Sanità

Pubblica

Università di Perugia

31corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma

pleurico

Registrare i mesoteliomi

• Registro nazionale stabilito per legge

• Articolazione in COR regionali

• Costituisce un sistema di sorveglianza nazionale

per il mesoteliomaper il mesotelioma

32corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma

pleurico

Vantaggi

• La natura caratteristica della malattia e la sua gravità

favoriscono la completezza della registrazione

• Mettere insieme i casi consente di realizzare analisi

altrimenti impossibili data la rarità della malattiaaltrimenti impossibili data la rarità della malattia

• La ricostruzione della esposizione consente

l’individuazione di professioni a rischio

• Professioni marginalmente coinvolte possono essere

individuate grazie alla maggiore numerosità

33corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma

pleurico

Svantaggi

• La latenza della malattia è oltremodo lunga (attorno a 40 anni) e pertanto l’osservazione del danno alla salute è spesso un evento tardivo

• La presa in carico clinica non produce variazioni importanti nella progressione della malattia importanti nella progressione della malattia (sopravvivenza mediana in studi di popolazione 9 mesi)

• Il fattore eziologico principale è noto e pertanto lo studio si rivolge a declinare gli impieghi professionali dell’amianto o individuare le aree esposte

34corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

Il ReNaM

• Il ReNaM è il registro nazionale italiano dei mesoteliomi

• Stabilito nel 1993

• Istituito con legge nel 2002• Istituito con legge nel 2002

35corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

Finalità del registro nazionale• Definire criteri diagnostici e fornire dati di incidenza per l’Italia

• Definire criteri per l’attribuzione dell’origine professionale e indagare le fonti di esposizione

• Costituire la base per ricerche su aspetti quali

– Sopravvivenza per mesotelioma [Marinaccio A, et al. (2003) Analysis of survival for mesothelioma cases in [Marinaccio A, et al. (2003) Analysis of survival for mesothelioma cases in the Italian register (ReNaM). European Journal of Cancer 39:1290-5]

– Stimare la latenza della malattia (e la relazione durata esposizione, dose risposta )

[Marinaccio A et al. Analysis of latency time and its determinants in asbestos related malignant mesothelioma cases of the Italian register. Eur J Cancer. 2007;43:2722-8. ]

– Indagare le meno frequenti localizzazioni extra-pleuriche

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico 36

Definizione diagnosi

1. mesotelioma maligno CERTO (morfo+immunoistochimica+diagnostica)

2. mesotelioma maligno PROBABILE (con 2 sottoclassi)sottoclassi)

3. mesotelioma maligno POSSIBILE (con 2 sottoclassi)

4. mesotelioma maligno DA DEFINIRE (con 3 sottoclassi)

5. NON mesotelioma maligno

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico 37

Analysis of latency

time and its

determinants

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico 38

L’attribuzione dell’origine professionale

(60-80% dei casi)

• L’anamnesi professionale consente di individuare la tipologia di lavoro e il luogo di lavoro alla base della esposizione

• L’anamnesi viene effettuata anche per la individuazione di attività ricreative che possono essere responsabili dell’esposizione

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico 39

Definizione origine della malattiaProfessionale certa Soggetti che hanno svolto un'attività lavorativa implicante

l'uso/esposizione ad amianto o a materiali contenenti amianto. La

presenza di amianto deve essere documentata tramite misure e/o

documentazione di utilizzo/acquisto da parte dell'azienda di

amianto o materiali contenenti amianto

Professionale probabile Casi che hanno lavorato in un'industria o settore economico in cui

l'amianto veniva sicuramente usato ma per i quali non è stato

possibile documentare l'esposizione

Professionale possibile Casi che hanno lavorato in un'industria o settore economico in cui

l'amianto poteva essere utilizzato

Esposizione domestica Casi non esposti professionalmente ma conviventi con almeno un

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico 40

Esposizione domestica Casi non esposti professionalmente ma conviventi con almeno un

lavoratore assegnabile alle categorie 1 o 2

Esposizione ambientale Casi che hanno vissuto in vicinanza di insediamenti produttivi che

lavoravano o utilizzavano amianto o materiali contenenti amianto

Extralavorativa Casi non esposti professionalmente che hanno, in altre situazioni,

utilizzato amianto o materiali contenenti amianto

Esposizione improbabile Casi che hanno svolto un'attività lavorativa in cui non era

evidenziabile l'uso di amianto.

Esposizione ignota Casi per i quali le informazioni erano incomplete e insufficienti.

Esposizione da definire

Numerose le attività in cui è stata

registrata una esposizione non

occasionale• Cantieri navali

• Siderurgia e lavorazione a caldo dei metalli

• Cementifici

• Cave e miniere

• Edilizia• Edilizia

• Materiale rotabile ferroviario (esp. anni ‘50-’80-’90)

• Termoidraulica

• Tessile

• Numerose altre attività

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 41

Marinaccio A, et al.; ReNaM Working Group. Pleural malignant mesothelioma epidemic.

Incidence, modalities of asbestos exposure and occupations involved from the italian national

register. Int J Cancer. 2011: 10.1002/ijc.26229.

Figure 1. Crude incidence rates (CR) of pleural malignant

mesothelioma (PMM) cases by Italian municipalities (n=8101) *.

Italian National Mesothelioma Register (ReNaM). Italy, men and

women, 1993-2004 42corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma

pleurico

COR

• Istituito con Delibera della Giunta Regionale n. 1149 nel luglio 2003

• Gestito con il Registro Tumori Regionale presso il Dip. SMC e Sanità Pubblica dell’Università di PerugiaPerugia

• La segnalazione del caso deriva da: registro tumori, reparti clinici o laboratoristici, servizi di medicina del lavoro

• L’anamnesi viene raccolta dai servizi di medicina del lavoro delle USL

43corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma

pleurico

I casi inseriti nella base dati regionale

(e inviati al ReNaM)anno Freq. Percent Cum.

1995 1 1.52 1.52

1996 1 1.52 3.03

1997 1 1.52 4.55

1998 1 1.52 6.06

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

1998 1 1.52 6.06

1999 1 1.52 7.58

2000 2 3.03 10.61

2003 2 3.03 13.64

2005 3 4.55 18.18

2006 10 15.15 33.33

2007 17 25.76 59.09

2008 15 22.73 81.82

2009 12 18.18 100.00

44

Attività coinvolte per i casi umbri

• Lavorazione di metalli (in particolare siderurgia)

• Riparazione veicoli (in particolare ferroviari)

• Costruzioni

• Esercito• Esercito

• Energia elettrica

• Casi di importazione

• altre

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 45

COR – registro tumori

• In Umbria gli ambiti COR e registro tumori coincidono quindi è utile una stretta integrazione

• Registrati 135 casi nel sesso maschile e 46 nel sesso femminilesesso femminile

• I dati del COR contengono informazioni aggiuntive rispetto al registro

• [nel registro esistono espansioni di dati sede specifiche]

• Possibile la immissione diretta online dei dati

46corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

Incidenza del mesotelioma

ASL n. casi tasso st it n. casi tasso st it

periodo 2004-2008 1994-1998

sesso M F M F M F M F

1 4 0 1.2 0.0 4 0 1.3 0.0

2 9 10 1.0 1.0 4 4 0.4 0.5

3 18 3 3.7 0.7 5 4 0.8 1.0

4 26 4 5.0 0.5 10 3 2.0 0.5

Umbria 57 17 2.6 0.7 23 11 1.0 0.5

47corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

Anche grazie all’attività del COR :

incidenza 2009ASL n. casi tasso st it n. casi tasso st it

periodo 2004-2008 2009sesso M F M F M F M F

1 4 0 1.2 0.0 0 0 0.0

2 9 10 1.0 1.0 3 0 1.6

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico 48

2 9 10 1.0 1.0 3 0 1.6

3 18 3 3.7 0.7 5 0 6.0

4 26 4 5.0 0.5 4 0 3.2

Umbria 57 17 2.6 0.7 12 0 2.6 0.0

Incidenza in altre aree italiane

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 49

La distribuzione geografica

• L’analisi geografica è un utile complemento alla ricostruzione della esposizione professionale

• Nel caso del mesotelioma, più che una

definizione di ampie aree a rischio, è interessante definizione di ampie aree a rischio, è interessante individuare aggregati locali di casi (local clustering)

• Ancora oltre è possibile condurre analisi per stimare separatamente gli effetti occupazionali e ambientali

50corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico

Livello di risoluzione del registro

• Per la popolazione e per i casi si dispone di informazioni sulla residenza a livello comunale

• E’ quindi possibile confrontare i rischi dei

singoli comuni con l’incidenza regionale (SIR) singoli comuni con l’incidenza regionale (SIR)

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 51

SIR maschi

SIR femmine52corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

Localizzazione puntuale della

residenza• Possiamo con crescente precisione attribuire una localizzazione ai casi in base all’indirizzo di residenza

• E’ una stima accettabile per studiare rischi di • E’ una stima accettabile per studiare rischi di esposizione ambientale localizzati (esposizione a sorgenti inquinanti a banda come le strade o puntiformi come le attività industriali)

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico 53

I rischi

• La semplice localizzazione dei casi può fornire talvolta delle indicazioni di studio

• Essa trova un limite fondamentale di

interpretazione nella diversa densità della interpretazione nella diversa densità della popolazione sul territorio

• E’ indispensabile assegnare una localizzazione GIS alla popolazione e suddividere la superficie in aree sub-comunali

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 54

L’analisi dell’andamento temporale

• Ci consente con qualche senso di frustrazione di evidenziare le conseguenze delle passate esposizioni

• [il trend e anche l’incidenza non possono essere forniti dal ReNaM per variazioni della completezza nel tempo]

• Viene spesso condotta utilizzando i modelli di regressione joinpoint , che individuano la combinazione di segmenti lineari in grado di approssimare il trend

• Come corollario, questo metodo individua anche l’anno in cui si osserva una variazione del trend

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 55

Trend di incidenza del mesotelioma pleurico per

sesso (tasso standardizzato pop. Italiana 2001)

2.5

3

3.5

4

4.5incidenza

incidenza

incidenza

incidenzaper 1

00.000

ab.

per 1

00.000

ab.

per 1

00.000

ab.

per 1

00.000

ab.

observed rate M

model-based M

observed rate F

model-based F

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

0

0.5

1

1.5

2

Tasso

Tasso

Tasso

Tasso d

idi didiincidenza

incidenza

incidenza

incidenza

AnnoAnnoAnnoAnno

M 1994-2008 APC 11.7* (da +5.0 a +18.8)

F 1994-2008 APC 3.1 (da -2.5 a +9.0) 56

La sopravvivenza

• Viene calcolata per tutti i casi in una popolazione e quindi esplora la funzione complessiva di un servizio sanitario (accesso tempestivo, qualità del trattamento, equità)

• Viene espressa come sopravvivenza relativa che ha • Viene espressa come sopravvivenza relativa che ha un valore simile alla sopravvivenza causa specifica

• Il ruolo di questo indicatore è purtroppo ridotto per il mesotelioma pleurico ma anche per il cancro del polmone

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 57

Sopravvivenza relativa

• In base ai dati dei registri tumori la sopravvivenza

relativa per il mesotelioma pleurico è inferiore al

10% a 5 anni

• Non vi sono evidenze di miglioramento nel tempo

• Questo dato colloca il mesotelioma tra i tumori a

peggiore prognosi insieme al cancro del pancreas

corso di aggiornamento FONICAP - progetto mesotelioma pleurico

58

Conclusioni

• Il ReNaM ha già prodotto risultati di livello e si avvia alla copertura nazionale

• Il COR regionale dopo un avvio faticoso sembra funzionare con regolarità

• I dati del COR sono aggiornati in parallelo al • I dati del COR sono aggiornati in parallelo al registro cosicché disponiamo di incidenza di popolazione e trend

• Interessanti analisi geografiche sono in corso di realizzazione per il mesotelioma e per gli altri tumori

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 59

Sviluppi

• Ricerca di cluster di mesotelioma

• Ricerca di cluster ambientali esclusi i casi professionali, secondari e da esposizione

extraprofessionaleextraprofessionale

• Miglioramento della segnalazione

• Immissione a distanza nel registro dei dati da parte dei servizi di medicina del lavoro

corso di aggiornamento FONICAP -

progetto mesotelioma pleurico 60

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8

61

ISSN 2039-814X

Anno II, 2011

Numero 1

Mortalità per cause nelle ASL dell’Umbria. 2005-2009.

Numero 2

Anni di vita potenziale persi (YPLL) in Umbria. 1995-1999 e 2005-2009.

Numero 3-4

Il cancro della prostata.

Numero 5 Ciò che bisogna sapere per decidere se sottoporsi allo screening per il cancro della

prostata.

Partecipazione al IV round dello screening citologico della AUSL 2 dell’Umbria.

Numero 6

Il cancro del rene.

Numero 7

Fumo o salute.

CancerStat Umbria

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8

62

Anno I, 2010

Numero 0

Le statistiche del cancro e della mortalità in Umbria.

Numero1

- Ultime pubblicazioni dei collaboratori del RTUP.

- Technology assessment della metodica di prelievo e di preparazione

della citologia in fase liquida (LBC – Liquid Based Citology) per

l’utilizzo routinario nello screening per la prevenzione del tumore

della cervice uterina in tutte le fasce di età e per la ricerca del

Papilloma Virus Umano ad alto rischio oncogeno (HPV – DNA HR)

come test primario nelle fasce di età da 35 a 64 anni durata prevista:

12 mesi / 8000 donne).

Numero 2

L’incidenza del cancro in Umbria, 2006-2008.

Numero 3

- Il Registro Rumori Infantili Umbro-Marchigiano.

- La ricerca dei tumori professionali nell’ambito del progetto

OCCAM.

Numero 4

Il quadro epidemiologico per la programmazione della prevenzione

oncologica regionale in Umbria.

Numero 5

CancerStat Umbria

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8

63

- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie

tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010.

Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei

carcinomi della tiroide. o L’esperienza del gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie

della tiroide.

o Registro Tumori Umbro di Popolazione (RTUP) e carcinoma della

tiroide.

Numero 6

- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie

tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010.

Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei

carcinomi della tiroide. o Registro Siciliano dei Tumori della tiroide.

- Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione clinica del carcinoma

della tiroide di origine follicolare: cosa dicono le linee guida?

Numero 7

- Neoformazioni della cute e del cavo orale. Melanoma.

Terni 13.11.2010 o L’epidemiologia dei tumori cutanei in Umbria.

o Prevenzione primaria e secondaria dei tumori cutanei.

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 8

64