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IN NOME DI CHI? LA LISKOVA SI ADDENTRA NEI MISTERI VATICANI

BOLZANO - Una bella donna, sul palco, che parla dei “misteri” della Chiesa. Di scandali, di intrighi, di cose nascoste al mondo dietro alte mura. È decisamente particolare lo spettacolo che Antonia Liskova porta in scena al Teatro Cristallo di Bolzano: «In nome di chi», con la regia di Gabriele Guidi. Il sottotitolo è “Dietro i muri del

Vaticano”. È uno spettacolo di denuncia, un’attenta analisi sull’operato degli organi direttivi del Vaticano negli ultimi decenni. Altrettanto forti sono i temi affrontati: la pedofilia, i beni immobili della Chiesa, lo IOR. Tutto questo, però, senza intaccare le molteplici opere di carità della Chiesa, i tanti “piccoli grandi sacerdoti” che lealmente si dedicano a molte comunità (dai piccoli centri dell´Italia, fino alle zone più disagiate del mondo) e ancor meno gli oltre 800 missionari “caduti sul campo” negli ultimi 20 anni. La Liskova si muove all’interno di uno spazio scenico quasi surreale: si rivolge ad una persona che ha di fronte (all’inizio sconosciuta), affrontando con energia, commozione e sofferenza vari argomenti, senza però mai mettere in discussione la propria “fede”. Le chiediamo: "Come mai ha deciso di portare in scena

un tema così scottante? «Mi è stato proposto questo spettacolo ed inizialmente avevo rifiutato, ma non per i temi che affronta, nei quali invece mi ritrovo e che condivido. Dopo molti anni di cinema, sono abituata a lavorare davanti alla macchina da presa... molto meno davanti ad una platea gremita. Nonostante una prima esperienza con "Il gioco dell'amore e del caso" di Marivaux, prodotto dal Teatro della Pergola di Firenze, il palcoscenico suscita in me sempre un po’ di ansia e di timore». Che cosa regala il teatro all'esposizione di un tema del genere? «Io credo che il teatro sia ancora oggi uno strumento di comunicazione meraviglioso. Negli ultimi anni c'è stato un grande interessamento del pubblico verso spettacoli di "teatro civile"; questo denota la voglia delle persone di andare a teatro, non solo per divertirsi, ma anche per riflettere, capire, approfondire». Qual è, dei

tanti, l'episodio che più l’ha indignata? «Da un punto di vista personale, ritengo che il tema più delicato tra quelli affrontati nello spettacolo sia quello riguardante gli scandali della pedofilia all'interno della Chiesa... Ma si parla anche di molto altro». Che cosa denuncia? «Non c'è la presunzione di denunciare nulla. Lo spettacolo racconta tante vicende accadute negli ultimi 50 anni, molte delle quali sono state ricostruite dagli autori dopo mesi di studio ed approfondimento di tante fonti». Il fatto di essere una donna, per di più bella, a parlare di queste cose, cosa aggiunge? «Gabriele Guidi - il regista e produttore - voleva una donna per questo spettacolo. Non solo perché la figura della donna è sempre stata messa in disparte all'interno della Chiesa, ma anche perché voleva che certi temi venissero affrontati con una sensibilità tipica dell'universo femminile». Come

mai dopo tanta televisione e tante fiction ha sentito il bisogno di passare al teatro? «Sono arrivate alcune proposte e le ho valutate accettando quella che ritenevo più stimolante». C'è un

messaggio in questo spettacolo? Quale? «Più che un messaggio, direi che rappresenta un invito a riflettere. Interpreto una donna che si pone molte domande rispetto a certi episodi... una donna che non mette in dubbio la propria fede ma sente l'esigenza di affrontare certi nodi irrisolti». Daniela Mimmi

A TEATRO CON I SEGRETI DI ANTONIA POTENZA – La stagione di Potenza 2013- 2014 organizzata dal consorzio “Teatri uniti di Basilicata” continua sulla scia del teatro ”civile”. A toccare le seducenti tavole del teatro “ Francesco Stabile” di Potenza, sarà la bellissima Antonia Liskova che interpreterà lo spettacolo “Nel nome di chi? Dentro i muri del Vaticano” scritto da Gabriele Guidi (anche regista) e Ennio Speranza. Una piéce “scomoda” messa in scena da una bellezza straordinaria del cinema e della televisione che arriva al teatro proprio per raccontare del Vaticano e delle cose indicibili, dei segreti “inconfessabili”, nascosti spesso dai muri “sacri” dell’omertà clericale. In anteprima, ritagliando un po’ di tempo dagli impegni del set, Antonia Liskova parla dello spettacolo. Antonia, esiste paura nel mettere in scena uno spettacolo del genere in una nazione come la

nostra legata a doppio filo alla Chiesa? «Indubbiamente lo spettacolo affronta argomenti molto delicati e nonostante la produzione abbia già realizzato in passato spettacoli di "teatro civile" con grande successo, molti teatri e circuiti hanno preferito evitare di inserirci in cartellone. Non parlerei quindi di "paura", piuttosto di difficoltà da superare per ottenere la visibilità che merita questo spettacolo». Il fatto che sia una donna anche particolarmente bella a recitare parole pesanti,

può essere intesa come un’ulteriore presa di posizione o critica ad alcuni dogmi della Chiesa

che da sempre ha un po’ relegato la donna e la bellezza femminile in un ruolo di “secondo

piano”? «Direi di si. Gabriele Guidi voleva una donna per questo spettacolo. Non solo perché la figura della donna è sempre stata messa in disparte all'interno della Chiesa, ma anche perché voleva che certi temi venissero affrontati con una sensibilità tipica dell'universo femminile». Gli eventi di

cronaca anche attualissimi portano alla luce di nuovo il tema della castità. Raccontate anche

dei casi di pedofilia nello spettacolo. La piéce fa anche una richiesta di “rivoluzione” nella

Chiesa? «Non credo competa a me una valutazione del genere e tanto meno lo spettacolo si pone obiettivi "rivoluzionari". Lo spettacolo racconta tante vicende accadute negli ultimi 50 anni, (inclusi gli scandali di pedofilia) molte delle quali sono state ricostruite dagli autori dopo mesi di studio ed approfondimento di tante fonti. L'intento è far riflettere non impartire lezioni». La donna della

piéce, nonostante tutto, non perde la sua fede. Quanto è vicina al personaggio da lei

interpretato? «Metto in scena una donna che si pone molte domande rispetto a certi episodi. Una donna che non mette in dubbio la propria fede ma sente l'esigenza di affrontare molti argomenti "scomodi" per provare a fare maggior chiarezza su quanto accaduto all'interno del Vaticano negli ultimi decenni. Mi piace pensare che siano gli stessi interrogativi che affronta la maggior parte della comunità di credenti alla quale, per altro, io stessa appartengo». Secondo lei il teatro, detto “civile” è il luogo artistico migliore per parlare di certe cose? «Negli ultimi anni c'è stato un grande interessamento del pubblico verso spettacoli di "teatro civile"; questo denota la voglia delle persone di andare a teatro, non solo per divertirsi, ma anche per riflettere, capire, approfondire». Concludiamo. Per lei cosa è la bellezza? «Rispondo con le parole di Ibsen: la bellezza è una convenzione, una moneta che ha corso soltanto in un dato tempo e in un dato luogo».

ANTONIA LISKOVA: "TEATRO DI DENUNCIA, PERCHÉ NON SI POSSONO CHIUDERE GLI OCCHI" L'attrice è in scena a Roma con "Nel nome di chi?", un testo forte che parla dei lati oscuri del mondo della Chiesa. Ma precisa: "Non è un testo anticlericale, non attacchiamo l'istituzione ma denunciamo alcuni comportamenti sbagliati" Il testo è il risultato di mesi di ricerche e di studio: un'attenta analisi sull'operato degli organi direttivi del Vaticano negli ultimi decenni. Una trama forte che

affronta temi attualissimi come la pedofilia, i beni immobili della Chiesa, lo IOR, senza però volere attaccare l'istituzione chiesa in quanto tale né tanto meno sminuire le molteplici opere di carità, i tanti “piccoli grandi sacerdoti” che lealmente si dedicano a molte comunità (dai piccoli centri dell’Italia, fino alle zone più disagiate del mondo) e ancor meno gli oltre 800 missionari "caduti sul campo" negli ultimi 20 anni. "E' uno spettacolo che nasce dalla voglia di giustizia - spiega la Liskova -. Perché credo si debba capire, si debba sapere". Come è stato per te

affrontare questo testo? Molto impegnativo, più che una è una prova teatrale questa è una prova difficile proprio dal punto di vista umano. Sentire l'impatto che ha sul pubblico è molto forte. Ma questo è un testo fatto con grande delicatezza e rispetto, soprattutto per chi ha subito in qualche modo dei danni da certi comportamenti. L'argomento più delicato tra quelli trattati è sicuramente quello della pedofilia. Gli altri sono comunque gravi ma meno delicati dal punto di vista umano. Questo è un campo decisamente diverso da quelli con cui ti eri

misurata in passato, anche in campo teatrale. Hai avvertito un'emozione particolare? Il timore o l'emozione non sono paragonabili con quello che ho fatto in passato. Qui parliamo di terrore puro. Oltretutto le mie esperienze teatrali precedenti sono pochissime e quindi non potevo contare appoggiarmi all'esperienza per essere più tranquilla. Mi sono dovuta affidare completamente alla regia e cercare di interpretare nel modo migliore questi argomenti. Credi

che in un'epoca come la nostra, dove il pubblico sembra assuefatto a tutto, il teatro di

denuncia possa ancora avere effetto? Assolutamente sì. La televisione e il web sono mezzi di comunicazione fondamentali. Però il teatro ti dà un impatto diretto che è impagabile e molto più forte degli altri mezzi. Credo che questo spettacolo sia stato realizzato proprio per questo: con la convinzione che fosse il modo migliore per aprire gli occhi alla gente su certe cose. Non si poteva più far finta di nulla, a un certo punto per quanto uno cerchi di tenere gli occhi chiusi, la luce comunque passa. Hai fatto tanta televisione. Il teatro ti dà qualcosa di più? La televisione è un lavoro, che permette di fare cose meravigliose ma è comunque una professione che cerco di fare al meglio. Qui c'è qualcosa di più. Sono una mamma, sono una donna, una persona che ha un grandissimo rispetto per la morale. E' un messaggio, un momento di riflessione. Non un semplice spettacolo teatrale. E poi senti tutta la responsabilità di questo argomento, non c'è improvvisazione, devi essere molto preciso. Avete trovato

difficoltà o porte chiuse visto l'argomento molto scottante? Si, più di una. Ci sono teatri che hanno paura ad ospitare lo spettacolo, reti e trasmissioni che non vogliono promuoverlo proprio per l'argomento che tratta. Trovo scioccante tutto questo perché significa voler ignorare cose che sono accadute. Noi non stiamo accusando nessuno. Non è uno spettacolo anticlericale, che giudica. Spieghiamo semplicemente quello che è successo, mostrando senza timori alcuni lati negativi della Chiesa. Più troviamo difficoltà sulla nostra strada e più sentiamo la carica per andare avanti. Massimo Longoni

LISKOVA: “CHE PAURA OGNI VOLTA AFFRONTARE IL PALCOSCENICO!” Roma – Antonia Liskova sale sulla ribalta del Sala Umberto protagonista di “Nel nome di chi? Dentro i muri del Vaticano” di Gabriele Guidi e Ennio Speranza.

Ma che spettacolo è? È il racconto di una credente che non si riconosce più nella Chiesa. Non è un giudizio, né una messa in scena anticlericale, ma la richiesta di una fedele che vuole delle risposte e non fa la morale. E oggi c’è tanto bisogno di risposte: sbaglia chi continua a far finta di nulla. Occorre avere coraggio e affrontare certe cose.

Lei ha lavorato con Aldo,

Giovanni e Giacomo, con

Verdone e Piccioni, saltando

dal cinema alla tv. Dove si

sente più a casa? Solo a casa mia! Il teatro, come la tv e il cinema, è solo un lavoro che mi piace. Il teatro m’incute un enorme terrore: prima di ogni debutto tremo. Questo perché sono una persona critica e insicura, penso sempre di tradire la fiducia che mi è stata data, ma cerco di dare il massimo, perché sono fortuna a fare una professione del

genere. Certo la telecamera fa meno paura. Oltre al teatro, sta girando una serie per

Mediaset/ Sì “Solo per amore” che dovrebbe andare in onda in aprile. Il mio ruolo? Quello di una donna tosta che anche qui combatte contro i mulini a vento, perché si trova a dover pagare per le colpe di suo padre... Con lei sul set c’è anche Valentina Cervi.

Com’è lavorare con altre donne? Bello, mi piace! Il divismo appartiene ormai agli Anni ‘30: oggi noi donne siamo prese dalle nostre cose, parliamo di figli, di compagni, non si sgomita per farsi inquadrare meglio. Le donne, credo, abbiano imparato a fare gruppo e si difendono dal mondo maschile. Io la vedo così, forse perché nell’animo sono molto maschio! E la rivedremo al cinema entro l’anno con ben tre titoli. Si tratta di cose girate in due anni. Per Giovanni Veronesi ho fatto un cameo, poi sono nel film “I sogni delle ragazze” con la Cucinotta (su un gruppo che per disperazione vende il corpo via internet), e “In The Box” di Lesina, un thriller psicologico dove mi ritrovo sola chiusa in un garageD Progetti prossimi futuri? Una bella vacanza all'Equatore! Poi, si vedrà... ORIETTA CICCHINELLI

NEL NOME DI CHI? – ANTONIA LISKOVA E GLI SCANDALI DEL VATICANO

Debutto romano con il botto per l'attrice slovacca

Debutto romano con il botto per Antonia Liskova, in scena al Teatro Sala Umberto di Roma con uno spettacolo di denuncia sul Vaticano e il mondo ecclesiastico. Frutto di mesi di intense ricerche, "Nel Nome di Chi? – Dentro i Muri del Vaticano" propone un’attenta quanto accurata analisi sul lato oscuro della Chiesa. Pedofilia, omosessualità, patrimoni immobiliare, scandali, truffe bancarie e legami con mafia e politica: sono questi alcuni degli argomenti trattati durante lo spettacolo – magistralmente interpretato dall’attrice slovacca, qui alla sua terza fatica teatrale – attraverso un percorso di normative, documenti, lettere e atti di magistratura, che scandiscono anni di indignazione nel nome della Chiesa Cattolica. Gli spunti di riflessione sono molteplici, tutti di notevole entità: gli scandali riguardanti i preti coinvolti in atti sessuali con minorenni, spesso non condannati in virtù della posizione di privilegio goduta; i coinvolgimenti politici e quelli mafiosi intercorsi con Vito Ciancimino rivelati dal figlio Massimo; la questione dei beni immobili di proprietà della Chiesa Cattolica e le leggi a favore del clero per le strutture ricettive e alberghiere per accogliere i pellegrini; infine, le maxi tangenti intascate e pagate dall’Istituto per le Opere di Religione (IOR) per l'Enimont, il disastro e gli illeciti del Banco Ambrosiano e le operazioni di riciclaggio. Temi forti che però non vogliono assolutamente sfiduciare lo spettatore sulla carità della Chiesa. Nelle vesti di una missionaria, Antonia Liskova affida le sue riflessioni a un silenzioso Santo Padre (interpretato in scena dal figurante Gianluca Del Torto) e dalle parole della religiosa, emerge lo sconforto per ciò che rappresenta l’istituzione della Chiesa al mondo esterno, in contrasto con le molteplici opere caritatevoli di quei piccoli uomini e donne che partono in missione per terre lontane, pronti ad aiutare i veri bisognosi operando nel nome della Fede nelle zone più disagiate del mondo. Ci si domanda, però, nel nome di chi la Chiesa professi realmente il suo Credo, e se questo sia uniforme per tutte le cariche e gli esponenti religiosi. Uno spettacolo intenso, crudo nella sua sostanza, ma incisivo nella sua essenza: Antonia Liskova conferma la sua professionalità sul palcoscenico, supportata da un testo convincente opera di Gabriele Guidi (regista della pièce) ed Ennio Sapienza, su musiche di Matteo Cremolini e scene firmate da Alessia Sambrini. Salvatore Carruba