capitolo iii la valutazione delle politiche di sviluppo...

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale Capitolo III La valutazione delle politiche di sviluppo locale 3.1. Il processo di valutazione delle attività territoriali: un inquadramento concettuale I descritti strumenti per l’implementazione della pianificazione territoriale, utilizzando un approccio di tipo integrato, configurano una serie di opportunità utili nell’affrontare le problematiche collegate alle politiche di sviluppo locale. Non meno importanti risultano gli approfondimenti legati ai processi informativi che, necessariamente, debbono accompagnare la realizzazione delle attività previste. A tale riguardo, sembra opportuno anticipare come appaia limitata (sia a livello legislativo, sia nella prassi operativa, sia, anche, nella letteratura economico-aziendale) l’attenzione riservata alle operazioni di valutazione dei risultati e degli impatti generati dalle attività territoriali. Infatti, tratto comune degli attuali strumenti attuativi è quello di essere caratterizzati da una approfondita valutazione di tipo ex-ante (orientata ad accertare la sussistenza dei requisiti formali e sostanziali previsti dalle norme e dai regolamenti al fine della concessione dei finanziamenti) e da una diffusa carenza nella individuazione di significativi processi di valutazione in itinere ed ex-post in grado di descrivere adeguatamente gli output e gli outcome delle operazioni poste in essere dagli attori locali i quali, organizzati nella forma della “rete”, si propongono comuni obiettivi di crescita sostenibile del territorio. Tale circostanza non può essere ancora a lungo trascurata dalle istituzioni e, in particolare, dai soggetti responsabili delle azioni di sviluppo locale (siano essi pubblici o privati) che –

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

Capitolo III

La valutazione delle politiche di sviluppo locale

3.1. Il processo di valutazione delle attività territoriali: un inquadramento concettuale

I descritti strumenti per l’implementazione della pianificazione territoriale, utilizzando un approccio di tipo integrato, configurano una serie di opportunità utili nell’affrontare le problematiche collegate alle politiche di sviluppo locale.

Non meno importanti risultano gli approfondimenti legati ai processi informativi che, necessariamente, debbono accompagnare la realizzazione delle attività previste.

A tale riguardo, sembra opportuno anticipare come appaia limitata (sia a livello legislativo, sia nella prassi operativa, sia, anche, nella letteratura economico-aziendale) l’attenzione riservata alle operazioni di valutazione dei risultati e degli impatti generati dalle attività territoriali.

Infatti, tratto comune degli attuali strumenti attuativi è quello di essere caratterizzati da una approfondita valutazione di tipo ex-ante (orientata ad accertare la sussistenza dei requisiti formali e sostanziali previsti dalle norme e dai regolamenti al fine della concessione dei finanziamenti) e da una diffusa carenza nella individuazione di significativi processi di valutazione in itinere ed ex-post in grado di descrivere adeguatamente gli output e gli outcome delle operazioni poste in essere dagli attori locali i quali, organizzati nella forma della “rete”, si propongono comuni obiettivi di crescita sostenibile del territorio.

Tale circostanza non può essere ancora a lungo trascurata dalle istituzioni e, in particolare, dai soggetti responsabili delle azioni di sviluppo locale (siano essi pubblici o privati) che –

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Capitolo III

come per qualsiasi attività economica –, debbono poter raffrontare gli esiti delle azioni poste in essere con gli impegni assunti nella fase di predisposizione delle policy.1

Sulla base di tali presupposti, anche nel governo dello sviluppo locale risulta di fondamentale importanza far corrispondere ad una attenta pianificazione delle attività, una altrettanto accurata valutazione delle stesse: la qualità del processo di monitoraggio e verifica dei risultati raggiunti e degli impatti generati a livello di comunità, incide direttamente sulla capacità di rispondere alle esigenze conoscitive delle differenti organizzazioni coinvolte e della collettività interessata, ponendo le basi per la costruzione di un dialogo permanente in grado di garantire la piena attuazione del principio di “responsabilità sociale” che dovrebbe permeare ogni attività economica.

Nella prospettiva che si è delineata in questo lavoro, dunque, oggetto della valutazione non può essere una singola organizzazione ma una meta-organizzazione composta dall’insieme delle organizzazioni che qualificano un territorio e che intendono perseguire i propri obiettivi partecipando alla soddisfazione dei bisogni collettivi.2

Pertanto, focalizzando l’attenzione sugli aspetti legati alla misurazione dell’impatto delle attività svolte all’interno di un territorio, un network pubblico (costituito, cioè, anche da aziende pubbliche e avente finalità di interesse collettivo) 3 dovrebbe abbandonare la logica (diffusa tra le aziende non profit in generale e, nella Pubblica Amministrazione, in particolare) della rendicontazione come mero adempimento

1 F. BARBERA, Costruire il territorio. La lezione dei Patti Territoriali ,

Sociologia del Lavoro, n. 88, 2002, p. 48. 2 D. CERRATO - M. VESCI, Il cambiamento dell’azione pubblica a sostegno

dello sviluppo locale: la gestione strategica dei Patti Territoriali , Azienda pubblica, n. 4, 2004, p. 620.

3 Per un approfondimento sui temi legati alle differenze ed alle similitudini tra network pubblici e privati si veda E.H. KLIJN, Networks and governance: a perspective on public policy and public administration, in A. SALMINEN , Governing networks, EGPA Yearbook, IOS Press, Amsterdam, 2003, p. 31.

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burocratico finalizzato alla verifica della possibilità/capacità di utilizzazione delle risorse finanziarie a disposizione per perseguire, più significativamente, l’obiettivo di conoscere, descrivere, misurare e valutare gli effetti delle iniziative intraprese al fine del conseguimento di risultati collegati allo sviluppo locale ed ai correlati livelli di welfare. 4

Nel delineato processo di valutazione/rendicontazione, devono entrare a pieno titolo – ed in diretta relazione con il ruolo svolto all’interno del network – tutti gli attori locali che, attraverso la propria attività – svolta con modalità differenti –, contribuiscono allo sviluppo delle attività collaborative finalizzate ad obiettivi comuni.5

Si renderà necessaria, così, la graduale attivazione di omogenei strumenti informativi utili a rappresentare e condividere le problematiche correlate agli impatti delle politiche pubbliche.6

Per quanto detto, la ricerca di una corretta metodologia informativa renderà possibile la messa a sistema dei dati provenienti dai differenti attori locali, agevolando il percorso verso la realizzazione di un vera e propria rendicontazione territoriale.7

4 Tuttavia, con una ulteriore annotazione si vuole sottolineare la

circostanza in base alla quale necessaria appare la “approvazione politica formale” del network ma deleteria – per la sopravvivenza stessa della rete – appare la “approvazione politica sostanziale”. Occorre, cioè, riuscire a svincolare la vita del network dalla vita – per sua natura temporanea – degli organi politici in carica che, tuttavia, debbono sostenerlo nella fase di avvio. In altri termini, è importante il “nulla osta” politico per intraprendere azioni territoriali di sistema ma lo è altrettanto riuscire a non dipendere dalle scelte politiche che, a volte, sottostando a logiche contingenti, tralasciano o addirittura lasciano cadere iniziative di utilità generale. Infatti, nella nostra realtà nazionale, numerosi sono gli esempi di Osservatori e organismi similari che non hanno superato il periodo di una singola amministrazione o legislatura.

5 AA.VV., Governare con il territorio, Formez, Roma, 2007, p. 281. 6 F. PEZZANI (a cura di), L’accountability delle amministrazioni pubbliche,

EGEA, Milano, 2003, p. 10. 7 F. PERARO - G. VECCHIATO, Responsabilità sociale del territorio, Franco

Angeli, Milano, 2007, p. 83.

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Capitolo III

A tali fini, la dimensione più interessante della valutazione delle politiche territoriali, appare essere quella di strumento di democrazia diffusa, capace di costruire ed alimentare relazioni con il fine di incrementare la dotazione degli asset (tangibili e intangibili) di un territorio.8

Non appaia superfluo, altresì, evidenziare come la rendicontazione territoriale tenda a configurarsi più utilmente in un percorso di tipo volontaristico: si rende “conto” responsabilmente, circa lo sviluppo sostenibile di una comunità, se si accetta di confrontarsi costantemente con gli altri attori locali, in merito ai risultati ed ai miglioramenti realizzabili nell’ottica di un benessere diffuso.9

Con ciò, non si vuole affermare che una legge su tali tematiche non sia auspicabile ma, tuttavia, si ritiene che – con l’auspicio di non dover assistere alla ennesima norma inapplicata – una regolamentazione opportuna sarà quella che vorrà seguire il fatto economico senza anticipare – compromettendone, forse, l’efficacia – la sua concreta manifestazione.10

Lo scopo di una simile prospettiva è di seguire un orientamento che privilegi la comunità locale ponendola nelle condizioni di sviluppare le sue potenzialità al fine di accrescere la competitività sostenibile del suo territorio e, attraverso questa, migliorare le performance ed i risultati dei singoli attori.11

8 M. MCGUIRE, Collaborative Public Management: assessing what we

know and how we know it, Public Administration Review, Volume 66 (1), Dicembre 2006, p. 40.

9 R. AGRANOFF - M. MCGUIRE, Collaborative Public Management: new strategies for local governments, Georgetown University Press, Washington D.C., 2003, p. 2.

10 G. DI PLINIO , Diritto pubblico dell’economia, Giuffrè, Milano, 1998, p. 3.

11 Si veda al riguardo l’esperienza australiana del Triple Bottom Line Report - www.environment.gov.au

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

3.1.1. Elementi di complessità

La valutazione è – come si diceva – spesso percepita come un adempimento e non come una reale opportunità di miglioramento in grado di innescare un circolo virtuoso tendente ad innalzare il livello di sviluppo di un territorio.12

Pertanto, sarebbero auspicabili interventi più incisivi – sia di natura operativa che, poi, normativa –, capaci di sollecitare le organizzazioni territoriali ad utilizzare in maniera convinta l’approccio collaborativo per il governo locale e, in particolare, a riservare la necessaria attenzione alla fase della verifica dei risultati raggiunti e degli impatti generati a livello di comunità.13

Oltre a tali circostanze di fondo, la valutazione delle politiche per lo sviluppo locale porta con sé una serie di ulteriori caratteri di complessità operativa che rischiano di comprometterne l’efficacia e quindi l’utilità.

Tali elementi, possono essere distinti in generali e specifici. Gli aspetti critici di ordine generale che meritano di essere

evidenziati sono i seguenti: - elevato numero dei soggetti partecipanti alla concertazione; - diversificazione degli interessi in gioco; - allungamento dei tempi per l’attivazione delle strutture di

concertazione; - rischio di confusione tra i differenti livelli di azione; - rallentamenti nei tempi dei processi decisionali; - ritardi nel conseguimento dei risultati e degli impatti attesi; - riduzione della capacità di fare sintesi e di effettuare scelte

adeguate; - individuazione del soggetto responsabile dell’intero

processo di valutazione.

12 Talvolta, considerati i risultati di difficile misurabilità, gli stessi vengono fatti coincidere con la mera pubblicizzazione delle capacità di “drenaggio” di fondi da parte degli amministratori locali.

13 K. IKEDA - E. RICHEY, Japanese network capital: the impact of social networks on Japanise political partecipation, Political Behavior, Volume 27 (3), Settembre 2005, p. 241.

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Capitolo III

Si nota che, allorquando si decida di perseguire politiche di sviluppo territoriale, i fattori appena elencati coincidono con problematiche potenzialmente comuni alle differenti realtà locali. In altri termini, le generali criticità del processo di valutazione sono riscontrabili anche in territori tra loro dissimili e/o distanti, le cui comunità presentano distinte peculiarità.

Differente si presenta l’analisi degli aspetti critici di natura specifica che, dunque, sono riferibili ad un certo territorio ed alla particolare comunità che lo qualifica. A tale riguardo, avendo a riferimento il processo logico del governo locale – così come lo abbiamo individuato sin dal primo capitolo di questo lavoro – la fase relativa alla valutazione delle attività territoriali, può essere utilmente distinta in tre dimensioni tra loro correlate e che presentano elementi di complessità di tipo specifico che vanno ad aggiungersi alle già citate criticità di ordine generale.

In particolare, le aree di interesse specifico a cui una rendicontazione territoriale dovrebbe dare risalto sono le seguenti: a) incremento di valore pubblico; b) consolidamento della capacità di autoregolazione del

territorio; c) soddisfazione della comunità locale.

a) L’incremento del valore pubblico può essere utilmente

misurato attraverso la variazione degli asset territoriali e, in particolare, verificando gli impatti reali generati dalle politiche di sviluppo in termini di benefici tangibili (es. costruzione di un depuratore in una zona ben individuata, incremento del numero dei lavoratori di un particolare settore economico) ed intangibili (es. diffusione delle conoscenze manageriali tra i soggetti che compongono uno specifico network, sviluppo e salvaguardia di una precisa identità locale).14

14 D. CAVENAGO, La costruzione di un piano strategico per la città,

Azienda Pubblica, vol. 2, 2004, p. 180.

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

b) Rafforzare la capacità di autoregolazione del territorio evidenzia la opportunità di rilevare tutte le informazioni necessarie a valutare “se” e “quanto” le differenti organizzazioni locali siano entrate in correlazione in maniera continuativa e “vantaggiosa”. Un simile riferimento può risultare di utilità (in termini di tempo e risorse risparmiate) nel momento in cui si debbono prendere decisioni a vantaggio dell’intera collettività.15

c) La soddisfazione della comunità, infine, non appare come una dimensione facilmente interpretabile, tuttavia alcuni indicatori socio-economici potrebbero contribuire a chiarire questo ulteriore parametro di natura qualitativa collegato ai particolari caratteri che identificano la popolazione che insiste su un territorio.16

Sulla base della descritta complessità, nel paragrafo seguente si descrivono le norme che regolano i processi di valutazione che – a tutt’oggi – vengono usualmente adottate per verificare ex-post le risultanze delle politiche di sviluppo locale perseguite attraverso l’utilizzo dei già esposti strumenti attuativi.

3.2. La valutazione degli strumenti attuativi delle politiche di sviluppo locale

Seguendo lo schema di analisi già adottato nel secondo capitolo di questo lavoro, l’esame delle modalità di rendicontazione collegate agli strumenti di implementazione delle politiche territoriali, viene innanzitutto riferito agli strumenti previsti dall’ordinamento nazionale.

15 Sul concetto di “governance interattiva” si veda AA.VV., Governance e

sviluppo territoriale, Formez, Roma, 2003, p. 88. 16 Le citate misure possono, tra le altre, essere collegate alle tematiche

specifiche della qualità della vita (indici relativi agli aspetti reddituali, alle attività sanitarie, assistenziali, ambientali, sociali, culturali, formative, educative, sportive, ecc.).

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Capitolo III

Si precisa che, per il loro carattere meno legato alle istanze delle comunità locali, si tralascia l’analisi degli aspetti legati alla valutazione delle Intese Istituzionali di Programma, dei Contratti d’Area, dei Contratti di Programma e dei PRUSST; tuttavia, al riguardo, è possibile osservare che gli elementi qualificanti di questi strumenti attuativi ricalcano sostanzialmente quelli che caratterizzano la fattispecie dei Patti Territoriali, rispetto ai quali – in ragione degli obiettivi di ricerca – si è scelto di svolgere un esame puntuale.

Focalizzando l’attenzione sugli strumenti previsti dalla Programmazione Negoziata e, in particolare, sui Patti Territoriali, occorre innanzitutto sottolineare che la Delibera CIPE n. 29 del 21 marzo 1997 (sulla Disciplina della Programmazione Negoziata) al punto 2.5, si limita genericamente ad indicare che il soggetto responsabile deve assicurare il monitoraggio e la verifica delle attività svolte, producendo una relazione semestrale da consegnare alla Regione ed al Ministero competente. La successiva Delibera CIPE n. 26 del 25 luglio 2003 (sulla Regionalizzazione dei Patti Territoriali), invece, definisce ulteriormente i c.d. “requisiti di efficienza” collegandoli essenzialmente alla capacità di spesa senza fare riferimento, però, a “come” le risorse vengano effettivamente erogate a vantaggio della comunità locale.17

A tale riguardo, se gli schemi per la rendicontazione della spesa, risultano puntuali e talvolta eccessivamente analitici, altrettanto non si può certo dire per quelli che descrivono i risultati e gli impatti delle attività svolte.18

17 Cfr. Delibera CIPE 26/2003, punto 2. 18 In altri termini, gli input sono analiticamente monitorati mentre gli

output – e soprattutto gli outcome – sono quasi completamente ignorati. Per cercare di arginare una simile criticità, iniziando a considerare nella giusta maniera gli aspetti collegati all’accountability del governo del territorio, uno studio (commissionato nel 2002 dalla Commissione Europea, dal Ministero delle Attività Produttive, da CGIL, CISL, UIL e Confindustria) si è proposto di valutare l’efficacia dei Patti Territoriali a livello nazionale. Il citato lavoro ha evidenziato una serie di elementi che possono essere sintetizzati nel “miglioramento del contesto locale” ed esplicitati, essenzialmente, in termini

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

Il modello di rendiconto che il Ministero delle Attività Produttive ha indicato ai Soggetti Responsabili dei Patti Territoriali (ed ai Responsabili Unici dei Contratti d’Area), attraverso la Circolare del 5 febbraio 2003, prevede, infatti, esclusivamente la rendicontazione delle spese effettuate.

Tale documento rinvia al DM 320/2000 del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica e, implicitamente al Disciplinare dell’aprile 2002 (concernente i compiti gestionali e le responsabilità dei Soggetti Responsabili dei Patti Territoriali e dei Responsabili Unici dei Contratti d’Area) predisposto dallo stesso Ministero. In particolare, al punto 2a del citato Disciplinare si definisce la rendicontazione come “il processo di consuntivazione delle spese effettivamente sostenute” specificando, tuttavia, che tale processo è finalizzato anche a dimostrare lo “stato di avanzamento fisico del progetto”.

Lo stesso punto 2a prosegue distinguendo la rendicontazione in esterna ed interna.

Con la prima, il soggetto responsabile locale presenta lo stato di attuazione del programma di investimento al Ministero; con la rendicontazione interna, invece, i soggetti beneficiari ed i soggetti attuatori presentano al soggetto responsabile locale lo stato di avanzamento finanziario e fisico dell’iniziativa.

Il documento precisa, altresì, che la rendicontazione interna, che costituisce un prerequisito fondamentale per garantire un efficace ed efficiente sistema di controllo e monitoraggio dell’intervento ed una tempestiva rendicontazione esterna, è disciplinata con atti assunti dal soggetto responsabile locale.19

di: qualità dei rapporti di fiducia tra le differenti organizzazioni coinvolte; condivisione della strategia per lo sviluppo; snellimento delle procedure amministrative; disponibilità di beni collettivi; miglioramento della situazione economica locale. Cfr. P. MAGNATTI - F. RAMELLA - C. TRIGILIA - G. V IESTI, Patti territoriali. Lezioni per lo sviluppo, Il Mulino, 2005.

19 Pur considerando questa circostanza come un primo tentativo di accountability, non si può non evidenziare come, in maniera poco decisa, sia stata portata all’attenzione dei soggetti coinvolti nella Programmazione Negoziata.

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Capitolo III

Da questa ricostruzione, appare evidente come l’ente erogatore – nel caso di specie il Ministero delle Attività Produttive – non sia interessato a conoscere gli impatti generati dalle risorse finanziarie “liberate” a livello locale, lasciando alla professionalità ed alla trasparenza degli attori locali ogni valutazione “di merito”.

Tale comportamento, se da un lato può essere interpretato positivamente in quanto potrebbe rappresentare una corretta modalità per la responsabilizzazione dei player coinvolti, dall’altro può risultare un modo per disinteressarsi delle problematiche legate all’efficacia dell’utilizzo dei denari pubblici per gli scopi legati ai molteplici e diversificati temi dello sviluppo locale.

Proseguendo l’analisi, per quanto concerne gli strumenti di matrice comunitaria, la situazione appare sostanzialmente la medesima.

In particolare, i regolamenti che definiscono le linee guida per la realizzazione dei c.d. “progetti europei”, prevedono sempre una indicazione puntuale circa le modalità di monitoraggio, verifica e controllo delle iniziative ma la preoccupazione principale resta quella relativa all’utilizzo delle risorse finanziarie messe a disposizione dall’UE.20

In altri termini, anche la Commissione Europea – sino ad oggi – sembra molto attenta agli aspetti legati al processo di spesa e meno ai riflessi che la stessa genera sui territori di riferimento.21

20 Cfr. Regolamento CE n. 1260/1999 (Titolo IV), Regolamento CE n.

1685/2000 (Norma n. 11), Regolamento CE n. 448/2004 (Norma n. 11 e Norma n. 12).

21 Una comunicazione della Commissione Europea sul Programma Leader, tuttavia, aveva evidenziato la necessità di potenziare la fase del controllo ex-post migliorando la qualità dei processi di valutazione a consuntivo e sensibilizzando i funzionari ed i responsabili delle valutazioni in merito a tale dimensione del control. AA.VV., Bollettino d’informazione del Programma LEADER II della Commissione Europea, Bruxelles, gennaio 2001, p. 2.

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

Nello specifico, la prima norma che ha introdotto in maniera strutturata il tema della rendicontazione delle attività collegate alle politiche integrate di sviluppo locale è rinvenibile nel Regolamento (CE) n. 1260 del 21 giugno 1999 recante Disposizioni Generali sui Fondi Strutturali 2000/2006. In particolare, nella parte introduttiva si considera che l’esecuzione decentrata (da parte degli Stati membri) delle azioni finanziate dai Fondi Strutturali, deve fornire garanzie quanto alle modalità ed alla qualità dell’esecuzione stessa, ai risultati ed alla loro valutazione, nonché alla sana gestione finanziaria ed al suo controllo.22

In base a tale prescrizione, appare chiaro come la fase della rendicontazione debba essere finalizzata a verificare gli output e gli outcome delle azioni poste in essere grazie al contributo dei Fondi Strutturali e non debba limitarsi ad accertare i criteri di ammissibilità delle spese previste nel budget di progetto e la giustificazione e certificazione delle stesse (fatture, ricevute, ecc.).23

Nel dettaglio, il Capo III (“Valutazione”) del Titolo IV (“Efficacia degli interventi dei fondi”) del Reg. (CE) 1260/1999, è composto da 4 articoli che disciplinano in maniera distinta, accanto alle disposizioni generali (art. 40), la valutazione ex-ante (riguardante l’analisi dei punti di forza e di debolezza dei progetti presentati), la valutazione intermedia (utile a monitorare i primi risultati degli interventi, la loro pertinenza ed il grado di conseguimento degli obiettivi) e la valutazione ex-post (finalizzata a rendere conto dell’impiego delle risorse, dell’efficacia, dell’efficienza degli interventi e del loro impatto).

Dunque, da quanto appena osservato, appare chiaro che, seppur in maniera non propriamente esaustiva, negli intenti del legislatore comunitario nel 1999, i riferimenti ad un opportuno processo di rendicontazione erano significativamente delineati.

22 Cfr. Regolamento CE n. 1260/1999 (35). 23 Cfr. Regolamento CE n. 1260/1999 (43).

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Capitolo III

Successivamente, però, con riferimento al Regolamento (CE) n. 1083 del 21 luglio 2006 recante Disposizioni Generali sui Fondi Strutturali 2007/2013 – che ha abrogato il Reg. (CE) 1260/1999 – al Capo I (“Valutazione”) del Titolo IV (“Efficacia”), si registra – dal punto di vista dell’approccio alle dinamiche della rendicontazione – un ridimensionamento del grado di approfondimento dei processi di monitoraggio e verifica dei risultati.

In particolare, non sono più presenti gli articoli riservati alle distinte fasi della valutazione delle politiche e, seppur gli obiettivi restino nella sostanza pressoché immutati, una simile modifica nella forma si presta ad interpretazioni non propriamente confortanti rispetto al ruolo che le valutazioni degli impatti delle politiche rivestono nelle priorità dei policy maker.24

A conferma di quanto sino ad ora affermato, si richiamano – a titolo di esempio significativo – le schede che compongono il c.d. kit di rendicontazione degli InterReg IVC che, come già descritto, rappresentano uno dei principali strumenti di attuazione delle politiche di sviluppo locale collegati ai Fondi Strutturali Europei 2007/2013.25

Come si è avuto modo di constatare e di approfondire, la moltitudine di schede – che compongono la modulistica prevista dalla Commissione Europea26 – utili alla rendicontazione delle attività, ben rappresentano la situazione descritta. Nel caso di

24 Si consideri, altresì, che il Reg. (CE) 1083/2000 prevede che le

valutazioni siano effettuate da esperti o organismi, interni o esterni, funzionalmente indipendenti dalla autorità di certificazione e di audit (ma non dall’autorità di gestione) mentre il Reg. (CE) 1260/1999 prevedeva che le valutazioni venissero eseguite da “valutatori indipendenti”.

25 Cfr. il manuale ed il relativo kit per la rendicontazione ed i controlli in relazione alla spesa dei Programmi di Cooperazione Territoriale Europea – InterReg IVC – www.interreg4c-italia.eu

26 Sulla base dell’art. 16 del regolamento CE 1080/2006 che recita: “verificare la fornitura dei beni e dei servizi cofinanziati, la veridicità delle spese dichiarate per le operazioni o le parti di operazioni realizzate sul proprio territorio nonché la conformità di tali spese e delle relative operazioni, o parti di operazioni, con le norme comunitarie e le sue norme nazionali”.

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

specie, infatti, i dati e le informazioni richieste sono prevalentemente di natura finanziaria (verifica delle voci di spesa sostenute) e poco spazio viene riservato alla efficacia (ma anche all’efficienza) delle attività realizzate.27

Dunque, anche per quanto concerne gli strumenti comunitari, il quadro presentato consente di affermare che la fase della rendicontazione è stata caratterizzata più che altro da un controllo dei flussi erogativi, senza considerare nella maniera adeguata i risultati prodotti e gli impatti generati a seguito dell’impiego dei Fondi Strutturali e delle politiche di sviluppo in generale.

Concludendo con l’analisi con gli strumenti di attuazione delle policy locali di matrice volontaria, nelle “Reti Locali” – per quanto già detto – gli aspetti legati alla valutazione (così come gli altri) non sono previsti da normative o regolamenti bensì sono gli stessi attori locali che hanno la facoltà di definire adeguate modalità di monitoraggio ed utili modelli di rendicontazione delle attività collaborative realizzate al fine di raggiungere gli obiettivi comuni individuati nella fase della pianificazione.28

Per tale ragione, in tale fattispecie è plausibile attendersi una maggiore attenzione alle problematiche relative alla necessaria descrizione e misurazione degli output prodotti e degli outcome generati dalle attività collaborative per lo sviluppo locale.

Quindi, verosimilmente, attraverso adeguati processi di valutazione delle policy locali, la descritta prospettiva volontaristica potrebbe configurare una utile modalità di governo del territorio in quanto gli attori locali dispongono della facoltà di sviluppare collaborazioni e modalità operative in

27 Si precisa che tale approccio alla fase della rendicontazione è

riscontrabile anche con riferimento agli altri strumenti attuativi, già descritti nel Capitolo 2.

28 Quanto più gli stakeholders partecipano alle fasi di pianificazione e programmazione delle politiche pubbliche, tanto più coerenti potranno essere i processi di rendicontazione sociale. Cfr. AA.VV., Rendere conto ai cittadini. Il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche, Edizioni Scientifiche Italiane, Cantieri, Roma, 2004, p. 177.

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Capitolo III

grado di assicurare durabilità alle loro organizzazioni e, nel contempo, garantire alla comunità più elevati livelli di welfare.

3.2.1. Limiti e lacune informative

Alla luce delle considerazioni svolte nel paragrafo

precedente, si può affermare che i modelli di valutazione che in questi anni sono stati impiegati per perseguire finalità di sviluppo locale, sono stati sempre incentrati sulla fase della pianificazione (e sulla successiva programmazione), senza tener nella dovuta considerazione l’importanza delle informazioni concomitanti e di quelle a consuntivo.

Con riferimento agli strumenti che caratterizzano l’implementazione delle policy territoriali, si deve nuovamente sottolineare come la normativa ed i regolamenti non siano puntuali nell’individuare forme particolari di verifica e valutazione delle azioni poste in essere. Come si è detto, infatti, le indicazioni riguardano essenzialmente la “accettabilità” delle spese sostenute nello svolgimento delle attività previste e, nella migliore delle ipotesi, la identificazione del grado di realizzazione fisica dei risultati prodotti.

Dunque, appare evidente che nel campo delle attività di monitoraggio e di valutazione, è ancora diffusa una inappropriata enfasi su norme e procedure e, nel contempo, una scarsa attenzione ai processi reali che vengono posti in essere.29

29 Oltre a tale limite originario, non possono non essere richiamate le

criticità di natura politica, tra le quali si cita la seguente: la lentezza delle procedure decisionali legate ad una concertazione che potremmo definire “indotta” (derivante, cioè, soprattutto nelle esperienze passate, da un processo di tipo top-down) ed il pericolo di pratiche lobbistiche tra i soggetti locali (con il solo scopo di attingere ai finanziamenti pubblici), hanno certamente ritardato la piena realizzazione degli obiettivi di sviluppo locale che si volevano concretamente perseguire con gli strumenti di attuazione della pianificazione del governo locale. Tuttavia, “questo scenario complesso non ha però impedito la realizzazione di iniziative di successo, anche in presenza di particolare condizioni di arretratezza economica: esistono, infatti, casi in sui si è realizzato localmente un effettivo processo di concertazione finalizzato a

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

Tale approccio è stato favorito da una sorta di “presunzione di efficacia”, definibile come la radicata tendenza a presumere che una certa azione pubblica serva allo scopo purché sia realizzata secondo le intenzioni e le disposizioni di chi l’ha concepita (il che porta, al più, a preoccuparsi della sua implementazione da parte delle amministrazioni pubbliche, essenzialmente in termini di rispetto delle regole).30

Secondo questo modo di concepire le politiche, una volta eliminata ogni discrepanza tra progetto e realizzazione, l’intervento sarà inevitabilmente e pienamente efficace.

Tratto comune delle attuali attività di rendicontazione, dunque, è la rilevanza assoluta del principio di “ammissibilità e regolare certificazione della spesa”. In base a tale precetto, possono essere rendicontate (e, quindi, meritevoli del legittimo finanziamento) solamente le spese che rispondono ad una serie di requisiti formali che qualificano il carattere dell’ammissibilità e che trovano una corretta giustificazione all’interno delle azioni previste dall’intervento.

Infatti, come già osservato, nelle citate delibere CIPE ed anche nei regolamenti degli strumenti di diretta derivazione comunitaria, gli aspetti legati alla rendicontazione e valutazione dei risultati (intermedi e finali) che un network – per mezzo delle organizzazioni che lo compongono – raggiunge a seguito delle attività collaborative viene solamente accennato e, comunque, riveste natura residuale rispetto alle più rilevanti valutazioni di natura ex-ante.

Un simile approccio alle metodologie di verifica delle iniziative finalizzate allo sviluppo locale porta con sé una ulteriore problematica che risiede nella diffusa sottovalutazione dell’importanza dei flussi informativi (in particolare, quelli collegati al monitoraggio ed alla valutazione) utili a descrivere definire obiettivi e percorsi per lo sviluppo del territorio”. P. MAGNATTI - F. RAMELLA - C. TRIGILIA - G. V IESTI, op. cit. p. 42.

30 Una versione estrema di questa visione è assimilabile alla nozione giuridica di efficacia di una legge allorquando, questa, viene fatta coincidere con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, come se la legge agisse ex opere operato.

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Capitolo III

le attività svolte dai soggetti coinvolti negli “accordi” di natura territoriale.31

Come appare evidente, quindi, un “processo di rendicontazione” come quello sin qui descritto è ben lontano dal poter essere considerato completo o, quantomeno, esaustivo.

3.2.2. L’evoluzione dei processi di valutazione delle politiche territoriali

Le circostanze richiamate sin ad ora si spiegano, anche, con

la naturale propensione delle amministrazioni pubbliche a porre maggior attenzione alla pianificazione delle attività (ed alla conseguente valutazione ex-ante), ritenendo poco significative (oltre che potenzialmente “scomode”) le successive fasi di verifica e valutazione (in itinere ed ex-post) delle politiche.32

In altri termini, i processi di accountability che ormai – almeno in linea teorica – hanno arricchito il patrimonio conoscitivo dell’amministrazione pubblica italiana e comunitaria, appaiono ben definiti nella parte relativa alle previsioni ma assolutamente carenti nella parte relativa alla rendicontazione delle attività in termini di risultati e, più in generale, di valutazione degli effetti a vantaggio della comunità; risulta chiaro, cioè, come sia ancora inadeguata l’attenzione nel considerare (e nel regolamentare) gli aspetti legati alla misurazione delle performance, degli output prodotti e degli outcome generati dalle politiche pubbliche territoriali.33

31 M. MENEGUZZO, Managerialità, innovazione e governance. La pubblica

amministrazione verso il 2000, Aracne, Roma, 1999, p. 282. 32 La rendicontazione responsabile, probabilmente, rappresenta per la

nostra Pubblica Amministrazione l’unica via possibile per recuperare il rapporto con la collettività amministrata che oggi appare, quantomeno, di difficile interpretazione. “…l’amministrare è un compito prima di tutto fiduciario basato su un contratto vincolante in termini economico-finanziari ed in termini morali”. F. PEZZANI, op. cit., p. 9.

33 “Measuring management in networks is difficult because the allocation of managerial resources in network structure is fluid, that is, the utilization of management behaviours varies across time and space within a given program or project”. M. MCGUIRE, Managing networks: proposition on what managers

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A tale riguardo, non sembri superfluo sottolineare che allorquando si costituisca, a supporto dello sviluppo locale, un network territoriale composto anche da aziende della Pubblica Amministrazione, si presenta ancor più forte (considerate le finalità istituzionali di tali realtà aziendali) l’esigenza di dare conto alla comunità in merito agli obiettivi raggiunti, agli impatti generati ed alle risorse consumate.34

Pertanto, rintracciare un collegamento tra il governing by network e l’accountability appare necessario se l’intento è quello di governare il territorio in maniera da garantirne lo sviluppo, cercando di tendere, nel contempo, sia ad obiettivi economici che ad obiettivi di carattere sociale e di salvaguardia ambientale.35

Al riguardo, è interessante rilevare che in letteratura è stata accertata una relazione diretta tra la significativa utilità di un network territoriale e la misurabilità delle sue attività, in termini di performance realizzate ed outcomes originati.

Figura 4.: L’accountability nel networking (da un adattamento di Feiock R.C.36)

do and why they do it, Public Administration Review, Volume 62 (5), Ottobre 2002, p. 600.

34 S. GOLDSMITH - W.D. EGGERS, Governing by network: the new shape of the Public Sector, Donnelley, Harrisonburg, Virginia, 2004, p. 135.

35 “Growth and development cannot always be measured by traditional economic indicators”. Si veda al riguardo l’esperienza americana del Community Development Capacity Index: www.communitydevelopment.uiuc.edu/surveys/index.html.

36 “The likelihood of the emergence of cooperative intergovernmental agreements and their durability are negatively related to the difficulty in

Problemi nella misurazione di performance e outcomes

Efficacia del

network territoriale

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Capitolo III

La relazione descritta dimostra in termini del tutto evidenti che allorquando non si riesca a rendicontare in maniera apprezzabile l’operato di una rete territoriale, il network non risulta di beneficio per la comunità che lo ha sostenuto.

In altre parole, dopo la costituzione di un community based network per il governo di un territorio occorre interessarsi che diventi effettivo l’obiettivo di arrivare a valutare le diverse attività che la rete pone in essere, perseguendo – a tale scopo – una serie di finalità essenziali:37 - stimolare la partecipazione; - individuare scelte alternative per una differente allocazione

delle risorse; - definire azioni di miglioramento sulla base dei risultati

raggiunti; - sostenere continui processi di apprendimento; - dare conto alla comunità.

Una simile impostazione contribuisce a chiarire – semmai ve

ne fosse ancora bisogno – che un network presenta le tipiche caratteristiche di una meta-organizzazione che non può prescindere – oltre che da opportuni strumenti di management e da appropriate capacità organizzative – da un adeguato sistema di accountability in grado di assicurare un significativo grado di trasparenza relativo alle scelte effettuate, alle risorse utilizzate e

measuring and monitoring service outcomes”. R.C. FEIOCK, Rational choice and regional governance, Journal of Urban Affairs, vol. 29 (1), 2007, p. 54.

37 Osservare i processi e misurare i risultati delle attività di gestione collaborativa diviene una attività utile per definire l’impegno congiunto delle organizzazioni che rappresentano gli interessi di una comunità. Cfr. M.P.

MANDELL - R.L. KEAST, Evaluating network arrangements: towards revised performance measures, Public Performance & Management Review, (30), 2007, p. 574.

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ad una puntuale descrizione dei risultati ottenuti (sia in termini di output che di outcome).38

A tale riguardo, ancora poco considerati appaiono gli aspetti legati al processo di rendicontazione delle attività di un community based network in riferimento ad uno o più obiettivi individuati quali strategici per lo sviluppo locale.39

In tali analisi non sembra possibile far ricorso ai tradizionali strumenti di misurazione che sono propri delle imprese od anche a quelli tipici delle aziende pubbliche.40

In altri termini, i risultati conseguiti dai network territoriali – costituiti da soggetti pubblici ma anche da soggetti privati aventi finalità lucrative – non sembra possano essere “misurati” attraverso gli strumenti che sono propri della rendicontazione economico-sociale e che sono rintracciabili nella consolidata prassi operativa.41

38 K.G. PROVAN - H.B. MILWARD , Do networks really work? A framework

for evaluating public sector organizational networks, Public Administration Review, Volume 61 (4), Luglio 2001, p. 422.

39 A. PALETTA - M. TIEGHI (a cura di), Il bilancio sociale su base territoriale, ISEDI, Torino, 2007, p. 37.

40 I. LAPSLEY, The NPM Agenda: back to the future, Financial Accountability & Management, Vol. 24 (1), February 2008, p. 84.

41 A tal proposito è interessante rilevare che già Elio Borgonovi – riferendosi, nello specifico, alle aziende pubbliche territoriali – fece notare come ogni tipologia aziendale necessita di strumenti informativi propri, in grado di rappresentare in maniera adeguata le attività realizzate allo scopo di perseguire gli obiettivi legati alla sua stessa istituzione. In particolare, “in relazione alla complessità delle aziende di erogazione pubbliche, alla molteplicità delle variabili da controllare ed allo scopo ultimo della loro istituzione (soddisfare i bisogni della collettività amministrata), amministratori illuminati risultano essere non coloro che puntano all’ottimo e/o che pensano di traslare tout court gli strumenti gestionali e di controllo utilizzati nelle aziende di produzione-imprese ma, invece, coloro che indirizzano la loro attività e quella dell’ente, al fine di rendere concretamente perseguibili gli obiettivi e concretamente fattibili quelle scelte che tendono all’innalzamento dei livelli di efficacia sociale.” E. BORGONOVI, L’economia aziendale negli istituti pubblici territoriali, Giuffrè, Milano, 1975, nota n. 13, p. 50.

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Capitolo III

3.3. Verso la responsabilità sociale del territorio

Per gli scopi conoscitivi di questo lavoro di ricerca, tenendo a riferimento l’importanza “vitale” dei flussi informativi sia di natura qualitativa che di natura quantitativa e con l’obiettivo di addivenire alla configurazione di un utile modello per la verifica dei risultati delle attività collaborative finalizzate al governo “con” il territorio, tralasciando gli strumenti della rendicontazione strettamente economico-finanziaria, appare utile, invece, delineare sinteticamente i caratteri della rendicontazione sociale tipici delle differenti configurazioni aziendali che caratterizzano il nostro ordinamento.

A tale proposito, si ricorda che la descrizione e la diffusione di informative di natura socio-ambientale non presenta carattere di obbligatorietà per alcuna delle tipologie aziendali (queste, nell’ambito della propria autonomia, possono decidere – o meno – di adottare uno strumento utile a dare conto ai terzi dei caratteri non economico-finanziari che qualificano la gestione) e, come ovvio, non sono previsti schemi o strutture per la rappresentazione di simili risultanze.42

Tuttavia, rendicontare agli stakeholders i riflessi sociali ed ambientali delle proprie attività è divenuta prassi consolidata almeno con riferimento alle organizzazioni (sia pubbliche che private, sia profit che not for profit) di una certa dimensione. Le diversificate esperienze sviluppate nel nostro Paese (sia a livello pubblico che privato), evidenziano che strumenti quali il bilancio sociale, il bilancio ambientale o il bilancio di missione, pur ispirati da valori etici e caratterizzati da una natura tesa alla trasparenza, non riescono a rappresentare adeguatamente i caratteri sostanziali del livello di responsabilità sociale che qualifica la singola organizzazione che li redige.43

42 Al riguardo si vedano AA.VV., Principi di redazione del bilancio sociale, Standard GBS, Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale, Milano, 2001 e AA.VV., La rendicontazione sociale nel settore pubblico, Standard GBS, Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale, Milano, 2003.

43 D.J. COLLIS - C.A. MONTGOMERY - G. INVERNIZZI - M. MOLTENI, Corporate Strategy, McGraw-Hill, Milano, 2007, p. 351.

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Questo sembra accadere, oltre che per carenze informative, per l’inadeguatezza dei processi da cui scaturiscono, viziati, come appaiono, dalla affannosa ricerca del consenso politico – nelle aziende della Pubblica Amministrazione – o del miglioramento della immagine presso i clienti – nelle imprese –.

I limiti dei citati strumenti della rendicontazione sociale in ambito pubblico sono riassumibili nei seguenti: - non consentono la partecipazione diretta degli stakeholders

nella valutazione del valore pubblico creato dalle politiche;44 - non permettono di ricostruire la “catena di senso”, dalla

formulazione delle strategie alla misurazione dell’outcome;45 - non consentono una apertura agli attori del territorio circa

eventuali misure correttive nelle strategie al fine del miglioramento e del consolidamento delle policy.46 Anche nel mondo delle imprese la rendicontazione sociale

assume connotati particolari. Essa riveste, per le aziende aventi fini di lucro, una natura residuale e, come accennato, sottesa alle esigenze ed alle prospettive economico-finanziarie.47

In altri termini, non accade spesso che i soggetti economici definiscano un processo di rendicontazione sociale senza considerare gli impatti di questo sulla struttura economica, finanziaria e patrimoniale della propria azienda.48

44 P. RICCI - A. DE LUCA, La contabilità analitica per centri di costo nel

sistema di bilancio di Stato, Franco Angeli, Milano, 2003, p. 78. 45 C. ROGATE - T. TARQUINI, Il bilancio sociale negli enti locali, Maggioli,

Rimini, 2004, pp. 61 e seg. 46 “Gli attori che hanno partecipato al processo (o che vi partecipano) non

sono soltanto oggetto di osservazione da parte del valutatore, ma sono soggetti attivi della valutazione”. L. BOBBIO, A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi, Formez, Roma, 2004, p. 137.

47 Si veda al riguardo S. ZAMAGNI , Responsabilità sociale delle imprese e Democratic Stakeholding, AICOON, Bologna, 2006.

48 Come noto, lo stimolo alla implementazione di sistemi di rendicontazione sociale proviene – quasi sempre – da esigenze legate ad interessi personali di natura particolare e, a tale riguardo, appare interessante riportare il seguente passo: “Mi disse già el Marchese di Pescara, che le cose

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Capitolo III

Sulla base di quanto detto, il percorso delineato in questo lavoro – e che intende condurre verso la rendicontazione delle attività territoriali – può essere inteso come una evoluzione della “responsabilità sociale d’impresa”, nel senso che quest’ultima, pur con i limiti accennati, rappresenta comunque un primo passo verso l’introduzione di meccanismi partecipativi e di controllo democratico sulle risultanze delle attività svolte dalle aziende che insistono su un territorio.49

Pertanto, si può utilmente configurare una nuova dimensione della responsabilità sociale – a ragione definibile “responsabilità sociale del territorio” (RST) –, in base alla quale i player locali debbono assumere comportamenti concretamente utili a “rassicurare” la comunità sull’impegno che essi profondono nel perseguire obiettivi finalizzati allo sviluppo sostenibile dell’intero territorio e nel rafforzare valori di base quali il reciproco aiuto, la fiducia e la solidarietà.50

Un simile approccio alle problematiche connesse alla rendicontazione sociale appare opportuno per due ordini di ragioni.

Innanzitutto, la responsabilità sociale del territorio, così intesa, sembra in grado di incontrare l’attuale tendenza verso la cooperazione: il sistema economico – specialmente a livello locale – muove in una direzione in cui al centro non viene posta

che sono universalmente desiderate, rare volte riescono; se è vero, la ragione è che pochi sono quelli che communemente danno el moto alle cose, e è fini de’ pochi sono quasi sempre contrari a’ fini e appetiti de’ molti”. F. GUICCIARDINI, Ricordi, serie prima, (30), 1512-1530.

49 Pur senza riferimento specifico ai temi sviluppati in questo lavoro, già Hinna affermava che “l’accountability applicata all’amministrazione pubblica altro non può essere che la somma e l’integrazione delle differenti contabilità sociali dei soggetti che costituiscono la società”. L. HINNA (a cura di), Il bilancio sociale, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002, p. 198.

50 V. FASONE, Le agenzie per lo sviluppo quali strumenti per il governo strategico del territorio: il caso Imera Sviluppo 2010, Economia Aziendale Online, n. 3 bis, 2010, p. 168.

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la singola impresa ma una rete di imprese che entra in relazione con il territorio e, dunque, con le comunità che la qualificano.51

A questo aspetto si aggiunga che la RST potrebbe supportare, in maniera decisiva, la competitività del territorio: un sistema economico locale socialmente responsabile favorirebbe l’attivazione di meccanismi di cooperazione e collaborazione che, consolidati nel tempo, possono generare un clima diffuso di fiducia e di consenso oltre a facilitare le transazioni economiche.

Le descritte condizioni, dunque, sembrano poter supportare la creazione di valore per la comunità e, nel contempo, contribuire alla realizzazione di un vantaggio competitivo per le singole imprese che partecipano al network territoriale.52

A tutto ciò si aggiunga che nel passaggio da una responsabilità singola ad una di tipo collettivo, viene rafforzato il senso di appartenenza alla comunità, facilitando il percorso delle organizzazioni locali verso un concetto di sviluppo sostenibile del territorio in cui le giuste istanze economico-finanziarie vanno coniugate con le altrettanto legittime attenzioni di natura sociale ed ambientale.

In sintesi, i principali caratteri che qualificano la responsabilità sociale del territorio sono i seguenti:53 - collaborazione; - legittimazione sociale; - condivisione; - “brand” di territorio; - responsabilità allargata.

51 Si vedano al riguardo gli ultimi interventi di politica regionale a

sostegno delle “reti territoriali” nel nostro Paese e, nello specifico, in merito ai c.d. “poli di innovazione” si vedano le iniziative della Regione Piemonte, della Regione Umbria e della Regione Abruzzo. (www.regione.piemonte.it; www.regione.unmbria.it; www.regione.abruzzo.it).

52 L’importanza degli aspetti legati alla competitività territoriale sono stati richiamati – in questo lavoro – già nell’introduzione.

53 Per un approfondimento si veda F. PERARO - G. VECCHIATO, op. cit., p. 89 e seguenti.

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Capitolo III

Appare, altresì, corretto rilevare che, con ogni probabilità, la RST porta con sé una serie di criticità riferibili, principalmente, alle diverse realtà aziendali che arrivano a comporre un network territoriale (pluralità di soggetti caratterizzati – come già detto – da finalità e peculiarità differenti) ed alla debole spinta al cambiamento che può contraddistinguere gli attori locali coinvolti (a causa della difficoltosa rinvenibilità del nesso di causalità tra l’azione della rete territoriale ed i risultati – sia in termini di interessi particolari che di interesse generale – che potrebbero derivare da un simile approccio nel perseguire le politiche integrate di sviluppo locale).

Tuttavia, non sono da sottovalutare gli eventuali effetti positivi di cui potrebbero beneficiare gli attori coinvolti in un progetto di accountability la cui dimensione superi i confini della singola organizzazione per estendersi all’intera comunità.

54 Per le imprese, la rinnovata vocazione ai problemi della

collettività, rafforzando la propria “immagine”, diverrebbe – nel lungo periodo – un punto di forza in grado di incidere positivamente sulla capacità competitiva.55

Le aziende pubbliche, dal canto loro, potrebbero avviare una nuova fase di regolazione dei territori che amministrano, dando vita nel contempo ad un permanente processo di rilevazione dei fabbisogni espressi dai membri della comunità e contribuendo,

54 Con riferimento al tema specifico delle amministrazioni pubbliche è

stato affermato che “La rendicontazione deve tener conto non solo di quanto attuato direttamente dall’amministrazione, ma anche di quelle azioni realizzate da soggetti esterni, pubblici o privati, con i quali l’amministrazione ha definito rapporti di collaborazione (mediante contratti, concessioni, accordi, convenzioni, etc.) nell’attuazione delle politiche o per la gestione dei servizi”. AA.VV., Bilancio sociale. Linee guida per le amministrazioni pubbliche, Formez, Roma, 2006, p. 27.

55 M. DEL BALDO, Consenso, reputazione sociale, prossimità territoriale: risorse immateriali “core” nell’economia delle PMI. L’esperienza di un protagonista del territorio: Box Marche Spa, Economia Aziendale Online, n. 2, 2010, p. 114.

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La valutazione delle politiche di sviluppo locale

mediante il loro soddisfacimento nel tempo, ad incrementare il livello di benessere della collettività. 56

Finanche per le imprese sociali, l’adesione ad un progetto di rendicontazione territoriale condurrebbe ad un incremento della visibilità e della reputazione in grado di tradursi in percorsi di fund raising meno impervi.57

Tornando a focalizzare l’attenzione sugli aspetti legati ai processi di accountability, tutti gli elementi passati in rassegna rappresentano una dote di assoluto rilievo nella costruzione di un modello di rendicontazione territoriale che, tenendo conto delle differenti culture e delle differenti esigenze, possa sintetizzare e rappresentare le risultanze delle attività di gestione collaborativa aventi finalità di sviluppo locale e che vengono svolte all’interno di un ben definito community based network.

Si evidenzia, ancora una volta, che un simile processo informativo, implementato all’interno di una rete composta da tipologie aziendali aventi natura e scopi differenti, certamente appare complesso e gravoso ma, allo stesso tempo, sembra capace di fornire un supporto al superamento di alcuni dei già citati limiti che contraddistinguono gli attuali strumenti della rendicontazione sociale.58

56 “nell’ambito di tale contesto, la ricerca di modalità adeguate di misurazione, rappresentazione e comunicazione dei risultati in tutte le loro dimensioni assume un’importanza strategica per lo sviluppo del grado di fiducia, di consenso e di credibilità dei soggetti portatori di interessi”. PEZZANI

F. (a cura di), L’accountability delle amministrazioni pubbliche, EGEA, Milano, 2003, p. 98.

57 Cfr. T. GUAY - J.P. DOH - G. SINCLAIR , Non-governmental organizations, shareholder activism, and socially responsible investments: ethical, strategic, and governance implications, Journal of Business Ethics, Vol. 52, 2004, p. 129.

58 Con riferimento al tema specifico delle imprese è stato affermato che “La rendicontazione sociale, come la letteratura ha ampiamente dimostrato, rappresenta uno strumento di informativa esterna spesso utilizzato dalle aziende con l’intenzione di rafforzare la loro immagine e la percezione positiva della loro attività. Solamente in casi eccezionali, il bilancio sociale viene redatto perché il management è dotato di una sensibilità socio-ambientale e di un carisma capaci di modificare la cultura aziendale o, ancor

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Capitolo III

In conclusione, si rileva come non esista nel nostro ordinamento né nella prassi operativa, uno strumento utile al monitoraggio ed alla verifica delle attività collaborative svolte da un network territoriale con finalità di sviluppo locale.59

Si necessita, dunque, di un documento informativo capace di mettere a sistema elementi quantitativi e qualitativi con l’obiettivo di far emergere il beneficio di cui i player locali e la comunità tutta, possono avvantaggiarsi grazie all’opera della rete (o delle reti) che il territorio riesce ad esprimere.60

di più, in grado di cambiare le regole del gioco del settore.” Cfr. D.J. COLLIS -

C.A. MONTGOMERY - G. INVERNIZZI - M. MOLTENI, op. cit. p. 374. 59 D. KETTL, Accountability in Governance Transformed, Atti del

Convegno IRSPM 2009, Copenhagen. 60 In questi termini, l’accountability territoriale potrebbe essere intesa

come un processo in grado di condurre alla redazione di una particolare tipologia di “conto morale”; su tale concetto di si veda P.E. CASSANDRO, Le gestioni erogatrici pubbliche, Utet, Torino, 1963, p. 693.