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-1- CAPITOLO II : DANTE ALIGHIERI I – La Vita Dante Alighieri nacque a Firenze sotto il segno dei gemelli cioè verso la metà del mese di maggio o giugno del 1265 da una famiglia guelfa della piccola nobiltà, cioè da una famiglia modeste che viveva di commercio locale, di scambio e di piccoli prestiti. L’Alighieri apparteneva dunque ad una famiglia tipica della società fiorentina dei secoli XII e XIII. Sulla sua famiglia, abbiamo poche informazioni. Sappiamo soltanto che appartenne alla piccola nobiltà grazie ad un titolo cavalleresco dato al trisavolo Cacciaguida dall’imperatore Conrado III. Sappiamo anche che per via del travaglio della vita politica comunale Bellincione, il nonno di Dante, venne esiliato. Inoltre, sua madre morì quando aveva soltanto cinque anni, e alla morte del padre, mercante che fece brutti affari, Dante divenne capofamiglia all’età di sedici o di diciassette anni. Da un pedagogo ricevette l’istruzione che veniva data ai giovani fiorentini della sua condizione : un’istruzione elementare di grammatica e di retorica. Ricevette poi l’insegnamento del trivium e del quadrivium nell’ambito della scuola cattedrale. All’età di venti anni sposò Gemma Donati ed ebbero tre figli da noi conosciuti : Jacopo, Pietro ed Antonia. Dante parla della sua madre nella Divina Commedia, nel canto VIII dell’Inferno, dedicato all’eresia, nel quale Virgilio dice : « benedetta colei che ‘n te s’incinse ! » : « que bénie soit celle qui t’a porté en son sein ! », v.45. Non dice proprio nulla di suo padre di cui non era fiero perché esercitava l’usura. Invece, sul modello di Virgilio, Dante incontra il suo trisavolo Cacciaguida il quale sarebbe vissuto alla fittizia età d’oro fiorentina, proprio come Enea al canto VI dell’Eneide incontra suo padre negli Inferi pagani. Dante è orgoglioso di tale discendenza, di quel suo trisavolo partito volontario alla seconda crociata bandita da san Bernardo, durante la quale Cacciaguida era stato fatto cavaliere dall’Imperatore Conrado III, per via delle sue gesta individuali. Morì in terra santa, e Dante lo incontra nel cielo di Marte, cielo dei crociati, cielo che alberga quelli che combatterono per il trionfo della fede cristiana. Nella giovinezza, condusse una vita elegante e cortese, ma compì anche studi severi, manifestando sin dall’inizio quella passione per la ricerca della verità che rimarrà uno degli interessi dominanti della sua vita. Per quanto riguarda la sua formazione, frequentò una scuola di grammatica, seguì le dispute che avvenivano in diversi conventi di Firenze a santa Maria e santa Croce ed opponevano i francescani ai domenicani. Frequentò, come lo dice lui stesso,

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CAPITOLO II : DANTE ALIGHIERI

I – La Vita

Dante Alighieri nacque a Firenze sotto il segno dei gemelli cioè verso la metà del mese

di maggio o giugno del 1265 da una famiglia guelfa della piccola nobiltà, cioè da una famiglia

modeste che viveva di commercio locale, di scambio e di piccoli prestiti. L’Alighieri

apparteneva dunque ad una famiglia tipica della società fiorentina dei secoli XII e XIII. Sulla

sua famiglia, abbiamo poche informazioni. Sappiamo soltanto che appartenne alla piccola

nobiltà grazie ad un titolo cavalleresco dato al trisavolo Cacciaguida dall’imperatore

Conrado III. Sappiamo anche che per via del travaglio della vita politica comunale

Bellincione, il nonno di Dante, venne esiliato. Inoltre, sua madre morì quando aveva soltanto

cinque anni, e alla morte del padre, mercante che fece brutti affari, Dante divenne

capofamiglia all’età di sedici o di diciassette anni.

Da un pedagogo ricevette l’istruzione che veniva data ai giovani fiorentini della sua

condizione : un’istruzione elementare di grammatica e di retorica. Ricevette poi

l’insegnamento del trivium e del quadrivium nell’ambito della scuola cattedrale. All’età di

venti anni sposò Gemma Donati ed ebbero tre figli da noi conosciuti : Jacopo, Pietro ed

Antonia. Dante parla della sua madre nella Divina Commedia, nel canto VIII dell’Inferno,

dedicato all’eresia, nel quale Virgilio dice : « benedetta colei che ‘n te s’incinse ! » : « que

bénie soit celle qui t’a porté en son sein ! », v.45. Non dice proprio nulla di suo padre di cui

non era fiero perché esercitava l’usura. Invece, sul modello di Virgilio, Dante incontra il suo

trisavolo Cacciaguida il quale sarebbe vissuto alla fittizia età d’oro fiorentina, proprio come

Enea al canto VI dell’Eneide incontra suo padre negli Inferi pagani. Dante è orgoglioso di tale

discendenza, di quel suo trisavolo partito volontario alla seconda crociata bandita da san

Bernardo, durante la quale Cacciaguida era stato fatto cavaliere dall’Imperatore Conrado III,

per via delle sue gesta individuali. Morì in terra santa, e Dante lo incontra nel cielo di Marte,

cielo dei crociati, cielo che alberga quelli che combatterono per il trionfo della fede cristiana.

Nella giovinezza, condusse una vita elegante e cortese, ma compì anche studi severi,

manifestando sin dall’inizio quella passione per la ricerca della verità che rimarrà uno degli

interessi dominanti della sua vita. Per quanto riguarda la sua formazione, frequentò una scuola

di grammatica, seguì le dispute che avvenivano in diversi conventi di Firenze a santa Maria e

santa Croce ed opponevano i francescani ai domenicani. Frequentò, come lo dice lui stesso,

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Brunetto Latini, famoso intellettuale dell’epoca autore del Tresor scritto in volgare francese e

del Tesoretto redatto in italiano, il cui illuminato magistero retorico, politico e civile vigeva a

Firenze in quell’epoca. Ma fu anche autodidatta ; da solo imparò l’arte del « dire parole per

rima », e frequentò il mondo intellettuale fiorentino del tempo, diversi poeti con i quali si legò

di amicizia come Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, e più tardi Cino da Pistoia. Era dunque in

stretta relazione con i poeti chiamati stilnovisti, dei quali condivise l’ideale di aristocratica

cultura e di raffinata poesia derivato anche dal Guinizzelli. Le rime più importanti di questo

periodo furono scritte per Beatrice, che venne spesso identificata con una donna realmente

vissuta : Beatrice, figlia di Folco Portinari maritata con un certo Simone de’ Bardi, che Dante

avrebbe amato fin dall’adolescenza. Secondo la Vita Nuova, Dante avrebbe incontrato

Beatrice quando entrambi avevano nove anni. Si sarebbero poi nuovamente incontrati nove

anni più tardi all’età di diciotto anni, e questo secondo incontro avrebbe segnato l’inizio

dell’amore intenso ed infelice di Dante per Beatrice. Tuttavia, nella vita di Dante appare

difficile distinguere la realtà biografica dalla finzione poetica. Beatrice è una donna realmente

esistita oppure una mera creazione poetica : si tratta di una domanda senza soluzione benché

oggi i critici propendano a pensare che Beatrice sia realmente esistita. Comunque sia,

l’incontro con Beatrice che sia realmente avvenuto o che sia una pura finzione letteraria, darà

senso a tutta la vita di Dante a partire dalla Vita Nuova, libello di giovinezza, nel quale

Beatrice ricopre agli occhi di Dante un valore supremo fino a diventare la figura di Cristo.

Tuttavia, non dobbiamo lasciarci ingannare dal racconto della Vita Nuova nel quale non esiste

nessuna relazione seria tra il racconto poetico e la realtà biografica. Su quell’epoca della vita

di Dante, i dati e le informazioni sono rari eccetto quelli consegnati direttamente dal poeta

nella Vita Nuova che oscilla tra verità autobiografica e finzione poetica. Si sa soltanto che

Dante effettuò diversi viaggi e soprattutto si recò a Bologna che era il centro intellettuale ed

universitario più importante dell’epoca. Dante non sembra essersi interessato agli affari

commerciali della sua famiglia. Prestissimo si dedicò alla poesia. Il sonetto A ciascun’alma

presa che inizia la Vita Nuova sarebbe stato scritto nel 1283.

I suoi studi dal 1287 al 1290 cioè all’inizio della sua formazione, furono

prevalentemente letterari e poi filosofici e teologici dal 1290 al 1294. Imparò, studiò ed

assimilò la retorica classica e medievale, la cultura francese, la poesia cortese, siciliana e

siculo-toscana. Dopo aver cominciato a scrivere nello stile guittoniano, subì rapidamente

l’influsso di Guido Cavalcanti.

Ma nel 1289, i suoi obblighi militari interruppero la sua attività letteraria e dovette

partecipare alle battaglie di Campaldino e di Caprona. Nel 1290 riprese gli studi volgendosi

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verso la filosofia e specie verso Cicerone e Boezio ma anche verso la teologia frequentando la

scuola dei religiosi di Santa Croce e di Santa Maria Novella.

Nel 1290, muore Beatrice ed ha inizio per Dante un periodo complesso e travagliato

che segna il suo inserimento in una problematica culturale più ampia ma anche nella vita

politica del Comune fiorentino. Per quello che riguarda il suo dramma interiore, sappiamo da

lui stesso nella Vita Nuova che la morte di Beatrice lo gettò in un’angoscia profonda che

culminò in una vera e propria crisi che lo condusse a frequentare le scuole dominicane e

francescane di santa Croce, e soprattutto ad immergersi per alcuni anni negli studi filosofici.

Frequentando le scuole dei religiosi e le disputazioni dei filosofanti, lesse sant’Agostino,

Boezio, Cicerone, Aristotele, San Tommaso, Sant’Alberto Magno, mentre componeva nella

Vita Nuova, la storia del suo amore per Beatrice, cioè la storia spirituale della sua giovinezza

e cominciava a scrivere rime morali e allegoriche. Così, Dante stava per acquistare l’aspetto

di sintesi di tutto ciò che era stato creato dalla letteratura duecentesca animato da una volontà

di riforma e di innovazione. Ma quella sua passione per la verità, unita a quella per la

giustizia, la moralità sostenuta da solidi fondamenti razionali, insieme al sentimento religioso,

lo rivolsero più che alla contemplazione filosofica solitaria, alla ricerca di un miglioramento

di se stesso e degli altri, connesso alla riforma delle strutture della società di Firenze e

dell’umanità intera.

Se nel 1289, era stato feditore a cavallo nella battaglia di Campaldino contro i

Ghibellini d’Arezzo, e poco dopo, nell’esercito fiorentino che tolse ai Pisani la fortezza di

Caprona, la sua partecipazione più intensa alla vita politica fiorentina avvenne soltanto a

partire dal 1295.

Va ricordato che gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella, rivoltatisi contro le

consorterie nobiliari, avevano escluso i nobili dal governo del Comune sin dal 1293. Ma

quando nel 1295 certi provvedimenti ridiedero i diritti civici ai nobili a patto che si iscrissero

a una corporazione d’arti e mestieri, il giovane Dante, che finora era stato interessato soltanto

dalle lettere e dalla poesia, si iscrisse alla corporazione dei Medici e degli Speziali e cominciò

una brillante carriera politica che culminò nel 13000, quando dal 15 giugno al 15 agosto,

giunse alla suprema magistratura comunale : cioè quando divenne uno dei sei Priori che

esercitavano collegialmente il potere esecutivo a Firenze.

Firenze era allora dilaniata dalla discordia fra le due fazioni guelfe : i Bianchi, più

accetti al popolo capeggiati dalla famiglia dei Cerchi ed i Neri, più vicini alla classe nobiliare,

capeggiati dalla famiglia dei Donati, cui apparteneva la moglie di Dante, Gemma, cugina di

Corso Donati, il capo dei Neri. Tale conflitto era già stato rammentato da Cino da Pistoia

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nella sua canzone La dolce vista e ‘l bel guardo soave. Il papa dell’epoca, Bonifazio VIII,

s’inseriva nella lotta, perché desiderava estendere con l’aiuto dei Neri, la sua autorità su tutta

la Toscana.

Il priorato di Dante fu dunque segnato da rivolte sanguinose che cagionarono l’esilio

dei principali capi dei Neri e dei Bianchi tra i quali perfino l’amico Guido Cavalcanti. Durante

quel suo priorato, Dante provò a collaborare alla pace fuori d’ogni interesse particolaristico.

Si oppose soprattutto a Bonifazio VIII e si trovò per questo a condividere sempre più la linea

politica seguita dai Bianchi. Va tuttavia sottolineato che quel suo impegno politico non svolse

Dante dalla creazione poetica ma compose la Vita Nuova proprio dal 1293 al 1295.

Nell’ottobre del 1301, Bonifazio VIII inviava a Firenze Carlo di Valois, fratello del re

di Francia Filippo IV il Bello, apparentemente come paciere, ma in realtà con l’incarico di

debellare i Bianchi ed assicurare il trionfo dei Neri. Dante venne prescelto fra i tre

ambasciatori inviati dal Comune a Bonifazio per placarlo. A questo punto Dante non sapeva

ancora che non sarebbe mai più tornato a Firenze. Infatti, mentre era trattenuto a Roma dal

papa, il primo novembre 1301 Carlo di Valois entrò a Firenze, Corso Donati e i Neri lo

seguirono immediatamente, conquistarono il potere con violenze, saccheggi ed uccisioni e

finirono col formare un nuovo governo. Seguirono i processi contro gli avversari politici.

Dante fu condannato in contumacia all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ad

un’importante multa, all’esilio per due anni, sotto le false accuse di baratteria, cioè di

appropriazione indebita del pubblico denaro, di azioni ostili al papa volte a turbare la pace

della città. Venne condannato a giustificare davanti un tribunale la sua azione politica ostile ai

Neri ma Dante non ebbe l’ingenuità di presentarsi. Non essendosi presentato a scolparsi,

venne condannato ad essere bruciato vivo se fosse caduto nelle mani del Comune.

Condannato a morte nel marzo del 1302 non avrebbe mai più rivisto Firenze.

Nei primi tempi dell’esilio, partecipò agli sfortunati tentativi dei fuorusciti fiorentini di

rientrare con la forza in Firenze. Poi, nel luglio del 1304, disgustato dalla loro partigianeria,

Dante ruppe definitivamente con gli esuli bianchi quando si accorse che erano animati solo da

spirito di parte e decise allora di « fare parte per se stesso »1. Cominciò il suo lungo

peregrinaggio per l’Italia, con la povertà, la nostalgia della patria, proteso all’affanosa e

spesso umiliante ricerca di una sistemazione come uomo di corte. Fino al 1309, soggiornò a

Verona presso gli Scaligeri, a Padova, a Venezia, in Lunigiana alla corte dei Malaspina, in

Casentino presso i conti Guidi e a Lucca. Per un momento cercò di ottenere dai concittadini la

1 Paradiso XVII, v.68-69 : « sì ch’a te fia bello / averti fatta parte per te stesso ». Parole rivolte a Dante dal trisavolo Cacciaguida.

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grazia del ritorno, forse quando, con un provvedimento del 1303, i Fiorentini comminarono

l’esilio anche ai suoi figli non appena avessero raggiunto l’età di quattordici anni. Questi

primi anni di esilio sono occupati da un intenso lavoro di creazione letteraria e soprattutto da

canzoni dottrinali e morali, da lettere in latino, dal De vulgari eloquentia (1303-1304) e dal

Convivio (1304) forse per risollevare il proprio prestigio e per testimoniare della propria

cultura ed elevatezza morale. Le due opere : il De Vulgari e il Convivio rimasero però

interrotte e venne infranto il sogno di rientrare in patria.

Tramutò allora il proprio destino di esule nel sogno di una vocazione e di una

missione. Il suo esilio divenne per lui il simbolo del distacco dalla corruzione di un mondo in

preda agli odi, agli egoismi, alle passioni individuali perché questo mondo aveva abbandonato

la via della giustizia, la strada segnata da Dio che aveva stabilito due supreme autorità : il

papa e l’imperatore per consentire agli uomini di vincere la cupidigia e di conseguire la

felicità e la pace. Dante era sempre stato partigiano dell’imperatore che opponeva al papa nel

trattato latino della Monarchia e sosterrà la calata in Italia dell’imperatore Arrigo VII. Quel

suo esilio lo allontanava da ogni considerazione municipalistica, ampliava il suo sguardo da

Firenze all’Italia e al mondo e soprattutto gli dava la certezza di essere martire e combattente

della giustizia, di avere per questo il diritto di parlare agli uomini, di guidarli alla riconquista

della verità e della pace. Sarà proprio questa la vocazione profetica e riformatrice da cui

nascerà la Divina Commedia che si ritiene iniziata probabilmente attorno al 1304.

Dal 1309 al 1312, il poeta ripose ogni sua speranza nell’impresa dell’imperatore

Arrigo VII il quale, desideroso di porre un termine alle ambizioni di papa Bonifazio VIII,

preparò la sua venuta in Italia. Nel 1310, la discesa in Italia di Arrigo VII, imperatore del

Sacro Romano Impero, che intendeva riaffermare la sua giurisdizione sulla penisola, fece

sperare a Dante una prossima attuazione del suo ideale. Dante si impegnò a favore

dell’intervento imperiale scrivendo tre epistole in latino : ai principi ed ai popoli italiani,

esortandoli ad accogliere colui che gli sembrava inviato da Dio per riportare la pace nella

penisola martoriata dalle lotte fratricide ; allo stesso Arrigo VII e ai guelfi Neri di Firenze che

organizzavano contro l’Imperatore la resistenza dei comuni guelfi. Forse in questi anni scrisse

la Monarchia, un trattato politico nel quale ribadiva appassionatamente le sue concezioni

politiche.

Ma nel 1313, Arrigo VII moriva in Italia senza essere riuscito a restaurare l’autorità

dell’Impero e crollava così l’ultima speranza di Dante di rientrare in Firenze. Nel 1311 era

stato escluso dall’amnistia di cui avevano potuto approfittare molti esuli e nel 1315 rifiutò di

prevvalersi del beneficio di un’altra, perché condizionata a un’ammissione, da parte sua, di

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colpevolezza, che l’Alighieri ritenne contraria alla sua dignità. Finalmente, sempre nel 1315,

la signoria fiorentina ribadiva la condanna a morte contro di lui e contro i suoi figli.

Negli ultimi anni, deluso dal corso degli eventi, Dante fu ospite sin dalla metà del

1312 di Cangrande della Scala alla corte di Verona dove rilesse e corresse l’Inferno che sarà

divulgato sin dalla fine del 1314. Là, scrisse il Purgatorio che circolerà già all’autunno del

1315, cominciò il Paradiso, e scrisse le ultime tre lettere in latino e soprattutto la lettera di

dedica del Paradiso a Cangrande della Scala.

Nel 1318 lasciò Verona sommossa da conflitti politici che non consentivano la calma

necessaria alla fine della redazione del Paradiso e trovò il suo ultimo rifugio presso Guido

Novello da Polenta a Ravenna. Lì, con i due figli che erano stati condannati a morte sin dal

1315, venne accolto da un gruppo di intellettuali ammirativi. Finì la redazione del Paradiso.

Nel 1319 scrisse alcune egloghe in versi latini a Giovanni del Virgilio, maestro di grammatica

all’università di Bologna che lo aveva invitato a Bologna, difendendo la poesia in volgare ma

declinò l’invito col prestesto di oscuri pericoli che avrebbe incontrato in quella città. Nel

1320, lesse la Quaestio de aqua et terra, volta a dimostrare, secondo la filosofia del tempo,

che in nessun punto della sua sfera l’acqua può essere più alta della superficie della terra

emersa.

Tornando da un’ambasceria per conto di Giudo da Polenta, Dante fu stroncato dalla

malaria e morì a Ravenna nella notte del 13 al 14 settembre del 1321.

II – Le Opere

Nell’ambito della biografia abbiamo già accennato a tutte le opere scritte da Dante che

sono inscindibili dalla sua vita. Infatti, le diverse opere di Dante corrispondono a diversi

momenti della sua vita che le hanno ispirate. Dante ha scritto opere in volgare italiano ed

opere in latino.

Le sue opere in volgare italiano sono : la Vita Nuova, le Rime, il Convivio che rimarrà

incompiuto e il suo capolavoro : la Divina Commedia.

Le sue opere in latino sono : la Monarchia, il De Vulgari eloquentia, alcune Epistole,

due Egloghe in risposta ai poemi Giovanni del Virgilio, maestro di grammatica all’università

di Bologna, nei quali è manifesta l’imitazione dei poeti classici e soprattutto di Virgilio e della

sua poesia pastorale delle Bucoliche ; e un trattato di cosmologia la Quaestio de aqua et terra.

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Nella sua carriera poetica, pur rimanendo profondamente cristiano, l’Alighieri subì

diverse tentazioni. Subì una tentazione amorosa, una tentazione filosofica, una tentazione

politica ed una tentazione poetica.

II.1 - La tentazione amorosa : La Vita Nuova e le Rime

Nella sua giovinezza, Dante ha cantato un amore sensuale. Nelle Rime dichiara di aver

perduto il suo libero arbitrio e di essersi dedicato ad un amore che priva l’uomo della sulla

facoltà razionale, vale a dire alla foll’amor. Inoltre, nella Commedia, il poeta confessa due

peccati : quello di essere orgoglioso e quello di aver subìto una tentazione amorosa. Durante

la sua giovinezza, scrisse poemi d’amore, canzoni sul modello dei trovatori, di Guido

Guinizzelli e di Guido Cavalcanti. Conobbe la letteratura occitanica, ha letto Arnaut Daniel,

Bertrand de Born che cita nella Commedia, è vissuto nel cenacolo poetico fiorentino e

bolognese. Insomma, nella sua giovinezza si è dedicato alla poesia d’amore e si è innamorato

di diverse ragazze. Dopo il suo esilio, parallelamente alla Commedia, continuò a scrivere

poesie d’amore a diverse donne che avrebbe amato : alla « montanina », alla « donna pietra »,

diversi traviamenti che gli verranno rimproverati da Beatrice. Dante appare sedotto dalla

poesia d’amore.

Ad un certo punto, sarà trascendata nella Vita Nuova, opera di giovinezza che si

compone di un’alternanza di prosa e di poesia sul modello del De consolatione philosophiae

di Boezio. La prosa inizia ogni capitolo e narra le circostanze del poema. Segue il poema e

torna la prosa per spiegare le diverse divisioni del poema e per darne un commento. La Vita

Nuova si caratterizza da una poesia intellettualizzata, ordinata, elaborata e narra l’amore di

Dante per Beatrice, un amore spirituale. Beatrice muore e Dante le promette un piedistallo

eterno in memoria del suo ricordo. Le diverse poesie sono state scelte per formare questa

raccolta più o meno simile alle raccolte provenzali, alle vidas dei trovatori, a quelle opere di

finzione che raccontavano in modo romanzesco la vita dei trovatori per risultare vere e

proprie biografie fittizie. In quelle vidas, la donna era una donna sintetica, una donna

indealizzata.

Dante compose un’opera strutturata nella quale la donna appare idealizzata, fatta di

parcelle di bellezze. Tale amore spirituale creò un Dante nuovo, rinovellato da tale amore. Il

titolo dell’opera : Vita Nuova si ispira e fa riferimento alla fede cristiana e soprattutto al rito

del battesimo che permette di rinnovare, di rinovellare l’uomo. L’amore spirituale che Dante

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prova per Beatrice ha fatto di Dante un uomo nuovo proprio come nel battesimo l’uomo

vecchio, l’uomo di Adamo cioè l’uomo del peccato viene annegato nell’acqua battesimale e

nasce l’uomo nuovo, l’uomo rinovellato dall’amore divino, dalla carità e dal battesimo.

Accanto all’amore spirituale provato per Beatrice che diventa una Figura Christi nella

Vita Nuova ed è eretta in vera e propria santa, messaggera della volontà divina nella

Commedia, Dante è stato tentato da diversi amori durante la sua giovinezza, diversi amori

carnali che si lasciano intravedere nelle Rime con le diverse destinatarie delle poesie : la

« montanina », « la pargoletta », la « donna pietra », « Fioretta », ma anche nella Vita Nuova

con le due donne dello « schermo » e con l’apparire della Donna gentile e pietosa che propone

a Dante di consolarlo dopo la morte di Beatrice. Sono proprio questi sviamenti che gli

verranno rimproverati da Beatrice nella Commedia2.

II.1.1 - La Vita Nuova*

Considerazioni Generali

La Vita Nuova viene considerata come un’opera di giovinezza ma venne composta

nella sua forma definitiva soltanto dal 1293 al 1295 cioè qualche anno dopo la morte di

Beatrice, quando Dante aveva tra i 28 e i 30 anni. Si tratta della prima opera organica e

relativamente coerente di Dante, composta di 31 poesie, scelte e disposte in un commento in

prosa. La Vita Nuova può essere considerata come un’antologia delle rime giovanili di Dante,

collegate e commentate da capitoli in prosa. Tale commento prosastico assicura il legame

narrativo tra le diverse poesie in modo da presentare la storia d’amore di Dante per Beatrice

nel suo svolgimento cronologico. Nella letteratura medievale latina, questa forma di testo che

alterna prosa e poesia si chiama prosimetrum. Un’opera latina molto famosa e cara a Dante

come il De consolatione Philosophiae di Boezio alterna appunto brani metrici e brani

prosastici. Il commento in prosa, come l’abbiamo già detto è concepito sul modello dei razos

e delle vidas dei trovatori ed è diviso in 42 capitoli dai commentatori moderni. La Vita Nuova

delinea un’autobiografia ideale nella quale Dante ripercorre le tappe della sua formazione

spirituale ed artistica.

In questa raccolta, Dante ha collocato 25 sonetti, 3 canzoni, 2 strofe e una ballata che

scelse nei diversi poemi che ha scritto in diverse occasioni tra il 1283 : col sonetto A

2 Cf., Purgatorio XXXI, v.58-60 : « Non ti dovea gravar le penne in giuso, / ad aspettar più colpo, o pargoletta / o altra novità con sì breve uso ».

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ciascun’alma presa e il 1293. Se tali componimenti danno l’impressione di una progressione

cronologica, niente prova però che fossero scritti in quest’ordine. Inoltre, va notato che il

commento in prosa è posteriore alla maggior parte dei poemi e venne scritto al momento della

costituzione dell’opera.

La Vita Nuova si presenta come una parte del « libro della memoria » di Dante. Segna

l’inizio « nella letteratura europea della storia personale raccontata in lingua volgare senza

l’interposizione d’un protagonista o di un narratore fittizio » come nota Paul Renucci. Dato

che Dante non poteva conoscere le opere autobiografiche dell’Antichità e che la retorica

insegnava che era sconveniente parlare di sé tranne per confutare attacchi personali, la Vita

Nuova può essere considerata come la prima creazione autobiografica moderna. Va tuttavia

notato che si tratta di un’autobiografia che fa astrazione degli eventi e del pittoresco per

concentrarsi esclusivamente sulla storia esemplare di un amore visto nei suoi effetti sulla

coscienza di Dante. Il racconto autobiografico di Dante è estremamente selettivo e vuole

rivelare l’essenza della sua vicenda esistenziale : l’amore per Beatrice e la poesia che lo

manifesta. Si tratta di un’autobiografia quale poteva essere concepita nel Medioevo : attenta

cioè non tanto al dispiegarsi storico degli eventi quanto al loro riflettersi e configurarsi nella

coscienza come occasioni che inducono a penetrare il significato del vivere. Non si tratta di

una vera e propria autobiografia, ma piuttosto di un exemplum che deve servire da

insegnamento al lettore in quanto l’avventura di Dante non è solo un’avventura individuale

ma riveste una significazione universale. Gli oggetti e le vicende vengono deliberatamente

sfumati mentre i sogni, i presentimenti, le visioni di Dante segnano le svolte decisive del

racconto. Lo spazio narrativo reale è quello dell’interiorità. Lo stesso vale per i personaggi.

Dante, protagonista della narrazione non delinea la sua concreta biografia dell’adolescenza e

della prima giovinezza ma appare concentrato unicamente nel perseguimento ideale di amore

e di poesia. Beatrice ha una consistenza narrativo-drammatica ancora minore. Di lei

intravediamo soltanto un saluto, un lieve sorriso, un viso color di perla. La sua bellezza non è

mai descritta sensibilmente, ma evocata attraverso lo stupore sbigottito che suscita nell’animo

di Dante. La donna è vista come un miracolo fonte di ogni salute, di ogni grazia. Tali

tematiche non sono nuove, Dante si ispira al Cavalcanti, al Guinizzelli, allo stilnovismo

guinizzelliano-cavalcantiano, combinando la fenomenologia amorosa ottimistica del

Giunizzelli (la donna come apparizione miracolosa, sembianza angelica dispensatrice di

salute) con quella pessimistica del Cavalcanti (l’essere amato come trascendente rispetto

all’amante e irragiungibile, la qualità dolorosa della passione), ma concentra tutto in Beatrice

che finisce coll’acquistare una dimensione simbolica che non aveva la donna della poesia

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anteriore. Infatti, Beatrice appare come una creatura che, avendo raggiunto la propria

perfezione, rivela la somiglianza fra l’uomo e Dio ; la sua bellezza è rivelazione del bene,

della pienezza dell’essere e la sua morte viene concepita come un transito alla vita vera, come

il compimento del suo itinerario terreno. La donna appare qui veramente come guida verso la

salvezza. Beatrice diventa così figura, prefigurazione e preludio vissuto della realtà

ultraterrena. Questa nuova ed originale concezione dantesca si esprimerà a partire dal capitolo

XVIII nella cosiddetta poesia della lode che enuncia che il vero amore consiste nell’amare

una persona non per il vantaggio che potremmo ottenere ma per ciò che essa è. Tale amore è

del tutto disinteressato come l’amore divino.

Il Titolo

Per quanto riguarda il titolo, l’opera non ricevette vero e proprio titolo ma secondo la

terminologia medievale, Vita Nova è l’incipit latino dell’opera. Ma che cosa significa tale

denominazione ? Giorgio Villani per esempio parla di « vita nuova d’amore ». Vita nova

significa infatti materialmente « vita giovanile ». La narrazione dantesca comincia da un

episodio giovanile: il primo incontro con Beatrice avvenuto quasi in coincidenza col nono

compleanno dell’autore (1274) e giunge fino ad un’epoca di poco successiva al 1292.

Potrebbe accennare al periodo di giovinezza, all’amore di gioventù. Infatti, Beatrice morì nel

1290 quando Dante aveva solo 25 anni. Inoltre, al canto XXX del Purgatorio Beatrice dice,

parlando di Dante : « questi fu tal ne la sua vita nova », v.115, cioè nella sua giovinezza. Tale

titolo potrebbe rimandare alla vita d’amore come mai nessun fedele d’amore l’abbia vissuta,

ma anche ad una nuova arte di intendere la vita d’amore, una novità poetica e mistica.

Ma l’espressione « vita nova » ha anche il significato spirituale di « vita rinnovata »,

rigenerata dall’amore. Infatti, potrebbe rivestire lo stesso senso che nella seconda Epistola ai

Corinzi. Va ricordato che nel pensiero cristiano, quando l’uomo o il bambino si converte ed è

battezzato, diventa un homo novus e il vecchio uomo viene annegato nell’acqua battesimale. Il

peccato originale che macchia ogni discendente di Adamo viene così cancellato e l’uomo

rinasce alla vita innocente. L’Alighieri accennerebbe quindi ad un libro nuovo per via della

sua tematica, per via della cristianizzazione della tematica amorosa tramite l’uso, il recupero

della formula di san Paolo. La Vita Nuova sin dal suo titolo annuncia una novità poetica e

religiosa che il poeta fiorentino esporrà nel capitolo XIX del suo libello. Fin dall’inizio, Dante

suggerisce dunque un legame fra esperienza amorosa e poetica ed esperienza di fede.

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La Struttura

Per quanto riguarda la struttura, la Vita Nuova può essere divisa in tre parti. Nei primi

17 capitoli, Dante narra l’inizio del suo amore per Beatrice secondo la concezione e la

tematica dell’amore cortese sulla scia e sotto l’influenza di Guittone d’Arezzo e poi di Guido

Cavalcanti.

I capitoli XVIII a XXVII offrono poi un cambiamento di concezione dell’amore e

della poesia d’amore. Beatrice, avendo rifiutato di salutare Dante, il poeta scopre la precarietà

di una felicità che risiede tutta in ciò che altrui può dare o togliere. Nasce l’idea che il vero

amore non può soffrire nessuna reciprocità. Dante adotta allora una concezione disinteressata

dell’amore, non aspetta più nulla in ritorno, non aspetta che il suo amore sia ricambiato

neppure di ottenere il saluto di Beatrice : la sua felicità risiede da ora in poi nella lode di

Beatrice. Questa nuova materia poetica si esprime in uno stile nuovo : il dolce stil novo

inaugurato dalla canzone Donne ch’avete intelletto d’amore al capitolo XIX del libello

dantesco. Questa seconda parte comincia dunque con la canzone Donne ch’avete e corre fino

alla morte di Beatrice passando dai sonetti Tanto gentile e Vede perfettamente che esaltano la

perfezione di Beatrice, creatura altissima che impersona amore, corrisponde alla poesia della

lode in vita : la lode della donna e la scrittura poetica si fondono sull’espressione della

dolcezza.

La terza parte (capitoli XXVIII-XLII) corrisponde al racconto del dramma di

Dante in seguito alla morte di Beatrice. Dopo diverse tentazioni, il poeta ridiventa fedele alla

memoria e all’amore di Beatrice. Finalmente, Dante ha una « mirabile visione » sempre

imperniata su Beatrice, in seguito alla quale si propone di non celebrarla più nella sua poesia

fino a quando sarà capace di dire di lei « quello che mai non fue detto d’alcuna ».

La Vita Nuova, più di una storia personale propone quindi un’analisi metafisica

dell’essenza di amore e dell’uomo. Il mito di Beatrice si arrichirà ancora nella Commedia,

dove diverrà guida di Dante a Dio. Ma la Vita Nuova non va letta nella prospettiva della

Commedia, in essa c’è solo un vago presentimento di questo. Il libro esprime essenzialmente

il mito dell’amore come ansia di perfezione intravista nel cammino terreno « quasi

sognando ».

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II.1.2 - Le Rime

Tale termine generico indica l’insieme delle poesie composte da Dante durante tutta la

sua carriera e che non sono state incluse né nella Vita Nuova né in altre opere organiche. Le

Rime mettono in rilievo il carattere non unitario dell’esperienza lirica dantesca rimasta fuori

dai tentativi di sistemazione della Vita Nuova e del Convivio. Va notato che la raccolta delle

Rime che comprende 54 componimenti sicuramente autentici, ed altri di dubbia attribuzione,

fu ordinata dai posteri e non costituisce un canzoniere unitario nè sul piano tematico né su

quello formale. Queste poesie si aggirano tutte attorno allo stile lirico : il dolce stil novo,

attorno allo stile realistico ed attorno a certe tecniche raffinate della poesia cortese occitanica

come il trobas clus. Fra le Rime si possono distinguere alcuni gruppi omogenei sul piano

tematico-espressivo, ma il solo principio unitario della raccolta è quello di una congruenza fra

oggetto e livello stilistico della rappresentazione : un principio teorizzato anche nel canto

XXXII dell’ Inferno : « sì che dal fatto ‘l dir non sia diverso », v.12, processo che giustifica la

ricerca irrequieta del poeta di nuove acquisizioni stilistiche ed ideologiche.

Le Rime possono essere divise in quattro parti, in quattro gruppi di poemi.

Un primo gruppo viene formato dalle poesie di giovinezza direttamente ispirate alle

convenzioni cortesi o al dolce stil novo. Se alcuni componimenti sono destinati a certe

Fioretta, Violetta, Pargoletta e non a Beatrice, cambia soltanto il nome, ma la poesia rimane

quella della Vita Nuova.

Un secondo gruppo di rime, anteriori all’esilio è costituito dalla tenzone tra Dante e

Forese Donati, nata da un gioco letterario e segna il passaggio di Dante allo stile realistico-

comico.

Il terzo gruppo detto Rime Petrose, è formato da un insieme di poemi scritti per una

misteriosa Donna Pietra. Sotto la finzione di un amore violento, sensuale, antiidealistico e del

tutto estraneo allo stilnovismo la poesia delle Petrose segna il passaggio di Dante allo stile

aspro a seconda della legge della convenentia, cioè in virtù della legge di omologia tra forma

e fondo, Dante crea un linguaggio violento ed oscuro col quale affronta le difficoltà più

temibili della versificazione, imitando e gareggiando con il trovatore provenzale Arnaut

Daniel.

Un quarto ed ultimo gruppo è formato dalle rime posteriori all’esilio : rime

d’ispirazione morale che concedono largo spazio ad una realtà più umana. La riflessione di

Dante si allarga per considerare la giustizia nel mondo ed è ottimista per il futuro terrestre.

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Le Rime presentano il vantaggio di consentire di seguire l’itinerario poetico che

conduce Dante da una maniera convenzionale imitata da Guittone e dai siculo-toscani, alla

scrittura personale e al contenuto originale della Commedia.

II – 2. La tentazione Filosofica : Il Convivio

Nella Commedia, oltre al traviamento amoroso, Beatrice rimprovera a Dante il suo

attaccamento alla filosofia3 che ha lodato nel Convivio. Il titolo del Convivio ricorda l’opera

eponima di Platone, le Banquet. Benché Dante non la conoscesse, fa riferimento ad un

concetto della filosofia neoplatonica, al topos del sapere che viene concepito come il cibo

spirituale dell’anima. In questo libro, l’Alighieri dichiara voler dare agli uomini alcune

briciole di tale sapere. Questo trattato si compone di prosa e di canzoni. Si tratta di un’opera

incompiuta per diverse ragioni. Innanzitutto, Dante aveva altre preoccuppazioni e non voleva

scrivere un’enciclopedia che era già stata scritta da Brunetto Latini per esempio o anche da

Vincent de Beauvais per divulgare le conoscenze scientifiche del tempo. Infine, le canzoni del

Convivio non sono esclusivamente poetiche e Dante si accorse che l’elaborazione di tale opera

non corrispondeva al suo profilo di poeta. Infine, Dante abbandonò la stesura del Convivio per

dedicarsi ad un altro suo progetto letterario : la Commedia.

Comunque sia, nei primi quattro libri del Convivio, Dante afferma che la filosofia è la

donna più bella che sia mai esistita. Si pentirà di tale tentazione filosofica nella Commedia e

più precisamente ancora nel canto II dell’Inferno nel quale sosterrà che Beatrice, simbolo

della teologia è la creatura più perfetta che sia nel cielo della luna, in opposizione quindi al

Convivio nel quale l’Alighieri affermava che la filosofia era la donna più bella della terra

proprio come Averroè affermava che la filosofia aristotelica era la donna più perfatta, più

bella sulla terra. Nella Commedia, il poeta criticherà tale concezione della filosofia

aristotelica. Pur tuttavia, nella Commedia la filosofia non viene ridotta al rango di semplice

vassalla della teologia ma Dante si adopera una certa gerarchia delle conoscenze : la teologia

viene considerata come l’imperatrice delle scienze mentre la filosofia è una regina bellissima.

Dante propone qui una precedenza intellettiva mentre nel Convivio la supremazia intellettuale

veniva conferita alla filosofia.

3 Cf., Purgatorio XXX, v.130-132 : « e volse i passi suoi per via non vera, / imagini di ben seguendo false, / che nulla promession rendono intera » e Purgatorio XXXI, v.58-60 : « Non ti dovea gravar le penne in giuso, / ad aspettar più colpo, o pargoletta / o altra novità con sì breve uso ».

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Va notato che Dante filosofo rimane comunque profondamente cristiano e ancora

adetto di san Tommaso d’Aquino che rappresentava il pensiero cristiano che si apriva al

pensiero di Aristotele e cioè al pensiero umano.

II.2.1 - Il Convivio

Il Convivio è un’opera rimasta incompiuta che fu interrotta dopo il quarto libro. Risale

agli anni 1304-1307. I libri II, III e IV hanno una canzone introduttiva e un lungo commento.

Anteriori all’esilio, le canzoni furono scritte a Firenze in diverse circostanze. Il commento è

stato elaborato posteriormente a seconda di un’organizzazione d’insieme concepita più tardi.

Prevvisto per essere una somma enciclopedica del sapere pratico, il Convivio avrebbe

dovuto constarsi di 15 libri : un libro introduttivo e quattordici libri composti di una canzone e

del suo commento in prosa. Abbiamo soltanto il libro introduttivo e i seguenti tre.

Per via di tale incompiutezza, il Convivio non offre una tematica né una struttura

coerente né unitaria. Il libro introduttivo non è legato ai seguenti : l’autore esprime gli

intendimenti ed i caretteri della sua opera. Intende imbandire un banchetto di sapienza, rivolto

a quelli che le cure della vita pratica hanno sviato dagli studi, dalla conquista della filosofia e

della sapienza, nel raggiungimento della quale consiste la perfezione dell’uomo.

I libri II e III fungono da seguito ideale alla Vita Nuova : Dante vi racconta come

ha trovato nella filosofia il conforto necessario dopo la morte di Beatrice. Nel secondo

trattato, Dante racconta come sorse in lui l’amore per la filosofia. Mentre il suo animo

giaceva afflitto per la morte di Beatrice, cercò conforto nei libri di Cicerone e di Boezio, e

dalla lettura di essi nacque un amore nuovo : quello per la filosofia vagheggiata come Donna

Gentile che dona salute e felicità allo spirito. Il terzo trattato costituisce un elogio della

sapienza, fine supremo dell’uomo.

Il libro IV verte sull’essenza della vera nobiltà intesa come individuale conquista,

disposizione alla virtù. Dante si stacca dalla meditazione dei problemi filosofico-teologici, per

volgersi alla definizione dei fondamenti della moralità. Appare in questo trattato una prima

sistemazione del suo pensiero politico : l’esaltazione dell’Impero, voluto da Dio, per una

società di uomini amanti della virtù, unico mezzo col quale l’umanità può giungere a una vita

terrena ordinata e perfetta.

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Proprio come la Vita Nuova e la Commedia, il Convivio delinea il percorso di Dante

verso la saggezza interiore. Quella sua storia personale viene edificata in un exemplum per

tutti quelli che, animati dall’amore della verità, non possono accedere all’alta cultura dei

trattati latini. Ma mentre la Vita Nuova era un messaggio aristocratico destinato a pochi spiriti

eletti, sogno di un mondo di cortesia e di affetti solitari e gentili, il Convivio afferma il

bisogno di una reale comunicazione col mondo con precise proposte.

Si tratta di un’opera decisivamente moderna nella quale Dante si rivolge ad uomini e

donne che non sono letterati e propone quindi un’opera di volgarizzazione di alto livello.

L’ideale era quello di portare un contributo decisivo allo stabilirsi di un’ordinata e serena

convivenza umana fondata sul culto della ragione, della giustizia, delle più alte virtù morali.

Per questo l’opera, a differenza dei trattati filosofici e sientifici del tempo, fu scritta in volgare

e non in latino.

L’interesse del Convivio risiede in un certo numero di posizioni fondamentali proprie a

Dante : la ricerca della felicità, la nobiltà distinta dalla nascita e dall’aristocrazia sociale che

proviene dalla feodalità, la natura e la finalità della politica e dell’Impero.

II.3 - La tentazione politica : La Monarchia

Come l’abbiamo visto nella sua vita, Dante fu non solo scrittore e poeta ma anche

uomo politico. Fu profondamente impegnato, fautore dell’imperatore e interessato dalla storia

della società umana. Fece parte di un governo di guelfi bianchi. Per via del passato

dell’Impero romano, l’Italia si divise in due fazioni politiche antagoniste: i guelfi a favore del

papa e i ghibellini a favore dell’imperatore. Sono per lo più rivalità di casta, di città più che

rivalità ideologiche. Tale contrasto corrisponde a conflitti d’interesse che danno vita ad una

politica effervescente ma complessa. I Guelfi si divisero poi in due fazioni diverse : i Bianchi

che diventarono autonomi rispetto ai Neri vicini al papato mentre i Bianchi erano più vicini

alla municipalità del Comune. Dante, partigiano dell’imperatore, denuncia gli interessi di

parte, diventa indipendante e ambasciatore al papa. Quando i Bianchi vennero esiliati, Dante

fu esiliato e condannato a morte nel 1301. Tale esperienza politica lo segnerà profondamente

e farà poi i conti, si vendicherà dei suoi nemici politici e del papa nella Commedia collocando

nell’Inferno i suoi nemici.

Ma sarà prima nel Convivio che l’Alighieri esprimerà le sue simpatie per l’imperatore

nel 1308. Ripose ogni sua speranza in Arrigo VII che voleva ridare dignità all’Imperium. Tra

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il 1308 e il 1310, scrisse la Monarchia nella quale giustifica la santità dell’Impero

riprendendo l’idea antica e romana dell’impero secondo la quale Adamo ed Eva, nel Paradiso

Terrestre ubbidivano ad una giustizia spontanea e naturale. Adamo era giusto per natura. Ma

il peccato originale in seguito al quale vennero scacciati dal Paradiso Terrestre segnò la fine di

tale età d’oro. L’uomo non poteva più dominare col suo intelletto il suo corpo. L’uomo venne

allora dotato del libero arbitrio che gli permetteva di dirigere il suo corpo, di cavalcare i suoi

istinti sensuali. Ma avvenne una certa degradazione del libero arbitrio, e il cavallo organico

tornò a condurre l’intelletto. La legge doveva quindi essere imposta dall’esterno. L’Imperium

venne così considerato come una sostituizione, come un surrogato del Paradiso Terrestre.

Dante giustifica la monarchia in nome di quel naturalismo secondo il quale l’uomo deve

essere giusto. Dante è partigiano della dottrina delle competenze. Secondo lui, il papa deve

provvedere alla salvezza dell’anima, mentre l’imperatore deve fare regnare e garantire

all’umanità la morale e la giutizia sulla terra : condizione della felicità terrestre,

prefigurazione della felicità celeste. Il santo Impero Romano è un impero provvidenziale che

venne creato alla morte di Cristo. Si riteneva che Dio avesse stabilito un rapporto tra la morte

di Cristo che aprì le porte di un nuovo paradiso terrestre ed allo stesso tempo riaprì le porte

del sant’Impero. L’ideale politico di Dante si ritrova nella Commedia, nella quale Dante

appare sempre fautore dell’imperatore. Più di una semplice tentazione politica, Dante

s’interesserà alla politica fino alla fine della sua vita moltiplicando gli sforzi per realizzare il

suo ideale. L’Alighieri vuole ritrovare la dignità, la considerazione, si vergogna del suo esilio,

della sua povertà, della sua erranza che gli farà provare « sí come sa di sale / lo pane altrui »,

(Paradiso XVII, v.58-59), e fino ad un certo punto, la Commedia può essere concepita come

un’opera di compensazione, di vendetta contro i suoi avversari politici e contro il papato.

II.3.1 - La Monarchia

Si tratta di opera scritta in latino perché Dante si rivolge ai politici non solamente

italiani ma europei. La data in cui venne scritta è difficile da stabilire con sicurezza. Viene

considerata come un’opera di circostanza redatta ad un momento in cui la situazione storica,

esigeva secondo Dante, la difesa dell’Impero. La critica recente propende a pensare che la

Monarchia venne scritta verso il 1312-1313 al momento in cui Arrigo VII preparava la sua

discesa in Italia e voleva restaurare la potenza politica dell’Impero contro i tentativi

egemonici del papato, impresa che suscitò tante speranze nell’animo di Dante.

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Il titolo fa riferimento all’Impero collocato al di sopra di ogni altra forma di potere

politico. L’opera si consta di tre libri ed ha per scopo di difendere i diritti dell’Impero contro

le pretese teocratiche del Papa e contro le mire del partito guelfo. Va sottolineato che la

Monarchia è il più organico fra i trattati danteschi, sia perché è compiuto, sia perché in esso

l’Alighieri sviluppa pienamente quello che fu forse il più assillante tema della sua

meditazione, vale a dire quello politico.

La tesi generale del trattato è quella di sostenere che l’Impero è necessario ed

indispensabile alla felicità umana, che l’Impero Romano fu voluto da Dio, che l’autorità

dell’Impero è legittima. La conclusione del trattato dice che l’Imperatore riceve la sua autorità

direttamente da Dio e che Impero e Papato sono autonomi ed indipendenti.

Il primo libro, riprendendo ed ampliando le considerazioni contenute nel Convivio,

dimostra la necessità della monarchia universale. Solo un unico imperatore può assicurare al

mondo, mediante la giustizia, la pace che consente lo svolgimento pieno delle qualità

spirituali dell’uomo : meta suprema del vivere terreno e premessa indispensabile alla

beatitudine celeste. Il compito dell’Imperatore è dunque quello di amministrare la giustizia fra

i popoli, vincendo le tendenze sopraffattrici nate dalla cupidigia, mediante la legge da lui

fissata.

Il secondo libro contiene la dimostrazione che la suprema autorità imperiale è

giustamente da attribuirsi al popolo romano.

Nel terzo libro, Dante affronta il problema più importante ed attuale : quello del

rapporto che deve intercorrere fra le due supreme potenze terrene : l’Imperatore ed il

Pontefice. Afferma che sia l’autorità imperiale sia quella ponteficia derivano direttamente da

Dio e quindi l’una non può avere nessuna giurisdizione sull’altra. Due sono le nature

dell’uomo : quella corruttibile : il corpo e quella incorruttibile : l’anima. Duplice è dunque il

suo fine : la felicità terrena e quella celeste. Per questo Dio ha voluto due guide distinte ed

autonome, volta ciascuna a condurre l’uomo ad uno stato di perfezione nella propria sfera. Ma

siccome il destino terreno è legato a quello ultraterreno, le due guide sono complementari.

La Monarchia è un’opera profondamente meditata e rigorosa ma è anche un’opera

animata da una magnanima speranza. La sofferenza dell’esilio, le lotte intestine violente e

feroci hanno esacerbato in Dante l’ansia di giustizia, il desiderio di pace e gli hanno fatto

sentire che il destino individuale dell’uomo è legato al destino di tutti gli uomini.

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II.4 - La tentazione poetica : La Commedia

Dante fu anche tentato dalla gloria letteraria. Infatti, concepì la gloria letteraria come

un compenso al suo scacco politico. Nutrì il desiderio umanista di gareggiare con i poeti

antichi Ovidio, Lucano come appare chiaramente nel canto XXV dell’Inferno ma soprattutto

con Virgilio che sceglie come guida dell’Inferno e del Purgatorio, cioè come guida al suo

viaggio nell’aldilà per via del canto VI dell’Eneide nel quale Virgilio narra il viaggio

escatologico di Enea che visita gli Inferi pagani. Ebbe la volontà di scrivere un poema geniale,

di contribuire dalla genialità del suo verbo all’avvento del sant’ Impero proprio come Virgilio

era stato poeta augusto cioè imperiale.

Nella Commedia, Dante vuole imitare Virgilio e soprattutto il canto VI dell’Eneide.

Proprio come le Metamorfosi di Ovidio vennero cristianizzate, l’Alighieri si dà il compito di

cristianizzare la mitologia. Sul modello di Virgilio, descrive una discesa agli Inferi ma

aggiunge anche due tappe ulteriori al suo viaggio escatologico : quella del Purgatorio e quella

del Paradiso. Dante cristianizza la materia di Virgilio.

Inoltre, i diversi viaggi nell’aldilà anteriori alla Commedia davano la supremazia alla

descrizione dei supplizi infernali. Dante confera ad essi una maggior dignità. Il suo viaggio

nell’oltretomba deve servire i suoi ideali politici, deve permettergli di mostrare le sue

conoscenze. La Commedia appare come un’opera politica, poetica, didattica, cioè come

un’opera che dà un insegnamento agli uomini, un’opera di sintesi che riassume e riflette le

conoscenze del tempo, una sorta di enciclopedia del sapere umano, una « summa » medievale.

Inoltre, Dante tenta di rendere più vivi i successi ma anche gli scacchi della sua epoca.

Il poeta ha anche uno scopo religioso, parte in guerra santa mosso da una volontà d’ortodossia

cristiana e di evangelizzazione. Per assicurarsi la salvezza dell’anima, visita i tre regni

dell’aldilà : l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, cioè i regni della dannazione, della penitenza

e della gioia beatificante.

Per guidarlo, Dante ha tre guide : Virgilio nell’Inferno e nel Purgatorio, Beatrice nel

Paradiso terrestre e nei diversi cieli del Paradiso e san Bernardo nell’Empireo. San Bernardo

aveva detto che per salvare la propria anima, l’uomo deve conoscere Dio e per ciò fare deve

conoscersi perché l’uomo è stato creato all’immagine e alla similitudine di Dio. L’uomo deve

dunque sapere ciò che ha meritato (l’inferno, il purgatorio) ed essere conscio di ciò che ha

perduto : la felicità del Paradiso, sarà così in grado di valutare ciò che ha fatto. È proprio ciò

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che Dante prova a sapere e giustifica così il suo viaggio escatologico. Ogni anima deve

visitare i tre regni.

II.4.1 - La Commedia Considerazioni Generali

La Divina Commedia è un poema in terzine di endecasillabi, suddiviso in 3 cantiche:

Inferno, Purgatorio, Paradiso, ciascuna di esse composta di 33 canti, tranne la prima che ne

ha un trentaquattresimo che funge da prologo generale. Rappresenta il coronamento

dell’opera dantesca e si propone come uno dei testi più significativi della letteratura

medievale e della letteratura europea anzi mondiale.

Il suo argomento viene esposto nell’Epistola che Dante rivolge a Cangrande della

Scala che dà una chiave di lettura all’intera Commedia. Dante sottolinea la moltepiclità di

sensi che ha conferito al suo poema. Sul piano letterale immediato, la Commedia espone « la

condizione delle anime dopo la morte » e sul piano del significato profondo vale a dire sul

piano allegorico presenta « l’uomo secondo che, meritando o demeritando, in base al suo

libero arbitrio, è soggetto alla giustizia del premio e della pena ».

Il Titolo

Inoltre, Dante giustifica quello che diverrà il titolo del suo poema. Infatti, Commedia

costituisce soltanto un sottotitolo, una denominazione per antonomasia. L’Alighieri designa il

suo poema con la parola comedìa ai canti XVI, v.128 e XXI, v.2 dell’Inferno. Si tratta di un

termine tecnico della retorica medievale che fa riferimento ad uno dei tre gradi stilistici,

intermediario tra lo stile alto e lo stile basso. Commedia indica un genere letterario non legato

alla struttura teatrale, ma una forma di narrazione che da un inizio turbato perviene a finale

lieto, ad uno scioglimento fausto. Tale definizione riflette proprio bene lo schema generale del

poema che comincia nella foresta oscura del peccato infernale e finisce nello splendore

beatificante del Paradiso con la visione di Dio. Inoltre, Dante ha sfruttato un topos

dell’antichità latina secondo il quale la vita umana veniva paragonata ad una commedia. La

vita veniva considerata come il Theatrum Mundi. L’imperatore Augusto, al momento di

morire gridò: “la commedia è finita”. Gli uomini erano considerati come gli attori di una

commedia della quale erano spettatori gli angeli. Solo più tardi l’aggettivo « divina » verrà

aggiunto forse dal Boccaccio.

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La Datazione

Va ritenuto che Dante scrisse la Commedia dal 1304 al 1321 e più precisamente

ancora dal 1304 al 1307 per l’Inferno, dal 1307 al 1313 per il Purgatorio e dal 1316 al 1321

per il Paradiso. La Commedia fu l’opera dell’esilio, animata dal dolore e insieme dalla

speranza d’un riscatto del mondo, fu una specie di giudizio universale che investiva la vita

presente e l’intera storia dell’uomo. Giustizia, pace, amore fra gli uomini sono visti da Dante

come ideali supremi della vita terrena in quanto prefigurazione della vita ultraterrena.

Le Fonti

Come ogni grande ed originale opera poetica, la Commedia definisce una nuova idea

della letteratura modificando radicalmente quella da cui prende le mosse. La Commedia si

ispira a numerose fonti ma testimonia una grande originalità rispetto ad esse. La struttura di

fondo è quella del « genere » della visione in questo e nell’altro mondo da cui il protagonista

ricava un complesso di ammaestramenti scientifici, morali, religiosi. Il prototipo è dato dalla

Visio Pauli, un racconto biblico apocrifo, da diversi racconti e visioni monastiche come il

Purgatorio di san Patrizio, il viaggio di san Brandano, da visioni didattiche come il Libro

delle tre scritture di Bonvesin da la Riva. È legata anche alla poesia didattica che ricorre

spesso alla tematica del viaggio come per esempio Brunetto Latini nel suo Tesoro. Si ispira

anche alle grandi somme e specie a quelle di Alberto Magno o di San Tommaso. Segue

finalmente la tradizione mistica, soprattutto quella di san Bernardo, che sarà l’ultima guida di

Dante verso la visione divina.

Il poema si ispira anche largamente alla tradizione greco-latina e soprattutto

all’Eneide. Dante stesso ha indicato le sue due fonti principali all’inizio del suo poema, al

canto II dell’Inferno, i due personaggi che l’hanno preceduto viaggiando durante la loro vita

nell’aldilà : Enea, fonte antica e fondatore dell’impero, e Paolo, fonte cristiana, fondatore

della Chiesa4.

Ma tutte queste fonti non ragguagliano la Commedia e non reggono il paragone.

Il viaggio

Il viaggio nell’oltretomba viene concepito come il « cammin di nostra vita » verso la

piena coscienza di sé e la liberazione morale. Il viaggio è allegorico e reale allo stesso tempo ;

4 Cf., Inferno II, v.31-33 : « Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? / Io non Enëa, io non Paulo sono; / me degno a ciò né io né altri 'l crede ».

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l’altro mondo si rovescia costantemente in questo mondo, la commedia divina ridiventa di

continuo umana. L’oltretomba raffigura la vita terrena dell’uomo ricondotto al suo dramma. Il

viaggio di Dante incomincia in un ben determinato momento della storia : nel venerdì santo

del 1300, l’anno in cui papa Bonifazio VIII aveva indetto un grande giubileo ossia un rituale

di purificazione dell’umanità.

L’archittetura della Commedia

L’architettura del poema riposa su di un sistema di calcoli e di simmetria numerica. Il

poema viene diviso in 3 parti chiamate cantiche. Ognuna si compone di 33 canti, tranne

l’ Inferno che comprende un canto supplementare : il canto I che funge da proemio o da

introduzione generale all’opera. La Commedia si costruisce dunque sul numero 3 : numero

sacro della Santa Trinità.

Inoltre, va sottolineato che la composizione dantesca risulta da un procedimento assai

corrente nella letteratura medievale : quello delle cifre che Dante usa in modo raffinato

alternando triadi e decadi. La Commedia comprende 3 regni, 33 canti per ognuna cantica ai

quali dev’essere aggiunto il canto proemiale, il che fa 100 : cifra perfetta. Il Paradiso, come

l’ Inferno e il Purgatorio è diviso in 3 zone ma racchiude 10 cieli.

Ma tale componimento supera il semplice gioco di spirito. Infatti, va sottolineato che

ognuna delle tre cantiche si conclude sulla parola « stella » il che spinge il lettore a stare

attento ai rapporti d’immagini e di parole che Dante tesse nel suo poema. Sono stati

sottolineati anche i rapporti tra diversi canti. Per esempio i canti VI dell’Inferno, del

Purgatorio e del Paradiso trattano comunemente di politica. I sogni di Dante sono 3 e

vengono narrati ai canti IX, XVIII e XXVII del Purgatorio. Al centro del Paradiso, ossia al

canto XVII, Dante fa narrare al trisavolo Cacciaguida l’episodio centrale della sua vita, vale a

dire il suo esilio da Firenze. Al centro esatto della Commedia, al canto XVII del Purgatorio,

Dante fa un esposto su amore: fondamento dell’ordine morale del Purgatorio, principio di

ogni bene e di ogni male. I 14233 versi del poema sono spartiti in proporzioni armoniose.

Ogni cantica comprende un numero più o meno uguale di versi in leggero crescendo : 4720

per l’Inferno, 4755 per il Purgatorio e 4758 per il Paradiso. Ogni canto conta una media di

142 versi, 115 per i canti più brevi (Inferno VI e XI) e 160 per il più lungo (Paradiso XXXII).

L’apparizione di Beatrice avviene al canto XXX del Purgatorio, numero che mescola

triade e decade. Pronuncia il suo nome alla metà del canto. Il canto XXX del Purgatorio è

preceduto da 63 canti ed è seguito da 36 canti : numeri simmetrici basati sul numero 3.

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Con tale struttura basata sulle cifre, Dante gareggia con l’atto creatore di Dio e con la

Bibbia che aveva santificato i numeri come fattore plastico della creazione. Dante moltiplica i

rapporti sottili e significativi, rapporti di numeri, di senso, di parole, di immagini, che spetta al

lettore rintracciare e capire. La Commedia è un’opera architettonica dalla struttura elaborata

che richiede la partecipazione attiva ed una certa cultura da parte del lettore perché possa

essere apprezzata e capita nel suo senso profondo.

I tre regni d’oltretomba.

L’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso hanno una precisa struttura geografica e

topografica. L’Inferno è una voragine che si apre in un punto indeterminato dell’emisfero

boreale e giunge al centro esatto della terra dove sta, conficcato nel ghiaccio, Lucifero mostro

gigantesco con sei ali e tre teste. La voragine infernale si aprì quando Lucifero cadde colà dal

cielo. La terra che si ritrasse al suo appressarsi formò nell’emisfero australe la montagna del

Purgatorio che sta agli antipodi di Gerusalemme.

L’Inferno

La voragine infernale ha la forma di un imbuto rovesciato che si inabissa fino al centro

della terra. È suddivisa in 9 cerchi digradanti in basso, ognuno dei quali accoglie un tipo

preciso di peccatori. Ripartiti in cerchi concentrici sempre più piccoli, i dannati sono

sottoposti a pene che presentano corrispondenze materiali o simboliche con il peccato punito.

Si tratta della cosiddetta legge del contrappasso.

Vi è dapprima una sorta di vestibolo dove sono castigati gli angeli neutri ed gli ignavi.

Appare poi la riva dell’Acheronte dove si radunano i dannati per essere condotti alla barca del

demonio nocchiero Caronte fino al luogo del giudizio (canto III)5. Vengono poi i 9 cerchi.

Il primo cerchio : Canto IV : All’ingresso dell’Inferno appare il Limbo dove Dante

incontra le anime dei bambini morti senza il battesimo e gli uomini virtuosi prima di Cristo, fuori della vera fede del cristianesimo. Non si tratta di un luogo di tormenti né di castighi ma

5 Nell’ambito del canto I, Dante si ritrova smarrito in una selva oscura, « selvaggia », « aspra » e « forte » e giunge ai piedi di un colle illuminato dal sole (si tratta della montagna del Purgatorio). Tre fiere : una lonza, un leone ed una lupa (allegorie delle tre zone dell’Inferno : incontinenza, violenza e frode) gli impediscono il cammino e lo respingono verso la selva. Appare Virgilio che l’invita a compiere l’itinerario spirituale della salvezza attraverso i tre regni d’oltretomba. Nell’ambito del canto II, Dante espone a Virgilio i suoi dubbi, non si sente in grado di intraprendere tale viaggio escatologico. Virgilio gli rivela allora il mistero del suo viaggio voluto dall’Alto e l’intervento a suo pro delle tre donne benedette : la Vergine, santa Lucia e Beatrice. Dante, moralmente confortato, riprende il cammino guidato da Virgilio.

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di sospiri. Vede poi un nobile castello dove vivono i grandi dell’Antichità : i poeti, gli eroi, i filosofi.

Il secondo cerchio : Canto V : Dante giunge davanti a Minosse che giudica le anime. Il secondo cerchio alberga i lussuriosi agitati da una perpetua bufera (tempesta). Dante incontra Francesca da Rimini e Paolo Malatesta. Il terzo cerchio : Canto VI : Dante incontra i golosi che giacciono sotto una pioggia

mista di grandine e di neve. Sono dilaniati dal demonio Cerbero. Dante incontra il fiorentino Ciacco che gli predice il trionfo dei Neri e la caduta dei Bianchi. Il quarto cerchio : Canto VII : Di questo cerchio è custode Pluto. Sono puniti

insieme, in due schiere tra loro cozzanti : gli avari e i prodighi.

Il quinto cerchio : Canti VII-VIII : Il quinto cerchio è bagnato da un ruscello che forma la palude dello Stige (du Styx) nella quale sono immersi e fitti gli iracondi e gli accidiosi. Dante incontra Filippo Argenti (canto VIII) e giunge alle porte della città di Dite dove incontra l’opposizione dei demoni.

Eccetto il primo cerchio che accoglie i pagani e nel quale un nobile castello è occupato

dai grandi eroi classici dell’azione, dell’arte e del pensiero, questi primi cerchi puniscono il

peccato d’incontinenza cioè dell’amore soverchio ed esclusivo ai beni terreni. Questi primi

quattro cerchi corrispondono alla prima zona dell’Inferno detto Alto Inferno, zona nella quale

vengono puniti i peccati d’incontinenza anche detti d’intemperanza che sono associati

all’immagine delle intemperie. Il peccato di gola viene punito dalla pioggia e dalla grandine,

il peccato di lussuria dalla tempesta. Questi cerchi vanno dal canto III ai canti VII-VIII.

Segue poi la città di Dite dalle mura infocate sulla cui soglia le Furie tentano di

impedire il cammino di Dante ma vengono disperse da un messo celeste. All’interno della

città di Dite sono compresi i cerchi della seconda zona dell’Inferno dantesco : quello degli

eretici, e poi quello dei violenti diviso in tre gironi : i violenti contro il prossimo : cioè gli

assassini ; i violenti contro se stessi : i suicidi ; i violenti contro Natura e Dio : i

bestemmiatori, i sodomiti e gli usurai.

Il sesto cerchio : Canto IX-X-XI : Sulle mura della città di Dite appaiono tre Furie.

Interviene un messo celeste che percuote ed apre la porta e i poeti entrano in Dite. Nel sesto cerchio all’interno della città vedono giacere, dentro a sepolcri infocati, gli eretici. Incontrano gli epicurei (canto X), Farinata degli Uberti e Cavalcante dei Cavalcanti, il padre di Guido Cavalcanti. Prima di scendere nel cerchio successivo, i poeti sostano presso la tomba di papa Anastasio e Virgilio descrive la topografia generale dell’Inferno.

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Il settimo cerchio, 1° girone : Canto XII : Il Minotauro custodisce questo cerchio che alberga i violenti. Va notato che tale cerchio è diviso in tre gironi, il primo dei quali rinchiude i violenti contro il prossimo, immersi nel fiume del Flegetonte, fiume di sangue bollente e sono sorvegliati dai Centauri. Il Centauro Nesso accompagna i poeti verso il secondo girone.

Il settimo cerchio, 2do girone : Canto XIII : I poeti entrano nell’orrida selva dove sono puniti i violenti contro se stessi: nella persona cioè i suicidi e nelle cose vale a dire gli scialacquatori. Tra i suicidi, Dante incontra Pier della Vigna e tra gli scialacquatori Lano da Siena e Giacomo da Sant’Andrea. Il settimo cerchio, 3° girone, 1a zona : Canto XIV : I poeti incontrano i violenti

contro Dio : i bestemmiatori, puniti nella landa sabbiosa ed infocata su cui piovono fiamme. Tra i peccatori Dante incontra Capaneo e Virgilio parla del Veglio di Creta e dell’origine dei fiumi infernali. Il settimo cerchio, 3° girone, 2da zona : Canto XV-XVI : Nella seconda zona, vi

sono i violenti contro natura : i sodomiti tra i quali Dante riconosce il maestro Brunetto Latini che gli parla di Firenze e gli predice l’esilio. Incontra poi (canto XVII) tre fiorentini : Guido Guerra, Tegghiaio Aldobrandi e Jacopo Rusticucci prima di scendere nell’ottavo cerchio che è separato dal settimo da una ripa scoscesa ove precipitano le acque del Flegetonte. Per discendere, Virgilio getta nell’abisso una corda simbolica ed appare Gerione, figura mostruosa, simbolo di frode.

Il settimo cerchio, 3° girone, 3a zona : Canto XVII : Dante si avvicina per vedere i violenti contre l’arte : gli usurai. I poeti scendono poi nell’ottavo cerchio detto Malebolge sul dorso di Gerione.

Dopo la zona infernale dedicata alla punizione dei peccati di violenza, giunge la terza

zona infernale nella quale viene punito il peccato di frode. Quest’ultima zona viene suddivisa

in due regioni a seconda che il tradimento è ordito contro chi non si fida oppure contro chi si

fida. Nel primo caso, i dannati sono albergati in Malebolge, pozzo diviso in 10 bolge che

accogliono i seduttori, gli adulatori, i simoniaci, gli indovini, i barattieri, gli ipocriti, i ladri, i

falsi consiglieri, i seminatori di discordia, i falsari, e nel secondo caso, i dannati occupano il

nono ed ultimo cerchio dell’Inferno dantesco detto Cocito diviso in quattro zone che

rinchiudono i traditori dei parenti, i traditori politici, i traditori degli ospiti e i tradittori dei

propri benefattori.

L’ottavo cerchio, 1° e 2da bolgia : Canto XVIII : Va ricordato che la terza zona dell’Inferno dantesco : Malebolge è suddivisa in dieci bolge concentriche in seno alle quali sono puniti i fraudolenti. Nella prima bolgia, i poeti incontrano i ruffiani : Venedico Caccianemico ed i seduttori : Giasone. Nella seconda, i lusingatori come Alessio Interminei e Taide.

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L’ottavo cerchio, 3° bolgia : Canto XIX : I poeti trovano i simoniaci confitti e capovolti entro buche. Parlano con papa Niccolò III ed ascoltano la profezia della dannazione di Bonifazio VIII e di Clemente V. L’ottavo cerchio, 4° bolgia : Canto XX : I poeti vedono gli indovini e i maghi con il

viso stravolto sulla schiena. L’ottavo cerchio, 5° bolgia : Canto XXI-XXII-XXIII : Compaiono i barattieri,

attuffati nella pece bollente sotto la guardia dei diavoli. Malacoda, il capo dei diavoli prova ad ingannare i poeti. I diavoli, nel canto XXII, arroncigliano Ciampolo Navarrese e con un inganno riesce a liberarsi dai diavoli che si azzuffano tra loro. I poeti (canto XXIII) vengono inseguiti dai diavoli ma Virgilio e Dante, prestamente si calano nella sesta bolgia. L’ottavo cerchio, 6° bolgia : Canto XXIII : Una lunga processione d’ipocriti,

coperti di cappe di piombo dorato si muovono con estrema lentezza. Tra questi vi sono due frati godenti : Catalano e Loderingo e, crocifissi a terra : Caifa e gli altri che decretarono la morte di Cristo. L’ottavo cerchio, 7° bolgia : Canto XXIV-XXV : Nella bolgia piena di serpi, corrono

i ladri tra i quali è Vanni Fucci. Assistono poi (canto XXV) alle trasformazioni da forma umana a quella serpentina e viceversa, di cinque fiorentini appartenenti alle famiglie più illustri. L’ottavo cerchio, 8° bolgia : Canto XXVI-XXVII : In questa bolgia sono arsi i

consiglieri frodolenti. I poeti incontrano Ulisse e Diomede e poi (canto XXVII) Guido da Montefeltro L’ottavo cerchio, 9° bolgia : Canto XXVIII -XXIX: I poeti vedono passare i

seminatori di discordia e gli scismatici mutilati dalla spada di un demonio. Tra costoro vi è Maometto, Pier da Medicina, Curione, Mosca Lamberti e Bertrando dal Bornio. Dante risconosce poi (canto XXIX) un suo parente: Geri del Bello. L’ottavo cerchio, 10° bolgia : Canto XXIX-XXX : I falsatori di metalli o alchimisti

sono puniti di lebbra o di scabbia. Vi trovano Griffolino d’Arezzo e Capocchio da Siena. Corrono anche nella decima bolgia (canto XXX), mordendo i compagni di pena, i falsificatori della propria persona: Gianni Scicchi e Mirra. I falsificatori di moneta sono gravati dalla idropisia come maestro Adamo; i bugiardi sono colpiti da febbre violenta come la moglie di Putifarre e il greco Sinone.

Il Cocito, nono cerchio, diviso in quattro regioni rinchiude i traditori delle persone che

si fidarono in loro. La prima zona chiamata Caina racchiude i traditori della famiglia e deriva

la sua denominazione dal Vecchio Testamento, da Caino ; oi la seconda zona detta Antenora

presenta i tradori della patria e deriva il suo nome dal troiano Antenora ; la terza suddivisione

detta Tolomea alberga i traditori degli ospiti facendo riferimento a Tolomeo della storia

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romana e l’ultima zona detta Giudecca raccoglie i traditori di Dio e di Gesù Cristo e prende il

suo nome da Giuda.

Il nono cerchio : Canto XXXI : I poeti si accostano al pozzo di Cocito intorno al quale, simili a torri, stanno i giganti : Nembrot, Fialte, Anteo. Dante e Virgilio sono deposti da Anteo nel fondo del pozzo dove stanno i traditori. Il nono cerchio, 1° e 2da zona : Canto XXXII-XXXIII : I traditori sono puniti

nella ghiaccia di Cocito. Nella prima zona, detta Caina, si trovano i traditori dei propri parenti : i conti di Mangona, Camicione dei Pazzi e nella seconda zona detta Antenora, vi stanno i traditori politici : Bocca degli Abati. Vede poi (canto XXXIII), due dannati in una stecca buca, l’uno con la bocca insanguinata sulla nuca dell’altro : l’arcivescovo Ruggieri e il conte Ugolino. Il nono cerchio, 3° zona : Canto XXXIII : La terza zona detta Tolomea alberga i

traditori degli ospiti come frate Alberigo e Branca d’Oria. Il nono cerchio, 4° zona : Canto XXXIV : I traditori dei propri benefattori sono nella

quarta zona detta Giudecca. Dante scorge Lucifero con Giuda, Bruto e Cassio pendenti dalle sue tre bocche. I poeti salgono lungo i fianchi di Lucifero, oltrepassano il centro della terra e della gravità e giungono all’emisfero antartico. Rivedono le stelle.

Nella suddivisione dei peccati Dante segue le fonti della sapienza classica e profana e

rimase fedele ad Aristotele. L’inferno viene così suddiviso in 3 grandi zone : l’incontenenza,

la violenza e la frode : la prima corrisponde ad un cattivo uso dell’amore naturale per il bene,

la seconda lo nega, e la terza alla negazione dell’amore unisce la corruzione dell’intelligenza.

L’ordinamento morale dell’Inferno riflette una progressiva degradazione.

Il Purgatorio

Giunti al fondo dell’Inferno, Dante e Virgilio discendono e poi risalgono lungo il

corpo di Lucifero e pervengono alla montagna del Purgatorio situata nell’emisferio australe

occupato per la parte restante dalle acque. Su quest’isola sorge la montagna del Purgatorio,

situata agli antipodi di Gerusalemme e del colle del Calvario dove Cristo morì per redimere

l’umanità. In cima alla montagna si trova il Paradiso Terrestre dove Adamo, per via del

peccato originale, trascinò nella sua caduta tutta l’umanità. La Montagna del Purgatorio

appare come il riflesso capovolto dell’abisso infernale. L’asso del mondo passa dunque dal

luogo del peccato originale, da Lucifero e dal luogo della Redenzione con la Croce. Come

l’Inferno, il Purgatorio è diviso in 3 grandi zone : l’Antipurgatorio, il Purgatorio e il Paradiso

Terrestre. Dopo il regno di tenebre ritorna il sole, le stelle, la dimensione temporale e

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geografica. L’ascesa della montagna è difficile ma più si sale, più diventa agevole la salita

perché il peso del peccato diminuisce.

La montagna del Purgatorio ha la forma di un cono la cui cima è piatta ed è suddivisa

in 7 gradini : luogo di espiazione dei peccatori secondo i 7 vizi capitali : superbia, ira, accidia,

avarizia, gola, lussuria. I primi tre balzi espiano la superbia, l’invidia e l’ira cioè una cattiva

scelta dell’amore rivolto al male. Il quarto balzo corregge l’accidia cioè una deficienza di

amore e gli ultimi tre balzi purificano l’avarizia, la gola e la lussuria cioè un amore eccessivo

verso i beni terreni. A differenza dell’Inferno nel quale Dante ricorre ad una morale profana,

nel Purgatorio, il poeta adopera la morale cristiana.

Il Purgatorio, come l’Inferno è provvisto di un vestibolo o Antipurgatorio dove

albergano quelli che furono lenti nel convertire a Dio la loro vita. Poi viene l’ingresso vero e

proprio del Purgatorio dove un Angelo incide 7 P sulla fronte del poeta. Dante compie un

cammino di pena e di espiazione e giunge al Paradiso Terrestre custodito da Matelda, simbolo

della condizione primitiva dell’anima umana. Qui, ritrova Beatrice e lo lascia Virgilio dopo

aver proclamato la liberazaione dell’intelletto e della volontà del discepolo. Davanti a

Beatrice, Dante confessa di non aver saputo custodire in sé l’immagine di lei. Diventa

spettatore di tutto un seguito di rappresentazioni allegoriche che manifestano il passato, il

presente ed il futuro del mondo, di tutta la storia del mondo incentrata sui rapporti tra Chiesa

ed Impero. Il poeta viene immerso da Matelda nel fiume Letè che gli dà l’obblio totale dei

peccati e poi nell’Eunoè che gli ridona attuale la memoria del bene. Diviene così « puro e

disposto a salire a le stelle » e ascende al Paradiso.

Il Paradiso

Dante, guidato da Beatrice ascende per i 9 cieli che circondano la terra e fanno piovere

su di essa influssi che garantiscono la conservazione e lo sviluppo costante della vita. Il loro

movimento è garantito dalle nove gerarchie angeliche. L’Alighieri rappresenta il Paradiso

secondo le teorie di Tolomeo e di Aristotele. La terra è immobile, al centro dell’universo e

circondata da una sfera di fuoco dalla quale piove il fulmine. Oltre, si trovano i 7 cieli che

corrispondono ai 7 pianeta : Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. L’ottavo

cielo : cielo delle stelle fisse è animato dal solo moto diurno. Il nono cielo : cielo cristallino o

Pimo Mobile imprime a tutti gli altri cieli il loro movimento.

Nel cielo della Luna si presentano le anime che non portarono a compimento i loro voti perché furono vittime della violenza altrui.

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Nel cielo di Mercurio le anime che operarono seguitando onore e fama prima di volgersi all’amore divino. Nel cielo di Venere : le anime che prima di volgersi all’amore divino, si lasciarono

vincere dall’amore terreno. Il cielo del Sole presenta gli spiriti che amarono la Sapienza.

Gli altri tre cieli appaiono come una ripresa e uno sviluppo più alto dei primi.

Nel cielo di Marte si presentano i martiri della fede, quelli che unirono al voto la fermezza nel perseguirlo fino all’olocausto cioè fino al sacrificio della propria vita. Nel cielo di Giove si presentano coloro che operarono per la giustizia nel mondo.

In quello di Saturno gli asceti che si dedicarono alla contemplazione, al puro amore

divino. Nel cielo delle stelle fisse Dante assiste al trionfo di Cristo e di Maria.

Nel Primo Mobile o nono cielo, il peregrino ha una prima visione del rapporto fra Dio e

gli Angeli. Giunto finalmente nell’Empireo che si perde nell’infinità di Dio, vede tutti i Beati in

forma umana seduti in un grande anfiteatro che prende la forma di una « candida rosa »

immersi nella contemplazione estatica. Beatrice lascia Dante e viene sostituita da san

Bernardo che, dopo una preghiera per ottenere l’intercessione della Madonna, rivolge Dante

alla contemplazione dei più alti misteri : quello della creazione o dell’unità del mondo in Dio,

quello della Trinità, quello dell’Incarnazione. L’ultimo approdo è un conoscere che diventa un

partecipare : un essere in Dio.

A questi tre regni corrispondo tre categorie di anime :

I dannati nell’Inferno che espiano per l’eternità i loro peccati. I penitenti sulla montagna

del Purgatorio : anime che si sono pentite prima di morire e saranno salvate ed accolte nella

beatitudine del Paradiso dopo il loro periodo di penitenza. I beati : nel Paradiso che

trionfano nella beatitudine e contemplano Dio. Dopo il Giudizio Universale, le anime

riprenderanno il proprio corpo e vivranno in eterno secondo il loro statuto.

La Divina Commedia viene considerata come la somma della cultura e delle

conoscenze del Medievo. Si tratta di opera ricca di riferimenti che fa appello alla cultura del

lettore ma anche alla sua attenzione e che richiede la sua attiva partecipazione. Infatti, Dante

si rivolge a lettori che hanno un intelletto sottile e vivace perché siano in grado di cogliere i

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diversi legami che istituisce nel suo poema creando una vasta tela di echi e di riprese

significanti di situazioni storiche, di personaggi, di eventi, di parole alle quali consegna il

senso profondo della sua opera.

II.4.2 - Il De Vulgari Eloquentia Come il Convivio, questo trattato è rimasto incompiuto. L’opera doveva comprendere

quattro libri, ma Dante scrisse solo il primo e parte del secondo libro. Sarà stato composto tra

il 1303-1304 e il 1305. Il titolo De Vulgari Eloquentia indica per antonomasia l’argomento

dell’opera.

Sul modello delle retoriche medievali come la famosa Rhetorica ad Herennium o

anche la Rhetorica novissima di Boncompagno o ancora la Rettorica di Brunetto Latini, e sul

modello delle Arti poetiche e delle Arti dictandi, Dante compose un trattato di linguistica, di

retorica, di poesia, di storia letteraria e di critica letteraria nello scopo di offrire una retorica,

cioè un trattato sull’arte dello scrivere agli scrittori in lingua volgare. Difende la tesi della

legittimità del volgare in letteratura. Tale impresa, per l’epoca, risulta straordinaria ed audace

perché esprimendosi in latino, si rivolge ad un pubblico dotto al quale presenta la tesi della

legittimità del volgare nelle opere letterarie. È dunque manifesto che l’Alighieri venne

considerato a ragione come il padre della lingua italiana perchè fu proprio lui che, nel De

Vugari eloquentia, affermò la dignità del volgare sul piano teorico e che ne proverà poi

concretamente l’eccellenza nella sua poesia e soprattutto nella Commedia.

Dante ha fondato la sua teoria linguistica sulla distinzione tra il volgare (lingua

materna parlata) e la grammatica (il latino) lingua morta, fissa, immutabile. Dante mostra poi

che il problema per un autore che ha deciso di scrivere in volgare risiede nel fato di alzare la

sua parlata al livello di purezza, di precisione, di chiarezza e di eleganza della grammatica.

Questo « volgare illustre » può essere soltanto una lingua dotta, nata da un lavoro di lima

effettuato da diversi autori ed intellettuali d’Italia. Finalmente, Dante non seguirà tale

prospettiva teorica poiché la Commedia è scritta in fiorentino depurato nella sua sintassi e nel

suo lessico.

Il De vulgari segna anche l’affermazione della poesia stilnovista.

Nel primo libro, Dante espone la teoria del volgare illustre. Comincia la trattazione

distinguendo fra la lingua volgare : il linguaggio « che apprendiamo senza norma, imitando la

nutrice » e la grammatica : il linguaggio letterario che ai suoi tempi era il latino fissato dai

dotti che si apprende con lo studio ed è governato dall’arte. Dei due, l’Alighieri ritiene il

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volgare, più nobile perché più naturale. Inoltre, dopo aver passato in rassegna i dialetti

italiani, conclude che nessuno è degno di essere assunto a lingua letteraria nazionale. Il

« volgare illustre » dev’essere un linguaggio atto ad esprimere l’italianità tipica della nazione,

una lingua unitaria che s’imponga sul perenne variare dei dialetti nelle più alte espressioni

della cultura e dell’arte. Tale lingua è già sorta, per opera dei poeti colti e raffinati di Sicilia e

di Toscana fino agli Stilnovisti e a Dante : è la lingua d’arte più nobile.

Nel secondo libro, Dante afferma che il volgare illustre deve essere usato per gli

argomenti più nobili.

Il De Vulgari eloquentia è la prima matura espressione della poetica di Dante. Mostra

di essere pienamente consapevole della funzione degli scrittori nella formazione di una lingua

nazionale. Proclama vigorosamente l’unità della nazione italiana.

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