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«Ci fu dunque, un tempo, un’Età dell’Oro… Perché ebbe fine e come?». Giorgio de Santillana (Il Mulino di Amleto) Cosma Indicopleuste, Topografia Cristiana, ms. Vat. gr. 699.

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Page 1: «Ci fu dunque, un tempo, un’Età dell’Oro… Perché ebbe fine e … · 2019. 8. 29. · Il Mulino di Amleto) «Quello che nessuno sa, quasi non è successo». Apuleio Le Metamorfosi,

«Ci fu dunque, un tempo, un’Età dell’Oro…

Perché ebbe fine e come?».

Giorgio de Santillana (Il Mulino di Amleto)

Cosma Indicopleuste, Topografia Cristiana, ms. Vat. gr. 699.

Page 2: «Ci fu dunque, un tempo, un’Età dell’Oro… Perché ebbe fine e … · 2019. 8. 29. · Il Mulino di Amleto) «Quello che nessuno sa, quasi non è successo». Apuleio Le Metamorfosi,

Titolo originale:

OMPHALOS

IL PRIMO CENTRO DEL MONDO

di Sergio Frau (con la collaborazione di Massimo Faraglia e Stefano Loi)

Copertina: Giancarlo Montelli

Progetto grafico

e cura dell’apparato iconografico: Laura Montelli

Sorprese: Massimo Bucchi

Hanno contribuito: Gianluca Belei

Roberta Boccacci

Salvatore Borghese

Giancarlo Casula

Matteo Cera

Giuseppe Corongiu

Luisa Giacomelli

Francesco Lai

Mauro Lo Monaco

Paolo Macoratti

Francesco Manca

Giovanni Manca

Maria Antonietta Piga

Ettore Tronci

ISBN 978-88-85477-00-1

2017 Nur Neon.o srl – Roma

www.colonnedercole.it www.colonnedercole.info

www.omphalos-sardegna.it

Distribuzione Citi SRL Via del Fosso Galeria, 44 - 00166 Roma Telefono 06 65002927; 06 65002927

Fax: 06 6524271 Email: [email protected]

Per la Sardegna: Agenzia Promozione Editoriale Manca

Vico Arno, 3 09122 Cagliari Tel./Fax 070 7323296 [email protected]

Finito di stampare nel mese di agosto 2017 dalla tipografia Arti Grafiche La Moderna

2 Guidonia (Roma)

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coppa di samarra

vii millennio

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nel lampadario etrusco. Museo archeologico di Cortona.

Interno della Coppa di Samarra, fine VII inizio VI millennio a.C. Pergamon Museum, Berlino.

Medusa

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Parola loro… Fedro: «Ma dimmi, per Zeus, tu Socrate,

credi ancora che questo mito sia vero?» Socrate: «Ma se io non ci credessi

– così come non ci credono i sapienti – non sarei lo strano uomo che sono…».

Platone

(Fedro, 229b-230a)

«Di proposito ho trascritto questo passo per intero,

nel timore che tu pensi che io frodi o inganni producendo antichi miti che,

per quanto forse composti in modo verosimile,

non sono composti in modo assolutamente veritiero. Ma che dice di queste cose il racconto vero?»

Giuliano l’Apostata, imperatore

(Lettera a Temistio, 5.35)

«De Santillana amava richiamarsi a una frase

di Alexander von Humboldt: “Certa gente prima nega una cosa; poi la minimizza;

infine decide che la si sapeva già da tempo”».

Hertha von Dechend (Prefazione all’edizione tedesca de

Il Mulino di Amleto)

«Quello che nessuno sa, quasi non è successo».

Apuleio Le Metamorfosi, Libro X, 3

«Ognuno ha non solo la libertà e il diritto,

ma anche l’obbligo di dire ciò che pensa per aiutare il bene comune.

Avere dunque questa libertà, ma senza offendere. Perché è vero che non si può reagire violentemente,

ma se il dottor Gasbarri (Alberto Gasbarri è l’organizzatore dei viaggi papali,

nelle visite apostoliche compare sempre a fianco

del Papa. Ndr) che è un amico, dice una parolaccia contro la mia mamma, si aspetta un pugno (il Papa fa il gesto di dare un pugno. Ndr).

Non si può provocare, non si può insultare…».

Papa Francesco (durante il viaggio di ritorno da Sri Lanka

e Filippine del gennaio 2015)

Offerente. Museo Etrusco di Villa Giulia, Roma (foto Gianluca Belei).

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Come prefazione... O, forse, un antefatto…

Botta & Risposte… La loro clava era un boomerang.

«Quello che nessuno sa, quasi non è successo»

scrisse Apuleio. Ma siccome quel che si racconta qui è davvero successo, meglio farlo sapere.

Un “Botta & Risposte”, questo, che permette anche di riassumere e confrontare un doppio sguardo sul Mediterraneo degli Antichi

e le sorprese d’epoca che regala...

Massimo Bucchi.

Tutti zitti, lì in Sardegna, quelli lì… Zitti mentre si smantellava un Museo tra i più affascinanti del Mediterraneo, mentre si teneva Cagliari per più di 10 anni senza il suo passato. Zitti, mentre si foderava a morte

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l’Anfiteatro di Cagliari. Zitti, anche mentre si sbancava la Ne- cropoli di Tuvixeddu, mentre si tombavano – per più di 30 anni negli scatoloni – i Giganti di Monti Prama (trovati lo stesso anno della scoperta dei Guerrieri di Xian, ma nascosti in magazzino fino ai soldi di Re Soru)… Tutti zitti, lì in Sardegna, quelli lì, mentre si autorizzavano colossali piloni nel cielo del Nuraghe Losa; mentre si lasciava costruire un parking commerciale su un porto antichissimo, mai ispezionato, davvero, come si doveva. Zitti, mentre ci si faceva derubare di meraviglie a Fordongianus, a Oliena, dai nuraghi sepolti... Zitti: si lasciava correre persino per quella decina di menhir “comprati in zona” e traslocati a Villa Cer- tosa, per far più suggestive feste e festini, lì. Zitti, quando Berlusconi se ne fece bello in un’intervista. Zitti quando Oggi ne pubblicò le foto. Tutti zitti, sempre zitti. Tutti in fila, d’improvviso, in ordine alfabetico, per firmare contro un libro: le Colonne d’Ercole, un’inchiesta…. Nell’Isola c’è un proverbio antico come l’Isola: Un angione marzu rovina il gregge. L’angione è l’agnello: ne basta uno per infettare tutte le altre pecore. Qui di angioni marci non ce n’era uno solo: ce n’erano davvero assai. E sono ancora tutti lì, infetti… Cosa c’è di più entusiasmante del vedere naufragare e inabis- sarsi nel tuo mare un Appello agli Studiosi di Scienze dell’An- tichità del Mondo Mediterraneo? Poche, pochissime cose. Soprattutto se l’Appello riguardava proprio te… Posso testimoniarlo di persona. E sì, quell’Appello che leggerete tra poco – organizzato da una quindicina di buro-archeologi sardi, complici e/o conni- venti dei due soprintendenti di Cagliari e Sassari, finiti poi sotto processo per corruzione, abuso di atti di ufficio e asso- ciazione a delinquere per scempi davvero vergognosi, che avevo dovuto denunciare su Repubblica – era talmente strampalato e volgare che non soltanto ha creato mille soli- darietà in più, non soltanto ha convinto altre ventimila per- sone a procurarsi e leggere la mia ricerca, ma soprattutto perché il Mediterraneo non aggiunse neppure una firma in più alle 280 firme degli inizi, megafonate da Carlo Figari su L’Unione Sarda. Alla cricca degli organizzatori si erano aggiunti una trentina di accademici, locali e no, e circa 200 sottoposti/sottomessi di quelle Soprintendenze.

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Botta & Risposte...

A quota 300 firme, poi, non sono mai riusciti ad arrivare… Non una firma si aggiunse a quelle ottenute gridando al lupo, al lupo: un lupo che non solo sbranava le soprintendenze lo- cali senza il dovuto rispetto, ma resuscitava la fantasia di una Sardegna, Isola di Atlante. Il Mediterraneo non rispose. Altri problemi ha, purtroppo, il Mediterraneo… Quello, fin qui, il retroscena. Questo che segue ora è il Botta & Risposte pubblico che con loro ho avuto su La Nuova Sardegna del 25 gennaio 2005: uno per uno i loro anatemi e il Mediterraneo secondo loro. In corsivo, le mie risposte e il mio di Mediterraneo, riapparso a sorpresa da quella ricollocazione delle “prime” Colonne d’Er- cole al Canale di Sicilia. Può servire – come premessa, come antefatto – a ridisegnare il Mondo degli Antichi come molto probabilmente era davve- ro: con la Sardegna al posto suo. Nel mare… Messa lì a essere l’Isola di Atlante, al Centro del Primo Mon- do, per inghiottire ogni sera il Sole di ogni giorno.

Il testo dell’Appello al Mediterraneo (Come pubblicato sul sito dell’Istituto Italiano

di Preistoria e Protostoria).

Archeologi, Geologi, Storici, Filologi, Glottologi, Antropolo- gi, studiosi e professionisti di varie discipline, impegnati a vario titolo nello studio delle antiche civiltà del Mediterraneo e particolarmente della Sardegna, ritengono importante fare alcune considerazioni su recenti operazioni mass-mediatiche intorno al passato della Sardegna. Premesso che ognuno può trattare e interpretare ciò che vuole come meglio crede, è bene precisare che dal punto di vista della ricerca scientifica, da cui gli studiosi estensori di questo appello non intendono prescindere, è utile fare le seguenti precisazioni:

1. Solo su un piano di fantasia può essere divertente ipotiz- zare una identificazione della Sardegna con la mitica isola platonica di Atlantide, con l’immaginaria sede dei beati Iper- borei, con l’Eden biblico e col mondo dell’aldilà della tradi- zione classica e cristiana;

Verissimo! Mi sono divertito molto – pilotato da un dubbio geologico – a verificare le fonti greche (non quelle cristiane) e a scriverne. A quanti di voi è già capitato di ricercare,

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scrivere qualcosa e, anche, di farsi leggere poi, da qualcuno su pagine non pagate dallo Stato? Una sola chiosa (soprat- tutto per eventuali lettori esterni, chiarendo fin d’ora che non è mia intenzione convincere nessuno. Ma solo invitare a ragionarci su): “immaginaria” dunque anche la Roccia di Prometeo, fratello di Atlante? E, quindi, anche quel suo Caucaso all’alba, in Oriente? Tutte fantasticherie quelle de- gli Antichi?

2. in modo particolare, l’Atlantide di Platone non è un dato storico riferibile a un determinato luogo e a un determinato tempo, ma è solo una costruzione poetica e utopistica a fini esplicativi, riconosciuta come tale già dal discepolo Aristote- le, che affonda le radici in una serie di miti largamente diffu- si nel mondo antico, radicati nella consapevolezza della fra- gilità delle conquiste della civiltà di fronte allo strapotere della natura e rafforzati dalla memoria di catastrofi naturali effettivamente accadute e documentate come l’eruzione del vulcano di Thera nelle Cicladi, tra il XVII e il XVI sec. a. C.;

Be’, veramente il mio Platone (uscendo dal Canale di Sicilia) è un po’ diverso da quello incomprensibile e inaffidabile che veniva interpretato fuori da Gibilterra... Lui, comunque, fa dire proprio a Timeo: «Purché i nostri discorsi non siano meno verosimili di quelli tenuti da altri, contentiamocene pure, ricordando che io che parlo e voi che giudicate, abbia- mo natura umana: cosicché a noi basta, intorno a queste cose, accettare un mito verosimile e non dobbiamo cercare

Anfiteatro di Cagliari com’era.

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Botta & Risposte...

più lontano...». Tutt’altro metodo il suo, dal vostro. Tra lui e tutti voi – se permettete – continuerei a scegliere lui, se non altro per una questione di stile. Posso?

3. La moderna ricerca archeologica e storica evita il ricorso a cataclismi, invasioni e migrazioni come spiegazione risolu- tiva dei cambiamenti culturali, e può accogliere tali elementi solo come fattori concomitanti nel quadro di ricostruzioni interpretative di tipo sistemico su scala geografica adeguata;

A ciascuno il “tipo sistemico” che preferisce. Mi accorgo di essere assai differente da voi, e non me ne farò un dramma. Liberi voi, libero io. O no?

4. Quanto espresso al punto precedente vale in particolare per la dissoluzione delle organizzazioni politico-economiche esistenti nel Mediterraneo orientale negli ultimi secoli del II millennio a.C.;

Sorpresa: quindi ora siete gli unici al mondo che avete ben chiara quella che tutti, da sempre, chiamano “l’Età Buia”, la “Dark Age?. Complimenti!

5. Sulla base dei risultati acquisiti in circa 200 anni dalla ricerca archeologica e geologica, è possibile affermare che non esiste in Sardegna alcun indizio di un’ipotetica inonda- zione, provocata da un fenomeno geologico ipoteticamente

Anfiteatro di Cagliari dopo l’intervento approvato dalla Soprintendenza, diretta da Vincenzo Santoni.

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Non potevano certo sapere che ero “vaccinato” Castellani…

Il grande astrofisico, archeologo, accademico dei Lincei – che con il suo libro “Quando il mare sommerse l’Europa” aveva stimolato la ricerca sulle “prime” Colonne d’Ercole mi aveva già regalato gli an- ticorpi necessari per non soccombere a veleni del genere…

Data invio: sabato 25 maggio 2002 h. 18.48 Oggetto: Chapeau!!

Caro Frau, spero di aver identificato il suo mail e quindi… Dunque, come accenno nell’oggetto del mail, mi levo tanto di cap- pello. Dico subito che, a mio parere di deformato accademico, la ri- cerca avrebbe meritato un tono non così insistentemente colloquia- le. Ma sono l’ultimo a saper giudicare le eventuali esigenze editoriali, e, quanto al contenuto: accipicchia, sarebbe un’ottima tesi di dotto- rato, ben impostata e ben decumentata, se le tesi di dottorato fossero quello che dovrebbero essere e purtroppo spesso non sono. Un libro raro, se non unico in tante assordanti e velleitarie approssimazioni (dico approssimazioni per carità di patria). Anche Lei sa che qua e là ha fatto il passo un po’ più lungo della gamba, ma di quel tanto che non nuoce e stimola la ricerca. La tesi centrale mi pare oltremodo convincente e mi libera da una perplessità: portando Atlantide in Gran Bretagna non è ovviamente serio pensare ad una calata degli albionici sino ad Atene… arrampicandomi un poco sugli specchi io pensavo (ma non ricordo se l’ho scritto) proprio alle manifestazioni del megalistismo sardo come manifestazioni periferiche del megali- tismo europeo, assegnando a quest’area periferica il compito di inte- ragire col mediterraneo orientale… Ma, per dirla credo con Gotha- ma, “era come se dormissi ed ora mi sono svegliato”. Ho un solo rimprovero da muoverLe… di avermi lusingato nomi- nandomi “Zio” della sua ricerca. In realtà ne sono al più un lontano parente acquisito, ché tutto il discorso si regge indipendentemente da quello che fece il mare. Un paio di commenti (e spero che non siano cose che mi sono sfug- gite nella prima lettura, entusiastica ma affrettata): 1. Gli antichi parlano di Etruschi a Tartesso (potrei con qualche fatica trovare la citazione) tant’è che qualcuno ha speculato su una dicotomia nella migrazione dall’oriente… Le risultava? 2. Una curiosità, non sono certo un semitista, ma Melqart mi richiama “mlk” che vale “re”. Ultima cosa: io sono in genere insofferente contro le critiche mosse al mondo accademico, ma non nel suo caso. Lei ha centrato un vero problema e mi augurerei, ma non ci spero troppo, che il suo piccolo o grande terremoto servisse a far scivolare via un po’ di polvere dagli scaffali. Per favore, mi telefoni, putroppo non ho il suo numero e non ho potuto chiamarla. Grazie e sincere congratulazioni, io vado a buttar via il mio “libretto”.

Vittorio Castellani

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Botta & Risposte...

verificatosi nei mari circostanti la Sardegna intorno all’anno 1175 a. C.; Da 2000 anni, quindi, si cercherebbero tracce di maremoti per smentire quelle dieci pagine in cui io ne parlo? Oppure l’hanno fatto contro il geologo del C.N.R. Mario Tozzi che – dopo un check up in zona – ha ritenuto talmente interessan- ti quei miei punti interrogativi e l’ipotesi da dedicare un’in- tera trasmissione al problema? “Non c’è traccia” dite voi. Strano, però, che anche molti altri geologi ammettano che, per ora, si sa pochissimo del Mediterraneo d’occidente, e meno ancora dei suoi fondali.

6. Non esistono indizi di una tale inondazione nemmeno nelle terre che circondano la Sardegna lungo tutto l’arco co- stiero del Mediterraneo occidentale;

Sicuri voi, sicuri tutti? Ma andiamo...

7. La civiltà nuragica non scomparve improvvisamente nel XII sec. a.C. e men che mai a seguito di un cataclisma: ci è testimoniato senza ombra di dubbio dalla grande fioritura, in ogni angolo dell’Isola, degli insediamenti riferibili alla fase denominata Bronzo Finale, che secondo i più recenti aggiu- stamenti cronologici occupa proprio il periodo compreso tra l’inizio del XII e la seconda metà del X sec. a.C. e a cui risal- gono i manufatti nuragici rinvenuti sull’acropoli eoliana di Lipari in associazione col contesto indigeno Ausonio II e con ceramiche micenee del periodo detto Tardo Elladico III C;

Finalmente eccole le date che, da anni e anni, tutti aspetta- vano dalle soprintendenze sarde. Una domanda, però: come mai Giovanni Lilliu all’interno di Barumini trova roba del XII secolo a.C.? Come mai Raimondo Zucca legge (e scrive) Tharros “inspiegabilmente abbandonata nel XII se- colo a.C.”? Come mai il laureando Badas nella “sua” Villa- novaforru trova sotto il fango tanta roba del XII secolo a.C. da poterci riempire un museo? Come mai un mastodonte come il nuraghe s’Uraki diventerebbe “obsoleto” nel XII se- colo a.C.? Come mai due terzi (25 su 37) dei nuraghe di Mar- milla vengono abbandonati nel XII secolo a.C. come scrive la firmataria Emerenziana Usai? E – soprattutto – se la Sardegna era davvero così “fiorita” come dite voi, in che modo i Fenici riescono a impadronirsene?

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8. Non è mai esistita una “età del fango” e non è mai esistita una contrapposizione tra la “Sardegna dei giganti abbattuti” (cioè dei nuraghi distrutti del Campidano, della Marmilla e del Sinis) e una “Sardegna dei giganti intatti dell’interno”: a chiunque li osservi con un minimo di spirito critico appare evidente che tutti i nuraghi si presentano danneggiati in mi- sura dipendente dai tipi di pietra impiegati, dai vari fattori di dissesto (imperfezioni strutturali, agenti atmosferici e altri agenti naturali come le radici degli alberi, demolizioni inten- zionali) e infine dal plurimillenario prelievo di materiale la- pideo per la costruzione dei fabbricati di età successiva, dai tempi dell’espansione fenicia a oggi; ed è evidente che quest’ultimo fattore deve essere stato determinante proprio nel Campidano, nella Marmilla e nel Sinis, regioni agricole e povere di pietra da costruzione. Quel che ricopre non solo i nuraghi del Bronzo Medio e Recente, ma anche gli insedia- menti del Bronzo Medio, Recente e Finale e dell’Età del Fer- ro, e perfino le strutture erette durante i secoli sopra e accan- to ad essi, non è “fango”: sono invece diversi strati di crollo e di ricostruzione, riferibili a molte fasi scaglionate nel tempo;

Lo giurate voi? E se, per caso, le analisi dimostreranno che sbagliate? Che penitenza promettete? Dimissioni in massa?

Foto Oggi. Silvio Berlusconi li esibì con orgoglio a Renato Farina, che lo intervista- va per Libero. Marco Travaglio ne fece prima un articolo per l’Unità del 26 agosto 2003 poi un cabochon per il best seller Bananas. Scrive Farina, parla Berlusconi: «Questo territorio l’ho sottratto agli incendi estirpando i rovi. Questa sarà l’agorà. Ora è brullo, ma già una decina di grandi pietre puntate verso il cielo creano un anfiteatro di misticismo ancestrale. “Sono menhir, alti 8 metri, li ho acquistati da

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Se sbaglio io – in cambio – giuro che rimetto le Colonne a Gibilterra, vi lascio campo libero e non vi disturbo più.

9. Se a puro titolo di esempio si considera il noto complesso nuragico di Barumini (dove gli scavi e i restauri continuano ancora oggi procurando informazioni perfettamente in linea con tutto quanto si ricava dalle numerosissime indagini com- piute o in corso in tutta la Sardegna), emerge con assoluta evidenza che gli strati di crollo del monumento e dell’abitato circostante ricoprono omogeneamente i resti delle strutture nuragiche e punico-romane realizzate nel corso dei secoli, in parte prima e in parte dopo la data della presunta inondazio- ne; anzi i resti particolarmente evidenti degli abitati del Bronzo Finale e della Prima Età del Ferro, successivi a tale ipotetico fenomeno, si conservano ben sotto il livello consi- derato come prova del ristagno conseguente all’inondazione, e che invece non costituisce altro che un labile segno di inter- ruzione tra una campagna di scavo e la successiva;

La si deve considerare un’autorizzazione alla verifica scien- tifico/geologica del sito?

vari proprietari e li ho disposti qui....».È stato il settimanale Oggi a farli vedere con uno splendido servizio fotografico. Difficile non sapere… Eppure non risulta che il responsabile della zona per conto della Soprintendenza archeologica, tal Dori- anorubens, lasciò correre. Era troppo impegnato a battere l’Isola con conferenze idrofobe intitolate “Sardegna Atlantide? No grazie!”.

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10. Non esiste in Sardegna alcuna traccia delle migliaia di cadaveri umani ed animali che il presunto cataclisma avreb- be dovuto provocare, e di cui immaginando che siano stati recuperati uno per uno dal fango e bruciati senza spiegare chi e come avrebbe potuto recuperarli e bruciarli; A parte questi macabri compiacimenti (tutti vostri, solo vo- stri: visto che io nel libro mi fermo alla geologia, per rispet- to e pudore), a Ercolano e Pompei il primo consistente nu- cleo di corpi è saltato fuori solo una quindicina di anni fa, dopo secoli di scavi fatti da gente assai brava. Vi dice nulla questo?

11. Al di là dei dettagli interpretativi, che restano legittima- mente sottoposti alle discussioni e alle verifiche anche inter- disciplinari, vi è sostanziale concordanza di principi, metodi e conclusioni tra gli archeologi pertinenti alle varie scuole e a diverse nazionalità;

Evviva! Sono davvero il primo, quindi…

12.La dissoluzione della civiltà nuragica resta un fenomeno

Massimo Bucchi.

storico da indagare con ampiezza di metodi operativi e inter- pretativi, peraltro già diffusamente applicati in Sardegna e vivacemente discussi col libero apporto di tutti gli studiosi in-

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Botta & Risposte...

teressati; non è accettabile l’imposizione di un’unica soluzio- ne precostituita, per di più evidentemente inadeguata;

“Imposizione di un’unica soluzione precostituita”? Ma vole- te davvero scherzare? Non mi starete sopravvalutando? Io ho semplicemente fatto un libro (con ben 1792 punti interro- gativi…) che è sul mercato: liberi tutti di leggerlo, non leg- gerlo, di crederci, o di non crederci; di incuriosirsi, di ragio- narci sopra… O no? È esperienza affascinante realizzare un libro: chiedetelo ai cinque, sei del gruppo promotore sardo che l’hanno già vissuta.

13. Nonostante le numerose indubitabili testimonianze di connessione tra la Sardegna e la fascia costiera medio-tirre- nica durante le età del Bronzo e del Ferro, non è condivisibile l’ipotesi del trasferimento in massa dei sardi nuragici so- pravvissuti alla presunta inondazione, né un tale fatto po- trebbe essere considerato evento determinante per la nascita della civiltà etrusca;

E chi vi ha mai chiesto di condividerlo? Avete istituito un vo- stro “imprimatur”? Un Sant’Uffizio che non so? E, pure: chi ha mai parlato di esodo di massa? Vi confondete: quello è Mosè, mica io… Mircea Eliade & C. insegnano (a chi li legge, però) che bastano delle élite che la sanno più lunga degli al- tri, per cambiare il mondo (avete presente gli spagnoli e l’A- merica Latina?). Sull’origine degli Etruschi, dunque, ora l’u- nica certezza sarebbe che non vengono dalla Sardegna? Complimenti: quante scoperte, e tutte insieme… peccato che poi non siate in grado di spiegarci ancora come mai nel XII secolo a.C. in Sardegna – e nel Mediterraneo intero – finisca il bronzo d’improvviso e anche come mai sulle alture d’Italia nel XII a.C. nasca il ferro (sempre all’improvviso). E con et- nie che si fanno seppellire con bronzetti, vasi (askos) e molti altri segnali e reliquie (che per ora non vi dico) a indicare la Sardegna come Isola dell’Aldilà in cui esser traghettati da Caronte o chi per lui. Peccato anche che – dovendo proprio scegliere di nuovo – tra le vostre certezze e quelle di Strabo- ne (“i Barbari possedevano l’isola – di Sardegna. ndr – e questi erano Tirreni; successivamente i Fenici di Cartagine imposero il loro dominio…”), di Esiodo (“quelli molto lonta- no, in mezzo alle isole sacre, regnavano su tutti gli illustri Tirreni”), di Platone (con la sua isola di Atlante che governa- va “l’intera Tirrenìa”), di Plutarco (che in “Vita di Romolo” racconta del rituale dei Sardi venduti all’asta per celebrare

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La Scomunica d

Una risposta a caldo, visto il livello delle firme che si Il appellavano al Mediterraneo, era dovuta. A Allora non sapevo che, poi, il Mediterraneo intero ri non avrebbe aggiunto una sola firma in più… e

di Sergio Frau lunedì 24 gennaio 2005 (c

de Carissima Unione Sarda, st gioisco vedendo finalmente materializzato, nero su bianco, l’Appello/ e Scomunica a cui già da ottobre scorso sta lavorando con insolita ala- Li crità un Gruppo Promotore sardo assai vicino alle Soprintendenze di bl Cagliari e Sassari, presentandomi in giro a convegni e riunioni come gr

“il Gran Nemico delle Soprintendenze d’Italia”, da neutralizzare con D

una raccolta firme. (Tutta la documentazione è consultabile sul sito G

www.colonnedercole.it: io stesso – presentato come son stato presen- si tato – avrei firmato contro quel “mostro” di Frau...). gr Contromossa furbissima, tempestiva e scientificamente ineccepibile, C’ questa loro, visto che, proprio domenica 3 ottobre, non solo l’Unesco cr

(e proprio dalle vostre pagine e per bocca di un suo eccelso rappresen- A

tante, l’Accademico di Francia, Azedine Beschaouch) ha annunciato la

di voler dedicare un’attenzione particolare alla Sardegna del II millen- D nio a.C., portando nella sua sede di Parigi la mostra “Atlantikà. Sarde- pe gna, Isola Mito” ad accompagnare un convegno internazionale dedi- pa cato al mio libro ma anche – proprio in quegli stessi giorni – è stata tr auspicata (da più parti e da più studiosi di chiara fama) la creazione di co un Centro della Prima Storia, che permetta anche a ricercatori inter- pr nazionali di varia estrazione di ragionare con specialisti sardi – e con E un approccio davvero interdisciplinare – sulle tante domande che an- be cora oggi la nostra Isola ci pone. S Perché, dunque, gioisco? os Perché sul sito dell’IIPP ho finalmente potuto anche vedere le firme C raccolte nei “cento giorni” che bollano non solo come poco serio quel V mio lavoro (che tanto interesse ha suscitato altrove), ma anche come m favole quelle degli antichi testimoni: inventa Erodoto la sua Tartesso; di inventa Platone la sua Isola di Atlante; inventa Omero la sua porten- Si tosa Isola d’Occidente... ro

Il fatto che tra i 237 firmatari che quell’iperattivo Gruppetto Promoto- u

re Sardo sono riusciti a coinvolgere in questi 100 giorni non ci sia u

neppure uno studioso da me utilizzato (cioè considerato davvero uti- Q le) per ricostruire le vicende dell’antico Mediterraneo, mi tranquilizza ch assai. Mancano migliaia di nomi importanti, infatti, per intristirmi ch davvero. Ai quali aggiungerei – per il rispetto che ho dell’intelligenza fir

del lettore “comune”, non specialistico – i 10 mila sardi che hanno C’ acquistato il mio volume, e i 20 mila del continente che grandi soddi- to sfazioni mi hanno dato e mi stanno dando. ch

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Botta & Risposte...

a dei Chierichetti

Il fatto che a “bocciarmi” alla “A” nella lista dei firmatari, ci siano Acquaro Enrico e Angioni Giulio, e non piuttosto Enrico Atzeni o Ma- ria Giulia Amadasi; o che alla “B” ci siano il laureando Badas Ubaldo e il funzionario Bernardini Carlo e non l’Accademico di Francia Aze- dine Beschaouch o Jean Bingen, della Reale Accademia del Belgio (che ha recensito favorevolmente il mio libro sulla rivista ufficiale dell’Unesco, Diogène); o - anche - che alla “C” siano stipati, stretti stretti, ben 14 collaboratori e dipendenti delle due Soprintenze sarde

o/ e non, invece, Luciano Canfora, Andrea Carandini o l’Accademico dei la- Lincei Vittorio Castellani (tutti studiosi che hanno manifestato pub- di blico, appassionato entusiasmo per le mie fatiche), be’, è davvero una

me grande soddisfazione... on Diciamocelo: certi nomi, invece che altri – tipo che alla “L” non ci sia ito Giovanni Lilliu; che alla “M” non ci sia Attilio Mastino; che alla “P” ci

n- le, co n- to n- e-

sia un Pittau e non invece gente che stimo... – mi hanno fatto tirare un gran sospiro di sollievo. C’è – ci sarà, verrà trovato – tempo, modo e metodi giusti per farle crescere quelle grottesche firme contro un libro, è ovvio. A Napoli dicono “ ’o pesce fete da’ ’a capa” ovvero “il pesce puzza dal- la testa”: saggezza popolare di lì... Dall’autorità assoluta di un paio di Soprintendenti, qui nell’isola, di- pende la vita lavorativa di tanta gente: delle 237 firme raccolte 72 ap-

di- partengono a collaboratori ufficiali di quelle due soprintendenze; al-

ta tre 110 almeno, sono di persone che – con una delle soprintendenze di contro – non riuscirebbero mai più a lavorare, a fare uno scavo, a

er- presentare una ricerca, a pubblicare un articolo. on E quanti, poi, dei 21 professori ordinari che firmano l’appello avreb-

n- bero avuto vita facile, non aderendo a quest’iniziativa speciale delle Soprintendenze sarde? E davvero hanno letto tutti il mio libro? Non oso neppure sperarlo...

me Che fare, ora? uel Vogliamo indire, insieme, nuove libere consultazioni sulla serietà del me mio lavoro? Garantendo il tutto, con osservatori esterni, come in caso so; di dittature? Ridicolo! Grottesco...

n- Sia chiara una cosa, comunque: da sempre – fin quando, almeno, fu- rono usate per rovinar vite altrui – per scagliare scomuniche contro

to- una tesi nuova e chi ha il coraggio di manifestarla – fatevelo dire da sia uno di Roma, – son sempre stati indispensabili Pontefici Massimi.

ti- za

Qui – siamo sì alla Scomunica: ma a una Scomunica di Chierichetti che, forse – riuscirà pure a impedire nuove ricerche in Sardegna ma

mi che, certo, rimarrà agli atti come una delle pagine più tristi scritte (e

za firmate) della cultura (?) sarda... no C’è un’aria nuova in Sardegna. Qualcuno, però, non se ne è accor- di- to: questi metodi, ormai, appartengono a un passato di mediocrità

che cerca disperatamente di sopravvivere.

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una vittoria su Veio, spiegandocene subito dopo il perché: “perché si vuole appunto che gli Etruschi fossero coloni dei Sardi e Veio è, appunto, città dell’Etruria”), scelgo di nuovo loro e non voi. Liberi voi, comunque, di continuare a conside- rarli testimoni inattendibili, confusi o persino farneticanti.

14. Pur con innovazioni a tutti i livelli e con apporti cultu- rali di varia provenienza, non può essere posta in dubbio la fondamentale continuità della protostoria dell’Italia centrale tirrenica, dalle comunità protourbane del Bronzo Finale e della Prima Età del Ferro alle comunità urbane etrusche;

Quello che voi da decenni chiamate “bronzo finale”, per me è un periodo di “bronzo finito” e, pure, ormai talmente sacro da finire nelle tombe o nei templi. Dite: “Non può essere po-

Scoperti negli stessi anni dei Guerrieri di Xian, i Giganti di Monti Prama sono rimasti negli scatoloni per più di trent’anni.

sta in dubbio”… D’accordo con voi: dal XII a.C. in poi c’è continuità. Non prima! Ogni cambiamento (con i cento pri- mi riposizionamenti sulle alture appenniniche: Perugia 493 m slm; Orvieto 325 slm; Arezzo 296 slm; Vetulonia 335 slm; Viterbo 326; Volterra 531; Chiusi 398; Siena 322; Marza- botto...) avviene dal XII secolo a.C. in poi. Come ve li spiega- te voi tutti questi arroccamenti se non con una terribile pau- ra del mare? Quale flotta, in quel periodo, poteva terrorizzare a tal punto gli Etruschi (popolo di mare e assai ben organizzato) da spingerli in posti così impervi e monta- ni? Comunque c’è da brindare: avete risolto almeno uno dei tanti problemi.

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15. Una connessione diretta e organica tra la civiltà nuragi- ca e quella protoetrusca ed etrusca è comprovata, ma solo a livello di scambi di beni di pregio, merci varie e tecnologia, a livello di matrimoni tra famiglie aristocratiche e di normali spostamenti di alcuni elementi umani, non certo di migra- zioni di massa; ma questi apporti nuragici in Etruria non as- surgono mai al rango di elementi costitutivi e identificativi della cultura locale che resta altra cosa, ben separata e distin- ta da quella nuragica;

Informatevi meglio, e poi rifletteteci sopra con onestà: trop- pa “Sardegna” nelle tombe etrusche di Caronte, il traghetta- tore… Niente Etruria, invece, nelle tombe sarde…

16. Indipendentemente dalla presunta connessione dell’et- nonimo “Tyrrhenòi” con le torri nuragiche, i nomi con cui gli Etruschi chiamavano se stessi (Rasna, Rasena o Rasenna) non hanno alcun riscontro nella toponomastica sarda e nella tradizione storica e letteraria concernente la Sardegna;

Ora – pur di sgambettarmi e far saltare la mia mostra che l’Unesco (per bocca di un accademico di Francia) ha invita- to a Parigi – si vuol togliere agli Etruschi persino il nome di Tirreni? Si raccoglieranno altre firme anche su questo tema?

17. Sul piano scientifico è insostenibile la recente revisione e deformazione del quadro storico dell’intera area mediter- ranea e vicino-orientale, in cui si crea una sostanziale confu- sione per non dire identità tra Sardi, Etruschi, Fenici, Ebrei, Filistei-Peleset, Shardana e altri “popoli del mare”, Kaphtor- Keftiu, Celti, e perfino gli abitanti della mitica e biblica Tarshish e i Feaci dell’omerica Scherìa e in cui l’elemento sardo o presunto tale viene presentato sempre come predo- minante e determinante;

Va bene! Forse ho davvero esagerato: troppe novità vi han- no confuso. Cosa si può fare: rileggete il libro voi? Aspettate il prossimo? O devo rimettere tutto a posto?

18. E’ ugualmente inaccettabile la totale svalutazione del grandioso fenomeno storico della colonizzazione fenicia e punica, strappato alle sue origini culturali e linguistiche vici- no-orientali e inesorabilmente ricondotto a un unico centro propulsore individuato nella sarda Tharros;

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Quindi mi state dicendo – quasi “ex cathedra”, viste alcune firme – che sbagliava il Wagner a scrivere che Tharros un tempo era chiamata Tzur, proprio come la Tiro del Libano? E che quindi non è vero che ci ritroviamo dopo secoli di fronte a una “Tiro d’Occidente” riapparsa a sorpresa pro- prio grazie alle mie ricerche? E anche che sbagliava Euripi- de quando fa arrivare in Grecia le sue Fenicie– che hanno appena abbandonato la loro “onda tiria” – “traversando il mar Ionio, oltre la stesa delle acque che volgono intorno alla Sicilia”? Be’, se me lo dite voi che sbagliava – archeolo-

Massimo Bucchi.

gi, geologi, storici, filologi, glottologi, antropologi & C. – che siete pagati da sempre per farcelo sapere, avrete pure le vo- stre ragioni… O no? Se sbagliate voi, però – e non Euripide – a quel punto che fate?

19. Nessun archeologo ha mai espresso esplicito consenso per le ipotesi sopra ricordate, solo alcuni studiosi si limitano a esporre considerazioni e consensi limitatamente alla collo- cazione delle cosiddette “Colonne d’Ercole”;

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“Si limitano”? “Limitatamente”? “Cosiddette Colonne d’Er- cole”? Non starete sottovalutando un po’ – per sacrosanta antipatia – quei consensi pubblici firmati Beschaouch, Can- fora, Carandini, Castellani, Donadoni, Tozzi & C.?

20. Nessuno degli studiosi firmatari del presente appello crede che la Sardegna della preistoria, della protostoria e del- la storia sia stata isolata, arretrata e ignorata, ma nemmeno accetta l’insostenibile slogan di una Sardegna origine e fine di tutte le civiltà mediterranee o approva il tentativo di rin- chiudere nel mito le sue millenarie vicende;

Bene! Così per una volta almeno, siete tutti d’accordo – su una cosa che, però, io non ho mai scritto – e la smetterete di sbranarvi là dentro, nell’Isola e fuori. Quanto ai miti, e alla loro credibilità, un po’ più di rispetto! Uno che la sapeva molto più lunga di tutti voi, Massimo Pallottino, non la pen- sava come voi quando scrisse: “L’immagine dei fierissimi e semiselvaggi abitatori di caverne, che i Romani snidavano con i cani feroci (nel I millennio a.C., Ndr) non si può con- fondere con quella dei ricchi e pacifici edificatori delle tholoi di Isili o di Ballao o dei sapienti artefici dei bronzi di Uta (del II millennio a.C. ndr). In questo senso la saga dell’Età dell’O- ro di Iolao, di Aristeo e di Dedalo, seguita dalla decadenza e dalla fuga sulle montagne, potrebbe aderire alla sostanza storica meglio di alcune generalizzazioni ricostruttive dei moderni”. Cos’è, questo vostro rifiuto del “mito”, un attacco al maestro? O era lui che già stava parlando di voi e di tutte queste vostre “generalizzazioni”?

21. Su queste e su altre questioni e visioni si ribadisce il primato della ricerca scientifica sulle pur buone ragioni dell’immaginazione.

“Ricerca scientifica” solo del vostro tipo? O sono tollerati (e addirittura ammessi) anche altri tipi di ricerca scientifica? Fatecelo sapere, presto: in molti – almeno i 25 mila lettori del mio libro, più qualche altro curioso colto – vorremmo continuare a ricercare, interessarci e anche ragionare in li- bertà. Ci è concesso? O anche: vogliamo incaricare – tutti insieme, io e tutti voi, quanti siete – l’Iipp, il Ministero dei beni culturali o il Cnr di far da padrino a una verifica geolo- gica che ci dia un verdetto certo?

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Post Scriptum 1. Un consiglio riservato ai firmatari del comitato promotore: usatele meglio le vostre firme e le vo- stre energie. In questi ultimi anni in Sardegna (e altrove) sono state fatte sparire migliaia di testimonianze del perio- do che dovreste studiare e proteggere. Qui, da voi, sono state approvate e messe in pratica leggi per lo spietra-mento nei campi (in una zona di menhir e cir- coli) che non hanno avuto la stessa attenzione che ora date a me. Non si è mai visto un appello così accurato (e accora- to) come questo nato – a mio avviso, secondo libertà d’opi- nione… – soprattutto, da invidie locali (tanto che proprio in Sardegna mi hanno procurato amuleti contro il mal’occhio) e dal terrore di vedere messa in dubbio la vostra credibilità, la vostra corporazione, i vostri monopoli, i vostri affari.

Post scriptum 2. Un particolare buffo: a quel loro stra- ziante appello/scomunica/allarme l’intero Mediterraneo non aggiunse neppure una firma in più. La sa lunga il nostro mare…

Vaccinato io, vaccinati voi... E sì, è questa mal’aria di nuovo tipo che tira nell’Isola e che va sfidata, svaporata: gente così non può continuare a tenere nascosta la storia bella e triste di un Paradiso che divenne Inferno. Per quel che mi riguarda mai avrei pensato di sentirmi – gra- zie a loro – un calcolo renale: provoco coliche e travasi di bile. Ci provano e ci riprovano, ma non sono ancora riusciti a espellermi. Meschini… Si parte? Certo, che si riparte. È proprio da qui che, ora, si riparte. Sarà dura, lunga, tonda…

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