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CAPITOLO 13 LA SECONDA GUERRA MONDIALE el novembre del 1940 la città di Coventry, importante centro industriale dell’Inghilterra centrale, fu di fatto rasa al suolo dall’aviazione tedesca (nella foto qui accanto si vede l’antica cattedrale completamente distrutta) e divenne uno dei simboli degli orrori della seconda guerra mondiale. Una guerra che si caratterizzò, rispetto a tutte quelle che l’avevano preceduta, oltre che per l’ambito planetario in cui fu combattuta, proprio per l’immane sacrificio subito dalla popolazione civile: dei circa cinquanta milioni di morti nel conflitto, oltre due terzi si contarono fra i civili, vittime non solo dei bombardamenti aerei, che della guerra furono il triste simbolo (così la morte in trincea lo era stata per il primo conflitto mondiale), ma anche delle deportazioni in massa, delle lunghe prigionie nei campi di concentramento, degli stermini sistematici perpetrati nel corso della guerra. Anche il più orribile di questi massacri, quello perpetrato dai nazisti ai danni degli ebrei, va collocato nel contesto della guerra condotta dai tedeschi a Est, che subito si qualificò come guerra di sterminio. Dal secondo conflitto mondiale, o se si preferisce dalla «guerra dei trent’anni» cominciata nel 1914, l’intera Europa uscì materialmente e moralmente devastata, senza più alcuna possibilità di recuperare il ruolo da protagonista già svolto sulla scena internazionale. N La cattedrale di Coventry rasa al suolo dai bombardamenti, novembre 1940 I MATERIALI carte storiche L’espansione del Terzo Reich Attacco tedesco alla Francia (primavera 1940) La seconda guerra mondiale 1939-42 Il Pacifico nella seconda guerra mondiale 1941-45 Resistenza e liberazione in Italia La seconda guerra mondiale 1942-45 glossario linea Maginot parolachiave Genocidio esercizi pp. 699-701 III_Modulo3_xp7.qxp:3_03 24-09-2009 11:21 Pagina 285

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CAPITOLO 13LA SECONDA GUERRA MONDIALE

el novembre del 1940 lacittà di Coventry,

importante centro industrialedell’Inghilterra centrale, fu di fattorasa al suolo dall’aviazionetedesca (nella foto qui accanto sivede l’antica cattedralecompletamente distrutta) edivenne uno dei simboli degli orrori della seconda guerramondiale. Una guerra che sicaratterizzò, rispetto a tutte quelle che l’avevano preceduta,oltre che per l’ambito planetarioin cui fu combattuta, proprio perl’immane sacrificio subito dallapopolazione civile: dei circacinquanta milioni di morti nelconflitto, oltre due terzi sicontarono fra i civili, vittime nonsolo dei bombardamenti aerei,che della guerra furono il tristesimbolo (così la morte in trincealo era stata per il primo conflittomondiale), ma anche delledeportazioni in massa, dellelunghe prigionie nei campi diconcentramento, degli stermini sistematici perpetrati nel corso

della guerra. Anche il più orribile diquesti massacri, quello perpetratodai nazisti ai danni degli ebrei, vacollocato nel contesto della guerracondotta dai tedeschi a Est, chesubito si qualificò come guerra disterminio. Dal secondo conflittomondiale, o se si preferisce dalla«guerra dei trent’anni» cominciatanel 1914, l’intera Europa uscìmaterialmente e moralmentedevastata, senza più alcunapossibilità di recuperare il ruolo daprotagonista già svolto sulla scenainternazionale.

N

�La cattedrale di Coventry rasa alsuolo dai bombardamenti, novembre

1940

I MATERIALI

carte storiche� L’espansione del Terzo Reich � Attaccotedesco alla Francia (primavera 1940)� La seconda guerra mondiale 1939-42� Il Pacifico nella seconda guerra mondiale1941-45 � Resistenza e liberazione in Italia� La seconda guerra mondiale 1942-45

glossario� linea Maginot

parolachiave� Genocidio

esercizi� pp. 699-701

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1 LE ORIGINI

Gli undici mesi che vanno dalla conferenza di Monaco (fine settembre1938) allo scoppio della seconda guerra mondiale (inizio settembre1939) mostrarono come la «falsa pace» negoziata a Monaco fra Hitler e

le potenze democratiche non fosse che il rinvio di uno scontro ormai inevitabile [cfr. 10.9].Mentre nell’estate del ’14 il conflitto europeo era stato occasionato da un singolo evento tra-gico e imprevedibile come l’attentato di Sarajevo [cfr. 5.1], nell’estate di venticinque annidopo si può dire che la guerra fosse nell’aria. Per la seconda guerra mondiale la questionedelle responsabilità è molto meno controversa di quanto non sia per la prima. Non vi sonodubbi sul fatto che a provocare il conflitto fu la politica di conquista e di aggressione dellaGermania nazista. Anche se ciò non significa che le altre potenze fossero immuni da errorio da colpe. Le democrazie occidentali si erano illuse, a Monaco, di aver placato la Germa-nia con la cessione dei Sudeti.

In realtà, già nell’ottobre del ’38, Hit ler aveva pronti i piani per l’occupa-zione della Boemia e della Moravia, ossia della parte più popolosa e piùsviluppata della Cecoslovacchia. L’operazione scattò nel marzo 1939 e

fu facilitata dal progressivo sfaldamento della compagine statale cecoslovacca, indebolitadalla perdita dei Sudeti e minata dalla lotta fra le diverse nazionalità. Mentre la Slovacchiasi proclamava indipendente con l’appoggio dei tedeschi, Hitler dava vita al «protettorato diBoemia e Moravia», facente parte integrante del Grande Reich.

La distruzione dello Stato cecoslovacco determinò una svolta nell’atteg-giamento delle potenze occidentali. Fra il marzo e il maggio 1939, ac-cantonata la politica dell’appeasement, Gran Bretagna e Francia diedero

vita a una vera e propria offensiva diplomatica, volta a contenere l’aggressività delle poten-ze dell’Asse con una rete quanto più possibile estesa di alleanze. Patti di assistenza militarefurono stipulati con Belgio, Olanda, Grecia, Romania e Turchia. Ma più importante di tut-ti fu quello con la Polonia, che costituiva il primo obiettivo delle mire espansive tedesche:già in marzo, infatti, Hitler aveva rivendicato il possesso di Danzica e il diritto di passaggioattraverso il «corridoio» che univa la città al territorio polacco [cfr. 5.11]. L’alleanza fra In-ghilterra, Francia e Polonia, conclusa fra marzo e aprile, costituiva una risposta a queste mi-nacce; e significava che le potenze occidentali erano disposte ad affrontare anche la guerrapur di impedire che la Polonia subisse la sorte della Cecoslovacchia.

Il radicalizzarsi della contrapposizione fra la Germania e gli anglo-fran-cesi tolse ogni residuo spazio di manovra all’Italia. Mussolini cercò dap-prima di contrapporre alle iniziative di Hitler una propria iniziativa uni-

laterale: l’occupazione (aprile 1939) del piccolo Regno di Albania, considerato una base peruna possibile ulteriore penetrazione nei Balcani. L’operazione ebbe il solo risultato di accre-scere la tensione fra l’Italia e le democrazie occidentali.

Un mese dopo (maggio ’39), Mussolini, convinto che l’Italia non potes-se restare neutrale nello scontro che si andava profilando e sicuro dellasuperiorità della Germania, decise di accettare le pressanti richieste te-

desche di trasformare il generico vincolo dell’Asse Roma-Berlino in una vera e propria alle-anza militare, che fu significativamente chiamata «patto d’acciaio» [cfr. 11.5]. Il patto sta-biliva che, se una delle due parti si fosse trovata impegnata in un conflitto per una causaqualsiasi (dunque anche in veste di aggressore), l’altra sarebbe stata obbligata a scendere incampo al suo fianco. Mussolini e il ministro degli Esteri Ciano accettarono sconsiderata-mente un impegno così grave, pur sapendo che l’Italia non era preparata militarmente a un

Il «pattod’acciaio»

L’occupazioneitalianadell’Albania

La garanziaanglo-francesealla Polonia

La distruzionedellaCecoslovacchia

Laresponsabilitàdella Germania

Totalitarismi e stermini di massa286 MODULO 3

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conflitto europeo, fidandosi delle assicurazioni verbali di Hitler circa la sua intenzione dinon scatenare la guerra prima di due o tre anni. In realtà, nel maggio ’39, lo Stato maggio-re tedesco stava già preparando i piani per l’invasione della Polonia.

La principale incognita era costituita a questo punto dall’atteggiamentodell’Urss. Un’adesione sovietica alla coalizione antitedesca avrebbe pro-babilmente bloccato i piani di Hitler. Ma le trattative con l’Urss furono

compromesse da una serie di reciproche e non infondate diffidenze: i sovietici sospettavanoche gli occidentali mirassero a scaricare su di loro l’aggressività della Germania; gli occiden-tali attribuivano ai sovietici ambizioni egemoniche sull’Europa dell’Est; inoltre i polacchi –che temevano una presenza militare russa non meno di un’aggressione tedesca – non vole-vano concedere alle truppe dell’Urss il permesso di attraversare il proprio territorio in casodi attacco da parte della Germania. I sovietici si convinsero che i governi occidentali nonavevano intenzione di offrire nulla in cambio del loro aiuto e cominciarono a prestare mag-giore attenzione alle offerte di intesa che stavano intanto giungendo da parte di Hitler.

Il 23 agosto 1939, i ministri degli Esteri tedesco e sovietico, Ribbentrope Molotov, firmavano a Mosca un patto di non aggressione fra i due pae-si. L’annuncio dell’accordo fra due regimi ideologicamente contrapposti

rappresentò uno dei più grandi colpi di scena nella storia della diplomazia di ogni tempo efu accolto in tutto il mondo con un misto di stupore e di indignazione. Si trattò in realtà diun gesto di spregiudicato realismo, che assicurava ad ambo le parti considerevoli vantaggi.L’Urss non solo allontanava momentaneamente la minaccia tedesca dai suoi confini, gua-dagnando tempo prezioso per la sua preparazione militare, ma otteneva anche, mediante unprotocollo segreto, un riconoscimento delle sue aspirazioni territoriali nei confronti degliStati baltici, della Romania e della Polonia (di cui si prevedeva la spartizione). Dal canto suoHitler era costretto a modificare la sua strategia di fondo, rinviando lo scontro col nemicostorico, la Russia sovietica; ma intanto poteva risolvere la questione polacca senza correre ilrischio della guerra su due fronti.

Il 1° settembre 1939, le truppe tedesche attaccavano la Polonia. Il 3 set-tembre Gran Bretagna e Francia dichiaravano guerra alla Germania,mentre l’Italia, il giorno stesso dello scoppio delle ostilità, si era affretta-

ta a proclamare la sua «non belligeranza». La seconda guerra mondiale cominciava così come

una continuazione, o una replica, della prima. Moltosimili erano la posta in gioco e le cause di fondo: il ten-tativo della Germania di affermare la propria egemo-nia sul continente europeo e la volontà di Gran Breta-gna e Francia di impedire questa affermazione. Simi-le era anche la tendenza del conflitto ad allargarsi fuo-ri dai confini europei. Ma questa volta l’estensione delteatro di guerra sarebbe stata ancora maggiore e anco-ra più rivoluzionarie le conseguenze sugli equilibri in-ternazionali.

Lo scoppio del conflitto

Il pattotedesco-sovietico

Le trattative fra l’Urss e le democrazie

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 287

Monaco di Baviera, 1° settembre 1939

La radio diffonde per le strade l’inno Deutschland über alles dopoche Hitler ha annunciato la dichiarazione di guerra alla Polonia. Nellafotografia di Heinrich Hoffmann, a un distributore di benzina ilgestore, un tassista e un ragazzo di passaggio si immobilizzano nelsaluto nazista.

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Rispetto al primo conflitto mondiale, il secondo videinoltre accentuarsi il carattere totale della guerra. Loscontro ideologico fra i due schieramenti fu più aspro

e radicale, e dunque più ampia fu la mobilitazione dei cittadini con o sen-za uniforme. Nuove tecniche di guerra e nuove armi furono impiegateanche fuori dai campi di battaglia e le conseguenze sulle popolazioni ci-vili furono più tragiche che in qualsiasi guerra del passato.

2 LA DISTRUZIONE DELLA POLONIA E L’OFFENSIVA AL NORD

Le prime settimane di guerra furono sufficienti alla Germania per sbarazzarsi della Poloniae per offrire al mondo un’impressionante dimostrazione di efficienza bellica. L’offensiva te-desca, accompagnata da una serie di micidiali bombardamenti aerei, ebbe facilmente ragio-

ne di un esercito antiquato e mal guidato.Fu questa la prima applicazionedella guerra-lampo, un nuovo me-

todo di guerra che si basava sull’uso congiunto del-l’aviazione e delle forze corazzate, affidando a questeultime il peso principale dell’attacco. L’impiego su va-sta scala dei carri armati e delle autoblindo e il lororaggruppamento in speciali reparti «meccanizzati»rendevano di nuovo possibile la guerra di movimento,e consentivano, in caso di successo, di impadronirsi inpochi giorni di territori molto vasti, tagliando fuori glieserciti nemici dalle loro fonti di rifornimento.

Fu esattamente quanto accaddenella campagna di Polonia. A me-tà settembre le armate del Reich

già assediavano Varsavia che, semidistrutta dai bom-bardamenti, capitolò alla fine del mese. Frattanto irussi, in base alle clausole segrete del patto Molotov-Ribbentrop, si impadronivano delle regioni orientalidel paese. All’inizio di ottobre cessava ogni resistenzada parte dell’esercito polacco. Tedeschi e sovietici im-ponevano nei territori sotto il loro controllo uno spie-tato regime di occupazione (fu in questo periodo chesi consumò, per opera dei sovietici, il massacro di ol-tre 4000 ufficiali polacchi fatti prigionieri, i cui corpi,gettati in fosse comuni, sarebbero stati scoperti dai te-deschi, nel ’43, nella foresta di Katyn, in Russia). LaRepubblica polacca cessava così di esistere, dopo ap-pena vent’anni di vita, senza aver ricevuto alcun aiutoconcreto dai suoi alleati occidentali.

Per i successivi sette mesi, la guer-ra a occidente restò come congela-ta. L’Europa visse una fase di trepi-

La drôle de guerre

La fine della Polonia

La guerra-lampo

Guerramondiale,guerra totale

Totalitarismi e stermini di massa288 MODULO 3

GUIDAALLOSTUDIO1. Quali ripercussioni ebbe, sul piano inter-nazionale, l’occupazione tedesca della Boe-mia e della Moravia? 2. Che cosa stabiliva il«patto d’acciaio» stipulato tra Germania e Ita-lia? 3. Quali vantaggi ottenne l’Urss dal pat-to Ribbentrop-Molotov? 4. Quando scoppiòla seconda guerra mondiale? In seguito aquale evento? 5. La seconda guerra mon-diale fu totale, come la prima?

I tedeschi a Varsavia

La resistenza polacca, nonostante gli atti di coraggio, fu vana: il 5ottobre 1939 le truppe tedesche sfilavano vittoriose nel centro diVarsavia, lasciato deserto dai cittadini polacchi. La capitale eracaduta il 27 settembre, dopo neanche un mese di guerra, ed erastata largamente distrutta. Alla fine del conflitto parte della città furicostruita, adottando il criterio che prevedeva di mantenere il piùpossibile vicino all’originale il volto dei nuovi edifici.

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da attesa che i francesi chiamarono drôle de guerre(strana guerra o guerra per finta) e che certo non gio-vò al morale delle truppe alleate, mentre consentì aitedeschi di riorganizzare le forze in vista dello scontrodecisivo.

Mentre le armi tacevano sul fron-te occidentale, il teatro di guerra sispostava inaspettatamente nel-

l’Europa del Nord. Questa volta fu l’Urss a prenderel’iniziativa, attaccando il 30 novembre la Finlandia,colpevole di aver rifiutato alcune rettifiche di confine. La campagna si rivelò però più diffi-cile del previsto: i finlandesi resistettero per più di tre mesi infliggendo notevoli perdite agliaggressori. Nel marzo ’40 la Finlandia dovette cedere alle richieste sovietiche, conservandotuttavia la sua indipendenza.

A questo punto fu di nuovo la Germania a cogliere tutti di sorpresa e a pre-venire ogni eventuale mossa anglo-francese nel Nord Europa lanciando,il 9 aprile 1940, un improvviso attacco alla Danimarca e alla Norvegia. LaDanimarca si arrese senza combattere. La Norvegia

oppose una certa resistenza, aiutata anche da un tardivo sbarco alleato nelNord. Ma ancora una volta l’azione tedesca si rivelò incontenibile, nono-stante la relativa esiguità delle forze impiegate. Nella primavera del ’40,Hitler controllava buona parte dell’Europa centro-settentrionale. I tempierano maturi per scatenare l’attacco a occidente.

3 LA CADUTA DELLA FRANCIA

L’offensiva tedesca sul fronte occidentale ebbe inizio il 10 maggio 1940 e si risolse nel giro dipoche settimane in un nuovo travolgente successo, tale da far ritenere che il conflitto fosse pros-simo a concludersi con la vittoria della Germania. Il successo fu tanto più clamoroso in quan-to ottenuto a spese delle due maggiori potenze occidentali coalizzate.

L’esercito francese, in particolare, era il più numerosoe il più armato d’Europa e disponeva di una forte avia-zione e di ingenti forze corazzate. A provocare la scon-

fitta degli alleati non fu dunque un’inferiorità in uomini o in mezzi, ma fu-rono gli errori dei comandi francesi, ancora legati a una concezione stati-ca della guerra e troppo fiduciosi nell’efficacia delle fortificazioni difensi-ve che costituivano la famosa linea Maginot: fortificazioni che fra l’altrocoprivano solo la frontiera franco-tedesca, lasciando scoperto il confine colBelgio e col Lussemburgo, da dove in realtà veniva la minaccia più seria.

Gli errori dei francesi

La guerra fraUrss e Finlandia

L’attaccotedesco a Danimarca e Norvegia

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 289

L’espansione del Terzo Reich

La cartina mostra l’espansione della Germania nazista – annessionedell’Austria, occupazione dei Sudeti, occupazione della Boemia edella Moravia e infine attacco della Polonia – e dà un’idea di cosaHitler intendesse per «Grande Reich». La regione della Saar erapassata alla Germania nel 1935 in seguito a un plebiscito.

Reno

Berlino

Varsavia1939

1938 1939

1938

1935

Pruss

ia or

.

POLONIA

GERMANIA

SAAR

AUSTRIA

SUDETIBOEMIA-MORAVIA

MAREDEL

NORD

MAR BALTICO

territorio originarioterritori annessidata di annessione1936

GUIDAALLOSTUDIO1. In che cosa consisteva la strategia dellaguerra-lampo? 2. Come fu divisa la Polonianel 1939? 3. Che cosa intendevano i fran-cesi con l’espressione drôle de guerre? 4.Quali fronti di guerra furono aperti dall’eser-cito tedesco nel 1940?

linea MaginotNegli anni ’30 i francesi, per proteggersida una eventuale invasione tedesca – co-me quella che li aveva colti impreparati nel1914 –, costruirono tra il confine con il Lus-semburgo e quello con la Svizzera una lineadifensiva lunga 400 km, costituita da fortifi-cazioni artificiali appoggiate a elementi natu-rali. Queste fortificazioni erano collegate fraloro da passaggi sotterranei. Il complessoprese il nome di «linea Maginot» da André Ma-ginot (politico francese, più volte ministro tra1917 e 1932), ideatore del progetto.

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Infatti, come nel 1914, i tedeschi iniziarono l’attacco violando la neutra-lità dei piccoli Stati confinanti. Questa volta, oltre al Belgio, furono in-vasi anche Olanda e Lussemburgo. Fra il 12 e il 15 maggio, dopo aver

attraversato velocemente la foresta delle Ardenne (ritenuta dai francesi invalicabile dai car-ri armati), i reparti corazzati tedeschi sfondarono le linee nemiche nei pressi di Sedan.

Colpito nel suo punto più debole – le forze più ingenti erano in parte impegnate a nord,nella difesa del Belgio, in parte dislocate a sud, a presidiare l’inutile linea Maginot – lo schie-ramento alleato cedette di schianto. Le truppe tedesche dilagarono in pianura e puntaronoverso il mare, chiudendo in una sacca molti reparti francesi e belgi e l’intero corpo di spedi-zione inglese, appena sbarcato sul continente.

Solo un momentaneo rallentamento dell’offensiva consentì al grosso del-le forze britanniche, assieme a circa 100.000 fra belgi e francesi, un dif-

ficile e drammatico reimbarco nel porto di Dunkerque (29 maggio-4 giugno). La sosta te-desca era dovuta in parte all’esigenza di riorganizzare le forze in vista del definitivo attaccoalla Francia, in parte a un calcolo politico di Hitler, che voleva lasciarsi aperta la strada diun accordo con la Gran Bretagna. Per gli inglesi la ritirata rappresentò comunque la salvez-za, o almeno la possibilità di continuare la lotta. Ma per la Francia, fiaccata nel morale ol-tre che nell’efficienza bellica, la sconfitta era ormai irreparabile. Il 14 giugno i tedeschi en-travano a Parigi, mentre interminabili colonne di profughi si riversavano verso il Sud.

Assieme alle forze armate, cedeva anche la classe politica: il governo pre-sieduto da Paul Reynaud, fautore di una resistenza a oltranza, fu costret-to a dimettersi. Divenne presidente del Consiglio l’ottantaquattrenne

maresciallo Philippe Pétain [cfr. 5.8], da tempo schierato su posizioni di destra, che aprìimmediatamente le trattative per l’armistizio. Invano il generale Charles De Gaulle lanciò

Pétain e De Gaulle

Dunkerque

L’offensivatedesca

Totalitarismi e stermini di massa290 MODULO 3

Attacco tedesco alla Francia(primavera 1940)

Le date delle diverse fasidell’attacco tedesco alla Francia,con le indicazioni delle zone via viaoccupate, danno la misura dellarapidità ed efficacia della «guerra-lampo» (Blitzkrieg). Sono ben visibilila manovra concentrata versoDunkerque, da cui riuscì aimbarcarsi il grosso del contingenteinglese, e la successiva avanzataverso Parigi.

Londra

Le Havre

Parigi14 giugno

Amiens St. Quentin

Reims

Sedan

BruxellesGand

Anversa

Rotterdam

Dunkerque4 giugno

ColoniaCalais

MosaM

arnaAisne

Senna

Reno

LA MANICA

MARE DEL NORD

B E LG

I O

PAESI BASSI

linea Maginot

SVIZZERA

GE

RM

AN

IA

F R A N C I A

ARDENNE

dal 10 al 14 maggiodal 15 al 24 maggiodal 25 al 28 maggioavanzata tedesca

29 maggiodal 30 maggio al 4 giugnodal 5 al 12 giugnodate dell’occupazione4 giugno

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da Londra, il 18 giugno, un appello ai francesi per incitarli a continuare a combattere a fian-co degli alleati.

Pétain e i capi delle forze armate erano convinti dell’inutilità di ogni ul-teriore resistenza. E l’armistizio fu firmato il 22 giugno nella stessa loca-

lità (il villaggio di Rethondes) e nello stesso vagone ferroviario che nel novembre ’18 aveva-no visto la delegazione tedesca piegarsi al Diktat dei vincitori di allora [cfr. 5.11]. In base al-l’armistizio il governo, che stabilì la sua sede nella cittadina termale di Vichy, conservava lasua sovranità su una zona corrispondente grosso modo alla metà centro-meridionale del pae-se, oltre che sulle colonie. Il resto della Francia restava sotto l’occupazione tedesca.

Il crollo militare della Francia e l’avvento di Pétain segnarono anche lafine della Terza Repubblica, nata settant’anni prima da un’altra catastro-fe bellica (quella subita da Napoleone III a Sedan: cfr. vol. 2, 20.4). Il 9

Il regime di Vichy

L’armistizio

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 291

Hitler a Parigi, 1940

Dieci giorni dopo la caduta della capitale francese (14 giugno 1940),Hitler si recò, insieme con i suoi collaboratori, a visitarla sulla sciadell’entusiasmo per la vittoria. Parigi, durante i quattro anni in cuirimase sotto il dominio tedesco, cambiò volto: anche i cartellistradali furono sostituiti con scritte in tedesco e sulla Torre Eiffel, ilsimbolo per eccellenza della città sulla Senna, campeggiò semprenei quattro anni una enorme targa su cui si leggeva «la Germaniavince su tutti i fronti».

De Gaulle a Londra, luglio 1940

Charles De Gaulle che, a Londra, passa in rassegna alcuni militarifrancesi che hanno risposto al suo appello (il secondo da sinistra èsuo figlio Philippe). Nel giugno 1940, l’allora cinquantenne generaleera stato appena nominato sottosegretario alla guerra nel governoReynaud. Negli anni Trenta si era segnalato come convinto (einascoltato) assertore dell’uso massiccio dei mezzi corazzati.

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luglio l’Assemblea nazionale, riunita a Vichy, si spogliava dei suoi poteri, affidando al presi-dente del Consiglio il compito di promulgare una nuova Costituzione. Come molti suoi con-cittadini di parte conservatrice, Pétain attribuiva la responsabilità della sconfitta non agli er-rori dei comandi militari, ma alla classe dirigente repubblicana e al sistema democratico-par-lamentare, considerato troppo permissivo e dunque causa di rilassamento morale. La «rivo-luzione nazionale» promossa da Pétain – col diffuso consenso di un’opinione pubblica pas-siva e smarrita, desiderosa soprattutto di tenersi fuori dalla guerra – si risolse così in un ritor-no alle tradizioni dell’ancien régime: culto dell’autorità, difesa della religione e della fami-

glia, esaltazione retorica della piccola proprietà e del lavoro nei campi,organizzazione sociale di stampo corporativo. Il regime di Vichy si ridus-se al rango di Stato-satellite della Germania hitleriana. Ogni rapportocon la Gran Bretagna fu interrotto dopo che il 3 luglio la flotta francese,ancorata nella baia di Mers el Kebir in Algeria, fu attaccata e distrutta daquella inglese per evitare che cadesse in mano dei tedeschi.

4 L’ITALIA IN GUERRA

Nell’estate del 1939 l’Italia fu colta di sorpresa dal precipitare della crisiinternazionale. E, allo scoppio della guerra, non poté far altro che an-nunciare la propria «non belligeranza», giustificando l’inadempienza

agli impegni del «patto d’acciaio» con l’impreparazione ad affrontare una guerra di lungadurata. In effetti l’equipaggiamento delle forze armate, già scarso e antiquato, era stato ulte-riormente impoverito dalle imprese in Etiopia e in Spagna. Insufficienti erano anche le scor-te di materie prime, per le quali l’Italia dipendeva cronicamente dalle importazioni estere.Ma nel maggio 1940, di fronte al crollo della Francia attaccata dai tedeschi, Mussolini spaz-zò via le sue esitazioni e piegò le resistenze di quei settori della classe dirigente che fin allo-ra si erano mostrati meno favorevoli alla guerra: il re, alcuni gerarchi dell’ala «moderata» delfascismo, gli industriali (che commerciavano vantaggiosamente con tutti gli Stati belligeran-ti), gli stessi vertici militari. Anche l’opinione pubblica, prima avversa alla guerra e all’alle-anza con la Germania, cambiò orientamento di fronte alla prospettiva di una vittoria da ot-tenersi con pochissimo sforzo (lo stesso Mussolini, in privato, parlò di «qualche migliaio dimorti da gettare sul tavolo della pace») [�11].

Il 10 giugno 1940, dal balcone di Palazzo Venezia, il duce annunciò auna folla plaudente l’entrata in guerra dell’Italia. L’offensiva sulle Alpicontro la Francia, sferrata il 21 giugno in condizioni di netta superiorità

numerica contro un avversario praticamente già sconfitto, si risolse però in una grande pro-va di inefficienza. L’armistizio subito richiesto dalla Francia e firmato il 24 giugno prevede-va solo qualche minima rettifica di confine, oltre alla smilitarizzazione di una fascia di terri-torio francese profonda 50 km. Non diversamente andarono le cose in Africa settentrionale,dove l’attacco lanciato in settembre contro le forze inglesi in Egitto dovette arrestarsi per l’in-

sufficienza dei mezzi corazzati. Mussolini, convinto che l’Italia dovessecombattere una sua guerra, parallela a quella tedesca, rifiutò un’offertad’aiuto da parte della Germania, preoccupato di sottrarsi alla tutela delpiù potente alleato. Si trattava però di una guerra che le forze armate ita-liane non erano in grado di affrontare, come gli avvenimenti dei mesi suc-cessivi avrebbero ampiamente dimostrato.

I primifallimenti

La «nonbelligeranza»

Totalitarismi e stermini di massa292 MODULO 3

GUIDAALLOSTUDIO1. Che cos’era la linea Maginot? 2. In chemodo l’esercito tedesco riuscì a penetrare inFrancia? 3. Chi erano Charles de Gaulle ePhilippe Pétain? Quale fu l’atteggiamento diquest’ultimo nei confronti dei tedeschi? 4.Dove risiedeva il nuovo governo francese?Quali furono le sue principali iniziative?

GUIDAALLOSTUDIO1. Che cosa spinse Mussolini a entrare inguerra? 2. La partecipazione al conflitto eracondivisa dal popolo italiano? 3. Quale ful’esito dell’offensiva italiana sulle Alpi? 4.Come si risolse l’attacco italiano in Africasettentrionale?

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5 LA BATTAGLIA D’INGHILTERRA E IL FALLIMENTO DELLA GUERRA ITALIANA

Dal giugno 1940 la Gran Bretagna era rimasta sola a combattere controla Germania e i suoi alleati. A questo punto Hitler sarebbe stato disposto

a trattare, a patto di vedersi riconosciute le sue conquiste. Ma ogni ipotesi di tregua trovò unostacolo insuperabile nella volontà della classe dirigente e del popolo britannico di conti-nuare la lotta. Interprete e ispiratore di questa volontà di lotta fu il primo ministro conserva-tore Winston Churchill, da sempre deciso fautore di una linea intransigente contro le pre-tese hitleriane. Chiamato nel maggio del ’40 a guidare il nuovo governo di coalizione nazio-nale, Churchill enunciò subito il suo programma in un celebre discorso: una sola politica,«la guerra per mare, per terra e nell’aria, con tutte le nostre energie», e un solo obiettivo, «lavittoria a tutti i costi [...] per quanto lunga e dura possa essere la strada». Ai suoi concittadi-ni non aveva nulla da offrire «se non sangue, travagli, lacrime e sudore». I sacrifici annun-ciati da Churchill divennero ben presto una dura realtà.

All’inizio di luglio Hitler dava il via al progetto per l’invasione dell’In-ghilterra (l’operazione Leone marino). Premes sa essenziale per la riu-scita del piano era il dominio dell’aria, che avrebbe consentito ai tede-schi di compensare la superiorità navale della Gran Bretagna. Quellaingaggiata dalla Germania contro l’Inghilterra nell’estate del ’40 fu la

prima grande battaglia aerea della storia. Per circa tre mesi l’aviazione tedesca (Luftwaffe)effettuò continue incursioni in territorio britannico, prima contro obiettivi militari, poi con-tro i principali centri industriali, compresa Londra, che fu ripetutamente bombardata. Gliattacchi tedeschi furono però efficacemente contrastati dalla contraerea e dagli aerei dacaccia della Royal Air Force (Raf), che si valeva fra l’altro di un ottimo sistema di informa-zione e di avvistamento radar. All’inizio del-l’autunno apparve chiaro che, nonostante leperdite umane e le distruzioni materiali subì-te, l’Inghilterra non era stata piegata e l’ope-razione «Leone marino» fu rinviata a tempoindefinito.

Ibombardamentitedeschi e la resistenzainglese

Churchill

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 293

«Spitfire» inglesi

Due osservatori della contraereainglese al loro posto di controllo sultetto di un edificio

Il 13 agosto 1940 l’aviazionetedesca compì 1485 missioni sulterritorio inglese. La sproporzione diforze era evidente: i tedeschidisponevano di circa 2800 aerei, gliinglesi di circa 600 caccia. Ma gliinglesi, i quali disponevano diimpianti radar che consentivano laprecoce identificazione delle rotted’attacco tedesche, misero in campogli «Spitfire», caccia di straordinariamaneggevolezza e velocità (circa 600km orari), che ebbero la meglio sianei duelli aerei sia nelle operazioni diintercettamento dei bombardieri.

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La battaglia d’Inghilterra, tuttavia, aveva dato una tragica dimostrazionedelle poten zialità distruttive del mezzo aereo: i bombardamenti sulle cit-

tà, le terrificanti incursioni notturne precedute dal suono delle sirene e dalla fuga dei civiliverso i rifugi antiaerei, gli orrori prodotti dalle bombe incendiarie sarebbero diventati unelemento ricorrente e un fattore decisivo nelle successive fasi della guerra. La tenace resi-stenza degli inglesi aveva ottenuto comunque un successo determinante, soprattutto dalpunto di vista psicologico, imponendo alla Germania la prima battuta d’arresto dall’iniziodel conflitto.

Un’altra battuta d’arresto per le forze del l’«Asse Roma-Berlino» [cfr.11.5] fu rappresentata dall’andamento disastroso della guerra paralleladi Mussolini. Nell’ottobre 1940 l’esercito italiano, muovendo dall’Alba-

nia, attaccava improvvisamente la Grecia. Questa offensiva, decisa senza adeguata prepa-razione e senza alcuna giustificazione plausibile, si scontrò con una resistenza molto piùdura del previsto. Alla fine di novembre i greci passarono al contrattacco e gli italiani furo-no costretti a ripiegare in territorio albanese e a schierarsi sulla difensiva. L’esito fallimen-tare della campagna di Grecia provocò un terremoto nei vertici militari (il capo di statomaggiore Badoglio fu costretto alle dimissioni) e suscitò nel paese una diffusa crisi di sfidu-cia. Le notizie provenienti dal fronte albanese – che parlavano di completa disorganizza-zione, di carenza di equipaggiamento invernale, di fenomeni di sbandamento fra le truppe– diedero un durissimo colpo all’immagine guerriera del regime e alla popolarità di Mus-solini. Tanto più che quelle notizie si accompagnavano all’eco dei contemporanei insuc-cessi in Africa.

Nel dicembre ’40 gli inglesi erano infatti passati al contrattacco e, grazieanche alla superiorità dei loro carri armati, in meno di due mesi aveva-no conquistato l’intera Cirenaica (ossia la parte orientale della Libia) in-

fliggendo agli italiani la perdita di 140.000 uomini fra morti, feriti e prigionieri. Per evitarela definitiva cacciata dalla Libia, Mussolini fu costretto ad accettare l’aiuto della Germania.In marzo, con l’arrivo dei primi reparti tedeschi, equipaggiati con moderni mezzi corazzatie comandati da un brillante stratega della guerra di movimento, il generale Erwin Rommel,le truppe dell’Asse cominciavano una lunga controffensiva che, già in aprile, portò alla ri-conquista della Cirenaica.

Ma intanto l’Africa orientale italiana (Etiopia, Somalia, Eritrea), difficilmente difendibi-le per la sua posizione geografica, stava cadendo nelle mani degli inglesi: il 6 aprile 1941 fuoccupata Addis Abeba, dove pochi giorni dopo rientrava trionfalmente il negus. Fu un al-tro durissimo colpo per il prestigio dell’Italia, ormai costretta a rinunciare a ogni sogno di«guerra parallela» e ridotta ovunque a recitare il ruolo dell’alleato subalterno.

Anche nei Balcani, come in Nord Africa, il fallimento delle iniziativeitaliane finì con l’aprire la strada all’intervento in forze della Germa-nia. Nell’aprile 1941, la Jugoslavia e la Grecia, attaccate simultanea-

mente da truppe tedesche e italiane, furono rapidamente travolte, mentre gli inglesi – chein marzo erano sbarcati nella penisola ellenica – erano costretti a ritirarsi, abbandonandoper la seconda volta il continente europeo. A questo punto (primavera-estate del ’41) re-

stava aperto il solo fronte nordafricano (dove gli inglesi erano avvantag-giati dalla superiorità navale nel Mediterraneo, oltre che dall’ampio re-troterra di cui disponevano in Africa e in Medio Oriente). Ma Hitlernon aveva più rivali in Europa. E poteva concentrare il grosso delle sueforze verso l’obiettivo più ambìto: la conquista dello «spazio vitale» aest ai danni dell’Urss.

L’interventotedesco nei Balcani

Le sconfitte in Africa

Dalla guerra-lampo allaguerra d’usura

La guerra aerea

Totalitarismi e stermini di massa294 MODULO 3

GUIDAALLOSTUDIO1. Chi era Winston Churchill? 2. Come sisvolse l’operazione tedesca denominata«Leone marino»? 3. Quale dimensione dellaguerra fu messa in luce dal conflitto anglo-te-desco? 4. Quali effetti produsse la «guerraparallela» dell’Italia fascista? In quali aree fucombattuta?

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6 L’ATTACCO ALL’UNIONE SOVIETICA E L’INTERVENTO DEGLI STATI UNITI

Con l’attacco tedesco all’Unione Sovietica, all’inizio dell’estate 1941, la guerra entrò in unanuova fase. Un altro vastissimo fronte si aprì in Europa orientale. La Gran Bretagna non fupiù sola a combattere. Lo scontro ideologico si semplificò e si radicalizzò col venir menodell’anomala intesa fra nazismo e comunismo sovietico.

Che l’Urss costituisse da sempre il principale obiettivo delle mire espan-sionistiche di Hitler non era un mistero per nessuno. Stalin si illuse tut-tavia che Hitler non avrebbe mai aggredito la Russia prima di aver chiu-

so la partita con la Gran Bretagna. Così, quando il 22 giugno 1941 l’offensiva tedesca – de-nominata in codice operazione Barbarossa – scattò su un fronte lungo 1600 km, dal Balti-co al Mar Nero, i russi furono colti impreparati. In due settimane le armate del Reich pene-trarono in territorio sovietico per centinaia di chilometri e misero fuori combattimento600.000 avversari. L’offensiva – cui prese parte anche un corpo di spedizione italiano[�12d] inviato in tutta fretta da Mussolini, ansioso di inserirsi nella crociata antibolscevica– continuò per tutta l’estate e si sviluppò con successo su due direttrici principali: a nord, at-traverso le regioni baltiche, e a sud, attraverso l’Ucraina, con l’obiettivo di raggiungere le zo-ne petrolifere del Caucaso. Ma l’attacco decisivo verso Mosca fu sferrato troppo tardi, all’ini-zio di ottobre, e fu bloccato a poche decine di chilometri dalla capitale, anche per il soprag-giungere del maltempo, che rese impraticabile la maggior parte delle strade e rallentò il mo-vimento degli automezzi.

In dicembre i sovietici lanciavano la loro prima controffensiva, allonta-nando la minaccia da Mosca. All’inizio dell’inverno, i tedeschi erano an-cora padroni di territori vastissimi e importantissimi dal punto di vista

economico (l’Ucraina, la Bielorussia, le regioni baltiche). Ma Hitler aveva mancato l’obiet-tivo di mettere fuori causa l’Urss ed era costretto a tenere il grosso del suo esercito immo-bilizzato nelle pianure russe, alle prese con un terribile inverno e con una resistenza sem-pre più accanita. Guidata personalmente da Stalin – che seppe mobilitare il sentimentopatriottico del popolo russo – la resistenza dei sovietici risultò infatti più efficace del previ-sto. Attingendo a un serbatoio umano che sembrava inesauribile e riorganizzando la pro-duzione industriale nelle regioni a est del Volga, l’Urss riusciva infatti a compensare le spa-ventose perdite subite (3 milioni di uomini, 20.000 carri armati e 15.000 aerei nei primi tremesi di guerra).

Anche la guerra meccanizzata si trasformava così in una guerra d’usura,in cui l’elemento decisivo era costituito dalla capacità di compensare ra-pidamente il logorìo degli uomini e dei materiali. In una guerra del ge-

nere – così com’era accaduto nel primo conflitto mondiale – la Germania era destinata aperdere il suo vantaggio iniziale, dovuto alla superiorità tecnica e strategica. Tanto più nelmomento in cui la massima potenza industriale del mondo si schierava a fianco di Gran Bre-tagna e Urss.

Allo scoppio del conflitto, gli Stati Uniti avevano ribadito la linea di nonintervento negli affari europei mantenuta negli anni fra le due guerre.Ma, una volta rieletto alla presidenza per la terza volta (caso unico nella

storia americana) nel novembre 1940, Roosevelt si impegnò in una politica di aperto soste-gno economico alla Gran Bretagna, rimasta sola a combattere contro la Germania. Nel mar-zo 1941 fu approvata una legge, detta degli affitti e prestiti, che consentiva la fornitura dimateriale bellico a condizioni molto favorevoli a quegli Stati la cui difesa fosse considerata

L’appoggiodegli Usa allaGran Bretagna

Dalla guerra-lampo allaguerra d’usura

La resistenzadell’Urss

L’offensivatedesca

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 295

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vitale per gli interessi americani. In maggio gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatichecon Germania e Italia. In giugno la marina militare Usa fu incaricata di scortare fino all’Is-landa i convogli che trasportavano aiuti a nazioni alleate e autorizzata a rispondere a even-tuali attacchi.

Questa politica – che tendeva a fare degli Stati Uniti l’«arsenale delle de-mocrazie» e poneva il paese in rotta di collisione con le potenze dell’As-se – ebbe il suo suggello ufficiale nell’incontro fra Roosevelt e Churchill

avvenuto il 14 agosto 1941 su una nave da guerra al largo dell’isola di Terranova. Frutto del-l’incontro fu la cosiddetta Carta atlantica: un documento in otto punti (quasi una edizioneaggiornata dei quattordici punti di Wilson), in cui i due statisti ribadivano la condanna deiregimi fascisti e fissavano le linee di un nuovo ordine democratico da costruire a guerra fini-ta: rispetto dei princìpi di sovranità popolare e di autodecisione dei popoli, libertà dei com-merci, libertà dei mari, cooperazione internazionale, rinuncia all’uso della forza nei rappor-ti fra gli Stati. Il coinvolgimento degli Usa in quella che sempre più stava diventando unaguerra antifascista sembrava già a questo punto inevitabile.

A trascinare gli Stati Uniti nel conflitto fu l’aggressione improvvisa subi-ta nel Pacifico da parte del Giappone: la maggiore potenza dell’emisferoorientale e il principale alleato asiatico di Germania e Italia, cui era le-

gato, dal settembre 1940, da un patto di alleanza detto Patto tripartito. Già impegnato dal ’37in una guerra di conquista contro la Cina [cfr. 12.5], il Giappone aveva profittato del con-flitto europeo per allargare le sue aspirazioni espansionistiche a tutti i territori del Sud-estasiatico. Quando, nel luglio ’41, i giapponesi invasero l’Indocina francese, Stati Uniti eGran Bretagna reagirono decretando il blocco delle esportazioni verso il Giappone. L’Im-pero asiatico – paese industrialmente sviluppato ma povero di materie prime – si trovò a que-sto punto di fronte a una scelta: piegarsi alle richieste delle potenze occidentali (che esige-vano il ritiro delle truppe giapponesi dall’Indocina e dalla Cina), o scatenare la guerra per

conquistare nuovi territori e procurarsi così le materie prime necessariealla sua politica di grande potenza. Il governo giapponese, dominato dal-le correnti belliciste, scelse la strada della guerra.

Il 7 dicembre 1941, l’aviazione giapponese attaccò,senza previa dichiarazione di guerra, la flotta degliStati Uniti ancorata a Pearl Harbor, nelle Hawaii, ela distrusse in buona parte. Nei mesi successivi, profit-tando della netta superiorità navale così conquistata

nel Pacifico, i giapponesi raggiunsero di slancio tutti gli obiettivi che sierano prefissati: nel maggio ’42 controllavano le Filippine (strappate agliUsa), la Malesia e la Birmania britanniche, l’Indonesia olandese ed era-no in grado di minacciare l’Australia e la stessa India, costringendo laGran Bretagna a distogliere forze preziose dal Medio Oriente.

Pochi giorni dopo l’attacco a Pearl Harbor anche Ger-mania e Italia dichiaravano guerra agli Stati Uniti. Ilconflitto diventava a questo punto veramente mon -

diale. Gli anglo-americani e i sovietici, trovatisi a combattere dalla stessaparte più per scelta altrui che per propria volontà, si posero subito il pro-blema di elaborare una strategia comune per battere le potenze fasciste.Lo fecero per la prima volta nella conferenza che si tenne a Washingtonfra il dicembre 1941 e il gennaio 1942, nella quale tutte le 26 nazioni inguerra contro Germania, Italia e Giappone (oltre ai «tre grandi» – Stati

Il patto delle NazioniUnite

L’attacco a Pearl Harbor e l’offensivagiapponese nel Pacifico

L’espansionismogiapponese

La Cartaatlantica

Totalitarismi e stermini di massa296 MODULO 3

Manifesto di propaganda americana:Vendicheremo Pearl Harbor

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Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna – c’erano anche i paesi delCommonwealth e numerosi rappresentanti di Stati occupati dai tede-schi) sottoscrissero il patto detto «delle Nazioni Unite»: i contraenti si im-pegnavano a tener fede ai princìpi della Carta atlantica, a combattere lepotenze fasciste, a non concludere armistizi o paci separate.

7 IL «NUOVO ORDINE». RESISTENZA E COLLABORAZIONISMO

Nella primavera-estate del ’42 le potenze del patto «tripartito» raggiun-sero la loro massima espansione territoriale. Il Giappone dominava, co-me si è visto, su tutto il Sud-est asiatico, su vaste zone della Cina e su mol-

te isole del Pacifico. In Europa le forze dell’Asse, di nuovo all’offensiva in Russia, controlla-vano, direttamente o indirettamente, un territorio di circa 6 milioni di km2 con oltre 350 mi-lioni di abitanti. Attorno alla Germania e all’Italia ruotavano gli alleati «minori»: Ungheria,Romania, Bulgaria, Slovacchia, Croazia e Francia di Vichy. In Olanda, in Norvegia e in Boe-

L’espansionedelle potenzedell’Asse

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 297

L’attacco a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941

Il disegno riproduce l’attaccodell’aviazione giapponese,comandata dall’ammiraglioIsoroku Yamamoto, alla flottastatunitense concentrata nella

baia di Pearl Harbor, nelleHawaii, all’alba del 7 dicembredel 1941. Al centro, in fiamme,sono raffigurate le corazzateamericane colpite daibombardieri e dagliaerosiluranti: la Nevada (1),colpita, sta affondando;

l’Oklahoma (2) si rovescia dopoessere stata colpita da tresiluri; l’Arizona (3) è statairrimediabilmente colpita e staesplodendo; la corazzata WestVirginia (4), che sta affondando,ha marginalmente protetto laTennessee (5); la corazzata

California (6) si sta inclinandosu un fianco mentrel’equipaggio tenta di mettersi insalvo. Delle corazzate colpitesolo tre risultaronoirrecuperabili; le altre, invece,furono impiegate ancora duranteil corso della guerra.

GUIDAALLOSTUDIO1. Che cosa fu l’«operazione Barbarossa»?2. Perché contro l’Urss la guerra-lampo di-ventò guerra d’usura? 3.Quale fu l’atteggia-mento del presidente americano Rooseveltnei confronti della guerra? 4. Che cosa san-civa la Carta atlantica? 5. Perché i giappo-nesi attaccarono la flotta americana a PearlHarbor? 6. Quale fu il contenuto del pattodelle Nazioni unite? Chi lo sottoscrisse?

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mia governavano «alti commissari» tedeschi. Ai due lati del blocco e al suo estremo setten-trionale c’erano Spagna, Turchia e Svezia, formalmente neutrali ma di fatto incluse nellasfera politico-economica dell’Asse. All’interno di questo blocco l’Italia aveva un ruolo mar-ginale. Il vero cuore pulsante del sistema era infatti la Germania, la cui macchina bellica la-vorava a pieno ritmo, grazie anche al lavoro obbligatorio dei prigionieri di guerra e degli ope-rai prelevati dai paesi occupati.

Sia la Germania sia il Giappone cercarono di costruire nelle zone sottoil loro controllo un «nuovo ordine» basato sulla supremazia della nazio-ne eletta e sulla rigida subordinazione degli altri popoli alle esigenze dei

dominatori. Mentre però il Giappone si appoggiò ai movimenti indipendentisti locali e fe-ce propria, strumentalmente, la causa della lotta contro l’imperialismo europeo, la Germa-nia non concesse nulla alle esigenze di autogoverno dei popoli ad essa soggetti.

Un trattamento particolarmente duro e inumano fu riservato ai popoli slavi, consideratirazzialmente inferiori e destinati, nei progetti di Hitler, a una condizione di semischiavitù:tutta l’Europa orientale doveva diventare una colonia agricola del Grande Reich, ogni trac-cia di industrializzazione e di urbanizzazione doveva essere cancellata, ogni forma di istru-

Il dominio dellanazione eletta

Totalitarismi e stermini di massa298 MODULO 3

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TunisiAlgeri

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Stalingrado

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SofiaBelgrado

Praga

Varsavia

Vienna Budapest

Berlino

Parigi

Londra

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Il Cairo

Madrid

Atene

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Danubio

Dnepr

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a or.

Lisb

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attacchi delle forze dell’Asse:nel 1939nel 1940nel 1941-42battaglia d’Inghilterra8.8 - 31.10.1940

confini al 1939fronte orientaledicembre 1941massima espansionedelle forze dell’Asse

paesi dell’Assepaesi occupatidalle forze dell’Assepaesi neutralipaesi alleatiFrancia di Vichypaesi occupati dagli alleati

La seconda guerramondiale 1939-42

Nella carta sonoindicate tutte ledirettrici degliattacchi tedeschi eitaliani el’estensioneraggiunta daldominio dellepotenze dell’«AsseRoma-Berlino» allafine del 1942.

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zione superiore bandita. Le élites dirigenti e gli intellettuali (a cominciare dai quadri del Par-tito comunista in Russia) dovevano essere sterminati fisicamente. Circa 6 milioni di civili so-vietici e 2 milioni e mezzo di polacchi, senza contare gli ebrei, morirono negli anni dell’oc-cupazione tedesca. Dei quasi 6 milioni di prigionieri di guerra russi, più della metà non fe-cero mai ritorno in patria.

Ma la persecuzione più orribile e più spietata fu quella consumata con-tro gli ebrei, da sempre considerati da Hitler come il nemico principalee sottoposti in Germania, già prima della guerra, a una serie di crescenti

vessazioni. In tutti i paesi occupati dai nazisti – in particolare in quelli dell’Europa orienta-le, dove le comunità israelitiche erano più numerose – gli ebrei furono prima confinati neighetti (quello di Varsavia fu teatro, nell’aprile ’43, di una disperata insurrezione terminatacon un massacro) e discriminati, anche visibilmente, con l’obbligo di portare al braccio unastella gialla; quindi furono deportati in campi di prigionia (Lager), situati per lo più in loca-lità della Polonia o della Germania, dai nomi destinati a restare tristemente famosi (Au-schwitz, Buchenwald, Dachau e molte altre).

Qui i deportati venivano sfruttati fino alla consunzione fisica, usati talo-ra come cavie per esperimenti medici e, se non erano in grado di lavora-re, eliminati in massa nelle camere a gas. La «soluzione finale» del pro-

blema ebraico, progettata e avviata da Hitler a partire dall’inizio del ’42 e affidata principal-mente alle cure delle SS, prevedeva infatti la pura e semplice eliminazione fisica degli ebrei.Fra i 5 e i 6 milioni di israeliti – provenienti da ogni parte d’Europa, ma per la maggior par-te polacchi e russi – scomparvero così negli anni della guerra.

Il sistema di sfruttamento, di terrore e di sterminio pianificato costruito daitedeschi nell’Europa occupata portò alla Germania consistenti vantaggiimmediati: una riserva inesauribile di forza-lavoro gratuita, un flusso con-

tinuo di materie prime, un enorme prelievo di ricchezza e di beni di consumo che permise aicittadini tedeschi di mantenere, almeno fino al ’43, un livello di vita molto più elevato di quel-lo consentito agli altri popoli europei. Questo sistema di dominio, ispirato a un cieco e irrazio-

Gli effetti del dominionazista

La «soluzionefinale»

Lapersecuzionedegli ebrei

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 299

Un gruppo di ebreiesce dal ghetto diVarsavia[National Archives,Washington]

L’insurrezione delghetto di Varsavianel 1943, dove imorti furono 7000,è una straordinariatestimonianza diresistenza incondizionidisperate,nonostantel’immanesproporzione diforze. Un fotografoappartenente a unreparto dipropaganda dellaWehrmacht fudistaccato nelghetto per la duratadel rastrellamento.Realizzò un albumche venneconsegnato in treesemplari al capodelle SS Himmler,al comandante delleSS e della polizia diCracovia, Krüger, eal comandante delleSS Jürgen Stroop,massima autoritàmilitare tedesca aVarsavia. L’album,da cui è trattaquesta immagine,comparve poi tra idocumenti deltribunale diNorimberga come«Rapporto Stroop».

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nale fanatismo razziale, costrinse però i tedeschi amantenere nei territori occupati forti contingenti ditruppe; suscitò nelle popolazioni soggette moti di ri-bellione che spesso sarebbero sfociati in resistenzaarmata; sollevò infine contro la Germania nazistaun’ondata di odio che avrebbe finito per rivolgersicontro l’intero popolo tedesco.

Episodi di resistenza all’occupa-zione nazista – in forme che an-davano dalla non collaborazione

alla diffusione di materiale propagandistico, alla tra-smissione di informazioni agli alleati, al sabotaggio –si manifestarono già nella prima fase della guerra intutti i paesi invasi dai nazisti. Protagonisti di questiepisodi erano di solito piccoli gruppi antifascisti, ap-poggiati dagli inglesi e legati per lo più ai governi inesilio o ai movimenti di liberazione (come la Fran-cia libera di De Gaulle) che avevano trovato ospita-lità in Gran Bretagna. Ma fu soprattutto con la pri-mavera-estate del ’41 che la resistenza al nazismo as-sunse in molti paesi dimensioni rilevanti. Veri movi-

La resistenza al nazismo

Totalitarismi e stermini di massa300 MODULO 3

«Genocidio» (dal greco ghènos, «stirpe»)è lo sterminio deliberato di tutto un po-polo, a prescindere dall’età, dal sesso,dalle opinioni politiche e dalle credenzereligiose dei suoi membri. Il termine fuconiato nel 1946, durante il processo diNorimberga contro i dirigenti nazisti [cfr.14.1], per indicare la più orribile dellecolpe che venivano addebitate agli impu-tati: il massacro degli israeliti nei paesioccupati dall’esercito tedesco. Quello messo in atto dai nazisti contro gliebrei non fu certo l’unico massacro indi-scriminato compiuto nella storia ai dan-ni di un intero popolo. Riferendosi ai se-coli passati, si è parlato di genocidio inrelazione ad alcune guerre di religionedel Medioevo (per esempio, la crociatacontro gli Albigesi) o alla decimazione de-gli Incas e degli Aztechi a opera dei co-lonizzatori spagnoli. Per restare al no-stro secolo, basterà ricordare lo stermi-

nio di oltre un milione di armeni perpetra-to dai turchi durante la Grande Guerra[cfr. 5.7]; la deportazione – che compor-tava un vero e proprio sterminio di clas-se – di milioni di contadini (ma anche diintere popolazioni considerate infide,sulla base di discriminanti etniche) deci-sa da Stalin nel corso degli anni ’30 e’40; infine il trasferimento forzato, risol-tosi in una strage, di tutta la popolazioneurbana della Cambogia sotto la dittatu-ra comunista di Pol Pot [cfr. 18.7] nel’75-76. Sul problema dell’«unicità» diquello che impropriamente viene chia-mato l’olocausto, ossia il sacrificio, delpopolo ebraico (e che gli ebrei preferi-scono chiamare Shoah, in ebraico «scia-gura, catastrofe») si è sviluppato in tem-pi recenti un acceso dibattito. Certo è dif-ficile, e forse inutile, stabilire una gra-duatoria fra stermini di massa tutti carat-terizzati dal fatto di coinvolgere intere po-

polazioni inermi e di non risparmiarenemmeno i bambini. Si può tuttavia os-servare che nessuno di questi sterminiebbe il carattere sistematico e pianifica-to della «soluzione finale» progettata daHitler, che aveva lo scopo di cancellaretutti gli ebrei dalla faccia della terra eaveva l’aggravante di compiersi nel cuo-re della civilissima Europa. A maggior ragione appare improprio usa-re il termine «genocidio» – come spessosi è fatto negli ultimi decenni – per de-nunciare il carattere di indiscriminatacrudeltà (soprattutto nei confronti dellapopolazione civile) di alcune guerre con-dotte contro movimenti di guerriglia par-tigiana (per esempio, dagli americani inVietnam o dai sovietici in Afghanistan) oper richiamare l’attenzione sull’oppres-sione di minoranze etniche e su episodiparticolarmente sanguinosi di repres-sione politica.

PAROLACHIAVE Genocidio

Manifesto della resistenza francese, 1944

Il manifesto dichiara che «I franchi tiratori e i partigiani hannoversato il proprio sangue per il popolo di Parigi»

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menti popolari furono quelli che si svilupparono in Jugoslavia e in Grecia. Un salto decisivofu poi rappresentato dall’attacco tedesco all’Urss, che portò i comunisti di tutta Europa a im-pegnarsi attivamente nella lotta armata contro i nazisti.

Non sempre le diverse forze che confluivano nella Resistenza riuscironoa stabilire una linea d’azione comune. Nonostante avessero adottato unastrategia che subordinava ogni obiettivo rivoluzionario alla lotta di libe-

razione nazionale – strategia voluta da Stalin che, nel maggio ’43, a garanzia della nuova li-nea, decise lo scioglimento del Comintern – i comunisti erano guardati con sospetto daglianglo-americani e dalle componenti moderate del fronte antifascista. Accordi unitari furo-no ugualmente raggiunti in Francia e, come vedremo fra poco, in Italia. Ma la collaborazio-ne si rivelò impossibile in quei paesi dell’Europa orientale e balcanica dove più diffuso erail timore che i partiti comunisti fungessero da strumento per i piani egemonici dell’Urss. InJugoslavia in particolare – il paese in cui il movimento di resistenza assunse più che altrovele dimensioni di una guerra di popolo – l’esercito popolare guidato dal comunista Josip Broz(più noto col nome di battaglia di Tito) prevalse nettamente sui gruppi nazionalistici e mo-narchici.

La resistenza al nazismo rappresentò solo una faccia della realtà dell’Eu-ropa occupata dai tedeschi. In tutti i paesi invasi dalla Germania o da es-sa controllati, vi fu una parte più o meno consistente della popolazione

che, per opportunismo o per convinzione, accettò di collaborare con i dominatori. Le forzedi occupazione tedesche trovarono ovunque degli alleati per la lotta antipartigiana, dei vo-lontari pronti ad arruolarsi nelle loro file (decine di migliaia di giovani di diversi paesi furo-no inquadrati nei reparti combattenti delle SS), dei leader disposti a governare in nome e al-le dipendenze degli occupanti. In alcuni paesi i tedeschi si servirono di esponenti dei fasci-smi locali. In altri trovarono il sostegno di movimenti separatisti (gli slovacchi, gli ustasciacroati) già in lotta contro gli Stati cui appartenevano. In altri ancora, infine, furono frazionidella classe dirigente al potere prima della guerra che si assunsero la responsabilità di gover-nare nel segno di un esasperato anticomunismo o di un malinteso spirito di realismo.

Il caso più importante in questo senso fu quello del-la Francia di Vichy, la cui sottomissione ai tedeschi siaccentuò nella primavera del ’42, quando Pétain af-

fidò il governo a Pierre Laval, già primo ministro negli anni ’30. La suaaccondiscendenza verso la Germania non servì a evitare che, dopo losbarco alleato in Nord Africa alla fine del ’42, i tedeschi occupassero an-che la parte meridionale del paese ponendo fine a ogni simulacro di in-dipendenza.

8 1942-43: LA SVOLTA DELLA GUERRA

Fra il 1942 e il 1943, l’andamento della guerra subì una svolta decisivasu tutti i fronti. I primi segni di inversione di tendenza si ebbero nel Pa-cifico, dove la spinta offensiva dei giapponesi fu fermata dagli americani

– nel maggio-giugno ’42 – nelle due battaglie del Mar dei Coralli, di fronte alle coste dellaNuova Guinea, e delle isole Midway, a ovest delle Hawaii: le prime battaglie navali in cuile flotte si affrontarono senza vedersi, a decine di chilometri l’una dall’altra, bombardando-si a vicenda con gli apparecchi che decollavano dalle grandi portaerei. Dopo che, nel feb-

Le primesconfittegiapponesi

La Francia di Vichy

Il collaborazio-nismo

Le divisioniinterne alla Resistenza

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 301

GUIDAALLOSTUDIO1. Su cosa si basava il «nuovo ordine» tede-sco nei paesi occupati? 2. Quali popolazio-ni furono vittime delle discriminazioni razzia-li naziste? 3. Che cos’erano i Lager? Cosaintendevano i leader nazisti con l’espressio-ne «soluzione finale»? 4. In che modo reagi-rono le popolazioni sottomesse dai tede-schi? 5. Che cosa fu il collaborazionismo?Quali soggetti interessò?

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braio ’43, le truppe da sbarco americane (i marines) ebbero conquistato l’isola di Guadalca-nal, i giapponesi rinunciarono alle azioni offensive di ampio respiro, limitandosi a difende-re le posizioni raggiunte all’inizio della guerra.

Tra la fine del ’42 e l’inizio del ’43, un mutamento nei rapporti di forzasi verificò anche nell’Atlantico, dove i tedeschi avevano condotto fin al-lora un’efficace guerra sottomarina contro i convogli che trasportavano

armi e approvvigionamenti dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna. Gli alleati riuscirono a li-mitare notevolmente le perdite, grazie a una serie di innovazioni tecniche (radar più perfe-zionati, bombe di profondità, razzi antisommergibile) e grazie a una migliore organizzazio-ne tattica, che consisteva nel concentrare le forze nella difesa dei convogli, anziché disper-derle in una ricerca casuale, e spesso inutile, dei sommergibili nemici.

Ma l’episodio decisivo di questa fase della guerra si verificò in Russia. Inagosto i tedeschi iniziarono l’assedio di Stalingrado, sul Volga, punto no-dale della difesa russa nel settore sud-est e città simbolo che portava il no-

me di Stalin. Nel novembre ’42, dopo mesi di durissimi combattimenti, strada per strada, ca-sa per casa, i sovietici contrattaccarono efficacemente sui fianchi dello schieramento nemi-co, e chiusero i tedeschi in una morsa. Anziché autorizzare la ritirata, Hitler ordinò la resi-stenza a oltranza, sacrificando così un’intera armata che, all’inizio di febbraio, fu costrettaad arrendersi. Per i tedeschi quello di Stalingrado rappresentò il più grave rovescio subìtodall’inizio della guerra. Per i sovietici e per gli antifascisti di tutto il mondo, Stalingrado di-venne immediatamente un simbolo di riscossa, il segno più evidente della svolta intervenu-ta nel corso del conflitto.

La battaglia di Stalingrado

La guerranell’Atlantico

Totalitarismi e stermini di massa302 MODULO 3

Il Pacifico nellaseconda guerramondiale 1941-45

Alle fine del 1942 ildominio delGiappone siestendeva su granparte dell’Asiaorientale. Fermatal’avanzatagiapponese nellegrandi battaglieaeronavali delleMidway e del Mardei Coralli (1942),solo a partire dal1943 americani einglesi furono ingrado di passare alcontrattacco. Puntodi svolta fu laconquista dell’isoladi Guadalcanal.

Leyte 1944

Midway 1942

FORMOSA

COREA

MANCIURIA

NUOVA GUINEA

FILIPPINE

GUADALCANAL

GUAM

isole CAROLINEisole MARSHALL

isole GILBERT

GIAPPONE

IWOJIMA

isole HAWAII

OKINAWA

BORNEOCELEBES

AUSTRALIA

WAKE

TokyoHiroshima

NagasakiShanghai

Hong Kong(brit.)

Pechino

Rangun

Bangkok

Singapore

Saigon

THAILANDIA

IND

OC

INA

FR.

STATI MALESI (brit.)

SUM

ATRA

I N D O N E S I A

IND

IEO

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TALI OLANDESI

attacco giapponese su Pearl Harbor 7.12.1941

U N I O N E S O V I E T I C A

MONGOLIA

CI

NA

TIBET

INDIA(brit.)

BIR

MA

NIA

A L E U T I N E

Mar dei Coralli 1942 Leyte 1944

dominio giapponesedicembre 1941attacchi giapponesi 1941-42estensione del dominiogiapponese alla fine del 1942contrattacchi americanie inglesi 1943-45battagliebombe atomiche 8.1945

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Negli stessi mesi in cui tedeschi e sovietici combattevano attorno a Sta-lingrado, un’altra decisiva battaglia vedeva l’esercito britannico impegna-to nel deserto del Nord Africa contro il contingente italo-tedesco del ge-

nerale Rommel, che era giunto ad El Alamein, a soli 80 chilometri da Alessandria. A fineottobre il generale Montgomery, comandante delle forze britanniche, poteva lanciare la con-troffensiva disponendo di una notevole superiorità in uomini e mezzi. Ai primi di novembregli italo-tedeschi avevano perso la battaglia e cominciavano una lunga ritirata che li avreb-be portati, in tre mesi, a ripercorrere a ritroso tutto il litorale libico fino alla Tunisia.

Frattanto, sempre nel novembre ’42, un contingente anglo-americanoera sbarcato in Algeria e in Marocco, stringendo le forze dell’Asse in unatenaglia. Con l’approssimarsi della definitiva cacciata di italiani e tede-schi dal Nord Africa – gli ultimi reparti si sarebbero arresi l’11 maggio

del 1943 – si apriva per gli alleati il problema dell’attacco alla «fortezza Europa». Su questopunto, però, la strategia sostenuta da Churchill, che intendeva chiudere prima di tutto lapartita in Africa per poi intervenire in Europa meridionale, si scontrava con le richieste diStalin, che avrebbe preferito uno sbarco immediato nell’Europa del Nord per alleggerire lapressione tedesca sull’Urss.

Prevalse, in questa fase, il punto di vista inglese. Nella conferenza che sitenne a Casablanca, in Marocco, nel gennaio 1943, inglesi e americanidecisero che, una volta chiuso il fronte africano, sarebbe stata attaccata

l’Italia, considerata l’obiettivo più facile sia per motivi logistici (la vicinanza della Sicilia al-le coste della Tunisia), sia per ragioni politico-militari (lo stato di crisi in cui versavano le for-ze armate italiane e lo stesso regime fascista). Nella stessa conferenza, con una decisione diportata storica che serviva soprattutto a rassicurare i russi sulla serietà del-l’impegno alleato, gli anglo-americani si accordarono sul principio dellaresa incondizionata da imporre agli avversari: la guerra sarebbe conti-nuata fino alla vittoria totale, senza patteggiamenti di sorta con la Germa-nia o con i suoi alleati.

9 L’ITALIA: LA CADUTA DEL FASCISMO E L’ARMISTIZIO

La campagna d’Italia ebbe inizio il 12 giugno 1943 con la conquista alleata dell’isola di Pan-telleria. Un mese dopo, il 10 luglio, i primi contingenti anglo-americani sbarcavano in Sici-lia e in poche settimane si impadronivano dell’isola, mal difesa da truppe in larga parte con-vinte dell’inevitabilità della sconfitta. Anche la popolazione locale non oppose alcuna resi-stenza e spesso accolse gli alleati come liberatori.

Lo sbarco anglo-americano rappresentò il colpo di grazia per il regimefascista che, screditato da un’incredibile serie di insuccessi militari, ve-deva già da tempo moltiplicarsi al suo interno i segni di malcontento edi crisi. Un sintomo allarmante era venuto, nel marzo 1943, dai grandi

scioperi operai che, partendo da Torino, avevano interessato tutti i maggiori centri indu-striali del Nord. La prima vera protesta di massa del periodo fascista era il sintomo di un dif-fuso disagio popolare legato al caro-vita, all’acuirsi dei disagi alimentari, agli effetti dei bom-bardamenti aerei alleati che, nell’inverno ’42-43, avevano colpito sempre più frequente-mente le città italiane; ma in essa aveva avuto parte anche l’iniziativa di nuclei clandestinicomunisti.

La crisi del fascismo e gli scioperi del marzo ’43

La conferenzadi Casablanca

Lo sbarco in Nord Africa e il secondofronte

La battaglia di El Alamein

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 303

GUIDAALLOSTUDIO1. Quale fu l’evento simbolo della riscossaantinazista? 2. Come si concluse la batta-glia di El Alamein? 3. Che cosa fu stabilitonella conferenza di Casablanca?

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A determinare la caduta di Mussolini non furono però le proteste popo-lari, né le iniziative dei partiti antifascisti, ancora sconosciute alla mag-gioranza della popolazione. Fu invece una sorta di congiura che faceva

capo alla corona – unica fonte di potere formalmente indipendente dal fascismo – e vedevatutte le componenti moderate del regime (industriali, militari, gerarchi dell’ala monarchi-co-conservatrice) unite ad alcuni esponenti del mondo politico prefascista nel tentativo diportare il paese fuori da una guerra ormai perduta e di assicurare la sopravvivenza della mo-narchia. Il pretesto formale per l’intervento del re fu offerto da una riunione del Gran con-siglio del fascismo, tenutasi nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1943 e conclusasi con l’appro-vazione a forte maggioranza di un ordine del giorno presentato da Dino Grandi, che invi-tava il re a riassumere le sue funzioni di comandante supremo delle forze armate e suonavaquindi come esplicita sfiducia nei confronti del duce. Il pomeriggio del 25 luglio, Mussoli-ni era convocato da Vittorio Emanuele III, invitato a rassegnare le dimissioni e immediata-mente arrestato dai carabinieri. Capo del governo era nominato il maresciallo Pietro Bado-glio, ex comandante delle forze armate.

L’annuncio della caduta di Mussolini fu accolto dalla popolazione conincontenibili manifestazioni di esultanza. La gente scese per le strade esfogò il suo risentimento contro sedi e simboli del regime. Non vi fu spar-

gimento di sangue, anche perché il Partito fascista, che per vent’anni aveva riempito la sce-na politica italiana, scomparve praticamente nel nulla con tutte le sue mastodontiche orga-nizzazioni collaterali, prima ancora che Badoglio provvedesse a scioglierlo d’autorità. Quel-lo del fascismo fu un crollo repentino e inglorioso, spiegabile in parte con le debolezze in-terne di un apparato privo di autonomia e di iniziativa politica, in parte col discredito chenegli anni di guerra si era accumulato sul regime e sul suo capo.

L’entusiasmo con cui il paese accolse la caduta del fascismo era dovutonon tanto alla gioia per la riconquistata libertà, quanto alla diffusa spe-ranza di una prossima fine della guerra. L’uscita dal conflitto si sarebbe

però rivelata per l’Italia più tragica di quanto non fosse stata la guerra stessa. I tedeschi, che

La guerracontinua

Il crollo del fascismo

La «congiuramonarchica» e il 25 luglio

Totalitarismi e stermini di massa304 MODULO 3

Un contadino indicaa un soldatoamericano ladirezione verso cuisono andate letruppe tedesche,nei pressi di Troina,Sicilia, 4-5 agosto1943[Fotografia di RobertCapa]

La Sicilia fu liberatail 17 agosto del1943. Le truppealleate entrarono aMessina dopo averconquistato tutte lealtre importanticittà (Palermo il 22luglio, Catania il 5agosto) ecostrinsero itedeschi alla fugaverso la Calabria.

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già avevano inviato in Italia forti contingenti di truppe per contrastare l’avanzata alleata, siaffrettarono a rafforzare la loro presenza militare per prevenire, o punire, la ormai prevedi-bile defezione. Il governo Badoglio, dal canto suo, proclamò che nulla sarebbe cambiato nel-l’impegno bellico italiano. Ma intanto allacciò trattative segretissime con gli alleati per giun-gere a una pace separata.

Con gli anglo-americani, legati all’impegno della «resa incondizionata»,c’era però ben poco da trattare. Quello che i negoziatori italiani dovette-

ro sottoscrivere fu appunto un atto di resa senza nessuna garanzia per il futuro. Firmato il 3settembre a Cassibile, in Sicilia, l’armistizio fu reso noto solo l’8 settembre, in coincidenzacon lo sbarco di un contingente alleato a Salerno. L’annuncio dell’armistizio, comunicatoda Badoglio al paese con un messaggio radiofonico, gettò l’Italia nel caos più completo [�13-14]. Mentre il re e il governo abbandonavano la capitale per riparare a Brindisi, sotto la pro-tezione degli alleati appena sbarcati in Puglia, i tedeschi procedevano a una sistematica oc-cupazione di tutta la parte centro-settentrionale dell’Italia.

Abbandonate a se stesse, con ordini vaghi e contraddittori, le truppe sisbandarono senza poter opporre ai tedeschi una resistenza organizzata.Roma, nei cui pressi erano dislocate alcune fra le migliori unità, fu inu-

tilmente difesa solo da alcuni reparti isolati ai quali si unirono gruppi di civili armati (gliscontri, che ebbero luogo a Porta San Paolo, furono il primo episodio della Resistenza ita-liana). Ben 600.000 furono i militari fatti prigionieri dai tedeschi e deportati in Germania.Molti soldati fuggirono cercando di tornare alle loro case. Gli episodi di aperta resistenza,che pure non mancarono, furono puniti dai tedeschi con veri e propri massacri: il più graveavvenne nell’isola greca di Cefalonia dove fu sterminata un’intera divisione italiana che ave-va rifiutato di arrendersi.

Le conseguenze del disastro dell’8 settembre si ripercossero anche sul-l’andamento della campagna d’Italia. Attestatisi suuna linea difensiva (la linea Gustav) che andava da

Gaeta alla foce del Sangro (poco a sud di Pescara) e aveva il suo puntonodale nella zona di Cassino, i tedeschi riuscirono a bloccare l’offensivaalleata fino alla primavera dell’anno successivo. Diventata campo di bat-taglia per eserciti stranieri, per la prima volta dopo le guerre napoleoni-che, l’Italia doveva affrontare i momenti più duri di tutta la sua storia uni-taria.

10 L’ITALIA: GUERRA CIVILE, RESISTENZA, LIBERAZIONE

A partire dall’autunno 1943, l’Italia fu non solo divisa di fatto da un fronte, ma anche spez-zata in due entità statali distinte, in guerra l’una contro l’altra. Mentre nel Sud il vecchioStato monarchico sopravviveva col suo governo e la sua burocrazia, esercitando la sua sovra-nità sotto il controllo alleato, nell’Italia settentrionale il fascismo risorgeva dalle sue cenerisotto la protezione degli occupanti nazisti.

Il 12 settembre 1943, un commando di aviatori e paracadutisti tedeschiliberò Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore, sul Gran Sasso.Pochi giorni dopo, il duce annunciò la sua intenzione di dar vita, nell’Ita-

lia occupata dai tedeschi, a un nuovo Stato fascista, che avrebbe preso il nome di Repubbli-ca sociale italiana (Rsi), a un nuovo Partito fascista repubblicano e a un nuovo esercito che

La Repubblicasociale

L’arrestodell’offensivaalleata

La tragediadelle forzearmate

L’armistizio

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 305

GUIDAALLOSTUDIO1. Quali conseguenze ebbe lo sbarco anglo-americano in Italia? 2. Chi ordinò le dimis-sioni e l’arresto di Mussolini? 3. Il partito fa-scista sopravvisse all’arresto del suo lea-der? 4. Che cosa prevedeva l’armistizio fir-mato tra l’Italia e gli anglo-americani? Chi de-tenne il potere politico in Italia dopo l’8 set-tembre? 5. Che cos’era la linea Gustav?Quali territori divideva?

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continuasse a combattere a fianco degli antichi alleati. La Rsi si proponeva innanzitutto dipunire gli artefici del «tradimento» del 25 luglio, monarchici, «badogliani» e fascisti mode-rati: cinque dei gerarchi che avevano votato l’ordine del giorno Grandi – fra cui il genero diMussolini, Galeazzo Ciano – furono fucilati a Verona nel gennaio ’44 dopo un sommarioprocesso. Il nuovo Stato repubblicano – o repubblichino, come fu spregiativamente chiama-to dagli antifascisti – trasferì i suoi uffici e le sue rappresentanze da Roma, troppo vicina alfronte, al Nord, tra Lombardia e Veneto (alcuni ministeri furono spostati nei piccoli centrisulle rive del Lago di Garda: donde la denominazione di Repubblica di Salò); ribadì la suafedeltà all’alleato tedesco e si propose come unico legittimo rappresentante dell’Italia, incontrapposizione al governo del Sud e alla monarchia. Il regime cercò inoltre di guadagna-

Totalitarismi e stermini di massa306 MODULO 3

Resistenza eliberazione in Italia

luglio ’43

Roma

Genova

VeneziaMilano

Torino

Anzio

Chieti

Ascoli Piceno

MacerataFirenze

Rimini

Ferrara

SalòTrieste

Bolzano

Cassino

Parma

Gela

Napoli

Siracusa

Pachino

Salerno

Reggio Calabria

settembre ’43

gennaio ’44

linea Gustavmaggio ’44

linea goticaaprile ’45

M A R T I R R E N O

MA R A D R I A T I C O

MARIONIO

aree principali dellaguerra partigiana nel Nordlinee tedesche (con ledate dello sfondamentoda parte degli alleati)sbarchi alleati

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re consensi riesumando le parole d’ordine pseudorivoluzionarie del primo fascismo [�18d]e lanciando un programma di socializzazione delle imprese industriali, che in realtà nonriuscì mai a decollare.

In generale la Repubblica di Mussolini non acquistò mai una vera cre-dibilità per la sua totale dipendenza dai tedeschi, che si comportavanoa tutti gli effetti come un esercito di occupazione, praticando un inten-

so sfruttamento delle risorse economiche e umane dei territori controllati – requisizioni diogni sorta di materiale, deportazione di lavoratori in Germania – e applicandovi le politi-che razziali già sperimentate negli altri paesi occupati: l’episodio più tragico si verificò il 16ottobre ’43, quando oltre mille ebrei di Roma (la più antica comunità israelitica d’Europa)furono prelevati dalle loro case e inviati nel campo di sterminio di Auschwitz, dal quale po-chissimi fecero ritorno.

La principale funzione effettivamente svolta dal governo di Salò fu quel-la di reprimere e combattere il movimento partigiano che stava nascen-do nell’Italia occupata per opporsi ai tedeschi [�16]. Le regioni del Cen-

tro-Nord diventavano così teatro di una guerra civile tra italiani, che si sovrapponeva a quel-la combattuta dagli eserciti stranieri [�15 e 17d]. Le prime formazioni armate si raccolserosulle montagne dell’Italia centro-settentrionale subito dopo l’8 settembre e nacquero dall’in-contro fra i piccoli nuclei di militanti antifascisti già attivi nel paese e i gruppi di militarisbandati che non avevano voluto consegnarsi ai tedeschi. I partigiani agivano soprattutto lon-tano dai centri abitati, con attacchi improvvisi ai reparti tedeschi e con azioni di sabotaggioe disturbo; ma erano presenti anche nelle città con i Gruppi di azione patriottica, piccoleformazioni di tre o quattro uomini che compivano attentati contro militari o contro singole

La resistenzaarmata aitedeschi

L’occupazionetedesca

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 307

Impiccagione di una donna in Italia settentrionale[Bundesarchiv, Coblenza]

Questa immagine illustra la durezza della repressioneantipartigiana nell’Italia occupata dai tedeschi.

Un gruppo di partigiani viene fatto sfilare sul lungolago di Verbania per essere avviato alla fucilazione, 20 giugno 1944

Solitamente i condannati erano costretti a portare cartelli nei quali li siaccusava di essere traditori della patria e i loro cadaveri venivano espostisenza alcun riguardo, di modo che servissero da monito per il resto dellapopolazione.

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personalità tedesche e «repubblichine». In qualche caso i tedeschi risposero con spietaterappresaglie: particolarmente feroce quella messa in atto a Roma, nel marzo ’44, quando, inrisposta a un attentato in cui avevano trovato la morte 33 militari tedeschi, furono fucilati al-le Fosse Ardeatine 335 detenuti, ebrei, antifascisti e militari «badogliani» (in una proporzio-ne di 10 a 1, con 5 in più aggiunti per errore).

Dopo una prima fase di aggregazione spontanea e spesso casuale, le ban-de partigiane si andarono organizzando in base all’orientamento politi-co prevalente fra i loro membri: le Brigate Garibaldi, le più numerose

e attive, erano formate in maggioranza da comunisti; le formazioni di Giustizia e Libertà,anch’esse abbastanza consistenti, si ricollegavano all’omonimo movimento antifascista de-gli anni ’30 [cfr. 11.6] e al nuovo Partito d’azione che ne aveva raccolto l’eredità; le BrigateMatteotti erano legate ai socialisti; vi erano anche formazioni cattoliche e liberali e ban-de autonome composte per lo più da militari di orientamento monarchico.

Fin dall’inizio, dunque, le vicende della Resistenza si intrecciarono stret-tamente con quelle dei partiti antifascisti, riemersi alla luce durante i«quarantacinque giorni» che separarono la caduta del fascismo dall’an-nuncio dell’armistizio. Già prima della caduta del fascismo era sorto, dal-

la confluenza di diversi gruppi che si collocavano in area intermedia fra il liberalismo pro-gressista e il socialismo, il Partito d’azione (Pda). Nello stesso periodo numerosi esponenticattolici, per lo più ex popolari, avevano elaborato, col cauto appoggio delle gerarchie eccle-siastiche, il programma di una nuova formazione destinata a raccogliere l’eredità del Parti-to popolare: la Democrazia cristiana (Dc). Subito dopo il 25 luglio, fu costituito il Partitoliberale (Pli) e rinacquero il Partito repubblicano (Pri) e quello socialista, col nome di Par-tito socialista di unità proletaria (Psiup). Quanto ai comunisti, da sempre presenti nel pae-se coi loro nuclei clandestini e già attivi negli scioperi di marzo, riuscirono a ricostituire buo-na parte del loro gruppo dirigente, soprattutto dopo la liberazione, avvenuta in agosto, dimolti leader dal carcere o dal confino.

Nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre, i rappresentantidi sei partiti (Pci, Psiup, Dc, Pli, Pda, oltre alla Democrazia del lavoro,appena fondata da Ivanoe Bonomi) si riunirono a Roma e si costituirono

in Comitato di liberazione nazionale (Cln), incitando la popolazione «alla lotta e alla re-sistenza [...] per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere na-zioni». I partiti antifascisti si proponevano così come guida e rappresentanza dell’Italia de-mocratica, in contrapposizione non solo agli occupanti tedeschi e ai loro collaboratori fasci-sti, ma allo stesso sovrano, corresponsabile della dittatura e della guerra, e al governo Bado-glio, di cui il Cln chiese la sostituzione.

Nati per lo più dall’iniziativa isolata di piccoli gruppi, privi di una basedi massa nell’Italia liberata e forti solo del prestigio che veniva loro dalfatto di rappresentare politicamente il nascente movimento partigiano,

divisi fra un’ala di sinistra (Pci, Psiup, Pda) e una di centro-destra (Dc, Pli, Democrazia dellavoro), i partiti del Cln non avevano però la forza per imporre il loro punto di vista. Infattiil governo Badoglio godeva della fiducia degli alleati, in quanto garante degli impegni assun-ti con l’armistizio. Nell’ottobre ’43 il governo dichiarò guerra alla Germania e ottenne perl’Italia la qualifica di «cobelligerante»; un Corpo italiano di liberazione combatté in effet-ti a fianco degli anglo-americani, in rappresentanza del ricostituito esercito italiano.

Il contrasto tra Cln e governo fu sbloccato solo nel marzo 1944 dall’inat-tesa e spregiudicata iniziativa del leader comunista Palmiro Togliatti,giunto in Italia dall’Urss dopo un esilio durato quasi vent’anni. Appena

Togliatti e la «svolta di Salerno»

Il Cln e il governoBadoglio

La nascita del Cln

Laricostituzionedei partitiantifascisti

Le formazionipartigiane

Totalitarismi e stermini di massa308 MODULO 3

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sbarcato a Napoli, Togliatti, scavalcando la posizione ufficiale del Cln, propose di accanto-nare ogni pregiudiziale contro il re o contro Badoglio e di formare un governo di unità na-zionale capace di concentrare le sue energie sul problema prioritario della guerra e della lot-ta al fascismo. La svolta di Salerno (così chiamata perché Salerno era allora la capitale prov-visoria del «Regno del Sud»), era in armonia con le scelte dell’Urss (che aveva già ricono-sciuto il governo Badoglio), ma serviva anche a legittimare il Pci agli occhi degli alleati edell’opinione pubblica moderata.

La scelta togliattiana, criticata da socialisti e azionisti, consentì comun-que di formare, il 24 aprile, il primo governo di unità nazionale, presie-duto sempre da Badoglio e comprendente i rappresentanti dei partiti del

Cln. Da parte sua Vittorio Emanuele III si impegnò, una volta liberata Roma, a trasmettereprovvisoriamente i suoi poteri al figlio Umberto, in attesa che, a guerra finita, fosse il popo-lo a decidere la sorte dell’istituzione monarchica. Nel giugno 1944, dopo che Roma era sta-ta liberata dagli alleati, Umberto assunse la luogotenenza generale del Regno. Badoglio sidimise e lasciò il posto a un nuovo governo di unità nazionale presieduto da Ivanoe Bono-mi, emanazione diretta del Cln.

L’avvento del governo Bonomi significò un più stretto collegamento frai poteri legali dell’Italia liberata e il movimento di resistenza, che conob-be nell’estate ’44, in coincidenza con l’avanzata alleata nelle regioni cen-trali, il suo momento di maggior vitalità. Le formazioni partigiane, che

già dal gennaio avevano la loro guida politica nel Cln Alta Italia (Clnai), si diedero ancheuna direzione militare con la costituzione, nel giugno ’44, di un comando unificato. La ba-se di reclutamento delle bande si allargò, soprattutto fra gli strati operai e contadini, ancheper l’afflusso di molti giovani renitenti alla leva decretata dal governo di Salò. Le azioni mi-litari dei partigiani (oltre 100.000 nell’estate ’44) divennero più ampie e frequenti, nonostan-te le feroci rappresaglie effettuate dai tedeschi (la più terribile fu quella messa in atto a Mar-zabotto, nell’Appennino bolognese, dove, nel settembre ’44, furono uccisi 770 civili, in pra-tica l’intera popolazione del paese). Molte città, fra cui Firenze, furono liberate prima del-l’arrivo degli alleati. In alcune zone dell’Italia settentrionale (la Val d’Ossola, le Langhe, l’Ol-trepo pavese) la Resistenza riuscì addirittura a creare delle «repubbliche partigiane», ammi-nistrate secondo modelli di autogoverno popolare.

Questa attività – che testimoniava l’esistenza di un’Italia decisa a taglia-re i ponti con l’esperienza fascista e disposta a dare un contributo attivoalla causa alleata – aveva un valore politico e simbolico molto superiore

alla sua reale forza militare. Questa era limitata sia dai contrasti che attraversavano il movi-mento partigiano (e che talvolta sfociarono in aperto conflitto), sia, soprattutto, dall’obietti-va difficoltà di coinvolgere e di mobilitare il grosso della popolazione: una popolazione trau-matizzata dagli eventi bellici, preoccupata soprattutto della propria sopravvivenza e quindiincline a non prendere esplicitamente partito in uno scontro il cui rapido esito restava affi-dato essenzialmente all’azione delle armate anglo-americane. I limiti e le contraddizioni delmovimento resistenziale vennero alla luce nell’autunno del ’44, quando l’offensiva alleatasul fronte italiano – diventato secondario nel quadro della strategia alleata [cfr. 13.11] – sibloccò lungo la linea gotica, fra Rimini e La Spezia. La Resistenza visse allora il suo mo-mento più difficile. Il proclama del generale inglese Alexander che, nel novembre ’44, invi-tava i partigiani a sospendere le operazioni su vasta scala, provocò malintesi e polemiche frai capi della Resistenza da una parte, gli alleati e il governo di Roma dall’altra. I contrasti fu-rono comunque superati e in dicembre il ministero Bonomi riconobbe il Clnai come suorappresentante nell’Italia occupata. Nonostante i sistematici rastrellamenti dei tedeschi e dei

Contrasti e difficoltà

IlrafforzamentodellaResistenza

Unità nazionalee treguaistituzionale

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 309

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repubblichini (che rioccuparono una dopo l’altra le «zone liberate»), ilmovimento partigiano riuscì a mantenersi attivo e a sopravvivere al diffi-cile inverno ’44-45. Nella primavera del ’45, con la ripresa dell’offensivaalleata e il definitivo cedimento delle difese tedesche, la Resistenza, for-te ora di 200.000 uomini armati, sarebbe stata pronta a promuovere l’in-surrezione generale contro gli occupanti in ritirata.

11 LA SCONFITTA DELLA GERMANIA

Fra il 1943 e il 1944, mentre gli anglo-americani erano impegnati nellalunga campagna d’Italia, i sovietici riprendevano l’iniziativa su tutto ilfronte orientale. Dopo aver respinto, nel luglio ’43, l’ultimo attacco in

forze tedesco, l’Armata rossa iniziò una lenta ma inarrestabile avanzata che si sarebbe con-clusa solo nell’aprile-maggio ’45 con la conquista di Berlino. Le vittorie sovietiche, ottenu-te a prezzo di un eccezionale sforzo organizzativo e di un enorme sacrificio di vite umane,consentirono all’Unione Sovietica di accrescere notevolmente il suo peso contrattuale in se-no alla «grande alleanza». Il nuovo ruolo dell’Urss emerse chiaramente nella conferenza in-teralleata di Teheran (novembre-dicembre 1943), la prima in cui i «tre grandi» – Roosevelt,Stalin e Churchill – si incontrarono personalmente. Questa volta Stalin ottenne dagli an-glo-americani l’impegno, da tempo sollecitato, per uno sbarco in forze sulle coste francesi,da attuarsi nella primavera del ’44.

Si trattava di un’operazione rischiosa, anche perché i tedeschi avevanomunito tutta la zona costiera con imponenti fortificazioni difensive (il co-siddetto «vallo atlantico»). Per attuare il piano, che prevedeva lo sbarco

Lo sbarco in Normandia

L’avanzatadell’Armatarossa

Totalitarismi e stermini di massa310 MODULO 3

GUIDAALLOSTUDIO1. Che cosa fu la Repubblica sociale italia-na? 2. Da chi erano composte le formazioniantifasciste? Che cos’era il Cln? 3. Che co-sa fu la «svolta di Salerno»? Chi la promos-se? 4. Quali erano gli obiettivi delle azionipartigiane? In che cosa consistevano le rap-presaglie? 5. Descrivi la situazione italianatra la fine del 1944 e i primi mesi del 1945.

Lo sbarco deglialleati inNormandia, 1944

L’«operazioneOverlord» (ininglese, «signoresupremo») colseimpreparate letruppe tedesche: lamaggior parte delleloro divisioni erainfatti impegnatasul fronte russo epersino il lorocomandante,Rommel, eraassente. Il 6 giugno1944 l’armataanglo-americana,comandata dalgenerale DwightEisenhower, sbarcòsulle costesettentrionali dellaFrancia, inNormandia. Circa5000 navitrasportavanosoldati britannici,statunitensi ecanadesi mentre14.000 bombardierialleati appoggiavanolo sbarco sullacosta.

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sulle coste settentrionali della Normandia, furono necessari un lungo lavoro di preparazio-ne e un eccezionale spiegamento di mezzi, tale da assicurare agli alleati – che agivano sot-to il comando unificato del generale americano Eisenhower – una schiacciante superioritàaeronavale. L’operazione Overlord – questo il nome in codice dello sbarco in Normandia– scattò all’alba del 6 giugno 1944, preparata da un’impressionante serie di bombardamen-ti e da un nutrito lancio di paracadutisti. Nonostante l’accanita resistenza tedesca, gli attac-canti riuscirono a far sbarcare in territorio francese, nelle successive quattro settimane, oltreun milione e mezzo di uomini.

Alla fine di luglio, dopo due mesi di combattimenti, gli alleati riuscironoa sfondare le difese tedesche e a dilagare nel Nord della Francia. Il 25 ago-sto, gli anglo-americani e i reparti di De Gaulle entravano a Parigi, già li-

berata dai partigiani. In settembre la Francia era quasi completamente liberata. L’esercitotedesco, logorato dalla tattica suicida imposta da Hitler, che pretendeva ovunque la resisten-za a oltranza, era in piena crisi. Ma a questo punto, per una serie di errori dei comandi al-leati, l’offensiva si arrestò e i tedeschi poterono riorganizzare le loro forze su una linea mol-to vicina al confine del ’39. Il crollo del Terzo Reich era però soltanto rinviato.

Nell’autunno 1944 la Germania poteva considerarsi virtualmente scon-fitta. Il fronte dei suoi alleati si stava sfaldando. In agosto, la Romania ave-va cambiato fronte, seguita a breve distanza dalla Bulgaria. Fra agosto e

ottobre la Finlandia e l’Ungheria avevano chiesto l’armistizio all’Urss. Sempre in ottobre, irussi e i partigiani jugoslavi erano entrati in Belgrado liberata, mentre gli inglesi erano sbar-cati in Grecia. L’offensiva alleata si era momentaneamente arrestata in Francia, in Italia ein Polonia. Ma la sproporzione di forze fra i due schieramenti era tale da non lasciare alcundubbio sull’esito dello scontro.

Il territorio del Reich non era ancora stato toccato da eserciti stranieri,ma era sottoposto a continui bombardamenti da parte degli alleati chedisponevano ormai del dominio dell’aria. L’offensiva aerea contro la Ger-

mania aveva lo scopo non solo di colpire la produzione industriale e il sistema di comunica-zioni, ma anche di «demoralizzare» il popolo tedesco fino a minarne la capacità di resisten-za. Un milione e mezzo di tonnellate di bombe furono lanciate sulla Germania (900.000 nelsolo 1944) e metà delle incursioni furono dirette contro obiettivi non militari. Molte città te-desche (fra cui Amburgo e Dresda) furono ridotte a cumuli di macerie. In tutto, oltre600.000 civili perirono sotto i bombardamenti.

Nemmeno i bombardamenti servirono, però, a piegare la feroce determi-nazione del Führer. Hitler, da un lato, era deciso a rifiutare ogni ipotesidi resa e a far sì che l’intero popolo tedesco condividesse fino in fondo la

sorte del regime nazista. Dall’altro, continuò a illudersi di poter rovesciare la situazione bel-lica grazie all’impiego di nuove «armi segrete» (i razzi telecomandati V1 e V2, che furonoin effetti lanciati contro le città inglesi, ma con risultati tutt’altro che decisivi) o per un’im-provvisa rottura dell’«innaturale» alleanza fra l’Urss e le democrazie occidentali.

Questa ipotesi era in realtà del tutto infondata. Nonostante l’accesa con-correnzialità che si manifestava all’interno della «grande alleanza», an-glo-americani e sovietici continuarono a tener fede agli impegni già as-

sunti e a cercare accordi globali per la sistemazione dell’Europa postbellica. Nella conferen-za di Mosca dell’ottobre ’44 [�20d], Churchill e Stalin abbozzarono una divisione in sfered’influenza dei paesi balcanici (Romania e Bulgaria all’Urss, Grecia alla Gran Bretagna, si-tuazione di equilibrio in Jugoslavia e Ungheria) che, in contrasto con le proclamazioni del-la Carta atlantica, non teneva in alcun conto la volontà dei popoli interessati.

La tenuta della grandealleanza

L’intransigenzadi Hitler

Ibombardamentisulla Germania

Il crollo degli alleatidella Germania

La liberazionedella Francia

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 311

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I tre grandi tornarono a incontrarsi nella cittadina termale di Yalta, in Cri-mea, nel febbraio 1945. In questa occasione fu stabilito, fra l’altro, che laGermania sarebbe stata divisa in quattro zone di occupazione (una delle

quali riservata alla Francia) e sottoposta a radicali misure di «denazificazione»; che i popo-li dei paesi liberati avrebbero potuto esprimersi mediante libere elezioni; che, per quanto ri-

La conferenzadi Yalta

Totalitarismi e stermini di massa312 MODULO 3

La seconda guerra mondiale1942-45

A partire dall’estate 1943, iniziòil graduale ripiegamento delle

forze armate tedesche sotto lapressione degli attacchi sovieticia est e delle offensive alleateseguite allo sbarco in Sicilia,prima, e in Normandia, dopo.

Vana fu la controffensivatedesca nelle Ardenne, inBelgio, del gennaio 1945. Almomento della capitolazione,rimanevano tuttavia sotto il

controllo delle forze germanichezone lontane dalla madrepatria:nell’Egeo, lungo le costefrancesi, in Norvegia, nei paesibaltici.

Il Cairo

TunisiAlgeri

Madrid

Tripoli

Budapest

Vienna

Milano

Vichy

Roma

ParigiMonaco

Atene

BucarestSofia

Belgrado

Istanbul

Lisb

ona

Berlino

Praga

LondraVarsavia

Kiev

Mosca

Leningrado

Stalingrado

GranSasso

IRLANDA

FINLANDIA

NORVEGIA

BELGIO

ROMANIA

UNGHERIASLOVACCHIA

PAESIBASSI

DANIMARCA

SVIZZERA

ITALIA

CROAZIA

GRECIA

BULGARIA

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IA

SERBIA

CRETA LIBANO

SIRIA

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F R A N C I A

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B R E T A G N A

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LA

NT

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6.11.435.5.45

2.5.45

30.4.45

26.4.45

4.6.44

25.8.44

31.12.44

25.8.44

8.9.44

13.10.43

6.6.44

23.2.45

24.2.45

23.1.43

2.2.43

paesi dell’Assepaesi occupati dalle forzedell’Asse, novembre 1942paesi neutralipaesi alleaticonfini al 1943

6.6.44

13.10.43

4.6.44

dominio tedescoalla fine del 1944dominio tedescoall’inizio di maggio 1945

avanzate delle truppe alleate:nel 1943nel 1944nel 1945dichiarazione di guerraalla Germaniaconquiste alleatesbarco in Normandia

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guardava la Polonia (uno dei maggiori punti di contrasto), il governo sarebbe dovuto nasce-re da un accordo fra la componente comunista e quella filo-occidentale. In cambio delle as-sicurazioni ottenute, l’Urss si impegnò a entrare in guerra contro il Giappone.

Mentre i grandi discutevano a Yalta sulle sorti future dell’Europa, era giàscattata l’offensiva finale che, nel giro di pochi mesi, avrebbe portato alcrollo del Terzo Reich. A metà gennaio, dopo un’ultima disperata con-

troffensiva tedesca nelle Ardenne, gli alleati riprendevano l’iniziativa su tutti i fronti. I sovie-tici, dopo aver conquistato Varsavia, attraversavano tutto il restante territorio polacco. In feb-braio erano già a poche decine di chilometri da Berlino (un obiettivo che Stalin teneva mol-tissimo a raggiungere prima degli anglo-americani). Più a sud l’Armata rossa cacciava i tede-schi dall’Ungheria per poi puntare su Vienna, che fu raggiunta il 23 aprile e su Praga, libe-rata il 4 maggio. Frattanto gli anglo-americani attaccavano sul Reno, che fu attraversato il22 marzo, e dilagavano nel cuore della Germania incontrando, per la prima volta dall’ini-zio della guerra, una scarsissima resistenza da parte dei soldati tedeschi, che invece conti-nuavano a combattere con disperato accanimento sul fronte orientale (al doppio scopo diproteggere la fuga dei civili dalla devastante avanzata dell’Armata rossa e di ridurre per quan-to possibile la zona di occupazione dell’Urss). Il 25 aprile le avanguardie alleate raggiunge-vano l’Elba e si congiungevano coi sovietici che stavano accerchiando Berlino.

In aprile crollava anche il fronte italiano. Il 25 aprile, mentre il Cln lan-ciava l’ordine dell’insurrezione generale contro il nemico in ritirata, i te-deschi abbandonavano Milano. Mussolini, che tentava di fuggire in Sviz-

zera travestito da soldato tedesco, fu catturato e fucilato dai partigiani il 28, assieme ad altrigerarchi. Il suo cadavere, impiccato per i piedi, fu esposto per alcune ore a piazzale Loreto,a Milano.

Il 30 aprile, mentre i russi stavano entrando a Berlino, Hit ler si suicidònel bunker sotterraneo dove era stata trasferita la sede del governo, la-sciando la presidenza del Reich all’ammiraglio Karl Dönitz, che offrì su-

bito la resa agli alleati. Il 7 maggio 1945, nel quartier generale alleato aReims, fu firmato l’atto di capitolazione delle forze armate tedesche. Leostilità cessarono nella notte fra l’8 e il 9 maggio. La guerra europea siconcludeva così, a cinque anni e otto mesi dal suo inizio, con la mortedei due dittatori che più d’ogni altro avevano contribuito a scatenarla. Mail conflitto mondiale proseguiva in Estremo Oriente, dove il Giappone,ormai isolato, continuava ostinatamente a combattere.

12 LA SCONFITTA DEL GIAPPONE E LA BOMBA ATOMICA

A partire dal 1943, nonostante la priorità accordata al fronte europeo,gli Stati Uniti avevano iniziato una lenta riconquista delle posizioni per-dute nel Pacifico, valendosi di una superiorità che si faceva sempre più

netta man mano che l’industria statunitense dispiegava tutto il suo enorme potenziale. De-cisivo fu soprattutto l’apporto delle grandi portaerei (capaci di trasportare fino a cinquantaapparecchi) e dei bombardieri strategici (le «superfortezze volanti») che, dalla fine del ’44,cominciarono a bombardare sistematicamente il territorio nipponico. Nell’estate del ’45 glialleati, ormai liberi da impegni bellici in Europa, erano pronti a portare l’attacco nel terri-torio nemico. Un nemico che però continuava a combattere con eccezionale accanimen-

L’offensivaamericana nel Pacifico

La morte di Hitler e la resa tedesca

L’insurrezionenell’Italiasettentrionale

L’ultimaoffensiva degli alleati

La seconda guerra mondiale CAPITOLO 13 313

GUIDAALLOSTUDIO1. Quali leader si incontrarono a Teheran?2. Come avvenne la liberazione della Fran-cia? 3. Perché gli alleati bombardarono laGermania? Come reagì Hitler? 4. Che cosafu stabilito nella conferenza di Yalta? 5. Co-me si concluse l’esperienza della Rsi? 6.Quando terminò definitivamente la guerra inEuropa?

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