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CLUB MILANO N. 38 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro Dall’alto cambia tutto: le prospettive, le forme e si vede più lontano. Questo è il lavoro di Luca Rizzi Brignoli A Milano esiste una libreria per ogni interesse: mare, montagna, arte, fotografia e viaggi. A ognuno la sua Michela Murgia: «Se non vanno via da me, le storie è possibile che non vadano via nemmeno dalla pagina» Estate tempo di festival: viaggio nella Penisola, da nord a sud, alla scoperta dei palchi più interessanti e belli MAGGIO - GIUGNO 2017 Stefano Boeri: «Come architetto ho utilizzato le mie risorse anche in politica e in Università» pagina 16

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Dall’alto cambia tutto: le prospettive, le forme e si vede più lontano. Questo è il lavoro di Luca Rizzi BrignoliA Milano esiste una libreria per ogni interesse: mare, montagna, arte, fotografia e viaggi. A ognuno la sua

Michela Murgia: «Se non vanno via da me, le storie è possibile che non vadano via nemmeno dalla pagina»Estate tempo di festival: viaggio nella Penisola, da nord a sud, alla scoperta dei palchi più interessanti e belli

maggio - giugno 2017

Stefano Boeri: «Come architettoho utilizzato le mie risorse anchein politica e in Università»− pagina 16

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Non ci sono più le mezze stagioni. Mai come quest’anno ce ne siamo accorti, tro-vandoci catapultati nella torrida estate milanese dopo settimane di freddo e pioggia. La differenza, rispetto al passato, l’ha fatta la città. Non più impreparata di fronte alla bella stagione, ma piena come non mai di eventi e manifestazioni che rendono difficile per chiunque decidere di andarsene per il weekend. Sono ormai lontani quei fine settimana passati in coda sulla Serravalle per fuggire dalla città e raggiungere le più accoglienti e fresche spiagge liguri. Oggi i più preferiscono rimanere qua facen-dosi ingolosire da un’offerta ormai sconfinata di mostre, concerti, cortili aperti, fiere enogastronomiche, eventi di design, cinema all’aperto. Lo abbiamo scritto più volte anche su queste pagine. Milano è una città che vive di elementi solo apparentemente in contrasto tra loro: estetica e funzionalità, modernità e tradizione, riservatezza e accoglienza. Il risultato è un caleidoscopio di opportunità da vivere e gustare con la curiosità e con quel senso della scoperta che avevamo da bambini e che ci portiamo dietro quando, da turisti, atterriamo in qualche metropoli in giro per il mondo. Oggi con orgoglio ci sentiamo di avere poco da invidiare e molto da offrire. Per questo, qua-si ogni weekend, Milano mette il vestito delle belle occasioni e apre le proprie porte a chi è pronto a scoprirla. I primi a esserne sorpresi non sono i turisti stranieri, peraltro in costante crescita, ma innanzitutto noi stessi. Durante l’ultima edizione di Milano Piano City, mi è capitato di girare la città in bicicletta alla (ri)scoperta di luoghi come il meraviglioso giardino della Villa Reale di Milano, sede della Galleria d’Arte Moder-na (GAM), piazza Tre Torri di CityLife (anche se per ora le “torri” sono solo due), il vecchio e decadente Albergo Diurno Venezia in piazza Oberdan, oggi patrimonio del FAI, oppure Base, lo spazio collettivo che ha preso il posto delle storiche Officine An-saldo. Angoli di Milano che ben rappresentano una città in costante evoluzione, ma comunque gelosa della propria storia. Ognuno di questi spazi ospitava un pianoforte e giovani musicisti pronti a regalare talento e musica alle orecchie spesso inesperte di migliaia di persone accorse solo per il gusto di vivere insieme un’esperienza unica, gratuita e accessibile a tutti. Perché Milano è soprattutto questo, una città aperta, dove il business non si fa con barriere, tornelli o casse, ma con l’iniziativa privata e un indotto che fa sistema. Una lezione per un Paese troppo spesso incapace di superare indolenti inefficienze, frutto di egoismi di bottega e inutili lotte di campanile.

milano città aperta

Stefano Ampollini

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contents

point of view 10milano in musica

di Roberto Perrone

inside 12Brevi dalla città

a cura di Elisa Zanetti

outside 14Brevi dal mondo

a cura di Elisa Zanetti

portfolio 20nuove prospettive

foto di Luca Rizzi Brignoli

cover story 16stefano Boeri

di Alessia Delisi

focus 32un’occasione da non perdere

di Marilena Roncarà

interview 30michela murgia

di Marilena Roncarà

focus

a ciascuno il suo

di Elisa Zanetti

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interview 26umberto angelini

di Marilena Roncarà

focus 36Passione sudamericana

di Simone Zeni

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contents

In copertina

Stefano Boeri

foto di Matteo

Cherubino

overseas 58c’è una strada nel bosco…

di Flavia Ganzenua

weekend 56la tacita laguna

di Carolina Saporiti

food 60marco sacco

di Roberto Perrone

free time 62da non perdere

a cura di Enrico S. Benincasa

secret milano 64la casa delle rondini

di Elisa Zanetti

weekend 42 cartoline musicali

di Carlotta Sisti

sport 50a pelo d’acqua

di Enrico S. Benincasa

hi tech 44Vita in “tecno-color”

di Paolo Crespi

style 52From Korea with love

di Elisa Anastasino

wheels 46 l’estate addosso

di Ilaria Salzano

style 54oltre la propria storia

di Stefano Ampollini

note 40Visioni sonore

di Alessia Delisi

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http://www.berwich.com/it/?mntr=clubmilano

Point oF View

Mi Mi Land? Certo, Los Angeles, il posto del cinema, è un set naturale per un musical, ma Milano non ha nulla di meno. Se penso alla musica penso a tante immagini, un fil rouge che annoda tutti gli angoli della città. Una delle mie prime case era in via Soperga, parallela alla Centrale. Via Soperga era (e forse è ancora) la via del cinema, nel senso che tutte le case di produzione avevano la sede milanese lì. C’era, in fondo, un piccolo, ma proprio piccolo cinema d’Essai con le poltrone di legno, spigolose, scomode ma anche queste foriere di una nostalgia canaglia per me cinefilo. Una sera, tornando dal giornale dove lavoravo allora, camminando pas-sai davanti a un hotel e mi trovai davanti Adriano Celentano che conversava con un gruppo di persone. Mi sembrò un fatto sconvolgente incontrare una persona famosa così. Ero un ragazzo di provincia. Il primo concerto lo vissi allo Smeraldo. C’era Neil Young. Grande serata. A un certo punto incontro un collega. È stupito di vedermi. Mi dice: «Non avrei mai immaginato, allora sei un grande». Sì, come se dipendesse solo da chi vai ad ascoltare. Sempre allo Smeraldo con mia moglie andammo a vedere la prima italiana del «Fantasma dell’Opera», il celebre musical inglese, in lingua originale. Mia moglie si aspettava che fosse in italiano e se ne vo-leva andare a metà del primo atto. Vent’anni fa ricevo una telefonata. Un ragazzo – dalla voce poco più che ventenne – chiede di mia figlia Cecilia. Non che sia un padre invadente o geloso, ma Cecilia all’epoca ha sette anni. Con calma gli chiedo che vuole da lei e scopro l’arcano: a Cecilia piace Laura Pausini così mia moglie l’ha iscritta al fan club ed è stata sorteggiata per assistere alla registrazione di un programma dedicato alla cantante romagnola all’allora “Propaganda”. Così l’ac-compagno. La musica mi segue ovunque, la trovo ovunque. Una sera andiamo alla Bodeguita del Medio in via Col di Lana. È una fredda sera d’inverno. Nell’ingresso due ragazzi stanno provando una canzone, Hasta siempre comandante, ovviamente. Uno si volta. È un mio vecchio amico che non vedo da una decina d’anni. Mezzo sudamericano, l’avevo dato per disperso in Venezuela. Potrei andare avanti per tutte le pagine di questo foglio a raccontare di me, della musica e di Milano. Ma la vera musica non la suonano le band, i cantanti, i musicisti, le case di produzione. La vera musica la suona la città, con la sua vita quotidiana, le sue voci, i suoi rumori, anche quelli più sgradevoli. Milano è una meravigliosa città musicale. Mi succede, da qualche tempo, una strana cosa. Ogni volta che vado via, quando torno, mi rendo conto che questa città ha qualcosa di diverso. Un suono che la attraversa, qualcosa che mi chiama, che mi costringe a stare ad ascoltare. Milano è come una canzone che all’inizio non ti piace. Poi la riascolti, tante volte, e ti metti a cantare.

milano in musica

Roberto Perrone

roberto perroneGiornalista e scrittore, vive a Milano ma ha solidi radici “zeneisi”. Si è occupato di sport, food e viaggi a “Il Corriere della Sera”. Ora è freelance. Il suo sito è perrisbite.it. A febbraio è uscito il suo primo noir, La seconda vita di Annibale Canessa (Rizzoli)

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inside

Con il suo pennello diceva di limitarsi a esprimere le sue sen-sazioni verso le cose del mondo, l’artista cinese Fang Zhaolin, scomparsa nel 2006 all’età di 93 anni, il 15 giugno arriva a Milano al Museo della Permanente, per la prima grande re-trospettiva italiana dedicata. La mostra ripercorre attraverso oltre 60 opere il percorso pittorico Zhaolin, erede della tradi-zione artistica cinese, ma capace di creare uno stile in grado di rispecchiare lo spirito moderno del suo tempo.www.lapermanente.it

La casa del cinemaLa donazione di oltre 13mila volumi, lettere, fotografie e appunti del critico cinematografico Morando Morandini per un nuovo spazio: la Biblioteca di Morando. Situata in via Tofane 49, ai bordi del Naviglio Martesana e lungo la pista ciclabile, la biblioteca vuole rappresentare un luogo di diffusione della cultura cinematografica e proporrà incontri e workshop dedicati alla settima artewww.cinetecamilano.it

Signora del Celeste Impero

Like a DeejayIn bici, di corsa, a nuoto. Per tre giorni Milano è stata la città del Triathlon con Sea Milano Deejay Tri con Aqua Sphere come sponsor. La prima edizione, che si è svolta all’idro-scalo, ha previsto due appuntamenti. Il 20 maggio è stato il turno del Triathlon Olimpico singolo e a staffetta e del Triathlon Sprint; mentre il 21 maggio ci sono state le edizioni a squadre e per i bambini.www.deejaytri.com

Dal mare alle passerellePer produrli occorre fino al 90% in meno di energia e il consumo di acqua è ridotto sino a 12 volte. Le nuove collezioni denim firmate Re-HasH e realizzate in collaborazione con TRC Candiani Denim sono fatte riciclando l’esoscheletro dei crostacei, dal quale si ricava il chito-sano, una sostanza biodegradabile simile alla cellulosa. Creatività ed ecosostenibilità diventano le nuove parole chiave del marchio italiano.www.rehash.it

Le ricette del cuoreInaugurerà questa estate tra via Torino e via Spa-dari il nuovo Granaio Caffè e Cucina, il progetto di ristorazione italiana di qualità. Come i punti vendita di Monza, Duomo e Cordusio, anche il nuovo locale sarà caffè, shop e ristorante, con una cucina fondata sulla ricerca di antichi sapori e piatti della tradizione italiana, capaci di risvegliare i ricordi che si hanno nel cuore.www.ristorantegranaio.it

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outside

Un poggio al soleUn’abitazione di campagna per fuggire dalla città e trovare riparo nella natura, fra gli alberi da frut-to e gli olivi. Sentire il rumore dell’acqua da una piccola cascata e lasciarsi inondare dalla luce del sole. È la promessa di Dos del Sul, una residen-za in pietra che raccoglie al suo interno cinque appartamenti per un weekend nella natura di Roè Volciano, a un passo dal lago di Garda.www.dosdelsul.com

Ha festeggiato 120 candeline, il trionfo di Nadal e la rinno-vata collaborazione con Sergio Tacchini l’edizione 2017 del torneo di tennis Monte-Carlo Rolex Masters. Oltre che per le sfide sulla terra rossa, la competizione affascina per la cura di ogni particolare. Anche quest’anno il marchio italiano ha ve-stito lo staff che ha brillato con dettagli fluo sulle divise. Per il Team Sergio Tacchini invece è stata proposta una nuova versione di uno storico modello degli anni Ottanta.www.sergiotacchini.com

Vintage tennis

Let’s sail!Lasciate le scarpe a terra e preparate il costume da bagno: si salpa! Sailsquare è una piattaforma online che mette direttamente in contatto chi sogna una vacanza in barca a vela con skipper pronti a navigare. Da un weekend di relax nel Mediterraneo, fino a un’avventura in Groenlan-dia, gli skipper creano itinerari che permettano a tutti di trovare la propria vacanza su misura. www.sailsquare.com

Al telaio…Un viaggio nei secoli attraverso stoffe, tinte e fantasie. Nato nel 1975, il Museo del Tessuto di Prato accompagna i visitatori dall’era paleocristiana fino ai giorni nostri, mostrando le sue collezioni di tessuti e i macchinari usati per la lavorazione. Ha inaugurato a maggio e sarà visitabile per un anno, Il Capriccio e la Ragione, una mostra sull’eleganza del Settecento europeo.www.museodeltessuto.it

Sunset timeUltralight, ripiegabili in formato pocket e da portare ovunque grazie alla bustina impermeabile abbinata. Mare, la nuova linea di pantaloni Berwich, è la soluzione per un aperitivo al tramonto dopo una giornata in spiaggia. Dai toni gesso al blu navy, dall’army al roccia, questi chinos hanno dettagli floreali sulle tasche, che diventano pattern della bustina da portare con sé.www.berwich.com

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coVer story coVer story

Personaggio trasversale, la sua passione per l’architettura trasmessagli dalla madre, l’architetto Cini Boeri, lo ha portato a fare l’assessore alla Cultura, il docente universitario, il direttore editoriale e ora anche quello artistico della nuova Milano Arch Week. Si muove in Vespa – sull’esempio di Nanni Moretti – e non nasconde il suo amore per il capoluogo meneghino per il quale, dopo il pluripremiato Bosco Verticale, immagina un “fiume verde” che trasformi gli ex scali merci della città in un sistema continuo di parchi, giardini, oasi e frutteti. Perché gli alberi, dice, sono “individui” da cui possiamo imparare molto

di Alessia Delisi - foto di Matteo Cherubino

STEFANO BOERI

IL MIO REGNO PER UNA VESPA

Dal 12 al 18 giugno il capoluogo lom-bardo ospiterà la prima edizione di Milano Arch Week, un grande conte-nitore di iniziative che, sotto la sua direzione artistica, animerà le sale della Triennale di Milano e il Teatro Continuo di Burri del Parco Sempio-ne. Dopo la settimana della moda e quella del design, Milano punta a di-ventare un punto di riferimento per l’architettura internazionale?Milano lo è già: lo è stata in passato, per esempio nel dopoguerra, quando insie-me alla Torre Velasca e al Pirellone qui sono nati edifici straordinari, studiati in tutto il mondo come esempi di innova-zione e modernizzazione di un tessuto urbano duramente colpito dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale. Oggi Milano è tornata a essere una delle ca-pitali dell’architettura internazionale grazie al fatto che ci sono una decina di

architetti tra i migliori del mondo che ci lavorano, hanno lavorato o lavoreranno. Ma è tornata anche perché alcune sfide – penso a Expo, agli scali merci – la proiettano sulla scena internaziona-le come città in grande trasformazio-ne. È tornata infine perché Milano ha nella sua storia un’istituzione come la Triennale, che è nata attorno all’archi-tettura e al design. Poter fare questa operazione proprio in questo luogo mi pare un importante segnale di rilancio. Per quattro anni ho promosso il festival MI/ARCH all’interno del Politecnico: quest’anno con il rettore Ferruccio Re-sta abbiamo immaginato di portarlo in città. Il sindaco ne è stato entusiasta e ha rilanciato coinvolgendo la Trienna-le. La Milano Arch Week è promossa quindi dal Comune, dalla Triennale e dal Politecnico, cioè da tre grandi isti-tuzioni pubbliche che si fanno carico di

raccontare il futuro della nostra città.Può darci qualche anticipazione sul palinsesto di eventi previsti?Lo stiamo ancora costruendo, le antici-po però che ci saranno architetti prove-nienti un po’ da tutti i continenti, come Peter Eisenman, che è uno dei grandi nomi dell’architettura nordamericana, e Liz Diller, altro architetto americano, autore con i suoi soci dell’High Line di New York. Ci saranno poi progettisti asiatici e africani, tra cui Francis Kéré, originario del Burkina Faso e autore del prossimo Padiglione della Serpentine Gallery di Londra. Molti anche i su-damericani, come il colombiano Gian-carlo Mazzanti, gli europei – penso a Winy Maas MVRDV – e naturalmente gli italiani: oltre ai nomi che hanno fat-to la storia di Milano – come quello di Aldo Rossi che sarà probabilmente af-fiancato da una riflessione su Giovanni

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coVer story coVer story

Testori – avremo anche Massimiliano Fuksas. La cosa più interessante di que-sto evento è però il fatto che chiama a raccolta le diverse proposte che ven-gono dalla città, dagli ordini professio-nali, dalle scuole, dalle riviste. Durante questa settimana infatti le case museo di Milano apriranno le loro porte con una serie di eventi pubblici, l’ordine degli architetti organizzerà degli itine-rari, ci sarà una sezione dedicata alla fotografia del paesaggio con una lezio-ne di Oliviero Toscani sul rapporto tra l’architettura e la fotografia, mentre un’altra sezione sarà dedicata al cine-ma con la lezione inaugurale di Amos Gitai, questa volta sul rapporto tra il cinema e l’architettura. Una delle cose che caratterizzava il MI/ARCH era poi il Vesparch, cioè, sull’esempio di Nan-ni Moretti, degli itinerari in Vespa nelle architetture metropolitane guidati da me e Cino Zucchi. L’anno scorso sia-mo stati sugli scali merci, mentre due anni fa abbiamo percorso le architettu-re di Magistretti e Caccia Dominioni. Quest’anno, in occasione della Milano Arch week, vorremmo attraversare le periferie per vedere non solo l’architet-tura, ma anche la condizione urbana e la situazione sociale, perché se c’è una questione che va affrontata con corag-gio a Milano è quella di alcune zone più esterne dove c’è ancora un grande disagio.Recentemente è stato nominato esper-to per la ricostruzione dei centri abi-tati e degli edifici danneggiati dal si-sma: quali interventi prevede al fine di salvaguardare la complessità sto-rica, artistica e paesaggistica di questi luoghi?È un tema difficilissimo, perché il ter-remoto ha coinvolto quattro regioni, ovvero un un’area molto vasta del ter-ritorio, danneggiando in modo diverso un’innumerevole quantità di agglo-merati urbani. Il lavoro che stiamo fa-cendo insieme agli ordini professionali delle otto province del cratere è al mo-

anche tutte le fasce dei binari che li collegano: su questa superficie lineare di circa 30 km vogliamo progettare un grande sistema verde continuo. Il pro-getto non è solo sostenibile – perché si edificherebbe sui bordi i quali consen-tono di costruire tutte le volumetrie previste e anche di più – ma è convin-cente anche nei costi. È un progetto verde e insieme di mobilità, perché l’i-dea è di creare una “circle line”, ovvero un anello continuo di trasporto pubbli-co che ridurrebbe la mobilità privata e amplierebbe l’Area C. Non solo: sotto l’anello c’è un sistema di geotermia, cioè una serie di tubi che prendono l’acqua di falda, che a Milano è altis-sima, e la usano per ridurre i consumi delle case, perché l’acqua di falda è sempre più calda d’inverno e più fred-da d’estate di quella di superficie.Il suo ultimo libro, “La città scritta”,

mento quello di mappare tutte le si-tuazioni di danneggiamento, provando a immaginare degli interventi per cia-scuna di esse. C’è poi un altro aspetto fondamentale: la ricostruzione richiede un tempo medio-lungo, ma necessita che da subito si pensi a una condizio-ne temporanea. Non possiamo lasciare questi centri urbani senza le scuole, gli ambulatori e soprattutto i luoghi di la-voro, perché altrimenti le loro comuni-tà sono destinate a scomparire.Lei è un personaggio “liquido”, per dirla con Bauman: non solo architetto, ma anche politico, urbanista, profes-sore universitario, direttore di riviste, organizzatore di eventi... come conci-lia questa moltitudine di ruoli?Io sono un architetto: un architetto che ha cercato di utilizzare le proprie risor-se nel campo della politica e di svilup-pare il proprio sapere facendo il docen-te universitario. Sono stato direttore di due riviste di architettura, quindi sì, ho fatto il direttore editoriale, ma sempre avendo l’architettura come fuoco di tutta la mia attività, perché quello che mi appassiona è la trasformazione degli spazi abitati e l’anticipazione del futu-ro di questi spazi... Cioè, in una parola, architettura.Il Bosco Verticale è l’edificio più bello del mondo: a dirlo è l’International Highrise Award di cui è stato insi-gnito nel 2014 e il Best Tall Building Worldwide vinto l’anno successivo. Così bello da essere stato addirittura esportato, a Losanna prima – dove prende il nome di Torre dei Cedri – e più recentemente a Nanchino, in Cina. Qual è il segreto di questo successo?Io dico scherzando, anche se non poi così tanto, che è una casa per alberi e volatili che ospita anche umani: per ogni abitante del Bosco Verticale ci sono infatti due alberi, dieci arbusti e una ventina di piante, mentre l’intero edificio equivale a circa due ettari di foresta. In questo senso è un modo per affrontare una serie di problemi: primo

pubblicato nel 2016 da Quodlibet, al-tro non è che la sua tesi di dottorato rielaborata e ampliata: come è cam-biata in quasi trent’anni la sua visio-ne della città?È cambiata molto, perché Milano è cambiata, anche se alcuni elementi di fondo restano, come il fatto che è una metropoli geograficamente piccola, ma ricchissima di eccellenze e indivi-dualità. Milano è una metropoli in cui il noi è sempre una somma di io che vanno tutti garantiti nella loro capacità imprenditoriale e di innovazione. Mi-lano è una città per tradizione genero-sa e innovativa, che però riesce a dare il meglio di sé solo quando sa essere le due cose insieme. Si pensi alla Ca’ Granda ieri e oggi alla Fondazione Pra-da, al Museo Armani, al sistema degli edifici di Porta Nuova, a CityLife e al Museo delle Culture.

fra tutti quello della qualità dell’aria. Ma c’è anche un secondo intervento legato alla riduzione dei consumi ener-getici, perché il microclima che si crea tra la parte esterna dell’edificio e la parte protetta dalle piante riduce l’e-scursione termica. Poi c’è una questio-ne legata alla biodiversità: ci sono più di cento specie di piante e venti spe-cie di uccelli in quell’edificio. Questo significa che è un vero e proprio eco-sistema. In fondo gli edifici alti degli ultimi vent’anni sono stati quasi tutti realizzati con facciate di vetro: sostitu-ire al vetro un elemento biologico che cambia colore a seconda delle stagioni – e che quindi è anche una specie di misura del tempo – è la vera novità.Come è nato il progetto?È nato dal ricordo di un romanzo di Calvino, Il barone rampante, ma anche dal ricordo di una casa che aveva pro-gettato mia madre in un bosco a Osma-te. È nato da una mia ossessione per gli alberi e forse anche dal fatto che ero a Dubai in un momento in cui stavano nascendo circa duecento grattacieli di vetro e mi sono chiesto quanto senso avesse costruire strutture di questo tipo. Nel tentativo di immaginare una città più verde, demineralizzata nelle superfici, nasce l’idea di un edificio do-tato di alberi.Bosco Verticale a parte, qual è per lei l’architettura più bella del mondo?Il Salk Institute for Biological Studies, un istituto di ricerca progettato da Lou-is Kahn a La Jolla, in California. È un edificio a gradoni, straordinario perché anziché dare sull’Oceano, dove sorge, dà sull’interno, per cui salendo non si vede il mare, ma si sente il rumore del-le onde. Quell’edificio, visitato con mia madre all’età di 17 anni, mi ha fatto decidere di studiare architettura.Parlando ancora di verde, per Milano prevede anche un “fiume” dello stesso colore: di cosa si tratta?Si tratta di utilizzare gli scali merci dismessi, che sono sette, ridisegnando

Cos’altro le piace di Milano?Milano per me è intensità, che non vuol dire solamente ricchezza e suc-cesso: è varietà di situazioni e insieme enorme densità nello spazio.Cosa invece non le va giù?Non mi piace la situazione attuale del-le squadre di calcio: Milano non può permettersi di avere due squadre così mediocri.Ritenterà la strada della politica?Io ho fatto politica perché mi inte-ressava fare il sindaco di Milano, mi interessava cioè usare la politica per progettare la città. Nel mio periodo di assessore è stato fatto moltissimo: ecco, quella per me è stata un’esperienza fantastica, che purtroppo si è interrotta brutalmente. Quindi: politica nel senso di continuare a occuparsi di Milano sì, politica nel senso di candidarsi dentro un partito no.

Il Bosco Verticale

è stato dichiarato

l’edificio più bello

del mondo vincendo

l’International Highrise

Award nel 2014

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PortFolio PortFolio

Dall’alto cambia tutto. La prospettiva, la forma, a volte cambiano anche i colori e, soprattutto, dall’alto si vede più lontano. Con il suo drone Luca Rizzi Brignoli, architetto italiano, riprende e fotografa palazzi in costruzione, ragazzi che giocano a basket, surfisti che cavalcano le onde, immortalando, da un altro punto di vista paesaggi o momenti che siamo abituati a vedere ad altezza occhi. Il drone segue Luca nei suoi viaggi di lavoro e nelle sue vacanze per catturare ogni volta nuovi luoghi. Luca pubblica le foto (e i video) sul suo canale Instagram accompagnondole con poche parole. Una sua didascalia spiega il lavoro: «A new space is like a new perspective, it changes people»

di Carolina Saporiti - foto di Luca Rizzi Brignoli

nuove prospettive

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PortFolio PortFolio

Nelle pagine

precedenti. Foto a

sinistra Water and

Sandestone, Australia,

a destra Rail Tracks and

Snow, Italia

In questa pagina

Frozen Grass and Horse

Shadow, Italia.

Nella pagina a fianco.

Waverley Cemetery,

Australia

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PortFolio PortFolio

In questa pagina Broken

Waves and Surfers,

Australia

Nella pagina a fianco.

Street Food, Shanghai,

Cina

luca rizzi brignoliArchitetto con la passione per la fotografia, Luca ha studiato al Politecnico di Milano e alla Bartlett School of Architecture di Londra. Nel 2014, dopo aver lavorato per DP Architects (Singapore) e per Rafael Vinoly Architects (Londra), si è trasferito a Shanghai dove collabora con Spark Architects per un progetto per il developer Vanke. Nel 2016 ha aperto lo studio di architettura: V10. www.ventunozerodieci.com

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interView interView

Per lui il teatro è un lusso carnale da tramandare ai posteri, ma soprattutto un luogo di scoperta di sé e del mondo. Da gennaio curatore artistico del Triennale Teatro dell’Arte, Umberto Angelini promette di costruire, grazie all’apertura a una programmazione internazionale, un rapporto con

una comunità di senso che per troppo tempo la città non ha frequentato

di Marilena Roncarà - foto di Matteo Cherubino

UMBERTO ANGELINI

UN LUOGO DI SCOPERTA

«Non vogliamo rincorrere le novità, non siamo un prodotto, ci interessa dare al pubblico milanese la possibilità di vedere degli artisti straordinari e in-ternazionali che non sono ancora pas-sati in città». Ecco uno dei capisaldi del programma di Umberto Angelini, mar-chigiano ma milanese da una vita, 49 anni a maggio e attuale sovrintendente e Direttore Artistico della Fondazione Teatro Grande di Brescia. Da gennaio è anche curatore artistico del Triennale Teatro dell’Arte.Come hai accolto questa nuova av-ventura al Teatro dell’Arte?Il progetto che abbiamo in testa è im-maginare la nascita del primo Centro Culturale Europeo in Italia, uno spazio aperto alla visione internazionale che manca in città. Tra le varie sfide c’è anche quella di riportare al Teatro dell’Arte il suo pubblico…L’obiettivo è “disturbarlo” un po’ il pubblico: questo teatro, che nasce per l’innovazione e la ricerca, non vuole essere solo un luogo intelligente dove trascorrere il tempo libero, ma un po-sto che possa “spostarti la sedia più in là rispetto a quella dove stai sempre seduto”, per ampliare i confini dello sguardo. Il nostro obiettivo è creare un patto di senso con il pubblico che vie-ne a vedere qualcosa che abitualmente non vede.Vale a dire?Per questo esordio, da gennaio a luglio, abbiamo selezionato 12 spettacoli tutti in lingua originale, dall’arabo al farsi, con sovratitoli in italiano. È una sfida, ma è il nostro compito.

Parli sempre di un “noi”, c’è un comi-tato artistico?Sono quattro professionisti: Valeria Cantoni per la progettazione cultura-le, Massimo Torregiani per la musica e l’arte contemporanea, la regista Ali-na Marazzi per il cinema e il curatore indipendente Davide Giannella per la relazione tra immagine e arte. Con loro stiamo realizzando per settembre una programmazione multidisciplinare che si intersechi con quella teatrale. Credo che anche il pubblico oggi abbia l’esi-genza di sconfinare tra le arti.Com’è cambiato il pubblico?L’avvento di internet ha spiazzato la fruizione teatrale: oggi ci troviamo di fronte un pubblico di teenager che fan-no fatica a pensare che si debba pagare per la cultura, perché scaricano film gratis, ascoltano musica gratis... Quindi decidere di andare in un teatro, pagare per una fruizione culturale che abitual-mente è free, sperando che la proposta culturale sia soddisfacente è un passag-gio non banale.Perché, secondo te, abbiamo ancora bisogno di teatro?Il teatro ha davvero la capacità di apri-re delle chiavi di lettura del presente, è un luogo autentico di scoperta di se stessi, ma anche del proprio modo di stare al mondo. Tu sei marchigiano ma vivi a Milano dall’87, perché l’hai scelta?Ho scelto Milano fin dall’inizio, ci sono venuto per la prima volta a 14 anni perché ascoltavo musica punk e quindi ho conosciuto posti come il Plastic che erano punti di riferimento della mia scena musicale d’elezione, come per

fortuna lo era anche la Scala. Ho fatto l’università qui, ma devo dire che Mila-no ha avuto tanti alti e bassi e c’è stato un momento che mi sono chiesto se avesse senso restare, perché mi aveva-no fatto delle proposte all’estero. Ora sono contento di essere rimasto. Negli ultimi anni Milano sta ritrovando la propria identità, come forse nei periodi più gloriosi. Dopo l’Expo c’è stato uno sviluppo urbanistico bello, anche se era una cosa che tutti temevamo: adesso abitiamo una città con un’attrattiva internazionale vera, con un fiorire di attività.Quale zona della città preferisci?Ce ne sono molte. Una che mi piace da sempre è zona Isola, perché anche nella sua attuale trasformazione urbanistica è riuscita a conservare il suo caratteri-stico aspetto popolare, pur innestando-si in un meccanismo di contemporanei-tà. Ecco mi sembra che in questa zona l’osmosi tra il vecchio e il nuovo sia avvenuta nel modo migliore possibile.Cosa ti auguri per il futuro?Mi auguro che arrivi una generazione di 18enni e 20enni che mi faccia dav-vero dire: «Wow, ora tocca a voi!», perché comunque fanno delle cose che mi spiazzano e che io non riesco a fare. Ecco vorrei che questa sensazione che avverto in singoli momenti potesse ac-quisire una massa critica così forte da poter affermare: «È nata una nuova generazione». Questo mi piacerebbe. E questo può avvenire adesso che c’è una grande voglia di fare, un’interse-zione di mondi, un incrocio di lingue, teste, abitudini e disabitudini che può portare solo bene. E non era scontato.

intimità, ognuno dei quali accoglie un’attrice e uno spettatore. A chiu-dere la stagione (22-25 giugno) è Romeo Castellucci con la Societas e il suo Ethica. Natura e origine del-la mente che si rifà al pensiero del filosofo olandese Spinoza.

tutti a teatroTra gli appuntamenti di giugno da se-gnare in agenda c’è Todo lo que está a mi lado (8-18 giugno) del dram-maturgo e artista visivo argentino Fernando Rubio una performance con sette letti, sette piccole isole di

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Focus

02. La libreria è il

suo cuore pulsante,

ma Micamera nei

suoi spazi organizza

anche esposizioni,

incontri con gli autori,

performance e

laboratori di fotografia

01. Dedicata alla grafica

e al design, 121+

Libreria Extemporanea

è nota per organizzare

incontri con personaggi

di spicco che

raccontano i volumi

proposti sugli scaffali in

una prospettiva nuova

la prossima escursione. Un’ampia sezione dedica-ta alla narrativa di montagna e una piccola eno-teca accoglieranno invece chi le vette preferisce scalarle solo con la fantasia. Ospita oltre 17 mila titoli ed è il primo negozio italiano del suo genere, La libreria dello sport. Non sottovalutatela: la sua offerta è tutt’altro che ridotta alle discipline più popolari. Criquet, cro-quet, netball, pelota, frisbee, wrestling e, perché no, anche ginnastica per la terza età, freccette e bowling trovano il giusto spazio al suo interno. I cultori dei motori si segnino invece la Libreria dell’Automobile, che propone libri storici e di attualità a tema automobilistico e motociclistico, senza contare che la libreria dal 1977 è diventata anche casa editrice specializzata. Ha visto la Rivoluzione Francese e le grandi guerre del Novecento, aperta dal 1775 la Libre-ria Bocca è tra le più antiche d’Italia. Un tempo stampava per Casa Savoia, oggi è specializzata in libri d’arte e forte della sua lunga storia offre la possibilità di consultare testi rari ed esauriti, oltre a servizi di valutazione e acquisto di biblioteche private e libri antichi. Ha una storia più recente, ma comunque ricca la Libreria delle donne: nata nel 1975, nel pieno del femminismo, con l’intento di mettere in luce i libri scritti dalle donne e di

Se è vero che c’è un libro per ogni cosa, a Milano potremmo addirittura dire che esiste una libreria per ogni nostro singolo interesse. Niente più nar-rativa, viaggi, teatro, sport, saggi… ma luoghi interi dedicati a un singolo tema, a una passione che non si vuole dividere con nient’altro, ma al massimo condividere con altri lettori altrettanto appassio-nati. E così tra uno scaffale e l’altro, alla ricerca del volume dei sogni, chi lo sa che non si possa anche incontrare l’anima gemella, nelle commedie ro-mantiche funziona: ricordate Hugh Grant e Julia Roberts in Notting Hill? Il colpo di fulmine scattò proprio quando lei entrò nella piccola libreria di viaggio di lui a Londra, a Portobello Road. Fate un tentativo immaginando la vostra prossima vacan-za nella libreria del Touring Club Italiano (accan-to tra l’altro c’è anche l’omonima agenzia di viag-gio), potrete trovarci ogni cosa: guide turistiche, carte stradali per viaggi on the road, carte murali,

creare uno spazio del sapere femminile, oggi rac-coglie 80 socie che grazie al loro lavoro volontario continuano ad alimentarla. La libreria organizza numerosi incontri e ha da poco lanciato LabMI, un laboratorio dove i cittadini raccontano i diversi modi di abitare e vivere la città. Lotta contro ogni tipo di discriminazione Antigone, dedicata alle sottoculture lgbit*q, con particolare attenzione ai temi della sessualità e alle relazioni tra i generi. The eyes can see what the mouth can not say è il motto di Micamera Bookstore, che sceglie di la-sciare parlare le immagini e propone una vasta offerta di testi dedicati a fotografia e fotografi. Derbylius propone invece libri e manifesti d’ar-te delle avanguardie storiche del Novecento, libri d’artista, poesia visiva e riviste a tema. In una città come Milano non potevano mancare design e arti grafiche: fate un salto alla Libreria 121+ Libreria Extemporanea. Inizialmente pensata per restare aperta solo 121 giorni, ha poi deciso di dare un nuovo valore alle sue cifre, interpretandole come one two one per il rapporto che mirano a creare con i loro clienti. Sono nate così le tante mostre, ma anche i “typeritivi”, aperitivi dedicati alla grafica, e le visite guidate dove personalità di spicco rac-contano i libri presenti in negozio da prospettive nuove e curiose.

globi, atlanti geografici e storici, libri illustrati… Per chi crede invece che un viaggio non sia tale senza la brezza del mare sul viso, la risposta è La Libreria del Mare. Mobili d’epoca in legno, travi a vista e archi richiamano l’atmosfera di una barca d’epoca, mentre il blu della moquette fa sogna-re l’acqua anche a Milano. Nata nel 1973 dalla passione di alcuni amanti della vela, propone testi dedicati a ogni argomento legato alla navigazione: dalla costruzione di una barca alla manutenzione, dalla cucina in mare alla giurisprudenza nautica, dalle tattiche di regata alla cartografia. Ma non solo: trovano posto libri dedicati all’acqua in ge-nerale, agli sport che vi si possono praticare e an-che manuali di acquariologia, per chi vuole avere sempre un pezzetto di mare in casa. Perfetto contraltare la Libreria Monti in Città: al-pinisti ed escursionisti più o meno esperti trove-ranno tutto quello che occorre per programmare

01

di Elisa Zanetti

A CIASCUNO IL SUO Superata la divisione in reparti che le librerie sono solite proporre, a Milano troverete una

libreria che soddisfi ogni curiosità: dal mare alla montagna, dallo sport all’arte, senza dimenticare fotografia e viaggi. E non siamo nemmeno riusciti a raccontarvele tutte...

Focus

INDIRIZZIPunto Touring di Milanocorso Italia 10La Libreria del Marevia Broletto 28Libreria Monti in cittàviale Monte Nero 15La Libreria dello Sportvia Giosuè Carducci 9Libreria dell’Automobilecorso Venezia 45Libreria Boccagalleria Vittorio Emanuele II 12Libreria delle donnevia Pietro Calvi 29Libreria Antigonevia Antonio Kramer 20Micamera Bookstore via Medardo Rosso,19Derbyliusvia Pietro Custodi 12121+ Libreria Extemporaneavia Savona 17

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interView

È l’autrice di quel Il mondo deve sapere, diario tragicomico di un mese di lavoro in un call center, che ha ispirato il film di Paolo Virzì Tutta la vita davanti. Nel 2010 ha vinto il Campiello con Acca-badora e lo scorso luglio si trovava per caso in Turchia al momento del fallito golpe, un appuntamento con la storia che l’ha portata a scrivere delle note di cronaca che contrastavano con il punto di vista veicolato da tutti gli altri me-dia. «Ho preferito dar voce alla popo-lazione turca, piuttosto che applicare le nostre categorie di pensiero» precisa quando tocchiamo l’argomento.Perché ha senso essere qui a Tempo di Libri?Perché l’Italia non aveva una fiera del libro organizzata dagli editori ed era un’anomalia in tutta Europa. L’idea geniale è stata nominare una scrittrice e un’intellettuale, una donna della ca-ratura di Chiara Valerio alla direzione artistica: questa fiera è espressione di un progetto culturale.Qual è il ruolo dello scrittore oggi?Continuare a mostrare la relazione con la differenza e preservare la complessi-tà, che è il luogo dove sono possibili le domande. La tentazione di dare rispo-ste di solito prescinde dalle domande, per esempio dire che in Turchia c’e-ra un problema di islamizzazione era porsi la domanda sbagliata: c’è un pro-blema di fascismo. Lo stesso che avrà mezza Europa nel momento in cui il livello di paura delle migrazioni salirà a un punto tale che le persone saranno disposte a barattare libertà in cambio di sicurezza.

Dalla prima edizione de “Il mondo deve sapere” a oggi sono passati più di dieci anni…Guardandomi indietro penso a come si sia modificato il mercato dei libri, dell’editoria e il modo di leggere. L’av-vento di massa dei social ha cambiato radicalmente la percezione dell’atto narrativo. Su Facebook siamo tutti nar-ratori e la multimedialità è una delle modalità di narrazione del futuro: solo dieci anni fa era impensabile. Oggi i blog sembrano già preistoria, ma sen-za internet io non sarei diventata una scrittrice: non avrei mai scritto un libro di carta e non lo avrei mai mandato a un editore.Della sua partecipazione a “Quante Storie”, la trasmissione di Corrado Augias su Raitre, a essere diventate famose sono soprattutto le stroncatu-re, come lo spiega?In un Paese dove tutti gli appunta-menti sono eventi, tutti i libri capola-vori e dove tutto è straordinario, sem-bra rivoluzionario che qualcuno dica: «Guardate che questo libro forse era meglio non scriverlo e forse è meglio non leggerlo». Ma noto con piacere che la stroncatura apre il dibattito.Come sceglie le storie da raccontare?Ogni tanto me ne capita una tra le mani e ci metto cinque o sei anni per capire se è qualcosa che non se ne va. Se non se ne va da me, è probabile che non se ne andrà nemmeno dalla pagi-na. Però non succede spesso. Scrivo più volentieri saggi, riflessioni sul contin-gente. Vivo nell’illusione che ragiona-re, anche per iscritto, possa cambiare la

situazione in cui siamo.A proposito di saggi, nel 2016 ha pubblicato il pamphlet “Futuro inte-riore”…È una possibilità di futuro, ma anche una gestazione, perché dentro ci stan-no i figli, i pensieri che non sono anco-ra pronti a venire al mondo. È un po’ come questa mia generazione di 40enni che, mancando tutte le rivoluzioni, ha assunto il compito di fare da cerniera tra chi le rivoluzioni le ha fatte e chi le sta facendo, ovvero i nostri figli. I nuovi linguaggi, le tecnologie, l’organizzazio-ne del modo di apprendere intorno al multitasking: tutte queste possibilità sono già una rivoluzione. Gli unici che possono trasmettere il testimone siamo noi. Futuro interiore è avere il coraggio, nel momento in cui il presente è tuo, di sognare il futuro di chi ancora deve venire. Danilo Dolci diceva: «Ciascuno cresce solo se sognato».Un pensiero su Milano.Ci ho vissuto a Milano e devo dire che sono molto “incazzata” con questa città, perché ha aspettato che me ne andassi per diventare bella e non solo per la gentrificazione in atto. Mi pare persino che ci sia più sole. Forse stiamo uscendo dalla crisi e se è così Milano è una cartina di tornasole ottimista. Anche il fatto di aver spinto affinché questa fiera fosse qui, è perché ci sia-mo sentiti accolti. Secondo Marguerite Yourcenar «risparmiare sulla cultura in tempo di crisi è come risparmiare sui semi in tempo di carestia». Il fatto che Milano stia investendo sui semi, fa ben sperare sul raccolto futuro.

interView

Le sue stroncature nella trasmissione televisiva “Quante storie” sono già un cult, ma è grazie a un blog e a un’esperienza in un call center che Michela Murgia ha intrapreso

la carriera di scrittrice. L’abbiamo incontrata a Milano a Tempo di Libri dove ci ha parlato di nuovi linguaggi, di social network e anche del “futuro interiore”

di Marilena Roncarà - foto di Matteo Cherubino

MICHELA MURGIA

UNA POSSIBILITà DI FUTURO

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di Marilena Roncarà

UN’OCCASIONE DA NON PERDERE Milano ha sette scali ferroviari, da anni in disuso, che rappresentano una ferita enorme nel tessuto urbano, vere e proprie barriere piazzate in mezzo ai quartieri. Recuperarli significa immaginare una nuova città del futuro. Ci hanno provato cinque studi internazionali di

architettura con un’idea comune: più verde, più sostenibilità, più inclusione sociale

Focus

Vuoi per la posizione, vuoi per la rilevanza com-merciale, già dalla fine dell’Ottocento Milano è stata un importante crocevia ferroviario: le prin-cipali linee che trasportavano merci nella peniso-la passavano per la città. Negli anni Trenta, con la realizzazione della nuova stazione Centrale e degli scali merce di Lambrate, Farini, Greco e Ro-goredo, il capoluogo lombardo è a tutti gli effetti la capitale ferroviaria del Nord Italia. Poi però il mondo cambia: dagli anni Settanta la città comin-cia a perdere la propria vocazione industriale a favore del terziario, le grandi fabbriche chiudono e l’Italia sceglie di privilegiare il trasporto su ruo-te a quello su rotaia. In breve gli scali ferroviari cadono in disuso, diventano aree dismesse, spesso degradate e chiuse alla città. Tutti insieme i sette scali abbandonati, dal più grande di Farini a Porta Genova, Porta Romana, San Cristoforo, Lambrate, Greco e Rogoredo coprono una superficie di circa un milione e 250mila metri quadrati, più o meno quanto 170 campi da calcio. Già questi numeri da soli danno l’idea dell’occasione straordinaria per il futuro della città. E tuttavia la questione resta complessa perché se da una parte c’è il co-mune interessato a riqualificare le zone, dall’altra c’è Ferrovie dello Stato, la società per azioni pro-prietaria degli scali che vuole sì cederli, ma non senza guadagnarci. Iniziata negli anni Duemila,

la trattativa fra le due parti è giunta dopo vari stop sino al tavolo dell’attuale giunta capitanata da Giuseppe Sala, e mentre si cercano soluzioni politiche, una serie di progetti esplorativi prova a immaginare scenari di futuro. Da tempo il comu-ne ha avviato “percorsi di ascolto”, oltre ad aver incaricato il Politecnico di Milano di realizzare lo studio Trasformazione degli scali ferroviari milanesi (datato 2015), che attraverso incontri con le asso-ciazioni e gli abitanti dei quartieri interessati, ne ha mappato aspettative e desideri: dal bisogno di più verde alla richiesta di passaggi pedonali o di percorsi attrezzati per lo sport. Anche la Fonda-zione Corrente con la mostra Milano in stand by, visitabile fino al 20 giugno, è parte attiva del di-battito. Grazie allo sguardo di sette fotografi chia-mati a documentare l’esistente, ovvero la città e le sue aree dismesse, la mostra ci porta a scoprire che quelli che un tempo erano luoghi brulican-ti di vita e lavoro, come gli scali appunto, dove anche l’immigrazione era un fenomeno inclusivo, ora sono diventati spazi non solo abbandonati, reietti, quasi nascosti, ma anche abitati dagli in-visibili, da coloro che la città si rifiuta di vedere. L’altra significativa azione in questo senso sono i cinque progetti esposti a Porta Genova nei giorni del Fuori Salone, cinque scenari di futuro imma-ginati da altrettanti team internazionali: dal Fiume

01

01. Rogoredo. Foto di

Roberto Toja. Courtesy

Fondazione Corrente

Focus

Verde per Milano, il progetto di Stefano Boeri che propone di realizzare sul 90% degli scali dismessi un sistema continuo di parchi e giardini pubblici legati da una nuova linea metropolitana (la M6) a Miracoli a Milano il progetto del team Miralles Tagliabue EMBT che individua nell’acqua il nuo-vo elemento di continuità e connessione. La mo-bilità sostenibile, ovvero piste ciclabili, filari albe-rati e aree a traffico limitato è, invece, il cuore del progetto di Mad Architects Città delle connessioni - Memoria e futuro. A immaginare gli scali come hub multimodali collegati da mezzi di trasporto pubblico e tramite una rete di percorsi verdi così da rendere l’auto meno attraente, ci ha pensato il team Mecanoo. Infine Sette bellissimi Broli è il progetto dello studio Cino Zucchi Architetti, che

identifica nel verde lo strumento e la matrice per ridisegnare la città, non a caso i “broli” in Lom-bardia stanno a indicare i prati alberati, ed ecco che scalo Farini si trasforma in un grande parco con passerelle pedonali che scavalcano la ferro-via, mentre Porta Romana diventa un vasto prato aperto verso la Fondazione Prada e così avanti. Allo stato attuale questi cinque progetti sono solo una traccia, per renderli effettivi servono gare in-ternazionali di progettazione ed esecuzione, ma intanto sono idee di futuro, modi diversi di in-terpretare la Milano che verrà con alcuni punti di convergenza. Il dato di fatto è che la città sta cambiando pelle e l’occasione è di quelle impor-tanti. La sfida sarà trovare una soluzione organica e partecipata che ci porti verso il meglio.

02

02. Scalo Romana.

Foto di Gianni Maffi.

Courtesy Fondazione

Corrente

la seconda vita dei magazziniNon mancano in città luoghi abbandonati che a un certo punto riemergono dall’anonimato ristrut-turati e pronti a una nuova vita: è accaduto durante la settimana del Fuori Salone anche agli ex

magazzini di Ferrante Aporti, chiusi per trent’anni e un tempo utilizzati come laboratori e depositi della stazione. E così grazie all’iniziativa di Ventura Projects è stato possibile tornare a camminare tra le volte scenografiche di una delle più im-portanti stazioni ferroviarie italiane.

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indirizzi Bésame Muchoviale della Liberazione 15Canteen Milanovia Archimede 10Terrazza Triennale - Osteria con Vistaviale Alemagna 6Don Juanito Restaurantecorso di Porta Vigentina 33Pampavia Spontini 12Quechuavia Giuseppe Meda 29Inkantovia Gola 4Pacificovia della Moscova 29

Churrasco, picanha, feijoada dal Brasile. Ancora empanadas, asado e salsa criolla dall’Argentina. Sono tutti nomi di piatti tipici dei due Paesi su-damericani che conosciamo bene o che ci paiono quantomeno familiari. Entrambi gli Stati hanno infatti una lunga tradizione d’esportazione del-le proprie tradizioni culinarie nel mondo, Italia compresa. Già tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta hanno iniziato a comparire nelle maggiori città del Belpaese ristoranti in cui gli chef non erano soltanto i re della cucina, ma giravano tra i tavoli con i celebri spiedi ricchi di molteplici tagli di carne (dicesi churrasco rodizio). L’espansione sul territorio nazionale di questa ti-pologia di locale, in cui spesso veniva proposto un prezzo fisso medio-alto, è stata massiccia fino alla fine dello scorso millennio e anche nei primi anni Duemila la cucina sudamericana veniva identifi-cata sempre e solo con una proposta carnivora di grande qualità, con il disappunto degli autoctoni che ben conoscono la varietà della propria offerta enogastronomica. La stessa cosa accadeva e acca-

de in buona parte tutt’ora con i piatti messicani, spesso fatti coincidere in modo del tutto erroneo con la cucina tex-mex, con cui questa cucina condivide ben poche pietanze. Solo nell’ultimo decennio l’Europa e soprattutto lo Stivale han-no conosciuto e riconosciuto l’altissimo profilo enogastronomico che passa per i vini argentini e tocca i ristoranti stellati di Lima, in Perù. Non c’è compagnia di viaggio di lusso che non proponga ormai ai propri clienti un tour del gusto in queste terre. Ma cos’è cambiato nella ristorazione? In-nanzitutto l’idea stessa dei locali: in questo Mi-lano è stata pioniera con l’apertura, dopo il suc-cesso riscosso a Expo 2015, di Bésame Mucho in quel di piazza Alvar Aalto, in cui non c’è traccia della retorica dei mariachi ma ci si trova in un locale alla moda che serve piatti raffinati di carne e pesce nonché cocktail sempre nuovi per l’aperi-tivo e la cena. Sempre nel capoluogo lombardo si mangia autentico messicano da Canteen, dotato di un dehors a effetto; anche qui con attenzio-ne estrema alla proposta alcolica. Perché è bene

01

ricordare la grande tradizione di liquori e drink proveniente dall’area meridionale del Nuovo Mondo, da cui arrivano non solo grandi chef ma i più creativi e aggiornati bartender. Sarà per que-sto che un ristorante che strizza l’occhio alla tra-dizione come Terrazza Triennale - Osteria con Vi-sta vanta dietro il proprio bancone un barman del calibro del venezuelano Luis Hidalgo. Torniamo così al vero Sudamerica e troviamo nella metro-poli un nuovo Don Juanito, nato come bistrot del ristorante di carne argentina Don Juan ed evolu-tosi poi in autonomia con le sue proposte di pie-tanze andine servite in una location che ricorda un’estancia di charme. E se in via Spontini Pampa propone la sua visione giovane e informale della cucina di Buenos Aires, sono le nuove apeture ad aver caratterizzato questa nuova tendenza come la più chic per i palati gourmet più attenti. Si va così dal Quechua, con la sua alta cucina peruvia-na firmata Rafael Rodriguez, a Inkanto, dove la chef Sheilla Diaz esprime tutta la sua creativi-tà affiancata dal marito Cesar Recharte, fino alle

proposte peruviane d’èlite di Pacifico che, dopo Milano, ha aperto a Roma la sua seconda sede, in una location sontuosa come quella di Palazzo Dama. A proposito della capitale: sebbene vip e buongustai (perlomeno, quelli che se lo possono permette) trovino ancora nel ristorante brasiliano Carioca e nell’argentino Baires due porti sicuri, è pur vero che molti si sono convertiti a un altro prodotto milanese (nonché ibicenco), ovvero il sushi nippo-brasiliano di Okabe prima e Tema-kinho poi. Ma le due principali città italiane non sono certo le uniche e, seppur con un approccio meno spedito e dichiarato, anche città come To-rino e Firenze si sono avvicinate a questa recente ispirazione foodie. Il capoluogo piemontese, che fino a poco tempo fa poteva contare solo su al-cune anonime botteghe dedicate in gran parte al pollo fritto, oggi può invece vantare le proposte originali di Vale un Perù, mentre quello tosca-no offre la possibilità di un’esperienza culinaria 100% venezuelana presso L’Areperia. E siamo solo all’inizio, gringo!

01. Una proposta

del ristorante Don

Juanito, nato come

bistrot dell’argentino

Don Juan. Oggi serve

specialità andine

02. Un piatto del

ristorante Inkanto

preparato dalla chef

Sheilla Rodriguez

03. Pacifico propone

ricette tipiche

peruviane in via della

Moscova e da poco ha

raddoppiato a Roma, a

Palazzo Dama

Food Food

03

02

di Simone Zeni

PASSIONE SUDAMERICANAScordatevi la retorica delle grigliate di carne e delle proposte tex-mex. Dai vini argentini alla

ceviche del Perù, salendo in Centro America fino all’alta cucina messicana. A Milano (ma non solo) arriva l’alta cucina delle Ande. Ecco i nuovi indirizzi dell’eccellenza sudamericana in città

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IL MIO RIFUGIOÈ sempre tempo di musica e concerti, ma la bella stagione porta, oltre alla voglia di vacanza, anche tanti festival. Non serve andare lontano, nei prossimi mesi lungo tutta la Penisola saranno tantissime le occasioni per sentire i propri musicisti e cantanti preferiti in location spettacolari. Ne abbiamo scelte alcune che ci piacciono particolarmente. E per chi la musica “ce l’ha dentro”, alcune idee per la casa ispirate a note e pentagramma

illustrazione di Virassamy

3838

varianti di colore. Quando è il momen-to di scendere siamo al Chiostro di Andrea, dietro al tribunale. Il menù è composto da “sgagnini”, piccoli bocco-ni milanesi per cui perdere la testa. La terza tappa ci porta da Granaio Caf-fè e Cucina, a due passi del Duomo e aperto dalla mattina a mezzanotte. “As-saporo” un po’ meglio l’Octavia, pro-vando Škoda Connect che permette di accedere a moltissime informazioni in tempo reale e utilizzare sistemi avan-zati di assistenza in movimento. Chiu-diamo il tour alla Macelleria Popolare in Darsena, non un semplice banco di macelleria all’interno di un merca-to comunale, ma un luogo di ritrovo informale dove comprare e mangiare l’ottima carne selezionata da Giusep-pe Zen. Che se ne dica a Milano sono davvero tanti i posti che nascondono tesori, ma è tempo di tornare da Au-toRigoldi per concludere il nostro tour.

www.autorigoldi.it

Connect vedo che è possibile accedere ai servizi online di infotaiment e, per dirne una, l’autista avverte che con il Care Connect, in caso di incidente, possiamo chiamare pure l’assistenza, o in caso di guasto, il meccanico, grazie alla e-call. Alla prima tappa, poi, at-tiva l’In-Car per avvisare l’ultima fila dell’arrivo: è un sistema semplice ma serve per ampliare la voce nell’abita-colo. Chi se la sarebbe aspettata tutta questa tecnologia? Scendiamo. Siamo al “Trombetta”, l’ul-timo approdo di Gianfranco Morelli dopo aver ricevuto la Stella al ristoran-te di Seregno e aver varcato i confini dell’Orsa Maggiore di Forte dei Marmi. Giusto il tempo di degustare un San-giovese e il suo piatto forte – il risot-to – che si torna a bordo. Sulla Superb, questa volta. È calata la sera e prota-gonisti qui sono i gruppi ottici, a com-pletamento di un look mai stato così dinamico. All’interno ci divertiamo a cambiare “atmosfera”, tra 10 diverse

Pit stop brevi ma intensi. Siamo partiti da AutoRigoldi, in via Pecchio 10, con-cessionaria che da 111 anni ha messo radici in centro città. Non eravamo più di una decina, ma secondo il claim 4x4x4, già sapevamo che le vetture sarebbero state 4, Škoda Superb, Oc-tavia, Octavia sport e l’ultima arrivata in concessionaria, la Kodiaq. Unico il divieto: metterci al volante. Siamo partiti alla volta di 4 ristoran-ti segreti: l’eccellenza del tour e delle tappe selezionate rispecchia quella di AutoRigoldi che da oltre un secolo è sinonimo di automobile a Milano. Il traffico della città non ti regala mai nulla, tanto che aver scelto Kodiaq come prima vettura ci rilassa subito: non è solo un suv 7 posti, ma è il pri-mo del marchio. Collego il cellulare con l’hotspot Wi-Fi dell’auto e riesco a infilare il tablet nei supporti dietro i sedili anteriori. Davanti, la plancia abbandona del tutto la razionalità del passato. Ad esempio, con lo Škoda

guidare con gusto con autorigoldi

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Molti di noi passano più tempo in auto che in casa. Dunque ci siamo cimentati in un test particolare. Quello dell’abitabilità. Siamo saliti su 4 vetture, raggiungendo 4 diversi ristoranti in 4 diverse serate per il #AutorigoldiTastethecity. Le auto hanno avuto tutto un altro gusto

note

indirizzivia Pecchio 10 - Milanovia Inganni 81/A - Milanovia Novara 235 - Milano

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40 41

Presentata nel 2011

all’HangarBicocca di

Milano, from here to ear

(v.15), è l’installazione

di Céleste Boursier-

Mougenot che invita il

visitatore a passeggiare

in uno spazio popolato

da chitarre e uccellini

Il pianista Duke Jordan raccontava che Charlie Parker era solito esercitarsi nel cortile dietro casa sua, circondato da una moltitudine di uccellini: «Sai», spiegava Jordan, «gli uccelli sono buffi: se sentono qualcosa di musicale si incuriosiscono, vogliono andare a vedere di che si tratta, gli svo-lazzano intorno e si mettono a cinguettare. Parker li ascoltava mentre si esercitava ed era costretto a suonare molto veloce, perché quando un uccello canta una melodia è velocissimo». A riportarlo è Massimo Donà, filosofo e musicista, nel suo libro Filosofia della musica che, da Mozart a Beethoven, da John Lennon a Miles Davis, si propone di mo-strare lo stretto rapporto che lega l’occhio e l’o-recchio. Charlie Parker – non a caso detto “Bird” – non è il solo a essersi lasciato influenzare dal canto degli uccellini: nel 2011 un altro artista, il musici-sta e compositore Céleste Boursier-Mougenot, re-alizza per gli spazi del Cubo dell’HangarBicocca from here to ear (v.15), installazione sonora che in-vita lo spettatore a compiere una passeggiata nello spazio abitato da chitarre e diamanti mandarini, una varietà di uccelli australiani noti per la viva-cità e la bellezza dei colori. Ogni movimento del visitatore contribuisce così a dare vita a un suono,

sia esso rumore di passi, cinguettare di uccelli o corda di chitarra pizzicata a caso. L’installazione di Boursier-Mougenot, vero e proprio concerto senza partitura che dal 1999 – anno in cui è stata pre-sentata al MoMA PS1 di New York – fa il giro del mondo ogni volta riadattata al luogo che la ospita, è l’ennesima prova di come la musica non sia solo da ascoltare, ma possa coinvolgere anche gli altri sensi, diventando fonte di ispirazione per mostre e progetti in bilico tra moda, design e architettu-ra. Se per quest’anno è prevista in Germania l’a-pertura del Living Archive of Elektronika e del MOMEM, due musei interamente dedicati alla musica elettronica – a Berlino il primo e a Franco-forte il secondo – dal 13 maggio al primo ottobre il Victoria and Albert Museum di Londra dedica ai Pink Floyd una mostra che celebra i 50 anni della band. In ambito lombardo invece, mentre fino al 23 luglio al Museo del Violino di Cremona vanno in scena Monteverdi e Caravaggio, fino al 4 settembre l’Accademia di Carrara di Bergamo do-cumenta, a 400 anni dalla nascita, l’attività di Eva-risto Baschenis, pittore secentesco cui va il merito di avere inventato la natura morta con strumenti musicali.

di Alessia Delisi

Attraverso il contributo di artisti e designer, la musica si trasforma in un’esperienza sensoriale completa: esce dal pentagramma e anima le nostre città, dando al suono una forma non più solo temporale

VISIONI SONORE

A tempo di musicaSono tante le creazioni del design e della moda che celebrano il potere del suono

note note

Byredo - Bal d’Afrique

Note calde e romantiche di vetiver

si ispirano alla Parigi degli anni Venti

e alla sua infatuazione per la cultura,

l’arte, la musica e la danza africane

www.byredo.euBrionvega - RadioFonografo

Firmato nel 1965 da Achille e Pier Giacomo Castiglioni, il

RadioFonografo è dotato di radio e giradischi, oltre che di un

sorriso che lo rende assolutamente unico

www.brionvega.it

artemide - Demetra

Attraverso la lente del fotografo Pierpaolo Ferrari, la lampada Demetra di

Artemide si trasforma in una nota musicale

www.artemide.it

Fornasetti - Diagramma musicale

Accompagna la quotidianità con un

vivo diagramma musicale questo

portamatite di Fornasetti

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dolce&gabbana

La musica e gli strumenti musicali sono il filo

conduttore della collezione uomo proposta da

Dolce&Gabbana per l’estate 2017

www.dolcegabbana.it

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weeKend

In un Paese come il nostro che solo qualche anno fa ha vissuto un’innegabile crisi della proposta di musica dal vivo, la ricca e variegata offerta di que-sto 2017 consola non poco. Così, con un occhio che cade inevitabilmente anche sulla bellezza del territorio che li ospita, ecco una selezione degli appuntamenti musicali più appetitosi dell’estate alle porte. Si parte da Collisioni che, soprannominato “festival agrirock”, è l’evento che meglio di tutti incrocia tra loro la passione per la musica con quella per l’enogastronomia e la letteratura. Contaminato e multistrato per sua stessa natura, questo festival, nasce e cresce a Barolo, paese piemontese di vigne, castelli, palazzi e bistrot e ha l’ambizione di far dialogare tra loro anime diversissime. Per questo gli è, non solo possibile, ma congeniale portare sul-lo stesso palco Carmen Consoli, Daniele Silvestri e Max Gazzè (in un inedito live a tre, il 15 luglio), una band di precursori del filone emo come sono i Placebo (che il 16 luglio festeggeranno anche in Italia i loro 20 anni di carriera), e una pop star

stratosferica quale Robbie Williams (17 luglio). In parallelo al cartellone di concerti, ça va sans dire, c’è Progetto Vino, ovvero degustazioni, visite in cantina, walk-around tasting e, più prosaicamente, pranzi e cene con produttori e consorzi del terri-torio delle Langhe. Spostandoci sul versante opposto del nord dello Stivale troviamo Sexto’Nplugged. Incastonato nel complesso abbaziale di rara bellezza a Sesto al Re-ghena, in Friuli Venezia Giulia, ecco uno dei più esclusivi happening dell’estate italiana, che anche quest’anno non abbassa l’asticella di un millime-tro. E, con la consueta predisposizione all’avan-guardia ma anche alla raffinatezza, propone arti-sti unici. Come il pianista, cantautore, poeta, ed ex clochard, Benjamin Clementine, definito da “Vogue” una «Nina Simone reincarnata nel cor-po di un uomo» (26 luglio). O, ancora, come il leggendario, tormentato e un po’ oscuro songwri-ter Mark Lanegan, in concerto con la sua Mark Lanegan Band (9 luglio). Meno blasonata, ma comunque da tenere d’occhio anche l’elettronica

01

di Carlotta Sisti

Sono intimi, intensi ed eleganti. Sanno puntare sulla ricercatezza, non disdegnano l’abito da sera, ma restano fatti soprattutto per divertire. Sono i festival musicali italiani che, da maggio ad agosto, faranno da canto delle sirene per tutti quelli che hanno una sconfinata passione per i live

CARTOLINE MUSICALI

weeKend

01. Settima edizione

per Piano City, la

rassegna che dal 19 al

21 maggio ha portato

concerti al pianoforte

nei luoghi più

inaspettati di Milano

pulsante alternata a un folk ancestrale della band canadese degli Austra (10 luglio). Loro, che sanno mixare alla perfezione questi due generi, rincara-no la dose con testi intensi, attuali, talvolta politici, scritti dalla carismatica cantante Katie Stelmanis. Ed eccoci in Lombardia, per Tener-a-mente, Festi-val del Vittoriale a Gardone Riviera, in provincia di Brescia. In quello che nel 2012 è stato eletto “parco più bello d’Italia”, ovvero il Parco del Vit-toriale con il suo Anfiteatro romano, ritorna, dal 2 luglio all’11 agosto, la manifestazione più roman-tica di tutte. Perché provateci voi a resistere alla combinazione tra un panorama così languido e un contorno di natura rigogliosa, il tutto abbinato a musica bellissima. Affacciato, dicevamo, sulle rive del Lago di Garda, Tener-a-mente anche quest’an-no, cosa che gli riesce alla perfezione da ormai sette edizioni, mischia generi, provenienze e stili, facendo suonare il musicista di culto del mon-do hipster Devendra Barnhart (9 luglio), il pluri nominato ai Grammy Awards Ryan Adams (12 luglio), la nuova portavoce del mondo LGBT Lp (26 luglio) e, punta di diamante di questo edizio-ne, il doppio show, uno diverso dall’altro, di Ben Harper che, con solo chitarra e voce, suonerà il 10 e l’11 agosto. Si scende, ed è impossibile non farlo, per quello che si scrive Umbria Jazz, ma che si legge Um-bria jazz, rock, pop, soul, funky, gospel. Perché il festival che va in scena all’Arena Santa Giuliana di Perugia, dal 7 al 16 luglio, non rimane certo

prigioniero di un solo genere, per quanto centrale, ma spazia ed esplora. E lo fa al punto da alternare nello stesso cartellone l’acidità anni Ottanta della band tedesca dei Kraftwerk, con il loro futuristi-co spettacolo in 3D (7 luglio), alla morbidezza di Dee Dee Bridgewater da Memphis, che proprio al sound del suo Tennessee renderà omaggio (10 luglio), per passare poi alla verve caraibica del duo di pianisti cubani Chucho Valdés e Gonzalo Rubalcaba (13 luglio), fino alla grandiosità dell’o-maggio di Fabrizio Bosso, insieme alla Paolo Silve-stri Orchestrae, a Dizzy Gillespie (11 luglio).Ritorniamo, infine, alla capitale meneghina per Piano City Milano. Diverso da tutti, anche solo per il fatto che è un festival primaverile e non estivo, questo evento è una serenata d’amore alla musica, suonata da ogni angolo della città. Come da sei anni accade, per tre giorni e tre notti del mese di maggio, in luoghi inconsueti si accendono, uno dopo l’altro e dall’alba al tramonto, concerti diffusi, ovvero incastrati dove di solito si fa altro. E tra i tantissimi musicisti che si sono seduti al piano quest’anno Michael Nyman, Francesco Tristano e Andrea Rebaudengo sono solo alcuni degli ospiti d’eccezione. Così, sulla scia di una sana voglia di musica e libertà, nelle case e nei cortili dei mila-nesi, nelle stazioni e nei parchi, nei musei, nelle scuole, nelle piscine, cascine e biblioteche e perfi-no sui tetti, dal centro fino ai luoghi più periferici, i pianoforti hanno invaso Milano. E per una volta, allora, è così facile sventolare bandiera bianca.

02. La band indie-

rock dei Baustelle,

protagonisti il 2

luglio di Tener-a-

mente - Festival del

Vittoriale, all’interno

dell’omonimo

anfiteatro nel “parco

più bello d’Italia”

03. Sexto’Nplugged

si svolgerà durante

cinque serate di luglio

a Sesto al Renghena, in

Friuli, all’interno di un

complesso abbaziale

sul webwww.collisioni.itwww.sextonplugged.itwww.anfiteatrodelvittoriale.itwww.umbriajazz.comwww.pianocityilano.it

02

03

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hi tech

Versatile e a prova

di acqua e caduta,

Wonderboom, il

nuovo speaker

della linea Ultimate

Ears di Logitech, ha

un’autonomia di 10 ore

e una portata wireless

di 30 metri. Disponibile

in vari colori, grazie

all’anello elastico può

essere agganciato

ovunque

Mobilità, performance, colore. Per quanto generi-ci, questi tre sostantivi definiscono bene le carat-teristiche vincenti di una tecnologia che supera il test più arduo dell’estate dopo la prova costume (che però naturalmente riguarda solo gli umani): l’ammissione nel novero degli oggetti da portare con sé in vacanza. Le prime due caratteristiche sono strettamente interdipendenti, in quanto rap-presentano il mix ideale per un prodotto estre-mamente portatile che riesce però a non perdere terreno sul piano delle prestazioni. In alcuni am-biti la scommessa è vinta in partenza, se si tratta di categorie di prodotti che sfruttano proprio la miniaturizzazione delle componenti elettroniche come chiave di volta per l’incremento delle loro prestazioni. È il caso degli smartphone che utiliz-zano processori sempre più veloci, di dimensioni sempre più ridotte e hanno attualmente solo nel-la durata delle minuscole batterie (spesso insuf-ficienti a coprire egregiamente una giornata con utilizzo pieno di tutte le funzioni, sempre più strabilianti ma anche esose, in termini di consu-mi energetici), il loro vero tallone d’Achille. Ma è un gap che il progresso tecnologico sta colmando, anche se meno rapidamente di quanto sarebbe au-spicabile. Per altre categorie di prodotto la sfida è teoricamente più difficile, se è vero ad esempio

che un diffusore audio ha ancora bisogno di certe dimensioni per restituire un suono davvero ricco di dettagli e potente, in grado di soddisfare com-pletamente gli utenti più esigenti. Ma anche qui la ricerca elettroacustica e l’evoluzione dei software di emulazione fanno miracoli e, se l’intento non è quello di animare un rave party, il mercato offre oggi soluzioni più che accettabili e molto versatili dal punto di vista dell’impiego in mobilità, in gra-do di trovare posto nel bagaglio a mano di ciascuno di noi. Infine il colore. È quasi una legge di natura, quando la luce è più intensa e le tinte si fanno più sature e decise, accogliere con favore i gadget hi-tech cromaticamente più esuberanti, una scelta che molti produttori (e molti utenti) compiono per distinguersi dalla monotonia del bianco nero e della relativa scala di grigi che per altri è invece sinonimo di eleganza ed eccellenza tecnologica in ogni stagione. In ambito consumer, la soggettività dell’esperienza e il desiderio di personalizzazio-ne e “trasgressione” sono elementi decisivi. Perciò spazio al colore, a parità di prestazioni, se è questo che ci suggeriscono il nostro estro comunicativo e la nostra volontà di innovare il parco accessori, con un occhio anche ai trend della moda, a cui spesso, inevitabilmente, ci si rapporta: per assecon-darli o per prenderne decisamente le distanze.

di Paolo Crespi

Quando la bella stagione avanza la scelta delle estensioni hi-tech da portare in vacanza deve fare i conti sia con lo spazio disponibile in valigia, sia con le esigenze del nostro relax. E il cromaticamente scorretto è sempre una delle opzioni

VITA IN “TECNO-COLOR”

Musica maestroPronti a preparare la valigia per le vacanze? L’importante è non dimenticare nessuno di questi device

honor - 6X

Una brillante doppia fotocamera posteriore a un

prezzo molto contenuto è la caratteristica più

evidente del nuovo smartphone del brand cinese.

Di tutto rispetto anche la durata dichiarata della

batteria, un giorno e mezzo di uso “estremo”

www.hihonor.com

sennheiser - Urbanite Nation

Design accativante e suono pieno, cristallino nelle altre frequenze. La cuffia

dispone di comandi in-line con microfono integrato: consentono di prendere le

chiamate e ascoltare la musica con la semplice pressione di un tasto

www.sennheiser.com

samsung - Gear 360

La versione 2017 della videocamera

social, dotata di sensori da 8.4

megapixel e lenti fisheye con apertura

focale F2.2, permette di registrare

video 4K per condividere contenuti

digitali molto realistici e immersivi

www.samsung.it

Bose - SoundLink Revolve

Suono omnidirezionale e design

completamente rinnovato distinguono

i nuovi, eleganti diffusori Bluetooth,

con case in alluminio, che si possono

utilizzare anche in coppia e hanno

un’autonomia massima di 18 ore

www.bose.it

hi tech

nikon - Coolpix S33

Waterproof (fino a 10 metri) e resistente a urti e

polvere, la fotocamera da 13 megapixel ha uno

zoom ottico quadrangolare 3x estendibile a 6x.

Facile da maneggiare, si carica con micro Usb

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wheels

Quello che vi interessa meno è la meta. Il sole splende ed è in arrivo una delle prime domeni-che d’estate. Vi è iniziato a ronzare in testa che salire in sella anche solo per un giro sarebbe riso-lutivo. E l’hanno capito anche i marchi, offrendo quest’anno prodotti per esperienze inedite. Par-tiamo da Vespa, un simbolo che nessuno avrebbe pensato potesse cambiare. Per dirne una, quell’in-confondibile rumore in accelerazione – che ha fatto la storia degli anni Sessanta – scompare. Lo scooter arriva nel futuro, dice addio alla benzina e diventa elettrico e… “smart”: grazie al nuovo si-stema di connettività avanzata, infatti, la prossima Vespa che vedremo circolare sarà perfino in grado di dialogare con lo smartphone del rider. Quando, ovviamente, sarà pronto a “riconnettersi” al mon-do. Pronti per una dolce vita 2.0?Per chi preferisce tornare al passato, Fantic coglie

tutti di sorpresa con il debutto del nuovo Cabal-lero, uno dei modelli più in voga nei Settanta-Ottanta. Il Caballero 500 – capofamiglia della gamma – riprende lo stile del progenitore con una tecnica tutta nuova per continuare a scorrazzare sullo sterrato e in città: motore da 449 cm3 ca-pace di ben 43 CV e 40 Nm di coppia, cambio a sei rapporti, telaio in acciaio (configurazione a trave centrale superiore/culla inferiore), a livello sospensioni monta una forcella anteriore a steli rovesciati dotata di doppia regolazione, così come il mono-ammortizzatore Fantic FRS. Dura e cru-da quanto basta. L’estate firmata BMW invece punta i riflettori sulla sportività degli anni Settan-ta. La versione top della famiglia retrò tedesca è la R Nine T Racer: semimanubri, linee atletiche, elegante cupolino. Salirci in sella – sappiatelo – vi darà un tono, aggressivo. La spinge il boxer raf-

01

di Ilaria Salzano

Due ruote, un casco e la voglia di scrollarsi di dosso l’inverno. Scegliete il nuovo modello che preferite: le novità del settore promettono tutte un viaggio a spasso nel tempo

L’ESTATE ADDOSSO

wheels

01. La Vespa è subito

un cult: era il 1949

quando nasceva il

primo Vespa club a

Viareggio

freddato ad aria da 110 CV, un 1170 cm3, capace di 116 Nm di coppia massima, disponibile a 6mila giri; il regime massimo è di 8.500 giri. Di serie, solo il posto per il pilota, ma tra gli accessori com-pare anche il kit per il passeggero. Non lo direste, ma cavalcarla è una cura antistress fenomenale. S’ispira piuttosto alle moto anni Sessanta, la Du-cati, con la Scrambler Cafè Racer. A quel tempo, a Londra, sulla North Circular Road si disputavano le sfide a ritmo di rock. Oggi con quella stessa im-postazione il marchio si propone agli acquirenti pronti a viaggiare nel tempo. Nera e cattiva, sfog-gia semimanubri in alluminio, specchietti retrovi-sori alle estremità, ruote da 17’’ con pneumatici Pirelli Diablo Rosso II, tabella portanumero con il 54: un omaggio a Bruno Spaggiari, lo storico pilota Ducati di quegli anni. Il motore è un bicilindrico Desmodue di 803 cm3 da 75 CV raffreddato ad

aria e olio, ora omologato Euro 4, con finiture dei carter in nero. Tra le novità c’è un nuovo comando del gas e della pompa per un’erogazione più flui-da. Tornando ai giorni nostri, se dall’Inghilterra vi voleste spostate negli Stati Uniti, fatelo per una buona motivazione: il 2017 segna l’evoluzione del marchio Harley Davidson con la nascita del nono propulsore Big Twin Harley-Davidson per la gam-ma touring, dunque via sulle distese autostradali per chilometri e chilometri. Sarà disponibile in due cilindrate e tre varianti: il Milwaukee-Eight 107 (1745 cc), il Twin-Cooled Milwaukee-Eight 107 e il Twin-Cooled Milwaukee-Eight 114 (1870 cc). Ognuno produce fino all’11% di cop-pia in più rispetto al motore precedente. Certo, per chi va a bassa velocità non è un motivo valido. Ma per chi vuole azzerare i pensieri e sentirsi l’e-state addosso, sì. Eccome.

02. La riedizione del

Caballero prevede tre

motorizzazioni a 4T.

Qui la livrea Flat Track

03. Per la Ducati

Scrambler Cafè Racer,

scarico Termignoni

a doppia uscita e

omaggio a Bruno

Spaggiari

04. La BMW R nineT

Racer punta a far

rivivere l’era delle

leggendarie superbike

02

03 04

in sella, trend e lussiTra le tante novità nel settore, questa estate protagonisti saranno gli occhiali: sopra il casco proposto da Peuterey in collaborazione con Vespa, con un finishing metallico degradé nero, o sotto, come li realizza ad hoc in acciaio il marchio vicentino Emblema. Innovazioni anche sul fronte caschi: arriva da Momo design l’edizione limitata del primo casco in grafene mai realizzato. Questo materiale è più resistente all’impatto in caso di incidente ed essendo un ottimo conduttore elettrico e termico garantisce molta più sicurezza e comfort rispetto ad altri protettori in condizioni di riscaldamento ambientale estreme.

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prestazioni: il movimento cronografo di manifattura MT5813, risultato della più sofisticata tradizione orologiera.Tutt’altro che semplici riedizioni di modelli classici, i cronografi di questa collezione uniscono alcuni elementi estetici emblematici della storia del marchio con l’arte dell’orologiera con-temporanea. Gli eccezionali model-li Black Bay, che formano parte della linea Heritage, sono uno straordinario esempio di questo approccio, in cui si condensano oltre sessant’anni di storia di orologi subacquei.

www.tudorwatch.com/it

ge Black Bay S&G è ispirato ai modelli pieghevoli rivettati prodotti da Tudor negli anni Cinquanta e Sessanta. Oggi i rivetti di attacco delle maglie, visibili ai lati del bracciale, e la forma rastrema-ta delle maglie sono stati integrati nel bracciale realizzato con i moderni me-todi di fabbricazione a maglie piene. In alternativa, l’orologio è disponibile anche con cinturino in pelle marrone invecchiata e chiusura pieghevole ed è dotato di  un cinturino addizionale in tessuto marrone.Per chi preferisce un look sì formale, ma allo stesso tempo sportivo, il mo-dello giusto è Black Bay 41 con cassa di

razione di orologi subacquei del mar-chio. Questo modello, oltre al bracciale in acciaio e in pelle marrone, è dotato anche di un cinturino in  tessuto con motivo mimetico incluso nella confe-zione.Infine a Basilea è stato presentato Black Bay Chrono, il primo cronografo pro-dotto internamente dal marchio con movimento a carica automatica, ruota a colonne e frizione verticale. Il nuo-vo orologio ibrido associa alla linea dei modelli subacquei Black Bay la funzio-ne cronografo tipica del mondo delle corse. Questo cronografo vanta un’au-tonomia di 70 ore e un calibro ad alte

di chi preferisce staccare dai ritmi del-la settimana, può togliere l’orologio al venerdì pomeriggio e rimetterlo al polso il lunedì mattina senza doverlo regolare e ricaricare... Perfetto per la stagione in arrivo!Il modello S&G ha anch’esso l’indica-zione della data ed è la versione Heri-tage Black Bay in oro giallo e acciaio, ideale per chi preferisce un look for-male. S&G è l’acronimo di steel and gold: infatti lunetta girevole e corona di carica sono realizzate in oro giallo e anche le maglie centrali del bracciale sono rivestite con questo prezioso me-tallo. Il bracciale del modello Herita-

41 mm di diametro, carrure assottiglia-ta e lunetta fissa in acciaio con finitura lucida. L’altezza ridotta della cassa fa sì che l’orologio possa essere infilato più agevolmente sotto il polsino della ca-micia e, per lo stesso motivo, anche il vetro zaffiro bombato tipico della linea Black Bay è stato sostituito da un vetro zaffiro piatto che, a filo con la lunetta fissa in acciaio lucido, creaun effetto minimalista. Il Black Bay 41 riprende le lancette dalla caratteristica forma spigolosa, note come snowflake, apparse per la prima volta nel 1969 e ripropone anche la grande corona di carica, caratteristica della prima gene-

Un anno importante il 2017 per Tudor e ancora di più per il celebre orologio subacqueo Heritage Black Bay che a Basilea ha presentato quattro nuovi modelli. Si comincia con una versione realizzata interamente in acciaio, novi-tà assoluta per questo orologio. Heri-tage Black Bay Steel ha il disco della lunetta in acciaio satinato. Ma non è l’unica sorpresa per questo modello che infatti può vantare un nuovo mo-vimento di manifattura MT5612, ap-positamente sviluppato, e l’indicazione della data. Si tratta di un calibro ad alte prestazioni, preciso e robusto che ga-rantisce un’autonomia di 70 ore. Quin-

Born to dare

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A Baselworld 2017, tra le tante novità, il marchio svizzero Tudor ha presentato quattro nuovi modelli dell’Heritage Black Bay. Ognuno con specifiche proprie, ma tutti caratterizzati dalla inconfondibile resistenza

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tudor - Black Bay 41

Cassa di 41 mm di diametro, carrure assottigliata e

lunetta fissa in acciaio con finitura lucida

tudor - Black Bay S&G

Lunetta girevole e corona di carica in oro; maglie

centrali del bracciale rivestite anch’esse in oro

tudor - Black Bay Chrono

Movimento a carica automatica, ruota a colonne e

frizione verticale con un’autonomia di 70 ore

tudor - Black Bay Steel

Lunetta in acciao satinato, nuovo movimento di

manifattura MT5612 e indicazione della data

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sPort sPort

È uno degli sport olimpici per antonomasia, pre-sente fin dalla prima edizione del 1896 ad Ate-ne (anche se la prima medaglia fu assegnata solo quattro anni dopo), e ha radici ben piantate nella storia. Possiamo fissare il 1829 come data di na-scita della versione agonistica del canottaggio, con la prima edizione della Oxford-Cambridge a Henley sul Tamigi, ma segni di competizione tra barche a remi si trovano sui geroglifici egiziani e sul quinto libro dell’Eneide di Virgilio. Senza di-menticare che il suo strumento “principe”, il remo appunto, esiste fin dal Neolitico. L’uso di imbar-cazioni di questo tipo per competizioni ha quindi quasi due secoli di storia alle spalle, soprattutto in Europa – non solo Regno Unito, ma anche Ger-mania, Belgio, Svizzera e Francia – e Stati Uniti. Anche l’Italia è stata protagonista fin dagli esor-

di: è uno dei membri fondatori della Federazione Internazionale, nata nel 1892, ed è stato il primo Paese a ospitare una gara ufficiale l’anno successi-vo, sul Lago d’Orta. Le competizioni si svolgono prevalentemente in acque dolci, siano esse fiumi, laghi o bacini artificiali, ma sono previste anche gare in mare. Un tempo le imbarcazioni erano in legno, oggi la ricerca ha portato materiali più leg-geri e idrodinamici come la fibra di carbonio. Le barche possono ospitare da uno a otto vogatori e si differenziano per la presenza di uno o due remi per atleta e per quella del timoniere, posto a poppa e chiamato a dare il tempo all’equipaggio. Si parte solitamente tutti allineati e la distanza regolamentare da percorrere è di duemila metri, anche se non mancano gare con partenza in mo-vimento o su distanze minori (sprint) o maggiori.

01

di Enrico S. Benincasa

Uno sport completo, che mette alla prova tanto la forza quanto la coordinazione, praticabile da tutti e che dà una possibilità diversa di fare attività fisica a contatto con l’acqua. Il canottaggio negli ultimi anni ha conquistato sempre più consensi. Anche in una città “asciutta” come Milano

A PELO D’ACQUA

01. L’otto di coppia

italiano in azione

durante le Olimpiadi di

Rio dello scorso anno.

Foto di Mimmo Perna

Si gareggia al massimo in otto equipaggi alla vol-ta in corsie da 15 metri, chiamate però “acque”. Il canottaggio è uno sport che necessita di forza, resistenza, velocità, elasticità e coordinazione oltre a una capacità aerobica importante, spesso condizionata dal gesto del vogare che comporta una limitata disponibilità di ossigeno dovuta alla contrazione dei polmoni. È un’attività muscolar-mente completa, perché coinvolge tutti i princi-pali gruppi della parte superiore e inferiore del corpo. Si voga sia in estate sia in inverno, anche se l’utilizzo di un vogatore (detto anche remo-ergometro) è una buona soluzione per tenersi in forma quando non si può andare in acqua. Non va sottovalutata l’importanza dell’aspetto tecnico, perché imparare perfettamente le quattro fasi del ciclo di voga – entrata, passata, finale e ripresa – fa la differenza. Per molti la stessa parola canottag-gio è sinonimo di Olimpiade e il medagliere lo conferma: 40 medaglie, di cui dieci d’oro. Tra i più famosi interpreti italiani di questa disciplina non si possono non nominare i fratelli Carmine e Giu-seppe Abbagnale che, insieme al loro fidato timo-niere Di Capua, hanno vinto a Los Angeles 1984 e Seul 1988, classificandosi secondi a Barcellona 1992 dietro a un’altra coppia di fratelli, i britanni-ci Searle. Giuseppe Abbagnale è oggi il Presidente della Federazione Italiana Canottaggio, che con-ta 62mila iscritti tra atleti, dirigenti e soci e 250

società sportive affiliate. L’interesse è in costante aumento a livello nazionale, con un trend in asce-sa soprattutto a partire dal 2013. La Lombardia è un bacino importante per l’intero movimento sportivo con i suoi 8.500 iscritti e 45 associazioni affiliate. Nella sola area di Milano sono circa tre-mila, numero decisamente rilevante. L’Idroscalo è ovviamente uno dei punti dove poterlo prati-care, tanto che la stessa Federazione ha una base logistica proprio nel bacino e ha organizzato più volte competizioni nazionali e internazionali. In città i circoli più conosciuti sono tutti nell’area del Naviglio Grande e sono Canottieri San Cri-stoforo, Canottieri Milano e Canottieri Olona. Se il primo ha una storia recente – è nato nel 2009 – gli ultimi due hanno oltre cento anni alle spal-le, tant’è che sono state fondate rispettivamente nel 1890 e 1894. I Canottieri Olona sono stati recentemente protagonisti di un deciso restyling curato dal gruppo Lombardini 22 che ha dato un nuovo volto alle strutture del Circolo di alzaia Naviglio Grande 146. Al suo interno si trovano piscina, lounge, palestra, centro benessere, bar e il nuovo ristorante The Rowing Club. E ovviamente non manca la possibilità di praticare canottaggio: i corsi della stagione in corso terminano il 6 giu-gno, ma sono in programma quelli estivi per tutti i livelli con inizio il prossimo 12 giugno. Pronti a imbracciare i remi?

02. Gli interni del

Circolo Canottieri

Olona 1894 di

Milano, recentemente

ristrutturati dal gruppo

Lombardini 22

02

sul webwww.canottaggio.orgwww.olona1894.itwww.canottierimilano.it www.canottierisancristoforo.it

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style

FROM KOREA WITH LOVE

di Elisa Anastasino

Il ritorno della camicia con il collo alla coreana per questa calda stagione

Mandarin collar

Per la primavera estate 2017, Etro propone una silhouette morbida che ricorda la leggerezza disinvolta della tenuta di un pescatore. I colori classici dell’abbigliamento maschile, sono reinterpretati secondo codici essenziali e naturali

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Ispirazione anni Trenta con riga verticale

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stylestyle

di Stefano Ampollini

Tradizione, ricerca e innovazione sono le chiavi del successo di Sealup, un brand che ha saputo andare oltre la propria storia diventando leader nella produzione di piuma made in Italy

OLTRE LA PROPRIA STORIA

La storia aziendale di Sealup è un esempio con-creto di quel “romanticismo imprenditoriale” che in Italia ha visto affermarsi tanti imprenditori ne-gli anni boom della nostra economia. L’imprendi-torialità italiana è sempre stata una fusione per-fetta tra la passione del saper fare e la naturale aspirazione al successo, ma sempre con uno spirito quasi “etico” nella gestione aziendale. Oggi gli anni del boom sono lontani, ma Filippo Chiesa non ha mai avuto dubbi su quello che era il destino e l’a-spirazione dell’azienda che ha ereditato e che gui-da ormai da trenta anni: l’italianità, mai rinnegata, persino difesa ed esibita con orgoglio anche negli anni più bui della crisi.

«Sealup realizza capi di qualità, quindi non ci sia-mo mai mossi dall’Italia. Il lusso si produce nel nostro Paese, così come gli orologi si fanno in Svizzera. Sappiamo creare capi il cui valore è ri-conoscibile a distanza». Queste le sue parole a fine 2015, a soli due anni dall’apertura della fabbrica a Calusco d’Adda, zona manifatturiera tra Mila-no e Bergamo con un importante indotto nel set-tore tessile. Reintegrare la parte industriale della produzione è stata una scommessa vinta, se dopo soli quattro anni un piccolo laboratorio composto da tre sarte è diventato una fabbrica in continua espansione con oltre trenta addette e, in previsio-ne, un ampliamento della struttura. Quello che

01

01. Sealup ha aperto un

negozio in via Brera 3

angolo via dell’Orso. Il

monomarca si sviluppa

su 300 metri quadrati

ed è dedicato alle

collezioni di capispalla

uomo e donna

sembrava un azzardo si è rivelata una lucida strate-gia aziendale, capace di trasformare in opportuni-tà le tossine della profonda crisi che ha travolto le basi di questo settore. Sealup ha riassorbito molte competenze di qualità nel territorio, valorizzando-le e indicando una nuova direzione, nella quale la tradizione del saper fare doveva necessariamente fondersi con l’innovazione dei processi. Una scel-ta controcorrente in un mercato ormai abituato da troppi anni a disinvestire dall’Italia per cercare lidi con manodopera a basso costo, come se l’unica leva del successo fosse l’abbattimento dei costi di produzione. L’intuizione è stata quella di capire che un vero e autentico made in Italy poteva rap-presentare un reale vantaggio competitivo che il mercato avrebbe premiato. E così è stato: la cura maniacale per i dettagli, i prodotti sempre nuovi, la scrupolosa selezione dei materiali e la ricerca delle più innovative tecniche di confezionamen-to, per non parlare dell’investimento sulle persone e sulla loro formazione, hanno rappresentato la chiave del successo di oggi. I primi ad accorgerse-ne sono state importanti griffe del lusso che han-no scelto Sealup per produrre parte delle proprie

collezioni, attirate anche dagli altissimi standard di sicurezza sul lavoro. Regole ferree che hanno permesso all’azienda di ottenere le più ambite certificazioni richieste da un mercato sempre più esigente anche su questi temi, pur non facendo sconti sulla qualità del prodotto finale. Qui ven-gono prodotti tutti i capospalla che hanno reso famosa la produzione di Sealup: gli storici capi impermeabili, quelli in lana, fino ai capi in piuma d’oca a iniezione diretta. Proprio il rigido control-lo di qualità delle piume e la tenuta del nylon, leggerissimo ma resistentissimo, hanno permesso a Sealup di sfondare in un settore già maturo e mol-to affollato, tanto che oggi la piuma rappresenta il primo segmento prodotto a Calusco d’Adda, sia per il brand proprietario sia per conto terzi. Oltre la metà dei 1500 capi al mese che escono da qua sono in piuma d’oca, ma la tendenza è in crescita. La novità più importante riguarda però i processi di confezionamento: dopo il consolidamento della termosaldatura, presto inizierà la produzione con tecnica a ultrasuoni per unire i tessuti. La confer-ma della sete di innovazione di un brand che ha saputo andare oltre la propria storia.

02. Nella foto Filippo

Chiesa, Ceo del

marchio Sealup, nello

stabilimento di Calusco

D’Adda

03. Partiti con tre

sarte, oggi in fabbrica

lavorano oltre trenta

addette ed è già

in previsione un

ampliamento della

struttura

03

02

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«Il mare qui è molto bello. Non so perché ma sembra più piccolo del nostro. Forse perché ha due nomi: uno è mare, l’altro è laguna. Chiamarlo mare o laguna dipende dalla distanza. In italiano la laguna è femminile, calma, misteriosa. Invece il mare è maschile, non riposa mai, sempre in ba-lia del vento e delle onde» è Li, la protagonista femminile del film Io sono Li, di Andrea Segre, a descrivere così Chioggia, dove è stata trasferita a lavorare. Ed è proprio così la Laguna, calma e misteriosa: non certo quella di Rialto e del Ponte dei Sospiri, ma solo perché per conoscere Venezia ci vuole tempo e anche un po’ di impegno. Chi vuole trascorrere una o più notti in città dovreb-be stare lontano da Canal Grande, bellissimo, ma costoso e affollato. I sestieri San Polo e Dorsoduro sono decisamente migliori: nel primo ha recen-temente aperto Palazzo Morosini degli Spezieri con appartamenti di lusso che fanno venire voglia di fermarsi almeno un mese! Dorsoduro è ancora più lontano dalla stazione, ma si raggiunge in 15 minuti a piedi. Tra le sue vie si nascondono alcune ville incredibili, tra cui quella scelta da madame

Guggenheim, oggi museo dedicato alla sua fan-tastica collezione di opere d’arte del Novecento. Sempre a Dorsoduro c’è Punta della Dogana, un palazzo ristrutturato da qualche anno dove vengono organizzate grandi mostre, l’ultima (in corso e condivisa con Palazzo Grassi) è Treasu-res from the Wreck of the Unbelievable di Damien Hirst. Da qui si raggiungono velocemente, in va-poretto, sia piazza San Marco sia la Giudecca. Il momento migliore per un giro in piazza è la sera o ancora meglio la notte: Venezia così affol-lata di giorno, magicamente con il buio si svuota, sembrando quasi disabitata. Se volete assaggia-re lo spritz uscite “presto”, in orario aperitivo e chiedetelo con il Select, il bitter veneto, oppu-re ordinate n’ombra de vin con cicchetti; dopo cena invece non troverete molto da fare se non continuare a bere in qualche bacaro. Se siete tipi da cocktail in città ci sono il leggendario Har-ry’s Bar, aperto dagli anni Trenta e famoso per il Bellini, e sull’isola della Giudecca lo skyline bar dell’Hilton Molino Stucky. Per approfondire ancora di più la conoscenza del-

01

02

la Laguna bisogna spostarsi verso nord. Superata Murano, l’isola dei vetrai, si arriva nella zona più autentica, quella di Torcello, Mazzorbo e Burano. Qui si scopre la storia di Venezia precedente alla Repubblica della Serenissima e ai dogi. È qui che tutto ha inizio, a Torcello dove oggi vivono solo nove persone, ma fino all’anno 1000 la situazione era all’opposto: piazza San Marco era un vigne-to e in tutta la Laguna dove non c’erano case si coltivava, soprattuto vino, perché sebbene non fosse una città facile da espugnare, doveva essere autosufficiente in caso di attacco. Può sembrare strano parlare di vino veneziano, ma qualcuno sta riportando in vita questa lontana tradizione. Sull’isola di Sant’Erasmo, conosciuta come l’orto dei dogi, l’imprenditore francese Michel Thou-louze ha aperto la cantina Orto che produce Malvasia, Vermentino e Fiano. A Mazzorbo, che si raggiunge da Burano attraversando un ponte, c’è la tenuta Venissa gestita dalla famiglia Bisol. Produttori di Prosecco Valdobbiadene decidono, dopo aver visto una pianta di vite a Torcello, di riportare in vita il vigneto autoctono dell’isola,

la Dorona di Venezia. Oggi è l’unico vitigno al mondo di questa uva da cui vengono prodotte circa tremila bottiglie l’anno, più belle che buone. Attorno alla vigna oltre il campanile, la famiglia Bisol ha costruito un ristorante, un’osteria e un b&b con sei camere. Impossibile non innamorarsi del posto e difficile è anche resistere alla tentazio-ne di comprarsi una bottiglia nonostante il costo (mezzo litro costa più di 100 €). Sono sempre loro, padre e figlio ad aver aperto il primo alber-go a Burano: si tratta di un albergo diffuso che finalmente regala la possibilità di passeggiare di notte nella più assoluta calma. Per concludere la giornata buranese, andate a mangiare alla Tratto-ria Gatto Nero, di Ruggero e Massimiliano: an-guilla, moeche fritte, baccalà mantecato, risotto di gò (pesce della laguna) e per finire bussolai. «Hai mai visto come fa l’acqua? Va dal mare alla laguna e poi torna indietro. Ma non ritorna tutta al mare. C’è dell’acqua che non riesce più a uscire e rimane intrappolata nella laguna» è sempre Li a scriverlo in una delle sue lettere. E così succederà anche con un pezzetto del vostro cuore.

di Carolina Saporiti

Carducci l’ha definita così. Ed è vero, basta andare lontano dai posti più turistici per scoprire una Venezia autentica. E allora sarà impossibile non innamorarsene, passeggiando per calli deserte e facendo amicizia con qualche veneziano che vi offrirà un buon bicchiere di vino

LA TACITA LAGUNA

weeKend weeKend

01. A Mazzorbo, come

nella vicina Burano, le

case sono dipinte con

colori sgargianti. Ciò

era di aiuto ai pescatori

per orientarsi di notte

02. Anche se è difficile

crederlo, a Venezia

si è sempre coltivata

uva. Oggi, dopo secoli,

alcuni piccoli produttori

stanno riprovando con

successo. Nella foto si

vede la tenuta vinicola

Venissa

la mia isolaIn Laguna c’è un’isola, Santa Cristi-na, che si può affittare per vacanze esclusive. Dimenticatevi servizio in camera e ricchi buffet a colazione: ci sarete solo voi per tutta la durata del soggiorno. La villa ha 16 posti in totale e 9 camere con bagno. Di giorno, oltre alle escursioni, ci si può rilassare in piscina, si può passeggiare lungo i canali dell’isola tra i frutteti o si può uscire in laguna con il Sup o per fare un bagno (qui l’acqua è pulita). L’isola è gestita da una coppia austriaca che vive lì parte dell’anno, ma quando ci sono ospiti rimane solo il custode Romano, pronto ad aiutarvi.www.veniceprivateisland.com

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«Prima che arrivasse il mare, la valle doveva essere stata una foresta e proprio sotto i nostri piedi c’e-ra stato tutto questo. Qualche volta, la notte, mi sembrava quasi di sentire non solo il mare, ma an-che la foresta che lo aveva preceduto». È un brano tratto da La valle dell’Eden, di John Steinbeck. Il romanzo è ambientato in California, lo scenario è completamente diverso, ma rievoca perfettamen-te lo stesso senso di mistero che si prova davanti alla foresta sommersa del Lago Kaindy. Una diste-sa di abeti rossi asiatici capovolta, le cui cime an-cora verdi sono sul fondo mentre i tronchi affiora-no dalle acque. Si trova a 284 km da Almaty, l’ex capitale del Kazakistan. È ciò che resta del bosco che cresceva nella vallata e che è stato spazzato via da un violento terremoto la notte del 3 genna-

io 1911. Grazie alle temperature glaciali del lago, la foresta è sorprendentemente intatta ed è meta di sub e turisti di tutto il mondo. Il periodo mi-gliore per visitarla? Visto il clima così rigido, dalla tarda primavera agli inizi dell’autunno. Il tempo pare essersi fermato anche nella Fore-sta di Hoia Baciu, al confine settentrionale della Romania. Nonostante i suoi alberi siano lì da più di due secoli, infatti, hanno tronchi così sottili da apparire incredibilmente giovani. Questo, unito alla loro singolare forma ricurva e alle tante storie che si raccontano sul suo conto (da persone che spariscono nel nulla, all’avvistamento di ufo e di fantasmi), ha fatto guadagnare alla foresta il titolo di Triangolo delle Bermude della Transilvania. Che siano leggende oppure no, certo è che una volta

01

entrati a Hoia Baciu, bussole e cellulari impazzi-scono improvvisamente e che esiste un punto a forma di cerchio perfetto, proprio al centro del bosco, che l’ha reso noto come uno dei luoghi più soprannaturali al mondo. Fama simile gode anche la Foresta di Dering Wood, in Inghilterra, nella contea del Kent, tra i villaggi di Pluckley e Smarden, a un’ora e mezza di macchina circa da Londra. Si mormora, infatti, che al suo interno si sentano grida strazianti, come quelle di un colon-nello che nel Settecento decise di togliersi la vita proprio lì dentro. Ma Dering Wood, meglio cono-sciuto come la Foresta delle urla e luogo più infe-stato dai fantasmi della Gran Bretagna, è anche un bosco di rara bellezza, noto per le sue oltre 25 specie di farfalle e i reperti archeologici medievali e vittoriani. L’accesso è gratuito e gli escursionisti possono scegliere tra sei percorsi diversi che si ri-congiungono tutti in un unico punto, il King Ge-orge Star, in omaggio a Re Giorgio IV che visitava questo luogo. La splendida foresta di Aokigahara, alle pendici del Monte Fuji, in Giappone, invece, è nota per essere uno dei luoghi più silenziosi al mondo. I suoi rami e arbusti, infatti, sono talmen-te intricati tra loro, da essere stata ribattezzata Jukai, ossia mare di alberi. È così estesa e fitta, che il modo migliore per scoprirla è affidarsi a guide specializzate, le uniche che possono accedere ai siti chiusi al pubblico, come la famosa grotta di

Narusawa, ricoperta di ghiaccio tutto l’anno. La foresta si può raggiungere in macchina o pren-dendo un bus che parte da Tokyo. Bisogna esse-re preparati, però, perché Aokigahara è un posto tanto suggestivo quanto doloroso. Non si conta il numero di quanti, ogni anno, imboccano uno dei suoi infiniti sentieri e non fanno più ritorno. Proprio per questo numerosi cartelli, scritti in giapponese e in inglese e sparsi ovunque, ricor-dano a chi vuol farla finita che la vita è preziosa e cercano di strapparlo a una fine tragica. E cercano di strappare anche di dosso ad Aokigahara stessa la triste fama di foresta dei suicidi.Esiste poi un luogo in cui sembra di camminare tra gli alberi arancioni, rossi e ocra de L’Estaque, la famosa tela del pittore André Derain, uno dei massimi esponenti del Fauvismo. È la splendi-da Foresta Dipinta di Maui, la seconda isola più grande delle Hawaii, una distesa di eucalipti ar-cobaleno i cui tronchi possono assumere infini-te sfumature di colore, dal viola al bordeaux, dal lime al rosa. Si può ammirare al Keanae Arbore-tum, un giardino botanico che si trova lungo la fa-mosa Hana Higway, la strada a picco sull’Oceano Pacifico e che percorre il versante nord orientale di Maui. È aperto tutti i giorni, dall’alba al tra-monto. L’accesso è gratuito e la visita dura meno di un’ora. L’effetto? Un panorama unico, degno di un dipinto dei Fauves.

di Flavia Ganzenua

Pollicino, Cappuccetto Rosso, Robin Hood, da sempre il bosco è stato il protagonista indiscusso di favole e leggende popolari. Boschi parlanti, danzanti, boschi pietrificati, abbiamo letto di tutto. A volte, però, la realtà supera la fantasia. Dal Kazakistan alle Hawaii, ecco le foreste più incredibili al mondo

C’è UNA STRADA NEL BOSCO…

02

oVerseas oVerseas

01. I tronchi degli

abeti rossi asiatici che

emergono dalle gelide

acque del Lago Kaindy.

La splendida foresta

capovolta è meta di

curiosi e di sub di tutto

il mondo. Foto Agenzia

Kalpak Travel

02. Un’immagine

molto ravvicinata delle

incredibili sfumature

di colore che possono

assumere le cortecce

degli eucalipti

arcobaleno dell’isola di

Maui. Foto Matt Straite

su Flickr

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Food

La ricetta dello chefSi definisce uno chef d’acqua dolce con lo zaino in spalla e la sua cucina propone un ritorno alle origini, senza rinunciare alle contaminazioni. Ecco Marco Sacco

Food

Un’elegante costruzione a palafitta sul piccolo lago di Mergozzo è il regno di Marco Sacco, cuoco con lo spirito avventuroso e una cucina sospesa tra Oriente e Occidente. Il ragazzo che ama la tavola a vela, ora ha lo sguardo aperto sul mondo. La sua ultima sfida è il recupero della tradizione del pesce d’acqua dolce, spesso snobbato. Sacco sa sedurre per il carattere franco, l’amore per la terra che lo circonda, i prodotti e i suoi produttori ruvidi ma grandi artigiani

di Roberto Perrone

MARCO SACCO

Marco Sacco ha vissuto e vive su un’on-da, nella vita e in cucina. Quando i suoi genitori cominciarono l’avventura del Piccolo Lago il ristorante faceva i grandi numeri. «Mega abbuffate di una volta: antipasti a pioggia, griglie che andavano a pieno regime. Mio padre aveva un al-levamento di maiali, le porchette erano in bella vista». E lei, nel frattempo, che faceva?Di tutto. Ma soprattutto seguivo la mia passione: windsurf, mare e regate. Allo-ra eravamo agli inizi, la tavola a vela era uno sport povero. Giravi l’Italia, dal-la Sicilia in su, non è che ti dicevano: «Andiamo alle Hawaii».Poi cosa è accaduto?Dopo il militare, mio padre mi chiese: che vuoi fare? Il cuoco, risposi. Da allo-ra basta tavola, solo tavole. Il passaggio da un ristorante da gran-di numeri a uno con tante stelle non è facile. A 22 anni ho detto: pa’, voglio fare la mia cucina. Mi sono dato tre anni. Il primo ho fatto stage in Francia, il se-condo ho cominciato a proporre i miei piatti, il terzo ad avere i miei clienti. Nel 1991 però è mancato mio padre Gastone. Così ho perso i miei punti di riferimento e ho impiegato qualche anno a ritrovarli. A fine millennio ho ri-preso la mia strada, nel 2003 è arrivata la prima stella e nel 2007 la seconda. Il Piccolo Lago è un grande ristorante con un cuore gourmet.

ta età, non hanno il telefono in mano, sono diffidenti, devi conquistarli, en-trare in sintonia e così arrivi a prodotti straordinari”. Lei ha inventato tanti piatti come la carbonara au koque, leggendario piat-to da street food di classe. L’ultima creazione?Il Dumplin. Raviolo cinese con un ri-pieno piemontese, il “plin” appunto. Un piatto a cui è affezionato?Luccio e Lasagna. Alla fine è un piatto sbagliato: facevo il luccio mantecato e me lo sono dimenticato in forno così si è formata quella crosta con profumo di gratinato, insomma un luccio al sapore di lasagna. Dove va a mangiare all’estero?Al ristorante Isola di Hong Kong, ci sono i miei piatti.Il piatto che si prepara quando è solo?La carbonara. Ricordate: non è un piat-to facile.Che vino ci beve su?Timorasso di Walter Massa a bancali. Dove va in vacanza?La mia vacanza è zaino in spalla a sco-prire un Paese. Sono reduce da Cuba, ci siamo immersi nel mondo del tabacco. La vacanza del resort mi annoia, sarà che il Piccolo Lago è un resort e se vo-glio una cosa del genere la trovo qua. Ancora in windsurf, qualche volta? Mai. Ho quel ricordo là: voglio tenere ferma l’immagine di quel balordo con i capelli lunghi che ero.

La presenza di mio padre la porto avan-ti nel catering, negli eventi, nella ban-chettistica. A proposito di scuole, ama l’Oriente... Ogni due mesi vado a Hong Kong, fac-cio consulenze, ho una piccola società di prodotti italiani. Mi affascina una cultura del cibo diversa dalla nostra, mi intrigano i sapori diversi dai nostri. Vivo di contaminazioni. La sua cucina, riflessioni e visioni.Ho la visione di un ritorno alle origi-ni. Penso a vivere il lago sopra e sotto, quest’anno ci sarà bel movimento d’ac-qua dolce, lo racconteremo con tutti quelli ci che ruotano attorno: pescatori, biologi, chef. Problematiche e prospet-tive delle acque interne. Mi definisco uno chef d’acqua dolce.E la cucina italiana?Nell’esposizione mediatica vedo due aspetti. Ha fatto portare le giacche bianche a un pubblico più ampio, il lato negativo è che tutto quello che dice la Tv non è giusto. Bisogna raccontare la cucina con più sostanza.Il piatto che chiedeva a sua madre da bambino?Sono amante dei risotti. Non avevo mai tempo di fermarmi a casa e quindi con poco tempo e funghi porcini dell’Osso-la si faceva un gran piatto. Ecco, lei ama e promuove i prodotti del territorio. È un lavoro di anni, vai a parlare con piccoli produttori, che hanno una cer-

un approdo con vista Il Piccolo Lago di Marco Sacco ha una storia fantastica che va rac-contata. Nel 1974 papà Gastone e mamma Bruna arrivano sul lago di Mergozzo, famoso perché sulla riva opposta rispetto al ristorante un tempo arrivavano i barconi a caricare dalle cave le pietre per il Duomo di Milano. Dunque c’era un grande locale gestito da svizzeri. Gastone Sacco, imprenditore già avviato nel campo del commer-cio e della ristorazione, lo vuole rilevare, ma gli svizzeri lo guardano con sospetto. Pensano che non sia solvente. Sacco fa spallucce al razzismo e manda il direttore della sua banca (con le banche gli sviz-zeri sono a loro agio) a garantire per lui. Così comincia l’avventura.Ristorante Piccolo Lagovia Filippo Turati 87 - Verbaniawww.piccololago.it

Ingredienti per cinque persone: 1 kg di luccio, 100 g di burro, 1 l di latte, 130 g di patate gialle, ½ rapa bianca, 1 rapa viola, 1 g di granella di pistacchi, 25 g di scalogno, 2 g di peperoncino, 25 g di olio evo, 2,5 g di agar, sale q.b.

Luccio e lasagna

Per il luccio mantecato: cuocere i rita-gli del luccio a 100° a vapore in forno per 10 minuti, spolpare la carne dalle spine. In una casseruola, stufare scalo-gno e peperoncino tritato e aggiungere la polpa di luccio, le patate tagliate sot-tili e cuocere. Mantecare in planetaria con gancio foglia. Versare olio a filo fino a consistenza desiderata. Versare sulla teglia e congelare. Per il roll di luccio: squamare, eviscerare e sfilettare il luccio. Ricavare dei filetti puliti sen-za pelle e spine. Stendere un foglio di pellicola, adagiare il filetto e aggiunge-re filo di olio e coprire con altro strato di pellicola. Battere delicatamente con batticarne, inserire al centro la striscia di luccio mantecato e avvolgere se-

condo la tecnica del sushi, inserire in sacco sottovuoto e sigillarlo. Cuocere nel roner o in una pentola d’acqua a 61° per 30 minuti. Abbattere in acqua e ghiaccio. Per la rapa: pulire le rape e tagliare a concassé, bruciare con can-nello fino a colorare ogni lato, condire sale e olio. Per la crema: in una teglia fonda versare il latte e burro, cuocere a forno secco a 135° per un’ora. Cre-are crosta dorata e rimuoverla delica-tamente e conservare in cilindro per pacojet. Abbattere a -18° e mantecare per 4-5 volte. Finitura e presentazio-ne: adagiare sul piatto il roll di luccio, coprire a metà con crema di lasagna, adagiare i cubetti di rapa e spolverare con granella di pistacchio.

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La “creatura” di Elisabetta Sgarbi com-pie 18 anni ed è pronta a tornare con il suo programma che mette assieme con coerenza eventi dedicati all’arte, alla musica, alla letteratura, al cinema, alla scienza, alla filosofia e al teatro. Per questa edizione il tema scelto è “pau-ra e coraggio” e sarà affrontato dal 22 giugno al 12 luglio in una sessantina di appuntamenti con 140 ospiti interna-zionali. La Milanesiana non coinvolgerà solo Milano, ma anche altri luoghi tra cui la Reggia di Venaria, Palazzo Medici Riccardi a Firenze, il Teatro Maggiore di Verbania e Piazza del Kuerc a Bor-mio. Le anteprime si svolgeranno pro-prio in alcuni di questi posti, come per esempio quella del 23 maggio a Verba-nia con Michael Nyman (nella foto) e

Uri Caine. Quella milanese sarà sempre il 23 ma alla Chiesa di San Marco, con un incontro dedicato al tema dell’ac-coglienza con Susanna Tamaro tra gli ospiti. Il concerto inaugurale si terrà il 25 giugno al Teatro del Verme con Gino Paoli, Danilo Rea e Sergio Cam-mariere, appuntamento principe di un programma musicale che vede anche altri importanti nomi come Ute Lem-per, Paola Turci, Ermal Meta e Paolo Fresu. Cinque le mostre in programma, tra cui La mia matera di Tahar Ben Jel-loun alla Galleria Iannone, mentre ne-gli eventi dedicati al cinema ci sarà un incontro con Liliana Cavani dedicato alla figura di Patricia Highsmith, i cui libri hanno ispirato tanti registi come Hitchcock e la stessa cineasta italiana.

La Milanesiana

Location varie - Milanodal 22 giugno al 12 lugliowww.lamilanesiana.eu

Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città nei prossimi mesi

Da non perdere...

a cura di Enrico S. Benincasa

Free time

ApacheSono quattro le proposte per la quarta edizione di Apache, la rasse-gna che esplora i linguaggi teatrali non convenzionali nello spazio MTM Cavallerizza del Teatro Litta. La terza tappa vedrà protagonisti i Garten, una delle realtà più inte-ressanti della scena milanese, che propongono Wild M, spettacolo site-specific a metà strada tra video e performing art. Teatro Litta - Milanodall’1 al 4 giugno www.apacheteatro.it

Free time

L’artista siciliana, ma ormai di base in Germania, arriva nello spazio Shed dell’HangarBicocca per la personale From Source to Poem to Rhythm to Rea-der che rimarrà allestita fino ai primi di ottobre. Il progetto, di Roberta Tenco-ni, comprende 14 opere realizzate dal 2009 a oggi, tra cui cinque pellicole (sia in 16mm sia in 35mm), sculture ci-netiche fatte anche con bobine e cine-prese e interventi site specific. Tra i film, inediti in Italia, troviamo The Empirical Effect (2009), un’indagine sul paesag-gio del Vesuvio come campo di forze naturali, mentali e culturali, ma anche i due ultimi lavori dell’artista, Enig-matic Whisper (2017) e From Source to Poem (2016). Quest’ultimo è stato

co-prodotto dallo stesso HangarBicoc-ca e dal Museo d’Arte Contemporanea di Bordeaux (con la partecipazione di Tabakalera) ed è stato girato all’inter-no del Packard Campus del National Audio-Visual Conservation Center di Culpeper in Virginia. Unisce immagi-ni realizzate in questa struttura, su cui sono stati poi sovrapposti testi, voci e parole in diverse lingue, insieme a ri-prese effettuate nel deserto, un luogo considerato da Rosa Barba come una distesa di memoria. Il suo storytelling vede spesso la presenza di diverse linee temporali che scorrono parallele, con lo stesso tempo che è visto come una materia meno rigida di come si è abi-tuati a concepirlo.

Rosa Barba

HangarBicocca - Milanofino all’8 ottobrewww.hangarbicocca.org

KandinskijDelle 49 opere dell’artista russo presenti in questa retrospettiva, molte non si sono mai viste in Italia e provengono da importanti musei come l’Ermitage di San Pietrobur-go. Un percorso che mette in luce la formazione visiva di Kandinskij prima di arrivare all’astrattisimo, confrontando la sua produzione con esempi di arte decorativa della cultura russa.Mudec - Milano fino al 9 luglio www.mudec.it

Niccolò Fabi Il cantautore romano festeggerà i 20 anni di carriera con un concerto al Palalottomatica il prossimo 26 novembre. L’estate sarà per lui un “lungo rodaggio” per arrivare pronto a questa data nella sua città natale: non poteva mancare anche un live su un palco importante milanese, che sarà quello del Car-roponte agli inizi di luglio. Carroponte - Sesto S.G. MIil 6 luglio www.carroponte.org

FuorigiocoUna piéce teatrale che gira attorno a una partita di calcio, la semifina-le Germania-Italia degli Europei 2012. In quel giorno si intrecciano i destini di tre persone con lo stesso nome, Mario. Uno è il centra-vanti dell’Italia, uno è il suo Primo Ministro, uno è uno spettatore che, suo malgrado, non riuscirà a vedere il match perché chiamato a salvare delle vite. Teatro Franco Parenti - Milano dal 6 al 18 giugnowww.teatrofrancoparenti.it

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Probabilmente a sentire il cognome Treccani il pensiero andrà a Giovanni, imprenditore di successo e filantropo che grazie a un importante lascito die-de vita a quell’enciclopedia Treccani che ancora oggi tutti amiamo consulta-re quando la rete non sembra darci le giuste garanzie di accuratezza. Eppure c’è un’altra storia che vale la pena rac-contare. È quella di Ernesto, figlio di Giovanni, che per amore della cultura si batté in prima persona dando vita nel 1938, appena diciottenne, alla rivista “Corrente di Vita Giovanile”, una pub-blicazione che per due anni diede voce agli esponenti del panorama culturale che non si riconoscevano nella cultura fascista. Nel 1940, a causa di una stretta delle maglie del regime, Corrente non andò più in stampa, ma si trasformò in un movimento culturale di opposizio-ne, portando clandestinamente in Italia edizioni altrimenti trattenute oltre i confini nazionali. La nascita della Fon-

dazione Corrente è invece storia più re-cente: istituita nel 1978 per volere dello stesso Treccani, di sua moglie Lidia De Grada Treccani e di artisti e intellettuali amici da sempre come Vittorio Sereni, Alberto Lattuada, Mario Spinella e Ful-vio Papi, mira a incrementare lo studio del periodo di rinnovamento culturale che va dal movimento di Corrente al Realismo. Presidio culturale della città un tempo come oggi, la Fondazione non vuole solo ricordare un frammento di storia italiana e milanese, ma essere un polo attrattivo e di scambio di idee, così ogni anno sono diversi gli incontri che vi si tengono, dedicati a tematiche di attualità, alla filosofia politica, all’ur-banistica, alla letteratura, alla psicanali-si, al teatro, alla fotografia… Conosciu-ta anche come Casa delle Rondini, per via della composizione di piastrelle in ceramica dipinta dallo stesso Treccani, che ricopre la facciata della struttura, la Fondazione si trova in via Carlo Porta 5,

dove l’intellettuale visse e operò. Al suo interno l’ambiente si divide in tre parti: un piano seminterrato che ospita mo-stre (fino al 20 giugno Milano in Stand By, riflette sulle trasformazioni urbane, concentrandosi sugli scali ferroviari non più in uso in città); il piano terra che ospita l’archivio e i 7.500 volumi della biblioteca di Treccani; il piano superio-re con lo studio del pittore e alcune sue opere. Treccani incentrò sempre la sua pittura sul rapporto con il reale, in par-ticolar modo sulla natura, sui ritratti e sulla rappresentazione della città (sco-vate in due tele un vero luogo da Secret Milano, lo zoo di Porta Venezia, che chiuse nel 1992). Imperdibile Un popo-lo di volti, l’opera iniziata il giorno dei funerali delle vittime di piazza Fontana per rendervi omaggio e portata avanti nei successivi cinque anni. Ogni volto raffigura una persona conosciuta, in una sorta di diario delle esperienze e degli incontri dell’artista in quel periodo.

Si oppose al Fascismo e tra le sue fila gravitarono letterati, artisti e filosofi. Fu una rivista, poi un movimento e oggi è una Fondazione. Istituita da Ernesto Treccani, Corrente rappresenta un presidio culturale in città, dove ancora oggi come allora, scambi e confronto sono protagonisti

La Casa delle Rondini

di Elisa Zanetti

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night & restaurant: Al fresco Via Savona 50 Angolomilano Via Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Café Gorille Via De Castillia 20 Caffè Savona Via Montevideo 4 Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 3Jolie Via Induno 1

stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company

C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Fgf store Piazza xxv Aprile1 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Joost Via Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia Naviglio Grande 36 Open viale Monte Nero 6 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99

showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 AutoRigoldi Showroom Skoda Via Pecchio10 AutoRigoldi Showroom Volkswagen Via Novara 235 Bagutta Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s Who Via Serbelloni 7

beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Aspria Harbour Club Milano Via Cascina Bellaria 19 Caroli Health Club Via Senato 1Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 Virgin Active Milano Diaz Piazza Diaz 6

art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni 8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31

hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42

inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di Pre-Saint-Didier (AO)

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