cittÀ di cormÒns 16-17 agosto2008 160 festa dei popoli … · secondo le norme delle leggi...

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Periodico trimestrale informativo dell’ASSOCIAZIONE CULTURALE MITTELEUROPA - ANNO 28° - N. 2 LUGLIO 2008 - Autorizzazione del Tribunale di Udine n. 456 del 12/9/1979 - Redazione: via San Francesco, 34 - 33100 Udine - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB UDINE d a l 1 9 7 4 n. 2 Luglio 2008 FESTA DEI POPOLI DELLA MITTELEUROPA nell’antica tradizione del genetliaco imperiale CITTÀ DI CORMÒNS 16 -17 AGOSTO 2008 160 a

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Periodico trimestrale informativo dell’ASSOCIAZIONE CULTURALE MITTELEUROPA - ANNO 28° - N. 2 LUGLIO2008 - Autorizzazione del Tribunale di Udine n. 456 del 12/9/1979 - Redazione: via San Francesco, 34 - 33100 Udine - PosteItaliane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB UDINE

dal 1974

n. 2 Luglio 2008

FESTA DEI POPOLI DELLA MITTELEUROPAnell’antica tradizione del genetliaco imperiale

CITTÀ DI CORMÒNS 16-17 AGOSTO 2008

160a

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Periodico trimestrale dell’Associazione CulturaleMitteleuropa

Direttore responsabile: Paolo Petiziol

Comitato di Redazione: Nicola Cossar,Claudio Dell’Oste, Fabrizio Fontana,Giuseppe Passoni, Stefano Perini

Segreteria di Redazione: Eva Sušková

Fotografie: Laura Sojka, CarmeloIntersimone, Archivio AssociazioneMitteleuropa

Sede: via San Francesco, 34 33100 UDINE - Tel. e fax: 0432.204269 E-mail: [email protected]: www.mitteleuropa.it

Editore:Ass. Culturale Mitteleuropa,via Santa Chiara, 18 - 34170 GORIZIA

Stampa: Cartostampa ChiandettiReana del Rojale (UD)

Autorizzazione del Tribunale di Udinen. 456 del 12/9/1979

“Mitteleuropa” viene pubblicatocon il sostegno finanziario dellaRegione Friuli Venezia Giulia.

Abbonamento:Per ricevere “Mitteleuropa” asso-ciati all’Associazione CulturaleMitteleuropa, versando € 20,00(venti euro) sul conto correntepostale n. 10475499.Per informazioni, puoi scrivere aRedazione di “Mitteleuropa”,via San Francesco, 34 33100 Udine; telefonare allo 0432.204269;inviare e-mail a [email protected]

Per i soci:• se non avete ancora provvedu-

to a versare la quota associa-tiva di € 20,00 per l’anno incorso, Vi preghiamo di utilizza-re un bollettino intestandolo aAssociazione Culturale Mitte-leuropa - conto corrente po-stale n. 10475499

Si informa che i simboli dell’Asso-ciazione Culturale Mitteleuropa,nella loro particolare veste graficae nella specifica intestazione dellatestata giornalistica, sono stati rego-larmente depositati e registrati.Secondo le norme delle leggi vi-genti, pertanto, sono vietati qual-siasi loro uso improprio rispettoalle finalità statutarie dell’Asso-ciazione Culturale Mitteleuropa equalsiasi loro fruizione priva dellenecessarie autorizzazioni da partedel rappresentante legale dellastessa.

n questo numeroI3 Rinnovamento e tradizione

160a Festa dei Popoli della Mitteleuropa

5 “Corridoio Culturale paneuropeo n. 5: progetti d’integrazione culturale”

6 Diplomazia mitteleuropea

8 “Mitteleuropa” in Croazia

9 Una sfida al terzo millennio: la Nuova Mitteleuropadi Sergio Petiziol

13 … I miei Balcani nella UE. Col Kosovo indipendente…di Fabrizio Fontana

15 Il Kosovo perdutodi Paolo Petiziol

17 Andreas Hofer: un patriota, un uomo, un simbolodi Klaudius von Wirt

19 Ho visto la corona del ree imperatore Carlo IV di Lussemburgodi Paolo Dal Maso

21 Il voltodi Claudio Dell’Oste

25 Lingue minori: parole sommersedi Nerio de Carlo

26 Presentato a Cividale il libro “La Terrazza di Praga” di Giuseppe Passoni

28 Come vivevamo? La Slovacchia del XX secoloin mostra a Bratislavadi Ivana Jatiová

29 La tradizione e l’educazione musicale nel Friuli austriacodi Paolo Petiziol

30 Concorso mitteleuropeoStrudel imperiale

31 Il Blanch: magia, sapori e…di Claudio Dell’Oste

A nche quest’anno si ripeterà quel miracolo che civide, nel lontano 1975, protagonisti di un’inusita-ta e fantastica proposta: riunire, per un giorno di

gioia e di festa, Popoli storicamente e culturalmente vicinima allora drammaticamente lontani. Per trentatré anni, dal suo esordio sulla scena di Giassico,abbiamo ripetuto con ferma coerenza i perché di questaFesta, che evoca sentimenti di fratellanza che sono un pa-trimonio inestimabile delle genti della Mitteleuropa. Fe-nomeno autenticamente popolare scaturito da una co-scienza collettiva formatasi e consolidatasiin secoli di statuale convivenza. Alla noto-rietà ed al successo di questa singolare ini-ziativa, che richiama ogni anno decine dimigliaia di persone, hanno contribuito nonpoco le grandi firme del giornalismo italia-no ed europeo, come Indro Montanelli,Vittorio Feltri, Cesare Marchi, ClaudioMagris, Quirino Principe, Leonardo Scia-scia, Ernst Trost, Leonhard Paulmichl, etanti altri ancora, ma i reali protagonisticontinuano ad essere i Popoli centro-euro-pei, o meglio le genti che annualmentecreano questa festa, conferendo alla stessa,via via nel corso degli anni, delle motiva-zioni di straordinaria attualità e modernità.Per trentatré anni nel broilo di Giassico si èripetuta questa spontanea kermesse, ove si

percepiva un europeismo forse ingenuo ma popolare e au-tentico, che va fortemente sostenuto e orgogliosamentedivulgato. Questo nostro impegno riparte ora da Cormons.La splendida città collinare che da sempre ha ospitato laparte più propriamente istituzionale dell’incontro, ci vedràora presenti e pronti per accogliere pure tutta la parte re-lativa alle musiche, ai costumi, ai cori e canti spontanei, aisuoni delle varie lingue che animano e onorano l’unicità diquesta festa.

n. 2 luglio 2008 3

Editoriale

Rinnovamento e tradizione 160a Festa dei Popoli della Mitteleuropanell’antica tradizione del genetliaco imperiale

Città di Cormòns,16 e 17 agosto 2008

n. 2 luglio 20084

Una decisione impegnativa? Indub-biamente sì, ma coerente con i prin-cipi del nostro quotidiano operare. Se in noi c’è l’orgoglio di avere, perprimi in Europa, lanciato questomessaggio con una festa che nascedal basso, da una precisa e autenticavolontà popolare, perché non avereanche la capacità e la forza di rinno-varsi per continuare a proporre, conriqualificato vigore, un esempio no-bile e prezioso che testimonia una ci-viltà europea ed un vanto per il no-stro Friuli?Se all’Europa dei burocrati, dellequote, dei parametri, dei mercanti,delle nazioni, dell’euro, del latte e deltocai sembra non credere più nessu-no, perché non percorrere la via del-l’Europa dei Popoli, dell’Europa cri-stiana, dell’Europa che ritrova nelle

sue radici e nelle sue più autentiche identità l’essenza e l’u-tilità della sua unione?E allora ritrovarsi a Cormons significherà perpetrare quel-la magia che apre gli occhi alla visione del futuro: un’Eu-ropa che riemerge dal nostro comune passato, un’Europadi cui vogliamo essere fieri e che testardamente continuia-mo a reclamare.

Criticità logistiche e finanziarie, nor-mative burocratiche e fiscali sempli-cemente impensabili trent’anni fa,ma soprattutto il preminente fine diperpetrare le originarie ed originaliemozioni che distinguono questa fe-sta dalle centinaia e centinaia di sa-gre, rievocazioni storiche, festival fol-cloristici, rassegne d’epoca, fantasti-che ed immaginarie epiche parateche contraddistinguono il caldo ago-sto d’ogni contrada del Friuli e d’Ita-lia.È stata una scelta difficile e sofferta,ma imposta dal mutare dei tempi,delle situazioni e dalla necessità diconiugare tradizione ed innovazionedi un comune sentire che guardi alfuturo.Ed è proprio la nostalgia di futuro ilmessaggio che annualmente prorom-pe da questo felice incontro di genti diverse, ma accomu-nate da una medesima volontà e radice culturale. Dobbia-mo quindi noi per primi responsabilmente operare perpreservare questa ricchezza spirituale e intellettuale qua-lificando l’evento per i valori che propugna, mantenendointatta la sua freschezza e spontaneità nonostante il tra-scorrere del tempo.

Editoriale

Eccomi qui! I miei genitori sono finalmenteriusciti a farmi una bella foto e a mandarlaagli amici. Sono nato il 17.01.2008 aVienna.

Luca

Dagli amici della Mitteleuropa felicitazioni a

Laura e Andreas e nonni.

n. 2 luglio 2008 5

Attività

I l tema “Euroregione” è già sta-to oggetto di rilevanti iniziativetrans-nazionali nel 2005, 2006 e

2007, sulle quali abbiamo ampia-mente riferito nei numeri prece-denti della nostra rivista. Tali forumsono stati onorati d’autorevoli pre-senze istituzionali e diplomatiche, aconferma di un generale largo inte-resse che c’incoraggia a proseguireper dare forma concreta a quest’af-fascinante progetto.In particolare è stato rilevato comel’Europa sia percorsa da assi stra-dali che rappresentano i “viadotti”strategici per lo sviluppo della suaeconomia.Sono stati ribattezzati “corridoi”,ovvero vie di transito.Per l’area centro-europea rivestonofondamentale importanza i seguenti:n. 4 - Dresda-Praga-Bratislava-Bu-

dapest-Bucarest-Costanzan. 10 - Salisburgo-Lubiana-Zaga-

bria-Belgrado-Sofia-Istanbulambedue a nord delle Alpi,mentre a sud delle stesse tro-viamo:

n. 8 - Bari-Tirana - Skopje-Sofia-Varna

n. 5 - Trieste-Lubiana-Budapest(con diramazione Zagabria-Fiume e Sarajevo) Leopoli-Kiev.

Se questi “corridoi” rappresentas-sero uno strumento per un merotransito di merci, sarebbe una visio-

ne sicuramente riduttiva nella no-stra Europa, ma se gli stessi rappre-sentassero invece anche collega-mento e transito di cultura, idee eprogetti di sviluppo, allora le pro-spettive di una vera unione dei Po-poli europei e di un armonico svi-luppo anche delle loro peculiarieconomie assumerebbero una vi-sione ed una dimensione di ben piùelevata valenza socio-politica.Considerata, infine, la strategicitàper la Regione Friuli Venezia Giu-lia e più in generale per l’Italia delnord del corridoio n. 5, si è ritenutoutile e conveniente partire da qui,con delle proposte concrete e nonprive di fascino.I Convegni dell’ottobre e dicembre2007 (San Giovanni al Natisone eCervignano del Friuli) hanno visto

il contributo di qualificate rappre-sentanze, a vario titolo, di Albania,Austria, Croazia, Italia, RepubblicaCeca, Serbia, Slovenia, Ucraina,Ungheria. Tutti hanno espresso l’in-teresse e la volontà di sviluppare undialogo culturale, soprattutto inter-regionale, lungo l’asse di tale per-corso.Stimolati, quindi, dalla considera-zione e dagli apprezzamenti mani-festatici in quelle sedi, abbiamo ri-tenuto imprescindibile l’utilità diproseguire il nostro impegno, fortidi un’idea nata e sviluppatasi inquesta nostra Regione, grazie al so-stegno dell’Assessorato alle Rela-zioni Internazionali della RegioneAutonoma Friuli Venezia Giulia,della Iniziativa Centroeuropea Se-gretariato Generale di Trieste, della

Convegno internazionaleEuroregione aquileiese

Corridoio culturale paneuropeo n. 5:progetti d’integrazioneculturaleGorizia - Sala Convegni Fondazione CARIGO 9-10 ottobre 2008

n. 2 luglio 20086

Fondazione della Cassa di Rispar-mio di Gorizia e di Autovie Venetespa.Il Convegno, previsto per i prossimi9 e 10 ottobre, richiamerà pertantonella nostra Regione autorevolirappresentanze istituzionali di tuttiquei Paesi già coinvolti in quest’av-vincente iniziativa: Albania, Au-stria, Croazia, Italia, RepubblicaCeca, Serbia, Slovenia, Ucraina,Ungheria, ma anche altri che po-trebbero essere opportunamenteinteressati come Bosnia, Macedo-nia, Bulgaria, Romania, Slovacchiae Russia.Naturalmente, sarà nostra cura ri-volgerci, oltre che alle Istituzioni,anche ai funzionari con responsabi-lità istituzionali nei progetti eurore-

gionali; agli studiosi ed agli espertidi aree geopolitiche multietniche; aimedia particolarmente interessatiai processi transnazionali; alle orga-nizzazioni economiche, culturali esociali impegnate e presenti nellearee interessate.In tal modo anche la Regione Friu-li Venezia Giulia potrà mantenereun ruolo leader nel divenire di que-st’iniziativa, che si è già meritata ilplauso di diversi Governi, regionalie nazionali.La nostra Associazione è da semprefortemente impegnata su questi te-mi e le trentennali relazioni interna-zionali di cui gode hanno dimostra-to, anche nelle scorse edizioni, le ne-cessarie capacità organizzative peruna larga partecipazione al progetto.

Siamo pertanto pronti a ripartire daAquileia, incontaminato simbolo diun comune patrimonio sociale, cul-turale e religioso, per raggiungereLjubljana, Zagreb, Budapest, Nyí-regyháza, ed arrivare a Kiev e Mo-sca; ma anche, con le sue dirama-zioni viarie, scendere verso il suddell’Ungheria (Pécs e Szeged) sinoa Belgrado e Sarajevo ed a tutta l’a-rea Balcanica attraverso l’intercon-nessione con il corridoio n. 8 (Tira-na, Varna, Odessa).Consci delle difficoltà e del caricodi responsabilità che ci attendononei prossimi anni, affrontiamo que-sto ruolo come una doverosa quan-to coinvolgente missione, in cui ra-gione e passione rappresenterannole fonti della nostra energia.

R iteniamo corretto e utile da-re informazione dell’impe-gno internazionale del no-

stro presidente, sempre più coinvoltoin un’attività di diplomazia parallelache accresce l’immagine e la genera-le considerazione per la nostra asso-ciazione.Dal 24 al 27 marzo, su invito del-l’Ambasciata d’Italia, si è recato a Ti-rana per una conferenza dal titolo:“Nuovi corridoi e antichi percorsi:l’esempio di Aquileia nella suastraordinaria attualità”.Tale visita ha rappresentato ancheun’importante occasione d’incontrocon autorità governative, diplomati-che ed accademiche dello Stato Al-banese.Il successivo 9 maggio, in occasionedelle celebrazioni per la festa del-l’Europa, e su invito del Ministerodegli Affari Esteri d’Ungheria, il pre-sidente è stato ospite al Parlamentoungherese. La chiamata delle autori-tà ungheresi è assolutamente singo-lare in quanto alle celebrazioni, che

annualmente si svolgono presso l’au-la della camera alta (senato) del Par-lamento di Budapest, sono invitatisolamente organismi sociali e cultu-rali ungheresi. L’attenzione e la con-siderazione rivolta pertanto alla no-stra associazione ha evidenti aspettid’eccezionalità.

Ricordiamo che il 9 maggio è la datadella storica dichiarazione di RobertSchuman che segnò il primo passoverso una federazione europea: la co-stituzione della Comunità Europeadel Carbone e dell’Acciaio, momentodi festa per mezzo miliardo d’europei,cittadini dei ventisette Stati membri.

Attività

Diplomazia mitteleuropea

Tirana, marzo 2008, conferenza del nostro presidente

I lavori assembleari sono stati aper-ti solennemente dal Presidente delParlamento, signora Szili Katalin, edal saluto del Ministro degli AffariEsteri, signora Göncz Kinga. Nu-

merose anche altre autorità presen-ti, tra cui il commissario europeo al-la fiscalità e unione doganale Ko-vács László. Anche questa, quindi,un’importante occasione d’incontri

per il nostro presidente che, nel cor-so delle interviste rilasciate alla re-te televisiva statale e alla maggiorerete privata ungherese Duna, ha inparticolare auspicato un rilanciodelle relazioni con la Regione Friu-li Venezia Giulia, sostenendo che “ilTocai è preferibile berlo che discu-terne, e guardare invece ai comuniinteressi strategici lungo il quintocorridoio paneuropeo, arteria vitaledelle nostre economie”. Su questiargomenti Petiziol ha ritenuto utilepuntualmente informare il neo Pre-sidente della Giunta regionale Ren-zo Tondo.Il giorno seguente a Szeged, strategi-co incrocio logistico ai confini conSerbia e Romania, il presidente è sta-to l’ospite d’onore all’inaugurazionedel “Feketesas Salon” - il salotto cul-turale della Mitteleuropa, luogo de-putato ad incontri ed iniziative cultu-rali, nato su iniziativa di analoga as-sociazione ungherese. All’evento,che ha richiamato un folto e qualifi-cato pubblico – Szeged è sede di unarinomata Università con oltre 33.000studenti –, è stato dato un ampio e lu-singhiero riscontro dai media unghe-resi mettendo in risalto la collabora-zione internazionale fra i soggettipromotori.Infine, dal 31 maggio al 4 giugno, aPraga, ha partecipato all’incontromondiale della diplomazia Ceca, inqualità di Console onorario per ilFriuli Venezia Giulia e il Trentino Al-to Adige, un’occasione straordinariadi relazioni e contatti internazionalie di dialogo con le massime Autoritàdella Repubblica Ceca.

n. 2 luglio 2008 7

Attività

Parlamento di Budapest: 9 maggio 2008, Giornata d’Europa

Il Salotto culturale della Mitteleuropa a Szeged

Egregio Direttore,

è prossimo il 90° anniversario della “battaglia del sol-stizio” ai tempi della Grande Guerra. Nei combatti-menti nelle zone del Montello e del Medio Piave mo-rirono anche soldati cecoslovacchi. Alcuni disertori,catturati mentre sparavano contro i loro commilitoni,furono condannati a morte in base al Giudizio Statua-rio. Essi furono poi ricordati mediante commissioni etarghe commemorative, come sarebbe giusto che av-venisse per tutti i caduti.

In data 8 giugno 1918 il Generale Andrea Graziani fe-ce, però, fucilare otto militari della Divisione Cecoslo-vacca schierata con gli Italiani. Senza processo. Lo at-testa L. Del Boca a pagina 209 del suo libro “Grandeguerra, piccoli generali”. – Per questi morti non ci fu-rono né commissioni né celebrazioni. Forse che i mor-ti utili sono martiri, mentre gli altri sono ignobili ne-mici? – Di questo passo si potrebbe pensare che, seavesse vinto nel 1918, l’Imperatore e Re apostolicoCarlo I sarebbe stato proclamato direttamente Santosenza soffermarsi nella lista d’attesa di Beato.

Nerio de Carlo

CI HANNO SCRITTO

n. 2 luglio 20088

Quest’anno è stata scelta laCroazia per ricordare, consolenni cerimonie pubbli-

che, la caduta della cortina di ferro. La XIX “Giornata del Ricordo” èstata celebrata nella splendida città diAbbazia, ambita meta balneare del-l’Impero austro-ungarico ed ancoraoggi una delle più affascinanti capita-li turistiche del centro-Europa. Il 2maggio scorso, alle ore 18.30, nellapiazza ove sorge la Chiesa di SanGiacomo (1506), sorta sui resti dellaben più antica abbazia benedettinache impose il nome alla città, abbia-mo deposto una corona d’alloro peronorare tutti Coloro che hanno lavo-rato, lottato e sofferto affinché l’Eu-ropa ritrovasse la sua unità e libertàed al popolo croato fosse restituito ilsuo legittimo governo e ritornasse adessere parte integrante d’Europa.È seguito un ricevimento alla presen-za del sindaco di Abbazia e di varieautorità della Repubblica croata. L’iniziativa di Mitteleuropa è statavalutata altamente simbolica dalleAutorità italiane (Il Ministero degliAffari Esteri italiano da diversi annisostiene esplicitamente le iniziativedi Mitteleuropa e del suo presidentePaolo Petiziol, sia con formali patro-cini sia anche con la presenza delladiplomazia) ed il gesto d’amiciziaparticolarmente apprezzato dalle Au-torità croate, che hanno sottolineatocome questa nostra Giornata del Ri-cordo si differenzia da tutte le altre

celebrate in Europa, che invece mira-no a perpetrare la memoria d’eventitragici e tristi, spesso strumentali anazionalistiche e miopi visioni di par-te. Con quest’iniziativa invece “Mit-teleuropa” ha realizzato un’icona eu-ropea ove tutti possono ritrovarsi, af-francandosi dagli spettri di un passa-to denso di responsabilità per tutti,nessuno escluso.Il nostro presidente ha poi sottolinea-to come, in effetti, il 2 maggio potreb-be essere considerata la Giornata delBel Ricordo, in quanto memoria di unmomento di felicità e gioia per l’inte-ra Europa, una liberazione non solodai totalitarismi, ma anche dai ranco-ri e dagli odi che, per quasi un secolo,hanno amareggiato, afflitto ed ottene-brato le menti e le coscienze di granparte dei popoli europei. Un giorno di

festa, di lacrime di gioia, di felicità, difraterni brindisi per una libertà e fra-tellanza finalmente ritrovate.Negli anni passati la “Giornata del ri-cordo” ha visto presenti i responsabi-li dell’associazione Mitteleuropa innumerose capitali d’Europa (Praga,Budapest, Berlino, Roma, Bratislava,Cracovia…) e, nel 2004, in occasionedell’allargamento proprio a quei Pae-si cui l’associazione ha rivolto, in annidifficili, le proprie attenzioni, la com-memorazione è avvenuta a Goriziaproprio alla presenza dei ministriHorn e Mock, che nell’ormai lontano1989 tagliarono, con un paio di cesoie,il filo spinato che divideva l’Austriadall’Ungheria, decretando con quelgesto la caduta della cortina di ferro econsegnando i loro nomi per semprealla storia.

Attività

“MITTELEUROPA” in CROAZIALa diciannovesima “Giornata del ricordo”celebrata ad Abbazia

Q uando si parla di Mitteleu-ropa con persone non av-vezze all’argomento si ha

la netta sensazione e, in moltissimicasi, la certezza che il termine evochiuna visione relegata in un angusto esuperficiale cliché fatto di decaden-za, malinconia e nostalgia per i tem-pi andati, il tutto diluito in un evane-scente caleidoscopio di suoni, odori ecolori, di stendardi con l’aquila bice-fala che garriscono al vento, di aleg-giare d’aromi, dolci e imprendibili dicaffè e pasticceria e il lieve risuonaredi valzer e csardas che svaniscono inechi lontani. Sarà anche il fatto che le “terre dimezzo”, essendo state contese nei se-coli e perennemente in bilico fra Este Ovest, Nord e Sud d’Europa, abbiarappresentato un fattore d’impedi-mento all’affermarsi di un’entità po-litico-culturale unitaria, indiscussa estabile per lunghi secoli, perciò appa-re oggi più pratico e, perché no, difronte al repentino affermarsi dellamodernità, più romantico e strug-gente identificare la Mitteleuropanella suggestiva iconografia del mitoasburgico.Tuttavia, quando parliamo di Mitte-leuropa, rievochiamo vicende com-plesse e controverse di una vastissi-ma area emersa dal buio del medioe-vo e consegnata alle epoche più re-centi con tutte le contraddizioni: en-tità territoriali ora compresse, ora di-latate, ora annullate dalle contrappo-sizioni politiche e culturali, caratte-rizzate da accelerazioni innovatrici o,all’opposto, da rigurgiti restauratori.Attraversate e violentate da invasio-ni rapide e feroci di rapaci popoli ve-nuti dall’est e rapidamente scompar-si nel buio della storia, queste regio-ni, autentici “millefoglie” fatti di stra-tificazioni etniche, sono state per se-coli l’ombelico d’Europa intorno al

quale hanno ruotato paganesimo,cattolicesimo, religioni riformate,ebraismo, ortodossia e Islam.Terre minacciate ma, sicuramente,anche attratte dall’esotismo balcani-co. Amate e odiate nello stesso tem-po: terre da possedere e da spogliare,teatro d’infinite scorribande per leschiere scandinave ed estremo ba-luardo contro le agguerrite e temuteorde ottomane. Terre i cui confini in-stabili ed errabondi sono stati trac-ciati e ridisegnati, decine e decine divolte, dopo strenuissime confronta-zioni militari o nel corso di compun-ti congressi di pace.Sottoposte ad una specie d’elettro-shock dalla prorompenza del paradig-ma borghese, sacralizzato dalla Rivo-luzione Francese, o congelate nell’im-mobilità plurisecolacolare dall’assolu-tismo russocentrico dalle dinastie za-riste.

Dibattute e contese fra espansioni-smo pangermanista e aneliti dei po-poli slavi, fra razionalismo e romanti-cismo, culla di geniali scrittori e mu-sicisti e di grandissimi scienziati.

Fertilizzate e dinamizzate dalla pre-senza di intraprendenti, composite eoperose comunità ebraiche, annien-tate dai sanguinari pogrom antisemi-ti e dall’olocausto nazista. Terre attraversate e popolate da in-numerevoli peregrinazioni di popo-lazioni Rom che hanno portato ele-menti di dinamicità e originalità cul-turale che costituisce patrimonio co-mune di tutti i paesi dell’area. Scosse dal loro secolare torpore dal-la rivoluzione industriale e sconquas-sate dalle onde inarrestabili della Ri-voluzione d’Ottobre. Testimoni, maanche vittime, delle vicende chiavedegli ultimi secoli per finire divise, la-cerate e oppresse dal gioco bipolareche ha rappresentato un’autenticamaledizione per tutti i popoli d’Eu-ropa, la quale dopo i disastri dellaprima e seconda guerra mondialeavrebbe dovuto inaugurare un’epocadi pace e fratellanza e mettere albando le guerre totali.Fra alti e bassi questi paesi sono arri-vati a giorni nostri dopo aver passa-to, di recente, la fase più critica dellaloro storia. L’ungherese Róbert Kiss-Szemán, nel suo acuto e piacevole ar-ticolo intitolato “Homo Visegradi-cus”, traccia così quel periodo: “Pergli storici del futuro, i fatti mostreran-no chiaramente che i popoli di questapiccola area combatterono sanguino-se battaglie gli uni contro gli altri nelperiodo dell’era atomica. Si attacca-rono l’un l’altro, con o senza appog-gio dall’esterno, distrussero e disper-sero organizzazioni statali, presero ibeni e li ridistribuirono e presero e ri-presero territori l’uno all’altro. E nep-pure le loro tregue sono state più tran-quille perché, nei periodi di pace frauna guerra e l’altra, essi organizzaro-no rappresaglie gli uni contro gli altri:gli ungheresi ungarizzarono, gli slo-vacchi slovacchizzarono, i cechi ce-

n. 2 luglio 2008 9

Osservatorio internazionale

Una sfida al terzo millennio: la Nuova Mitteleuropadi Sergio Petiziol

Bratislava

n. 2 luglio 200810

chizzarono e insieme ai polacchi de-germanizzarono, ecc.”Eppure non tutto è andato disperso,infatti, desterà non poca sorpresa loscoprire che dietro il termine Mitte-leuropa vi sono attualmente realtàvive e dinamiche, autentici laborato-ri di sperimentazione politica, econo-mica, sociale e culturale. La vitalitàdi questi aspetti è testimoniata dauna miriade di organizzazioni, di sva-riate dimensioni e caratteristiche, cheformano veramente un autentico ca-leidoscopio di lingue, culture, cono-scenze, progettualità e fatti concreti. La rubrica che si inaugura con que-sto numero si prefigge l’obiettivo diallargare la visuale e di stimolare neilettori fedeli ma anche, e soprattutto,in quelli occasionali, l’approfondi-mento sulle caratteristiche che ren-dono tutta l’area centro europea de-gna di un rinnovato interesse e atten-zione, non solo per gli aspetti storiciconosciuti, ma soprattutto per quellidi attualità più recente. Iniziamo allora la nostra scopertadella Nuova Mitteleuropea partendodal suo cuore pulsante e cioè dalquadrilatero che unisce le mitichecapitali Bratislava, Budapest, Praga eVarsavia.

I MAGNIFICI QUATTRO: IL GRUPPO DI VISEGRÀD

Ebbene, per non troncare di nettocon il passato, facciamo un passo in-dietro e torniamo all’anno 1335 nellacittadina di Visegrád, ridente localitàturistica nell’odierna repubblica diUngheria, al tempo sede della mo-narchia magiara. Qui si incontrarononumerosi fra i più grandi regnanti deltempo per dar luogo ad un evento digrande portata, allorché Re CarloRoberto d’Ungheria convocò, pressola sua dimora, Giovanni di Lussem-burgo, Re di Boemia, suo figlio Car-lo, Margravio di Moravia, CasimiroIII il Grande, Re di Polonia, Enrico

Wittelsbach, Principe di Baviera eRodolfo, Principe di Sassonia. Insie-me a questi e una folta schiera duchi,partecipò anche il plenipotenziariodel temuto e potente Gran Maestrodell’Ordine Teutonico di Prussia. La ragione principale di tale incon-tro, secondo una versione, risiedevanell’intento di trovare un accordoche permettesse ai nobili e mercanticentroeuropei di sottrarsi al mono-polio delle vie commerciali detenutoda Vienna e dai mercanti dell’ovest. Sembra che una delle questioni chestesse maggiormente a cuore ai so-vrani, fossero i problemi conseguen-ti all’esercizio dello Stapelrechts, o di-ritto di arresto o stazionamen-to, pratica in uso al tempo, ac-cordata a determinati portifluviali, fra cui anche Vienna,che imponeva alle imbarca-zioni commerciali di scaricarele merci al porto e di mostrar-le per la vendita per un deter-minato periodo, spesso di tregiorni. Solo dopo tale opzione,a favore degli acquirenti loca-li, era consentito ai commercianti diricaricare i propri stock e di prose-guire il viaggio con il resto del carico. Nel caso di un fiume come il Danu-bio e i suoi affluenti ciò poteva cau-sare seri problemi per i traffici a lun-ga percorrenza. In parti-colare ciò pregiudicava iltrasporto e il commerciodi merci deperibili, le der-rate alimentari in specialmodo, e spesso i commer-cianti erano autorizzati apagare un dazio in luogodi esibire le merci e ciò, ov-viamente, si traduceva in unonere che era poi fatto gravare sugliacquirenti successivi.

L’esigenza di liberare i proprimercati da gioghi e da balzelli divaria natura, può costituire in-dubbiamente un buon motivo,tuttavia, non appare sufficienteper giustificare un incontro fratali “titani” dell’epoca. Infatti, sullo sfondo del meetingaleggiano, con la loro comples-sità e la crudezza, tutti i temidell’epoca, connotata dalla con-trapposizione fra Papato e Im-

pero: scontri dinastici, alleanze diconvenienza, appetiti di ricchezza efama, contese pseudoteologiche etrame sordide e innominabili. Per chidesiderasse svelare tutti i retroscenastorico-politici, rinviamo alla detta-gliata descrizione fatta da SławomirGawlas nel suo articolo “The 1335Meeting of Kings in Visegrád /L’in-contro del 1335 dei Re a Visegrád”. Inparticolare, lo storico polacco identi-fica la ragione dell’incontro nellacontrapposizione armata fra Ordinedei Cavalieri teutonici e regno di Po-lonia e la necessità di sottoporre ladisputa ad una sorta di collegio arbi-trale “ante litteram”.

Sarebbe lungo e complesso entrarenella descrizione dei fatti, tuttavial’esito finale, nell’analisi di Gawlas,fu che le negoziazioni di Visegrád fa-vorirono l’adozione di metodi diplo-matici nella soluzione delle dispute,

limitando il ricorso ai conflitti ar-mati.Successivamente ebbero luogomolti altri incontri, prima impen-sabili fra i monarchi del tempo.Si addivenne, quindi, ad una sor-ta di piano per la condivisionedelle vedute e degli interessi nel-

l’intera area che influenzò e raf-forzò i rapporti diplomatici da al-

lora fino ai giorni nostri. In senso ge-nerale, il meeting di Visegràd, che du-

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Logo del V4: la costellazione centroeuropea

Stemma della città di Visegrád

Budapest

Varsavia

n. 2 luglio 2008

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rò circa un mese, fu una prova con-creta dello sviluppo delle relazionid’area nell’Europa tardo medioeva-le.Anche se, negli anni della guerrafredda, le nazioni eredi di tale retag-gio facevano parte delle due piùgrosse organizzazioni del blocco co-munista, il Patto di Varsavia (1949-1991) alleanza di carattere militareantagonista della NATO, e il CO-MECON (1949-1991) - Consiglio perla Mutua Assistenza Economica,contraltare della CEE, le relazionifra gli stati rimasero in una specie distallo, essendo ristrette soprattuttoad incontri di vertice nel quadro ditali ambiti.In una certa maniera, il ricordo del-l’eredità centenaria dei rapporti poli-tici, economici, militari e culturali fragli stati nominati si mantenne vivo alivello di tradizione popolare, non-ostante il regime oppressivo impostoda Mosca.Dopo la dissoluzione dell’egemoniasovietica, l’eredità storica di tre na-zioni si attualizzò a distanza di 656anni. Seguendo l’esempio dei loroantenati, gli alti esponenti di Cecos-lovacchia Polonia e Ungheria si ri-unirono, il 15 febbraio 1991, per si-glare la nascita ufficiale del Gruppodi Visegrád, nella stessa storica loca-lità. Lo storico meeting si tenne per ini-ziativa del Presidente della Repub-blica di Cecoslovacchia, Václav Ha-vel e vide la partecipazione del Presi-dente della Repubblica di Polonia,Lech Wałesa e del Primo Ministrodella Repubblica di Ungheria, JózsefAntall.

La nascita del Gruppo di Visegrád èlegata a quattro fattori di rilevan-za decisiva: il desiderio di eliminarequanto rimasto del blocco sovietico inEuropa Centrale, il desiderio di supe-rare le animosità fra gli stati dell’area,la convinzione che attraverso unosforzo comune sarebbe stato più age-vole raggiungere determinati obietti-vi, quali le riforme sociali e l’adesioneal processo di integrazione europea e,infine, la comunanza di idee delleclassi politiche del momento.Specialmente nella sua fase iniziale(1991-1993) il Gruppo di Visegrádgiocò un importante ruolo nel corsodei negoziati con la NATO e l’Unio-ne Europea. Nel 1993, con la separa-zione della Cecoslovacchia in duestati indipendenti, il Gruppo di Vise-grád, noto da allora con l’abbrevia-zione di V4, assunse la sua connota-zione attuale, comprendendo sia laRepubblica Ceca sia la RepubblicaSlovacca.

Una delle iniziative più importantida parte del Gruppo di Visegrád fu lacreazione, il 21 dicembre 1992, a Cra-covia, del CEFTA, Associazione cen-troeuropea per il libero scambio, chesi prefiggeva di favorire, attra-verso interventi nei propri si-stemi di mercato, l’integrazio-ne delle nuove democrazienelle istituzioni dell’Europadell’ovest.Dell’organizzazione en-trarono a far parte, suc-cessivamente, anche Slove-nia, Romania e Bulgaria.Negli anni successivi, l’intensitàdella cooperazione fra gli statiV4 iniziò a declinare a causadell’idea che gli sforzi individua-li verso l’adesione alle organiz-zazioni euroatlantiche sarebbero sta-ti più efficaci.La loro adesione alla CEFTA cessònel 2004 a seguito dell’ingresso dei

V4 e della Slovenia nell’Unione Eu-ropea. Più tardi, nel 2007, pure Ro-mania e Bulgaria lasciarono l’orga-nizzazione.Nonostante tali rilevanti defezioni,non va disconosciuta l’importanzadella CEFTA nell’aver rivestito unnotevole ruolo propedeutico all’in-gresso dei paesi parte nella UE. Intale ottica, l’organizzazione continuala propria attività con l’entrata dellaCroazia nel 2002, della Ex Repubbli-ca Jugoslava di Macedonia nel 2006 edi Moldavia, Serbia, Bosnia Erzego-vina, Montenegro, Albania e Kosovonel 2007.

IL V4 OGGILa cooperazione fra i paesi V4 puòessere attualmente ritenuta la mag-giormente definita all’interno delCentroeuropa. L’asse portante diquesta cooperazione è costituito daicontatti a tutti i livelli, da quelli fra ivertici politici alle riunioni fra esper-ti e diplomatici, alle attività della or-ganizzazioni non governative, istitu-zioni culturali e di ricerca insieme asvariate reti di persone.La cooperazione fra i Ministeri costi-tuisce una parte fondamentale delleattività all’interno del V4, sia a livel-lo di Ministri, sia sotto forma di grup-pi di lavoro fra esperti. Sono in corsonumerosi progetti comuni, in parti-colare nel campo della cultura, del-l’ambiente, della sicurezza interna edella difesa, della scienza e dell’edu-

cazione. Allo stessotempo si stanno in-tensificando le colla-borazioni nel campo

della giustizia, deitrasporti, del turi-smo, dell’energia e

delle tecnologie in-formatiche.Gli stati del V4 in-tendono anche co-operare con i paesivicini e con i paesidell’area interessatialle riforme o conorganizzazioni inte-

ressate alla cooperazione nello spiri-to paneuropeo.Il V4 non è dotato di un’organizza-zione istituzionalizzata. Il proprio

11

La storica firma del trattato istitutivo

(foto: Visegrád Group)

Logo della CEFTA

Profilo territoriale ebandiere nazionali del

gruppo di Visegrád

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funzionamento è devoluto a incontriperiodici fra i rappresentati ai vari li-velli, dai Primi Ministri ai Presidenti,a gruppi di esperti. Ogni anno ha luo-go un incontro ufficiale fra i PrimiMinistri e uno dei paesi assume lapresidenza a turno con il compito, fral’altro, di redigere un piano d’azioneannuale.

L’unica struttura stabile è costituitadal Fondo Internazionale di Vise-grád, istituito nel 2000, con sede aBratislava, nell’intento di sostenerelo sviluppo della cooperazione nellacultura, negli scambi scientifici, nellaricerca e formazione, nello scambiodi studente, nello sviluppo della col-laborazione transfrontaliera e nellapromozione turisticaLa maggior parte di fondi è erogata afavore delle organizzazioni non go-vernative con l’obiettivo specifico dipromuovere la dimensione civica del-la cooperazione in ambito Visegrád.Il fondo eroga anche borse di studioindividuali a studenti e artisti al finedi favorire lo scambio di esperienzefra i paesi V4 e quelli vicini. In parti-colare, il Fondo eroga borse di studioper corsi di Master post-laurea. Oltreagli studenti dei paesi V4 possonoconcorrere quelli di: Albania, Bielo-russia, Bosnia-Erzegovina, Croazia,Ex Repubblica Iugoslava di Macedo-nia, Moldova, Montenegro, Serbia,Federazione Russa e Ucraina.A partire dal 2002, considerata lastretta dipendenza dalle fonti ener-getiche esterne, in particolare daquelle di provenienza russa, il V4 haavviato un intenso lavoro sui temidell’energia. Nello stesso anno, suiniziativa ungherese, un gruppo diesperti ha iniziato i propri lavori. Ilgruppo, che si riunisce due volte al-l’anno, ha tenuto a Praga nel 2006 un

incontro per elaborare raccomanda-zioni da sottoporre all’attenzione deiMinistri di settore. I temi fondamen-tali, trattati in tale sede, hanno ri-guardato valutazioni di carattere ge-nerale sulle politiche energetiche, in-cluse la ricerca e lo sviluppo, l’istitu-zione di una riserva di emergenza digas, la costruzione di nuovi gasdotti eoleodotti, collegati con terminal por-tuali e raccomandazioni inerenti l’in-ter-connessione delle reti di distribu-zione dell’energia elettrica.

Per quanto riguarda ulteriori colla-borazioni meritevoli di interesse, ilV4 ha recentemente varato un pro-gramma di cooperazione nella con-dotta delle operazioni di supporto al-la pace nei Balcani ed in Afghani-stan, in accordo con la decisione as-sunta dai Ministri della difesa nel2001 a Bratislava. L’intesa segue pre-cedenti iniziative sulla cooperazionemilitare quali, la consultazione fra iDirettori nazionali degli armamenti(2005) e il meeting dei Ministri delladifesa sullo scambio delle esperienzenelle attività di peacekeeping (giu-gno 2006). Per quanto riguarda le politiche diespansione del V4 non è nelle imme-diate intenzioni del gruppo allargaread altri soggetti tale ambito.Tuttavia, il V4 opera di concerto conaltri stati del centroeuropea in pro-getti e ambiti specifici all’in-terno delProgramma V4 Plus (V4+) e nelquadro del Partenariato Regionale,del quale fanno parte Austria e Slo-venia. Il Visegrád Group vanta anche colla-borazioni con analoghe organizza-zioni regionali come il Benelux (1), ilConsiglio Nordico (2) ed il Consigliodegli Stati del Baltico (3).Dal 2006, inoltre, il V4 ha iniziato piùstrette collaborazioni con gli statibalcanici.

Intense attività di consultazione so-no in atto con l’Ucraina a favore del-la quale il V4 sta svolgendo un attivoruolo di patrocinio per l’ingresso nel-la NATO e nella UE.In una prospettiva generale, essendoconvinti assertori del processo di in-tegrazione europea siamo, altresì,fermamente persuasi che iniziativeregionali come il V4 possano contri-buire notevolmente alla cooperazio-ne e alla comprensione reciproca etradursi in un formidabile fattore diconsolidamento delle basi comunisulle quali far poggiare la nuova Eu-ropa.Per coloro i quali fossero interessatiad approfondire il tema V4 si consi-glia di scaricare dal sito ufficiale delGruppo il libro di Andrzej Jagodziń-ski intitolato “The Visegrád Group: ACentral European Constellation/IlGruppo di Visegrád: una costellazio-ne Centroeuropea”, che celebra i 15anni di vita del gruppo compiuti nel2006. Il libro contiene una miscella-nea di testimonianze, fra le quali gliarticoli citati nel presente testo, ela-borati da scrittori, storici e politici dilevatura dell’area presa in esame.

(1) Belgio, Olanda e Lussemburgo

(2) Danimarca, Isole Faroe, Groenlan-dia, Finlandia, Åland, Islanda, Norve-gia e Svezia.

(3) Danimarca, Estonia, Finlandia, Ger-mania, Islanda, Lettonia, Lituania,Norvegia, Polonia, Russia, Svezia eCommissione della UE.

Praga

La copertina di “The Visegrád Group:A Central European Constellation”

Stemma automobilisticopromozionale del V4

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Intervista

… I miei Balcani nella UE. Col Kosovo indipendente…Intervista al prof. Predrag Matvejevicdi Fabrizio Fontana

Nato a Mostar (Bosnia-Erzegovina)da madre croata e padre russo,Predrag Matvejevic è stato do-cente di Letteratura Francese all’U-niversità di Zagabria e di Letteratu-re comparate alla Sorbona di Parigi.Nel 1991, all’inizio della guerra nel-la ex-Jugoslavia, è emigrato in Fran-cia, dal 1994 lavora in Italia. Attual-mente è professore ordinario diSlavistica all’Università La Sapienzadi Roma.

Tra i suoi libri, tradotti in varie lingue, i più no-ti in Italia sono: Epistolario dell’altra Europa(1992), in difesa dei diritti dell’uomo e, in par-ticolare, degli intellettuali dissidenti di nume-rosi paesi dell’Est perseguitati dal potere (Sa-charov, Havel, Kundera, Mandelstam, Brodskij,ecc.). Per queste “lettere aperte”, fu attaccatodalle istituzioni ufficiali e proclamato lui stesso“dissidente”.Emblematica poi nel 2005 la condanna a 5 me-si (poi sospesa) comminatagli da un tribunalecroato per aver scritto sulla responsabilità de-gli intellettuali nazionalisti (croati, serbi, bo-sniaci), che avevano aiutato i «signori dellaguerra» ad infiammare i conflitti nei Balcani. Ilsaggio in questione, pubblicato in croato e initaliano, era intitolato “I nostri talebani”.

Altra sua celebre opera è il Breviario Medi-terraneo (varie edizioni e aggiornamentidal 1988), un saggio di geopoetica (come ladefinisce lui stesso) che ricostruisce in modo

narrativo la storia del Mediterraneo e dei pae-si che vi si affacciano.Tra i numerosi riconoscimenti internazionali laLegion d’honneur del Governo Francese e lacittadinanza italiana “per meriti culturali”.

...un paio di citazioni...

“Gli spazi balcanici sono disseminati dalle vestigiadegli imperi sovranazionali e dai resti dei nuoviStati che li sostituirono; idee di nazione che risal-gono al XIX secolo e ideologie internazionalisteprefabbricate dal “socialismo reale”; eredità di dueguerre mondiali e di una guerra fredda; vicissitudi-ni dell’Europa dell’Est e di quella dell’Ovest; rela-zioni ambivalenti fra Paesi sviluppati e quelli “invia di sviluppo”; tangenti e trasversali Est-Ovest eNord-Sud, legami e fratture fra il Mediterraneo el’Europa, tra l’Unione europea e “l’altra Europa”.Tante divisioni e faglie, linee di demarcazione o difrontiera, materiali e spirituali, politiche, sociali, cul-turali e altre ancora”.

“Quale Europa?”. Una domanda che abbiamosentito, tante volte, in diversi contesti, a partire dal-l’Europa del carbone e dell’acciaio fino a quella diMaastricht e dell’euro. Sarebbe auspicabile chel’Europa odierna fosse meno eurocentrica di quel-la del passato, più aperta al cosiddetto Terzo Mon-do dell’Europa colonialista, meno egoista del-l’«Europa delle nazioni», più Europa dei cittadiniche si danno la mano e meno quella degli Statiche si sono fatti tante guerre fra loro. Un’Europapiù consapevole di se stessa e meno soggetta al-l’americanizzazione.

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diato riconoscimento di Pristina daparte di molte potenze occidentali.Ma si dimentica che Slobodan Milo-sevic ha fatto di tutto, con la sua po-litica, per separare il Kosovo dallaSerbia. Dopo la repressione degli al-banesi kosovari operata dal regimenel 1999 e il susseguente esilio di mi-gliaia di civili, la situazione avevatoccato un punto di non ritorno. Nonsi poteva più contare su un Kosovoin Serbia. Credo che Tadic e il suopartito ne siano coscienti, ma non ab-biano potuto dirlo perché avrebberoperso ancora più voti. Qualsiasi go-verno che andrà formandosi nel Pae-se non avrà una maggioranza solida,e potrà cadere da un momento all’al-tro. Fino a che il clima in Serbia re-sterà precario, incerto e difficile, nesoffriranno tutti i Balcani.

Il caso del Kosovo mette in luce l’in-compatibilità della dichiarazione diHelsinki sull’inviolabilità dei confinicol principio di autodeterminazionedei popoli, sancito dalla Carta delleNazioni Unite. Come conciliare i duedocumenti?Il Kosovo è un caso particolare. Mol-ti hanno obiettato: perché riconosce-re l’indipendenza del Kosovo e nonquella dei Paesi Baschi? Bisogna di-re che i Baschi non hanno vissuto ildramma del 1999 dei Kosovari. L’a-rea è abitata al 90 percento da alba-nesi. Anche se si sancisse che il Ko-sovo è Serbia, come si potrebbe go-vernarlo se la stragrande maggioran-za della popolazione non lo accetta,dopo quello che ha passato? Bisognarassegnarsi. Il Kosovo è stato perdu-

to tanto tempo fa. Già i primi social-democratici serbi all’inizio del XXsecolo dibattevano sugli errori fattidallo stato serbo in quel periodo neiconfronti degli albanesi e sulla diffi-coltà di convivenza tra le due etnie.Meglio separarsi che vivere un con-flitto.Mi rendo conto della difficoltà del-la minoranza serba in Kosovo. GliAlbanesi hanno fatto un erroreenorme. Dopo essere fuggiti da vit-time nel ‘99 in mezza Europa, sonotornati e si sono comportati malenei confronti dei serbi, prendendodi mira simboli cristiani, incendian-do monasteri. Hanno guastato la lo-ro posizione di vittime. Comunquesia, non si poteva fare altrimentiche separarsi, e cercare ora di tro-vare soluzioni convenienti agli uni eagli altri.

La soluzione è: “tutti in Europa”?Sì, sarebbe la soluzione ideale. In Eu-ropa nessuno impedisce agli altri dimanifestare e confermare la suaidentità. Due grandi paesi europeicome Francia e Germania hanno fat-to guerre peggiori di quelle balcani-che. Poi sono entrati in Europa unoaccanto all’altro. Esiste la Francia edesiste la Germania. Così, potrebberoesistere i piccoli stati. Meglio piccolistati che convivono, piuttosto chepiccoli stati in uno stato martoriatodai conflitti.Se la Serbia riuscisse ad uscire daquesta situazione difficile, la stradaper l’Europa sarà più agevole pertutti i Balcani. Sicuramente nella UEentrerà la Croazia. Più avanti speria-mo la Serbia e la Bosnia e, perchè no,la Macedonia. Questa chance esisteva già 16 annifa. Jacques Delors, allora presidentedella Commissione Europea, vennein Jugoslavia con un assegno di 5 mi-liardi di dollari, come primo aiutoper avvicinare i Balcani all’Europacomunitaria. Ma Tudjman e Milose-vic preferirono portare avanti le loropolitiche, che hanno dato questi ri-sultati. Ci si poteva separare, ma conintelligenza, comprensione, senzaconflitti e morti. Purtroppo questonon si è fatto e ne stiamo pagando leconseguenze.

Intervista

Professor Matvejevic, l’ultima voltaci eravamo incontrati quando a Go-rizia esisteva un confine, che ogginon c’è più.Il confine italo-jugoslavo, quello del-la mia giovinezza lo ricordo come unconfine duro, militare, con le garitte.Difficile da attraversare. Poi, poco apoco, si è ammorbidito e adesso lacittà di Gorizia è unita nelle sue dueanime. La Slovenia è entrata con me-rito e a pieno titolo in Europa. Cadu-to il confine tra Italia e Slovenia, lafrontiera fisica da abbattere è oraquella con la Croazia. Speriamo cheanche Zagabria entri presto nell’U-nione Europea. In questo nuovo cli-ma politico occorre ripensare i rap-porti tra gli stati e le culture.

Tra Slovenia e Croazia non mancanole diatribe sulle rivendicazioni di pic-cole porzioni di territorio a cavallodel confine (vedi il caso di Josko Jo-ras, cittadino sloveno residente sul-la riva sinistra del Dragogna, fiumeche segna il confine tra i due stati).Dato il prossimo probabile ingressodella Croazia in Europa, è una provadi immaturità?Le diatribe di confine che vedonoprotagonisti alcuni personaggi nonsono intelligenti e men che meno uti-li. Sloveni e Croati possono essereamici senza problemi. Io, scrittorecroato, ho pubblicato in Sloveniaquando non potevo pubblicare inCroazia, dopo aver ricevuto minaccedi morte per aver definito tutti i lea-der nazionalisti balcanici “I Nostri Ta-lebani”. Soffro quando vedo quali so-no le ragioni di questi screzi. Posso ca-pire che ci sia un uomo o alcuni uo-mini un po’ troppo sensibili – per nondire di peggio – che creano problemi.Ma i rapporti tra gli Stati non dovreb-bero soffrire di questo tipo di rappor-ti individuali, singolari, eccezionali.

Ora scendiamo in Serbia, Paese scos-so dalla secessione del Kosovo del 17febbraio, ma che alle elezioni diqualche settimana fa ha premiato,seppur solo a maggioranza relativa, ilmovimento europeista del presiden-te Boris Tadic.Per la Serbia è stato uno shock laperdita del Kosovo. E anche l’imme-

L a mia passione perla storia mi ha por-tato sempre ad ana-

lizzare fatti e situazionimoderne alla luce di quan-to già eventualmente acca-duto. Da questa compara-zione e raffronto ho sem-pre tratto delle intuizioniinteressanti, insomma hosempre imparato qualcosa.E siccome qualcuno, moltopiù autorevole di me, hagià sentenziato alcuni seco-li fa che la Storia si ripete(corsi e ricorsi), è moltoprobabile che eventi inu-suali e sconcertanti, in real-tà, non rappresentino nulladi nuovo sotto il sole.Quando mi giunse la noti-zia dell’autonoma procla-mazione d’indipendenzadella Regione del Kosovo, per lospirito libero che mi ritrovo, la pri-ma reazione fu quella di sostenereche ognuno, in casa sua, deve poteressere padrone e decidere del suodestino. Ma quest’ingenua conside-razione svanì quando, immediata-mente dopo, osservai che questodovrebbe valere per tutti, quindianche per i Baschi, i Catalani, gli Ir-landesi del nord, gli Scozzesi, i Gal-lesi, i Valloni, i Fiamminghi, i Sud-ti-rolesi o Altoatesini, gli Ungheresi diTransilvania, i Moravi, gli Slesiani,e, perché no, magari anche i Friula-ni. Questo per restare solo nella no-stra Europa. Che sconquasso!Allora passai a considerare gliaspetti più propriamente giuridicidel problema e quelli connessi al di-ritto internazionale.Indagando frettolosamente a ritro-so non riuscii a rammentare un solocaso, che non sia frutto di veri epropri eventi bellici, d’unilateraliindipendenze pilotate, sostenute e

riconosciute da altri Stati sovraniin danno di uno Stato sovrano.Ma mi sbagliai clamorosamente.Un precedente storico c’è ecco-me: è il patto di Monaco del 29settembre 1938, a firma Hitler,Mussolini, Daladier e Chamber-lain, ove Germania, Italia, Fran-cia e Gran Bretagna decisero chela Regione dei Sudeti, regionedell’allora Stato Cecoslovacco,fosse tolta alla sovranità del suolegittimo Governo ed annessa alTerzo Reich, preludio a che l’inte-ra Boemia e Moravia diventasse-ro un Protettorato della Germa-nia nazista. Il tutto senza un solocolpo di fucile ma con una solasemplice firma ed anche in quelfrangente con una frettolosa emalcelata accondiscendenza ver-so una presunta ed ineludibile si-tuazione di fatto.Rabbrividii!Quel patto scellerato sappiamotutti quali conseguenze ha porta-

to all’Europa e al mondointero.Sappiamo altresì tutti qua-le sia la complessità e la cri-ticità della situazione bal-canica, ove, come scrissi nel1991, la pallottola esplosa aSarajevo il 28 giugno 1914non si è ancora arrestata.Ma perché tutto questo?Ne sono veramente scon-certato perché il diritto e lagiustizia non è prendere leparti dell’uno o dell’altro aseconda del contingentetornaconto, la giustizia ègiustizia e basta. Il dirittomio non deve mai offende-re il tuo. Di un tanto questanostra civile Europa do-vrebbe dimostrare la capa-cità di essere garante.

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Storia / Attualità

Il Kosovo perdutodi Paolo Petiziol

Patriarcato di Peć, in Kosovo, dove fin dal XIII secolo venivano ufficialmente investiti i Patriarchi Ortodossi Serbi

Una chiesa cristiana a Pristina

n. 2 luglio 200816

Storia / Attualità

Germania, Regno Unito,Francia e Italia preso inconsiderazione l’accordoche già è stato raggiuntoin linea di principio per lacessione alla Germaniadel territorio tedesco deiSudeti, si accordano al-tresì sui seguenti terminie condizioni che governa-no la detta cessione e lemisure conseguenti que-sto accordo, esse si riten-gono responsabili per ipassi necessari ad assicu-rare il suo adempimento:

(1) l’evacuazione comin-cerà il 1 Ottobre;

(2) il Regno Unito, Fran-cia e Italia sono d’ac-cordo che l’evacuazione delterritorio sarà completata il 10Ottobre, senza che qualsiasi in-stallazione esistente sia di-strutta e che il Governo dellaCecoslovacchia sarà ritenutoresponsabile per l’esecuzionedell’evacuazione senza dannoalle dette installazioni;

(3) le condizioni che governanol’evacuazione saranno stabili-te in dettaglio da una com-missione internazionale com-posta di rappresentanti diGermania, Regno Unito,Francia, Italia e Cecoslovac-chia;

(4) l’occupazione graduale delterritorio prevalentementetedesco da parte di truppe te-desche comincerà il 1 Otto-bre. I quattro territori marca-ti sulla mappa allegata saran-no occupati da truppe tede-sche nell’ordine seguente:il territorio marcato N.ro 1 il 1e 2 di Ottobre; il territorio

marcato N.ro 2 il 2 e 3 di Ot-tobre; il territorio marcatoN.ro 3 il 3, 4 e 5 di Ottobre; ilterritorio marcato N.ro 4 il 6 e7 di Ottobre. Il rimanente ter-ritorio di carattere preponde-rantemente tedesco sarà ac-certato immediatamente dallacommissione internazionalesuddetta e sarà occupato datruppe tedesche entro il 10 diOttobre;

(5) la commissione internazionaledi cui al paragrafo 3 determine-rà i territori nei quali un plebi-scito sarà tenuto. Questi territo-ri saranno occupati da corpi in-ternazionali fino a che il plebi-scito sarà stato completato. Lastessa commissione fisserà lecondizioni nelle quali il plebi-scito sarà tenuto, prendendocome base le condizioni delplebiscito della Saar. La com-missione fisserà anche una da-ta, non più tardi della fine diNovembre nella quale il plebi-scito sarà tenuto;

(6) la determinazione fi-nale delle frontiere sa-rà eseguita dalla com-missione internazio-nale. La commissioneavrà titolo per racco-mandare alle QuattroPotenze, Germania, ilRegno Unito, Franciae Italia, in certi casieccezionali, delle mo-difiche minori nelladeterminazione stret-tamente etnograficadelle zone che saran-no trasferite senzaplebiscito;

(7) ci sarà un diritto discelta dentro e fuoridei territori trasferiti;la scelta dovrà esse-

re esercitata entro sei mesidalla data di quest’accordo.Una commissione tedesco-ce-coslovacca determinerà i det-tagli della scelta, considereràmodi di facilitare il trasferi-mento di popolazione e deci-derà sulle domande di princi-pio sorte fuori del detto tra-sferimento;

(8) il Governo Cecoslovacco entroun periodo di quattro settima-ne dalla data di questo accordorilascerà dalle proprie forzemilitari e di polizia qualsiasi te-desco dei Sudeti che desidere-rà essere rilasciato, e il Gover-no Cecoslovacco entro lo stes-so periodo rilascerà i prigio-nieri tedeschi dei Sudeti chestanno scontando pene di de-tenzione per offese politiche.

Monaco di Baviera, il 29 Settembre 1938.

ADOLF HITLERBENITO MUSSOLINI

EDOUARD DALADIER NEVILLE CHAMBERLAIN

Accordo concluso a Monaco di Baviera, il 29 Settembre 1938, tra Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia.

Adolf Hoffmeister: Madame Laval, 1943 (New York)

N el gennaio 1809, un grup-po d’albergatori, di com-mercianti di cavalli e di

contadini, tirolesi, scelti fra i più co-nosciuti e stimati, furono invitati aVienna e dai consiglieri dell’impe-ratore fu loro proposto di prepara-re e, al momento opportuno, attua-re una rivolta contro gli occupantistranieri; il Tirolo, infatti, dal 1805era occupato dall’esercito bavarese.La scelta di quelle categorie nonera casuale, poiché, mentre la bor-ghesia di Innsbruck accoglieva confavore le riforme di modello france-se quali la modernizzazione del si-stema giudiziario e finanziario, l’a-bolizione dei privilegi nobiliari, l’e-quiparazione dei protestanti, degli

ebrei, l’introduzione del divorzioecc., nelle campagne le riforme ave-vano minato l’economia dei com-mercianti e dei contadini e l’aggiun-gersi di altre e ben più inaccettabilisituazioni avevano creato uno statodi grave tensione.La sostituzione del nome Tirolo con“Baviera meridionale”, la coscrizio-ne obbligatoria che, di fatto, cancel-lava l’antico ordinamento militaretirolese (basato sul Landlibell ema-nato da Massimiliano I nel 1511), lareintroduzione delle riforme reli-giose promulgate dall’imperatoreGiuseppe II (e poi dallo stesso re-vocate a causa della forte opposi-zione della popolazione), le pesantilimitazioni di partecipazione alle

funzioni, l’abolizione di molte festereligiose, la palese persecuzione dichi manifestava la propria fede, il ri-fiuto del re di Baviera, Massimilia-no Giuseppe, di accogliere le istan-ze presentate dai rappresentanti Ti-rolesi fu accolto come un segno dispregio della cultura di quel popoloe delle sue sensibilità .Ad allargare il fossato che separa-va la popolazione dal nuovo pa-drone straniero certamente contri-buirono in buona misura il sac-cheggio di biblioteche, il trasferi-mento in Baviera di moltissimeopere d’arte trafugate nelle chiesee la vendita alle aste, che seguiva-no la chiusura di conventi e mona-steri, di preziosi oggetti di culto

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Storia

Monumento adAndreas Hofer a Innsbruck Andreas Hofer:

un patriota, un uomo,un simbolodi Klaudius von Wirt

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che erano acquistati dagli abbienticommercianti ebrei.Ad esasperare il popolo ed a spin-gerlo alla rivolta fu soprattutto laconsapevolezza che la sua culturastava per essere inesorabilmentecancellata e di questo Andreas Ho-fer, uomo del popolo, aveva profon-da consapevolezza.In quel tempo l’Austria stava pre-

parando una nuova campagna mili-tare contro Napoleone e fra le ipo-tesi strategiche vi era quella di co-stringere il nemico ad impegnare lesue truppe su più fronti; una rivoltadelle regioni alpine era l’ideale perprovocare la frammentazione delleforze avversarie. Ai Tirolesi convenuti a Vienna, fra iquali troviamo Andreas Hofer, fupromesso il sostegno dell’esercitoimperiale che avrebbe operato inmodo massiccio in quel teatro; peril Tirolo che soffriva sotto lo spero-ne franco-bavarese era l’occasioneideale. Andreas Hofer era un oste moltoconosciuto, inoltre era anche com-merciante di cavalli e questo lo por-tava a fare frequenti viaggi e quindila sua figura era nota ben oltre ilpaese di S. Leonardo in Val Passiria,ove aveva avuto i natali il 22 no-vembre 1767. Era una persona generosa, di spec-chiata onestà, di rara rettitudine, dimorale adamantina, profondamentereligiosa, animata da un grandeamor di patria e da un’assoluta leal-tà al sovrano; queste qualità, da tuttiriconosciute, gli valsero, al momentodell’insurrezione, il comando dei ri-voltosi, un incarico non sollecitato,che egli accettò come un dovere acui non poteva sottrarsi.La rivolta iniziò il 9 aprile 1809 nellacapitale tirolese; l’intervento delletruppe austriache fu di breve durata,sconfitte a Wörgol, si ritirarono ed ilcompito di affrontare l’offensivadelle preponderanti forze nemiche,ricadde completamente sui 14.000Tirolesi di lingua italiana e tedescaagli ordini di Hofer, artigiani, bo-scaioli, contadini privi di preparazio-ne militare e male armati.L’11 aprile i Bavaresi furono ferma-ti a Vipiteno ma, nei giorni successi-

vi, le truppe franco-bavaresi ripre-sero il controllo del Tirolo e rioccu-parono Innsbruck.Il 25 ed il 29 maggio, in due succes-sive battaglie sul colle Bergisel, Ho-fer costrinse i Bavaresi ad abbando-nare la valle dell’Inn; il 13 agosto, inun nuovo scontro, gli Schützen bat-terono un esercito di bavaresi, sas-soni e francesi, forte di 15.000 uo-mini ed il 15 agosto Hofer, Coman-dante supremo dei Tirolo, si stabilìalla Hofburg di Innsbruck.

Nel breve tempo del suo governoegli, anche mal consigliato, s’impe-gnò a ristabilire lo status quo e con-seguentemente tutte le riforme in-trodotte dai bavaresi, anche quellesensate, furono abolite; queste mi-sure gli valsero l’ingenerosa accusad’essere stato reazionario, conser-vatore e di non aver combattuto peri grandi ideali di libertà.A chiunque era evidente che egli sibatteva “per Dio, l’Imperatore e laPatria”, elementi che considerava ifondamenti di quel mondo che egliconosceva ed amava; non potevacerto perseguire un progetto politi-co di cui ignorava contenuti e con-torni ed il cui modello era stato im-

posto al suo popolo dalla forza del-le armi straniere.La pace di Schönbrunn, tra Austriae Francia riconfermò l’appartenen-za del Tirolo alla Baviera e AndreasHofer promosse una nuova insurre-zione; per ordine di Napoleone, ilTirolo fu invaso da oltre 50.000 uo-mini che lo misero a ferro e fuoco,la rivolta si concluse con una batta-glia e la scontata sconfitta, il 1° no-vembre, sull’ormai celebre ma in-fausto colle del Bergisel. Obbedendo con dolore agli ordinidell’Imperatore, Hofer depose learmi ed ottenuta l’impunità per tut-ti i partecipanti alla rivolta si ritiròindisturbato nella sua locanda diSan Leonardo in Passiria. Qui fu raggiunto da provocatoriche, con l’inganno, lo convinsero ariprendere la lotta; al suo appello ri-sposero in pochi e, dopo alcuni suc-cessi locali di scarso rilievo, il grup-po si disgregò ed Hofer si diede al-la macchia, rifugiandosi con la fami-glia e qualche amico fedele sullaPfaandlealm; ignorò le preghiere edi consigli degli amici che lo esorta-vano a trovare un nascondiglio piùsicuro asserendo che il suo postoera in mezzo alla sua gente.Ebbe inizio una spietata caccia al-l’uomo che impegnò alcune mi-gliaia di soldati, ma l’arma vincentefu la promessa di una cospicua ri-compensa (1.500 fiorini) al delatoreche ne avesse favorito la cattura;poiché un Giuda, ben si sa, lo si tro-va ad ogni angolo di strada, su indi-cazioni di un tale Franz Raffl, il 28gennaio 1810, Andreas Hofer fusorpreso nel suo rifugio, la MalgaMadher, e catturato. Circondato, non oppose resistenza,chiese clemenza, non per sé, ma per isuoi familiari e l’amico, ma i soldati siaccannirono selvaggiamente su tuttie su lui in particolare; quando arrivòal fondovalle aveva il volto e la barbaridotta ad un ghiacciolo sanguinante,fu portato assieme ad altri prima aMerano e poi a Bolzano ove si sepa-rò dalla moglie e dal figlio. In viaggio mantenne un contegnocosì dignitoso che finì per suscitarenel nemico un grande rispetto equesto sentimento, sommandosi al

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ricordo della correttezza del coman-dante tirolese sui campi di battaglia(egli aveva sempre impedito l’ucci-sione dei prigionieri e raccomandatodi soccorrere e curare i nemici feriti),spinse un gruppo di ufficiali francesia cercare di ottenere indulgenza peril cavalleresco avversario; è giusto ri-cordare che, benché ripetutamentesollecitato a farlo, egli rifiutò recisa-mente di chiedere la grazia e che aifautori della clemenza si unì anche ilVicerè d’Italia, Eugenio di Beauhar-nais, ma Napoleone fu inflessibile edordinò che Hofer fosse processato efucilato entro 24 ore dal recapito delsuo ordine.Processato il 19 febbraio 1810, Ho-fer ascoltò la sentenza con molta se-renità, si accomiatò dai compagni,scrisse alcune lettere per dare le ul-time disposizioni e, munito dei con-forti religiosi, attese l’alba dell’ulti-mo giorno.Alle ore 11 del 20 febbraio 1810Andreas Hofer, mentre veniva con-

dotto al luogo della fucilazione, fufatto segno d’affetto, di stima e disimpatia da parte di tanti mantova-ni che, viceversa, non mancarono diinveire contro i francesi ed i vassal-li del cosidetto Regno Italico.Quando si presentò davanti al ploto-ne d’esecuzione, Hofer stringeva frale mani un crocifisso ornato da unmazzo di fiori; rifiutò la benda e pre-gò i soldati di mirare con cura; poi-ché, per la commozione, il coman-dante del plotone d’esecuzione esita-va a dare l’ordine, fu lo stesso Hofera comandare il fuoco; anche i soldatierano turbati e la scarica non fu leta-le costringendo l’ufficiale, di nomeEiffes, a dargli il colpo di grazia.In quell’istante morì il Comandan-te, ma nacque il Martire, ricordatoed onorato come Eroe del popolotirolese.Le esequie ebbero luogo nella chie-sa di S. Michele, e la salma fu sepol-ta in un cimitero prossimo alla sud-detta chiesa.

Nel 1823 le sue spoglie sono statetrasportate a Innsbruck e riposanonella Hofkirche, vicino alle tombedegli imperatori.I biografi del Corso hanno spessodeclamato la magnanimità ed il ca-valleresco trattamento da lui riser-vato ai nemici leali e coraggiosi, amio parere, l’episodio di AndreasHofer accende una luce diversa; inquell’occasione si fronteggiaronouna ottusa alterigia ed una pacatafierezza, l’illusione di onnipotenzaed una misurata consapevolezza,l’orgoglio ferito e la serena dignità,la tracotanza del potere e la gran-dezza dei valori.Alla fine d’ogni contrapposizionec’è un vinto ed un vincitore; a di-stanza di quasi due secoli il verdet-to sembra definitivamente acquisi-to: Napoleone vive nei libri di sto-ria, Andreas Hofer vive e continue-rà a vivere nel cuore di quel popoloche ha amato e per cui ha dato la vi-ta.

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Storia / Emozioni

Ho visto la corona del re e imperatore Carlo IV di Lussemburgosimbolo della storia boema e dell’Europa centraledi Paolo Dal Maso

O ggi, lunedì 21 aprile2008, a Praga, ho vi-sto la corona del re e

imperatore Carlo IV, simbolodella storia boema e dell’Euro-pa centrale.La mostra dei gioielli originalidell’incoronazione boema (inceco: výstava originálů ceskýchkorunovacních klenotů) avvie-ne solo in occasioni speciali:anniversari o eventi rilevantilegati alla storia o alla politica del-la nazione ceca. Nel secolo scorsol’esposizione al pubblico è avvenu-

ta nove volte, nel secolo appenainiziato solo una volta, nel 2003. Laprima avvenne nel settembre del

1929 per celebrare il millenniodella morte di San Venceslao. Quest’anno l’occasione è il 90°anniversario di costituzionedella Repubblica Cecoslovacca(1918-2008).Stamattina alle 8 sono sceso al-la stazione della metropolitanaMalostranská e sono salito finoa metà della vecchia scalinata(Staré zámecké schody) cheporta al castello. C’era già una

fila di gente abbastanza lunga, vici-no a me un solo straniero, il restopersone ceche. Dopo una quindici-

na di minuti hanno aperto i cancel-li, sono entrato nei giardini a suddel castello (Jižní zahrady Pražské-ho hradu), precisamente nel Giar-dino sui terrapieni (Zahrada NaValech), luogo della lunga attesa.Ho sostato proprio sul posto doveavvenne la seconda defenestrazio-ne di Praga il 23 maggio 1618, cioèsul terreno antistante il Palazzoreale (ala di Ludovico)con le stanze della Can-celleria boema. Qui alcu-ni rappresentanti dellaaristocrazia protestanteboema presero due consi-glieri, legati imperiali, Vi-lém Slavata di Chlum eKošumberk e JaroslavBorita di Martinic, il se-gretario Filip Fabricius eli lanciarono fuori dallefinestre; i tre malcapitatidopo un volo di sedicimetri atterrarono sul le-tame che riempiva il fos-sato sottostante, scam-pando così alla morte. Icattolici attribuirono la salvezzadegli amministratori all’interventodivino. Questo evento, che segnòl’inizio della Guerra dei Trent’an-ni, avvenne in seguito all’elezionedi Ferdinando II, duca di Stiria ecattolico zelante, a sovrano del Re-gno di Boemia che era prevalente-mente protestante. Ho visto i dueobelischi di pietra eretti a memoriadel tragico fatto.Le porte dell’antico Palazzo reale(Starý královský palác) si sonoaperte alle 9. Alle 12,30 circa, dopoessere stato 4 ore e mezza in piedi,in fila, con fredde folate di vento(nella notte la temperatura è scesaa 4 gradi) e dopo i controlli di sicu-rezza della polizia, sono entratonell’imponente Sala Vladislao, se-de dell’esposizione. La sala è in sti-le gotico con una grande volta cir-colare ed è stata progettata dall’ar-chitetto Benedikt Rejt intorno al1490. Attualmente, qui avviene l’e-lezione del presidente della Re-pubblica ceca e si tengono altri av-venimenti solenni dello Stato. Nel percorso interno alla sala, pri-ma di arrivare alla vetrina dei

gioielli, ho visto: i sacri reliquiari diSan Venceslao (Svatý Václav), SanVito (Sv. Vít), Sant’Adalberto (Sv.Vojtěch), Sant’Anna (Sv. Anna),Santa Caterina d’Alessandria (Sv.Katerina Alexandrijská), le custo-die dei gioielli in cuoio policroma-to, un libretto originale del 1723con il testo del protocollo cerimo-niale dell’incoronazione, l’abito

della vestizione reale (Korunovac-ní roucho - paludamento), una sta-tua di San Venceslao, la monetad’oro coniata per l’incoronazionedi Ferdinando V (1836), le casseper il trasporto dei gioielli, alcunestampe antiche e pitture.Arrivato in fondo alla sala ho am-mirato, per qualche minuto, i me-ravigliosi gioielli a circa un metrodi distanza dalla teca di vetro (pro-gettata dall’architetto ceco JosefGocár nel 1929) che li contiene. Itesori esposti nella vetrina eranocinque: la corona di San Venceslao(Svatováclavská koruna - fatta inoro 21 carati, con 96 pietre prezio-se e 20 perle, altezza 19 cm, peso2,5 kg), lo scettro reale (královskéžezlo - lungo 67 cm, peso 1,1 kg), ilpomo o globo imperiale (králov-ské jablko - altezza 22 cm, peso 762grammi), la croce delle reliquie delmartirio di Cristo (ostatkový kríž -con il legno della croce, un pezzet-to della corda, un chiodo, due spi-ne; fu prodotta nel 1354) e la spadadi San Venceslao (Svatováclavskýmec, lunga 93,5 cm).Alle 12,45 sono uscito dalla sala

Vladislao e ho acquistato la monetaricordo coniata per l’evento (10.000pezzi unici), le cartoline con lo spe-ciale annullo postale, due postersraffiguranti i gioielli, il libretto sullaloro secolare storia. Infine c’eranogli uscieri che aprivano la porta, uncortese servizio ai visitatori che perore, pazientemente, avevano attesoall’entrata.

L’altro giorno, primo gior-no di apertura, ci sono sta-ti 2.844 visitatori; secondoquanto riportato sullastampa, il primo interessa-to è arrivato ai cancelli deigiardini alle 3:30 del mat-tino!Ora posso dire che sonostato all’undicesima espo-sizione e ho visto la coro-na indossata per la primavolta dall’imperatore delSacro Romano Impero ere di Boemia, Carlo IV, ilgrande, il 2 settembre1347. Da allora fino al1848 con quella corona

sono stati incoronati ventidue so-vrani.

UNA CURIOSITÀ

La stanza (Korunní komora), chiu-sa al pubblico, all’interno dellaCattedrale di San Vito dove sonocustoditi i tesori della corona findal 1867, ha la porta con sette di-verse serrature e le rispettive chia-vi sono tenute da altrettante perso-nalità politiche e religiose:1) il Presidente della Repubblica

ceca Václav Klaus,2) il Presidente del consiglio dei

ministri Mirek Topolánek, 3) il Presidente del Senato Premysl

Sobotka,4) il Presidente della Camera dei

Deputati Miloslav Vlcek, 5) il Sindaco di Praga Pavel Bém, 6) il Prevosto metropolita della

Cattedrale di San Vito VáclavMalý, firmatario e portavoce diCharta 77 (tema della mia tesidi laurea),

7) il Primate della Chiesa cattolicaboema e arcivescovo metropolitadi Praga cardinale Miloslav Vlk.

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Emozioni

“H omo homini lupus”:un detto antico, forsegià vetusto ai tempi

dell’impero romano, frutto di unadisincantata valutazione di episodicontemporanei o di eventi antece-denti, che la tradizione, orale o gra-fica, aveva perpetuato sin dalla not-te dei tempi.Ancor oggi, 15 secoli dopo la scom-parsa di quell’entità statuale, que-sto motto mantiene integra la suadisdicevole attualità e prova comel’uomo, l’essere più intelligente delcreato, sia ben lontano dall’averscoperto il valore della convivenzafra i singoli e della coesistenza fra lecomunità e sia ben attento ad evita-re ogni possibilità di convergenzacon i propri simili. Ripercorrere la storia del medioevoe di buona parte dell’evo moderno,per avere una riprova dell’assunto,sarebbe un’impresa non solo im-proba ma assolutamente inutile; in-fatti, per la conferma, è sufficienteseguire la cadenza delle rievocazio-ni, delle giornate del ricordo, deigiorni della memoria e quant’altrodi cui è costellato il calendario. Parlare d’avvenimenti che la storiaha già archiviato può sembrare unosterile esercizio, e tale sarebbe, se lememorie sono state rispettose deifatti e dei protagonisti e non rico-struzioni di comodo in cui, omissio-ni, sottovalutazioni ed esasperazio-ni, modificando i punti focali, han-no alterato la realtà e creato scena-ri verisimili ma non veri.Sarebbe inutile qualora l’analisi deicomportamenti dei protagonisti,delle situazioni storiche e d’ogni al-tro elemento connesso fosse con-dotta in modo approfondito e senzapreconcetti.Sarebbe inutile se molti studiosi edivulgatori, accantonate le ideolo-gie, dismesse le vesti di censori,s’impegnassero ad esaminare, ap-

profondire e valutare uomini edeventi con imparzialità, ma soprat-tutto se evitassero di partire dallatesi per elaborare, a posteriori, leipotesi che la giustificano.Sarebbe inutile se le celebrazioninon nascondessero troppo spessouna comoda occasione per propor-re opinabili e faziosi distinguo e perevitare la possibilità che, posti aconfronto fatti analoghi, si scoprache sono stati valutati e giudicaticon difforme criterio. Sarebbe inutile se non fosse invalsol’imperativo di etichettare comerevisionismo ogni tentativo di col-locare, qualora disponibili, nelgrande ma incompleto mosaico del-la storia umana le tessere mancanti.Tessere certamente esistenti inqualche archivio, tessere copertedal segreto di stato, tessere che, seconosciute, costringerebbero moltiaddetti ai lavori ad imbarazzantispiegazioni, tessere che complete-rebbero un disegno che, funzional-mente, si vuole incompleto ed illeg-gibile ai più, soprattutto alle nuovegenerazioni.

Nei secoli passati la violenza fisica èstata preminente nella gestione disingoli individui e nell’intimidazio-ne delle masse, nei tempi recenti siè aggiunta una forma di violenzameno appariscente e cruda, ma piùdevastante poiché provoca nell’in-dividuo e nella collettività dappri-ma l’incertezza ed, a seguire, diffi-denza, sfiducia e disinteresse: è ladisinformazione.Per evitare che enunciazioni svin-colate da riferimenti concreti sianofrettolosamente accantonate e con-siderate polemica fine a se stessa,mi propongo di percorrere, con sof-ferenza ed amarezza, alcuni grevisentieri della storia e mi sforzerò disottolineare quelle che, a me, sem-brano lacune di comodo o silenzistrumentali. Il mio percorso, episodico, circo-scritto nel tempo e cronologica-mente non lineare, prende l’avvioda fatti collegati al secondo conflit-to mondiale e dal suo capitolo piùnoto e più fosco: l’Olocausto. Molti ancor oggi credono che l’Olo-causto sia stata la prima mattanza

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Opinione

Il voltodi Claudio Dell’Oste

La foresta di Katyn’

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di massa, il primo grande peccatodell’umanità, un episodio unico edisolato, in realtà, come documenta-to dagli storici, si è aggiunto a nu-merosi altri eccidi (Maya, Aztechi,Pellerossa, Indios, Aborigeni, etc.)avvenuti nel corso dei secoli e pas-sati sotto silenzio, probabilmente,per tacito consenso dei potenti diturno.L’Olocausto ha fatto seguito al ge-nocidio degli Armeni e ha precedu-to quello dei Cambogiani; di questisi è sempre evitato di parlare per ti-more di ferire (sic) le sensibilità dinazioni potenti o di nazioni sottol’egida delle medesime; la memoriadelle recenti pulizie etniche verifi-catesi nei vicini Balcani e di nume-rosi altri casi, altrettanto esecrabili,che si sono verificati in altre partidel mondo, è ancora viva per meri-to dei media, che ne hanno datopuntuale e circostanziata testimo-nianza.Spaventoso per le finalità, per lemodalità esecutive, efferate e be-stiali e per il numero delle vittime,l’Olocausto è entrato nel patrimo-nio delle conoscenze umane attra-verso le crude immagini delle cata-ste dei cadaveri, dei resti delle co-struzioni, dell’esibizione delle tec-nologie di sterminio e per le lucide,dolorose e strazianti testimonianzedei sopravvissuti. Lo sbigottimento legato alle notiziedell’immane tragedia di milioni dipersone, ebrei, zingari ed altri infe-lici, colpevoli d’essere invise ad unamasnada di folli, è stato paralizzan-te per le coscienze, devastante perle intelligenze e, forse, l’incapacitàdi accettare altri orrori, ha consenti-to di passare sotto silenzio altri cri-mini non meno abbietti.Alla fame, al freddo, alle malattieed all’assenza di cure è dovuta, neicampi di prigionia alleati, soprattut-to francesi ed americani, la morte dioltre un milione di prigionieri diguerra tedeschi; la notizia di questatragedia e del fatto che le morti sisiano protratte per oltre un annodopo la fine delle ostilità non hamai raggiunto l’opinione pubblicamondiale; il fatto è ancor più disgu-stoso poiché vettovaglie, indumen-

ti e medicinali erano nelle disponi-bilità dei custodi.Sulla sorte (in quel fronte si ebbe ilmaggior numero di soldati conside-rati “dispersi”) e sulla consistenzanumerica dei soldati catturati nelteatro bellico orientale, grava tutto-ra, nonostante il disgelo politico,una notevole incertezza; sulle con-dizioni di vita a cui furono sottopo-sti non sono disponibili documentio materiale fotografico, ma le testi-monianze, rilasciate o tramandatecon memorie scritte, da alcuni su-perstiti, liberati sette od otto annidopo la fine delle ostilità, parlano dicondizioni di vita miserrime e dimaltrattamenti efferati.

L’ondata di sgomento, d’orrore e diripulsa suscitata dalle rivelazionidei mezzi di comunicazione e dairacconti di chi aveva fatto ritornodai lager nazisti, diede il via, in al-cuni ambienti, ad una sofferta ri-flessione sulla condizione umanache, viste le vicende dei decennisuccessivi, non sembra aver pro-dotto frutti apprezzabili; purtropposervì anche per catturare, sviare edindirizzare l’attenzione delle perso-ne sugli altrui misfatti, sperando suun comodo e rapido oblio, o sullapossibiltà di organizzare un depi-staggio finalizzato all’autoassolu-zione per le proprie nefandezze.L’evocazione dell’eccidio di Cefalo-nia in cui, per mano tedesca, periro-no massacrati 5.000 soldati della di-

visione Aqui fece per qualche tem-po passare sotto silenzio la strageperpetrata nel 1940 a Katyn, cittàun tempo polacca ed in quell’annofagocitata dall’Unione Sovietica,ove furono assassinati con un colpoalla nuca oltre 20.000 ufficiali po-lacchi che erano stati catturati o sierano arresi ai sovietici (solo nel1990, l’URSS si assunse ufficial-mente la responsabiltà dell’evento).Alla luce di quanto appena citato,non sembra esserci alcuna differen-za fra le direttive di intensificare lerappresaglie provenienti da Berlinoe la proposta avanzata da Stalin,durante un banchetto tenutosi aYalta in occasione dell’omonimaConferenza, di fucilare, alla finedelle ostilità, 50.000 ufficiali tede-schi; ancor più osceno il suggeri-mento di elevare il numero a100.000, avanzato da un generalestatunitense che era al seguito delPresidente Roosevelt.In realtà la differenza è sostanzialepoiché le rappresaglie avvennero incostanza di guerra, mentre l’eccidiodegli ufficiali prigionieri sarebbestato perpetrato dopo la resa. Lo specchietto per le allodole si ri-velò utile in molte altre occasioniper giustificare l’ingiustificabile: si-gnificativa, sotto questo profilo, fula distruzione della città di Dresdada parte dell’aviazione alleata.Ai bombardamenti su Dresda furo-no contrapposti i bombardamentisu Coventry, ma il paragone nonregge; Coventry era un importantecentro industriale, Dresda una cittàd’arte, priva d’ogni valore strategi-co; il bombardamento di Coventryebbe luogo all’inizio del conflitto,quello di Dresda a pochi mesi dallasua fine, quando le sorti della Ger-mania erano segnate e senza spe-ranza.Le insolite modalità del bombarda-mento, che provocò circa 135.000vittime, privilegiano la tesi secondocui l’azione non ebbe motivazionibelliche ma che odio, grettezza d’a-nimo ed un’intima barbarie mai so-pita abbiano ispirato quell’attaccoche aveva probabilmente solo loscopo di privare il popolo tedesco(e per riflesso anche gran parte del-

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Dresda dopo il bombardamento del 1945

l’umanità) di un gioiello d’arte uni-co al mondo. L’indignazione e l’esecrazione mon-diale per le tragiche vicende dei la-ger continuarono a coinvolgereemotivamente le moltitudini chenon ebbero l’immediata consape-volezza di quanto l’architetturageopolitica si fosse profondamentemodificata; ne ebbero coscienza so-lo quando, per evitare vendette edabusi, il flusso dei profughi tedeschiproveniente dai Länder orientaliassunse dimensioni bibliche. Quella tragedia ebbe solo il meritodi evidenziare le virtù di alcuni e labassezza di altri; in una Germaniastremata, distrutta ed affamata, na-zione che appariva senza presente esenza futuro, i residenti accolsero ifratelli in fuga dai territori occupatidalla Polonia o cacciati dalle encla-vi dalla Cechia, dalla Slovacchia,luoghi in cui si erano stabiliti da se-coli. Alla fine del I conflitto mondialeera avvenuta l’annessione all’Italiadi terre e di etnie di lingua e di cul-tura diverse, Sloveni e Croati;un’amministrazione ottusa e traco-tante ed una colpevole mancanza dirispetto per i valori e le tradizionidei nativi, in primis, e una dura, etalvolta, sanguinosa occupazionemilitare successivamente ebbero

l’effetto di scavare, in pochi lustri,un solco tra comunità che per seco-li avevano convissuto pacificamen-te.In Italia, provenienti dalla VeneziaGiulia e dalla Dalmazia, giunserocoloro che, sotto la spinta di una fe-roce e spietata pulizia etnica, furo-no costretti ad abbandonare la ter-ra natia; spogliati di ogni avere, ric-chi solo del loro dolore e della lorodignità, furono accolti nei porti enelle stazioni, da un certo ceto poli-tico e dai loro fanatici fiancheggia-tori, a sassate ed insulti, colpevoli,pare, di non essersi lasciati infoiba-re; moltissimi, benché fiaccati nelcorpo e nello spirito, ripresero ilcammino ed in terre lontane trova-rono una zolla di terra ove affonda-re le proprie radici. Sull’esodo delle popolazioni giulia-no-dalmate per decenni fu in vigoreun ostracismo assoluto e solo quan-do il silenzio fu considerato piùdannoso di un manifesto dissenso,ma forse o soprattutto, quando siscoprirono orfani di un’ideologiauccisa dalla storia, obtorto collo,politici, intellettuali, storici e relati-vi cortigiani della sinistra, con la fo-ga dei neofiti, diedero fiato alletrombe…Analogo percorso (negazione, depi-staggio, tardiva ammissione e scon-

tata giustificazione dei fatti) fu ri-servato alla tragedia delle foibe, ca-vità naturali diffuse nel Carso ed inIstria, ove trovarono l’estrema di-mora, fra il 1943 ed il 1945, migliaiad’italiani (fascisti, cittadini comuni,partigiani “bianchi”) ed anticomu-nisti croati e sloveni, comodamenteindicati come oppositori delle stra-tegie di Tito; in realtà, molti furonovittime di vendette personali, di la-drocinii e di una devastante ideolo-gia.In occasione di cerimonie che cele-bravano le dolorose ricorrenze chehanno segnato sanguinosamente lastoria post-bellica della Polonia,dell’Ungheria e della Cecoslovac-chia, il comportamento di molti dicoloro che hanno reso omaggio allevittime di quei fatti è stato oltremo-do solenne, compunto e partecipe,dimentichi forse d’essere stati, a suotempo, entusiasti e plaudenti soste-nitori di quelle repressioni.In questo caso, come nei casi primacitati, un ingiusto silenzio ha salva-to da un meritato e corale giudiziodi disistima coloro che, per fanati-smo, hanno anteposto l’ideologiaalla pietà ed il progetto politico allaverità.Da quando ho iniziato a rivisitarequesti fatti si è ripresentato, osses-sionante e lacerante, un interrogati-

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Gli esuli istriani

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vo che mi perseguita da sempre; l’a-nalisi di documenti ormai pubbliciha fornito la quasi certezza che Or-ganizzazioni di rilevanza mondiale,confessionali o caritative, nonchédiversi Governi erano a conoscen-za, anche se forse ne ignoravano ladimensione, di quanto stava avve-nendo nei lager di tutte le parti co-involte, durante e dopo la fine delconflitto, ed il quesito che insidia imiei sonni è: perché nessuno haparlato? Ho riletto un difficile periodo stori-co con la segreta, ma inconfessata,speranza di trovare qualche ele-mento che renda meno credibile ilpostulato da cui è iniziata questa ri-flessione, ma non ne ho trovati. Ho idealmente camminato fra ma-cerie e corpi senza vita, ho valutatol’insuccesso di regimi che hannoraccolto, od imposto, il consensopromettendo grandezza e benesse-re; nella realtà, per più di mezzo se-colo essi, nazismo e fascismo sonostati sinonimi di liberticio e costan-temente ricordati per quello che ef-fettivamente hanno rappresentato:modelli d’odio, di sopraffazione, direpressione, di terrore e di violenza.Suscita perciò grandi perplessità esconcerto la constatazione che sta-tisti, intellettuali e difensori (d’uffi-cio, di professione o part-time) deidiritti umani abbiano sottaciuto etuttora fingano d’ignorare che il fa-scismo ed il nazismo ebbero nel re-gime comunista, un entusiasta e tru-ce compagno di viaggio sin quandogli interessi coincisero (Patti Molo-tov-Ribbentrop docent) e che quelsistema fu altrettanto sanguinario,feroce e liberticida.Mi sento disorientato nel constata-re che ancor oggi, nonostante il pa-lese fallimento dei “prototipi”, no-velli profeti propongono a nazioniinstabili e popoli inquieti sistemipolitici apparentemente diversi masostanzialmente simili, nei metodi enei contenuti, a quelli che hannosconvolto il mondo poco più dimezzo secolo fa, il tutto con il plau-so di statisti rampanti, con la bene-dizione di ideologhi improvvisati econ i suggerimenti azzardati di eco-nomisti d’assalto.

A cosa é dovuta tanta indifferenza?Cui prodest? Quali sono le sem-bianze dell’inafferrabile camaleon-te che riassume in se le peggioriqualità dell’intera umanità? Qualeil suo nome? Mi sono incautamente posto do-mande che, ne sono cosciente, nontroveranno mai risposta; per supe-rare lo sconforto che origina dallamia incapacità di trovare rispostevalide e per allentare la tensione,sono ricorso ad un gioco della miainfanzia che consisteva nel disegna-re un volto che doveva contenerealmeno un particolare di un certonumero di visi che si trovavano frale illustrazioni di un libro o di ungiornale o che sarebbero apparte-nute a persone che avrei incontra-to in un luogo ed in un giorno pre-stabilito.Purtroppo le sembianze dei prota-gonisti della storia di questo ultimosecolo sono troppo numerose e persemplificare sono stato costretto acambiare criterio; ho decido di uti-lizzare solo i tratti più comuni elentamente, nella mente, ha presoforma il volto anonimo di un uomosenza età, dallo sguardo ammiccan-te, dal sorriso accattivante, un esse-re allo stesso tempo invitante masfuggente..Ero certo che non si adattava ad al-cun personaggio incontrato sui libridi storia, eppure mi sembrava fami-liare ed ho continuato a frugare nel-la memoria finché, all’improvviso,

ho ricordato e focalizzato a chi ap-partiene quel viso e dove l’ho visto.Non è l’immagine di un uomo reale,è il volto di una figura che fa partedi un mazzo di carte di astrologia econ molta fatica ne ho ricordato ilnome: Ipocrisia; un’entità cono-sciuta quanto una diva di successo,intrigante quanto una maitresse, in-fida come una serpe, diffusa ed in-festante come la gramigna.Secondo quel che i libri di storianarrano, fra realtà e leggenda, 2.400anni addietro, ai Romani sconfittiche protestavano per le bilancetruccate, Brenno, capo dei Galli Se-noni, impose il silenzio con la frase“Vae victis” (guai ai vinti).Oggi l’umanità sembra divisa indue grandi fazioni: una che accettasenza porre indugi, quasi come unaliberazione, il “vae victis” poiché lilibera dall’imperativo morale d’es-sere custodi della propria dignità eli assolve dal peccato dell’ignavia;l’altra che rifiuta i diktat, vuoleesercitare il diritto di pensare, dicercare e di conoscere la verità ed èdisponibile a pagare il giusto prezzoche la libertà richiede.Il problema non consiste nel fattoche esistono due posizioni diame-tralmente opposte, ma nel fatto chenon ci sono gli strumenti per deter-minare la misura percentuale del-l’una e dell’altra; il dramma consi-ste nel fatto che su quei valori pro-babilmente si giocherà il futuro delmondo.

Opinione

Espulsione dei tedeschi dai Sudeti

La campagna ha fatto la città. Nonviceversa.In un secondo momento gli abi-

tanti della città hanno stabilito un distac-co dal contesto base per ragioni profes-sionali, economiche, culturali. Da tale se-parazione sono derivati, non di rado, con-fronti derisori e dispregiativi.Il termine “patois” fu introdotto nel 13°secolo dagli abitanti della città per defini-re la particolare parlata del contado. Illinguista francese Dauzat spiega che il vo-cabolo deriva da “pattes”, cioè “piedi”(Nouveau Dictionaire etymologique). Sa-rebbe come dire che gli abitanti dei vil-laggi parlano con i piedi.L’invettiva medievale contro le lingue lo-cali non è rimasta limitata al rapporto cit-tà-campagna. Essa diventò strumento dipolitica coloniale intesa all’assimilazione.Sarebbe quindi un dovere della modernapresa di coscienza rammentare che moltelingue furono un tempo semplici “pa-tois”: l’italiano e il francese erano, peresempio, i dialetti di Firenze e di Parigi. Ilrifiuto dell’uso dispregiativo dovrebbequindi essere doveroso. Tutti gli uominifavellano infatti con la bocca e con il cuo-re. Nessuno parla con i piedi!La parlata locale evidenzia inoltre unaprofondità raggiungibile dai pianisti inmusica mediante il pedale.Si nota, inoltre, che quanto avviene local-mente contro le parlate di un determina-to luogo, riguarda su scala continentaleanche altre importantissime lingue di cul-tura non certo minori. Il monopolio lette-rario contagia e comprime in realtà le di-mensioni e le forme da emarginare, spin-gendole verso l’esilio e l’espulsione dallescuole con una prassi tale, da far sospetta-re una programmazione di potere e nondi cultura o umanesimo.La funzione di una lingua è determinanteper la rivitalizzazione di ogni popolo. Ri-sveglio culturale significa in realtà anchesviluppo economico e sociale. Chi avreb-be interesse ad insistere nell’arretratez-za?- La lingua non è tuttavia soltanto unafunzione. Essa costituisce un vero e pro-prio organo del corpo umano e, come ta-

le, è soggetta a malattia. Le parole sono ilsangue della lingua. Qualche frase ha cat-tivo sangue nelle vene: ciò porta al collas-so della circolazione dei vocaboli: seguepoi la febbre delle sillabe aggravata daltumore delle lettere alfabetiche. Infine in-terviene la morte del linguaggio.Se il declino di una lingua significa anchedeclino sociale, come J. L. Calvet sostienenella sua opera Linguistica e Coloniali-smo (pag. 53), è certo e logico che il risve-glio politico e sociale di un popolo possaverificarsi soltanto tramite la riconquistae la rivalutazione della propria lingua. Larinuncia è deleteria. Spesso vengono in-fatti emanate norme placebo in difesa de-gli idiomi locali, contando proprio più sulrecesso dei parlanti che sull’intenzione dinon applicare i provvedimenti divulgati.Si spera che anche la Legge di “Tutela, va-lorizzazione e promozione del patrimo-nio linguistico e culturale veneto” (Cons.Reg.le del Veneto, 28.03.07 n. 3901) nonsia tra queste misure. In ogni caso, l’unicadifesa infallibile che può preservare unalingua minacciata è la difesa immunitaria,cioè la sfiducia nei confronti di artifizi co-me il bilinguismo, che si traducono poi inun monolinguismo totalizzante. “I politiciche promettono uguaglianza sono esalta-ti o ciarlatani”, mise in guardia Goethe.Valga l’indicazione di S. Stefano d’Un-

gheria, il quale sostenne nei suoi “Moni-ta” che “Unius linguae uniusque morisregnum fragile est = È ben fragile unostato che si fonda su una sola lingua e suun solo costume”.Il concreto uso della propria lingua nondeve significare imbalsamazione. L’uomosi nutre quotidianamente di carne e di ve-getali. Egli non rifiuta perciò le nuove cel-lule derivanti da altri esseri. Lo stesso va-le per quanti si pongono quale obiettivola sopravvivenza della propria lingua nelproprio Paese. Come il corpo umano tra-sforma le cellule estranee in propri tessu-ti, il metabolismo linguistico può rinfor-zare ogni pensiero e ogni comunità. Mo-dernità non significa indebolimento.Si può affermare che un popolo non si li-bererà mai da un giogo coloniale, rinun-ciando alla propria espressione per assu-mere quella dei colonizzatori.La difesa e la rigenerazione della parlatalocale significano al contrario sia una lot-ta per l’identità culturale, sia una difesacontro la lingua dominante. La madrelin-gua è infatti l’antica lingua delle fiabe cheesprime il sentimento delle cose. Il “Gat-to con gli stivali” non può, per esempio,fuggire obiettivamente dalla sua favolaper entrare in quella di “Biancaneve”! Coloro che abdicano al loro linguaggiosperano invano, e ingenuamente, di di-ventare un’altra, più importante personase adottano stabilmente la lingua del po-tere, del verme solitario della burocrazia,del contesto. Ancora una volta Goethe in-dica il pericolo nel Faust (577 – 579): “Ciòche voi chiamate spirito del tempo è inrealtà lo spirito dei dominatori”. Chiara-mente essi non raggiungeranno maiun’altra identità ritenuta di serie “A”. Es-si potranno tutt’al più amputare ulterior-mente la propria personalità avuta dallanatura con il risultato che non saranno in-fine più nessuno!La famosa “Scala Santa”, che si trova aRoma, insegna che è certamente possibi-le salire sulle ginocchia, e con qualchesforzo, gli scalini. Le difficoltà si presenta-no poi quando si volesse scendere sempresulle ginocchia.

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Cultura e società

Lingue minori: parole sommersedi Nerio de Carlo

“Se i vecchi morti ci comparissero in sogno,parlerebbero in dialetto e molti di noinon potrebbero capirli”.

La Scala Santa

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L o scorso 15 maggio, nellaChiesa di Santa Maria di Cor-te, è stato presentato il libro

La Terrazza di Praga scritto dal no-stro socio Giuseppe Passoni, tradottoin lingua ceca dalla dr.ssa Eva Suško-vá e pubblicato in versione bilingueitaliano-ceco per iniziativa del Circo-lo Culturale Ceco di Udine.Gli “onori di casa” sono stati fatti dal-l’avv. Antonio Picotti, Presidente del-l’Associazione per lo Sviluppo degliStorici ed Artistici, benemerito soda-lizio cittadino che gestisce l’Aula,mentre il saluto della Città di Civida-le al folto pubblico presente, agli or-ganizzatori e all’autore è stato porta-to dal Sindaco dott. Attilio Vuga.Il dr. Paolo Petiziol, Console Onora-rio della Repubblica Ceca per la Cir-

coscrizione del Triveneto, si è infinecompiaciuto per l’iniziativa con ilPresidente del Circolo Culturale Ce-co di Udine, dr.ssa Martina Dlabajo-vá, esprimendo la sua soddisfazioneper la pubblicazione di un’opera che,in virtù del suo carattere bilingue ita-liano-ceco, è piuttosto singolare nelpanorama culturale italiano. Il libro, che nei mesi scorsi è stato pre-sentato presso i Civici Musei Provin-ciali di Borgo Castello a Gorizia, nel-la Biblioteca Statale di Trieste e nellaSala Municipale del Comune moravodi Kelníky in Repubblica Ceca, racco-glie gli articoli scritti da GiuseppePassoni per la rivista “Mitteleuropa”tra il 2005 ed il 2007. Terminata la pre-sentazione del volume a cura del gior-nalista e scrittore Edi Fabris, l’autore

e l’attrice Raffaella Adani, hanno co-involto il pubblico con la lettura di al-cuni dei racconti contenuti nel libro;da uno di questi, intitolato proprio LaTerrazza di Praga, è stato ricavato iltesto di uno spettacolo che la Compa-gnia Teatrale Palcoscenico di Cividaledel Friuli ha presentato lo scorso di-cembre al pubblico udinese nella saladel Consiglio Provinciale di PalazzoBelgrado ed il 6 luglio dell’anno incorso, grazie alla disponibilità dellaFondazione De Claricini-Dornpa-cher, per il pubblico cividalese nellasplendida cornice del parco dell’omo-nima villa di Bottenicco di Moimacco;a seguire i numerosi ospiti hanno po-tuto intrattenersi con la degustazionedi prodotti tipici dell’enogastronomiaboema e morava.

Iniziativa del Circolo Culturale Ceco di Udine

Presentato a Cividale il libro “La Terrazza di Praga”di Giuseppe Passoni

Cultura e società

Presentazione del libro a Cividale del Friuli

Di seguito pubblichiamo l’interventoche Giuseppe Passoni ha rivolto aipresenti alla serata cividalese:

Nel settembre del 1989 mi accingevo apreparare la mia tesi di laurea in Tec-nica del commercio interno ed inter-nazionale presso la Facoltà di ScienzeEconomiche e Bancarie dell’Universi-tà degli Studi di Udine ed il mio rela-tore mi propose di occuparmi di unargomento che, a suo dire, se ben svi-luppato mi avrebbe consentito di otte-nere una votazione finale di assolutovalore.In buona sostanza dovevo progettare,dopo uno studio preliminare dell’in-terscambio commerciale tra l’Italia ela Repubblica Federale SocialistaJugoslava e dei settori maggior-mente vocati all’esportazione deidue paesi con il resto del mondo,la realizzazione di una joint-ven-ture tra un’azienda artigiana cal-zaturiera di Gonars (UD) ed unaindustriale di medie dimensionijugoslava (allora) situata a Tržic,a nord, di Lubiana.In parole semplici gli italiani met-tevano a disposizione il design ele idee, gli jugoslavi la manodope-ra presso i loro stabilimenti con loscopo di aggredire il mercato co-munitario, ed in particolare il nordEuropa con prodotti dallo stile italia-no, ma a costi decisamente più com-petitivi.“Vedrà, il suo sarà un lavoro in gradodi anticipare i tempi che le schiuderàinteressanti prospettive di lavoro per ilsuo futuro,” disse il Professore, pervincere la mia titubanza verso un la-voro che sì mi appassionava, ma chetemevo essere troppo in anticipo suitempi. Accettai e di buona lena inco-minciai la raccolta dei dati, visitai leaziende, stesi il primo studio di fattibi-lità, addirittura il professore mi spin-geva ad iscrivermi ad un corso di slo-veno.Nel giugno del 1991, quando il mio la-voro stava faticosamente arrivando altraguardo, come tutti oggi ben sapete,fu la Repubblica Federale SocialistaJugoslava ad arrivare al capolinea.Le armi incominciarono di nuovo inEuropa a fare sentire la loro voce dal-la fine della seconda guerra mondiale

ed io dovetti prendere tutti fogli dellamia tesi e buttarli nel cestino: la cadu-ta del muro di Berlino aveva messo inmoto un’accelerazione nella Storia,tale da far sì che la mia “avveniristica”tesi nascesse in realtà già morta.Nell’autunno del 1991, sconsolato dal-l’andamento dei miei studi, mi recaidal mio relatore per cambiare l’argo-mento della tesi: lui mi propose lo stes-so copione, spostando però questavolta l’oggetto dell’analisi alla Ceco-slovacchia; un “sesto senso” mi disseche forse era il caso di venire a più mi-ti consigli, abbandonare la ricerca del“nuovo” e così decisi di chiedere alprofessore una tesi che si occupassedel marketing nelle banche italiane;

l’imperativo era diventato laurearsi alpiù presto e quell’argomento mi sem-brava più rassicurante: era ragionevo-le attendersi che le banche non sareb-bero state inghiottite dai riflussi dellastoria da un momento all’altro.Il relatore non ne fu entusiasta, ma difronte al mio fermo diniego, alla finemi assegnò l’argomento richiesto; po-tete immaginare come mi sia sentito il1 gennaio del 1993, a pochi mesi dalladiscussione della mia tesi di laurea ri-guardante il mercato bancario italia-no, quando la Cecoslovacchia si dis-solse anch’essa, dando vita alla Re-pubblica Ceca ed alla Slovacchia.Terminati gli studi, fui assalito da undesiderio che è divenuto nel seguitodella mia vita un imperativo: capireperché la scelta di quella tesi mi avevafatto “perdere” 2 anni di studio e ritar-dato così il mio ingresso nel mondodel lavoro.Iniziai così ad occuparmi della storiadel novecento dell’Europa Centro-

Orientale e scoperta dopo scoperta,movendomi pur con tutti i limiti del-l’autodidatta ma forse anche con ilpregio di evitare per tale via l’incontrodi qualche “cattivo maestro” e di nondover dimostrare nessuna tesi precon-fezionata o strumentale, ma solo disoddisfare il personale desiderio di co-noscenza, rimasi fatalmente affascina-to dal mondo che faceva piano pianocapolino dalle nebbie in cui era celato.Da questi studi e da diversi viaggi so-no nati così alcuni spettacoli teatrali ele “interviste (im)possibili ed in segui-to anche l’idea di raccoglierle in un li-bro, che racchiudesse in questo modo,attraverso la narrazione di vicende“immaginarie” di personaggi “imma-

ginari”, la drammatica odisseavissuta dalle genti di quest’areadalla fine del dominio asburgicoal crollo del muro di Berlino si-no ai giorni nostri.Un lavoro dedicato ai miei co-etanei, quelli che come me sononati durante la metà degli annisessanta del ‘900 in Friuli Vene-zia Giulia, che hanno avutomaestri elementari formati nellascuola del regime fascista edhanno concluso gli studi univer-sitari condotti per mano da pro-fessori formati durante il ‘68.

Ragazzi cresciuti convinti di vivere inun mondo immobile, dove anche nelpiù piccolo paese per 500 abitanti cen’erano almeno altrettanti provenientidalla Sicilia alle Alpi chiusi in arminelle caserme, in un immaginario do-ve i buoni stavano di qua ed i cattivi dilà di un confine vissuto come eterno.Ragazzi che hanno visto il muro diBerlino “cadergli” improvvisamenteaddosso e rimanere disorientati in-nanzi all’accelerazione della Storia,che oggi consente loro di andare sen-za controlli da Lisbona a Riga, quan-do per lunghi anni andare a fare il pie-no di benzina a pochi chilometri dacasa propria poteva trasformarsi inun’avventura da film di spionaggio.Ragazzi divenuti uomini senza chenessuno avesse potuto (o voluto?)spiegare loro, sinceramente, da dovearrivavano e che per questo, oggi, fan-no molta a fatica a capire dove sono ehanno molta paura nel cercare dicomprendere dove stanno andando.

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Cultura e società

Praga, agosto 1968

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D al 15 febbraio al 31 ottobre2008, il Museo NazionaleSlovacco (Slovenské národné

múzeum) a Bratislava presenta unamostra interessante. Già il titolo indicain quale direzione si dirigerà l’esposi-zione: essa ripercorre tutto il XX seco-lo, soffermandosi sugli eventi più im-portanti della storia della Slovacchia,ma lo scopo principale non è quello diinsegnare la storia. Gli eventi storiciservono per farci orientare meglio tra ivari periodi del secolo, ma l’obiettivodei curatori dell’esposizione è quello di„farci sentire l’epoca”, la vita quotidia-na di allora, grazie ai vari oggetti dellavita di tutti i giorni (per la mostra sonostati utilizzati circa 2.000 pezzi, tra iquali le divise dei soldati – anche quel-le dei soldati cecoslovacchi che hannocombattuto nelle legioni cecoslovac-che con l’Italia contro l’Austria-Un-gheria –, le foto e le cartoline delle bat-taglie urbane, le medaglie sportive, lemonete di varie epoche, i poster propa-gandistici, i giornali, le radio, le teleca-mere, documenti vari).L’esposizione è divisa cronologica-mente in 7 parti, ognuna delle qualirappresenta un periodo importanteper il Paese. Gli eventi più importantidell’epoca vengono pre-sentati attraverso i film eattraverso le vetrine checi consentono uno sguar-do, ad esempio, sulle abi-tazioni tipiche nelle cittàe nei villaggi dell’epocad’inizio secolo, sull’aulascolastica del periodo diFranz Joseph, sull’offici-na della sarta del periododella seconda guerramondiale, sull’asilo nidodegli anni ‘70 oppure sul-la camera da letto in uncondominio di pannellidi cemento, in slovacco

„panelák”. Infatti, durante il periodocomunista degli anni ‘70 iniziarono lecostruzioni in massa di questo tipo diabitazioni ed a Bratislava nasce il quar-tiere più grande della Slovacchia – Pe-tržalka – dove vivono attualmente cir-ca 114.000 persone. Caratteristica diquesti condomini è l’uniformità, la bas-sa qualità e la minimalità delle stanze.La riproduzione di una trincea dellaprima guerra mondiale, le fotografiedel novembre 1989, o le numeroseproiezioni audiovisive rendono la mo-stra ancora più „vivace”.È interessante osservare il percorsodel Paese che all’inizio del XX secolonon aveva neanche una propria fron-

tiera, trovandosi sul ter-ritorio allora apparte-nente all’Austria-Un-gheria e sotto la forte in-fluenza magiara. Già du-rante la prima guerramondiale si ha una svol-ta della coscienza popo-lare slovacca: all’iniziodel conflitto mondiale isoldati slovacchi eranoconsiderati tra i miglioridell’esercito austro-un-garico, ma alla fine di-ventano i più ribelli conun forte bisogno di auto-nomia. Il 28 ottobre 1918

viene fondato lo Stato Cecoslovacco.Durante il secondo conflitto mondiale,sotto la pressione di Hitler, viene fon-dato lo Stato Slovacco, Stato satellitedella Germania. La parte più triste diquesto periodo è rappresentata da de-cine di migliaia di ebrei morti nei cam-pi di concentramento tedeschi.Dopo la fine della guerra viene ripristi-nata la repubblica Cecoslovacca, ma lademocrazia non ritorna che nell’89. Fi-no ad allora impera la dittatura comu-nista che mostra il suo volto peggiorenel 1968 con l’occupazione sovietica. Il 17 novembre 1989 rappresenta pernoi slovacchi un giorno storico: il crol-lo del sistema comunista ed il ritornoalla democrazia. Il 1° gennaio 1993 la Cecoslovacchia sidivide in 2 Stati indipendenti, che nel2004 diventano membri dell’UnioneEuropea e della NATO e nel 2007 ven-gono accolti nell’area Schengen.L’esposizione si conclude con le parole: „La Slovacchia è entrata nel XXI seco-lo con alcune palesi difficoltà. Ci sonoperò positivi segnali macroeconomiciche danno all’economia e a tutta la so-cietà buone prospettive di crescita”.Dopo i primi 15 anni di vita della Re-pubblica Slovacca, l’esposizione dimo-stra l’interesse di guardare al passato erievocare certi momenti di vita in granparte dimenticati: quelli della quotidia-nità. Ciò è dimostrato dal numero sem-pre crescente dei visitatori della mo-stra, e non solo slovacchi, ma anchestranieri, che in questo modo possonoriscoprire il percorso storico, economi-co e sociale di questo Paese.

Cultura e società

Come vivevamo? La Slovacchia del XX secolo in mostraa Bratislavadi Ivana Jatiová

Abitazione urbana e costumi dell’iniziodel XX secolo

Il filo spinato con la tabella: Attenzione!Zona di confine.Accedere solo con l’autorizzazione

Abitazione rurale e costumi. Inizio delXX secolo

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Musica

R icordo che la prima voltache mi recai a Vienna,era il lontano 1962, ac-

quistai la guida turistica del Tou-ring Club Italiano per poter me-glio orientarmi nella visita alla ca-pitale di quello che fu il Paese deinonni.Nella parte introduttiva lessi, connon poca ammirazione e piacere,che in Austria era molto radicatol’amore per la musica e in ogni fa-miglia almeno una persona sape-va suonare uno strumento musi-cale.La cosa mi stupì non poco, perchéanch’io provenivo da una fami-glia di cinque persone, di cui tre ave-vano studiato musica e suonavanouno strumento. Compresi allora co-me questo fatto non fosse così usua-le o normale e ne fui compiaciuto.Solo molto più tardi mi resi conto, at-traverso letture e ricerche, che erasufficiente varcare il confine austria-co poco oltre le porte di Palmanova,dirigersi verso Cervignano, Aquileja,Villa Vicentina e Fiumicello pergiungere, attraverso Gradisca e co-steggiando i confini della “bisiaca-rìa”, alla città di Gorizia, per imbat-tersi, quasi in ogni paese, in giovani epromettenti studenti per i quali lamusica era una propensione natura-le, un passatempo e assieme un’im-pareggiabile occasione di cultura eaggregazione sociale, con la compli-cità decisiva di una ferrea organizza-zione scolastica e di istituti che quasisempre disponevano di un pianofor-te a coda viennese e di una ricca do-tazione di libri e spartiti pubblicatida case editrici austriache e tede-sche; un brulicante vivaio d’ingegniche avrebbero in futuro sposato la

causa dell’istruzione musicale di basenei loro paesi, coniugandola con lavocazione di direttori di coro, anima-tori, organizzatori di eventi culturali e,naturalmente, di compositori di musi-ca corale sacra e su testi friulani.Con ciò non si vuole certo negare l’e-sistenza, pure nel Friuli già passato alRegno d’Italia nel 1866, di stimolantirealtà locali quali società filarmoni-che, complessi bandistici e assiemi co-rali dediti tanto al servizio liturgicoquanto al repertorio popolare, tutta-via gli impulsi musicali delle terre go-

riziane fecero germogliare interegenerazioni di scrittori, direttori dicoro e di bande musicali, spessoautodidatti e, di conseguenza, ap-passionati di musica e di canto.Fra i tantissimi, e solo a titolo d’e-sempio, amo ricordare:Cesare Augusto Seghizzi, Rodol-fo Lipizer, Marij Kogoj, GiordanoPazzut, Giovanni Famea, Rodol-fo Kubik, don Narciso Miniussi,Alfonso Deperis, Tullio Pinat, Se-condo Del Bianco, GiovanniPian; ma l’elenco sarebbe lun-ghissimo.Se il Friuli-Venezia Giulia man-tiene ancora oggi un livello com-

positivo, editoriale ed esecutivo di li-vello europeo, lo dobbiamo proprioa questo particolare fenomeno di“musicisti di frontiera”Ora la Banda San Paolino di Aqui-leia, già eccellente esempio di questanostra tradizione musicale, ci proponein un suo nuovo cd le “Marce dellaMarina Austro-Ungarica”, 14 bellissi-mi e rari brani a memoria del nostropassato ed a delizia del nostro ascolto.Ci complimentiamo vivamente perquesta qualificante iniziativa, dellaquale siamo tutti orgogliosi.

La tradizione e l’educazione musicalenel Friuli austriacodi Paolo Petiziol

CONDOGLIANZEIl nostro fedele socio e caro amico Capitano di Vascello Alberto Plettici ha lasciato.Una vita dedicata a due inseparabili amori:la famiglia e la Marina Militare, in ambedue i casi un esempio per mol-ti di noi.Ora, con il suo bellissimo vascello, è in navigazione su splendidi e lu-minosi mari di pace, ma a tutti noi manca moltissimo.Siamo vicini a Nara, Elena e Francesca con affetto e riconoscenza.

T ra i diversi aspetti caratteriz-zanti l’area geografica deno-minata Mitteleuropa, la scri-

vente Associazione ha inteso pren-dere in considerazione una pietanzamitteleuropea che possa rappresen-tare un efficace e suggestivo elemen-to d’unione delle genti centro-euro-pee, una sorta di emblema di una co-mune identità.Tale peculiarità è stata individuatanello strudel, specifico cibo-portatacomune a tutte le tavole delle gentidella Mitteleuropa e, nello stessotempo, dolce che rappresenta unatradizione culinaria radicata in ognifamiglia. Piatto che impersonifica edidentifica quindi il significato stessodella parola Mitteleuropa in un con-testo personale e privato ma nellostesso tempo comune e collettivo. Questa capillare tradizione gastro-nomica l’abbiamo ritenuta meritevo-le di una particolare attenzione isti-tuendo il concorso “Strudel imperia-le” nell’ambito della 160a Festa deipopoli di Cormons.La partecipazione al concorso è di-sciplinata dal seguente regolamento.

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Concorso mitteleuropeo

Strudel imperiale

CONCORSO STRUDEL IMPERIALEREGOLAMENTO

a - L’Associazione Culturale Mitteleuropa istituisce il Concorso de-nominato “Strudel Imperiale”, da tenersi nell’ambito dell’annualeFesta dei Popoli. La giornata in cui si svolgerà il concorso saràsempre la domenica.

b - I partecipanti possono essere persone fisiche o giuridiche dei pae-si centro-europei.

c - Il concorso è riservato esclusivamente alla presentazione di unostrudel di mele-apfel strudel, preparato seguendo la personale etradizionale ricetta.

d - L’iscrizione al concorso avviene attraverso la compilazione delmodulo d’iscrizione allegato.

e - Il dolce dovrà essere proposto agli organizzatori del concorso as-sieme ad un biglietto di presentazione dell’autore e della ricettaseguita.

f - Il dolce sarà valutato da un’apposita giuria composta di qualifica-ti esperti di gastronomia e note personalità dell’eno-gastronomiainternazionale.

g - La proclamazione del vincitore avverrà nel corso di una cerimoniapubblica, ove sarà dato risalto al momento culturale: significato,storia e tradizione dello strudel.

h - È previsto un premio.

Per ogni informazione contattare:tel. 0432.204269 lunedì - venerdì ore 9.30 - 12.30e-mail: [email protected] - sito: www.mitteleuropa.it

L’ inizio dell’estate è ilperiodo in cui, com-plici anche le tem-

perature miti e gradevoli, siconcentrano gran parte dellefeste campestri legate ad anti-chi riti e tradizioni d’originemitologica o religiosa, o da usie costumi agresti che si perdo-no nella notte dei tempi.Fra le feste più celebrate sulfinir di giugno, la Festa diS.Giovanni è senz’altro la piùricca di riti divinatori, di si-gnificati e leggende e c’è unluogo ove fantasia e realtà sisono incontrate e legate inun felice connubio e si offro-no genuine e sincere ai fortu-nati, o forse si dovrebbe direagli eletti, che arrivano allaporta della trattoria Blanch.Qui, gli alberi esibiscono lerigogliose chiome mosse dalvento, ovunque profumi difiori e colori d’arbusti fioriti,l’odore che viene dai pratiappena falciati è inebriante,lo stormire delle fronde è in-vitante e pieno di lusinghe.Decenni e decenni d’opero-sità e di tenacia, di spirito edi coraggio imprenditoralihanno dato dapprima il via epoi vita ad una realtà dina-mica, moderna ma dall’appa-gante sapore antico.Chi vi si reca per la primavolta, ha un istante di piace-vole smarrimento poichéprova una sensazione di fa-miliarità e di calore che nor-malmente è il frutto di unalunga frequentazione; non viè nulla di misterioso o d’ar-

cano, ma è il risultato di unacombinazione di semplicità,di cordialità, di spontaneitàlegate da un filo di simpatia,(le percentuali dei singoli ele-menti testè elencati sono per,ovvi motivi, strettamente top-secret).Il centro dei segreti è la cuci-na, luogo popolato da alchi-misti che hanno abbandonatola ricerca della pietra filoso-fale che tramutava in oro ilmetallo vile e si sono dedicatialla trasformazione di legu-mi, erbe, carni, ed ogni altromateriale commestibile che sitrova in natura, in cibo per glidei.Fiera del lungo percorso pro-fessionale, in una pubblica-zione uscita nel 2004, la fami-glia Blanch ha ricordato icento anni di storia dell’atti-vità di famiglia, dalla sommi-nistrazione di bevande, allaproduzione di acque gassate,alla ristorazione, legandoogni evento alle figure di fa-miglia e, con efficacia e sensi-bilità, ha dato vita e spessoreall’immagine dell’albero ge-nealogico che, più che unosguardo sul passato, sembraessere un appuntamento conil futuro.In quel paradisiaco angolodel Collio, gli amici della Mit-teleuropa tradizionalmentefesteggiano e ricordano i mi-steri della notte di S. Giovan-ni; vi è dovizia di cibi per ilcorpo e per la mente, falò egiochi pirotecnici e soprattut-to una sincera ospitalità.

n. 2 luglio 2008 31

Il Blanch: magia, sapori e…di Claudio Dell’Oste

Giovanni Blanch e la moglie Valentina Spessot in unarecente foto con i figli Raffaele e Anna

Dal 1974

FESTA DEI POPOLI DELLA MITTELEUROPAnell’antica tradizione del genetliaco imperiale

160a

Dal 1974

Con il sostegno e il contributo di:

Ministeri della Cultura di: Repubblica Ceca, Croazia, Slovacchia, Slovenia ed Ungheria, Land della Carinzia, Accademia d’Ungheria, Istituto di Cultura Slovacco,Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Comune di Cormons, Banca di Credito Cooperativo di Lucinico Farra e Capriva, Banca Popolare di Vicenza, Banca Popolare di Cividale,Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia.

Con i patrocinii di:Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica ItalianaMinistero degli Affari Esteri - Ministero per i Beni e le Attività CulturaliAmbasciate presso il Quirinale di:Austria, Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ucraina ed Ungheria, Istituto di Cultura SlovaccoRegione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Provincia di Gorizia, Comune di Cormòns

CITTÀ DI CORMÒNS 16-17 AGOSTO 2008

DOMENICA 17 AGOSTOore 9.00 Cormòns - Piazza Libertà

Raduno in piazza Libertà dei gruppi provenienti dalle regioni della MitteleuropaConcertini

ore 10.00 Corteo dei Gruppi nei costumi tradizionali dei vari Paesi e Regioni centro-europeeore 11.00 S. Messa solenne per l’unità europea, con preghiere,canti e letture nelle varie lingue dei Popoli della MitteleuropaBenedizione e saluto di S.E. Rev.ma Mons. Dino De AntoniArcivescovo di Gorizia

Cormòns - Centro Pastorale “Mons. Giuseppe Trevisan”

ore 12.00 Saluto delle Autorità, istituzionali e diplomatichedalle ore 13.30 Convivio senza confinidalle ore 15.00 Concerti, musiche, canti e danze della Mitteleuropa con artisti,gruppi, bande e complessi musicali da:

Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Friuli e Trieste.ore 17.00 Cerimonia di premiazione del Concorso

internazionale “Enogastronomia e culturanella Mitteleuropa: lo Strudel imperiale”

SABATO 16 AGOSTO

ore 18.00 Brazzano - Cimitero militare

Cerimonia in memoria di tutti i caduti e le vittime

delle guerre fratricide europee

dalle ore 19.00 Cormòns - P.zza del Municipio

Musica e gastronomia sotto le stelle:

spettacoli, melodie, concerti

e piatti tipici dalla Mitteleuropa

Con artisti dalla Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria

e l’Orchestra Fiati della Città di Gorizia