cicli combinati uni bergamo

30
1 DISPENSE DEL CORSO DI SISTEMI ENERGETICI Prof. Antonio PERDICHIZZI CICLI COMBINATI

Upload: riccardo-agnorelli

Post on 22-Oct-2015

81 views

Category:

Documents


4 download

TRANSCRIPT

Page 1: Cicli Combinati UNI BERGAMO

1

DISPENSE DEL CORSO DI

SISTEMI ENERGETICI

Prof. Antonio PERDICHIZZI

CICLI COMBINATI

Page 2: Cicli Combinati UNI BERGAMO

2

1. Introduzione I cicli combinati gas/vapore consistono nell’accoppiamento tra un turbogas e un ciclo a vapor d’acqua, in cui il calore entrante nel ciclo a vapore è ottenuto per recupero termico effettuato sui fumi uscenti dalla turbina a gas. Si distinguono così un ciclo topping a gas, che opera alle temperature più elevate e un ciclo bottoming a vapore, che utilizza il calore scaricato ad un livello termodinamico inferiore.

Figura 1. Schema semplificato di un ciclo combinato

Lo schema di figura 1 è caratterizzato da una netta separazione fisica tra il gas e il vapore ed è pertanto escluso ogni miscelamento tra i due fluidi. Non è presente alcuna introduzione di calore aggiuntivo dall’esterno, oltre al processo di combustione nel turbogas: questo ciclo viene pertanto detto “unfired”, non essendo prevista una combustione che interessi direttamente il vapore. Esistono soluzioni impiantistiche alternative che prevedono o una combustione addizionale o un mixing tra gas e vapore: tali soluzioni verranno trattate separatamente. Il ciclo combinato gas/vapore rappresenta oggi indiscutibilmente la migliore tecnologia disponibile per la produzione di energia elettrica da gas naturale, in termini di efficienza, di emissioni e di costi (di investimento e operativi). 2. Fondamenti termodinamici Il problema termodinamico di base di un ciclo combinato consiste nel recuperare nel modo più efficiente possibile il calore disponibile in una corrente gassosa e di cedere poi il calore non convertito in energia meccanica a un pozzo di calore a temperatura costante (ambiente). Un ciclo termodinamico reversibile dovrebbe quindi ricevere calore a temperatura variabile e cederlo all’ambiente a temperatura costante (sotto differenze nulle di temperatura con le sorgenti) dopo un’espansione isoentropica. Nella pratica non è possibile realizzare un ciclo siffatto, perché non esiste un fluido in grado di comportarsi al tempo stesso come un gas (nella fase di assorbimento di calore a temperatura variabile) e come un vapore condensante (nella cessione di calore a temperatura costante).

Page 3: Cicli Combinati UNI BERGAMO

3

Si consideri allora una semplice e soddisfacente approssimazione di un ciclo a vapor d’acqua: il ciclo di Carnot (con introduzione e cessione del calore a temperatura costante). La figura 2 evidenzia le irreversibilità associate all’introduzione di calore a temperatura costante Te.

Figura 2. Ciclo di Carnot sottoposto a una corrente gassosa

- ∆SA riguarda lo scambio termico sotto differenze finite di temperatura tra il gas e il fluido evaporante

- ∆SB è causato dal mancato raffreddamento del gas fino a T0. L’efficacia del recupero può essere migliorata ponendo due o più cicli di Carnot in serie rispetto al flusso gassoso, ovvero impiegando un ciclo ad alta temperatura laddove i gas sono più caldi e recuperando energia termica a più bassa temperatura con un secondo ed eventualmente un terzo ciclo a temperature contenute (figura 3).

Figura 3. Cicli di Carnot in serie rispetto a una corrente gassosa Il miglioramento è evidente se si pensa alla diminuzione delle irreversibilità nello scambio termico e nella dispersione del gas nell’ambiente. Nella realtà in un ciclo a vapore è possibile cedere calore a temperatura costante nella condensazione, ma durante l’introduzione di calore nel ciclo le fasi di riscaldamento del liquido e di surriscaldamento del vapore avvengono a temperatura variabile. Il peso relativo di tali fasi è crescente all’aumentare della pressione di evaporazione. Rispetto alla schematizzazione del ciclo di Carnot, tuttavia, tali due fasi possono costituire un vantaggio nel caso di disposizione in controcorrente. Infatti il surriscaldamento aumenta il livello termico di introduzione del calore e il preriscaldo del liquido contribuisce a ridurre in modo significativo la temperatura del gas prima di scaricarlo in ambiente (figure 4a e 4b).

Page 4: Cicli Combinati UNI BERGAMO

4

(a)

(b)

Figura 4. Irreversibilità per lo scambio termico a differenze finite e cessione di calore

all’ambiente 3. Caldaia a recupero La caldaia a recupero, spesso indicata con gli acronimi GVR (Generatore di Vapore a recupero) o HRSG (Heat Recovery Steam Generator) è il componente più peculiare dei cicli combinati: è l’organo in cui avviene il trasferimento di calore tra i gas che escono dalla turbina a gas e il fluido (acqua) che percorre il ciclo bottoming. Si farà inizialmente riferimento alla configurazione più semplice di ciclo combinato, quella nella quale il ciclo a vapore è di tipo monolivello (figura 5).

Figura 5. Ciclo combinato a un livello di recupero

La caldaia a recupero è costituita da elementi distinti che provvedono a tre operazioni di scambio termico ben individuabili:

- il riscaldamento dell’acqua liquida proveniente dalla pompa di alimento (economizzatore) - l’evaporazione dell’acqua (evaporatore) - il surriscaldamento del vapore (surriscaldatore)

In figura 6 è riportato lo spaccato di una caldaia a recupero con l’indicazione delle singole sezioni.

5 5

3 3

4 4

2 2

1 1

T T

S S

Page 5: Cicli Combinati UNI BERGAMO

5

Figura 6. Sezioni di una caldaia a recupero monolivello

Il processo del recupero termico è rappresentato in figura 7 su un diagramma Temperatura – Potenza termica scambiata. Si noti che la disposizione in controcorrente è indispensabile al fine di surriscaldare il vapore a beneficio del rendimento del ciclo e di poter sfruttare il preriscaldo del liquido per recuperare una quota ulteriore di calore dai gas. La possibilità di preriscaldare l’acqua sfruttando il contenuto termico, altrimenti irrecuperabile, del gas uscente dalla sezione di evaporazione rende controproducente nei cicli a recupero la pratica della rigenerazione, ampiamente utilizzata nei cicli a vapore convenzionali.

Figura 7. Diagramma dello scambio termico in una caldaia a recupero monolivello Lo scambio termico tra gas e vapore è caratterizzato da tre differenze di temperatura significative:

- ∆T al pinch-point (∆Tpp): è la minima differenza di temperatura nell’evaporazione (tra i gas che escono dai banchi evaporatori e la temperatura di evaporazione)

Page 6: Cicli Combinati UNI BERGAMO

6

- ∆Τ all’approach-point (∆Tap): è la minima differenza di temperatura nel surriscaldamento (tra i gas che entrano nella caldaia a recupero e la massima temperatura del vapore)

- ∆Τ di subcooling (∆Tsc): è la differenza di temperatura tra la temperatura di evaporazione e quella dell’acqua in uscita dall’economizzatore

Il ∆T di sottoraffreddamento è necessario per evitare rischi di inizio evaporazione nei tubi dell’economizzatore con conseguenti blocchi temporanei di portata nei tubi, a causa del volume occupato dalle bolle di vapore. Nella pratica progettuale sono frequenti valori di ∆Tsc di 10-15°C. La determinazione del ∆Tpp deriva invece da un problema di ottimizzazione tecnico-economica (figura 8). Da un lato, al fine di perseguire le migliori prestazioni energetiche, è opportuno ridurre ∆Tpp, poiché è vantaggioso avvicinare il più possibile la linea di raffreddamento dei gas a quella del vapore. Dall’altro, per evitare il cospicuo incremento dei costi che deriverebbe dall’adozione di superfici di scambio sempre più grandi, è ragionevole adottare ∆Tpp non troppo piccoli. Tipici valori di ∆Tpp sono 7-8°C per impianti ad elevate prestazioni e 15-20°C per caldaie economiche.

Figura 8. Dimensionamento ottimale di una caldaia a recupero (taglia medio-grande) Valutando le conseguenze dell’aumento dei ∆T citati in termini di variazione di potenza sviluppata dal ciclo a recupero (vedi Tab. 1), si scopre che gli effetti più consistenti sono legati al ∆T al pinch-point. La scelta di quest’ultimo risulta dunque particolarmente importante per il rendimento del ciclo del vapore.

Tabella 1. Variazione delle prestazioni di un ciclo a recupero per diversi valori di ∆∆∆∆T

Page 7: Cicli Combinati UNI BERGAMO

7

Resta da considerare l’influenza della pressione di evaporazione sul recupero termico.

Figura 9. Effetti della pressione del vapore

Confrontando la linea blu, tipica di valori di pressione elevati (fino a 90 bar), con quella rossa in figura 9, si evince che la riduzione della pressione di evaporazione comporta un aumento della quantità di calore recuperato dai fumi con conseguente aumento della portata di vapore prodotta. Per contro crescono le irreversibilità legate allo scambio termico. In conclusione, si possono ridurre a quattro i parametri che influenzano in modo significativo il recupero termico:

• la temperatura di surriscaldamento • il ∆∆∆∆T al pinch-point • il ∆∆∆∆T di subcooling • la pressione di evaporazione.

Da un punto di vista costruttivo una caldaia a recupero è profondamente diversa da una caldaia a fuoco. La differenza fondamentale risiede nel fatto che nella caldaia a recupero non sono mai presenti zone in cui i gas combusti si trovino a temperature particolarmente elevate, essendo la temperatura massima imposta dalle condizioni del gas all’uscita della turbina a gas (tipicamente < 600°C). In una caldaia a combustione, invece, la zona della fiamma supera abbondantemente i 2000°C e in tali condizioni lo scambio termico per irraggiamento è prevalente sulla convezione. Tale condizione è critica per l’integrità fisica dei tubi. Il problema si supera posizionando il surriscaldatore al riparo dalla fiamma, a valle dell’evaporatore (figura10).

Figura 10. Confronto fra caldaia a recupero e caldaia a fuoco

Page 8: Cicli Combinati UNI BERGAMO

8

In virtù di tali differenze, in una caldaia a recupero è possibile: - realizzare la disposizione in controcorrente, ponendo in particolare il surriscaldatore a

contatto con i gas a temperatura più elevata - realizzare una zona dedicata all’evaporazione con semplici fasci tubieri, in luogo delle pareti

membranate che circondano la zona di fiamma - utilizzare tubi alettati che rendono la costruzione assai più compatta ed economica

La presenza dell’alettatura consente di offrire una maggior superficie di scambio al fluido che presenta un minore coefficiente globale di scambio convettivo, in modo da bilanciare il più possibile le resistenze termiche su entrambi i fluidi. L’acqua in evaporazione presenta normalmente dei coefficienti di scambio termico convettivo di almeno 10 kWm-2K-1, contro valori tipici di 50-100 W m-2K-1 dei gas combusti a velocità normali.

Si ricorda che la potenza termica scambiata Q& in un generico scambiatore è pari a lmtot TSKQ ∆=& ,

dove Ktot è il coefficiente di scambio termico globale, dipendente dalle resistenze termiche:

ext

int

extfininttot AA

h1s

h1

K1 ⋅

ε+

λ+= , (1)

dove hint = coefficiente di scambio termico convettivo lato acqua s = spessore del tubo λ = conducibilità del tubo A int = superficie interna del tubo Aext = superficie esterna del tubo hext = coefficiente di scambio termico convettivo lato gas εfin = efficacia d’aletta. Ricordando che totK1 è la resistenza complessiva allo scambio termico e che essa è la somma delle

resistenze lato interno, tubo e lato esterno, si vede che la presenza dell’alettatura contribuisce a diminuire notevolmente la resistenza allo scambio termico sul lato esterno: in pratica l’alettatura è necessaria per compensare i ridotti coefficienti di scambio sul lato fumi. Le alette solide, più costose, garantiscono una maggiore resistenza alla corrosione rispetto a quelle serrate, il cui impiego è limitato agli impianti alimentati da gas naturale (figura 11).

Figura 11: Tubi con alette solide (a sinistra) e serrate ( a destra)

Page 9: Cicli Combinati UNI BERGAMO

9

Nel dimensionamento della caldaia un parametro critico è la velocità dei fumi. Un aumento di v comporta due effetti contrastanti: infatti, da un lato comporta una riduzione della sezione di passaggio (e quindi del costo) e delle superifici di scambio, in quanto aumenta il coeffciente di scambio hex; dall’altro si ha un aumento delle perdite di carico nella caldaia. Al crescere della velocità dei fumi, il coefficiente di scambio termico lato esterno aumenta secondo la seguente dipendenza dal numero di Reynolds: 65.05.0

ex Reh ÷∝ , mentre le perdite di carico

aumentano in base alla nota relazione: ∑°

=

ρ∝∆

banchin

1ii

2

f;2v

P .

La determinazione del valore ottimo di hex deriva da un compromesso fra la necessità di promuovere lo scambio termico e l’esigenza di contenere le perdite di carico. Il calcolo della velocità che consente di raggiungere un punto di incontro fra i due fenomeni contrastanti porta ad avere perdite di carico comprese fra 200 e 250 mmH2O. I tubi evaporatori sono disposti sui lati della camera di combustione e per evitare dispersioni si impiegano le cosiddette pareti membranate. In figura 12 è illustrato l’andamento qualitativo del profilo di temperatura lungo la sezione di un tubo.

Figura 12. Profilo di temperatura lungo la sezione del tubo

Un’ultima importante differenza fra la caldaia a fuoco e l’HRSG riguarda la temperatura dei fumi al camino, la quale varia fra 130 e 140°C nel primo caso e fra 85 e 110°C nel secondo. In un ciclo a vapore tradizionale si utilizzano solitamente combustibili meno puliti del gas naturale impiegato nelle turbine a gas: lo zolfo in essi contenuto, durante la combustione, si ossida generando SO2 e SO3. Quest’ultima, reagendo con il vapor d’acqua presente nei gas di scarico dà origine all’acido solforico (H2SO4), secondo il fenomeno delle “condense acide”, le quali risultano pericolose per l’integrità dell’economizzatore. Nella caldaia a recupero, invece, il problema delle condense acide viene eliminato alla radice in quanto non vi è presenza significativa di zolfo nel combustibile. Inoltre, la quantità di vapor d’acqua nei fumi è assai più ridotta. Ciò si spiega facendo riferimento alla reazione di combustione:

2222224 aN)e1(2eO2OH2CO)e1)(aNO(2CH ++++⇒+++ con st:1:1e αα=+ (2)

a = 3.76 e: eccesso d’aria α: rapporto fra la portata di aria e la portata di combustibile αst: rapporto fra la portata di aria e la portata di combustibile in condizioni stechiometriche

Gas combusti

Gas combusti

Fluido di lavoro

Page 10: Cicli Combinati UNI BERGAMO

10

Nelle caldaie a fuoco la combustione avviene in condizioni prossime a quelle stechiometriche (e = 0) mentre nelle turbine a gas è necessario introdurre un eccesso d’aria (e≠ 0) per abbassare la temperatura. La frazione molare del vapor d’acqua nei prodotti di combustione risulta dunque superiore nel caso della caldaia a fuoco: questo comporta inevitabilmente una pressione parziale maggiore a cui si accompagna una temperatura di rugiada più alta. Risulta ora chiara la ragione per cui le condense acide impongono un vincolo più restrittivo sulla temperatura di scarico dei gas nel caso della caldaia convenzionale. Un elemento distintivo delle caldaie è il tipo di circolazione previsto nel banco di evaporazione. Come rappresentato in figura 13, esso può essere di tre tipologie:

- ad attraversamento forzato: è la soluzione che non prevede una distinzione fisica tra evaporatore, economizzatore e surriscaldatore. L’acqua prosegue senza soluzione di continuità dallo stato iniziale a quello finale. E’ la situazione tipica dei cicli ipercritici.

- a circolazione naturale: la circolazione tra

corpo cilindrico superiore e inferiore è garantita dalla diversa densità del liquido nel down-comer e della miscela liquido-vapore nei tubi ebollitori. Questa soluzione è quella più diffusa nella caldaia a recupero per cicli combinati.

- a circolazione forzata: la circolazione è

assistita da una pompa che garantisce il controllo della portata nei tubi ebollitori.

Figura 13. Circolazione nell’evaporatore La caldaia a recupero può avere disposizione orizzontale o verticale, a seconda della direzione principale dei fumi (figura 14). La scelta è determinata in base a puri criteri di convenienza costruttiva e di spazi disponibili. Nelle le caldaie orizzontali i gas esausti fluiscono orizzontalmente nel condotto della caldaia dove incontrano i tubi dei diversi scambiatori di calore, disposti verticalmente. Questa soluzione prevede generalmente la circolazione naturale ed i vantaggi ad essa associata sono relativi sia alla semplicità costruttiva sia alla facilità di inserimento e/o sostituzione dei moduli che la compongono. Nelle caldaie verticali i gas esausti fluiscono verticalmente nel condotto della caldaia, dove incontrano i tubi degli scambiatori disposti orizzontalmente. Questa soluzione prevede generalmente la circolazione forzata ed i vantaggi ad essa associati sono legati alla riduzione degli ingombri. Elementi costitutivi: - corpo cilindrico superiore - downcorner - corpo cilindrico inferiore - ranghi di tubi

Page 11: Cicli Combinati UNI BERGAMO

11

Figura 14. Disposizione della caldaia 4. Degasatore In ogni ciclo a vapore è necessario inserire un degasatore al fine di separare dall’acqua i gas disciolti (prevalentemente aria), provenienti dalle imperfette tenute nella parte in depressione dell’impianto. Tali gas comprometterebbero il funzionamento dell’impianto poiché la presenza di ossigeno contribuirebbe ad innescare fenomeni corrosivi nei tubi della caldaia esposti alle temperature più elevate. Il degasatore (figura 15) consiste in un serbatoio a pressione superiore a quella atmosferica, in cui viene insufflata una portata di vapore su dei piatti forati, mettendo in agitazione l’acqua di alimento: raggiungendo le condizioni di saturazione (p e T) si favorisce il rilascio dei gas disciolti (legge di Henry) si facilita così la separazione dei gas e la loro raccolta nel duomo superiore, da cui possono essere espulsi in atmosfera. Nei cicli a vapore convenzionali il vapore è spillato dalla turbina e il degasatore svolge la funzione di rigeneratore. Tale funzione (figura 16a), come si è detto, è controproducente in un ciclo combinato. Lo spillamento dalla turbina può essere eliminato mediante la produzione del vapore richiesto dal degasatore in un banco di tubi apposito inserito nella caldaia a recupero (figura 16b, degasatore integrato). La produzione di vapore in tale banco può essere spinta fino a quantità superiori a quelle necessarie per la degasazione. L’eccesso di vapore può essere inviato alla turbina per un’ulteriore produzione di potenza (figura 16c). Questa soluzione unisce la funzione di degasatore con quella di un corpo cilindrico per la produzione di vapore in bassa pressione (costituisce un livello di vaporizzazione).

Page 12: Cicli Combinati UNI BERGAMO

12

Figura 15. Degasatore

Un’altra soluzione consiste nell’impiegare vapore saturo proveniente da un corpo cilindrico a pressione superiore per alimentare il degasatore (figura 16d). Si tratta però di una soluzione che incide negativamente sul rendimento del ciclo, poiché sottrae vapore termodinamicamente pregiato all’espansione in turbina.

Figura 16. Possibili schemi di funzionamento del degasatore nella caldaia a recupero

Page 13: Cicli Combinati UNI BERGAMO

13

5. Assetti del ciclo a recupero La soluzione monolivello è adottata solo in impianti di piccola taglia e in impianti cogenerativi, nei quali si predilige la semplificazione impiantistica (con conseguente riduzione dei costi di investimento) a scapito di un rendimento del ciclo non ottimizzato. Negli impianti di taglia superiore i cicli bottomer a vapore sono caratterizzati da più fasi di evaporazione a diversi livelli di pressione. Tale soluzione consente di limitare le dissipazioni del potenziale termodinamico dai gas legate agli scambi termici sotto differenze finite di temperatura. Si produce vapore ad alta pressione (e ad alta temperatura) laddove i gas sono caldi e si abbassano progressivamente temperatura e pressione del vapore prodotto man mano che i gas vengono raffreddati. Per ogni livello di pressione, anche la disposizione relativa dei banchi di preriscaldo, evaporazione e surriscaldamento (ed eventuale risurriscaldamento) è realizzata in modo tale da minimizzare le irreversibilità dello scambio termico. L’eventuale presenza del risurriscaldatore (RH) è un’opzione che consente di aumentare il livello medio di temperatura a cui è introdotto il calore (il vapore di HO viene prima espanso nella sezione di HP della turbina e poi viene riportato in caldaia per un secondo surriscaldamento). Si analizzano ora alcuni schemi impiantistici in dettaglio:

- due livelli di pressione (figura 17): all’uscita del degasatore due pompe di alimento portano l’acqua alle due pressioni considerate. Seguono due economizzatori (LP e HP), che possono essere posti in parallelo sulla corrente gassosa. Si noti che il preriscaldamento di HP è qui diviso in due fasi: il secondo banco dell’economizzatore di HP è posto dopo l’evaporatore di LP e precede il surriscaldatore di LP. Quindi sono posizionati l’evaporatore di HP seguito dal suo surriscaldatore.

Figura 17. Ciclo a recupero a due livelli di pressione

- due livelli di pressione con RH (figura 18): rispetto alla configurazione precedente un banco di risurriscaldamento è posto in parallelo con il surriscaldatore di HP. La disposizione in parallelo è necessaria affinché ambedue le correnti di vapore (nel RH e nel SH) possano raggiungere i massimi valori di temperatura consentiti dal ∆Tap.

Page 14: Cicli Combinati UNI BERGAMO

14

Figura 18. Ciclo a recupero a due livelli di pressione con reheat

- tre livelli di pressione (figura 19): lo schema a due livelli viene in pratica ripetuto raddoppiando la sezione di LP con quella aggiuntiva IP. Nella figura 15 si mostra uno schema con degasatore integrato nell’evaporatore di LP

Figura 19. Ciclo a recupero a tre livelli di pressione

- tre livelli di pressione con RH (figura 20): rispetto al caso precedente è prevista l’aggiunta di un banco di risurriscaldamento. La pressione a cui viene effettuato il reheat coincide con quella dell’evaporazione IP. Il vapore proveniente dalla turbina di HP viene miscelato con quello generato nella sezione IP e viene risurriscaldato fino alla massima temperatura consentita dai gas di scarico prima di tornare in turbina. La soluzione a tre livelli di recupero con reheat rappresenta oggi l’opzione di punta nella pratica dei cicli combinati nei grandi impianti per la produzione di potenza elettrica.

Page 15: Cicli Combinati UNI BERGAMO

15

Figura 20. Ciclo a recupero a tre livelli di pressione con reheat

Figura 21. Diagrammi di scambio termico per i casi 1L, 2L 2 3L+RH

Page 16: Cicli Combinati UNI BERGAMO

16

In figura 21 sono riportati i diagrammi temperatura – potenza scambiata per un ciclo monolivello, un ciclo a due livelli e un ciclo a tre livelli con reheat. In tutti casi è indicata la quota di potenza termica dissipata nei fumi al camino. 6. Prestazioni dei cicli combinati Un esame generalizzato delle prestazioni dei cicli combinati può essere effettuato in maniera sintetica sul piano rendimento – lavoro utile (figura 22). In tale figura sono rappresentati per confronto:

- i punti per vari rapporti di compressione dei cicli semplici, per la tecnologia anni 90 (tecn. B) e per quella di ultima generazione (tecn. A)

- i punti per vari rapporti di compressione dei cicli combinati con tecnologia anni 90 (tecn. B), per diversi assetti del ciclo (1L, 2L, 3L+RH)

- i punti per vari rapporti di compressione dei cicli combinati con tecnologia di ultima generazione (tecn. A) in configurazione 3L+RH

Figura 22. Rendimenti e lavori specifici dei cicli combinati

Si può notare che i rendimenti dei cicli combinati con turbine a gas moderne e di grande taglia sono sempre superiori al 50%. E’ inoltre evidente come il rapporto di compressione della turbina influenzi debolmente l’andamento del rendimento del ciclo combinato: l’energia termica ad alta temperatura dispersa allo scarico da un ciclo a basso rapporto di compressione viene comunque efficacemente recuperata dal ciclo a vapore. Con le macchine di ultima generazione e un adeguato assetto del ciclo a recupero il rendimento netto può superare il 58%. Di seguito si riportano le prestazioni raggiungibili negli impianti a ciclo combinato a seconda degli assetti del ciclo a recupero.

Page 17: Cicli Combinati UNI BERGAMO

17

- 1 livello: ηcc ≈ 49% pev ≈ 40 ÷ 50 bar Tsurr ≈ 400 ÷ 450°C Tex ≈ 170°C - 2 livelli: ηcc ≈ 52 ÷ 54% pev,I ≈ 70 ÷ 80 bar Tsurr,I ≈ 450°C pev,II ≈ 6 ÷ 10 bar Tsurr,II ≈ 250°C

Tex ≈ 110°C - 3 livelli: ηcc ≈ 58 ÷ 60% pev,I ≈ 80 ÷ 110 bar Tsurr,I ≈ 450°C pev,II ≈ 20 bar Tsurr,II ≈ 220°C

pev,III ≈ 4 ÷ 6 bar Tsurr,III ≈ 180°C

Tex ≈ 80°C 7. Cicli combinati con postcombustione I gas scaricati dalle turbine a gas possono subire una seconda combustione (figura 23), effettuata all’ingresso della caldaia a recupero per mezzo di una serie di bruciatori posti prima della sezione di scambio termico della caldaia. Tale ulteriore combustione è resa possibile dal contenuto di ossigeno ancora elevato nei gas di scarico (solitamente 12-16%) in virtù dell’elevato eccesso d’aria con cui

Figura 23. Schema di ciclo combinato con postcombustione avviene la combustione nei turbogas. Nell’ambito dei cicli combinati la postcombustione può essere adottata allo scopo di aumentare la produzione di vapore nella caldaia a recupero e quindi la potenza della turbina a vapore. Osservando il diagramma del recupero termico di figura 24, si può notare che nel caso della postcombustione (rispetto al caso base) la linea di raffreddamento dei gas di scarico “ruota” attorno al “pinch point”: si può ottenere una minor temperatura al camino se si parte da un livello termico più elevato e si può quindi produrre una maggior quantità di vapore di pari caratteristiche termodinamiche.

Page 18: Cicli Combinati UNI BERGAMO

18

Figura 24. Diagramma di scambio termico con e senza postcombustione Nell’attuale pratica impiantistica la post-combustione è scarsamente utilizzata negli impianti per la produzione di sola energia elettrica; è invece largamente impiegata negli impianti cogenerativi per la flessibilità operativa nel seguire il carico termico. Il rendimento del ciclo combinato fired CCpcη diminuisce al crescere della potenza termica entrante

Q1pc dovuta all’impiego del combustibile necessario per la post-combustione (figura 25).

[ ]

[ ] ( )TV

TG1

pc1

TVTG

TG1

pc1

TG1

pc1

TGTVTG

pc1TG1

pc1TGTG1TVTG1TG

pc1TG1

pc1TGTG1TVTG1TG

pc1TG1

VTVTG1TG

pc1TG1

TVTGCCpc

Q

Q1

1

Q

Q1

Q

Q1

QQ

Q)1(QQ

QQ

Q)LQ(Q

QQ

QQ

QQ

LL

η++

η−η=+

+η−η+η

=+

+η−η+η=

=+

+−η+η=

+η+η=

++=η

(3) L’espressione analoga del rendimento del ciclo combinato unfired (figura26) è pari a:

)1(Q

)1(QQ

Q

)LQ(Q

Q

QQ

Q

LL

TGTVTG

TG1

TGTG1TVTG1TG

TG1

TGTG1TVTG1TG

TG1

VTVTG1TG

TG1

TVTGCC

η−η+η=η−η+η=

=−η+η=η+η=+=η (4)

Indicando con ε il rapporto Q1pc/Q1TG, definito “fattore di post-combustione”, si conclude che:

TVTGTVTGCCTVTG

TVTG

CCpc11

ηη−η+η=η≤ε+

ηη−η+ε+

η=η (5)

Page 19: Cicli Combinati UNI BERGAMO

19

I valori tipici dei rendimenti indicati nelle relazioni sopra riportate sono i seguenti: ηΤV = 0.3 ÷ 0.33 ηΤG = 0.38 ÷ 0.4 Si ricava allora che il rendimento del ciclo combinato unfired dell’ordine del 58%, valore destinato a diminuire al crescere di ε. Alla conclusione secondo cui la post-combustione peggiora le prestazioni del ciclo combinato si può giungere anche grazie ad una semplice considerazione fondata sui principi dell’analisi entropica: infatti, lo scambio termico nei tratti 4-5 e 6-7 è associato alle irreversibilità indicate rispettivamente in rosso e in blu (figura 27).

Figura 27. Irreversibilità del ciclo combinato con post-combustione

Figura 25. Schematizzazione del ciclo combinato fired.

Q1pc LTG

Q1TG

TG

QV

TV LTV

QC

Figura 26. Schematizzazione del ciclo combinato unfired.

5-6

4-7

TMAX

Q1TG Q1pc

QV

QV’

LTG

Q1TG

TG

QV

TV LTV

QC

58.0315.0*39.0315.039.0CC ≅−+≅η

Page 20: Cicli Combinati UNI BERGAMO

20

8. Repowering La turbina a gas trova interessanti applicazioni, in abbinamento ai cicli a vapore, anche per ripotenziare (repowering) centrali a vapore esistenti. E’ infatti generalmente agevole trovare lo spazio per installare una turbina a gas nel sito di una centrale a vapore (e ciò consente di evitare di reperire nuovi siti per realizzare nuove centrali elettriche. Il repowering può essere realizzato essenzialmente con quattro schemi impiantistici.

1) preriscaldamento dell’acqua di alimento (figura 28). Si utilizza il vapore recuperato dai gas per il riscaldamento dell’acqua di alimento della caldaia. Tale operazione consente di abolire gli spillamenti rigenerativi, permettendo così un incremento della portata in turbina e quindi della potenza prodotta. Questo intervento richiede modifiche molto limitate all’impianto e brevi tempi di fermata della centrale esistente. L’incremento di potenza è dell’ordine del 20-35%.

Figura 28. Repowering con preriscaldamento dell’acqua di alimento caldaia

2) generazione di vapore di media pressione (figura 29). Il calore recuperato dai gas di scarico della turbina a gas è impiegato per generare vapore surriscaldato alle stesse condizioni di quello del risurriscaldamento del ciclo a vapore. Il vapore prodotto nella caldaia a recupero confluisce nella turbina a vapore esistente insieme al vapore proveniente dal reheater della caldaia a fuoco. Anche in questo caso l’intervento è facilmente realizzabile con modifiche minime al macchinario esistente.

La qualità termodinamica di queste due opzioni di repowering non è ottimale. In entrambi i casi il recupero termico dei gas presenta differenze di temperature elevate tra gas di scarico e acqua/vapore, con irreversibilità notevoli che penalizzano il rendimento complessivo.

Page 21: Cicli Combinati UNI BERGAMO

21

Figura 29. Repowering con produzione di vapore di media pressione

3) ricombustione in caldaia (figura 30). I gas scaricati dalla turbina a gas sono inviati

direttamente al generatore di vapore esistente dove, grazie all’elevato contenuto di ossigeno, sostituiscono parzialmente o completamente l’aria primaria nella funzione di comburente. Poiché i gas si trovano a temperatura elevata, l’apporto entalpico proprio del comburente è elevato e si riduce di conseguenza il consumo di combustibile. Tale soluzione richiede modifiche importanti al generatore di vapore, al fine di far fronte alla maggior portata volumetrica del comburente e dei gas combusti. Diviene inoltre inutilizzabile il preriscaldatore Ljungstrom.

Figura 30. Repowering con impiego dei gas di scarico come comburente per la caldaia

Page 22: Cicli Combinati UNI BERGAMO

22

4) trasformazione in ciclo combinato unfired (figura 31). Si tratta di un intervento radicale che aumenta drasticamente le prestazioni dell’impianto. Si effettua una completa sostituzione della caldaia a fuoco con una caldaia a recupero: l’impianto a vapore esistente è trasformato nella sezione a recupero di un ciclo combinato. Il mantenimento della turbina a vapore esistente impone vincoli nella scelta delle pressioni operative del ciclo a recupero e nelle portate di vapore risultanti. L’incremento di potenza è dell’ordine del 180-220%.

Figura 31. Repowering con trasformazione in ciclo combinato unfired

9. Esempi di impianti a ciclo combinato Vengono di seguito descritti alcuni impianti, installati in Italia, per la produzione di energia elettrica in ciclo combinato. Si farà particolare attenzione ai parametri che ne definiscono le caratteristiche termodinamiche. Centrale a ciclo combinato di La Spezia (figura 32, tabella 2) Si tratta di un ciclo combinato a tre livelli di pressione con reheat che produce 343.2 MWel (di cui 223 MWel grazie al turbogas) a fronte di una potenza termica entrante di 632.7 MWth. Il rendimento risulta dunque pari al 54.2%.

Page 23: Cicli Combinati UNI BERGAMO

23

Figura 32. Rappresentazione schematica del ciclo combinato di La Spezia.

Dati di funzionamento Turbogas Valore di progetto Temperatura aria ingresso 15°C Pressione aria ingresso 1.013 bar Portata gas di scarico 582 kg/s Dati di funzionamento HRSG Valore di progetto Temperatura gas ingresso 611,5 °C Temperatura gas uscita 99°C Perdita di carico lato gas 0.034 bar Portata vapore AP 70,2 kg/s Pressione vapore AP 128.7 bar Temperatura vapore AP 550°C Portata vapore MP 13,4 kg/s Pressione vapore MP 28.6 bar Temperatura vapore MP 332°C Portata vapore RH 81.1 kg/s Temperatura vapore RH 540°C Portata vapore BP 6,9 kg/s Pressione vapore BP 6.3 bar Temperatura vapore BP 232°C Temperatura condensato ingresso Eco BP 55°C

Tabella 2. Dati di design del ciclo combinato di La Spezia.

Page 24: Cicli Combinati UNI BERGAMO

24

Centrale a ciclo combinato di Trino Leri (figura 33, tabella 3) Si tratta della prima centrale ENEL a ciclo combinato, entrata in servizio nel 1997. Qui sono installati due moduli da 356 MW, composti ciascuno da due turbine a gas da 123 MW e da una turbina a vapore da 110 MW. Sono presenti due caldaie a recupero a due livelli di pressione, entrambe disposte orizzontalmente.

Figura 33. Rappresentazione schematica del ciclo combinato di Trino Leri.

Dati di funzionamento Turbogas Valore di progetto Portata aria ingresso 443 kg/s Rapporto di compressione 14 Temperatura gas ingresso turbina 1162°C Dati di funzionamento HRSG Valore di progetto Temperatura gas ingresso 505°C Portata gas ingresso 445.8 kg/s Portata vapore AP 48 kg/s Pressione vapore AP 52.9 bar Temperatura vapore AP 490 °C Portata vapore BP 20.3 kg/s Pressione vapore BP 6.28 bar Temperatura vapore BP 273°C

Tabella 3. Dati di design del ciclo combinato di Trino Leri.

Page 25: Cicli Combinati UNI BERGAMO

25

In figura 34 viene proposto lo schema del ciclo combinato ENEL a tre livelli di pressione con reheat; la produzione lorda di energia elettrica è di 346.5 MW a fronte di una potenza termica entrante di 631.9 MW. Il rendimento risulta essere 54.8%.

Figura 34. Ciclo combinato ENEL.

Infine, in figura 35 viene proposto lo schema impiantistico semplificato e l’elenco dei principali parametri operativi relativi ad un impianto di ultima generazione con configurazione multi-shaft: per ogni unità sono previsti due turbogas da 250 MW le cui caldaie a recupero alimentano in parallelo una turbina a vapore da 260 MW. La potenza complessiva dell’impianto è dunque pari a 760 MW, con un rendimento del 57%. Nelle figure 36 e 37, infine, si riportano per confronto i layout di impianti di una centrale termoelettrica a vapore e di un impianto a ciclo combinato.

Page 26: Cicli Combinati UNI BERGAMO

26

Figura 35. Schema impiantistico e dati di funzionamento di una centrale a ciclo combinato multi-shaft.

Page 27: Cicli Combinati UNI BERGAMO

27

Figura 36. Layout di una centrale termoelettrica a vapore

Page 28: Cicli Combinati UNI BERGAMO

28

Figura 37. Layout di un impianto a ciclo combinato

Page 29: Cicli Combinati UNI BERGAMO

29

10. Emissioni Dato l’elevato rendimento, si può affermare che la produzione di energia elettrica mediante cicli combinati rappresenta una soluzione auspicabile dal punto di vista termodinamico. Bisogna ora estendere il campo di indagine alla tutela ambientale: si confronteranno le emissioni tipiche di impianti di potenza che adottano tecnologie diverse fra cui:

� Ciclo convenzionale alimentato ad olio combustibile, � Ciclo convenzionale a carbone, � Ciclo combinato.

Dall’istogramma (figura 38) si deduce che il ciclo combinato rappresenta la tecnologia più pulita grazie al fatto che il turbogas richiede in ingresso combustibili nobili: il gas naturale infatti, essendo privo di zolfo, garantisce che i prodotti di combustione siano privi di ossidi di zolfo. Sono trascurabili anche le emissioni di polveri.

0

100

200

300

400

mg/Nm3

SOx

NO

x

CO

polv

eri

ciclo combinato ciclo a carbone ciclo ad olio combustibile

Figura 38. Emissioni tipiche degli impianti di potenza.

I risultati di uno studio (figura 39) in cui si è ipotizzata la sostituzione di una centrale termoelettrica operante in cogenerazione con potenza elettrica di circa 78 MW (con recupero termico in cogenerazione pari a circa 270 MW) con una centrale a ciclo combinato da 780 MW (in assetto di cogenerazione, per la produzione della stessa quantità di potenza termica), portano ad uno scenario in cui diminuirebbero le emissioni, per unità di energia elettrica prodotta, di

� CO2, � NOx, � SO2, � TOC, � PM10, � Metalli pesanti.

Rimane a carico del ciclo combinato a metano un’emissione specifica maggiore, anche se contenuta in termini quantitativi, di idrocarburi reattivi, tra cui in particolare la formaldeide: quest’ultima si forma a causa delle elevate temperature che si raggiungono nei turbogas. Particolarmente significativo è il confronto tra le emissioni di CO2, il principale gas responsabile dell’effetto serra: ogni unità di energia elettrica prodotta da ciclo combinato a metano riduce la quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera del 75% rispetto a quella liberata dalla produzione di un’equivalente quantità di energia in una centrale ad olio combustibile. Lo stesso confronto

Page 30: Cicli Combinati UNI BERGAMO

30

riportato, più correttamente, alle centrali ad olio combustibile di grossa taglia, con rendimenti di trasformazione più elevati (37% circa), abbatterebbe le emissioni del 50%. In conclusione, gli effetti dell’impiego del metano con quello legato ad un rendimento superiore fanno sì che le centrali a ciclo combinato forniscano energia elettrica ad minore contenuto specifico di inquinanti.

Figura 39. Confronto emissioni cc / centrale a olio combustibile