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Letteratura italiana Einaudi Canti orfici di Dino Campana

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di Dino Campana Letteratura italiana Einaudi Letteratura italiana Einaudi Edizione di riferimento:

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  • Letteratura italiana Einaudi

    Canti orfici

    di Dino Campana

  • Letteratura italiana Einaudi

    Edizione di riferimento:Tipografia F. Ravagli, Marradi 1914

  • Letteratura italiana Einaudi

    LA NOTTE

    I. La notte 3II. Il viaggio e il ritorno 13III. Fine 15

    NOTTURNI

    La chimera 17Giardino autunnale 18La speranza 19Linvetriata 20Il canto della tenebra 21La sera di fiera 22La petite promenade du pote 23

    LA VERNA

    I. La verna (diario) 25II. Ritorno 32Immagini del viaggio e della montagna 37Viaggio a Montevideo 39Fantasia su un quadro dArdengo Soffici 41Firenze 41Batte botte 42Firenze 43Faenza 45Dualismo 46Sogno di prigione 48

    Sommario

  • ivLetteratura italiana Einaudi

    La giornata di un nevrastenico 49

    VARIE E FRAMMENTI

    Barche amorrate 54Frammento 55Pampa 56Il russo 59Passeggiata in tram in America e ritorno 62Lincontro di Regolo 64Scirocco 66Crepuscolo mediterraneo 69Piazza Sarzano 71Genova 73

    Sommario

  • 1Letteratura italiana Einaudi

    A Guglielmo II imperatore dei germanilautore dedica

  • Dino Campana - Canti orfici

    LA NOTTE

    2Letteratura italiana Einaudi

  • i.la notte

    Ricordo una vecchia citt, rossa di mura e turrita, arsasu la pianura sterminata nellAgosto torrido, con il lon-tano refrigerio di colline verdi e molli sullo sfondo. Ar-chi enormemente vuoti di ponti sul fiume impaludato inmagre stagnazioni plumbee: sagome nere di zingari mo-bili e silenziose sulla riva: tra il barbaglio lontano di uncanneto lontane forme ignude di adolescenti e il profiloe la barba giudaica di un vecchio: e a un tratto dal mez-zo dellacqua morta le zingare e un canto, da la paludeafona una nenia primordiale monotona e irritante: e deltempo fu sospeso il corso.

    *

    Inconsciamente io levai gli occhi alla torre barbarache dominava il viale lunghissimo dei platani. Sopra ilsilenzio fatto intenso essa riviveva il suo mito lontano eselvaggio: mentre per visioni lontane, per sensazionioscure e violente un altro mito, anchesso mistico e sel-vaggio mi ricorreva a tratti alla mente. Laggi avevanotratto le lunghe vesti mollemente verso lo splendore va-go della porta le passeggiatrici, le antiche: la campagnaintorpidiva allora nella rete dei canali: fanciulle dalle ac-conciature agili, dai profili di medaglia, sparivano a trat-ti sui carrettini dietro gli svolti verdi. Un tocco di cam-pana argentino e dolce di lontananza: la Sera: nellachiesetta solitaria, allombra delle modeste navate, iostringevo Lei, dalle carni rosee e dagli accesi occhi fuggi-tivi: anni ed anni ed anni fondevano nella dolcezzatrionfale del ricordo.

    Dino Campana - Canti orfici

    3Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    *

    Inconsciamente colui che io ero stato si trovava avvia-to verso la torre barbara, la mitica custode dei sognidelladolescenza. Saliva al silenzio delle straducole anti-chissime lungo le mura di chiese e di conventi: non siudiva il rumore dei suoi passi. Una piazzetta deserta, ca-supole schiacciate, finestre mute: a lato in un balenoenorme la torre, otticuspide rossa impenetrabile arida.Una fontana del cinquecento taceva inaridita, la lapidespezzata nel mezzo del suo commento latino. Si svolgevauna strada acciottolata e deserta verso la citt.

    *

    Fu scosso da una porta che si spalanc. Dei vecchi,delle forme oblique ossute e mute, si accalcavano spin-gendosi coi gomiti perforanti, terribili nella gran luce.Davanti alla faccia barbuta di un frate che sporgeva dalvano di una porta sostavano in un inchino trepidanteservile, strisciavano via mormorando, rialzandosi poco apoco, trascinando uno ad uno le loro ombre lungo i mu-ri rossastri e scalcinati, tutti simili ad ombra. Una donnadal passo dondolante e dal riso incosciente si univa echiudeva il corteo.

    *

    Strisciavano le loro ombre lungo i muri rossastri escalcinati: egli seguiva, autma. Diresse alla donna unaparola che cadde nel silenzio del meriggio: un vecchio sivolt a guardarlo con uno sguardo assurdo lucente evuoto. E la donna sorrideva sempre di un sorriso mollenellaridit meridiana, ebete e sola nella luce catastrofica.

    4Letteratura italiana Einaudi

  • *Non seppi mai come, costeggiando torpidi canali, rivi-di la mia ombra che mi derideva nel fondo. Mi accompa-gn per strade male odoranti dove le femmine cantavanonella caldura. Ai confini della campagna una porta incisadi colpi, guardata da una giovine femmina in veste rosa,pallida e grassa, la attrasse: entrai. Una antica e opulentematrona, dal profilo di montone, coi neri capelli agilmen-te attorti sulla testa sculturale barbaramente decoratadallocchio liquido come da una gemma nera dagli sfac-cettamenti bizzarri sedeva, agitata da grazie infantili cherinasce vano colla speranza traendo essa da un mazzo dicarte lunghe e untuose strane teorie di regine languenti refanti armi e cavalieri. Salutai e una voce conventuale,profonda e melodrammatica mi rispose insieme ad ungrazioso sorriso aggrinzito. Distinsi nellombra lancellache dormiva colla bocca semiaperta, rantolante di un son-no pesante, seminudo il bel corpo agile e ambrato. Sedet-ti piano.

    *

    La lunga teoria dei suoi amori sfilava monotona aimiei orecchi. Antichi ritratti di famiglia erano sparsi sultavolo untuoso. Lagile forma di donna dalla pelle am-brata stesa sul letto ascoltava curiosamente, poggiata suigomiti come una Sfinge: fuori gli orti verdissimi tra imuri rosseggianti: noi soli tre vivi nel silenzio meridiano.

    *

    Era intanto calato il tramonto ed avvolgeva del suooro il luogo commosso dai ricordi e pareva consacrarlo.La voce della Ruffiana si era fatta man mano pi dolce, ela sua testa di sacerdotessa orientale compiaceva a pose

    Dino Campana - Canti orfici

    5Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    languenti. La magia della sera, languida amica del crimi-nale, era galeotta delle nostre anime oscure e i suoi fasti-gi sembravano promettere un regno misterioso. E la sa-cerdotessa dei piaceri sterili, lancella ingenua ed avida eil poeta si guardavano, anime infeconde inconsciamentecercanti il problema della loro vita. Ma la sera scendevamessaggio doro dei brividi freschi della notte.

    *

    Venne la notte e fu compita la conquista dellancella.Il suo corpo ambrato la sua bocca vorace i suoi ispidineri capelli a tratti la rivelazione dei suoi occhi atterritidi volutt intricarono una fantastica vicenda. Mentrepi dolce, gi presso a spegnersi ancora regnava nellalontananza il ricordo di Lei, la matrona suadente, la re-gina ancora ne la sua linea classica tra le sue grandi so-relle del ricordo: poi che Michelangiolo aveva ripiegatosulle sue ginocchia stanche di cammino colei che piega,che piega e non posa, regina barbara sotto il peso di tut-to il sogno umano, e lo sbattere delle pose arcane e vio-lente delle barbare travolte regine antiche aveva uditoDante spegnersi nel grido di Francesca l sulle rive deifiumi che stanchi di guerra mettono foce, nel mentresulle loro rive si ricrea la pena eterna dellamore. E lan-cella, lingenua Maddalena dai capelli ispidi e dagli oc-chi brillanti chiedeva in sussulti dal suo corpo sterile edorato, crudo e selvaggio, dolcemente chiuso nellumiltdel suo mistero. La lunga notte piena degli inganni dellevarie immagini.

    *

    Si affacciavano ai cancelli dargento delle prime av-venture le antiche immagini, addolcite da una vitadamore, a proteggermi ancora col loro sorriso di una

    6Letteratura italiana Einaudi

  • misteriosa incantevole tenerezza. Si aprivano le chiuseaule dove la luce affonda uguale dentro gli specchiallinfinito, apparendo le immagini avventurose dellecortigiane nella luce degli specchi impallidite nella loroattitudine di sfingi: e ancora tutto quello che era arido edolce, sfiorite le rose della giovinezza, tornava a riviveresul panorama scheletrico del mondo.

    *

    Nellodore pirico di sera di fiera, nellaria gli ultimiclangori, vedevo le antichissime fanciulle della prima il-lusione profilarsi a mezzo i ponti gettati da la citt alsobborgo ne le sere dellestate torrida: volte di tre quar-ti, udendo dal sobborgo il clangore che si accentua an-nunciando le lingue di fuoco delle lampade inquiete atrivellare latmosfera carica di luci orgiastiche: ora ad-dolcite: nel gi morto cielo dolci e rosate, alleggerite diun velo: cos come Santa Marta, spezzati a terra gli stru-menti, cessato gi sui sempre verdi paesaggi il canto cheil cuore di Santa Cecilia accorda col cielo latino, dolce erosata presso il crepuscolo antico ne la linea eroica de lagrande figura femminile romana sosta. Ricordi di zinga-re, ricordi damori lontani, ricordi di suoni e di luci:stanchezze damore, stanchezze improvvise sul letto diuna taverna lontana, altra culla avventurosa dincertezzae di rimpianto: cos quello che ancora era arido e dolce,sfiorite le rose de la giovinezza, sorgeva sul panoramascheletrico del mondo.

    *

    Ne la sera dei fuochi de la festa destate, ne la luce de-liziosa e bianca, quando i nostri orecchi riposavano ap-pena nel silenzio e i nostri occhi erano stanchi de le gi-randole di fuoco, de le stelle multicolori che avevano

    Dino Campana - Canti orfici

    7Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    lasciato un odore pirico, una vaga gravezza rossanellaria, e il camminare accanto ci aveva illanguiditi esal-tandoci di una nostra troppo diversa bellezza, lei fine ebruna, pura negli occhi e nel viso, perduto il barbagliodella collana dal collo ignudo, camminava ora a trattiinesperta stringendo il ventaglio. Fu attratta verso la ba-racca: la sua vestaglia bianca a fini strappi azzurri ondeg-gi nella luce diffusa, ed io seguii il suo pallore segnatosulla sua fronte dalla frangia notturna dei suoi capelli.Entrammo. Dei visi bruni di autocrati, rasserenati dallafanciullezza e dalla festa, si volsero verso di noi, profon-damente limpidi nella luce. E guardammo le vedute.Tutto era di unirrealt spettrale. Cerano dei panoramischeletrici di citt. Dei morti bizzarri guardavano il cieloin pose legnose. Una odalisca di gomma respirava som-messamente e volgeva attorno gli occhi didolo. E lodoreacuto della segatura che felpava i passi e il sussurrio dellesignorine del paese attonite di quel mistero. cos Pari-gi? Ecco Londra. La battaglia di Mukden. Noi guarda-vamo intorno: doveva essere tardi. Tutte quelle cose visteper gli occhi magnetici delle lenti in quella luce di sogno!Immobile presso a me io la sentivo divenire lontana estraniera mentre il suo fascino si approfondiva sotto lafrangia notturna dei suoi capelli. Si mosse. Ed io sentiicon una punta damarezza tosto consolata che mai pi lesarei stato vicino. La seguii dunque come si segue un so-gno che si ama vano: cos eravamo divenuti a un trattolontani e stranieri dopo lo strepito della festa, davanti alpanorama scheletrico del mondo.

    *

    Ero sotto lombra dei portici stillata di goccie e gocciedi luce sanguigna ne la nebbia di una notte di dicembre.A un tratto una porta si era aperta in uno sfarzo di luce.In fondo avanti posava nello sfarzo di unottomana rossa

    8Letteratura italiana Einaudi

  • il gomito reggendo la testa, poggiava il gomito reggendola testa una matrona, gli occhi bruni vivaci, le mammelleenormi: accanto una fanciulla inginocchiata, ambrata efine, i capelli recisi sulla fronte, con grazia giovanile, legambe lisce e ignude dalla vestaglia smagliante: e sopradi lei, sulla matrona pensierosa negli occhi giovani unatenda, una tenda bianca di trina, una tenda che sembravaagitare delle immagini, delle immagini sopra di lei, delleimmagini candide sopra di lei pensierosa negli occhi gio-vani. Sbattuto a la luce dallombra dei portici stillata digocce e gocce di luce sanguigna io fissavo astretto attoni-to la grazia simbolica e avventurosa di quella scena. Giera tardi, fummo soli e tra noi nacque una intimit liberae la matrona dagli occhi giovani poggiata per sfondo lamobile tenda di trina parl. La sua vita era un lungo pec-cato: la lussuria. La lussuria ma tutta piena ancora per leidi curiosit irraggiungibili. La femmina lo picchiettavatanto di baci da destra: da destra perch? Poi il piccionemaschio restava sopra, immobile?, dieci minuti, per-ch? Le domande restavano ancora senza risposta, allo-ra lei spinta dalla nostalgia ricordava ricordava a lungo ilpassato. Fin che la conversazione si era illanguidita, lavoce era taciuta intorno, il mistero della volutt aveva ri-vestito colei che lo rievocava. Sconvolto, le lagrime agliocchi io in faccia alla tenda bianca di trina seguivo segui-vo ancora delle fantasie bianche. La voce era taciuta in-torno. La ruffiana era sparita. La voce era taciuta. Certolavevo sentita passare con uno sfioramento silenziosostruggente. Avanti alla tenda gualcita di trina la fanciullaposava ancora sulle ginocchia ambrate, piegate piegatecon grazia di cinedo.

    *

    Faust era giovane e bello, aveva i capelli ricciuti. Lebolognesi somigliavano allora a medaglie siracusane e il

    Dino Campana - Canti orfici

    9Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    taglio dei loro occhi era tanto perfetto che amavanosembrare immobili a contrastare armoniosamente coilunghi riccioli bruni. Era facile incontrarle la sera per levie cupe (la luna illuminava allora le strade) e Faust alza-va gli occhi ai comignoli delle case che nella luce dellasembravano punti interrogativi e restava pensieroso allostrisciare dei loro passi che si attenuavano. Dalla vecchiataverna a volte che raccoglieva gli scolari gli piaceva udi-re tra i calmi conversari dellinverno bolognese, frigido enebuloso come il suo, e lo schioccare dei ciocchi e iguizzi della fiamma sullocra delle volte i passi frettolosisotto gli archi prossimi. Amava allora raccogliersi in uncanto mentre la giovine ostessa, rosso il guarnello e lebelle gote sotto la pettinatura fumosa passava e ripassa-va davanti a lui. Faust era giovane e bello. In un giornocome quello, dalla saletta tappezzata, tra i ritornelli degliorgani automatici e una decorazione floreale, dalla salet-ta udivo la folla scorrere e i rumori cupi dellinverno.Oh! ricordo!: ero giovine, la mano non mai quieta pog-giata a sostenere il viso indeciso, gentile di ansia e distanchezza. Prestavo allora il mio enigma alle sartine le-vigate e flessuose, consacrate dalla mia ansia del supre-mo amore, dallansia della mia fanciullezza tormentosaassetata. Tutto era mistero per la mia fede, la mia vitaera tutta unansia del segreto delle stelle, tutta un chi-narsi sullabisso . Ero bello di tormento, inquieto palli-do assetato errante dietro le larve del mistero. Poi fuggii.Mi persi per il tumulto delle citt colossali, vidi le bian-che cattedrali levarsi congerie enorme di fede e di sognocolle mille punte nel cielo, vidi le Alpi levarsi ancora co-me pi grandi cattedrali, e piene delle grandi ombre ver-di degli abeti, e piene della melodia dei torrenti di cuiudivo il canto nascente dallinfinito del sogno. Lass tragli abeti fumosi nella nebbia, tra i mille e mille ticchettile mille voci del silenzio svelata una giovine luce tra itronchi, per sentieri di chiare salivo: salivo alle Alpi,

    10Letteratura italiana Einaudi

  • sullo sfondo bianco delicato mistero. Laghi, lass tra gliscogli chiare gore vegliate dal sorriso del sogno, le chiaregore i laghi estatici delloblio che tu Leonardo fingevi. Iltorrente mi raccontava oscuramente la storia. Io fisso trale lance immobili degli abeti credendo a tratti vagareuna nuova melodia selvaggia e pure triste forse fissavo lenubi che sembravano attardarsi curiose un istante suquel paesaggio profondo e spiarlo e svanire dietro le lan-cie immobili degli abeti. E povero, ignudo, felice di es-sere povero ignudo, di riflettere un istante il paesaggioquale un ricordo incantevole ed orrido in fondo al miocuore salivo: e giunsi giunsi l fino dove le nevi delle Al-pi mi sbarravano il cammino. Una fanciulla nel torrentelavava, lavava e cantava nelle nevi delle bianche Alpi. Sivolse, mi accolse, nella notte mi am. E ancora sullosfondo le Alpi il bianco delicato mistero, nel mio ricor-do saccese la purit della lampada stellare, brill la lucedella sera damore.

    *

    Ma quale incubo gravava ancora su tutta la mia giovi-nezza? O i baci i baci vani della fanciulla che lavava, la-vava e cantava nella neve delle bianche Alpi! (le lagrimesalirono ai miei occhi al ricordo). Riudivo il torrente an-cora lontano: crosciava bagnando antiche citt desolate,lunghe vie silenziose, deserte come dopo un saccheggio.Un calore dorato nellombra della stanza presente, unachioma profusa, un corpo rantolante procubo nella not-te mistica dellantico animale umano. Dormiva lancelladimentica nei suoi sogni oscuri: come unicona bizanti-na, come un mito arabesco imbiancava in fondo il pallo-re incerto della tenda.

    Dino Campana - Canti orfici

    11Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    *

    E allora figurazioni di unantichissima libera vita, dienormi miti solari, di stragi di orgie si crearono avanti almio spirito. Rividi unantica immagine, una forma sche-letrica vivente per la forza misteriosa di un mito barba-ro, gli occhi gorghi cangianti vividi di linfe oscure, nellatortura del sogno scoprire il corpo vulcanizzato, duechiazze due fori di palle di moschetto sulle sue mam-melle estinte. Credetti di udire fremere le chitarre lnella capanna dassi e di zingo sui terreni vaghi dellacitt, mentre una candela schiariva il terreno nudo. Infaccia a me una matrona selvaggia mi fissava senza bat-ter ciglio. La luce era scarsa sul terreno nudo nel freme-re delle chitarre. A lato sul tesoro fiorente di una fan-ciulla in sogno la vecchia stava ora aggrappata come unragno mentre pareva sussurrare allorecchio parole chenon udivo, dolci come il vento senza parole della Pam-pa che sommerge. La matrona selvaggia mi aveva preso:il mio sangue tiepido era certo bevuto dalla terra: ora laluce era pi scarsa sul terreno nudo nellalito metalizza-to delle chitarre. A un tratto la fanciulla liberata esal lasua giovinezza, languida nella sua grazia selvaggia, gliocchi dolci e acuti come un gorgo. Sulle spalle dellabella selvaggia si illanguid la grazia allombra dei capel-li fluidi e la chioma augusta dellalbero della vita sitram nella sosta sul terreno nudo invitando le chitarreil lontano sonno. Dalla Pampa si ud chiaramente unbalzare uno scalpitare di cavalli selvaggi, il vento si udchiaramente levarsi, lo scalpitare parve perdersi sordonellinfinito. Nel quadro della porta aperta le stelle bril-larono rosse e calde nella lontananza: lombra delle sel-vaggie nellombra.

    12Letteratura italiana Einaudi

  • ii.il viaggio e il ritorno

    Salivano voci e voci e canti di fanciulli e di lussuriaper i ritorti vichi dentro dellombra ardente, al colle alcolle. A lombra dei lampioni verdi le bianche colossaliprostitute sognavano sogni vaghi nella luce bizzarra alvento. Il mare nel vento mesceva il suo sale che il ventomesceva e levava nellodor lussurioso dei vichi, e la bian-ca notte mediterranea scherzava colle enormi forme del-le femmine tra i tentativi bizzarri della fiamma di sveller-si dal cavo dei lampioni. Esse guardavano la fiamma ecantavano canzoni di cuori in catene. Tutti i preludiierano taciuti oramai. La notte, la gioia pi quieta dellanotte era calata. Le porte moresche si caricavano e si at-torcevano di mostruosi portenti neri nel mentre sullosfondo il cupo azzurro si insenava di stelle. Solitaria tro-neggiava ora la notte accesa in tutto il suo brulicame distelle e di fiamme. Avanti come una mostruosa feritaprofondava una via. Ai lati dellangolo delle porte, bian-che cariatidi di un cielo artificiale sognavano il viso pog-giato alla palma. Ella aveva la pura linea imperiale delprofilo e del collo vestita di splendore opalino. Con ra-pido gesto di giovinezza imperiale traeva la veste leggerasulle sue spalle alle mosse e la sua finestra scintillava inattesa finch dolcemente gli scuri si chiudessero su diuna duplice ombra. Ed il mio cuore era affamato di so-gno, per lei, per levanescente come lamore evanescen-te, la donatrice damore dei porti, la cariatide dei cieli diventura. Sui suoi divini ginocchi, sulla sua forma pallidacome un sogno uscito dagli innumerevoli sogni dellom-bra, tra le innumerevoli luci fallaci, lantica amica, leter-na Chimera teneva fra le mani rosse il mio antico cuore.

    Dino Campana - Canti orfici

    13Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    *

    Ritorno. Nella stanza ove le schiuse sue forme dai ve-larii della luce io cinsi, un alito tardato: e nel crepuscolola mia pristina lampada instella il mio cuor vago di ricor-di ancora. Volti, volti cui risero gli occhi a fior del so-gno, voi giovani aurighe per le vie leggere del sogno cheinghirlandai di fervore: o fragili rime, o ghirlandedamori notturni.... Dal giardino una canzone si rompein catena fievole di singhiozzi: la vena aperta: aridorosso e dolce il panorama scheletrico del mondo.

    *

    O il tuo corpo! il tuo profumo mi velava gli occhi: ionon vedevo il tuo corpo (un dolce e acuto profumo): l nelgrande specchio ignudo, nel grande specchio ignudo vela-to dai fumi di viola, in alto baciato di una stella di luce erail bello, il bello e dolce dono di un dio: e le timide mam-melle erano gonfie di luce, e le stelle erano assenti, e nonun Dio era nella sera damore di viola: ma tu leggera tusulle mie ginocchia sedevi, cariatide notturna di un incan-tevole cielo. Il tuo corpo un aereo dono sulle mie ginoc-chia, e le stelle assenti, e non un Dio nella sera damore diviola: ma tu nella sera damore di viola: ma tu chinati gliocchi di viola, tu ad un ignoto cielo notturno che avevi ra-pito una melodia di carezze. Ricordo cara: lievi come lalidi una colomba tu le tue membra posasti sulle mie nobilimembra. Alitarono felici, respirarono la loro bellezza, ali-tarono a una pi chiara luce le mie membra nella tua doci-le nuvola dai divini riflessi. O non accenderle! non accen-derle! Non accenderle: tutto vano vano il sogno: tutto vano tutto sogno: Amore, primavera del sogno sei solasei sola che appari nel velo dei fumi di viola. Come unanuvola bianca, come una nuvola bianca presso al mio cuo-re, o resta o resta o resta! Non attristarti o Sole!

    14Letteratura italiana Einaudi

  • Aprimmo la finestra al cielo notturno. Gli uomini co-me spettri vaganti: vagavano come gli spettri: e la citt(le vie le chiese le piazze) si componeva in un sogno ca-denzato, come per una melodia invisibile scaturita daquel vagare. Non era dunque il mondo abitato da dolcispettri e nella notte non era il sogno ridesto nelle poten-ze sue tutte trionfale? Qual ponte, muti chiedemmo,qual ponte abbiamo noi gettato sullinfinito, che tutto ciappare ombra di eternit? A quale sogno levammo lanostalgia della nostra bellezza? La luna sorgeva nella suavecchia vestaglia dietro la chiesa bizantina.

    iii. fine

    Nel tepore della luce rossa, dentro le chiuse aule dovela luce affonda uguale dentro gli specchi allinfinito fio-riscono sfioriscono bianchezze di trine. La portiera nellosfarzo smesso di un giustacuore verde, le rughe del voltopi dolci, gli occhi che nel chiarore velano il nero guar-da la porta dargento. Dellamore si sente il fascino inde-finito. Governa una donna matura addolcita da una vitadamore con un sor riso con un vago bagliore che negliocchi il ricordo delle lacrime della volutt. Passano nellaveglia opime di messi damore, leggere spole tessentifantasie multicolori, errano, polvere luminosa che posanellenigma degli specchi. La portiera guarda la portadargento. Fuori la notte chiomata di muti canti, palli-do amor degli erranti.

    Dino Campana - Canti orfici

    15Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    NOTTURNI

    16Letteratura italiana Einaudi

  • LA CHIMERA

    Non so se tra roccie il tuo pallidoViso mapparve, o sorrisoDi lontananze ignoteFosti, la china eburneaFronte fulgente o giovine 5Suora de la Gioconda:O delle primavereSpente, per i tuoi mitici palloriO Regina o Regina adolescente:Ma per il tuo ignoto poema 10Di volutt e di doloreMusica fanciulla esangue,Segnato di linea di sangueNel cerchio delle labbra sinuose,Regina de la melodia: 15Ma per il vergine capoReclino, io poeta notturnoVegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,Io per il tuo dolce misteroIo per il tuo divenir taciturno. 20Non so se la fiamma pallidaFu dei capelli il viventeSegno del suo pallore,Non so se fu un dolce vapore,Dolce sul mio dolore, 25Sorriso di un volto notturno:Guardo le bianche rocce le mute fonti dei ventiE limmobilit dei firmamentiE i gonfii rivi che vanno piangentiE lombre del lavoro umano curve l sui poggi algenti 30E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correntiE ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

    Dino Campana - Canti orfici

    17Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    GIARDINO AUTUNNALE (Firenze)

    Al giardino spettrale al lauro mutoDe le verdi ghirlandeA la terra autunnaleUn ultimo saluto!A laride pendici 5Aspre arrossate nellestremo soleConfusa di rumoriRauchi grida la lontana vita:Grida al morente soleChe insanguina le aiole. 10Sintende una fanfaraChe straziante sale: il fiume spareNe le arene dorate: nel silenzioStanno le bianche statue a capo i pontiVolte: e le cose gi non sono pi. 15E dal fondo silenzio come un coroTenero e grandiosoSorge ed anela in alto al mio balcone:E in aroma dalloro,In aroma dalloro acre languente, 20Tra le statue immortali nel tramontoElla mappar, presente.

    18Letteratura italiana Einaudi

  • LA SPERANZA (sul torrente notturno)

    Per lamor dei poetiPrincipessa dei sogni segretiNellali dei vivi pensieri ripeti ripetiPrincipessa i tuoi canti:O tu chiomata di muti canti 5Pallido amor degli errantiSoffoca gli inestinti piantiDa tregua agli amori segreti:Chi le taciturne porteGuarda che la Notte 10Ha aperte sullinfinito?Chinan lore: col sogno vanitoChina la pallida Sorte. . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . .

    Per lamor dei poeti, porteAperte de la morte 15Su linfinito!Per lamor dei poetiPrincipessa il mio sogno vanitoNei gorghi de la Sorte!

    Dino Campana - Canti orfici

    19Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    LINVETRIATA.

    La sera fumosa destateDallalta invetriata mesce chiarori nellombraE mi lascia nel cuore un suggello ardente.Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampa-da) chi haA la Madonnina del Ponte chi chi che ha acceso lalampada? cNella stanza un odor di putredine: cNella stanza una piaga rossa languente.Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste divelluto:E tremola la sera fatua: fatua la sera e tremola ma cNel cuore della sera cSempre una piaga rossa languente.

    20Letteratura italiana Einaudi

  • IL CANTO DELLA TENEBRA

    La luce del crepuscolo si attenua:Inquieti spiriti sia dolce la tenebraAl cuore che non ama pi!Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare,Sorgenti, sorgenti che sanno 5Sorgenti che sanno che spiriti stannoChe spiriti stanno a ascoltare......Ascolta: la luce del crepuscolo attenuaEd agli inquieti spiriti dolce la tenebra:Ascolta: ti ha vinto la Sorte: 10Ma per i cuori leggeri unaltra vita alle porte:Non c di dolcezza che possa uguagliare la MortePi Pi PiIntendi chi ancora ti culla:Intendi la dolce fanciulla 15Che dice allorecchio: Pi PiEd ecco si leva e scompareIl vento: ecco torna dal mareEd ecco sentiamo ansimareIl cuore che ci am di pi! 20Guardiamo: di gi il paesaggioDegli alberi e lacque notturnoIl fiume va via taciturno......Pm! mamma quellomo lass!

    Dino Campana - Canti orfici

    21Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    LA SERA DI FIERA

    Il cuore stasera mi disse: non sai?La rosabruna incantevoleDorata da una chioma bionda:E dagli occhi lucenti e bruni colei che di grazia ImperialeIncantava la roseaFreschezza dei mattini:E tu seguivi nellariaLa fresca incarnazione di un mattutino sogno:E soleva vagare quando il sognoE il profumo velavano le stelle(Che tu amavi guardar dietro i cancelliLe stelle le pallide notturne):Che soleva passare silenziosaE bianca come un volo di colombeCerto morta: non sai?Era la notteDi fiera della perfida BabeleSalente in fasci verso un cielo affastellato un paradiso difiammaIn lubrici fischi grotteschiE tintinnare dangeliche campanelleE gridi e voci di prostituteE pantomime dOfeliaStillate dallumile pianto delle lampade elettriche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Una canzonetta volgaruccia era mortaE mi aveva lasciato il cuore nel doloreE me ne andavo errando senzamoreLasciando il cuore mio di porta in porta:Con Lei che non nata eppure mortaE mi ha lasciato il cuore senzamore:Eppure il cuore porta nel dolore:Lasciando il cuore mio di porta in porta.

    22Letteratura italiana Einaudi

  • LA PETITE PROMENADE DU POTE

    Me ne vado per le stradeStrette oscure e misteriose:Vedo dietro le vetrateAffacciarsi Gemme e Rose.Dalle scale misteriose 5C chi scende brancolando:Dietro i vetri rilucentiStan le ciane commentando.. . . . . . . . . . .La stradina solitaria: 10Non c un cane: qualche stellaNella notte sopra i tetti:E la notte mi par bella.E cammino poverettoNella notte fantasiosa, 15Pur mi sento nella boccaLa saliva disgustosa. Via dal tanfoVia dal tanfo e per le stradeE cammina e via cammina,Gi le case son pi rade. 20Trovo lerba: mi ci stendoA conciarmi come un cane:Da lontano un ubriacoCanta amore alle persiane.

    Dino Campana - Canti orfici

    23Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    LA VERNA

    24Letteratura italiana Einaudi

  • i.la verna (diario)

    15 Settembre (per la strada di Campigno)

    Tre ragazze e un ciuco per la strada mulattiera chescendono. I complimenti vivaci degli stradini che ripara-no la via. Il ciuco che si voltola in terra. Le risa. Le im-precazioni montanine. Le roccie e il fiume

    . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Castagno, 17 Settembre

    La Falterona ancora avvolta di nebbie. Vedo solocanali rocciosi che le venano i fianchi e si perdono nelcielo di nebbie che le onde alterne del sole non riesconoa diradare. La pioggia reso cupo il grigio delle monta-gne. Davanti alla fonte hanno stazionato a lungo i Casta-gnini attendendo il sole, aduggiati da una notte di piog-gia nelle loro stamberghe allagate. Una ragazza inciabatte passa che dice rimessamente: un giorno la pienaci porter tutti. Il torrente gonfio nel suo rumore cupocommenta tutta questa miseria. Guardo oppresso le roc-cie ripide della Falterona: dovr salire, salire. Nel pre-sbiterio trovo una lapide ad Andrea del Castagno. Micolpisce il tipo delle ragazze: viso legnoso, occhi cupi in-cavati, toni bruni su toni giallognoli: contrasta con unacos semplice antica grazia toscana del profilo e del colloche riesce a renderle piacevoli! forse. Come differente lasera di Campigno: come mistico il paesaggio, come bellala povert delle sue casupole! Come incantate erano sor-te per me le stelle nel cielo dallo sfondo lontano dei dol-ci avvallamenti dove sfumava la valle barbarica, dondeveniva il torrente inquieto e cupo di profondit! Io sen-tivo le stelle sorgere e collocarsi luminose su quel miste-ro. Alzando gli occhi alla roccia a picco altissima che si

    Dino Campana - Canti orfici

    25Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    in tagliava in un semicerchio dentato contro il violettocrepuscolare, arco solitario e magnifico teso in forza dicatastrofe sotto gli ammucchiamenti inquieti di rocceallagguato dellinfinito, io non ero non ero rapito discoprire nel cielo luci ancora luci. E, mentre il tempofuggiva invano per me, un canto, le lunghe onde di untriplice coro salienti a lanci la roccia, trattenute ai confi-ni dorati della notte dalleco che nel seno petroso lerifondeva allungate, perdute.

    Il canto fu breve: una pausa, un commento improvvi-so e misterioso e la montagna riprese il suo sogno cata-strofico. Il canto breve: le tre fanciulle avevano espressodisperatamente nella cadenza millenaria la loro penabreve ed oscura e si erano taciute nella notte! Tutte le fi-nestre nella valle erano accese. Ero solo.

    Le nebbie sono scomparse: esco. Mi rallegra il buonodore casalingo di spigo e di lavanda dei paesetti tosca-ni. La chiesa ha un portico a colonnette quadrate di sas-so intero, nudo ed elegante, semplice e austero, veramente toscano. Tra i cipressi scorgo altri portici. Su unacosta una croce apre le braccia ai vastissimi fianchi dellaFalterona, spoglia di macchie,che scopre la sua costrut-tura sassosa. Con una fiamma pallida e fulva bruciano leerbe del camposanto.

    Sulla Falterona, (Giogo)

    La Falterona verde nero e argento: la tristezza solen-ne della Falterona che si gonfia come un enorme caval-lone pietrificato, che lascia dietro a s una cavalleria discrepola ture screpolature e screpolature nella roccia fi-no ai ribollimenti arenosi di colline laggi sul piano diToscana: Castagno, casette di macigno disperse a mezzacosta, finestre che ho visto accese: cos a le creature delpaesaggio cubistico, in luce appena dorata di occhi in-

    26Letteratura italiana Einaudi

  • terni tra i fini capelli vegetali il rettangolo della testa inlinea occultamente fine dai fini tratti traspare il sorrisodi Cerere bionda: limpidi sotto la linea del sopra ciglionero i chiari occhi grigi: la dolcezza della linea delle lab-bra, la serenit del sopra ciglio memoria della poesia to-scana che fu.

    (Tu gi avevi compreso o Leonardo, o divino primitivo!)

    Campigna, foresta della Falterona

    (Le case quadrangolari in pietra viva costruite dai Lo-rena restano vuote e il viale dei tigli d un tono romanti-co alla solitudine dove i potenti della terra si sono fab-bricate le loro dimore. La sera scende dalla cresta alpinae si accoglie nel seno verde degli abeti).

    Dal viale dei tigli io guardavo accendersi una stellasolitaria sullo sprone alpino e la selva antichissima ad-densare lombra e i profondi frusci del silenzio. Dallacresta acuta del cielo, sopra il mistero assopito della sel-va io scorsi andando pel viale dei tigli la vecchia amicaluna che sorgeva in nuova veste rossa di fumi di rame: erisalutai lamica senza stupore come se le profondit sel-vaggie dello sprone lattendessero levarsi dal paesaggioignoto. Io per il viale dei tigli andavo intanto difeso dagliincanti mentre tu sorgevi e sparivi dolce amica luna, so-litario e fumigante vapore sui barbari recessi. E nonguardai pi la tua strana faccia ma volli andare ancora alungo pel viale se udissi la tua rossa aurora nel sospirodella vita notturna delle selve.

    Stia, 20 Settembre

    Nellalbergo un vecchio milanese cavaliere parla deisuoi amori lontani a una signora dai capelli bianchi e dal

    Dino Campana - Canti orfici

    27Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    viso di bambina. Lei calma gli spiega le stranezze delcuore: lui ancora stupisce e si affanna: qua nellanticopaese chiuso dai boschi. Ho lasciato Castagno: ho salitola Falterona lentamente seguendo il corso del torrenterubesto: ho riposato nella limpidezza angelica dellaltamontagna addolcita di toni cupi per la pioggia recente,ingemmata nel cielo coi contorni nitidi e luminosi che mifacevano sognare davanti alle colline dei quadri antichi.Ho sostato nelle case di Campigna. Son sceso per inter-minabili valli selvose e deserte con improvvisi sfondi diun paesaggio promesso, un castello isolato e lontano: e alfine Stia, bianca elegante tra il verde, melodiosa di castel-li sereni: il primo saluto della vita felice del paese nuovo:la poesia toscana ancor viva nella piazza sonante di vocitranquille, vegliata dal castello antico: le signore ai balco-ni poggiate il puro profilo languidamente nella sera: loradi grazia della giornata, di riposo e di oblio.

    Al di fuori si fatta la quiete: il colloquio fraterno delcavaliere continua:

    Comme deux ennemis rompusQue leur haine ne soutient plusEt qui laissent tomber leurs armes!

    21 Settembre (presso la Verna)Io vidi dalle solitudini mistiche staccarsi una tortora e

    volare distesa verso le valli immensamente aperte. Ilpaesaggio cristiano segnato di croci inclinate dal ventone fu vivificato misteriosamente. Volava senza finesullali distese, leggera come una barca sul mare. Addiocolomba, addio! Le altissime colonne di roccia dellaVerna si levavano a picco grige nel crepuscolo, tuttin-torno rinchiuse dalla foresta cupa.

    Incantevolmente cristiana fu lospitalit dei contadinil presso. Sudato mi offersero acqua. In unora arrive-

    28Letteratura italiana Einaudi

  • rete alla Verna, se Dio vole. Una ragazzina mi guardavacogli occhi neri un p tristi, attonita sotto lampio cap-pello di paglia. In tutti un raccoglimento inconscio, unaserenit conventuale addolciva a tutti i tratti del volto.Ricorder per molto tempo ancora la ragazzina e i suoiocchi conscii e tranquilli sotto il cappellone monacale.

    Sulle stoppie interminabili sempre pi alte si alzavanole torri naturali di roccia che reggevano la casetta con-ventuale rilucente di dardi di luce nei vetri occidui.

    Si levava la fortezza dello spirito, le enormi rocce get-tate in cataste da una legge violenta verso il cielo, pacifi-cate dalla natura prima che le aveva coperte di verdi sel-ve, purificate poi da uno spirito damore infinito: lameta che aveva pacificato gli urti dellideale che avevanofatto strazio, a cui erano sacre pure supreme commozio-ni della mia vita.

    22 Settembre (La Verna)

    Francesca B. O divino santo Francesco pregate perme peccatrice. 20 Agosto 189...

    Me ne sono andato per la foresta con un ricordo ri-sentendo la prima ansia. Ricordavo gli occhi vittoriosi, lalinea delle ciglia: forse mai non aveva saputo: ed ora laritrovavo al termine del mio pellegrinaggio che rompevain una confessione cos dolce, lass lontano da tutto.Era scritta a met del corridoio dove si svolge la ViaCrucis della vita di S. Francesco: (dalle inferriate salelalito gelido degli antri). A met, davanti alle semplicifigure damore il suo cuore si era aperto ad un grido aduna lacrima di passione, cos il destino era consumato!

    Antri profondi, fessure rocciose dove una scaletta dipietra si sprofonda in unombra senza memoria, ripidicolossali bassorilievi di colonne nel vivo sasso: e nellachiesa langiolo, purit dolce che il giglio divide e la Ver-

    Dino Campana - Canti orfici

    29Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    gine eletta, e un cirro azzurreggia nel cielo e un anforaclassica rinchiude la terra ed i gigli: che appare nelloscorcio giusto in cui appare il sogno, e nella nuvola bian-ca della sua bellezza che posa un istante il ginocchio aterra, lass cos

    presso al cielo:. . . . . . . . . . . . . . . . .stradine solitarie tra gli alti colonnarii dalberi conten-

    te di una lieve stria di sole. . . . . . . . . finch io l giunsi indove avanti a una vastit velata di

    paesaggio una divina dolcezza notturna mi si discoprnel mattino, tutto velato di chiare il verde, sfumato e di-gradante allinfinito: e pieno delle potenze delle sue pro-filate catene notturne. Caprese, Michelangiolo, colei chetu piegasti sulle sue ginocchia stanche di cammino, chepiega che piega e non posa, nella sua posa arcana comele antiche sorelle, le barbare regine antiche sbattute nelturbine del canto di Dante, regina barbara sotto il pesodi tutto il sogno umano.. . . . . . . . . . . .

    . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Il corridoio, alitato dal gelo degli antri, si veste tuttodella leggenda Francescana. Il santo appare come lom-bra di Cristo, rassegnata, nata in terra dumanesimo, cheaccetta il suo destino nella solitudine. La sua rinuncia semplice e dolce: dalla sua solitudine intona il canto allanatura con fede: Frate Sole, Suor Acqua, Frate Lupo.Un caro santo italiano. Ora hanno rivestito la sua cap-pella scavata nella viva roccia. Corre tuttintorno un ta-volato di noce dove con malinconia potente un frate.....da Bibbiena intarsi mezze figure di santi monaci. Lasemplicit bizzarra del disegno bianco risalta quandoloro del tramonto tenta di versarsi dallinvetriata prossi-ma nella penombra della cappella. Acquistano alloraquei sommarii disegni un fascino bizzarro e nostalgico.Bianchi sul tono ricco del noce sembrano rilevarsi i pro-

    30Letteratura italiana Einaudi

  • fili ieratici dal breve paesaggio claustrale da cui sorgonodecollati, figure di una santit fatta spirito, linee rigideenigmatiche di grandi anime ignote. Un frate decrepitonella tarda ora si trascina nella penombra dellaltare, si-lenzioso nel saio villoso, e prega le preghiere dottantaanni damore. Fuori il tramonto sintorbida. Strie mi-nacciose di ferro si gravano sui monti prospicenti lonta-ne. Il sogno al termine e lanima improvvisamente solacerca un appoggio una fede nella triste ora. Lontano sivedono lentamente sommergersi le vedette mistiche eguerriere dei castelli del Casentino. Intorno un grandesilenzio un grande vuoto nella luce falsa dai freddi ba-gliori che ancora guizza sotto le strette della penombra.E corre la memoria ancora alle signore gentili dalle bian-che braccia ai balconi laggi: come in un sogno: come inun sogno cavalleresco!

    Esco: il piazzale deserto. Seggo sul muricciolo. Fi-gure vagano, facelle vagano e si spengono: i frati si con-gedano dai pellegrini. Un alito continuo e leggero soffiadalla selva in alto, ma non si ode n il frusciare dellamassa oscura n il suo fluire per gli antri. Una campanadalla chiesetta francescana tintinna nella tristezza delchiostro: e pare il giorno dallombra, il giorno piagnerche si muore.

    Dino Campana - Canti orfici

    31Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    ii.ritorno

    SALGO (nello spazio, fuori del tempo)

    Lacqua il ventoLa sanit delle prime cose Il lavoro umano sullelementoLiquido la natura che conduceStrati di rocce su strati il ventoChe scherza nella valle ed ombra del ventoLa nuvola il lontano ammonimentoDel fiume nella valle E la rovina del contrafforte la franaLa vittoria dellelemento il ventoChe scherza nella valle.Su la lunghissima valle che sale in scaleLa casetta di sasso sul faticoso verde:La bianca immagine dellelemento.

    La tellurica melodia della Falterona. Le onde telluri-che. Lultimo asterisco della melodia della Falteronasinselva nelle nuvole. Su la costa lontana traluce la lineavittoriosa dei giovani abeti, lavanguardia dei gigantigiovinetti serrati in battaglia, felici nel sole lungo la lun-ga costa torrenziale. In fondo, nel frusciar delle nere sel-ve sempre pi avanti accampanti lo scoglio enorme chesi ripiega grottesco su s stesso, pachiderma a quattrozampe sotto la massa oscura: la Verna. E varco e varco.

    Campigno: paese barbarico, fuggente, paese nottur-no, mistico incubo del caos. Il tuo abitante porge la not-te dellantico animale umano nei suoi gesti. Nelle tuemosse montagne lelemento grottesco profila: un ga-glioffo, una grossa puttana fuggono sotto le nubi in cor-sa. E le tue rive bianche come le nubi, triangolari, curve

    32Letteratura italiana Einaudi

  • come gonfie vele: paese barbarico, fuggente, paese not-turno, mistico incubo del Caos.

    . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Riposo ora per lultima volta nella solitudine della fo-resta. Dante la sua poesia di movimento, mi torna tuttain memoria. O pellegrino, o pellegrini che pensosi anda-te! Catrina, bizzarra figlia della montagna barbarica,della conca rocciosa dei venti, come dolce il tuo pian-to: come dolce quando tu assistevi alla scena di doloredella madre, della madre che aveva morto lultimo figlio.Una delle pie donne a lei dintorno, inginocchiata cerca-va di consolarla: ma lei non voleva essere consolata, malei gettata a terra voleva piangere tutto il suo pianto. Fi-gura del Ghirlandaio, ultima figlia della poesia toscanache fu, tu scesa allora dal tuo cavallo tu allora guardavi:tu che nella profluvie ondosa dei tuoi capelli salivi, salivicon la tua compagnia, come nelle favole dantica poesia:e gi dimentica dellamor del poeta.

    Monte Filetto 25 Settembre

    Un usignolo canta tra i rami del noce. Il poggio troppo bello sul cielo troppo azzurro. Il fiume canta be-ne la sua cantilena. E unora che guardo lo spazio laggie la strada a mezza costa del poggio che vi conduce.Quass abitano i falchi. La pioggia leggera destate bat-teva come un ricco accordo sulle foglie del noce. Ma lefoglie dellacacia albero caro alla notte si piegavano sen-za rumore come unombra verde. Lazzurro si apre traquesti due alberi. Il noce davanti alla finestra della miastanza. Di notte sembra raccogliere tutta lombra e cur-vare le cupe foglie canore come una messe di canti sultronco rotondo lattiginoso quasi umano: lacacia sa pro-filarsi come un chimerico fumo. Le stelle danzavano sul

    Dino Campana - Canti orfici

    33Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    poggio deserto. Nessuno viene per la strada. Mi piacedai balconi guardare la campagna deserta abitata da al-beri sparsi, anima della solitudine forgiata di vento. Og-gi che il cielo e il paesaggio erano cos dolci dopo lapioggia pensavo alle signorine di Maupassant e di Jam-mes chine lovale pallido sulla tapezzeria memore e sullestampe. Il fiume riprende la sua cantilena. Vado via.Guardo ancora la finestra: la costa un quadretto doronello squittire dei falchi.

    Presso Campigno (26 Settembre)

    Per rendere il paesaggio, il paese vergine che il fiumedocile a valle solo riempie del suo rumore di tremiti fre-schi, non basta la pittura, ci vuole lacqua, lelementostesso, la melodia docile dellacqua che si stende tra leforre allampia rovina del suo letto, che dolce come lan-tica voce dei venti incalza verso le valli in curve regali:poi ch essa qui veramente la regina del paesaggio.

    . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Valderv una costa interamente alpina che scende atratti a dirupi e getta sullacqua il suo piedistallo come lazanna del leone. Lacqua volge con tonfi chiari e profon-di lasciando lalto scenario pastorale di grandi alberi ecolline.

    . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Ecco le rocce, strati su strati, monumenti di tenaciasolitaria che consolano il cuore degli uomini. E dolce mi sembrato il mio destino fuggitivo al fascino dei lontanimiraggi di ventura che ancora arridono dai monti azzur-ri: e a udire il sussurrare dellacqua sotto le nude roccie,fresca ancora delle profondit della terra. Cos conoscouna musica dolce nel mio ricordo senza ricordarmene

    34Letteratura italiana Einaudi

  • neppure una nota: so che si chiama la partenza o il ritor-no: conosco un quadro perduto tra lo splendore dellar-te fiorentina colla sua parola di dolce nostalgia: il fi-gliuol prodigo allombra degli alberi della casa paterna.Letteratura? Non so. Il mio ricordo, lacqua cos. Do-po gli sfondi spirituali senza spirito, dopo loro crepu-scolare, dolce come il canto dellonnipresente tenebra il canto dellacqua sotto le rocce: cos come dolce lele-mento nello splendore nero degli occhi delle verginispagnole: e come le corde delle chitarre di Spagna..... Ri-bera, dove vidi le tue danze arieggiate di secchi accordi?Il tuo satiro aguzzo alla danza dei vittoriosi accordi? Ein contro laltra tua faccia, il cavaliere della morte, laltratua faccia cuore profondo, cuore danzante, satiro cintodi pampini danzante nella sacra oscenit di Sileno? Nu-de scheletriche stampe, sulla rozza parete in un meriggiotorrido fantasmi della pietra....

    . . . . . . . . . . . . . . .

    Ascolto. Le fontane hanno taciuto nella voce del ven-to. Dalla roccia cola un filo dacqua in un incavo. Il ven-to allenta e raffrena il morso del lontano dolore. Eccoson volto. Tra le rocce crepuscolari una forma nera cor-nuta immobile mi guarda immobile con occhi doro.

    . . . . . . . . . . . . . .

    Laggi nel crepuscolo la pianura di Romagna. O don-na sognata, donna adorata, donna forte, profilo nobilita-to di un ricordo di immobilit bizantina, in linee dolci epotenti testa nobile e mitica dorata dellenigma dellesfingi: occhi crepuscolari in paesaggio di torri l sognatisulle rive della guerreggiata pianura, sulle rive dei fiumibevuti dalla terra avida l dove si perde il grido di Fran-cesca:dalla mia fanciullezza una voce liturgica risuonavain preghiera lenta e commossa: e tu da quel ritmo sacroa me commosso sorgevi, gi inquieto di vaste pianure, di

    Dino Campana - Canti orfici

    35Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    lontani miracolosi destini: risveglia la mia speranzasullinfinito della pianura o del mare sentendo aleggiareun soffio di grazia: nobilt carnale e dorata, profonditdorata degli occhi: guerriera, amante, mistica, benignadi nobilt umana antica Romagna.

    . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Lacqua del mulino corre piana e invisibile nella gora.Rivedo un fanciullo, lo stesso fanciullo, laggi stesosullerba. Sembra dormire. Ripenso alla mia fanciullez-za: quanto tempo trascorso da quando i bagliori ma-gnetici delle stelle mi dissero per la prima volta dellinfi-nit delle morti!...... Il tempo scorso, si addensato, scorso: cos come lacqua scorre, immobile per quel fan-ciullo: lasciando dietro a s il silenzio, la gora profonda euguale: conservando il silenzio come ogni giorno lom-bra......

    Quel fanciullo o quella immagine proiettata dalla mianostalgia? Cos immobile laggi: come il mio cadavere.

    Marradi (Antica volta. Specchio velato)

    Il mattino arride sulle cime dei monti. In alto sulle cu-spidi di un triangolo desolato si illumina il castello, pi al-to e pi lontano. Venere passa in barroccio accoccolataper la strada conventuale. Il fiume si snoda per la valle:rotto e muggente a tratti canta e riposa in larghi specchidazzurro: e pi veloce trascorre le mura nere (una cupolarossa ride lontana con il suo leone) e i campanili si affolla-no e nel nereggiare inquieto dei tetti al sole una lunga ve-randa che ha messo un commento variopinto di archi!

    36Letteratura italiana Einaudi

  • Presso Marradi (ottobre)

    Son capitato in mezzo a bona gente. La finestra dellamia stanza che affronta i venti: e la...... e il figlio, poverouccellino dai tratti dolci e dallanima indecisa, poverouccellino che trascina una gamba rotta, e il vento chebatte alla finestra dallorizzonte annuvolato i monti lon-tani ed alti, il rombo monotono del vento. Lontano ca-duta la neve...... La padrona zitta mi rif il letto aiutatadalla fanticella. Monotona dolcezza della vita patriarca-le. Fine del pellegrinaggio.

    IMMAGINI DEL VIAGGIO E DELLA MONTAGNA

    ... poi che nella sorda lotta notturnaLa pi potente anima seconda ebbe frante le nostrecateneNoi ci svegliammo piangendo ed era lazzurro mattino:Come ombre deroi veleggiavano:De lalba non ombre nei puri silenziiDe lalbaNei puri pensieriNon ombreDe lalba non ombre:Piangendo: giurando noi fede allazzurro. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .Pare la donna che siede pallida giovine ancoraSopra dellerta ultima presso la casa antica:Avanti a lei incerte si snodano le valliVerso le solitudini alte de gli orizzonti:La gentile canuta il cuculo sente a cantare.E il semplice cuore provato negli anniA le melodie della terra

    Dino Campana - Canti orfici

    37Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    Ascolta quieto: le noteGiungon, continue ambigue come in un velo di seta.Da selve oscure il torrenteSorte ed in torpidi gorghi la chiostra di rocceLambe ed involge aereo cilestrino....E il cuculo cola pi lento due note velateNel silenzio azzurrino. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .Laria ride: la tromba a valle i montiSquilla: la massa degli scorridoriSi scioglie: ha vivi lanci: i nostri cuoriBalzano: e grida ed oltrevarca i ponti.E dalle altezze agli infiniti alboriVigili, calan trepidi pei monti,Tremuli e vaghi nelle vive fonti,Gli echi dei nostri due sommessi cuori.....Hanno varcato in lunga teoria:Nellaria non so qual bacchico cantoSalgono: e dietro a loro il monte introna:. . . . . . . . . . . . . . . . .E si distingue il loro verde canto.. . . . . . . . . . . . . . . . . .Andar, de lacque ai gorghi, per la chinaValle, nel sordo mormorar sfiorato:Seguire unala stanca per la chinaValle che batte e volge: desolatoAndar per valli, in fin che in azzurrinaSerenit, dallaspre rocce datoUn Borgo in grigio e vario torreggiareAllalterno pensier pare e dispare,Sovra larido sogno, serenato!O se come il torrente che rovinaE si riposa nellazzurro eguale,Se tale a le tue mura la proclinaAnima al nulla nel suo andar fatale,

    38Letteratura italiana Einaudi

  • Se alle tue mura in pace cristallinaTender potessi, in una pace uguale,E il ricordo specchiar di una divinaSerenit perduta o tu immortaleAnima! o Tu!. . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . .La messe, intesa al misterioso coroDel vento, in vie di lunghe onde tranquilleMuta e gloriosa per le mie pupilleDiscioglie il grembo delle luci doro.O Speranza! O Speranza! a mille a milleSplendono nellestate i frutti! un coroCh incantato, al suo murmure, canoroChe vive per miriadi di faville!....

    Ecco la notte: ed ecco vigilarmiE luci e luci: ed io lontano e solo:Quieta la messe, verso linfinito(Quieto lo spirto) vanno muti carmiA la notte: a la notte: intendo: SoloOmbra che torna, chera dipartito.....

    VIAGGIO A MONTEVIDEO

    Io vidi dal ponte della naveI colli di SpagnaSvanire, nel verdeDentro il crepuscolo doro la bruna terra celandoCome una melodia:Dignota scena fanciulla solaCome una melodiaBlu, su la riva dei colli ancora tremare una viola.....Illanguidiva la sera celeste sul mare:Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dellale

    Dino Campana - Canti orfici

    39Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    Varcaron lentamente in un azzurreggiare:....Lontani tinti dei varii coloriDai pi lontani silenziiNe la celeste sera varcaron gli uccelli doro: la naveGi cieca varcando battendo la tenebraCoi nostri naufraghi cuoriBattendo la tenebra lale celeste sul mare.Ma un giornoSalirono sopra la nave le gravi matrone di SpagnaDa gli occhi torbidi e angeliciDai seni gravidi di vertigine. QuandoIn una baia profonda di unisola equatorialeIn una baia tranquilla e profonda assai pi del cielonotturnoNoi vedemmo sorgere nella luce incantataUna bianca citt addormentataAi piedi dei picchi altissimi dei vulcani spentiNel soffio torbido dellequatore: finchDopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,Dopo molto cigolo di catene e molto acceso fervoreNoi lasciammo la citt equatorialeVerso linquieto mare notturno.Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le naviGravi di vele molli di caldi soffi incontro passavanolente:S presso di sul cassero a noi ne appariva bronzinaUna fanciulla della razza nuova,Occhi lucenti e le vesti al vento! ed ecco: selvaggia a la fi-ne di un [giorno che apparveLa riva selvaggia l gi sopra la sconfinata marina:E vidi come cavalleVertiginose che si scioglievano le duneVerso la prateria senza fineDeserta senza le case umaneE noi volgemmo fuggendo le dune che apparveSu un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume,Del continente nuovo la capitale marina.

    40Letteratura italiana Einaudi

  • Limpido fresco ed elettrico era il lumeDella sera e l le alte case parevan deserteLaggi sul mar del pirataDe la citt abbandonataTra il mare giallo e le dune. . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . .

    FANTASIA SU UN QUADRO DARDENGO SOFFICI

    Faccia, zig zag anatomico che oscuraLa passione torva di una vecchia lunaChe guarda sospesa al soffittoIn una taverna caf chantantDAmerica: la rossa velocitDi luci funambola che tangaSpagnola cinerinaIsterica in tango di luci si disf:Che guarda nel caf chantantDAmerica:Sul piano martellato treFiammelle rosse si sono accese da s.

    FIRENZE(Uffizii)

    Entro dei ponti tuoi multicoloriLArno presago quietamente arenaE in riflessi tranquilli frange appenaArchi severi tra sfiorir di fiori.. . . . . . . . . . . . . . .

    Azzurro larco dellintercolonnoTrema rigato tra i palazzi eccelsi:

    Dino Campana - Canti orfici

    41Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    Candide righe nellazzurro: persiVoli: su bianca giovent in colonne.

    BATTE BOTTE

    Ne la naveChe si scuote,Con le navi che percuoteDi unauroraSulla proraSplende un occhioIncandescente:(Il mio passoSolitarioBeve lombraPer il Quais)Ne la luceUniformeDa le naviA la cittSolo il passoChe a la notteSolitarioSi percuotePer la notteDalle naviSolitarioRipercuote:Cos vastaCos ambiguaPer la notteCos pura!Lacqua (il mareChe nesala?)A le rotte

    42Letteratura italiana Einaudi

  • Ne la notteBatte: ciecoPer le rotteDentro locchioDisumanoDe la notteDi un destinoNe la nottePi lontanoPer le rotteDe la notteIl mio passoBatte botte.

    FIRENZE

    Fiorenza giglio di potenza virgulto primaverile. Lemattine di primavera sullArno. La grazia degli adole-scenti (che non grazia al mondo che vinca tua graziadAprile), vivo vergine continuo alito, fresco che vivificai marmi e fa nascere Venere Botticelliana: I pollini deldesiderio gravi da tutte le forme scultoree della bellezza,lalto Cielo spirituale, le linee delle colline che vagano,insieme a la nostalgia acuta di dissolvimento alitata dallebianche forme della bellezza: mentre pure nostra la di-vinit del sentirsi oltre la musica, nel sogno abitato diimmagini plastiche!

    *

    LArno qui ancora ha tremiti freschi: poi lo occupaun silenzio dei pi profondi: nel canale delle colline bas-se e monotone toccando le piccole citt etrusche, ugualeoramai sino alle foci, lasciando i bianchi trofei di Pisa, ilduomo prezioso traversato dalla trave colossale, che

    Dino Campana - Canti orfici

    43Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    chiude nella sua nudit un cos vasto soffio marino. ASigna nel ronzo musicale e assonnante ricordo quelprofondo silenzio: il silenzio di unepoca sepolta, di unacivilt sepolta: e come una fanciulla etrusca possa rattri-stare il paesaggio...

    *

    Nel vico centrale osterie malfamate, botteghe di rigat-tieri, bislacchi ottoni disparati. Unosteria sempre deser-ta di giorno mostra la sera dietro la vetrata un affaccen-darsi di figure losche. Grida e richiami beffardi e brutalisi spandono pel vico quando qualche avventore entra.In faccia nel vico breve e stretto c una finestra, unica,ad inferriata, nella parete rossa corrosa di un vecchio pa-lazzo, dove dietro le sbarre si vedono affacciati dei visiebeti di prostitute disfatte a cui il belletto d un aspettotragico di pagliacci. Quel passaggio deserto, fetido di unorinatoio, della muffa dei muri corrosi, ha per sola pro-spettiva in fondo losteria. I pagliacci ritinti sembranoseguire curiosamente la vita che si svolge dietro linve-triata, tra il fumo delle pastasciutte acide, le risa deimantenuti dalle femmine e i silenzii improvvisi che pro-voca la squadra mobile: Tre minorenni dondolano mo-notonamente le loro grazie precoci. Tre tedeschi irsutisparuti e scalcagnati seggono compostamente attorno adun litro. Uno di loro dalla faccia di Cristo rivestito dauna tunica da prete (!) che tiene raccolta sulle ginocchia.Fumo acre delle pastasciutte: tinnire di piatti e di bic-chieri: risa dei maschi dalle dita piene di anelli che si la-sciano accarezzare dalle femmine, ora che hanno man-giato. Passano le serve nellaria acre di fumo gettandoun richiamo musicale: Pastee. In un quadro a bianco enero una ragazza bruna con una chitarra mostra i denti eil bianco degli occhi appesa in alto. Serenata sui Lun-garni. Minveste un soffio stanco dalle colline fiorentine:

    44Letteratura italiana Einaudi

  • porta un profumo di corolle smorte, misto a un odor dilacche e di vernici di pitture antiche, percettibile appena(Mereskoswki).

    FAENZA

    Una grossa torre barocca: dietro la ringhiera una lam-pada accesa: appare sulla piazza al capo di una lunga con-trada dove tutti i palazzi sono rossi e tutti hanno una rin-ghiera corrosa: (le contrade alle svolte sono deserte).Qualche matrona piena di fascino. Nellaria si accumulaqualche cosa di danzante. Ascolto: la grossa torre baroccaora accesa mette nellaria un senso di liberazione. Loc-chio dellorologio trasparente in alto appare che illuminala sera, le freccie dorate: una piccola madonna bianca sidistingue gi dietro la ringhiera colla piccola lucerna cor-rosa accesa: E gi la grossa torre barocca vuota e si vedeche porta illuminati i simboli del tempo e della fede.

    La piazza ha un carattere di scenario nelle loggie adarchi bianchi leggieri e potenti. Passa la pescatrice pove-ra nello scenario di caff concerto, rete sul capo e lespalle di velo nero tenue fitto di neri punti per la piazzaviva di archi leggieri e potenti. Accanto una rete nera atriangolo a berretta ricade su una spalla che si schiude:un viso bruno aquilino di indovina, uguale a la Notte diMichelangiolo.

    . . . . . . . . . . . . . Ofelia la mia ostessa pallida e le lunghe ciglia le

    frangiano appena gli occhi: il suo viso classico e insie-me avventuroso. Osservo che ha le labbra morse: dellospagnolo, della dolcezza italiana: e insieme: il ricordo, ilriflesso: dellantica giovent latina. Ascolto i discorsi. Lavita ha qui un forte senso naturalistico. Come in Spagna.Felicit di vivere in un paese senza filosofia.

    Dino Campana - Canti orfici

    45Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    *

    Il museo. Ribera e Baccarini. Nel corpo dellanticopalazzo rosso affocato nel meriggio sordo lombra covasulla rozza parete delle nude stampe scheletriche. Du-rer, Ribera. Ribera: il passo di danza del satiro aguzzo suSileno osceno briaco. Leco dei secchi accordi chiara-mente rifluente nellombra che sorda. Ragazzine allamarinara, le liscie gambe lattee che passano a scatti stri-sciando spinte da un vago prurito bianco. Un delicatobusto di adolescente, luce gioconda dello spirito italianosorride, una bianca purit virginea conservata nei delica-ti incavi del marmo. Grandi figure della tradizione clas-sica chiudono la loro forza tra le ciglia.

    DUALISMO(Lettera aperta a Manuelita Etchegarray)

    Voi adorabile creola dagli occhi neri e scintillanti co-me metallo in fusione, voi figlia generosa della praterianutrita di aria vergine voi tornate ad apparirmi col ricor-do lontano: anima delloasi dove la mia vita ritrov unistante il contatto colle forze del cosmo. Io vi rivedo Ma-nuelita, il piccolo viso armato dellala battagliera del vo-stro cappello, la piuma di struzzo avvolta e ondulanteeroicamente, i vostri piccoli passi pieni di slancio conte-nuto sopra il terreno delle promesse eroiche! Tutta misiete presente esile e nervosa. La cipria sparsa come nevesul vostro viso consunto da un fuoco interno, le vostrevesti di rosa che proclamavano la vostra verginit comeunaurora piena di promesse! E ancora il magnetismo diquando voi chinaste il capo, voi fiore meraviglioso di unarazza eroica, mi attira non ostante il tempo ancora versodi voi! Eppure Manuelita sappiatelo se lo potete: io nonpensavo, non pensavo a voi: io mai non ho pensato a voi.

    46Letteratura italiana Einaudi

  • Di notte nella piazza deserta, quando nuvole vaghe cor-revano verso strane costellazioni, alla triste luce elettricaio sentivo la mia infinita solitudine. La prateria si alzavacome un mare argentato agli sfondi, e rigetti di quel ma-re, miseri, uomini feroci, uomini ignoti chiusi nel loro cu-po volere, storie sanguinose subito dimenticate che rivi-vevano improvvisamente nella notte, tessevano attorno ame la storia della citt giovine e feroce, conquistatrice im-placabile, ardente di unacre febbre di denaro e di gioieimmediate. Io vi perdevo allora Manuelita, perdonate,tra la turba delle signorine elastiche dal viso molle incon-sciamente feroce, violentemente eccitante tra le due ban-de di capelli lisci nellimmobilit delle dee della razza. Ilsilenzio era scandito dal trotto monotono di una pattu-glia: e allora il mio anelito infrenabile andava lontano davoi, verso le calme oasi della sensibilit della vecchia Eu-ropa e mi si stringeva con violenza il cuore. Entravo, ri-cordo, allora nella biblioteca: io che non potevo Manueli-ta io che non sapevo pensare a voi. Le lampade elettricheoscillavano lentamente. Su da le pagine risuscitava unmondo defunto, sorgevano immagini antiche che oscilla-vano lentamente collombra del paralume e sovra il miocapo gravava un cielo misterioso, gravido di forme vaghe,rotto a tratti da gemiti di melodramma: larve che si scio-glievano mute per rinascere a vita inestinguibile nel silen-zio pieno delle profondit meravigliose del destino. Deiricordi perduti, delle immagini si componevano gi mor-te mentre era pi profondo il silenzio. Rivedo ancora Pa-rigi, Place dItalie, le baracche, i carrozzoni, i magri cava-lieri dellirreale, dal viso essicato, dagli occhi perforantidi nostalgie feroci, tutta la grande piazza ardente di unconcerto infernale stridente e irritante. Le bambine deiBohemiens, i capelli sciolti, gli occhi arditi e profondicongelati in un languore ambiguo amaro attorno dellostagno liscio e deserto. E in fine Lei, dimentica, lontana,lamore, il suo viso di zingara nellonda dei suoni e delle

    Dino Campana - Canti orfici

    47Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    luci che si colora di un incanto irreale: e noi in silenzio at-torno allo stagno pieno di chiarori rossastri: e noi ancorastanchi del sogno vagabondare a caso per quartieri ignotifino a stenderci stanchi sul letto di una taverna lontanatra il soffio caldo del vizio noi l nellincertezza e nel rim-pianto colorando la nostra volutt di riflessi irreali!

    . . . . . . . . . . . . . . . . .E cos lontane da voi passavano quelle ore di sogno,

    ore di profondit mistiche e sensuali che scioglievano intenerezze i grumi pi acri del dolore, ore di felicit com-pleta che aboliva il tempo e il mondo intero, lungo sorsoalle sorgenti dellOblio! E vi rivedevo Manuelita poi:che vigilavate pallida e lontana: voi anima semplicechiusa nelle vostre semplici armi.

    So Manuelita: voi cercavate la grande rivale. So: lacercavate nei miei occhi stanchi che mai non vi apprese-ro nulla. Ma ora se lo potete sappiate: io dovevo restarefedele al mio destino: era unanima inquieta quella di cuimi ricordavo sempre quando uscivo a sedermi sulle pan-chine della piazza deserta sotto le nubi in corsa. Essa eraper cui solo il sogno mi era dolce. Essa era per cui io di-menticavo il vostro piccolo corpo convulso nella strettadel guanciale, il vostro piccolo corpo pericoloso tuttoadorabile di snellezza e di forza. E pure vi giuro Manue-lita io vi amavo e vi amo e vi amer sempre di pi diqualunque altra donna........ dei due mondi.

    SOGNO DI PRIGIONE

    Nel viola della notte odo canzoni bronzee. La cella bianca, il giaciglio bianco. La cella bianca, piena diun torrente di voci che muoiono nelle angeliche cune,delle voci angeliche bronzee piena la cella bianca. Si-lenzio: il viola della notte: in rabeschi dalle sbarre bian-che il blu del sonno. Penso ad Anika: stelle deserte sui

    48Letteratura italiana Einaudi

  • monti nevosi: strade bianche deserte: poi chiese di mar-mo bianche: nelle strade Anika canta: un buffo dalloc-chio infernale la guida, che grida. Ora il mio paese tra lemontagne. Io al parapetto del cimitero davanti alla sta-zione che guardo il cammino nero delle macchine, s,gi. Non ancor notte; silenzio occhiuto di fuoco: lemacchine mangiano rimangiano il nero silenzio nel cam-mino della notte. Un treno: si sgonfia arriva in silenzio, fermo: la porpora del treno morde la notte: dal parapet-to del cimitero le occhiaie rosse che si gonfiano nellanotte: poi tutto, mi pare, si muta in rombo: Da un fine-strino in fuga io? io chalzo le braccia nella luce!! (il trenomi passa sotto rombando come un demonio).

    LA GIORNATA DI UN NEVRASTENICO (Bologna)

    La vecchia citt dotta e sacerdotale era avvolta dinebbie nel pomeriggio di dicembre. I colli trasparivanopi lontani sulla pianura percossa di strepiti. Sulla lineaferroviaria si scorgeva vicino, in uno scorcio falso di luceplumbea lo scalo delle merci. Lungo la linea di circon-vallazione passavano pomposamente sfumate figurefemminili, avvolte in pelliccie, i cappelli copiosamenteromantici, avvicinandosi a piccole scosse automatiche,rialzando la gorgiera carnosa come volatili di bassa cor-te. Dei colpi sordi, dei fischi dallo scalo accentuavano lamonotonia diffusa nellaria. Il vapore delle macchine siconfondeva colla nebbia: i fili si appendevano e si riap-pendevano ai grappoli di campanelle dei pali telegraficiche si susseguivano automaticamente.

    Dino Campana - Canti orfici

    49Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    * *

    Dalla breccia dei bastioni rossi corrosi nella nebbia siaprono silenziosamente le lunghe vie. Il malvagio vaporedella nebbia intristisce tra i palazzi velando la cima delletorri, le lunghe vie silenziose deserte come dopo il sac-cheggio. Delle ragazze tutte piccole, tutte scure, artifi-ziosamente avvolte nella sciarpa traversano saltellandole vie, rendendole pi vuote ancora. E nellincubo dellanebbia, in quel cimitero, esse mi sembrano a un trattotanti piccoli animali, tutte uguali, saltellanti, tutte nere,che vadano a covare in un lungo letargo un loro malefi-co sogno.

    *

    Numerose le studentesse sotto i portici. Si vede subi-to che siamo in un centro di cultura. Guardano a voltecollingenuit di Ofelia, tre a tre, parlando a fior di lab-bra. Formano sotto i portici il corteo pallido e interes-sante delle grazie moderne, le mie col leghe, che vanno alezione! Non hanno larduo sorriso dAnnunziano pal-pitante nella gola come le letterate, ma pi raro un sorri-so e pi severo, intento e masticato, di prognosi riserva-ta, le scienziate.

    *

    (Caff) E passata la Russa. La piaga delle sue labbraardeva nel suo viso pallido. E venuta ed passata por-tando il fiore e la piaga delle sue labbra. Con un passoelegante, troppo semplice e troppo conscio passata. Laneve seguita a cadere e si scioglie indifferente nel fangodella via. La sartina e lavvocato ridono e chiacchierano.I cocchieri imbacuccati tirano fuori la testa dal baverocome bestie stupite. Tutto mi indifferente. Oggi risalta

    50Letteratura italiana Einaudi

  • tutto il grigio monotono e sporco della citt. Tutto fon-de come la neve in questo pantano: e in fondo sento che dolce questo dileguarsi di tutto quello che ci ha fattosoffrire. Tanto pi dolce che presto la neve si stenderineluttabilmente in un lenzuolo bianco e allora potremoriposare in sogni bianchi ancora.

    C uno specchio avanti a me e lorologio batte: la lu-ce mi giunge dai portici a traverso le cortine della vetra-ta. Prendo la penna: Scrivo: cosa, non so: ho il sanguealle dita: Scrivo: lamante nella penombra si aggraffia alviso dellamante per scarnificare il suo sogno..... ecc. .

    (Ancora per la via) Tristezza acuta. Mi ferma il mioantico compagno di scuola, gi allora bravissimo ed oradi gi in belle lettere guercio professor purulento: mitenta, mi confessa con un sorriso sempre pi lercio.Conclude: potresti provare a mandare qualcosaallAmore Illustrato (Via). Ecco inevitabile sotto i porti-ci lo sciame aereoplanante delle signorine intellettuali,che ride e fa glu glu mostrando i denti, in caccia, sem-bra, di tutti i nemici della scienza e della cultura, che vaa frangere ai piedi della cattedra. Gi lora! vado a in-fangarmi in mezzo alla via: lora che lillustre somierorampa con il suo carico di nera scienza catalogale . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

    . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Sulluscio di casa mi volgo e vedo il classico, baffuto,colossale emissario. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

    Ah! i diritti della vecchiezza! Ah! quanti maramaldi!

    *

    (Notte) Davanti al fuoco lo specchio. Nella fantasma-goria profonda dello specchio i corpi ignudi avvicenda-no muti: e i corpi lassi e vinti nelle fiamme inestinte e

    Dino Campana - Canti orfici

    51Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    mute, e come fuori del tempo i corpi bianchi stupitiinerti nella fornace opaca: bianca, dal mio spirito esau-sto silenziosa si sciolse, Eva si sciolse e mi risvegli.

    Passeggio sotto lincubo dei portici. Una goccia di lu-ce sanguigna, poi lombra, poi una goccia di luce sangui-gna, la dolcezza dei seppelliti. Scompaio in un vicolo madallombra sotto un lampione simbianca unombra cheha le labbra tinte. O Satana, tu che le troie notturnemetti in fondo ai quadrivii, o tu che dallombra mostrilinfame cadavere di Ofelia, o Satana abbi piet dellamia lunga miseria!

    52Letteratura italiana Einaudi

  • VARIE E FRAMMENTI

    Dino Campana - Canti orfici

    53Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    BARCHE AMORRATE

    . . . . . . . . . . . . . .Le vele le vele le veleChe schioccano e frustano al ventoChe gonfia di vane sequeleLe vele le vele le vele! 5Che tesson e tesson: lamentoVolubil che londa che ammorzaNe londa volubile smorza...Ne lultimo schianto crudele...Le vele le vele le vele 10

    54Letteratura italiana Einaudi

  • FRAMMENTO(Firenze)

    . . . . . . . . . . . . . . . .Ed i piedini andavano armoniosiPortando i cappelloni battaglieriChe armavano di unala gli occhi fieriDel lor languore solo nel bel giorno: 5. . . . . . . . . . . . . . . .Scampanava la Pasqua per la via...... . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . .

    Dino Campana - Canti orfici

    55Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    PAMPA

    Quiere Usted Mate? uno spagnolo mi profferse a bas-sa voce, quasi a non turbare il profondo silenzio dellaPampa. Le tende si allungavano a pochi passi da dovenoi seduti in circolo in silenzio guardavamo a tratti furti-vamente le strane costellazioni che doravano lignotodella prateria notturna. Un mistero grandioso e vee-mente ci faceva fluire con refrigerio di fresca venaprofonda il nostro sangue nelle vene: che noi assapora-vamo con volutt misteriosa come nella coppa del si-lenzio purissimo e stellato.

    Quiere Usted Mate? Ricevetti il vaso e succhiai la cal-da bevanda.

    Gettato sullerba vergine, in faccia alle strane costella-zioni io mi andavo abbandonando tutto ai misteriosigiuochi dei loro arabeschi, cullato deliziosamente dairumori attutiti del bivacco. I miei pensieri fluttuavano:si susseguivano i miei ricordi: che deliziosamente sem-bravano sommergersi per riapparire a tratti lucidamentetrasumanati in distanza, come per uneco profonda e mi-steriosa, dentro linfinita maest della natura. Lenta-mente gradatamente io assurgevo allillusione universa-le: dalle profondit del mio essere e della terra ioribattevo per le vie del cielo il cammino avventuroso de-gli uomini verso la felicit a traverso i secoli. Le ideebrillavano della pi pura luce stellare. Drammi meravi-gliosi, i pi meravigliosi dellanima umana palpitavano esi rispondevano a traverso le costellazioni. Una stellafluente in corsa magnifica segnava in linea gloriosa la fi-ne di un corso di storia. Sgravata la bilancia del temposembrava risollevarsi lentamente oscillando: per unmeraviglioso attimo immutabilmente nel tempo e nellospazio alternandosi i destini eterni. . . .

    Un disco livido spettrale spunt allorizzonte lontanoprofumato irraggiando riflessi gelidi dacciaio sopra la

    56Letteratura italiana Einaudi

  • prateria. Il teschio che si levava lentamente era linsegnaformidabile di un esercito che lanciava torme di cavalie-ri colle lancie in resta, acutissime lucenti: gli indianimorti e vivi si lanciavano alla riconquista del loro domi-nio di libert in lancio fulmineo. Le erbe piegavano ingemito leggero al vento del loro passaggio. La commo-zione del silenzio intenso era prodigiosa.

    Che cosa fuggiva sulla mia testa? Fuggivano le nuvo-le e le stelle, fuggivano: mentre che dalla Pampa nerascossa che sfuggiva a ratti nella selvaggia nera corsa delvento ora pi forte ora pi fievole ora come un lontanofragore ferreo: a tratti alla malinconia pi profondadellerrante un richiamo:... dalle criniere dellerbe scos-se come alla malinconia pi profonda delleterno erran-te per la Pampa riscossa come un richiamo che fuggivalugubre.

    Ero sul treno in corsa: disteso sul vagone sulla mia te-sta fuggivano le stelle e i soffi del deserto in un fragoreferreo: incontro le ondulazioni come di dorsi di belve inagguato: selvaggia, nera, corsa dai venti la Pampa che micorreva incontro per prendermi nel suo mistero: che lacorsa penetrava, penetrava con la velocit di un catacli-sma: dove un atomo lottava nel turbine assordante nellugubre fracasso della corrente irresistibile.

    . . . . . . . . . . . . . . . . .Dovero? Io ero in piedi: Io ero in piedi: sulla pampa

    nella corsa dei venti, in piedi sulla pampa che mi volavaincontro: per prendermi nel suo mistero! Un nuovo solemi avrebbe salutato al mattino! Io correvo tra le tribindiane? Od era la morte? Od era la vita? E mai, mi par-ve che mai quel treno non avrebbe dovuto arrestarsi: nelmentre che il rumore lugubre delle ferramenta ne com-mentava incomprensibilmente il destino. Poi la stan-chezza nel gelo della notte, la calma. Lo stendersi sulpiatto di ferro, il concentrarsi nelle strane costellazionifuggenti tra lievi veli argentei: e tutta la mia vita tanto si-

    Dino Campana - Canti orfici

    57Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    mile a quella corsa cieca fantastica infrenabile che mitornava alla mente in flutti amari e veementi.

    La luna illuminava ora tutta la Pampa deserta e ugua-le in un silenzio profondo. Solo a tratti nuvole scherzan-ti un po colla luna, ombre improvvise correnti per laprateria e ancora una chiarit immensa e strana nel gransilenzio.

    La luce delle stelle ora impassibili era pi misteriosasulla terra infinitamente deserta: una pi vasta patria ildestino ci aveva dato: un pi dolce calor naturale era nelmistero della terra selvaggia e buona. Ora assopito io se-guivo degli echi di unemozione meravigliosa, echi di vi-brazioni sempre pi lontane: fin che pure cogli echilemozione meravigliosa si spense. E allora fu che nelmio intorpidimento finale io sentii con delizia luomonuovo nascere: luomo nascere riconciliato colla naturaineffabilmente dolce e terribile: deliziosamente e orgo-gliosamente succhi vitali nascere alle profondit delles-sere: fluire dalle profondit della terra: il cielo come laterra in alto, misterioso, puro, deserto dallombra, infi-nito.

    Mi ero alzato. Sotto le stelle impassibili, sulla terra in-finitamente deserta e misteriosa, dalla sua tenda luomolibero tendeva le braccia al cielo infinito non deturpatodallombra di Nessun Dio.

    58Letteratura italiana Einaudi

  • IL RUSSO(Da una poesia dellepoca)

    Tomb dans lenferGrouillant dtres humainsO Russe tu mapparusSoudain, clstialParmi de la clameur 5Du grouillement brutaldune lche humanitSe pourrissante delle mme.Se vis ta barbe blondeFulgurante au coin 10Ton me je vis aussiPar le gouffre r jeteTon me dans ltreinteLtreinte dsespreDes Chimres fulgurantes 15Dans le miasme humain.Voil que tu ecc. ecc.

    In un ampio stanzone pulverulento turbinavano i rifiutidella societ. Io dopo due mesi di cella ansioso di rive-dere degli esseri umani ero rigettato come da onde ostili.Camminavano velocemente come pazzi, ciascuno assor-to in ci che formava lunico senso della sua vita: la suacolpa. Dei frati grigi dal volto sereno, troppo sereno, as-sisi: vigilavano. In un angolo una testa spasmodica, unabarba rossastra, un viso emaciato disfatto, coi segni diuna lotta terribile e vana. Era il russo, violinista e pitto-re. Curvo sullorlo della stufa scriveva febbrilmente.

    *

    Un uomo in una notte di dicembre, solo nella suacasa, sente il terrore della sua solitudine. Pensa che fuori

    Dino Campana - Canti orfici

    59Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    degli uomini forse muoiono di freddo: ed esce per sal-varli. Al mattino quando ritorna, solo, trova sulla suaporta una donna, morta assiderata. E si uccide. Parla-va: quando, mentre mi fissava cogli occhi spaventati evuoti, io cercando in fondo degli occhi grigio-opachiuno sguardo, uno sguardo mi parve di distinguere, che liriempiva: non di terrore: quasi infantile, inconscio, co-me di meraviglia.

    *

    Il Russo era condannato. Da diciannove mesi rinchiu-so, affamato, spiato implacabilmente, doveva confessa-re, aveva confessato. E il supplizio del fango! Colla loroplacida gioia i frati, col loro ghigno muto i delinquentigli avevano detto quando con una parola, con un gesto,con un pianto irrefrenabile nella notte aveva volta a vol-ta scoperto un po del suo segreto! Ora io lo vedevochiudersi gli orecchi per non udire il rombo come ditorrente sassoso del continuo strisciare dei passi.

    *

    Erano i primi giorni che la primavera si svegliava inFiandra. Dalla camerata a volte (la camerata dei veri paz-zi dove ora mi avevano messo), oltre i vetri spessi, oltre lesbarre di ferro, io guardavo il cornicione profilarsi al tra-monto. Un pulviscolo doro riempiva il prato, e poi lon-tana la linea muta della citt rotta di torri gotiche. E cosogni sera coricandomi nella mia prigionia salutavo la pri-mavera. E una di quelle sere seppi: il Russo era stato uc-ciso. Il pulviscolo doro che avvolgeva la citt parve adun tratto sublimarsi in un sacrifizio sanguigno. Quando?I riflessi sanguigni del tramonto credei mi portassero ilsuo saluto. Chiusi le palpebre, restai lungamente senzapensiero: quella sera non chiesi altro. Vidi che intorno si

    60Letteratura italiana Einaudi

  • era fatto scuro. Nella camerata non cera che il tanfo e ilrespiro sordo dei pazzi addormentati dietro le loro chi-mere. Col capo affondato sul guanciale seguivo in ariadelle farfalline che scherzavano attorno alla lampadaelettrica nella luce scialba e gelida. Una dolcezza acuta,una dolcezza di martirio, del suo martirio mi si torcevapei nervi. Febbrile, curva sullorlo della stufa la testa bar-buta scriveva. La penna scorreva strideva spasmodica.Perch era uscito per salvare altri uomini? Un suo ritrat-to di delinquente, un insensato, severo nei suoi abiti ele-ganti, la testa portata alta con dignit animale: un altro,un sorriso, limmagine di un sorriso ritratta a memoria, latesta della fanciulla dEste. Poi teste di contadini russi te-ste barbute tutte, teste, teste, ancora teste. . .

    . . . . . . . . . . . . . . . . .La penna scorreva strideva spasmodica: perch era usci-

    to per salvare altri uomini? Curvo, sullorlo della stufa latesta barbuta, il russo scriveva, scriveva scriveva. . . . . . .

    *

    Non essendovi in Belgio lestradizione legale per i de-linquenti politici avevano compito lufficio i Frati dellaCarit Cristiana.

    Dino Campana - Canti orfici

    61Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    PASSEGGIATA IN TRAM IN AMERICA E RITORNO

    Aspro preludio di sinfonia sorda, tremante violino acorda elettrizzata, tram che corre in una linea nel cieloferreo di fili curvi mentre la mole bianca della citt tor-reggia come un sogno, moltiplicato miraggio di enormipalazzi regali e barbari, i diademi elettrici spenti. Corrocol preludio che tremola si assorda riprende si afforza elibero sgorga davanti al molo alla piazza densa di navi edi carri. Gli alti cubi della citt si sparpagliano tutti pelgolfo in dadi infiniti di luce striati dazzurro: nel mentreil mare tra le tanaglie del molo come un fiume che fuggetacito pieno di singhiozzi taciuti corre veloce versoleternit del mare che si balocca e complotta laggi perrompere la linea dellorizzonte.

    Ma mi parve che la citt scomparisse mentre che ilmare rabbrividiva nella sua fuga veloce. Sulla poppabalzante io gi ero portato lontano nel turbinare delleacque. Il molo, gli uomini erano scomparsi fusi come inuna nebbia. Cresceva lodore mostruoso del mare. Lalanterna spenta salzava. Il gorgoglio dellacqua tuttoannegava irremissibilmente. Il battito forte nei fianchidel bastimento confondeva il battito del mio cuore e nesvegliava un vago dolore intorno come se stesse peraprirsi un bubbone. Ascoltavo il gorgoglio dellacqua.Lacqua a volte mi pareva musicale, poi tutto ricadevain un rombo e la terra e la luce mi erano strappate in-consciamente. Come amavo, ricordo, il tonfo sordo del-la prora che si sprofonda nellonda che la raccoglie e laculla un brevissimo istante e la rigetta in alto leggera nelmentre il battello una casa scossa dal terremoto chepencola terribilmente e fa un secondo sforzo contro ilmare tenace e riattacca a concertare con i suoi alberiuna certa melodia beffarda nellaria, una melodia che

    62Letteratura italiana Einaudi

  • non si ode, si indovina solo alle scosse di danza bizzarrache la scuotono!

    Cerano due povere ragazze sulla poppa: Leggera,siamo della leggera: te non la rivedi pi la lanterna diGenova! Eh! che importava in fondo! Ballasse il basti-mento, ballasse fino a Buenos-Aires: questo dava alle-gria: e il mare se la rideva con noi del suo riso cos buffoe sornione! Non so se fosse la bestialit irritante del ma-re, il disgusto che quel grosso bestione col suo riso midava..., basta: i giorni passavano. Tra i sacchi di patateavevo scoperto un rifugio. Gli ultimi raggi rossi del tra-monto che illuminavano la costa deserta! costeggiavanoda un giorno. Bellezza semplice di tristezza maschia.Oppure a volte quando lacqua saliva ai finestrini io se-guivo il tramonto equatoriale sul mare. Volavano uccellilontano dal nido ed io pure: ma senza gioia. Poi sdraiatoin coperta restavo a guardare gli alberi dondolare nellanotte tiepida in mezzo al rumore dellacqua..........

    Riodo il preludio scordato delle rozze corde sottolarco di violino del tram domenicale. I piccoli dadibianchi sorridono sulla costa tutti in cerchio come unadentiera enorme tra il fetido odore di catrame e di car-bone misto al nauseante odor dinfinito. Fumano i vapo-ri agli scali desolati. Domenica. Per il porto pieno di car-casse delle lente file umane, formiche dellenormeossario. Nel mentre tra le tanaglie del molo rabbrividi-sce un fiume che fugge, tacito pieno di singhiozzi taciutifugge veloce verso leternit del mare, che si balocca ecomplotta laggi per rompere la linea dellorizzonte.

    Dino Campana - Canti orfici

    63Letteratura italiana Einaudi

  • Dino Campana - Canti orfici

    LINCONTRO DI REGOLO

    Ci incontrammo nella circonvallazione a mare. Lastrada era deserta nel calore pomeridiano. Guardavacon occhio abbarbagliato il mare. Quella faccia, loc-chiostrabico! Si volse: ci riconoscemmo immediatamen-te. Ci abbracciammo. Come va? Come va? A braccettolui voleva condurmi in campagna: poi io lo decisi invecea calare sulla riva del mare. Stesi sui ciottoli della spiag-gia seguitavamo le nostre confidenze calmi. Era tornatodAmerica. Tutto pareva naturale ed atteso. Ricordava-mo lincontro di quattro anni fa laggi in America: e ilprimo, per la strada di Pavia, lui scalcagnato, col collet-tone alle orecchie! Ancora il diavolo ci aveva riuniti: perquale perch? Cuori leggeri noi non pensammo a chie-dercelo. Parlammo, parlammo, finch sentimmo chiara-mente il rumore delle onde che si frangevano sui ciottolidella spiaggia. Alzammo la faccia alla luce cruda del so-le. La superficie del mare era tutta abbagliante. Bisogna-va mangiare. Andiamo!

    *

    Avevo accettato di partire. Andiamo! Senza entusia-smo e senza esitazione. Andiamo. Luomo o il viaggio, ilresto o lincidente. Ci sentiamo puri. Mai ci eravamopiegati a sacrificare alla mostruosa assurda ragione. Ilpaese natale: quattro giorni di sguattero, pasto di rifiutitra i miasmi della lavatura grassa. Andiamo!

    *

    Impestato a pi riprese, sifilitico alla fine, bevitore,scialacquatore, con in cuore il demone della novit chelo gettava a colpi di fortuna che gli riuscivano sempre,quella mattina i suoi nervi saturi lavevano tradito ed era

    64Letteratura italiana Einaudi

  • restato per un quarto dora paralizzato dalla parte de-stra, locchio strabico fisso sul fenomeno, toccando conmano irritata la parte immota. Si era riavuto, era venutoda me e voleva partire.

    *

    Ma come partire? La mia pazzia tranquilla quel gior-no lo irritava. La paralisi lo aveva esacerbato. Lo osser-vavo. Aveva ancora la faccia a destra atona e contratta esulla guancia destra il solco di una lacrima ma di una la-grima sola, involontaria, caduta dallocchio restato fisso:voleva partire.

    *

    Camminavo, camminavo nellamorfismo della gente.Ogni tanto rivedevo il suo sguardo strabico fisso sul fe-nomeno, sulla parte immota che sembrava attrarlo