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CHASQUI IL POSTINO PERUVIANO Bolletino Culturale del Ministero degli Affiari Esteri Anno 2, Numero 4 Agosto 2004 QHAPAQ ÑAN, IL GRANDE CAMMINO INCA / LINGUE DEL PERU TRE POETI DEL CINCUENTA / IL MARE NOSTRO DI OGNI GIORNO FUMETTO DELA STORIA / IL CAJON AFROPERUVIANO C aM ah i c c o t a a i l ge . a mi n o c u P h u. F o g r fi : H e nz P e n

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CHASQUIIL POSTINO PERUVIANO

Bolletino Culturale del Ministero degli Affiari EsteriAnno 2, Numero 4 Agosto 2004

QHAPAQ ÑAN, IL GRANDE CAMMINO INCA / LINGUE DEL PERU TRE POETI DEL CINCUENTA / IL MARE NOSTRO DI OGNI GIORNO

FUMETTO DELA STORIA / IL CAJON AFROPERUVIANO

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CHASQUI 2

QUANTE LINGUE PARLIAMO IPERUVIANI?

ispondere a questa domanda nonè facile perché determinarequando una varietà di linguaggio

costituisce una lingua in sé stessa e nonun dialetto di qualche altra, non è uncompito semplice. Malgrado questedifficoltà, per quanto riguarda la nostraAmazzonia, gli specialisti parlanodell’esistenza di 39 o 40 lingueraggruppate in 16 famiglie linguistiche.(1) Vuol dire che, accanto alle lingueche più o meno conosciamo, come ilshipibo, l’aguaruna, il machiguenga el’asháninka (le ultime due sonovincolate e appartengono alla famigliaarahuaca), esiste una diversità dellaquale sappiamo molto poco il resto deiperuviani. Per di più, non è neanchemolto ciò che sappiamo dei loro parlanti.Ognuna di queste lingue fa parte diun’intelaiatura culturale diversa eunica. La selva non è un territorioomogeneo e neanche gli indigeni checi abitano sono tutti uguali. Ogni popoloha le proprie pratiche e credenze;ognuno possiede una storia particolare,e ogni etnia si mette in relazione a modosuo con la cultura nazionale. Non èneanche troppo quello che sappiamodi tutto questo e, probabilmente, questaignoranza sia alla base della nostraindifferenza.

Vediamo adesso cosa succedenell’ambito andino. Sebbene, quandopensiamo alle Ande, le uniche lingueche ci vengono in testa sono il quechuae l’aimara, la realtà linguistica andina èquasi tanto complessa quanto quelladell’Amazzonia. Per cominciare,dobbiamo dire che considerare «lingue»il quechua e l’aimara è problematico in

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sé e per sé, perché le due realtàidiomatiche possiedono delle varietàdi lingua parlata che hanno tantedifferenze tra di loro come quelle chepotrebbero avere il francese e lospagnolo. Per di più, il quechua el’aimara vengono utilizzati da parlantiche non compartono necessariamenteuna stessa storia e che, al contrario,hanno modi di essere e abitudini moltodifferenziate. Per esempio, unquechuaparlante cusqueño non èsoltanto in possesso di una varietà moltodiversa a quella di un parlante diAncash, ma entrambi possiedono inoltrepratiche culturali e festive proprie.Qualcosa di simile succede con l’aimara,lingua che, diversamente da quello chedi solito crediamo, non si parla soltantosull’altipiano, ma anche a Tacna e allasierra di Lima (sotto la denominazionedi jaqaru, che in lingua aimara vuol dire«lingua dell’uomo»). Di nuovo, unaimaraparlante di Puno e un altro dellasierra di Lima (del paese di Tupe,specificamente) hanno varietà e usiculturali sorprendentemente diversi.

Davanti a questa realtà, gli studiositendono ormai a capire il quechua el’aimara come famiglie linguistiche cheraggruppano linguaggi diversi tra di sée che, inoltre, appartengono a nazionidiverse. Questo si vede molto bene, peresempio, in un dato che poche volte siprende in considerazione. Noitendiamo a vincolare il quechua conla zona andina e, in genere, nonsappiamo che ci sono delle varietà diquesta famiglia, che sono utilizzatecome mezzo di comunicazione dapopolazioni della selva bassa, chevivono sulle rive di fiumi come il Napo,il Pastaza e il Tigre. In effetti, uomini edonne che furono anticamenteAthanasius Kircher, La Torretta di Bebele, Roma, 1639.

LINGUE DEL PERU:

VERSO UNA RILETTURADI BABELE Roberto Zariquiey*

Il Genesi ci racconta che, anticamente, «gli uomini parlavano una sola lingua e le stesse parole» (Genesi11, 1). Questo fatto li rendeva più forti e uniti, al punto che decisero di edificare una città nella

quale avrebbero situato una torre alta, che sarebbe arrivata fino al cielo. Quando Jehovà confermò ciòche gli uomini tramavano, li punì e gli fece parlare diversamente. Questa è l’origine della diversitàlinguistica per la tradizione giudeocristiana: una punizione divina. Oggi, molti settori della società

continuano a pensare che la diversità linguistica e culturale è un problema; vedono l’altro come unselvaggio e persistono nella credenza che la soluzione sia l’omogeneizzazione degl’individui. Potrà il Perù

crescere voltando le spalle alla diversità linguistica e culturale che lo caratterizza? Quelli che seguono sonosoltanto alcuni dati e alcune riflessioni che cercano di aiutare il lettore a capire come siamo diversi e

quanto c’è da fare per imparare a conoscerci e stimarci.

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CHASQUI 3

omaguas, quijos, canelos o cocamas(tutte etnie amazzoniche) ormaichiamano sé stessi kichwas e molte voltenon hanno presente che la loro linguaderiva dal quechua. Non hannoneanche presente che il kichwa nonarrivò fino ad essi dalla bocca degli incas(i quali, per di più, non poteronoconquistarli mai), ma dai gesuiti, chearrivarono nel secolo XVII a quelle zoneper evangelizzarli e adoperarono ilquechua come lingua di comunicazione.

RILEGGENDO BABELE

Tutto quello che abbiamo detto finqui ci aiuta a capire una cosa esenziale:affermare che il Perù è un paesemulticulturale o plurilinguistico nondev’essere soltanto un allegato retorico.La realtà del nostro paese è più diversadi ciò che immaginiamo e, seaccettiamo che il quechua e l’aimarasono famiglie linguistiche ericonosciamo che sono parlate da popolimolto diversi, tutto diventa ancora piùcomplesso. Dobbiamo aggiungere,inoltre, che lungo il paese, lo spagnoloappare in maggiore o minore intensitàe prende contatto con tutta questadiversità linguistica, producendo dellesituazioni poco orizzontali nelle quali lalingua ispanica è più stimata e rispettatadelle sue eguali indigene. Non possiamonegare che in certi settori del nostropaese sia esistito e persista ancora unforte disprezzo per le lingue originarie,le stesse che non sono nemmenoutilizzate dall’apparato statale a scopoamministrativo o giuridico.

Questa diversità è una realtà chenon abbiamo il diritto di eludere. Viverealle spalle della realtà di questi popoli èun atteggiamento che ci hacaratterizzato come paese. Come se nonesistessero o come se la loro esistenza fossescomoda o problematica, abbiamopreferito silenziare o rendere invisibile larealtà indigena, i loro bisogni e i loroproblemi. E questo è doppiamenteingiusto perché molti dei loro problemi sidevono precisamente alla compulsionecon cui altre forze si sono dedicate adestrarre i loro risorsi naturali,distruggendo gli ecosistemi, sfruttandopersone, mettendo in fuga animali ediboscando ettari completi di bosco.

È come se in molti settori dellasocietà esistesse una specie di pensieroBabele che, per di più, è enormementecomodo, perchè in qualche modogiustifica la nostra indiferenza: perchépreoccuparsi per ciò che è, piuttosto,un segno di ritardo e un ostacolo per losviluppo?

Continuiamo a credere che ladiversità sia l’impedimento per costruirequella torre che ci faccia crescere comepaese, e pensiamo finora che la soluzioneè l’omogeneizzazione degli individui.Ma il vero è che l’ostacolo non è stato ladiversità esistente, ma semplicementela forma in cui l’abbiamo trattata. Senon siamo riusciti a costruire la torre èperché, dinanzi alla differenza culturale

e linguistica, abbiamo deciso disilenziare e di violentare l’altro, e nonabbiamo imparato, dopo oltre cinquesecoli, a convivere pacificamente conlui, rispettando e stimando la differenzae smettendo di pensare a comearricchirci a spese altrui. E questo ce lodiceva il mito di Babele: il problemanon era la diversità, ma soltanto lamaniera in cui gli uomini dovevamoportarla a termine.

1 I concetti di lingua, dialetto e famiglialinguistica possono essere un po’ scuri.Cerchiamo di chiarirli ricorrendo alla nostralingua: la lingua parlata di Buenos Aires,quella di Lima e quella di Madrid sarebberodialetti dello spagnolo, il quale, a sua volta,costituisce una lingua, accanto ad altre conle quali è imparentata: il portoghese, ilfrancese e l’italiano, per esempio. Finalmen-te, tutte queste lingue fanno parte dellastessa famiglia, la famiglia romanza, cheraggruppa tutte quelle lingue che procedonodal latino.

BIBLIOGRAFIA

Rodolfo Cerrón- Palomino. Lengua y so-ciedad en el valle del Mantaro. IEP, Lima1986. La lengua del Naylamp.Recons-truccción y obsolescencia delmochi-ca. PUCP, Lima, 1995. Lingüísticaaimara. Centro Bartolomé de las Casas,Cusco, 2000. Castellano andino. Aspectossociolingüísticos, pedagógicos y gramaticales.GTZ/PUCP, Lima, 1995. Lingüísticaquechua. C. B. de las Casas, Cusco, 2003.Alberto Escobar. Variacionessociolin-güísticas del castellano en el Perú.IEP. Lima, 1978.Anna María Escobar. Contacto social ylingüístico: el español en contacto con elquechua en el Perú. PUCP, Lima 2000.Germán de Granda. Estudios de Lingüísti-ca Andina. PUCP, Lima 2002.Inés Pozzi-Escot. El multilingüismo en elPerú. C.B.C., Cusco 1998.Gustavo Solís. Las lenguas en la AmazoníaPeruana. FORTE-PE, Lima 2000.Virginia Zavala. Desencuentro con la es-critura. Escuela y comunidad en los Andesperuanos. Red para el Desarrollo de lasCiencias Sociales. Lima, 2002.

Altre pubblicazioni sul tema:Andrés Chirinos Rivera. Atlas lingüísticodel Perú. CBC-Ministerio de Educación,Cusco, 2001. José Antonio Salas. Diccionario mochica-castellano, castellano-mochica. U. San Mar-tín de Porres, Lima, 2002.Alfredo Torero. Idiomas de los Andes: lin-güística e historia. IFEA, Lima, 2002.

*Professore della Pontificia UniversidadCatólica, dedicato alle lingue indigene.

James Orton, The Andes and the Amazon, N. York, 1876.

QUELLE CHE NON CI SONO PIÙ(DATI SULLE LINGUE ESTINTE NEL PERÙ)

La realtà plurilinguistica che caraterizza il nostro paese fu verificata dai primi anni della Colonia dagli stessi spagnoli,i quali non lasciavano di sorprendersi dell’enorme quantità di lingue con le quali s’incontravano. Per esempio, ilgesuita Acosta, nel 1588, indicava l’esistenza di «una vera selva di lingue», e lo stesso Inca Garcilaso, nel 1609, cispiegava che «ogni provincia, ogni nazione, e, in molti luoghi, ogni paese, aveva la propria lingua di per sé diversa aquella dei vicini».

Esistono molte lingue, oggi estinte, la cui esistenza fu riferita dai cronisti o dai viaggiatori europei che, durante il XIXsecolo, riscoprirono il nostro paese. Per esempio, la costa nord del Perù, all’arrivo degli spagnoli, aveva una ricchezzalinguistica che, nell’attualità, rimane solo nella toponimia e nel registro che alcuni cronisti, sacerdoti coloniali oviaggiatori, ci legarono. Tutti abbiamo sentito parlare, per esempio, della lingua mochica, ma non abbiamo presenteche, inoltre ad essa, c’erano alcune altre lingue, come quella chiamata pescadora (che si parlava nelle zone vicine aLima), o come la lingua di Olmos, quella di Sechura e quella di Catacaos-Paita. Lo status linguistico di queste ultimeè difficile di determinare, ma appare in documenti, come quelli di Jaime Baltazar Martínez Compañón, che fuvescovo di Trujillo e verso il 1785 raccolse un elenco lessicale di alcune delle lingue che si parlavano nella suagiurisdizione.

Ebbene, lo stesso Martínez Compañón raccolse anche alcune parole di una lingua importante, chiamata culle. Il cullefu un idioma della sierra nord, oggi sparito, che ha lasciato alla lingua parlata di Cajamarca diverse parole che sonousate fino ai nostri giorni. Lo studio in profondità del culle è ancora un compito da fare.

Sull’altipiano, c’erano anche lingue che non si parlano più. Sono due i casi più notevoli: quello del puquina, consideratalingua generale dagli spagnoli, e quello del ch’imu, l’antica lingua degli uros. Gli uros peruviani hanno perso la lorolingua, ma conservano ancora la loro identità e si distinguono dagli aimaras, anche se parlano l’idioma di essi.

Finalmente, per quello che riguarda all’Amazzonia, la questione dell’estinzione di lingue è assai più complessa. Inquesti momenti, la maggior parte dei gruppi etnici sta ingressando in un chiaro processo di influenza dello spagnolo,il cui risultato è la perdita irreparabile delle lingue indigene. Ci sono già molte che sono morte e, probabilmente, il casopiù triste sia quello del cocama cocamilla, perché questa lingua, prima dell’arrivo degli spagnoli, fu un idiomapanamazzonico ed ebbe molta importanza sociale e politica. Ogni giorno, la retrocessione di queste tradizioniidiomatiche è più chiara e imminente e, perciò, se non vogliamo che continuino a perdersi, è necessario assumere unavera politica linguistica di riscatto, di rivitalizzazione e di manutenzione di tutte quelle tradizioni che ogni giorno sonogettate al silenzio.

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Oda a la tarde

Gritas, ¡oh tarde! Las muchachasacodadas al balcón, enmudecidas,te perciben, y los autómatas que ardeny gimen en azules azoteas anegadas.¡Cantas solitaria y te desangras!

Yo te he visto clamar sin brazos,y enredarte en los alambres de púasde los desiertos paseos públicos.Yo te he visto forcejear desnudacon un sudor de escarcha en las axilas.

Yo te he visto bailar en los espejos,y correr por plazas de amaranto,y dar una hora sin relojespara las castas parejas que temblabanacosadas por un largo fulgor de telegramas.

Yo te he visto huir y destrozartela frente contra el mármol aleve de la umbría,y abrazarte, herida, de los postes,y llenar, sentada dulcemente,de hilos y cenizas los estanques.

Yo he rayado tu dramática mejillacon uñas de diamante o agujas de obsidiana,y mordido tus labios delgados como espadas;yo he besado tu busto y me he bañadoen tu halo de deshechas mariposas.

¿Hacia qué antiguo malecón de cobreconduces, como un aro, la furentey desalada luna del terror? Las mujereste despiden con los muslos entreabiertos y descalzas,y te escoltan golondrinas y gramófonos.

¿Qué imposible cintura alucinantepersigues en la luz remota y loca?¿A qué hoguera, ídolo verde, te abalanzas?Cantas y sollozas. ¡Ya no hay nadie!A lo lejos mece el viento columpios oxidados.

Yo adoré tu trémulo perfil y tus violados ojosde leona malherida y el turbio ángel de yescaque detrás de tus hombros taciturno velaba.Yo execré tu sortija que encandilaba mendigosy mecanógrafas lisiadas de péndulo en la nuca.

Yo te llevé por cines y terrazas y alamedascomo a una enamorada. Te esperé a la orillade undantes planicies exornadas con estatuas,y a lo largo de enlutadas avenidas inconclusaste arrastré de los cabellos por los atrios de la nieve.

Tarde de fotografías sangrantes y sandalias,¡salve! ¡Palmas a tu paso! ¡Hosanna! ¡Hosanna!¡Claveles a tu cuerpo yacente en la litera!¡Alminares de azufre para tu horizonte desollado!¡Vítor! ¡Evohé! ¡Eya velar! ¡Aleluya!

TRE POETI DEL CINQUANTANegli ultimi mesi sono mancati tre dei più distinti poeti della chiamata «generazione del cinquanta», notevole promozione di

creatori e d’intelettual,i la cui impronta si avverte in tutti i campi della cultura contemporanea del Perù. Le opere poetichedi Javier Sologuren, Wáshington Delgado e Francisco Bendezú emergono nel panorama della sempre più stimata

poesia peruviana del secolo XX.

cementerio de gentiles

éstos son los presentesla humana carnepresa en tela(manchas oprobiosencarnaciones últimas)y el polvo

qué nos trae el polvode la comarca extinta

estuvo quieto muertoy sin embargolo oímos respirararrastrarseencendidopor las puras luminarias

polvo de estrellastierras de polvoflor de lumbrey de tinieblanuestro irrevocable alimentonos espera

qué parte de nosotrosquiere rendirseyaal laberinto oscuroy echarsea lo largo del silencioa dormirentre el enjambrede los muertos

Poesía

Poesía, no me niegues tus donespor más tiempo. Tengo el oído atento,los ojos despiertos, abierto el corazón.

Poesía, ¿a qué eres igual,cuál tu gemelo, cuál tu secreto?Si es en soledad donde tus voces se oyen,en ella te he guardado sólo con mi deseo.Si el sueño es, otra cosa no he hechoque vagar entre los signos de la noche,llama en que me enajeno.

No. No te pareces al amor¿No está para siempre en mí su garra?diría aún a la pena o al olvidosi no fueran el pan de cada día.Pero qué cerca estás de mi sangrey sólo creo en el dolor de haberte visto.

J. Za

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Javier Sologuren (Lima, 1921-2004) è stato poeta, saggista e traduttore. Riunì la sua poesiasotto il titolo di Vita continua, ripubblicata diverse volte, e la sua opera in prosa nel volumeGravitaciones & tangencias (1988). Sologuren ricevette il Premio Nacional de Poesía, nel1960 e nel 1985, e dirisse la collana artigianale La rama florida, nella quale apparironopreziose collezioni di poesie.

JAVIER SOLOGUREN

cimitero di gentili

questi sono i donil’umana carneprigioniera nella tela(macchie obbrobriincarnazioni ultime)e la polvere

cosa ci porta la polveredella regione estinta

stette quieto mortoe tuttavial’udimmo respiraretrascinarsiaccesodalle sole luminarie

polvere di stelleterre di polverefior di lumee di tenebrail nostro irrevocabile ciboci aspetta

che parte di noivuole arrendersiormaial labirinto scuroe sdraiarsilungo il silenzioper dormirenello sciamedei morti

Poesia

Poesia, non mi negare i tuoi doniper molto tempo. Ho l’udito attento,gli occhi svegli, aperto il cuore.

Poesia, a cosa sei uguale,qual’è il tuo gemello, quale il tuo segreto?Se è nella solitudine che le tue voci sisentono,in essa ti ho atteso solo col mio desiderio.Se il sogno è, non ho fatto altroche vagare tra i segni della notte,fiamma in cui mi alieno.

No. Non somigli all’amore.Non sta per sempre in me il suo artiglio?Direi ancora alla pena o all’obliose non fossero il pane quotidiano.Ma quanto vicina sei del mio sanguee solo credo nel dolore averti visto.

Francisco Bendezú (Lima, 1928-2004) ricevette il Premio Nacional de Poesía nel 1957 enel 1966. Pubblicò Arte menor (1960), Los años (1961) e Cantos (1971), al quale appartienequesta Oda.

FRANCISCO BENDEZÚ

Ode alla sera

Gridi, oh sera! Le ragazzeaffacciate al balcone, ammutolite,ti percepiscono, e gli automi che ardonoe gemono sulle azzurre terrazze annegate.Canti solitaria e ti dissangui!

Ti ho visto lamentarti senza braccia,e intrappolarti nei fili spinatidei deserti viali pubblici.Ti ho visto annaspare nudacon un sudore di brina nelle ascelle.

Ti ho visto danzare negli specchi,e correre per piazze amaranto,e battere le ore senza orologiper le caste coppie che tremavanobraccate da un lungo fulgore di telegrammi.

Ti ho visto fuggire e sfregiartila fronte contro il marmo perfido dell’ombra,e abbracciarti, ferita, ai palie riempire, seduta dolcemente,di fili e cenere gli stagni.

Ho graffiato la tua drammatica gotacon unghie di diamante o aghi d’ossidiana,e morso le tue labbra sottili come spade;ho baciato il tuo petto e mi sono bagnatonella tua aureola di dissolte farfalle.

Verso quale antico lungomare di rameconduci, come un cerchio, la furentee ansiosa luna del terrore? Le donnescalze ti salutano con le cosce socchiuse,e ti scortano rondini e grammoffoni.

Quale impossibili fianchi allucinantiinsegui nella luce remota e folle?Su quale falò, idolo verde, ti scagli?Canti e singhiozzi. Non c’è più nessuno!In lontananza culla il vento altalene arrugginite.

Ho adorato il tuo profilo tremulo e i tuoi profanati occhidi leonessa ferita e il torbido angelo da escache alle tue spalle vegliava taciturno.Ho esecrato il tuo anello che abbagliava mendicantie storpie dattilografe col pendulo sulla nuca.

Ti ho condotto per cinema, terrazze e vialicome un’innamorata. Ti ho atteso sul bordodi ondulati pianori abbelliti con statue,e lungo inconclusi viali a luttoti ho trascinato per i capelli attraverso chiostri innevati.

Sera di insanguinate fotografie e sandali,salve! Che si applauda al tuo passaggio! Osanna! Osanna!Garofani sul tuo corpo adagiato nella lettiga!Minareti di zolfo per il tuo orizzonte scorticato!Evviva! Evoè! Orsù! Alleluia!

(Traduzione di Natalia Giannoni)

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CHASQUI 5

’esperienza degli anni della violenza mi hapermesso di essere consapevole della grave res-

ponsabilità dello storico. È dinanzi all’urgenza delpresente che si sono messe in evidenza le graviconsequenze sociali e politiche del suo discorso. Erainammissibile servirsene per inventare identità onazioni (l’utopia andina voleva essere, almeno, labase di una), per progettare sul passato i problemi delpresente (invece di servirsene per capirli);inammissibile anche difendere esenzialismitrascendentali che possono servire per propugnarel’esclusione o la discriminazione (anche se sidefiniscono in senso oposto all’insieme), comecomincia oggi ad essere nuovamente di moda. Èanche pericoloso giudicare il giudice supremo ecercare delle colpabilità che non sono soltantocollettive ma ereditarie. Ma era ugualmente neces-sario avere cura che, nel difendere la vittima, essanon fosse ridotta a quel ruolo né le fosse negato ilproprio diritto ad essere o a voler essere un’altra cosa[...]

La produzione sulla storia dell’esperienza religio-sa coloniale indigena non è abbondante. Inoltre lestorie, le istituzioni dell’evangelizzazione e dellaChiesa, utili soltanto quando sono appoggiate su unabase empirica solida, l’altra corrente è costituita daun’abbondante produzione dedicata ai movimentireligiosi del XVI secolo (fermata dopo l’evaluazionecritica di Ramos, nel 1993, alle fonti del Taki onqoy)e alle idolatrie e la loro estirpazione lungo il seguentesecolo. In quest’ultimo campo, il cammino fu apertoda Duviols (1971), che continua ad essere il puntodi riferimento [...].

Avendo rinunciato a pubblicare delle conclusionifinali, che avrebbero dato límpressione di imporre unpunto di arrivo, per guidare il lettore all’interno di

DAL PAGANESIMOALLA SANTITA

Lo storico Juan Carlos Estenssoro Fuchs (Lima, 1964) ha pubblicato un libroappassionante sulla lotta indigena per riuscire ad integrarsi all’universo culturale cattoliconei tempi coloniali. Quelli che seguono sono brani della Introduzione scritta dall’autore.

capitoli estensi che possono fargli dimenticarel’architettura globale, vorrei dare alcune piste. Il temaglobale è quello dell’incorporazione degli indios delPerù alla religione e alla Chiesa Cattolica (spero chei teologi mi permettano di fare tale distinzione). Unastoria che cerco di leggere come la lotta dellapopolazione indigena per essere riconosciuta comecristiana (ciò che significherebbe poter parteciparepienamente alla produzione simbolica e istituzionaledel cattolicesimo). Quindi, mi riferisco anche ai freniche si applicarono a quell’integrazione e a quellaeventuale autonomia.

Il libro va avanti cronologicamente,caratterizzando ogni periodo grazie a un aspetto di-verso: il messaggio della dottrina e le sue parole, igesti, i riti e le cerimonie, la predica, le immagini, lafattucchieria, il miracolo e la santità. In questopercorso, si chiude a poco a poco l’inquadratura finoa mettere a fuoco la città di Lima, ma in unadimensione che si apre cronologicamente perabbracciare in modo panoramico, nell’ultimo capitolo,tutto l’arco temporale. Alcuni temi trasversaliriappaiono lungo il libro e invito il lettore a cercare diseguirli: il diavolo, l’aldilà, gli incas, le trasformazionidella storia, le diverse forme di traduzione o ditrascrizione (verbale, scritta, plastica, musicale) e ledinamiche di produzione e d’invenzione di tradizionidiverse, la loro fusione e la loro separazione».

Juan Carlos Estenssoro Fuchs. Del paganismo a la santidad.PUCP/IEP, Lima 2003, 586 pp. [email protected] [email protected] tema, vedere anche Ramón Mujica Pinilla. Rosa limensis.Mística, política e iconografía en torno a la patrona deAmérica.IFEA/FCE/BCRP, Lima, 2001, 485 pp.www.fceperu.com.pe [email protected]

L

ARKINKA: NUMERO CENTO

Dalla sua apparizione, nel 1995, la rivista mensile Arkinka ha ottenuto un posto importante tra le pubblicazioninazionali di architettura e d’arte. Il direttore, l’architetto Frederick Cooper Llosa, ha continuato con qualitàindubitabile la saga di riviste come El Arquitecto Peruano, fondata dall’architetto ed ex Presidente della Repubblica,

Fenando Belaúnde Terry; Plaza Mayo, diretta dall’urbanista Luis Dorich, eMedio de Construcción, che ha diretto l’architetto Adolfo Córdova durante piùdi sedici anni.Arkinka sa combinare l’opera di architetti di fama mondiale –da Piano a Siza,da Noivel, Moneo o Rogers, a Ciriani o Gehrye—e le principali espressionilocali, con il lavoro di artisti celebri o nuovi. Passa rivista all’urbanistica didiverse città, alle scoperte archeologiche o alle tematiche funzionali, comemusei, centri commerciali, abitazione e interiori, inoltre ad occuparsi dellaconservazione del patrimonio, della paesaggistica, della pianificazionearchitettonica e di alcune proposte audaci.Il suo direttore è anche il principale cronista. Viaggiatore instancabile, CooperLlosa ha continuato, in tutti questi anni, a percorrere il mondo, avvicinandosie avvicinandoci ai principali esponenti dell’architettura contemporanea.Arkinka non è solo una rivista di qualità ma un’autentica promotrice di cultu-ra. Vedere www.arkinka.com.pe (Luis Maldonado Valz

LETTURE

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Wáshington Delgado (Cusco, 1927 - Lima, 2003) èstato poeta e cattedratico presso l’Universidad Nacio-nal Mayor de San Marcos. Nel 1952 ricevette il Pre-mio Nacional de Poesía. Fece un’antologia della propriaopera in Reunión elegida (1987). Questa poesia fa partedel suo ultimo libro pubblicato Historia de Artidoro(1994).

WÁSHINGTONDELGADO

Un cavallo in casa

Serbo un cavallo in casa.Di giorno calpesta il suoloVicino alla cucina.Di notte dorme ai piedi del mio letto.Con la sua bovina e i suoi nitritifa scomoda la vitain una piccola casa.Ma che cos’altro posso farementre cammino verso la mortein un mondo sull’orlo dell’abisso?Che cos’altro, se non serbare questo cavallocome pallida ombra dei prati apertisotto l’aria libera?Nella città morta e anonima,tra i morti senza nome, io camminocome un morto in più.La gente mi guarda o non mi guarda,inciampano con me e si scusanoo mi maledicono e non sannoche serbo un cavallo in casa.La sera, acarezzo i suoi crinie gli do un cubetto di zucchero,come nei film.Lui mi guarda dolcemente, alcune lacrimesembrano sul punto di cadere dai suoi occhi rotondi.È il fumo della cucina o forsegli esaspera vivere in un cortiledi venti metri quadrio dormire in una stanzacon pavimento di legno.A volte pensoche dovrei lasciarlo andare libeamentealla ricerca della propria morte.E i prati lontanisenza i quali io non potrei vivere?Serbo un cavallo in casadisperatamente incatenatoal mio sogno di libertà.

Un caballo en la casa

Guardo un caballo en mi casa.De día patea el suelojunto a la cocina.De noche duerme al pie de mi cama.Con su boñiga y sus relinchoshace incómoda la vidaen una casa pequeña.¿Pero qué otra cosa puedo hacermientras camino hacia la muerteen un mundo al borde del abismo?¿Qué otra cosa sino guardar este caballocomo pálida sombra de los prados abiertosbajo el aire libre?En la ciudad muerta y anónima,entre los muertos sin nombre, yo caminocomo un muerto más.Las gentes me miran o no me miran,o maldicen y no sabenque guardo un caballo en mi casa.En la noche, acaricio sus crinesy le doy un trozo de azúcar,como en las películas.Él me mira blandamente, unas lágrimasparecen a punto de caer de sus ojos redondos.Es el humo de la cocina o tal vezle desespera vivir en un patiode veinte metros cuadradoso dormir en una alcobacon piso de madera.A veces piensoque debería dejarlo irse librementeen busca de su propia muerte.¿Y los prados lejanossin los cuales yo no podría vivir?Guardo un caballo en mi casadesesperadamente encadenadoa mi sueño de libertad.

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IL GRANDE CAMostra itinerante fa vedere al mondo l’eccezionale importan

Il Qhapaq Ñan fu il Cammino Andino Principale al tempo degli Incas, i quali seppero integrare e sviluppare attorno a esso il sistema viario delle Ande, apprlunghezza della Cordigliera delle Ande e somma in totale circa 40.000 chilometri, 23.000 dei quali sono stati verificati dagli archeologi. L’azione coordinataQuesti paesi, con l’appoggio del Banco Interamericano de Desarrollo, hanno iniziato il disegno del progetto integrale Qhapaq Ñan, con la finalità di preserpercorso e apprezzato da viaggiatori di altre parti del mondo. L’esposizione itinerante –organizzata dal Ministerio de Relaciones Exteriores, con l’appoggio d

Libro di Bogotà, a Quito, e si prepara per fare il percorso, n

Ubicazione e direzioni dei cammini

L’aspetto dei cammini incaici che coprivanolunghe distanze era determinata da unacombinazione di fattori geografici e culturali. Ifattoni naturali determinanti furono i deserti, iterreni ripidi, le superfici umide o pantanose e lezone eccezionalmente alte. Le influenze culturalipiù importanti furono, in generale, le zone di altadensità di popolazione e dove si sviluppavano delleattività di interesse specifico per gli Incas, definitesemplicemente come religiose, militari,amministrative ed economiche. I cammini e icentri preincaici influirono anche sulla direzionedella rete viaria incaica e furono, allo stesso tempo,il risultato di fattori culturali e ambientali, comenel caso dei cammini esclusivamente incaici.

La costruzione di cammini incaici non si restringeciecamente a nessun principio rettilineo, giacchèdovettero aggiustarsi con frequenza a determinatiostacoli ambientali. Sembra che solo si realizzasserocambiamenti sostanziali nella direzione di unpercorso retto, quasi perfetto, soltanto comeconsequenza di una sensata adattazione a unterreno piano.

Carnivale all’isola di Taquile nel Titicaca. Fotografia: A. BalaguerPellegrinaggio del Signore di Qoyllor R’iti. Fotografia: J.Silva

Cammino a Machu Picchu. Fotografia: M. d’Auriol

Puerto Inca davanti Pacifico. Foto:M. d’Auriol

Guaman Poma (1615)

Cammino al regno dei Chachapoyas. Foto: J. Esquiroz

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AMMINO INCAnza del Qhapaq Ñan, opera maggiore dell’ingegneria andina.

rofittando delle reti stradali costruite dalle culture anteriori o da quelle contemporanee. Il Cammino copriva cinquemila degli oltre settemila chilometri dia del Perù, la Bolivia, l’Ecuador, il Cile, l’Argentina e la Colombia auspica che il Cammino sia iscritto nell’Elenco del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.rvare i suoi eccezionali valori culturali e naturali, di favorire le popolazioni i cui antenati lo resero possibile e di permettere che possa continuare ad esseredell’Instituto Nacional de Cultura e dell’Università Ricardo Palma, e con l’auspicio di altre ditte—è stata già al Museo de la Nación, a Lima, alla Fiera delnei prossimi mesi, di numerose città dei cinque continenti.

«Una delle cose che più ammirai nelcontemplare e distinguere le cose di questoregno fu il pensare come e in che modo sipotè costruire cammini così grandi e superbicome vediamo e che forze di uominibastarono per poterlo fare e con qualiutensili e strumenti poterono spianare imonti e ... le pietre per farli così larghi ebuoni come sono; perchè mi sembra che sel’Imperatore volesse dare l’incarico per unaltro cammino reale come quello che va daQuito al Cusco ed esce dal Cusco perarrivare in Cile, credo certamente che tuttoil suo potere non basterebbe per questo néle forze umane lo potrebbero fare se nonfosse che sotto l’ordine così grande degliIncas ...»

Pedro de Cieza de LeónCrónica del Perú, Seconda Parte. 1553.

Curatori: Cecilia Raffo, Alonso Ruiz Rosas, Marcelo Saco.Presentazione: Luis G. Lumbreras. Fotografi: Alejandro Balaguer,Jim Bartle, André Bartschi, Mylene d’Auriol, Jorge Esquiroz, RobertoFantozzi, Daniel Giannoni, Max Milligan, Heinz Plenge, James Posso,Javier Silva, Alejandro Tello, Renzo Uccelli, Manolo Urquizo, Felipe

Varela, Walter H. Wust.

Ringraziamenti: Jorge Flores Ochoa,Bienvenida - Turismo Cultural del Perú.

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E.G. Squier (1877)

Ponte inca di Qeshwachaka . Foto: Max MilliganValle del Colca. Foto: A. Balaguer

Machu Picchu, meraviglia del mondo. Fotografia: J. Esquiroz

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IL MARE NOSTRODI OGNI GIORNO

ELOGIODELL’ACQUICOLTURAPedro Trillo

a crescita del settorepeschereccio nel Perù, neiprossimi dieci anni, sarà possi-

bile soltanto se stabiliremo una fortepolitica di Stato che favoriràl’acquicoltura. Il nostro principalebanco peschereccio di speciepelagiche, come l’anchoveta, le sardee la caballa, è sfruttato completa-mente, e i volumi di catturaraggiunti l’anno 2000 per laproduzione di farina e di olio di pescesono stati di dieci milioni ditonnellate (9.750.000 TM), cifrache è al limite della frontiera dipossibilità, molto al di sopra del pro-medio storico degli ultimiventicinque anni [...].

Il nostro banco peschereccio dispecie «demersales», come ilmerluzzo, che sostiene gran partedell’industria del surgelato nelnostro paese, dopo essere statodanneggiato dal fenomeno El Niñoe, secondo altri, da una sovvrapescacontinua, è in divieto permanente.La ricuperazione di questa biomassapuò tardare diversi anni, per questonon potrà neanche compiere ilruolo di locomotiva del settorepeschereccio.

Attualmente, è notevole chel’acquicoltura non ha raggiunto ilprogresso e l’espansione che lasocietà peruviana aspetta di essa,d’accordo con il suo enormepotenziale di sviluppo.L’acquicoltura è l’unica attività delsettore peschereccio con capacità digenerare alti indici di crescita, diricchezza e di occupazione, perchéha richiesta nel mercato mondialee, allo stesso tempo, richiede deiprocessi tecnologici intensivi perquanto riguarda la mano d’opera,fatto che costituisce l’idealed’investimento in un paese poveroe con scarso capitale.

L’acquicoltura è un’attivitàeconomica, la cui esistenza neltempo può soltanto essere possibilese si esercita una ferrea e consisten-te difesa dell’equilibrio dinamicodegli ecosistemi che la nutriscono.Gli acquicoltori sappiamo chedobbiamo adattarci ai cambiamenticlimatici, alimentari e di altri tipi,

Calamar y pulpo.

Pesca bibliografica: sono apparsi un appetitoso volume su Cebiches del Perú e il Libro de Oro della SociedadNacional de Pesquería.

che sono consistenti con unecosistema sano.

RICCHEZZA DEL MARE

Christian Berque menziona che trale specie con le quali il Perù puòconcorrere, ci sono la ‘concha deabanico’ (argopecten purpuratos), ilgambero (litopenaeus vannamei) e la‘tilapia’ (oreochromis niloticus),considerato il pesce del decennio del90 negli Stati Uniti, cheattualmente ha dato origine a unprogetto importante nella zona diPoechos, a Piura. La ‘corvina’(micropogonias sp.), il ‘ robalo’(centropomus nigrescens) e la ‘chita’(anisotremus scapularis), di acquetiepide, possono essere coltivate fraTacna e Paita; mentre il ‘mero’(epinephelus sp.), il ‘pargo’ rosso(lutjanus guttatus) e il ‘congrio’(genypterus maculatos), di acquetropicali, possono svilupparsi traMáncora e Puesto Pizarro. Tuttihanno un mercato all’estero ma nonesiste ancora nel paese la scienzabasica per la loro riproduzione incattività. Ci sono, tuttavia, impresestraniere con hatchery interessate arealizzare join ventures conimprenditori nazionali.

La sogliola (paralichthys adpersus)richiede un’attenzione maggioreperchè il Fondo de DesarrolloPesquero, nella sua stazione di Mo-rro Sama (Tacna), è sul punto diconcretare un progetto di viabilitàeconomica per la sua coltivazione.Il tonno pinna gialla (thunnusalbacares) e il tonno occhio grande(thunnus obesus) sono specie che sisviluppano in acque con delletemperature superiori ai 20° C, chetroviamo sul litorale di Tumbes.

L’artemia salina (artemia sp.) si puòcoltivare in grandi estensioni dilagune costiere e nelle saline dellacosta peruviana. Utilizzata neglihatcheries come cibo per le prime fasidello sviluppo dei pesci e deicrostacei, per la sua alta conversioneenergetica, l’artemia ha il vantaggiodi potersi immagazzinare a secconella fase di uovo, durante periodimolto lunghi.

Dalle «Palabras del Editor» del Libro deOro de la Pesquería Peruana. SociedadNacional de Pesquería, Lima 2003, 402pp. www.snp.org.pe [email protected]

P. M

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«Si sa che, generalmente, gli indios di quella costa ...adoravano tutti ilmare (...); lo adoravano a causa del benefi-cio che, con il pesce, gli davaper mangiare e per concimare le

loro terre, perché in alcune parti diquella costa leconcimavano con teste di sarde, e lo chiamavano

cosìMamacocha, che vuol dire Madre Mare, perché faceva ilruolo di madre dandoloro da mangiare»

Inca Garcilaso de la Vega, Comentarios Reales (1609)

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Il filosofo francese Henri Levi-Strauss,nel suo libro Il crudo e il cotto, sostieneche il passaggio dalla barbarie alla civiltàsi produsse quando l’uomo primitivo siservì del fuoco per cuocere i suoi cibi.Crasso errore. Soprattutto se viene da unfrancese, perchè nella buona cucinafrancese il maigret de canard (fette di anatrasemicrude) è uno dei piatti di bandiera.In genere, buona parte della gastronomiapiù raffinata del pianeta offre dellemeraviglie che non sono state punite dalfuoco. Non sono, allora, dei termini chesi escludano, il crudo e il cotto. E il Perù,a modo suo, è anche un regno dei crudi.

Vari millenni prima dello splendoredella Signoria di Sipán, gli abitanti dellenostre coste vivevano, quasiesclusivamente, dei frutti che offriva inmodo abbondante il generoso Oceano Pa-cifico. Gli splendidi pesci, un «mero» ouna «corvina», per esempio, non avevanobisogno del trattamento con il fuoco peroffrirsi in tutta la propria freschezza alcommensale. Spesso i pesci e i frutti di mare,appena usciti dal mare, erano conditi conpeperoncino e altri piccanti della terra.Anche se molte volte, privi già delle lorosquame e delle loro spine dorsali, eranomessi a bagno nei sughi del «tumbo» agroche, inoltre a dargli un po’ di sapore,compiva le funzioni della macerazione.

Nel XVI secolo, con l’arrivo deglispagnoli, appaiono i limoni di «pica»,portati dall’Africa del nord, e le cipolle egli agli, patrimonio dei popoli del MareMediterraneo. Con questi contributivengono completati gl’ingredienti chedarebbero origine a sua maestà, il«cebiche», il re di tutta una dinastia deipiatti crudi del Perù. Anche se il popolare«cebiche», o le diverse varietà di questo,per essere più preciso, circolava tra letavole dell’estenso litorale da centurie, laprima menzione scritta che arriva allenostre mani è quella di Manuel AtanasioFuentes, alias «Il pipistrello», apparsa sullasua Guía del viajero en Lima, pubblicatanel 1866. Manuel Atanasio Fuentes eraun erudito infrancesato e nel suo libroaggredisce il virtuoso «cebiche». «I cibieminentemente nazionali sono i piccantiche, con tanto piacere assapora la plebe[...] ma il piccante più piccante, quelloche più lacrime strappa (dopo la gelosia)è il seviche». Tuttavia, malgrado la suaantipatia e sgarbatamente, ci lascia unaricetta del piatto in questione: «Consistein minuti pezzi di pesci o gamberi che sigettano in sugo di arance agre, con moltopeperoncino; si conservano così per alcuneore fino a che il pesce s’imbeve dipeperoncino e si cuoce quasi nell’azionecaustica di questo e nell’agro dell’arancia».

È vero che, con più o meno varianti,il pesce e altri frutti di mare, macerati conl’aceto, la senapa o il limone, fanno parte,da molto tempo, della gastronomia comune

RICETTE

CEBICHE CON ARANCE AGRE

800 grammi di filetti di pesce spada o«tollo» di latte½ chilo di arance agre½ cucchiaio di aglio macinato1 peperoncino «arnaucho» senzasemi, tritato grosso1 cipolla rossa grande tagliata allajulienne e lavataSale2 patate o «yucas»2 batate violacee cotte1 pannocchia cottaFoglie di lattuga creola

Tagliare il pesce e lavarlo. Collocarein un recipiente e condire con sale, agliomacinato e il sugo delle arance.Aggiungere il peperoncino e rimuovere.Lasciar riposare per 10 minuti eaggiungere la cipolla. Servireaccompagnato dalle patate o la «yuca»,la batata e la pannocchia. Decorare confoglie di lattuga.

«TIRADITO» AL FRESCO

600 grammi di filetto di «corvina»12 oncie di olio di oliva6 oncie di aceto bianco1 cucchiaino di aglio liquefatto2 oncie di sugo di limoneSale2 pannocchie sgranate

Tagliare il pesce a fette sottili eoblique, e collocarle in un contenitore.

Preparare un condimento conaceto, limone, sale, aglio e olio di oliva.Servire le fette di pesce coperte dal con-dimento e accompagnate dallepannocchie sgranate.

«TIRADITO» DI PEPERONCINOGIALLO

800 grammi di filetto di sogliolaSugo di 12 limoni1 chilo di peperoncino gialloPrezzemolo tritatoLatteSale, pepe e prodotto per insaporirePannocchia sgranata

Bollire durante 5 minuti ilpeperoncino giallo senza semi, cambian-do tre volte l’acqua. Liquefare con unpo’ d’olio fino a ottenere una crema.Tagliare il filetto di pesce a strisce dimezzo centimetro di larghezza.Aggiungere il sale e il prodotto perinsaporire a piacere. Quindi, aggiungereil sugo dei limoni. Incorporare la cremadi peperoncino, il prezzemolo e il lattefino a quando sia cremoso. Servire conle pannocchie sgranate e decorare con«rocoto» a fette, unto di prezzemolo.

«TIRADITO» DI SOGLIOLA EPOLPO

300 grammi di sogliola fresca tagliata astrisce300 grammi di polpo bollito, a fette100 grammi di sedano tritato8 rami di coriandolo tritatoSugo di 10 o 12 limoni verdiMezzo peperoncino «limo» viola, senzasemi, tagliato a fette sottili1 tazza di brodo di pesce¼ di cucchiaino di aglio macinato

IL «CEBICHE»: MONARCA DEI CRUDIAntonio Cisneros

a molti popoli che abitano sulle rivedell’immenso Pacifico. Ma la quantità, laqualità e la frenesia con le quali sono statiincorporati nella nostra gastronomia,trovano difficilmente concorrenza. Perciòmolti dei miei connazionali vivono convintiche Dio è peruviano e che il «cebiche» è,senz’alcun dubbio, un’opera divina.

E la verità è che, parlando di «cebiche»,l’educazione non esclude la franchezza.Diversamente dalla preparazioneperuviana, in altri paesi hanno l’abitudine,se non lo fanno bollire, di ammollare ilpesce, praticamente di cuocerlo, nel sugodi limone. Lunghe ore di timoroso riposonel limone producono cibi insipidi e molli.L’altra differenza sta negli annessi. Ci sonoluoghi nei quali le magnifiche «conchas»nere sono annegate in salsa di pomodoro.In altri, aggiungono al pesce pezzi diavocado, frittata di mais e pomodorini. Macredo che la più grande bestemmia consis-ta nell’allagare una sorte di languido«cebiche» con abbondanti zampilli dimaionese densa e oleosa. La vera causa diqueste e di altre versioni così sfortunate sitrova nello spavento nei confronti del cru-do. Un bel pesce abbrutito dal limone epieno di pomodoro è appena un intingolovergognoso. L’occultazione vile della naturaradiante dell’animale.

Perciò il pesce dev’essere fresco comeuna frutta. In quel caso, un riposo di pochiminuti nel sugo dell’agrume è altro chesufficente. Non ci dev’essere quasi ritardofra spezzare una buona sogliola, peresempio, e sottometterla al dente. Esebbene il «cebiche» è patrimonio generaledi questa nazione, la preparazione secondole regole è, a mio modo di vedere e dicapire, quella che si usa nella costa nord.Un pesce molto fresco, bianco e duro.Una base molto sottile di sugo di limone,un sospiro d’aglio, sale, peperoncino«limo» senza vena (con le loro bucce gialle,porpora e rosse) e alcune, solo alcune,scheggie di cipolla. Le batate (o le «yu-cas») e le pannocchie fanno da guarnizionee non sono obbligatorie.

Tra di noi esiste, inoltre, una variantedel «cebiche» chiamata «tiradito». Ilnome viene dalla parola «estiradito», cheè il modo in cui si distende il pesce pertagliarlo diagonalmente, allo stile delGiappone –per questo è considerato ancheun piatto nikkei, cioè, d’influenzagiapponese-. Nel caso del famoso«tiradito», il pesce, appena ha frequentatola base di limone, viene coperto leggermentecon una crema di peperoncino giallo e nonporta cipolla né altri ornamenti. Tra l’altro,i «cebiches», oltre al classico pesce, o aimille pesci diversi, si può fare con gamberidi fiume e di mare, ricci di mare, «con-chas», arselle e «machas». La grandezzadei crudi del Perù è dovuta, in grandemisura, alle bontà del Pacifico,anticamente chiamato Mare del Sud.

L’importanza che i nativi hanno dato da sempre al cibo si manifesta nella saga delleggendario Naylamp, il quale arrivò alle spiagge dell’attuale Lambayeque con unaflottiglia di canotti e un importante corteo, nel quale si distinguevano il cuoco e ilpreparatore di bibite del Signore. La stima per le abilità di un cuoco fece che, verso laprima metà del secolo XVI, gli abitanti della località di Reque, al nord del paese,eleggessero come curaca il capocuoco Edeco.

Nel Perù, ogni regione possiede un mosaico di piatti locali, ognuno miglioredell’altro. La corretta preparazione dei cibi è stata una preoccupazione permanentedell’abitante indigeno e per questo acquistò l’abilità di disidratare alcuni dei suoiingredienti –carni di camelidi, cervi, «vizcachas», colombe e pernici— per mezzo dicomplicati sistemi per ottenere un prodotto conosciuto come «charqui», di facileconservazione nei depositi o collcas. Nello stesso modo, i pescatori salavano edisseccavano i pesci al sole insieme a diverse specie di frutti di mare e di alghe. Graziealla ricchezza del mare, la pesca soddisfaceva il consumo locale, permettendo agliabitanti della costa fare l’interscambio con gli abitanti delle terre alte».

María Rostworoski. El cebiche en la comida prehispánica.

3 cucchiaini di prodotto per insaporireSale e pepe

In un recipiente fondo, collocare ilsedano, il coriandolo, il peperoncino, ilsugo di limone, il sale, il pepe, l’agliomacinato e il prodotto per insaporire.Rimuovere perchè le verdure lascinoandare il proprio sugo. Fare riposare per10 minuti. Il sugo deve diventarebianco. Aggiungere il brodo di pesce erimestare. Collocare il pesce e il polpoin un contenitore. Rimestare e scolareil miscuglio sul pesce e il polpo.

LATTE DI TIGRE

100 grammi di punte di filetto di sogliolaSugo di 10 limoni1 costola di sedano1 peperoncino «limo arnaucho»1 spicchio d’aglioSale, pepe e prodotto per insaporireCoriandoloBrodo di pesce

Liquefare gli ingredienti eaggiungere il brodo di pesce necessarioper diminure l’acidità dei limoni.Scolare e servire in bicchieri piccoli.Prima di servire, si può aggiungere deitocchetti di pesce, di fritto di calamario di pannocchia sgranata.

LATTE DI PANTERA

30 «conchas» nere grandi4 limoni verdi grandi1 cucchiaino di sale1 cucchiaino di aglio macinato¼ di cucchiaino di pepe neromacinato1 cucchiaino di peperoncino«arnaucho» macinato1 cucchiaino di prodotto per insaporire

Aprire le «conchas» nere e mettereda parte la polpa e i sughi. Tritare lapolpa a tocchetti, aggiungere sugo dilimone, sale, aglio, peperoncini eprodotto per insaporire. Incorporare ilsugo delle «conchas» e rettificare il con-dimento. Servire in coppette.

Cebiches del Perú. Editore: Walter H. Wust.Testi di Antonio Cisneros, AlejandroFerreyros, Luis Jochamovitz, MaríaRosto-rowski, Raúl Vargas y Walter H. Wust.Backus. Lima, 2004, 186 pp.www.backus.com.peVedere anche la collezione multimedia Gas-tronomía/Sabores del Perú y del Mundo MarkingPerú/Giornale Correo. Lima, 2004.

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i sono alcuni che sostengono chela storia del fumetto peruviano

risale alla Nueva Crónica y Buen Go-bierno (1615), di Guamán Poma deAyala, ma, in realtà, data dai finalidel XIX secolo. Prolungamento dellacaricatura, associato alla satira politicae sociale, il fumetto fu accolto inpubblicazioni di quel tipo, come lacelebre Monos y Monadas, degli inizidel XX secolo. Nel 1940 apparve laprima rivista specializzata, Palomilla,che fu seguita da Clímax (1943). Èautore notevole, in questi primidecenni, Pedro Challe, creatore diGordete y Calambrito.

Il fumetto peruviano fece nascere,nel seguente decennio, Juan Santos,protagonista andino di innumerevoliavventure; così come Super Cholo,versione natia di Superman. Con essi,apparirono anche il creolo Manyute e

PAROLE SULL’AUTOREGustavo Gutiérrez

uan Acevedo aveva già fattofumetti di tema storico. Adesso cipresenta un ambizioso progetto:

raccontare la storia di Iberoamericaattraverso le avventure di un gruppo dibambini. Storia raccontata non soltantoper i bambini, ma –e questa è forse lacosa più significativa e difficile— ancheda essi, diventati scopritori di un mon-do nuovo.

Le loro esperienze diventano nostre,le loro ignoranze sono quelle che nonosiamo confessare, viviamo le lorosorprese come se noi stessi fossimo ipersonaggi di quella storia, le loro gioieci rilassano, il loro senso dell’umore cimantiene all’erta e ridenti. Divertiti esorridendo, andiamo indietro nel tempoe progrediamo in conoscenze.

Ma non inganniamoci: la facilità concui andiamo e torniamo dalla manodell’autore suppone, da parte sua, unafaticosa e diligente preparazione nellematerie trattate. La chiarezzadell’esposizione si ottiene soltanto quandosi domina l’argomento. L’opportunariproduzione di espressioni artistiche e didocumenti di natura varia sono ancorauna prova di ciò che affermiamo.

Juan è, non c’è dubbio, uncomunicatore abile. Comunicasemplicemente e con efficacia, ma comu-nica anche qualcosa, ci fa entrare incomunione –termine che ha la stessa radicedi ‘comunicare’—con una maniera umanae sensibile di vedere e di capire la vita.

PAROLE DELL’AUTORE

L’idea di realizzare questo fumettonacque a Florencio Varela, località nellaperiferia di Buenos Aires. Era l’aprile del1990 e io frequentavo come osservatore ilII Encuentro Latinoamericano de Chi-cos del Pueblo. La maggior parte di essierano bambini lavoratori, della strada o dicasa loro, bambini delle classi povere diquasi venti paesi. Chiaccheravano,ridevano, domandavano per la vita deglialtri, raccontavano le loro vite, giocavanodurante gli intervalli, manifestavano econfrontavano le loro posizioni durantele assemblee. Io gli guardavo meravigliato,apprezzando le forme in cui s’integravanoe conservavano distanza. Stavo attentoalle loro diverse intonazioni dello spagnoloe a come, perfino con i meninos da ruabrasiliani, si oltrepassavano le barriereidiomatiche e si riconoscevano in unaidentità più ampia.

Questa è Latinoamerica, mi dissi, e iodevo fare qualcosa per questi bambini,aiutarli nel loro rapporto. «Fare qualcosa»,nel mio caso, è quasi sempre creare unfumetto. «Le storie –ascoltai dire a uncontadino messicano—sono doni di Dio.Ci fanno guardare noi stessi». Con questerivelazioni, mi feci il proposito di narrarela storia di Latinoamerica, principalmen-te, da e per i suoi bambini e bambine.

Juan Acevedo. La historia de Iberoamérica desde losniños. Organización de Estados Americanos/Secre-taría de Cooperación Iberoamericana, Volume 1,Madrid, 2000. Volume II, Madrid, 2001. VolumeIII, Madrid, 2002. Il Volume IV si occupa del perio-do vicereale e arriva fino al presente.

l’astronauta Chépar. Egualmente,scaturì Canillita (1950), lapubblicazione specializzata di più lungavita, anche se non di tanto successocome Avanzada (1953-1967).

Negli anni settanta, di fronte apubblicazioni ufficiali, di fatturapropagandistica, irrompono JuanAcevedo ed emblematiche pubblica-zioni, come Monos y Monadas (secondaepoca), Collera, El Idiota Ilustrado e ¡No!Verso la fine degli anni ottanta, apparironoin modo effimero Etiqueta negra e¡Buum!, anticamera di un nuovo impul-so la cui conseguenza sono le setteedizioni (1993-2000) del Concorso diFumetto Giovanile, convocatodall’Associazione Calandria. Recentipubblicazioni marginali, come Resina,¡Pánico!, Crash, Boom, ¡Zap!, TuMayKomiks, Carboncito y Pandemonio sonoancora in circolazione. (S. Carrasco)

IL FUMETTO PERUVIANO

J

FUMETTO DELA STORIAProssima pubblicazione, in Spagna, del quarto volume della Historia de Iberoamérica desde los Niños, del

notevole fumettista peruviano Juan Acevedo.

c

¡Non immaginavoche gli Incasfossero così

cattivi!

Non eranocattivi,Achori!

È la storia dell’umanità.Alcuni popoli sisvilupparono dominandosugli altri...

Bello «sviluppo»! E non potevano farlorispettando gli altri?

Ma...

È successo così. Le cose non sonostate così semplici.

Semplici ocomplicate, ame nonpiacerebbeche midominassero...

Gli incas crebbero approffitando i contributi delleculture andine anteriori a essi...

...Organizzarono uno stato panandino con una rete dicammini più estesa di quella che ebbe l’impero romano.

I cammini dell’Inca furono i più grandi delmondo?

Si,

Achori...

Perchè dici«furono»? Sono icammini più grandidel mondo!

Spostati! È il postinodell’Inca!

Un «chasqui»!

Mitayok?

I chasquis arrivano ai «tampus», che si trovano a un giorno di stradal’uno dell’altro. Sono curati dai mitayok di un paese vicino.

Dove arrivano?Chi gli cura?

Quando un Chasqui arriva, loaspettano con un buon cibo edelle buone bevande, perchè sirimetta dallo sforzo.

Ci sono centinaia di Chasquis. Ognuno fa un tratto e da il suomessaggio a un altro, fino a quando questo arriva alla suadestinazione.

Lui darà il suomessaggioall’Inca?

Non sai ciò che è unpostino dell’Inca? Se

interrompi il suo lavoro,sarai punito!

Perchè? È muto?

Fermati, matto! Lui non risponderà alletue domande!

Fermo!

Achori!

Ciao, amico! Come vanno lenotizie? Succede

qualcosa digrave?

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CHASQUI 11

GRANDI ESPOSIZIONI

Quest’anno, il Perù fa vedere al mondotre grandi esposizioni. La prima, Perù:Tremila anni di Capolavori, ha permessodi apprezzare, a Firenze, nel PalazzoStrozzi, e fino lo scorso mese di febbraio,una notevole collezione di operemaestre d’arte precolombiano. Lamostra ha avuto come curatore Anto-nio Aimi e ha contato con lacollaborazione dell’Instituto Nacionalde Cultura.

D’altra parte, a Barcellona, nel Museod’Arte di Catalogna e facendo partedel Foro Mundial de las Culturas, si pre-senta Perú indígena y virreinal,testimonianza del nostro sincretismo,che riunisce 235 pezzi, tra pittura,scultura, ceramica, argenteria, mobiliae altri.

Questa mostra è stata organizzata dallaSociedad Estatal para la Acción Cul-tural Exterior della Spagna e dall’INC,ed ha avuto come curatori Juan Ossio,Jaime Mariaza, Juliana Ugarte Garay eRafael López Guzmán. Rimarrà apertafino al 15 agosto e andrà dopo alla Bi-blioteca Nazionale di Madrid. Final-mente, da settembre, il Metropolitan

Museum di New York accoglierà unanotevole mostra d’arte vicerrealeperuviano, a carico di Helena Phipps eJoahnna Hecht.

III INCONTRO SCIENTIFICO

Dal 30 luglio al 2 agosto del 2004 sirealizzerà, a Lima, il III Encuentro Cien-tífico Internacional de Invierno-ECIi.Questo avvenimento, lo stesso chel’ECIv, che si fa l’estate, ha come finalitàdifondere i progressi scientifici dei

ricercatori nazionali, mostrare gli studiche si stanno realizzando sul pianointernazionale e rinforzare lacollaborazione tra i ricercatori del paesee i loro colleghi stranieri. Questo IIIIncontro è organizzato dall’InstitutoNacional de Investigación y Capacita-ción de Telecomunicaciones. Leiscrizioni sono aperte. Per ottenere piùinformazione, consultare la paginawww.cienciaperu.org/eci2004i/

ELENCO ROSSO

La recente pubblicazione della Lista RojaICOM, sobre Bienes Culturales Latinoa-mericanos en Peligro –presentata a Lima,nel Museo Nazionale di Antropologia,lo scorso 18 maggio- aiuterà i poliziotti aidentificare opportunamente oggetticulturali rapportati come spariti. La Lis-ta Roja è anche un appello ai musei,alle case di vendita all’asta, aicommercianti e ai collezionisti perchésmettano di acquistare questi oggetti,e riempie un vuoto allertando suglieffetti irremediabili che, per la ricercasu usi e abitudini ancestrali, ha la perditadi beni archeologici. A proposito, meritadi essere risaltata l’approvazione chel’UNESCO fa del Codice Internazionale

di Deontologia per i Negozianti in BeniCulturali, disponibile inw w w. u n e s c o . o r g / c u l t u r e /legalprotection

IMPORTANTE DONAZIONE PERBIBLIOTECHE DEL PERÙALL’ESTERO

Nell’ambito del recente Convenio deCooperación para la Promoción de Valo-res Culturales del Perú en el Exterior,sottoscritto dalla Cancelleria el’Università San Martín de Porres,questa casa di studi ha donato sessantapartite di trenta titoli ognuno,provenienti del suo Fondo Editoriale,perché siano distribuite nelle nostreambasciate.Si tratta di una pregiata contribuzioneche arricchisce le biblioteche di cultu-ra peruviana, che promuove il Ministerodegli Affari Esteri nelle sue missioniall’estero, e che potrà essere consultatada connazionali e pubblico interessato.La donazione comprende, tra altri titoli,un’importante collana dedicata allagastronomia peruviana. Sul FondoEditoriale dell’Università San Martín dePorres, vedere www.usmp.edu.pe

SUONI DEL PERÙ

AGENDAGRANDI ESPOSIZIONI

Quest’anno, il Perù fa vedere al mondo tregrandi esposizioni. La prima, Perù: Tremilaanni di Capolavori, ha permesso diapprezzare, a Firenze, nel Palazzo Strozzi, efino lo scorso mese di febbraio, unanotevole collezione di opere maestre d’arteprecolombiano. La mostra ha avuto comecuratore Antonio Aimi e ha contato conla collaborazione dell’Instituto Nacionalde Cultura.D’altra parte, a Barcellona, nel Museod’Arte di Catalogna e facendo parte delForo Mundial de las Culturas, si presentaPerú indígena y virreinal, testimonianza delnostro sincretismo, che riunisce 235 pezzi,tra pittura, scultura, ceramica, argenteria,mobilia e altri.Questa mostra è stata organizzata dallaSociedad Estatal para la Acción CulturalExterior della Spagna e dall’INC, ed haavuto come curatori Juan Ossio, JaimeMariaza, Juliana Ugarte Garay e RafaelLópez Guzmán. Rimarrà aperta fino al 15agosto e andrà dopo alla BibliotecaNazionale di Madrid. Finalmente, dasettembre, il Metropolitan Museum diNew York accoglierà una notevole mostrad’arte vicerreale peruviano, a carico diHelena Phipps e Joahnna Hecht.

III INCONTRO SCIENTIFICO

Dal 30 luglio al 2 agosto del 2004 sirealizzerà, a Lima, il III Encuentro CientíficoInternacional de Invierno-ECIi. Questoavvenimento, lo stesso che l’ECIv, che si fal’estate, ha come finalità difondere i progressiscientifici dei ricercatori nazionali, mostraregli studi che si stanno realizzando sul pianointernazionale e rinforzare la collaborazionetra i ricercatori del paese e i loro colleghistranieri. Questo III Incontro è organizzatodall’Instituto Nacional de Investigación yCapacitación de Telecomunicaciones. Leiscrizioni sono aperte. Per ottenere piùinformazione, consultare la paginawww.cienciaperu.org/eci2004i/

ELENCO ROSSO

La recente pubblicazione della Lista RojaICOM, sobre Bienes CulturalesLatinoamericanos en Peligro –presentata aLima, nel Museo Nazionale diAntropologia, lo scorso 18 maggio-aiuterà i poliziotti a identificareopportunamente oggetti culturalirapportati come spariti. La Lista Roja èanche un appello ai musei, alle case divendita all’asta, ai commercianti e aicollezionisti perché smettano di acquistarequesti oggetti, e riempie un vuoto

allertando sugli effetti irremediabili che,per la ricerca su usi e abitudini ancestrali,ha la perdita di beni archeologici. Aproposito, merita di essere risaltatal’approvazione che l’UNESCO fa delCodice Internazionale di Deontologia per iNegozianti in Beni Culturali, disponibilein www.unesco.org/culture/legalprotection

IMPORTANTE DONAZIONE PERBIBLIOTECHE DEL PERÙALL’ESTERO

Nell’ambito del recente Convenio deCooperación para la Promoción de ValoresCulturales del Perú en el Exterior,sottoscritto dalla Cancelleria e l’UniversitàSan Martín de Porres, questa casa di studiha donato sessanta partite di trenta titoliognuno, provenienti del suo FondoEditoriale, perché siano distribuite nellenostre ambasciate. Si tratta di una pregiatacontribuzione che arricchisce le bibliotechedi cultura peruviana, che promuove ilMinistero degli Affari Esteri nelle suemissioni all’estero, e che potrà essereconsultata da connazionali e pubblicointeressato. La donazione comprende, traaltri titoli, un’importante collana dedicataalla gastronomia peruviana. Sul FondoEditoriale dell’Università San Martín dePorres, vedere www.usmp.edu.pe

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CHASQUIIl postino del Perù

Bollettino culturale

MINISTERO DEGLI AFFARI STERI DELPERU

E-mail: [email protected]: www.rree.gob.pe

Gli articoli sono responsabilità degli autori. Questo bollettino è distribuito

gratuitamente dalle Missioni del Perù all’estero.

Traduzione:Ana María Gazzolo

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ELENCO PER GLI IMPRENDITORI

PROMPERÚComisión de Promoción del Perú

Calle Oeste No. 50 - Lima 27Telefono: (511) 224-3279

Fax: (511) 224-7134E-mail: [email protected]

Web: www.peru.org.pe

PROINVERSIÓNAgencia de Promoción de la Inversión

Paseo de la República No. 3361piano 9 - Lima 27

Telefono: (511) 612-1200Fax: (511) 221-2941

Web: www.proinversion.gob.pe

ADEXAsociación de Exportadores

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CANATURCámara Nacional de Industria y Turismo

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LA CULTURA CAMBIA EL FUTURODISTRIBUIDOR EXCLUSIVO EN EL PERÚ

PETRÓLEOS DEL PERÚ AL SERVICIO DE LA CULTURA

Page 12: CHASQUI - rree.gob.pe · Contacto social y lingüístico: el español en contacto con el quechua en el Perú. PUCP, Lima 2000. Germán de Granda. Estudios de Lingüísti-ca Andina

CHASQUI 12

ANTICHI STILI

Batti batti quel « cajón »Che finisca di spezzarsi

Che in casa del padrone« Cajones » non mancheranno

(Folklore)

li studiosi Fernando Ortiz, Fer-nando Romero e Nicomedes

Santa Cruz coincidono nel segnalareche il «cajón» non ha molto più di centoanni e il suo periodo di maggior apogeopuò essere datato agli inizi del XXsecolo, quanto più alla fine del XIX.

È probabile che appena versoquell’epoca abbia cominciato lafabbricazione di «cajones» con esclusivae ristretta finalità musicale. Fino allora,il «cajón» non era altro che una «scatolaqualunque», utilizzata per accompagnaremusicalmente alcuni canti e balli dei nerie dei meticci. I « cajones » nonpresentavano le rifiniture che splendononei « cajones » attuali e perfino il suonodi quegli antichi strumenti cisembrerebbe oggi un po’ «fesso», comese il «cajón» fosse rotto.

Agli inizi del 1900, i suonatori di«cajón» non si sedevano sullostrumento. Molti lo facevano su unasedia o una panca, socchiudevano legambe e inclinavano il «cajón» verso laparte posteriore, appoggiandolo sullastessa panca o sulle coscie. Così losuonavano dalla parte anteriore.

Il «cajón» che attualmenteconosciamo tutti, «con la forma di colonna»(perché è più alto che largo), è proprioquello che comincia ad essere chiamato«cajón» peruviano. Tuttavia, durante moltotempo, si adoperò il «cajón» adagiato,rovesciato sul lato più largo, meno fondo, eche per la sua forma risulta essere più largoche alto. Per distinguere un modellodell’altro, in questo lavoro useremol’espressione «cajón» di colonna.

Il «cajón» creolo cedette spazio nellamisura in cui la musica afroperuviana sifece a poco a poco più popolare; tuttavia,continua ad essere utilizzato. Alcunifabbricanti di «cajones» crearono unavariante del creolo con corde tese, chevengono collocate nella parte inferiore,appoggiate sul coperchio frontale, eimitano il suono e il sistema utilizzato daltamburo rullante o «tarola». Questa va-riante passò anche più tardi al «cajón» dicolonna. Alcuni di questi non hannoneanche la forma del parallelepipedo,giacché sono state tentate diverse for-

colpi più «secchi». Quest’effetto siottiene anche nel «cajón» di colonna,ma il suonatore di «cajón», seduto sullostrumento, separa generalmente legambe e lascia scoperto il «coperchio»o «faccia» del cajón.

Quando suona un trio o complessodi «cajones», tutti e tre sono di solito disimili misure e di suono assai somigliante.Tuttavia, in Cuba, le orchestre di «cajo-nes» si formano con strumenti di diversemisure e suoni, e quello più grande e disuoni più gravi viene chiamato «tum-ba», mentre «quinto» è il nome che sida a quello che ha suoni più acuti. NelPerù, quando si forma un complessooppure orchestra di «cajones»,chiamiamo «cajón llamador» a quelloche ha la funzione d’imprimere il ritmobasico, e «cajón repicador» a quello checompie il ruolo di rintoccare, di fare lefioriture e i solo. Queste denominazionisi danno in funzione del ruolo che svolgeil suonatore e non prendendo inconsiderazione la misura e il suono dellostrumento, e derivano dalle funzioniesercitate da tamburi a membrane. Ge-neralmente, queste funzioni si realizzanod’accordo a turni, secondo quel chesentano gli esecutori. Anticamente, ilrintocco era destinado al suonatore di«cajón» che avesse più esperienzanell’esecuzione dello strumento.

Nicomedes Santa Cruz Gamarra, ilquale, dagli anni sessanta, scrisse unaserie di articoli periodistici dedicati aquesto strumento, titolata «Sua maestà,il cajón», ci dice: «Per quel che riguardala fabbricazione artigianale del cajónattuale, ce ne sono di vari stili edimensioni: appianati e con manico, deltipo valigetta «James Bond»; grandi erustici, come bare da paese; piccolicome salvadanaio da santo; verniciati,laccati, dipinti in bianco, verde, nero orosso e bianco, come la bandieraperuviana; con il monogramma del cen-tro musicale o le iniziali del proprietario;inchiodati con bullette dorate; infine,non ci sono due cajones uguali, anchese nella novissima generazione non cisono due suonatori di «cajón» chesuonino in modo diverso». Quest’ultimalinea ha sapore di protesta di fronteall’apparizione di nuovi suonatori senzastile proprio o senza personalità al mo-mento di sedersi sullo strumento.

Rafael Santa Cruz. El cajón afroperuano. Co-codrilo Verde Ediciones, Lima 2004, 177pp.Il libro include un CD multimedia conspiegazioni in audio e immagine.

me geometriche e diverse misure.Per quanto riguarda il «cajón»

creolo, lo strumentista, seduto sempresullo strumento, colloca una gamba al

centro di questo, dividendo in due illegno frontale: una metà accanto a ognigamba. Eventualmente, si utilizzava illato destro dello strumento per alcuni

G

Jarana di Lima con il«cajón», piccolascatola e mascelladell’asinoFotografie: AníbalSolimano.

IL ‘CAJÓN’AFROPERUVIANO

Rafael Santa Cruz, erede di una grande tradizione nell’ambito della cultura afroperuviana, pubblica il piùcompleto studio in omaggio a questo strumento convertito in icona musicale del nostro paese. A

continuazione, un capitolo della sua recente opera.