coagulum report - marzo 2016

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EDITORIALE ARRIVA IN ITALIA IL PRIMO ANTIDOTO PER NAO: IDARUCIZUMAB COAGULUM report TRIMESTRALE - ANNO 3 - MARZO 2016 IL GIORNALE DELLA TROMBOSI ARTERIOSA E VENOSA FOCUS IL SULODEXIDE RIDUCE IL RISCHIO DI TROMBOSI VENOSA RICORRENTE FIBRILLAZIONE ATRIALE, ANGIOPLASTICA CORONARICA ED ANTICOAGULANTI ORALI: LA GESTIONE DELLA TERAPIA ANTITROMBOTICA L’ULCERA VENOSA: LINEE GUIDA DI TRATTAMENTO COMPRESSIVO E TERAPIA MEDICA REVIEW LA SICUREZZA GASTROINTESTINALE DEI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI (NAO) DATI RASSICURANTI DAGLI STUDI REAL LIFE SU DABIGATRAN

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Page 1: Coagulum Report - marzo 2016

EDITORIALEARRIvA In ITALIA IL pRImO AnTIDOTO pER nAO: IDARucIzumAb

COAGULUMreport

T r i m e s T r a l e - a n n o 3 - m a r z o 2 0 1 6

IL GIORNALE DELLA TROMBOSI ARTERIOSA E VENOSA

FOcuSIL SuLODExIDE RIDucE IL RISchIO

DI TROmbOSI vEnOSA RIcORREnTE

FIbRILLAzIOnE ATRIALE, AngIOpLASTIcA cOROnARIcA ED AnTIcOAguLAnTI ORALI: LA gESTIOnE

DELLA TERApIA AnTITROmbOTIcA

L’uLcERA vEnOSA: LInEE guIDA DI TRATTAmEnTO cOmpRESSIvO E TERApIA mEDIcA

REvIEWLA SIcuREzzA gASTROInTESTInALE DEI nuOvI AnTIcOAguLAnTI ORALI (nAO)Dati rassicuranti Dagli stuDi real life su Dabigatran

Page 2: Coagulum Report - marzo 2016

Effi cacia e Sicurezza d’Impiego(1,2)

Alfa Wassermann fa parte del Gruppo AlfasigmaDepo

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E’ online www.coagulumreport.it il Giornale della trombosi arteriosa e venosa

Coagulumreport.it è lo strumento multimediale, agile,sempre aggiornato di informazione

e facile consultazione per la pratica clinica delle malattie

della coagulazione e dei vasi sanguigni Cosa aspetti? Scopri coagulumreport.it

REVIEWTRATTAMENTO DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

NEI PAZIENTI CON CANCRO

COAGULUMreport

T R I M E S T R A L E - A N N O 2 - D I C E M B R E 2 0 1 5

IL GIORNALE DELLA TROMBOSI ARTERIOSA E VENOSA

FOCUSSINDROME POST-TROMBOTICA

SULODEXIDE, OPZIONE NELLA GESTIONE A LUNGO TERMINE

DEL PAZIENTE POST-TROMBOTICO

DOPO SOSPENSIONE DELLA TERAPIA ANTICOAGULANTE

INSEGNARE LA MEDICINA DEL CUORE E DEI VASI CON

TECNICHE DI SIMULAZIONE

ULCERA VASCOLARE:

DEFINIZIONE, DIAGNOSI, SEGNI CLINICI

IL PUNTODALLA DIAGNOSI ALLA TERAPIA:

TROMBOSI VENOSA PROFONDA

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N N O 2 - D I C E M B R E 2 0 1 5

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N N O 2 - D I C E M B R E 2 0 1 5

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N N O 2 - D I C E M B R E 2 0 1 5

ASCOLAASCOLAASCOLAASCOLAASCOLARERE: REASCOLAN CL CL CLINICI CLI

Coagulumreport.it è diventato negli ultimimesi il leader dei portali

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Page 4: Coagulum Report - marzo 2016

N° 5 - Marzo 2016Registrazione n. 403 del 19-12-2014 - Trib. Milano

Direttore ResponsabileEnzo Alessandrini Biondi

Comitato ScientificoPier Luigi AntignaniGiuseppe Di PasqualeAugusto Zaninelli

Medifarma Web Edizioni ScientificheVia Varazze, 220148 MilanoTel. 02/48102439 ra

©Medifarma Web, marzo 2016Tutti i diritti di traduzione, adattamento parziale o totale con qualsiasi mezzo (compresi microfilm, copie fotostatiche e xerografiche) sono riservati.

Coagulum report - giugno 20152

SOMMARIOCOAGULUMreport

editoriale 3ArrivA in itAliA il primo Antidoto per nAo: idArucizumAbGiuseppe Di Pasquale, Letizia Riva, Silvia Zagnoni

reVieW 9lA sicurezzA gAstrointestinAle dei nuovi AnticoAgulAnti orAli (nAo)dati rassicuranti dagli studi real life su dabigatranLeonardo Calò, Marco Rebecchi

FoCUS 19il sulodexide riduce il rischio di trombosi venosA ricorrenteAugusto Zaninelli

FoCUS 24fibrillAzione AtriAle, AngioplAsticA coronAricA ed AnticoAgulAnti orAli: lA gestione dellA terApiA AntitromboticA Andrea Rubboli, Silvia Zagnoni, Giuseppe Di Pasquale

FoCUS 31l’ulcerA venosA: linee guidA di trAttAmento compressivo e terApiA medicAFabrizio Mariani

NeWS dal MoNdo Nao 38notizie di AggiornAmento sui nuovi AnticoAgulAnti orAli A cura della Redazione

Page 5: Coagulum Report - marzo 2016

Coagulum report - marzo 2016 3

EDITORIALECOAGULUMreport

Giuseppe Di Pasquale, Letizia Riva, Silvia ZagnoniUnità Operativa di Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna

I nuovi anticoagulanti orali (NAO) hanno rivolu-zionato il trattamento della fibrillazione atriale e della trombosi venosa profonda - embolia

polmonare. I vantaggi dei NAO sono rappresen-tati dall’efficacia almeno sovrapponibile a quella del warfarin, dalla maggiore sicurezza in termini di riduzione delle emorragie maggiori ed in par-ticolare dell’emorragia cerebrale, dalla praticità di impiego che prevede un dosaggio fisso e la non necessità del monitoraggio laboratoristico dell’attività anticoagulante (1).Il dabigatran, inibitore diretto orale della trombi-na, rappresenta il capostipite dei NAO essendo ormai trascorsi sei anni dall’introduzione negli USA ed in Europa e quasi tre anni dalla sua intro-duzione in Italia nel Giugno 2013.Nonostante i numerosi vantaggi dei NAO rispet-to al vecchio warfarin persistono ancora alcune remore riguardo il loro utilizzo ed una di queste è rappresentata dalla mancanza di un antidoto in caso di emergenza. In realtà nella pratica clinica sono sempre sta-ti utilizzati con tranquillità farmaci anticoagulanti che non possiedono un antidoto (eparine a bas-so peso molecolare, fondaparinux, bivalirudina) (Tabella). Gli antagonisti della vitamina K pos-siedono invece un antidoto, che è rappresen-

tato dai concentrati di complessi protrombinici (PCC) attivati o non attivati. I PCC ed il fattore VII ricombinante sono spesso utilizzati in caso di sanguinamenti non controllati o potenzialmente fatali in corso di terapia con NAO, ma non co-stituiscono un antidoto, non essendo approvati per tale specifico utilizzo in considerazione del fatto che i dati di efficacia e sicurezza sono limi-tati (2). Per questo motivo l’arrivo anche in Italia di idarucizumab, che inattiva in maniera specifica il dabigatran assume una particolare importanza. Idarucizumab è un frammento di anticorpo mo-noclonale umanizzato (Fab), che si lega con al-tissima affinità a dabigatran, con un legame circa 300 volte più potente dell’attività di legame di dabigatran per la trombina (Fig.1). Idarucizumab inattiva pertanto il dabigatran circolante e il dabi-gatran già legato alla trombina, neutralizzandone completamente l’effetto anticoagulante. Il com-plesso idarucizumab-dabigatran è caratterizzato da un’associazione rapida e da una dissocia-zione estremamente lenta, che lo rendono un complesso molto stabile. Non interferendo con la cascata coagulativa non determina effetti pro-trombotici (3,4). L’uso di un frammento anticor-pale umanizzato invece di una molecola anticor-pale intera si associa ad una più bassa emivita e

arriva in italia il primo antidoto per Nao: idarucizumab

Farmaco  an)coagulante An)doto

Warfarin Concentra,  di  Complessi  Protrombinici

Eparina  non  frazionata Solfato  di  Protamina

Eparine  a  basso  peso  molecolare Non  disponibile

Fondaparinux Non  disponibile

Bivalirudina Non  disponibile

Tabella.Farmacianticoagulantidicomuneimpiegoerispettiviantidoti.

tabella - Farmaci anticoagulanti di comune impiego e rispettivi antidoti

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Coagulum report - marzo 20164

ad un ridotto rischio di reazioni immunologiche. Nel 2015 dapprima FDA negli USA, successiva-mente EMA in Europa e poi AIFA in Italia han-no espresso parere favorevole all’immissione in commercio di idarucizumab come inattivatore specifico per dabigatran, in caso di necessità di rapida inattivazione dell’effetto anticoagulante

(5). Idarucizumab è indicato nei pazienti in tera-pia con dabigatran in presenza di sanguinamenti non controllati o potenzialmente fatali e nei pa-zienti che devono essere sottoposti a interventi chirurgici o procedure invasive in emergenza/urgenza (6).

evidenza di efficacia e sicurezza di idarucizumabIdarucizumab è stato inizialmente testato in vo-lontari sani in tre studi di fase I che complessiva-mente hanno coinvolto quasi 300 soggetti: gio-vani con normale funzione renale (7,8), anziani di età 65-80 anni e volontari di età 45-80 anni con insufficienza renale di grado lieve o moderata (9). La somministrazione di idarucizumab ha prodotto in tutti i casi un “reversal” immediato e completo dell’effetto anticoagulante del dabigatran senza effetti procoagulanti. Successivamente a questi risultati è stato pianificato uno studio prospettico di fase III, RE-VERSE AD, attualmente in corso per valutare il trattamento con idarucizumab in pazienti che presentano sanguinamento poten-zialmente fatale o non controllato (Gruppo A) e in pazienti per i quali si rendono necessari interven-ti chirurgici o procedure invasive in emergenza/urgenza (Gruppo B) (10). Lo studio completerà il reclutamento nel 2016 con l’obiettivo di includere complessivamente circa 500 pazienti provenienti da 400 centri a livello internazionale. I risultati dei

Fig.1LegametraIdarucizumabeDabigatran. DaSchieleF et al.3

Dabigatran

Idarucizumab

Figura 1 - legame tra idarucizumab e dabiga-tran. (da Schiele F et al. 3)

GruppoB  (n=39)

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1h 2h 4h 12h 24hBaseline 10-­‐30min

Tempo    dall‘infusione  di  idarucizumab

0

1h 2h 4h 12h 24hBaseline 10-­‐30min

Tempo  dall‘infusione  di  idarucizumab

1500

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Idarucizumab

2x  2.5  g

Idarucizumab

2x  2.5  g

GruppoA(n=51)

Fig. 2AndamentotemporaledelleconcentrazioniplasmatichediDabigatranprima edopoinfusionediIdarucizumabinsoggetticonsanguinamentopotenzialmentefatale o noncontrollato(A) e

insoggetticonnecessitàdichirurgiao procedure invasive inemergenza/urgenza(B). Da Pollack C et al.11

Dabi

gatr

anno

n  le

gato

 alla

trom

bina

(ng/

mL)

Figura 2 - andamento temporale delle concentrazioni plasmatiche di dabigatran prima e dopo infu-sione di idarucizumab in soggetti con sanguinamento potenzialmente fatale o non controllato (a) ein soggetti con necessità di chirurgia o procedure invasive in emergenza/urgenza(B). (da Pollack C et al.11)

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Coagulum report - marzo 2016 5

primi 90 pazienti arruolati nello studio RE-VERSE AD sono stati pubblicati in Giugno 2015 sul New England Journal of Medicine e sulla base di essi l’idarucizumab è stato approvato con procedura “fast-track” da parte delle agenzie regolatorie del farmaco. L’endpoint primario dello studio RE-VERSE AD è il grado di inattivazione dell’effetto anticoagu-lante di dabigatran ottenuto con idarucizumab al dosaggio di 5 grammi nelle quattro ore suc-cessive alla sua infusione e misurato dal tempo di trombina diluito (dTT) o del tempo di ecarina (ECT) effettuati dal laboratorio centralizzato. Un endpoint secondario rilevante è il ripristino dell’e-mostasi. L’idarucizumab viene somministrato per via endovenosa tramite 2 infusioni in bolo di 50 ml contenenti ciascuna 2.5 grammi di Fab a distanza di 15 minuti l’una dall’altra. I risultati dell’analisi “ad interim” hanno riportato una me-diana di massima percentuale di inattivazione del dabigatran nei pazienti del Gruppo A ed in quelli del Gruppo B del 100% entro pochi minuti e non oltre un massimo di 4 ore dall’infusione, con livelli di coagulazione normali nel 90% circa dei sog-getti arruolati (11) (Fig.2-4). Un dato importante da sottolineare è che la som-ministrazione di idarucizumab non ha comporta-

to reazioni avverse sia negli studi di fase I che nel RE-VERSE AD ed in particolare a differenza dei PCC non ha provocato effetti protrombotici. Inol-tre non ha determinato immunogenicità: anticor-pi anti-idarucizumab, a basso titolo, sviluppati a seguito del trattamento sono stati osservati nel 4% dei soggetti trattati, suggerendo un basso potenziale immunogenico. Infine occorre ricordare che idarucizumab è do-tato di una breve emivita e viene escreto preva-lentemente per via renale. Pertanto già 24 ore dopo l’infusione, l’eventuale risomministrazione di dabigatran determina l’attività anticoagulante attesa.

considerazioni praticheLa disponibilità nella pratica clinica di idarucizu-mab, antidoto per il dabigatran, costituisce per il medico un ulteriore punto di forza nella scelta del trattamento anticoagulante per la prevenzio-ne dell’ictus e delle embolie sistemiche nei pa-zienti con fibrillazione atriale e tromboembolismo venoso (12). Gli studi di fase III relativi all’antidoto per i NAO inibitori del fattore Xa sono in corso ed è verosi-mile che entro alcuni anni avremo anche la dispo-nibilità dell’antidoto per rivaroxaban, apixaban

Limite  superiore

del  valore  di

normalità

Idarucizumab

2x  2.5  g

Idarucizumab

2x  2.5  g

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1h 2h 4h 12h 24hBaseline 10–30min

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1h 2h 4h 12h 24hBaseline 10–30min

Tempo dall‘infusione di idarucizumab

100

Fig.3Andamentotemporaledel tempo ditrombinadiluito(dTT) e del tempo diecarina(ECT) prima

edoposomministrazionediIdarucizumabinsoggetticonsanguinamentopotenzialmentefatale o noncontrollato.DaPollack C et al.11

Figura 3 - andamento temporale del tempo di trombina diluito (dtt) e del tempo di ecarina (eCt) prima e dopo somministrazione di idarucizumab in soggetti con sanguinamento potenzialmente fatale o non controllato. (da Pollack C et al.11)

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EDITORIALECOAGULUMreport

Coagulum report - marzo 20166

ed edoxaban. Sono infatti in corso studi di fase III con Andexanet alfa (Andexanet) che è una sorta di fattore Xa ricreato in laboratorio, modi-ficato attraverso l’inserimento di una mutazione nel suo sito catalitico, che ne abolisce l’attività anticoagulante. Questo fa sì che i NAO inibitori del fattore Xa circolanti leghino con forte affini-tà questa molecola anziché il fattore Xa, inter-rompendo l’effetto anticoagulante. Uno studio di fase 2 controllato con placebo condotto su 101 volontari sani ha dimostrato l’efficacia di Andexa-net nell’antagonizzare l’effetto anticoagulante di apixaban e rivaroxaban entro pochi minuti dalla sua somministrazione (13).E’ in corso anche lo sviluppo di un altro anti-doto universale (Ciraparantag, PER977), che in studi di fase I e II sembra neutralizzare l’effetto anticogulante non solo degli inibitori diretti della trombina e degli inibitori del fattore Xa, ma anche dell’eparina non frazionata e delle eparine a bas-so peso molecolare (14). E’ difficile oggi prevedere quale sarà il reale uti-lizzo di idarucizumab nella pratica clinica. I centri partecipanti allo studio RE-VERSE AD hanno ar-ruolato meno di un paziente per anno, ma que-sto avviene spesso negli studi clinici, dove ven-gono arruolati solo una piccola parte dei pazienti

effettivamente eleggibili. Occorre considerare anche il fatto che con i NAO i sanguinamenti, in particolare quelli intracranici e quelli minacciosi per la vita, risultano meno frequenti (15) e l’im-piego dell’antidoto è raccomandato solo in caso di emorragie non controllate o potenzialmente fatali. E’ possibile comunque che nella pratica clinica il numero di pazienti trattati con idarucizumab sarà significativamente maggiore rispetto a quel-lo dei pazienti ritenuti eleggibili nel RE-VERSE AD considerando il crescente numero di pazienti in trattamento con NAO, che potrebbero avere ne-cessità di chirurgia o procedure invasive in emer-genza/urgenza. Come tutti gli anticorpi monoclonali l’idarucizu-mab ha un costo significativo, che dovrebbe essere di circa Euro 2.500 per trattamento, per cui è legittimo porsi il problema della sostenibili-tà economica per il Servizio Sanitario Nazionale. Un’analisi recente di “budget impact” ha analiz-zato i costi complessivi (procedure diagnostiche, ospedalizzazioni, terapia con i fattori della coa-gulazione) per la gestione dei pazienti in terapia anticoagulante con dabigatran che presentano sanguinamenti non controllati o che richiedo-no interventi chirurgici di emergenza/urgenza,

Idarucizumab

2x  2.5  g

Idarucizumab

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Tempo dall‘infusione di idarucizumab

EC

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1h 2h 4h 12h 24hBaseline 10–30min

Tempo dall‘infusione di idarucizumab

100

Fig.4Andamentotemporaledel tempo ditrombinadiluito(dTT) e del tempo diecarina(ECT) prima edoposomministrazionediIdarucizumabinsoggetticonnecessitàdichirurgiao procedure

invasive inemergenza/urgenza.DaPollack C et al.11

Limite  superiore

del  valore  di

normalità

Figura 4 - andamento temporale del tempo di trombina diluito (dtt) e del tempo di ecarina (eCt) prima e dopo somministrazione di idarucizumab in soggetti con necessità di chirurgia o procedureinvasive in emergenza/urgenza. (da Pollack C et al.11)

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Coagulum report - marzo 2016 7

confrontando uno scenario corrispondente alla pratica clinica corrente con uno scenario con-seguente all’introduzione di idarucizumab (16). L’analisi ha evidenziato che il costo di gestione degli eventi di sanguinamento non controllato o potenzialmente fatale risulta minore nello scena-rio in cui si ipotizza l’uso di idarucizumab, con un risparmio variabile tra il 5% ed il 18% in funzione del tipo di evento (sanguinamento gastrointesti-

nale, intracranico o altro).In conclusione, riteniamo che l’attuale disponi-bilità di idarucizumab, antidoto per il dabigatran, possa contribuire a superare una delle remore residue per l’utilizzo dei NAO, rendendo auspica-bilmente disponibile la profilassi tromboembolica ad un maggiore numero di pazienti con fibrillazio-ne atriale o trombosi venosa profonda-embolia polmonare.

BiBlioGraFia1. Di Pasquale G, Riva L. Profilassi cardioembolica 2011:

siamo vicini al tramonto del warfarin? G Ital Cardiol 2011;12(9):556-65

2. Heidbuchel H, Verhamme P, Alings M et al. European Heart Rhythm Association. European Heart Rhythm As-sociation Practical Guide on the use of new oral antico-agulants in patients with non-valvular atrial fibrillation. Europace 2013;15(5):625-51

3. Schiele F, van Ryn J, Canada K et al. A specific antidote for dabigatran: functional and structural characteriza-tion. Blood 2013;121(18):3554-62

4. Praxbind® (Idarucizumab) Summary of Product Char-acteristics. Ingelheim am Rhein, Germany: Boehringer Ingelheim International GmbH; 2015

5. Burness CB. Idarucizumab: First Global Approval. Drugs 2015;75:2155-61

6. Heidbuchel H, Verhamme P, Alings M et al. Updated European Heart Rhythm Association Practical Guide on the use of non-vitamin K antagonist anticoagulants in patients with non-valvular atrial fibrillation. Europace 2015;17(10):1467-507

7. Glund S, Moschetti V, Norris S et al. A randomised study in healthy volunteers to investigate the safety, tolerability and pharmacokinetics of idarucizumab, a specific anti-dote to dabigatran. Thromb Haemost 2015;113(5):943-51

8. Glund S, Stangier J, Schmohl M et al. Safety, tolerabil-ity, and efficacy of idarucizumab for the reversal of the anticoagulant effect of dabigatran in healthy male volun-teers: a randomised, placebo-controlled, double-blind phase 1 trial. Lancet 2015;386(9994):680-90

9. Glund S, Stangier J, Schmohl M et al. Idarucizumab, a specific antidote for dabigatran: immediate, complete and sustained reversal of dabigatran induced antico-agulation in elderly and renally impaired subjects. Blood 2014;124:abstract 344

10. Pollack CV Jr, Reilly PA, Bernstein R et al. Design and rationale for RE-VERSE AD: a phase 3 study of Idaruci-zumab, a specific reversal agent for dabigatran. Thromb Haemost 2015;114(1):198-205

11. Pollack CV Jr, Reilly PA, Eikelboom J et al. Idarucizumab for Dabigatran Reversal. N Engl J Med 2015;373(6):511-20

12. Eikelboom JW, Quinlan DJ, van Ryn J, Weitz JI. Idaruci-zumab: The Antidote for Reversal of Dabigatran. Circu-lation 2015;132:2412-22

13. Siegal DM, Curnutte JT, Connolly SJ et al. Andexanet Alfa for the Reversal of Factor Xa Inhibitor Activity. N Engl J Med 2015;373:2413-24

14. Hu TY, Vaidya VR, Asirvatham SJ. Reversing antico-agulant effects of novel oral anticoagulants: role of ci-raparantag, andexanet alfa and idarucizumab. Vasc Health Risk Manag 2016;12:35-44

15. Ruff C, Giugliano RP, Braunwald E et al. Comparison of the efficacy and safety of new oral anticoagulants with warfarin in patients with atrial fibrillation: a meta-analysis of randomised trials. Lancet 2014;383:955-62

16. Belisari A, Di Pasquale G, Fresco C et al. Analisi di im-patto sul budget SSN dell’impiego di idarucizumab nelle situazioni di emergenza in pazienti in trattamento anti-coagulante con dabigatran etexilato in Italia. Farmeco-nomia, Health economicas and therapeutic pathways; 17 (2): 47-58

Page 10: Coagulum Report - marzo 2016

EDITORIALECOAGULUMreport

Coagulum report - marzo 20168

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Coagulum report - marzo 2016 9

Leonardo Calò, Marco RebecchiAritmologia Clinica ed Interventistica, Policlinico Casilino, ASL Roma 2

iNtrodUZioNeL’utilizzo clinico dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) - dabigatran, inibitore orale diretto della trombina e rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, inibitori orali diretti del fattore Xa - ha rappresen-tato un grande avanzamento nella prevenzione dell’ictus ischemico nei pazienti affetti da fibrilla-zione atriale non valvolare e nella cura/prevenzio-ne dell’embolia polmonare.Nonostante l’acclarato profilo di sicurezza di tali farmaci, persistono ancora alcuni dubbi e timori sulla sicurezza dal punto di vista dei sanguina-menti gastrointestinali (GI), maggiori e minori, de-rivanti dal loro impiego. In questa revisione si analizzano i dati disponibili su questo specifico aspetto, desunti dai quattro grandi trial di fase III (trial clinici randomizzati con-trollati, RCT) che hanno portato alla registrazione delle molecole citate e dagli studi osservazionali prospettici o retrospettivi o basati su dati di regi-stro (definiti real life) i quali, nel complesso, forni-scono una visione dell’effettivo uso nella pratica clinica dei vari farmaci.

dati deGli StUdi CliNiCi di FaSe iiiI quattro NAO attualmente disponibili hanno ot-tenuto l’autorizzazione all’immissione in com-mercio, come di prassi, dopo avere sottoposto al corrispettivo ente regolatorio (l’FDA negli USA, l’EMA in Europa), una documentazione attestan-te la non inferiorità clinica rispetto al warfarin in termini di efficacia nel ridurre il rischio di ictus ed embolie sistemiche nei pazienti affetti da FA non valvolare (apixaban e dabigatran 150 mg bid sono i soli ad aver dimostrato la superiori-tà rispetto al warfarin sull’end point primario). Warfarin, infatti, pur essendo una molecola di uso ampio e consolidato, presenta limiti deter-minati soprattutto dalle molteplici interazioni che

impongono la necessità di un monitoraggio co-stante dei parametri della coagulazione e di fre-quenti aggiustamenti della dose. Relativamente alla riduzione del rischio di ictus ischemico (obiettivo della terapia anticoagulante) nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare, dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban sono risultati non inferiori (dabigatran 150 mg bid è l’unico risultato superiore al warfarin). Tutti sono risultati più sicuri nel ridurre il rischio di emorragie intracraniche. Più articolata è la questione relati-va ai dati riguardanti il rischio di emorragie GI, sia per la diversità dei risultati ottenuti da ogni mole-cola sia per i molteplici fattori che influiscono su questo evento (la scelta del dosaggio, la selezione del paziente, il sesso e l’età del soggetto trattato, la durata del trattamento, solo per citarne alcuni).Di seguito si riporta una sintesi degli RCT di fase III che hanno portato alla registrazione di dabiga-tran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban (rispet-tivamente gli studi RE-LY,(1-2) ROCKET AF (3) ARISTOTLE (4), ed ENGAGE AF-TIMI 48 (5), con focalizzazione sui dati di sicurezza GI.

lo StUdio re-lY (1-2)

In questo studio, pubblicato nel 2009, gli auto-ri hanno assegnato 18.113 pazienti con FA non valvolare e rischio di ictus a ricevere in cieco da-bigatran a dose fissa (110 mg o 150 mg bid) o in aperto una dose aggiustata di warfarin. Gli arruo-lati sono stati seguiti per un periodo medio di 2 anni e l’outcome primario era costituito da ictus o embolia sistemica.

Dabigatran 150 mg, rispetto a warfarin, ha fatto registrare tassi annuali:  • inferiori di ictus ed embolia sistemica (1,11%

vs 1,71%);• inferiori di ictus emorragico (0,10% vs 0,38%);

la sicurezza gastrointestinale dei nuovi anticoagulanti orali (Nao)

dati rassicuranti dagli studi real life su dabigatran

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Page 12: Coagulum Report - marzo 2016

FOCUSCOAGULUMreport

Coagulum report - marzo 201610

• inferiori di mortalità (3.64% vs 4.13%);• simili di sanguinamenti maggiori (3,32% vs

3,57%).Ai pazienti trattati con dabigatran 110 mg bid sono risultati associati a tassi annuali:• simili di ictus ed embolia sistemica rispetto a

quelli dei pazienti del gruppo warfarin (1,54% vs 1,71%)

• inferiori di emorragie maggiori (2,87% vs 3,57%).

• inferiori di ictus emorragico (0.12% vs 0.38%).• Inferiori di mortalità (3,75% vs 4,13%). Analizzando più in dettaglio, i tassi dei sangui-namenti maggiori riferiti al tratto gastrointestinale sono risultati pari a 1,07% per anno nel gruppo warfarin e a 1,15% e 1,56% rispettivamente nei gruppi dabigatran 110 mg e 150 mg. (1,2) A tale proposito occorre fare un’importante precisazio-ne: la somministrazione di dabigatran si associa a tassi di sanguinamento GI simili a quelli di war-farin quando la dose prescritta è in accordo al rischio individuale del paziente (come vedremo più avanti), a differenza dello studio RE-LY che, essendo randomizzato, assegnava i dosaggi di dabigatran indipendentemente dalle caratteristi-che del paziente.In particolare, un’analisi post-hoc dello studio RE-LY (6) ha dimostrato che, applicando le rac-

Figura 1 – risultati di sicurezza dello studio re-lY secondo applicazione del riassunto delle caratteristi-che del prodotto (rCP) europeo (tratto da lip GYH et al, 2014).

Dabigatran secondo RCP europea (n=5981)

Warfarin (n=5998)

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Tass

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r 100

per

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/ann

o

Sanguinamenti maggiori

Sanguinamenti GI Emorragie intracraniche

3.02 3.55

1.28 1.751.29 1.04

0.220.77

17.53

P<0.0001

19.75

Ogni tipo di sanguinamento

Sanguinamenti pericolosiper la vita

P<0.0001P=0.1046P=0.0049

P=0.0290

Sang

uina

men

ti m

aggi

ori G

I (%

)

3,53

2,52

1,51

0,50

Rivaroxaban Warfarin

Analisi Numerodi pazienti

Numerodi eventi

Incidenza dieventi/100.000giorni a rischio

Numerodi pazienti

Numerodi eventi

Incidenza dieventi/100.000giorni a rischio

Richiestadiagnosi

di FA

10.599 16 1.6 43.541 160 3.5

Dabigatran Warfarin

Sanguinamenti GI

Richiestadiagnosi

di FA

10.587 8 0.8 43.594 109 2.4

Sanguinamenti intracranici

tabelle ok:Layout 1 22/04/16 12.44 Pagina 1

comandazioni di trattamento riportate nel rias-sunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) di dabigatran utilizzato nella Comunità Europea, evitando così sia sovratrattamenti sia di sotto-trattamenti, rispetto a warfarin si osserva una si-gnificativa riduzione di:- sanguinamenti maggiori- sanguinamenti pericolosi per la vita- - emorragie intracraniche (ICH) - sanguinamenti di qualsiasi tipo.Il rischio sanguinamenti GI risulta non significativa-mente aumentato rispetto al warfarin (vedi fig. 1).

Dall’analisi di Lip emerge dunque che nella po-polazione del RE-LY, simulando il trattamento con dabigatran secondo le indicazioni europee, il beneficio clinico netto risulta significativamentemigliore con dabigatran rispetto a warfarin (6). In Europa la dose giornaliera raccomandata di Pradaxa è di 150 mg bid ed è raccomandato l’impiego della dose da 110 mg bid in pazienti di età pari o superiore a 80 anni, in terapia con verapamil o ad alto rischio di sanguinamento ne-gli USA, al contrario, è commercializzato solo il dosaggio da 150 mg bid e il dosaggio 75 mg bid per i pazienti con CLCr < 30ml/min (in Europa il trattamento dei pazienti con CLCr <30ml/min è controindicato)

REVIEWCOAGULUMreport

Page 13: Coagulum Report - marzo 2016

Coagulum report - marzo 2016 11

lo StUdio roCKet aF3

Nel 2011 sono pubblicati i risultati del ROCKET AF (3). Nello studio in doppio cieco sono sta-ti arruolati 14.264 pazienti con FA non valvolare a rischio aumentato di ictus, assegnati in modo randomizzato a ricevere rivaroxaban (alla dose giornaliera di 20 mg) oppure una dose aggiusta-ta di warfarin. Anche in questo caso l’endpoint primario era rappresentato da ictus o embolia sistemica.Al termine dello studio, rivaroxaban è risultato non inferiore a warfarin nella prevenzione dell’ic-tus o dell’embolia sistemica, sia all’analisi prima-ria per-protocol (rispettivamente 1,7% vs 2,2% per anno) sia in quella intention-to-treat (2,1% vs 2,4% per anno). Non si sono rilevate differen-ze significative tra gruppi in termini di rischio di sanguinamento maggiore o non maggiore clini-camente significativo (14,9 vs 14,5% per anno) ma si sono registrate significative riduzioni di ICH (0,5% vs 0,7%) e di emorragie fatali (0,2% vs 0,5%) nel gruppo rivaroxaban. In merito ai sanguinamenti maggiori, questi sono stati signi-ficativamente più frequenti nel gruppo rivaroxa-ban rispetto al gruppo warfarin (3,2% vs 2,2%; P<0.001) (3). (Fig.2)

Sull’aumento degli episodi di sanguinamento GI nei pazienti con AF trattati con rivaroxaban rispetto a warfarin nel trial ROCKET AF confer-me provengono da una sottoanalisi dello studio ROCKET AF uno studio specifico (7) che ana-lizza più a fondo i dati. Si sottolinea che, senza differenze tra i bracci di trattamento, gli episodi di sanguinamento GI erano più frequenti in soggetti più anziani (età media: 75 anni) e meno comuni nelle donne. Si è poi osservato, un tasso signifi-

cativamente superiore di sanguinamento clinico GI maggiore o non maggiore nei pazienti trattati con rivaroxaban rispetto a warfarin (3,61 even-ti/100 paziente-anno vs 2,60 eventi/100 pazien-te-anno; hazard ratio: 1,42). Simili invece sono stati i tassi di sanguinamento GI severo e rari gli eventi emorragici GI fatali in entrambi i bracci.(7)

lo StUdio ariStotle4

In questo studio randomizzato in doppio cieco gli autori hanno confrontato apixaban (alla dose di 5 mg bid) con warfarin in una popolazione di 18.201 pazienti con FA e almeno un fattore di rischio aggiuntivo per ictus (4). L’outcome prima-rio era costituito da ictus o embolia sistemica. La durata media del follow-up è stata di 1,8 anni. Ri-guardo al tasso dell’outcome primario, questo si è attestato a 1,27% per anno nel gruppo apixa-ban rispetto a 1,60% nel gruppo warfarin. Anche il tasso di sanguinamento maggiore è risultato inferiore con apixaban rispetto a warfarin (rispet-tivamente 2,13% vs 3,09% per anno) e così pure il tasso di mortalità per tutte le cause (3,52% vs 3,94% per anno). Inoltre il tasso di ictus emorra-gico si è attestato a 0,24% per anno nei pazienti trattati con apixaban rispetto a 0,47% nei pa-zienti del gruppo warfarin. Infine il tasso di ictus ischemico o di incerta classificazione è stata di 0,97% per anno nel gruppo apixaban e di 1,05% per anno nel gruppo warfarin (differenza non sta-tisticamente significativa P= 0,42).In merito al tasso di sanguinamenti GI, la riduzio-ne non è significativa (apixaban 0,76% vs warfa-rin 0,86% per anno; HR: 0,89; p 0,37)

lo StUdio eNGaGe aF-tiMi 485

Anche per edoxaban, il NAO di più recente intro-duzione, è stato condotto uno studio randomiz-zato in doppio cieco che ha messo a confronto due regimi once-daily di edoxaban con warfarin in 21.105 pazienti con FA a rischio da moderato ad alto (5). Il follow-up mediano è stato di 2,8 anni. L’endpoint primario di efficacia era costi-tuito da ictus o embolia sistemica. Ogni regime di edoxaban è stato testato per non inferiorità ri-spetto a warfarin durante il periodo di trattamen-to. Il principale endpoint di sicurezza era rappre-sentato dal sanguinamento maggiore.Entrambi i regimi di edoxaban (30 mg e 60 mg) sono risultati non inferiori a warfarin in termini di prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemi-ca (tassi annualizzati, rispettivamente: 1,61%, 1,18%, 1,50%). Il tasso annualizzato di sanguinamento maggio-

Dabigatran secondo RCP europea (n=5981)

Warfarin (n=5998)

25

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Tass

o an

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Sanguinamenti maggiori

Sanguinamenti GI Emorragie intracraniche

3.02 3.55

1.28 1.751.29 1.04

0.220.77

17.53

P<0.0001

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Ogni tipo di sanguinamento

Sanguinamenti pericolosiper la vita

P<0.0001P=0.1046P=0.0049

P=0.0290

Sang

uina

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I (%

)

3,53

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Rivaroxaban Warfarin

Analisi Numerodi pazienti

Numerodi eventi

Incidenza dieventi/100.000giorni a rischio

Numerodi pazienti

Numerodi eventi

Incidenza dieventi/100.000giorni a rischio

Richiestadiagnosi

di FA

10.599 16 1.6 43.541 160 3.5

Dabigatran Warfarin

Sanguinamenti GI

Richiestadiagnosi

di FA

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Sanguinamenti intracranici

tabelle ok:Layout 1 22/04/16 12.44 Pagina 1

Figura 2 – eventi di sanguinamento maggiore con rivaroxaban rispetto a warfarin nel trial roCKet aF P<0.001. (tratto da Patel Mr et al, 2011)

Page 14: Coagulum Report - marzo 2016

FOCUSCOAGULUMreport

Coagulum report - marzo 201612

re è risultato di 3,43% con warfarin rispetto a 2,75% con edoxaban ad alta dose (P<0,001) e a 1,61% con edoxaban a bassa dose (P<0,001). In particolare il tasso annualizzato di sanguina-mento GI maggiore è stato più elevato con edo-xaban ad alta dose rispetto a warfarin (1,51% vs 1,23%) mentre è stato inferiore con edoxaban a basso dosaggio (0,82%). Significativamente inferiori, inoltre, sono risultati i tassi annualizzati di mortalità per cause cardio-vascolari (3,17% con warfarin vs 2,74% e 2,71% con le dosi, rispettivamente, alta e bassa di edo-xaban).

dati dalla real liFeCome è noto, la necessità imposta dall’evidence based medicine di dimostrare i benefici e la sicu-rezza di un farmaco attraverso gli RCT, compor-ta una accurata selezione dei pazienti arruolati negli studi clinici dai quali sono spesso esclusi soggetti più anziani o con comorbilità, i quali invece costituiscono una componente rilevante nella pratica clinica quotidiana. Di qui l’esigenza, sempre più frequente negli ultimi anni, di condur-re studi osservazionali prospettici o retrospettivi di fase IV o analisi di dati di registro per avere informazioni relative alla real life.Sotto questo profilo, la molecola che offre il maggior numero di dati è dabigatran, con un follow-up complessivo che attualmente supera i 6 anni. I dati disponibili, tratti principalmente da database amministrativi, provengono dagli Stati Uniti e dai Paesi europei in cui i NAO hanno avu-to una diffusione più rapida rispetto all’Italia. A

dimostrazione di quanto la casistica real life su dabigatran sia numericamente molto superiore rispetto a quella di qualsiasi altro NAO è suffi-ciente citare gli oltre 270.000 soggetti valutati in questo tipo di studi sempre di confronto verso il warfarin. Una cifra che da sola rende conto della robustezza dei risultati emersi.

il reGiStro MiNi SeNtiNel8

Subito dopo l’immissione in commercio di da-bigatran negli Stati Uniti è stata la stessa FDA a richiedere un studio di sicurezza (Mini Sentinel Pilot), della durata di 12 mesi, incentrato sulla re-ale incidenza dei sanguinamenti GI e delle ICH in pazienti affetti da FA non valvolare mai trattati in precedenza con dabigatran né con warfarin (nuovi utilizzatori). L’analisi è stata condotta sulla scorta di dati amministrativi e provenienti dalle assicurazioni sanitarie nel contesto della Sentinel Initiative, un vasto sistema di farmacosorveglian-za, considerando il periodo di tempo compreso tra l’ottobre del 2010 e il dicembre del 2011.In relazione alle emorragie GI, i risultati pubblica-ti nel 2013 hanno documentato una loro minore incidenza nei pazienti trattati con dabigatran ri-spetto a quello in trattamento con warfarin (1,6% vs 3,5%). È stata inoltre confermata la minore in-cidenza di ICH rispetto a warfarin (0,85 vs 2,4%). (8) ( vedi tab.1).

il reGiStro MediCare9

Un’ulteriore conferma al favorevole profilo ri-schio/beneficio del dabigatran emerso dal RE-LY è stata offerta dallo studio indipendente dell’FDA

tabella 1 – Sanguinamenti Gi e intracranici nei nuovi pazienti trattai con dabigatran e warfarin. Mini-Sentinel database. (tratto da Southworth Mr et al, 2013) (8)

Dabigatran secondo RCP europea (n=5981)

Warfarin (n=5998)

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Tass

o an

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e pe

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Sanguinamenti maggiori

Sanguinamenti GI Emorragie intracraniche

3.02 3.55

1.28 1.751.29 1.04

0.220.77

17.53

P<0.0001

19.75

Ogni tipo di sanguinamento

Sanguinamenti pericolosiper la vita

P<0.0001P=0.1046P=0.0049

P=0.0290

Sang

uina

men

ti m

aggi

ori G

I (%

)

3,53

2,52

1,51

0,50

Rivaroxaban Warfarin

Analisi Numerodi pazienti

Numerodi eventi

Incidenza dieventi/100.000giorni a rischio

Numerodi pazienti

Numerodi eventi

Incidenza dieventi/100.000giorni a rischio

Richiestadiagnosi

di FA

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Dabigatran Warfarin

Sanguinamenti GI

Richiestadiagnosi

di FA

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Sanguinamenti intracranici

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Coagulum report - marzo 2016 13

su pazienti Medicare (programma nordamerica-no di assicurazione sanitaria che copre circa 42 milioni di persone di età pari o superiore a 65 anni). Si tratta di una delle più ampie analisi real life disponibili, che ha confermato i risultati del RE-LY in modo speculare, evidenziando la corri-spondenza tra i risultati dell’RCT e la pratica cli-nica reale (vedi fig. 3). Più in dettaglio, lo studio FDA sui pazienti Medi-care è stato uno studio osservazionale di coor-te nel quale sono stati analizzati più di 134.000 nuovi utilizzatori di dabigatran o warfarin, tutti con recente diagnosi di FA, dal quale emerge che dabigatran, rispetto al warfarin, è associa-to a ridotto rischio sia di ictus ischemico sia di emorragia intracranica sia di mortalità, e simile rischio di infarto miocardico acuto (IMA). Solo i sanguinamenti GI risultavano aumentati, con-

fermando quindi i risultati del RE-LY. Un dato da interpretare, però, come si evince nel lavoro pubblicato da Graham et al. (2015) in cui sono emersi interessanti dati aggiuntivi in relazione alle emorragie GI. (9)Dopo avere eseguito una stratificazione per clas-si di età, gli autori hanno evidenziato che nel Re-gistro Medicare, un aumento di emorragie GI era limitato alle donne di età superiore ai 75 anni e agli uomini di età superiore agli 85 anni, e in en-trambi i casi in corso di trattamento con dabiga-tran 150 mg bid. (vedi tab. 2).Occorre sottolineare che negli Stati Uniti sono approvati due dosaggi di dabigatran: 150 mg bid e 75 mg bid per i pazienti con CLCr <30ml/min (quest’ultimo utilizzato solo da una minima percentuale dei pazienti Medicare). Ciò costitui-sce una grande differenza rispetto all’Unione Eu-

Figura 3 – risultati dello studio re-lY e della real life Medicare a confronto (tratto da Graham dJ et al, 2015)

Gruppo di età (n)

UominiHazard ratio

(95% CI)

DonneHazard ratio

(95% CI)

Sanguinamento GI maggiore 65-74 (55.761)

75-84 (57.345)

> 85 (21.308)

0.83 (0.60-1.14)

1.02 (0.79.1.31)

1.55 (1.04-2.32)

0.99 (0.72-1.37)

1.50 (1.20-1.88)

2.18 (1.61-2.97)

Tass

o di

eve

nti (

% p

er a

nno)

Tass

o di

inci

denz

a pe

r 100

pers

one/

anni

HR: 0.76P=0.04

Ictusischemico

Sanguinamentointracranico

Sanguinamentomaggiore

SanguinamentoGI

Infarto delmiocardio

Mortalità

RR: 0.41P<0.001

RR: 0.94P=0.41

RR: 1.48P=0.001

RR: 1.27P= 0.12

RR: 0.88P= 0.05

HR: 0.80P=0.02

HR: 0.34P=0.001

HR: 0.97P=0.50

RR: 1.28P=0.001

HR: 0.92P=0.29

HR: 0.86P=0.006

5

4

3

2

1

0

0

1

2

3

4

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tabelle ok:Layout 1 22/04/16 12.44 Pagina 2

Gruppo di età (n)

UominiHazard ratio

(95% CI)

DonneHazard ratio

(95% CI)

Sanguinamento GI maggiore 65-74 (55.761)

75-84 (57.345)

> 85 (21.308)

0.83 (0.60-1.14)

1.02 (0.79.1.31)

1.55 (1.04-2.32)

0.99 (0.72-1.37)

1.50 (1.20-1.88)

2.18 (1.61-2.97)

Tass

o di

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% p

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Tass

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HR: 0.76P=0.04

Ictusischemico

Sanguinamentointracranico

Sanguinamentomaggiore

SanguinamentoGI

Infarto delmiocardio

Mortalità

RR: 0.41P<0.001

RR: 0.94P=0.41

RR: 1.48P=0.001

RR: 1.27P= 0.12

RR: 0.88P= 0.05

HR: 0.80P=0.02

HR: 0.34P=0.001

HR: 0.97P=0.50

RR: 1.28P=0.001

HR: 0.92P=0.29

HR: 0.86P=0.006

5

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3

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tabella 2 – effetto dell’età e del genere sul rischio di sanguinamento gastrointestinale maggiore (tratto da Graham dJ e al, 2015)

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Coagulum report - marzo 201614

ropea, in cui è approvato anche il dosaggio da 110 mg bid che è espressamente indicato nel paziente anziano. Ciò può rendere conto della differenza dei tassi di sanguinamento GI correlati a dabigatran in Europa rispetto agli USA.

altri StUdi StatUNiteNSiGli stessi risultati si ritrovano in uno studio pre-sentato all’American Heart Association nel 2014 e pubblicato nel 2015 da Villines (10). Anche in questo caso lo scopo era quello di verificare l’efficacia e la sicurezza di dabigatran rispetto a warfarin nella pratica clinica reale. Lo studio, in questo caso, è stato condotto per 4 anni in un altro grande servizio di assistenza sanitaria, quel-lo del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Lo studio è stato condotto:• su una ampia popolazione di pazienti (due co-

orti ciascuna di 12.000 pazienti);• anziani (età media 74 anni); • ad alto rischio ischemico ed emorragico (circa

il 92% dei pazienti era ad alto rischio ischemico CHA2DS2-VASc score 2-9 ed il 76% ad alto ri-schio emorragico HAS-BLED score > 3 (l’11% circa aveva compromissione della funzionalità renale);

• naïve al trattamento anticoagulante (dabigatran o warfarin).

I risultati confermano anche questa volta il supe-riore profilo di sicurezza ed efficacia di dabigatran rispetto al warfarin; nel gruppo dabigatran sono stati osservati meno eventi ischemici ed emorra-gici (ictus, ictus emorragico, emorragie intracra-niche, sanguinamenti urogenitali e altri sanguina-menti, IMA e decessi) rispetto a warfarin. Il tasso di sanguinamenti GI maggiori era analogo al war-farin, con incremento solo dei sanguinamenti GI del basso tratto ( Fig.4).

In un editoriale di accompagnamento allo studio di Villiness (Potpara TS, 2015) (11), si sottolinea come – a differenza dei farmaci antipiastrinici che

Figura 4 – Profilo di sicurezza di dabigatran superiore rispetto al warfarin (tratto da Villiness tC et al. 2015).

Ictus

Sanguinamento maggiore

Ictus ischemico

Ictus emorragico

Sanguinamento intracranico

Sanguinamento extracranico maggiore

Sanguinamento GI maggiore

Sanguinamento GI tratto superiore

Sanguinamento GI tratto inferiore

Sanguinamento urogenitale maggiore

Altri sanguinamenti maggiori

TIA

IMA

Tromboembolismo venoso

Trombosi venosi profonda

Embolia polmonare

Morte

0.73 (0.55-0.97)

0.87 (0.74-1.03)

0.84 (0.62-1.13)

0.32 (0.14-0.74)

0.49 (0.30-0.79)

0.94 (0.79-1.12)

1.13 (0.94-1.37)

0.77 (0.53-1.11)

1.30 (1.04-1.63)

0.36 (0.18-0.74)

0.38 (0.22-0.66)

0.81 (0.54-1.23)

0.65 (0.45-0.95)

0.74 (0.36-1.52)

0.50 (0.18-1.38)

1.14 (0.40-3.30)

0.64 (0.55-0.74)

HR (95% CI)

Unadjusted HR

A favore di Dabigatran A favore di Warfarin

0.1 0.5 1.0 3.0 4.0 5.0 10.0

HR(95% CI)

Tasso di incidenza per 100 persone/anno

Dabigatran (pooled) Warfarin (pooled)

Ictus

Sanguinamento maggiore

Sanguinamento intracranico

Sanguinamento extracranico

Sanguinamento GI

0.77

4.42

0.21

4.21

2.65

1.07

6.17

0.74

5.5

2.85

0.77 (0.54-1.09)

0.75 (0.65-0.87)

0.31 (0.17-0.54)

0.81 (0.69-0.94)

0.97 (0.79-1.18)

Cum

ulat

ive

haza

rd

0.12 -

0.10 -

0.08 -

0.06 -

0.04 -

0.02 -

0 -

WarfarinDabigatran

Time (days)

0 200 400 600 800 1000

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REVIEWCOAGULUMreport

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Coagulum report - marzo 2016 15

determinano sanguinamento GI creando erosioni o ulcere nella mucosa GI, gli anticoagulanti orali possono favorire fenomeni di sanguinamento da lesioni preesistenti (soprattutto diverticoli e an-giodisplasie) e la presenza di dabigatran attivo nel lume intestinale può potenziare il sanguina-mento da lesioni vulnerabili.

Nel lavoro di Potpara emerge che entrambi i do-saggi di dabigatran hanno portato a tassi di san-guinamento inferiori rispetto a warfarin in pazienti di età <75 anni e tassi simili di eventi in pazienti di età >75 anni. In particolare, in pazienti di età <75 anni o > 75 anni la dose da 110 mg era associata a tassi di sanguinamento GI rispetti-vamente inferiori o simili mentre la dose da 150 mg era associata, nello stesso ordine, a tassi di sanguinamento simili e superiori (11).

È stato presentato all’American Heart Associa-tion nel 2014 un altro lavoro (Seeger, pubblica-to nel 2015) basato su dati dei database di due assicurazioni sanitarie americane: MarketScan e United Health (12). Sono stati studiati retrospet-tivamente quasi 40.000 pazienti (quasi 20.000 soggetti per braccio dabigatran vs warfarin) che iniziavano il trattamento con uno dei due anti-coagulanti. In questo caso i pazienti erano più giovani del precedente studio di Villines, con età media 68 anni.Anche in questo caso (Tab.3) si osserva una ri-duzione dell’ictus ischemico (23%), dei sangui-namenti maggiori (25%) di emorragie intracrani-che (69%) e dei sanguinamenti gastrointestinali del tratto superiore del 49% (mentre non si os-servano differenze rispetto a warfarin per i san-guinamenti GI del tratto inferiore).In sintesi, i 4 studi di real life con dabigatran negli USA (MINI SENTINELL, FDA MEDICARE, Seeger e Villines) evidenziano che il rischio di sanguina-

menti GI è maggiore nei pazienti anziani, sopra 75/80 anni e se trattati con dabigatran 150 mg bid; per questa popolazione di pazienti (anziani) in EUROPA è disponibile il dosaggio 110 mg bid, che nello studio RE-LY ha dimostrato di essere efficace come warfarin, quando ben controllato, e più sicuro (TTR 67%). Un dato ulteriormente confermato da uno stu-dio eseguito da Sherid (2015) nel dipartimento di medicina interna, divisione di Gastroenterologia della Georgia Regents University di Augusta. L’a-nalisi multicentrica è stata eseguita su un totale di 417 pazienti (208 dabigatran vs 209 warfarin). Complessivamente sono stati osservati episodi di sanguinamento GI in 10 pazienti (4,8%) nel gruppo dabigatran e in 21 pazienti (10,1%) nel gruppo warfarin. Dall’analisi multivariata è emer-so che gli eventi di sanguinamento GI si manife-stavano nei primi 3 mesi di terapia e poi tende-vano a ridursi. Inoltre, si è rilevato che l’incidenza di sanguinamenti GI nei pazienti di età > 65 anni era superiore rispetto a quelli di età < 65 anni (p=0,036; OR=3). Nel complesso, il rischio di sanguinamento GI è risultato inferiore con dabi-gatran rispetto a warfarin. (13) (vedi fig. 5)

i reGiStri daNeSi 13,14,15

La Danimarca vanta un’ampia esperienza di im-piego dei NAO nei pazienti con FA non valvolare, avviata immediatamente dopo l’approvazione di dabigatran e raccolte attraverso un registro na-zionale, dai quali successivamente sono stati ri-cavati molteplici dati attinenti alla real life. Il primo studio ha identificato una coorte di pa-zienti con FA e naïve alla terapia anticoagulante orale. Scopo dichiarato dello studio era la valuta-zione dell’efficacia e della sicurezza di dabigatran su una popolazione di 13.914 pazienti nella prati-ca clinica quotidiana di cui trattati con dabigatran 4.978 pazienti e 8.936 con warfarin (proporzione

tabella 3 – Profilo di sicurezza di dabigatran complessivamente superiore a warfarin (tratto da Seeger Jd, et al. 2015).

Ictus

Sanguinamento maggiore

Ictus ischemico

Ictus emorragico

Sanguinamento intracranico

Sanguinamento extracranico maggiore

Sanguinamento GI maggiore

Sanguinamento GI tratto superiore

Sanguinamento GI tratto inferiore

Sanguinamento urogenitale maggiore

Altri sanguinamenti maggiori

TIA

IMA

Tromboembolismo venoso

Trombosi venosi profonda

Embolia polmonare

Morte

0.73 (0.55-0.97)

0.87 (0.74-1.03)

0.84 (0.62-1.13)

0.32 (0.14-0.74)

0.49 (0.30-0.79)

0.94 (0.79-1.12)

1.13 (0.94-1.37)

0.77 (0.53-1.11)

1.30 (1.04-1.63)

0.36 (0.18-0.74)

0.38 (0.22-0.66)

0.81 (0.54-1.23)

0.65 (0.45-0.95)

0.74 (0.36-1.52)

0.50 (0.18-1.38)

1.14 (0.40-3.30)

0.64 (0.55-0.74)

HR (95% CI)

Unadjusted HR

A favore di Dabigatran A favore di Warfarin

0.1 0.5 1.0 3.0 4.0 5.0 10.0

HR(95% CI)

Tasso di incidenza per 100 persone/anno

Dabigatran (pooled) Warfarin (pooled)

Ictus

Sanguinamento maggiore

Sanguinamento intracranico

Sanguinamento extracranico

Sanguinamento GI

0.77

4.42

0.21

4.21

2.65

1.07

6.17

0.74

5.5

2.85

0.77 (0.54-1.09)

0.75 (0.65-0.87)

0.31 (0.17-0.54)

0.81 (0.69-0.94)

0.97 (0.79-1.18)

Cum

ulat

ive

haza

rd

0.12 -

0.10 -

0.08 -

0.06 -

0.04 -

0.02 -

0 -

WarfarinDabigatran

Time (days)

0 200 400 600 800 1000

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Coagulum report - marzo 201616

REVIEWCOAGULUMreport

1:2) di età media pari a 70,8 anni, sovrapponibili per età ai soggetti partecipanti al RE-LY. A un follow-up di 12 mesi il risultato più impor-tante dello studio è stato la sostanziale conferma del profilo di efficacia e di sicurezza di dabigatran rispetto a warfarin risultante dal RE-LY. Di rilievo è stato il riscontro di un tasso di sanguinamento GI analogo tra dabigatran 150 mg bid e warfarin e significativamente inferiore nel gruppo trattato con dabigatran 110mg b.i.d. rispetto al gruppo in trattamento con warfarin (14) (vedi fig. 6)

Un secondo ampio studio danese post-marketing osservazionale di coorte è stato pubblicato nel 2014. Gli autori hanno valutato gli eventi di san-guinamento su oltre 11.000 pazienti con FA trat-tati con dabigatran alla dose da 110 mg o 150 mg (sia naïve al trattamento con dabigatran che con storia di precedente trattamento con warfa-rin) rispetto a pazienti in trattamento con warfa-rin. L’aspetto più rilevante emerso è stato che sia i soggetti naïve all’anticoagulante, che iniziavano

Figura 5 – rischio cumulativo di sanguinamento gastrointestinale nel tempo favorevole a dabiga-tran rispetto a warfarin. (tratto da Sherid M et al, 2015).

Ictus

Sanguinamento maggiore

Ictus ischemico

Ictus emorragico

Sanguinamento intracranico

Sanguinamento extracranico maggiore

Sanguinamento GI maggiore

Sanguinamento GI tratto superiore

Sanguinamento GI tratto inferiore

Sanguinamento urogenitale maggiore

Altri sanguinamenti maggiori

TIA

IMA

Tromboembolismo venoso

Trombosi venosi profonda

Embolia polmonare

Morte

0.73 (0.55-0.97)

0.87 (0.74-1.03)

0.84 (0.62-1.13)

0.32 (0.14-0.74)

0.49 (0.30-0.79)

0.94 (0.79-1.12)

1.13 (0.94-1.37)

0.77 (0.53-1.11)

1.30 (1.04-1.63)

0.36 (0.18-0.74)

0.38 (0.22-0.66)

0.81 (0.54-1.23)

0.65 (0.45-0.95)

0.74 (0.36-1.52)

0.50 (0.18-1.38)

1.14 (0.40-3.30)

0.64 (0.55-0.74)

HR (95% CI)

Unadjusted HR

A favore di Dabigatran A favore di Warfarin

0.1 0.5 1.0 3.0 4.0 5.0 10.0

HR(95% CI)

Tasso di incidenza per 100 persone/anno

Dabigatran (pooled) Warfarin (pooled)

Ictus

Sanguinamento maggiore

Sanguinamento intracranico

Sanguinamento extracranico

Sanguinamento GI

0.77

4.42

0.21

4.21

2.65

1.07

6.17

0.74

5.5

2.85

0.77 (0.54-1.09)

0.75 (0.65-0.87)

0.31 (0.17-0.54)

0.81 (0.69-0.94)

0.97 (0.79-1.18)

Cum

ulat

ive

haza

rd

0.12 -

0.10 -

0.08 -

0.06 -

0.04 -

0.02 -

0 -

WarfarinDabigatran

Time (days)

0 200 400 600 800 1000

tabelle ok:Layout 1 22/04/16 12.44 Pagina 3

Figura 6 – Studio tratto da dati del registro danese di Statistica sui prodotti farmaceutici. riduzione di sanguinamento gastrointestinale con dabigatran rispetto a warfarin. (tratto da larsen tB et al, 2013)

IctusCrudeAdjusted

Embolismo sistemicoCrudeAdjusted

MorteCrudeAdjusted

Infarto del miocardioCrudeAdjusted

Embolia polmonareCrudeAdjusted

Sanguinamento intracranicoCrudeAdjusted

Sanguinamento GICrudeAdjusted

Sanguinamento maggioreCrudeAdjusted

OspedalizzazioneCrudeAdjusted

Outcome / Model P-–value

Warfarin vs Dabigatran 110 mgHazard ratio (95% CI)

Warfarin vs Dabigatran 150 mgHazard ratio (95% CI)

0.79 (0.59; 10.3)0.73 (0.53; 1.00)

0.78 (0.29; 1.78)0.60 (0.19; 1.60)

1.02 (0.87; 1.20)0.79 (0.65; 0.95)

0.41 (0.26; 0.62)0.30 (0.18; 0.49)

0.42 (0.18; 0.87)0.33 (0.12; 0.74)

0.30 (0.12; 0.63)0.24 (0.08; 0.56)

0.67 (0.43; 0.99)0.60 (0.37; 0.93)

0.88 (0.66; 1.14)0.82 (0.59; 1.12)

0.51 (0.48; 0.55)0.53 (0.49; 0.57)

0.99 (0.74; 1.30)1.18 (0.85; 1.64)

0.67 (0.20; 1.73)1.00 (0.26; 3.35)

0.38 (0.28; 0.49)0.57 (0.40; 0.80)

0.36 (0.20; 0.59)0.40 (0.21; 0.70)

0.31 (0.09; 0.75)0.24 (0.06; 0.72)

0.06 (0.01; 0.29)0.08 (0.01; 0.40)

0.81 (0.53; 1.21)1.12 (0.67; 1.83)

0.65 (0.45; 0.90)0.77 (0.51; 1.13)

0.76 (0.71; 0.81)0.86 (0.79; 0.93)

0.230.092

0.700.63

<0.00010.0003

<0.0001<0.0001

0.0110.004

0.00050.0006

0.120.075

0.0430.21

<0.0001<0.0001

Favorsdabigatran 110 mg

Favorswarfarin

Favorsdabigatran 150 mg

Favorswarfarin

0.01 0.20 1.00 5.00 0.01 0.20 1.00 5.00

Eventi per 100 pazienti/anno (95% CI) Eventi per 100 pazienti/anno (95% CI)Hazard ratio* (95% CI)per sanguinamento

Dabigatran Warfarin Dabigatran/Warfarin Rivaroxaban Warfarin Rivaroxaban/Warfarin

Hazard ratio* (95% CI)per sanguinamento

Fibrillazione atriale

Sanguinamenti totali

Sanguinamenti GI superiori

Sanguinamenti GI inferiori

2.29 (1.88 to 2.79)

1.42 (1.11 to 1.83)

0.86 (0.63 to 1.19)

2.87 (2.41 to 3.41)

1.81 (1.45 to 2.25)

1.06 (0.80 to 1.41)

0.79 (0.61 to 1.03)

0.78 (0.56 to 1.09)

0.81 (0.53 to 1.24)

2.84 (2.30 to 3.52)

1.83 (1.40 to 2.39)

1.02 (0.97 to 1.82)

3.06 (2.49 to 3.77)

1.74 (1.32 to 2.28)

1.33 (0.97 to 1.82)

0.93 (0.69 to 1.25)

1.05 (0.72 to 1.54)

0.77 (0.48 to 1.24)

tabelle ok:Layout 1 22/04/16 12.44 Pagina 4

Page 19: Coagulum Report - marzo 2016

Coagulum report - marzo 2016 17

un trattamento con dabigatran sia quelli che effet-tuavano uno switch a dabigatran dopo pregres-so trattamento con warfarin hanno evidenziato un tasso inferiore di sanguinamenti rispetto ai sogget-ti naïve che iniziavano a utilizzare warfarin.Dunque, i soggetti naïve a warfarin che lo comin-ciavano a usare erano quelli con il più elevato tasso di sanguinamento. Inoltre, si è notato che, rispetto a questi soggetti, entrambe le dosi di dabigatran mostravano significative riduzioni di rischio di qual-siasi tipo di sanguinamento. In particolare, non si è riscontrato alcun eccesso di eventi di sanguina-mento maggiore tra i pazienti trattati con dabiga-tran, indipendentemente dal pregresso trattamen-to o meno con warfarin. (15)In sintesi dai dati di registro danese emerge la si-curezza di dabigatran ad entrambi i dosaggi nella reale pratica clinica con un riscontro di sicurezza migliore rispetto a quanto già dimostrato nello stu-dio RE-LY.

UN “Head-to-Head” SU dati aMMiNi-StratiVi16

Da segnalare la recente pubblicazione di uno stu-dio di coorte basato sulla popolazione che ha confrontato in termini di rischio di sanguinamento gastrointestinale dabigatran, rivaroxaban e warfa-rin (16). Si è ricorso a un ampio database ammi-nistrativo riguardante oltre 90.000 pazienti e sono stati selezionati 5.434 pazienti con FA non valvola-re trattati con rivaroxaban, 7.846 con dabigatran e 22.787 con warfarin. Il rischio di eventi emorragici GI vs warfarin ha avuto un trend di riduzione del 21% nel gruppo dabigatran e del 7% del gruppo rivaroxaban (Tab.4).

CoNClUSioNi1) I trial di fase III dei NAO evidenziano analoghi o

aumentati tassi di sanguinamento GI rispetto a warfarin (1,2,3,4,5).

2) I NAO sono particolarmente piu’ sicuri rispetto

al Warfarin nei pz con eta’ < 65 anni e nella fa-sce di età avanzata tra i 65 e 75 anni (lievemente aumentato il rischio di sanguinamento sopra i 76 anni). Questo rappresenta un grande van-taggio clinico nella popolazione anziana dove l’atteggiamento finora di diversi clinici tende ad essere conservativo soprattutto utilizzando sco-res di rischio emorragico sovrapponibili a quelli che si usano per la stima del rischio trombotico (CHA2DS2 VS e HAS BLED). Inoltre come alcu-ni studi hanno mostrato sembrerebbe che la popolazione dei grandi vecchi abbia un rischio trombotico significativamente aumentato rispet-to a quello emorragico (16)

3) I dati di real life evidenziano la sicurezza di en-trambi i dosaggi di dabigatran, quando utilizzati secondo le indicazioni del Riassunto delle Ca-ratteristiche di Prodotto europeo.

Già dai primi dati del Registro Mini Sentinel, richie-sto dalla FDA, è emersa una minore incidenza dei sanguinamenti GI nei pazienti trattati con dabiga-tran rispetto a quelli trattati con warfarin. Lo stu-dio sui pazienti Medicare aveva sostanzialmente confermato i risultati del RE-LY ma recenti analisi hanno ribadito che il rischio di sanguinamento GI è superiore solo nei soggetti più anziani trattati con dabigatran 150 mg bid: un’eventualità che non può verificarsi in Europa in base al riassunto delle caratteristiche di prodotto adottato nella Comunità in cui, per questa popolazione, è indicata la dose da 110 mg bid. Da sottolineare l’apporto degli stu-di compiuti sulla base dei dati contenuti nei Regi-stri Danesi. Da due di questi studi, in particolare, per dabigatran emerge una riduzione del rischio di emorragia GI rispetto a quanto riportato nel RE-LY.da questa ampia quantità di dati real world, nettamente superiore rispetto a quella di-sponibile per altri nAo/noAc, si può affer-mare che emerge per dabigatran un favore-vole profilo di sicurezza, anche sul versante dei sanguinamenti gi.

tabella 4 – Confronto in termini di rischio di sanguinamento Gi tra dabigatran e rivaroxaban rispetto a war-farin da database amministrativo ( tratto da Sherid M et al, 2015)

IctusCrudeAdjusted

Embolismo sistemicoCrudeAdjusted

MorteCrudeAdjusted

Infarto del miocardioCrudeAdjusted

Embolia polmonareCrudeAdjusted

Sanguinamento intracranicoCrudeAdjusted

Sanguinamento GICrudeAdjusted

Sanguinamento maggioreCrudeAdjusted

OspedalizzazioneCrudeAdjusted

Outcome / Model P-–value

Warfarin vs Dabigatran 110 mgHazard ratio (95% CI)

Warfarin vs Dabigatran 150 mgHazard ratio (95% CI)

0.79 (0.59; 10.3)0.73 (0.53; 1.00)

0.78 (0.29; 1.78)0.60 (0.19; 1.60)

1.02 (0.87; 1.20)0.79 (0.65; 0.95)

0.41 (0.26; 0.62)0.30 (0.18; 0.49)

0.42 (0.18; 0.87)0.33 (0.12; 0.74)

0.30 (0.12; 0.63)0.24 (0.08; 0.56)

0.67 (0.43; 0.99)0.60 (0.37; 0.93)

0.88 (0.66; 1.14)0.82 (0.59; 1.12)

0.51 (0.48; 0.55)0.53 (0.49; 0.57)

0.99 (0.74; 1.30)1.18 (0.85; 1.64)

0.67 (0.20; 1.73)1.00 (0.26; 3.35)

0.38 (0.28; 0.49)0.57 (0.40; 0.80)

0.36 (0.20; 0.59)0.40 (0.21; 0.70)

0.31 (0.09; 0.75)0.24 (0.06; 0.72)

0.06 (0.01; 0.29)0.08 (0.01; 0.40)

0.81 (0.53; 1.21)1.12 (0.67; 1.83)

0.65 (0.45; 0.90)0.77 (0.51; 1.13)

0.76 (0.71; 0.81)0.86 (0.79; 0.93)

0.230.092

0.700.63

<0.00010.0003

<0.0001<0.0001

0.0110.004

0.00050.0006

0.120.075

0.0430.21

<0.0001<0.0001

Favorsdabigatran 110 mg

Favorswarfarin

Favorsdabigatran 150 mg

Favorswarfarin

0.01 0.20 1.00 5.00 0.01 0.20 1.00 5.00

Eventi per 100 pazienti/anno (95% CI) Eventi per 100 pazienti/anno (95% CI)Hazard ratio* (95% CI)per sanguinamento

Dabigatran Warfarin Dabigatran/Warfarin Rivaroxaban Warfarin Rivaroxaban/Warfarin

Hazard ratio* (95% CI)per sanguinamento

Fibrillazione atriale

Sanguinamenti totali

Sanguinamenti GI superiori

Sanguinamenti GI inferiori

2.29 (1.88 to 2.79)

1.42 (1.11 to 1.83)

0.86 (0.63 to 1.19)

2.87 (2.41 to 3.41)

1.81 (1.45 to 2.25)

1.06 (0.80 to 1.41)

0.79 (0.61 to 1.03)

0.78 (0.56 to 1.09)

0.81 (0.53 to 1.24)

2.84 (2.30 to 3.52)

1.83 (1.40 to 2.39)

1.02 (0.97 to 1.82)

3.06 (2.49 to 3.77)

1.74 (1.32 to 2.28)

1.33 (0.97 to 1.82)

0.93 (0.69 to 1.25)

1.05 (0.72 to 1.54)

0.77 (0.48 to 1.24)

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Coagulum report - marzo 201618

REVIEWCOAGULUMreport

BiBlioGraFia1) Connolly SJ, Ezekowiz MD, Yusuf S, et al. Dabigatran

versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med, 2009;36(12):1139-51.

2) Connolly SJ, Ezekowitz MD, Yusuf S, Reilly PA, Wal-lentin L. Newly identified events in the RE-LY trial. N Engl J Med 2010;363:1875-6.

3) Patel MR, Mahaffey KW, Garg J, et al. Rivaroxaban versus warfarin in nonvalvular atrial fibrillation. N Engl J Med, 2011;365(10):883-91.

4) Granger CB, Alexander JH, McMurray JJ, et al. Apixa-ban versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med, 2011;365(11):981-92.

5) Giugliano RP, Ruff CT, Braunwald E, et al. Edoxaban versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med, 2013;369(22):2093-104.

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9) Graham DJ, Reichman ME, Wernecke M, et al. Car-diovascular, bleeding, and mortality risks in elderly Medicare patients treated with dabigatran or war-farin for nonvalvular atrial fibrillation. Circulation, 2015;131(2):157-64.

10) Villiness TC, Schnee J, Fraeman K, et al. A com-parison of the safety and effectiveness of dabigatran and warfarin in non-valvular atrial fibrillation patients

in a large healthcare system. Thromb Haemost, 2015;114(6):1290-8.

11) Potpara TS. Dabigatran in ‘real-world’ clinical prac-tice for stroke prevention in patients with non-valvular atrial fibrillation. Thromb Haemost, 2015;114(6):1093-8.

12) Seeger JD, Bykov K, Bartels DB, et al. Safety and ef-fectiveness of dabigatran and warfarin in routine care of patients with atrial fibrillation. Thromb Haemost, 2015;114(6):1277-89.

13) Sherid M, Sifuentes H, Sulaiman S, et al. Gastrointes-tinal bleeding with dabigatran, a comparative study with warfarin: a multicenter experience. Korean J Gatroenterol, 2015;65(4):205-14.

14) Larsen TB, Rasmussen LH, Skjøth F, et al. Efficacy and safety of dabigatran exetilate and warfarin in “real world” patients with atrial fibrillation: a pro-spective nationwide cohort study. J Am Coll Cardiol, 2013;61(22):2264-73.

15) Larsen TB, Gorst-Rasmussen A, Rasmussen LH, et al. Bleeding events among new starters and switchers to dabigatran compared with warfarin in atrial fibrilla-tion. Am J Med, 2014;127(7):650-656.e5.

16) Abraham NS, Singh s, Alexander GC, et al. Compara-tive risk of gastrointestinal bleeding with dabigatran, rivaroxaban, and warfarin: population based cohort study. BMJ, 2015;350:h1857.

17) Meytal Avgil Tsadok MA, Jackevicius C, Essebag V, et al. Stroke and Bleeding in older Patients with atrial fibrillation treated with warfarin. Abstract, Ses-sion Poster (N=1237-42), American College Cardiol-ogy, 2013.

18) Eikelboom JW, Quinlan DJ, van Ryn J, Weitz JI. Ida-rucizumab: The Antidote for Reversal of Dabigatran. Circulation, 2015;132(25):2412-22.

i reVerSal aGeNtUn ulteriore elemento a supporto della sicurezza dei NAO sono i reversal agent in arrivo.Tutti i NAO sono efficaci almeno quanto warfa-rin nelle loro indicazioni e sono più sicuri (per via della minore incidenza di sanguinamenti, in par-ticolare di emorragie intracraniche), tuttavia sono state sollevate preoccupazioni circa la mancanza di specifici antidoti per inattivare i NAO in caso in caso di interventi di emergenza/urgenza o san-guinamento pericoloso per la vita in atto Idaru-cizumab è un frammento di un anticorpo mono-clonale umanizzato che è stato sviluppato come inattivatore specifico per dabigatran, già autoriz-zato in USA, Europa e Italia. Altri antidoti tuttora in fase di sperimentazione sono andexanet alfa, che inattiva l’azione anticoagulante degli inibitori del fattore Xa e ciraparantag, che inattiva di tutti i NAO e le eparine (EBPM e ENF) In caso di necessità poter inattivare l’azione anticoagulante dei NAO in modo rapido potrà

senz’altro fare la differenza, migliorando la ge-stione di situazioni di emergenza/urgenza Il reversal agent già autorizzato da AIFA è idaru-cizumab, l’inattivatore specifico per dabigatran, indicato nei casi in cui si renda necessaria l’inatti-vazione rapida dei suoi effetti anticoagulanti cioè nei rari casi di interventi chirurgici di emergenza/nelle procedure urgenti o in caso di sanguina-mento potenzialmente fatale o non controllato.In caso di necessità, idarucizumab (disponibile come soluzione pronta per l’uso, che non deve essere ricostituita), mediante infusione, in 5 mi-nuti, inattiva in modo specifico, immediato, com-pleto e sostenuto nel tempo l’effetto anticoagu-lante di dabigatran. Lo sviluppo di idarucizumab è un importante progresso clinico, che potrà senz’altro rassicura-re ulteriormente medici e pazienti in merito all’u-so di dabigatran per prevenire l’ictus in pazienti affetti da fibrillazione atriale (18).

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Augusto ZaninelliMedicina Generale, Università di Firenze

aBStraCtContinuare a tempo indeterminato la terapia an-ticoagulante orale dopo un evento di trombosi venosa profonda (TVP) ed embolia polmonare (EB) o sospendere la terapia specifica dopo un certo periodo, variabile a seconda delle condi-zioni cliniche e non somministrare più nulla? A questo infinito dilemma sembra dare ora una risposta concreta il lavoro di Andreozzi e Colla-boratori, pubblicato sulle pagine di Circulation nel novembre 2015. Nello studio SURVET, il su-lodexide somministrato per os 500 unità bis in die per due anni, oltre alla terapia compressiva è risultato più efficace del placebo nel ridurre le recidive di TVP ed EB con un profilo di sicurezza sovrapponibile al placebo. Questi dati aprono un nuovo scenario per la gestione della cronicità in questi pazienti e l’indicazione a utilizzare sulode-xide, quando il rischio emorragico suggerisce la sospensione della terapia anticoagulante, appa-re sostenuta da una buona evidenza scientifica.

editorialeContinuare a tempo indeterminato la terapia an-ticoagulante orale dopo un evento di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare o so-spendere la terapia specifica dopo un certo pe-riodo, variabile a seconda delle condizioni clini-che e non somministrare più nulla?A questo infinito dilemma sembra dare ora una risposta concreta il lavoro di Andreozzi e Colla-boratori, pubblicato sulle pagine di Circulation nel novembre 2015 (Circulation. 2015;132:1891-1897). Nello studio, infatti, si indica come una terapia con sulodexide, somministrato dopo la sospensione del trattamento con anticoagulanti orali, riduce il rischio di recidiva di trombosi ve-

nosa e di embolia polmonare, senza aumentare quello del sanguinamento.Il sulodexide è un glucosamminoglicano naturale con spiccata attività antitrombotica e profibrino-litica ed è già stato studiato in precedenza per la sicurezza d’impiego, risultando associato ad un rischio molto basso di sanguinamento ed appro-vato in alcuni paesi per il trattamento delle malat-tie venose croniche.Lo studio SURVET, acronimo della ricerca (the SUlodexide in secondary prevention of Recur-rent deep VEin Thrombosis) ha suscitato l’inte-resse anche della prestigiosa rivista “Nature”, che nella rubrica “review/cardiology” ha propo-sto un editoriale a firma della Dottoressa Irene Fernadez Ruiz.Si tratta di un trial multicentrico internazionale, in doppio cieco, randomizzato e controllato, che ha esaminato l’efficacia e la sicurezza del sulodexi-de nel prevenire la recidiva di trombosi venosa profonda (TVP), una volta che era stato interrotto il trattamento standard anticoagulante. Lo studio ha reclutato 615 pazienti con un primo episo-dio di TVP prossimale non provocata, che ave-vano completato il trattamento anticoagulante con warfarin (3-12 mesi). Al gruppo sulodexide sono stati somministrati per os 500 unità bis in die per due anni, oltre alla terapia compressiva, mentre il gruppo di controllo ha svolto solo la te-rapia compressiva. Il risultato sulla efficacia nella prevenzione della recidiva di trombosi, ha regi-strato episodi di TVP per sulodexide nel 4,9% (n=15) dei casi e nel 9,7% (n=30) del gruppo di controllo, con una riduzione del 51% di eventi re-cidivanti trombotici (HR 0,49, IC 95% 0,27-0,92, p = 0.025 – Fig. 1). Particolarmente interessante, tuttavia, è stato il risultato sul profilo di sicurez-za del trattamento: infatti è stata registrata l’as-

Coagulum report - marzo 2016 19

il sulodexide riduce il rischio di trombosi venosa ricorrente

FOCUSCOAGULUMreport

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Coagulum report - marzo 201620

REVIEWCOAGULUMreport

senza di emorragie maggiori in entrambi i gruppi in studi e due casi di emorragia minore sia nel gruppo sulodexide, sia nel gruppo di controllo, a testimonianza di una sicurezza d’impiego so-vrapponibile a quella del placebo. Anche se, è doveroso sottolineare che il campione in studio non era abbastanza ampio per dare garanzie sul rischio di emorragie maggiori e l’assenza di una grave emorragia potrebbe essere un risultato casuale, questo risultato sulla sicurezza appa-

re confortante nel rapporto rischio/beneficio del farmaco. (Fig. 2)L’interesse di “Nature” verso questo studio non è banale.Lo stato dell’arte attuale della gestione clinica del paziente che ha manifestato una trombosi venosa profonda rivela in letteratura che, a due anni dal primo evento di TEV, l’incidenza di epi-sodi recidivanti è contenuto ben al disotto del 5%, mentre la sindrome post trombotica (che a

Figura 1 - rischio cumulativo di ricorrenze di teV in pazienti trattati con sulodexide (n=307) o placebo (n=308)

NautiluV i a g g i o a l C e n t r od e l l a S a l u t e

Anno X - N. 1, 2016 16

Se confrontiamo i dati degli studi sin qui pubblicati neltrattamento esteso di pazienti con un primo evento diTEV per la prevenzione secondaria delle recidive trom-boemboliche, notiamo che il sulodexide vanta un pro-filo di efficacia e sicurezza superiore a quellodell’aspirina ed un profilo di sicurezza superiore aquello dei DOACs (Tab. 5).

Questi dati nel loro insieme dimostranoquindi che nei pazienti con un primoevento idiopatico (unprovoked) di TVP oEP che hanno terminato i 3-12 mesi diterapia anticoagulante, il sulodexide500 ULS orale due volte al giorno incombinazione con la terapia compres-siva, per 2 anni dimostra:• Una riduzione del rischio di TEV reci-diva vs placebo del 51% • Nessun incremento di rischio emorragico.

Il sulodexide nella prevenzione delle recidive di retrombosi dopo trattamento anticoagulante

Alla luce del SURVET, il sulodexide sipone quindi come un’opzione di tratta-mento valida per l’estensione della pre-venzione secondaria del TEV, con unottimo profilo efficacia e sicurezza, comeconfermato anche dal recente editorialedi Blondon su Circulation (Fig. 6).A tale proposito, sulla base della valuta-zione individuale del rischio di recidivae di emorragia del paziente, si possonoidentificare alcuni tipi di pazienti che,dopo il trattamento con terapia standardAVK/DAOCs, potrebbero beneficiaredel trattamento con sulodexide.

In particolare i pazienti, dopo trattamento AC iniziale,con:• TVP unprovoked e rischio r-TVP moderato• Elevato rischio emorragico• Alto rischio di recidiva (es. D-dimero elevato) che ri-fiutano di riprendere la terapia anticoagulante• molto anziani (che hanno un più alto rischio emor-ragico)

Sicurezza dell’impiego del sulodexide nel trattamentodella prevenzione secondaria delle ricorrenze di TEV

da Andreozzi et al. Circulation 2015

Nessun episodio di emorragia maggioreè stato registrato in entrambi i gruppi

Emorragie clinicamente rilevanti non-maggiori sono state registratein 2 pazienti per ogni gruppo di trattamento

(HR: 0.97; 95% Cl: 0.14-6.88; p=0.98)

Cl = Intervallo di confidenza; HR = Hazard Ratio; ULS = Unità lipasemiche

Fig. 5

Efficacia del sulodexide nel trattamentodella prevenzione secondaria delle ricorrenze di TEV

da Andreozzi et al. Circulation 2015

51% di riduzione del rischio di TEVricorrente vs. placebo1

Le recidive di TEV sono state registratein 15 (4.9%) pazienti trattati consulodexide rispetto ai 30 (9.7%)

del placebo(HR:0.49; 95% Cl; 0.27-0.92; p=0.02)1*†

Cl = Intervallo di confidenza; HR = Hazard Ratio; TEV = Tromboembolismo venoso; ULS = Unità lipasemiche* L’analisi aggiustata per età, sesso, indice di eventi, paese, durata della terapia con AVK e ritardo dalla fine del trattamento AVK e larandomizzazione, conferma che il tratamento con il sulodexide riduce il rischio di recidive (adjusted HR: 0.79; 95% Cl: 0.24-0.84; p=0.01)1Nessuna associazione è stata trovata tra la ricorrenza di TEV e la lunghezza al trattamento con AVK (HR: 0.79; 95% Cl: 0.41-1.53; p=0.48)1† Dei 15 episodi di TEV ricorrente con sulodexide, 12 (75%) erano TVP e 3 (25%) erano EP1. Dei 30 episodi di TEV ricorrente nel gruppoplacebo, 24 (80%) erano TVP e 6 (20%) erano EP1

Rischio cumulativo di ricorrenze di TEVin pazienti trattati con sulodexide (n=307) o placebo (n=308)

0.12

0.10

0.08

0.06

0.04

0.02

0.00

Risc

hio

cum

ulat

ivo

0 6 12 18 24Mesi

Placebo

Soludexide

51% di riduzioneHr: 0.4995% Cl: 0.27-0.92p=0.02

Fig. 4

Summary (Sulodexide 500 ULS orale due volte al giorno)

- Sulodexide dimostra di dimezzare le ricorrenze di TEV vs. placebo

- Nessun apparente incremento di rischio emorragico vs. placebo

- Lo studio SURVET fornisce l’evidenza di un nuovo attore, il SULODEXIDE per via orale, alladose di 500ULS bid, che gioca un ruolo dopo il trattamento anticoagulante iniziale.

Figura 2 - Sicurezza dell’impiego del sulodexide nel trattamento della prevenzione secondaria delle ricorrenze di teV.(da andreozzi et al. Circulation 2015)

NautiluV i a g g i o a l C e n t r od e l l a S a l u t e

Anno X - N. 1, 2016 16

Se confrontiamo i dati degli studi sin qui pubblicati neltrattamento esteso di pazienti con un primo evento diTEV per la prevenzione secondaria delle recidive trom-boemboliche, notiamo che il sulodexide vanta un pro-filo di efficacia e sicurezza superiore a quellodell’aspirina ed un profilo di sicurezza superiore aquello dei DOACs (Tab. 5).

Questi dati nel loro insieme dimostranoquindi che nei pazienti con un primoevento idiopatico (unprovoked) di TVP oEP che hanno terminato i 3-12 mesi diterapia anticoagulante, il sulodexide500 ULS orale due volte al giorno incombinazione con la terapia compres-siva, per 2 anni dimostra:• Una riduzione del rischio di TEV reci-diva vs placebo del 51% • Nessun incremento di rischio emorragico.

Il sulodexide nella prevenzione delle recidive di retrombosi dopo trattamento anticoagulante

Alla luce del SURVET, il sulodexide sipone quindi come un’opzione di tratta-mento valida per l’estensione della pre-venzione secondaria del TEV, con unottimo profilo efficacia e sicurezza, comeconfermato anche dal recente editorialedi Blondon su Circulation (Fig. 6).A tale proposito, sulla base della valuta-zione individuale del rischio di recidivae di emorragia del paziente, si possonoidentificare alcuni tipi di pazienti che,dopo il trattamento con terapia standardAVK/DAOCs, potrebbero beneficiaredel trattamento con sulodexide.

In particolare i pazienti, dopo trattamento AC iniziale,con:• TVP unprovoked e rischio r-TVP moderato• Elevato rischio emorragico• Alto rischio di recidiva (es. D-dimero elevato) che ri-fiutano di riprendere la terapia anticoagulante• molto anziani (che hanno un più alto rischio emor-ragico)

Sicurezza dell’impiego del sulodexide nel trattamentodella prevenzione secondaria delle ricorrenze di TEV

da Andreozzi et al. Circulation 2015

Nessun episodio di emorragia maggioreè stato registrato in entrambi i gruppi

Emorragie clinicamente rilevanti non-maggiori sono state registratein 2 pazienti per ogni gruppo di trattamento

(HR: 0.97; 95% Cl: 0.14-6.88; p=0.98)

Cl = Intervallo di confidenza; HR = Hazard Ratio; ULS = Unità lipasemiche

Fig. 5

Efficacia del sulodexide nel trattamentodella prevenzione secondaria delle ricorrenze di TEV

da Andreozzi et al. Circulation 2015

51% di riduzione del rischio di TEVricorrente vs. placebo1

Le recidive di TEV sono state registratein 15 (4.9%) pazienti trattati consulodexide rispetto ai 30 (9.7%)

del placebo(HR:0.49; 95% Cl; 0.27-0.92; p=0.02)1*†

Cl = Intervallo di confidenza; HR = Hazard Ratio; TEV = Tromboembolismo venoso; ULS = Unità lipasemiche* L’analisi aggiustata per età, sesso, indice di eventi, paese, durata della terapia con AVK e ritardo dalla fine del trattamento AVK e larandomizzazione, conferma che il tratamento con il sulodexide riduce il rischio di recidive (adjusted HR: 0.79; 95% Cl: 0.24-0.84; p=0.01)1Nessuna associazione è stata trovata tra la ricorrenza di TEV e la lunghezza al trattamento con AVK (HR: 0.79; 95% Cl: 0.41-1.53; p=0.48)1† Dei 15 episodi di TEV ricorrente con sulodexide, 12 (75%) erano TVP e 3 (25%) erano EP1. Dei 30 episodi di TEV ricorrente nel gruppoplacebo, 24 (80%) erano TVP e 6 (20%) erano EP1

Rischio cumulativo di ricorrenze di TEVin pazienti trattati con sulodexide (n=307) o placebo (n=308)

0.12

0.10

0.08

0.06

0.04

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0.00Ri

schi

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ativ

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0 6 12 18 24Mesi

Placebo

Soludexide

51% di riduzioneHr: 0.4995% Cl: 0.27-0.92p=0.02

Fig. 4

Summary (Sulodexide 500 ULS orale due volte al giorno)

- Sulodexide dimostra di dimezzare le ricorrenze di TEV vs. placebo

- Nessun apparente incremento di rischio emorragico vs. placebo

- Lo studio SURVET fornisce l’evidenza di un nuovo attore, il SULODEXIDE per via orale, alladose di 500ULS bid, che gioca un ruolo dopo il trattamento anticoagulante iniziale.

FOCUSCOAGULUMreport

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sua volta può dare ulcere croniche venose), a 24 mesi dall’evento trombotico, riguarda il 20-30% dei pazienti con terapia elastocompressiva, pre-sidio indispensabile per ridurre la pressione ve-nosa, limitando i danni meccanici prodotti dalla ipertensione venosa sulla parete e sulle valvole venose, ma privo di una efficacia diretta sulla in-tensità della risposta infiammatoria indotta non solo dalla ipertensione venosa, ma anche e so-prattutto dai processi di trombolisi e ricanalizza-zione del vaso colpito da trombosi, soprattutto in presenza di residui trombotici che funzionano da stimolatori della risposta infiammatoria endo-teliale.Da qui il dilemma: facile porre il paziente in trat-tamento anticoagulante orale per sempre, ma a quale prezzo in termini generali?Se per trattamento anticoagulante orale si inten-de il warfarin, dopo un anno di terapia non si ha più la certezza che i benefici siano maggiori dei rischi di sanguinamento maggiore o minore che sia. A ciò si aggiungono le ripercussioni sulla qua-lità della vita come la necessità del monitoraggio diretto su un campione di sangue, l’impossibilità di associare alla TAO verdure, altri cibi, farmaci. Il rischio in caso di emergenza, data l’emivita lunga del dicumarolico.Se per trattamento anticoagulante si intende la somministrazione dei nuovi, siano essi inibitori della trombina o del fattore X° attivato, il profilo di sicurezza è decisamente maggiore, ma i rischi di sanguinamento in caso di emergenza, anche se contenuti dalla breve emivita e dalla attuale disponibilità di antidoti, sono lo stesso aumenta-

ti, rispetto a non predisporre specifiche terapie. I costi di gestione, poi, impongono una adeguata riflessione in tema di risorse economiche limita-te e di razionalizzazione della spesa sanitaria, in base ad una rigida applicazione dei concetti di appropriatezza. (Fig. 3)In alternativa, quindi, alla anticoagulazione, una novità che potrebbe completare le opzioni per la gestione del rischio di episodi recidivanti di TEV e delle sequele post-trombotiche nel medio-lungo periodo, fino a 24 mesi e oltre dall’evento TEV indice, è rappresentata dallo studio SURVET, che ha dimostrato l’efficacia del sulodexide nel prevenire a 24 mesi le recidive di TVP prossimale non provocata, senza alterare il rischio emorra-gico. Lo studio SURVET segue lo studio pilota a 5 anni sulla sindrome post trombotica, nel qua-le sulodexide, ha dimostrato di ridurre in modo significativo lo sviluppo della sindrome stessa, rivelandosi come opzione terapeutica di sicuro interesse non solo nel trattamento delle ulcere venose croniche, ma anche nella loro prevenzio-ne, riducendo la sequenza di fattori di rischio, dagli episodi di TVP allo sviluppo/progressione della sindrome post trombotica che alimentano l’incidenza della sequela con il più elevato impat-to socio-economico.In passato, altri studi avevano cercato di avval-lare la prosecuzione della terapia anticoagulante con un trattamento a base di acido acetilsalicili-co (studi WARFASA e ASPIRE), ottenendo però risultati inferiori a quello di SURVET, con una maggiore incidenza di effetti collaterali e di emor-ragie.

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NautiluV i a g g i o a l C e n t r od e l l a S a l u t e

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• Basso rischio di recidiva, che preferiscono avere unaprotezione ulteriore con una terapia efficace, ma sicura• TVP distale ricorrente• TVS non varicosa ricorrente• Attività sportiva (rischio di traumi maggiori).

Il sulodexide nella prevenzione della SPT

Il Sulodexide, glicoasminoglicano costituito da 80%di eparina a medio-basso peso molecolare (6-8.000

Dalton) e 20% di dermatansolfato,noto per le sue proprietà antitromboti-che, fibrinolitiche ed antinfiammatorievascolari, è utilizzato da tempo per latrattamento della malattia vascolarecronica, incluso la manifestazione piùsevera della SPT come le ulcere venose(Tab. 6). Come detto in precedenza, ridurre lerecidive di TVP, vuol dire anche ridurresignificativamente il rischio di svilup-pare una SPT. A tale proposito un re-cente studio conferma l’efficacia delsulodexide anche nella prevenzionedella SPT. Precisamente Luzzi et al nel2014 hanno pubblicato i dati di un re-

gistro italiano nella prevenzione della SPT dove i pa-zienti, divisi in tre gruppi, sono stati osservati per unperiodo di 5 anni così suddivisi: 167 pazienti trattaticon la sola calza elastica, 124 trattati con calza ela-stica e sulodexide 500 ULS/die, 48 trattati con calzaelastica ed ASA 100mg/die. I risultati hanno mo-strato che il gruppo con sulodexide aveva una inci-denza significativamente inferiore di SPT (p<0.05)rispetto agli altri gruppo. In particolare la comparsadi di SPT a 5 anni dall’evento tromboembolico osser-vata è stata del 19,5% nel primo gruppo (calza ela-stica), del 12,2% nel secondo gruppo, (calza e

Confronto profilo efficacia e sicurezza delle terapie utilizzate per il trattamentodella prevenzione secondaria delle ricorrenze di TEV

1. Andreozzi GM, et al. Circulation. 2015; 132:1891-1897 - 2. Simes J, et al. Circulation 2014; 130:1062-1071 - 3 Schulman S, et al. N Engl J Med. 2013;368(8):709-184. Bauersachs R et al.. N Engl J Med. 2010:363:2499-510 - 5. Agnelli G, et al. N Engl J Med. 2013; 368(8):699-708

Studio

SURVET1

ASPIRE+WARFASA2

RE-SONATE3

EINSTEIN-EXT4

AMPLIFY-EXT5

AMPLIFY-EXT5

Trattamento

Sulodexide

Aspirina

Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban (2.5 mg)

Apixaban (5 mg)

Durata del trattamento

(mesi)

24

24 (48)

6

12

12

12

Rischio di ricorrenzaTEV vs. placebo

0.49 [0.27-0.92]

0.68 [0.51-0.90]

0.08 [0.02-0.25]

0.18 [0.09-0.39]

0.19 [0.11-0.33]

0.20 [0.11-0.34]

p=0.02

p=0.008

p<0.01

p<0.001

-

-

Rischio di emorragiaclinicamente rilevante

vs. placebo

0.97 [0.14-6.88]

1.50 [0.72-3.14]

2.92 [1.52-5.60]

5.19 [2.13-11.7]

1.20 [0.69-2.10]

1.62 [0.96-2.73]

p=0.98

p=0.28

p=0.001

p<0.001

-

-

Tab. 5

Fasi di trattamento per la terapia del TEV

da Blondon et al. Circulation 2015

Legenda: Parenterale (UHF, LMWH, Fondaparinux); EXTENSION (prevenzione secondaria long-term); INR (international normalized ratio); LSU (unità lipasemiche); bid (bis in die); od (once a day)

ParenteraleRivaroxaban 15mg bidApixaban 10 mg bid

Warfarin (INR 2.0-3.0)Rivaroxaban 20mg odApixaban 5mg bidDabigatran 150mg bidEdoxaban 60mg od

Warfarin (INR 2.0-3.0)Rivaroxaban 20mg odApixaban 2.5mg bidDabigatran 150mg bid

Warfarin (INR 1.5-2.0)Aspirin 100mg od*Sulodexide 500LSU bid*

AVVIO(5-21 giorni)

MANTENIMENTO(3 mesi)

EXTENSION(indefinito)

Fig. 6

Figura 3 - Confronto profilo efficacia e sicurezza delle terapie utilizzate per il trattamentodella prevenzione secondaria delle ricorrenze di teV

Page 24: Coagulum Report - marzo 2016

Coagulum report - marzo 201622

REVIEWCOAGULUMreport

L’impego del sulodexide, quindi, apre un nuovo scenario per la gestione della cronicità in questi pazienti e l’indicazione a utilizzare il farmaco alla dose di 500 U/BID, quando il rischio emorragico suggerisce la sospensione della terapia anticoa-gulante, appare sostenuta da una buona eviden-za scientifica. (Fig. 4)L’editoriale di “Nature”, conclude raccomandan-do di utilizzare questi dati come una solida base di partenza per disegnare uno studio di interven-to con un numero maggiore di pazienti, nei quali il sulodexide dovrebbe essere confrontato nel-la continuazione della terapia alla sospensione dell’anticoagulante, con un riferimento standard di trattamento antiaggregante come l’aspirina.Nell’attesa, comunque, di maggiori dati, già sin d’ora, tuttavia, si ritiene appropriato, una volta decisa con i criteri clinici e farmacologici la so-spensione del TAO/NAO, l’instaurazione di una terapia a lungo termine con sulodexide.

BiBlioGraFiaCirculation. 2015;132:1891-1897 http://circ.ahajournals.org/content/132/20/1891.ful l .pdf+htmlNature Reviews Cardiology Year published: (2015) DOI: doi:10.1038/nrcardio.2015.163

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• Basso rischio di recidiva, che preferiscono avere unaprotezione ulteriore con una terapia efficace, ma sicura• TVP distale ricorrente• TVS non varicosa ricorrente• Attività sportiva (rischio di traumi maggiori).

Il sulodexide nella prevenzione della SPT

Il Sulodexide, glicoasminoglicano costituito da 80%di eparina a medio-basso peso molecolare (6-8.000

Dalton) e 20% di dermatansolfato,noto per le sue proprietà antitromboti-che, fibrinolitiche ed antinfiammatorievascolari, è utilizzato da tempo per latrattamento della malattia vascolarecronica, incluso la manifestazione piùsevera della SPT come le ulcere venose(Tab. 6). Come detto in precedenza, ridurre lerecidive di TVP, vuol dire anche ridurresignificativamente il rischio di svilup-pare una SPT. A tale proposito un re-cente studio conferma l’efficacia delsulodexide anche nella prevenzionedella SPT. Precisamente Luzzi et al nel2014 hanno pubblicato i dati di un re-

gistro italiano nella prevenzione della SPT dove i pa-zienti, divisi in tre gruppi, sono stati osservati per unperiodo di 5 anni così suddivisi: 167 pazienti trattaticon la sola calza elastica, 124 trattati con calza ela-stica e sulodexide 500 ULS/die, 48 trattati con calzaelastica ed ASA 100mg/die. I risultati hanno mo-strato che il gruppo con sulodexide aveva una inci-denza significativamente inferiore di SPT (p<0.05)rispetto agli altri gruppo. In particolare la comparsadi di SPT a 5 anni dall’evento tromboembolico osser-vata è stata del 19,5% nel primo gruppo (calza ela-stica), del 12,2% nel secondo gruppo, (calza e

Confronto profilo efficacia e sicurezza delle terapie utilizzate per il trattamentodella prevenzione secondaria delle ricorrenze di TEV

1. Andreozzi GM, et al. Circulation. 2015; 132:1891-1897 - 2. Simes J, et al. Circulation 2014; 130:1062-1071 - 3 Schulman S, et al. N Engl J Med. 2013;368(8):709-184. Bauersachs R et al.. N Engl J Med. 2010:363:2499-510 - 5. Agnelli G, et al. N Engl J Med. 2013; 368(8):699-708

Studio

SURVET1

ASPIRE+WARFASA2

RE-SONATE3

EINSTEIN-EXT4

AMPLIFY-EXT5

AMPLIFY-EXT5

Trattamento

Sulodexide

Aspirina

Dabigatran

Rivaroxaban

Apixaban (2.5 mg)

Apixaban (5 mg)

Durata del trattamento

(mesi)

24

24 (48)

6

12

12

12

Rischio di ricorrenzaTEV vs. placebo

0.49 [0.27-0.92]

0.68 [0.51-0.90]

0.08 [0.02-0.25]

0.18 [0.09-0.39]

0.19 [0.11-0.33]

0.20 [0.11-0.34]

p=0.02

p=0.008

p<0.01

p<0.001

-

-

Rischio di emorragiaclinicamente rilevante

vs. placebo

0.97 [0.14-6.88]

1.50 [0.72-3.14]

2.92 [1.52-5.60]

5.19 [2.13-11.7]

1.20 [0.69-2.10]

1.62 [0.96-2.73]

p=0.98

p=0.28

p=0.001

p<0.001

-

-

Tab. 5

Fasi di trattamento per la terapia del TEV

da Blondon et al. Circulation 2015

Legenda: Parenterale (UHF, LMWH, Fondaparinux); EXTENSION (prevenzione secondaria long-term); INR (international normalized ratio); LSU (unità lipasemiche); bid (bis in die); od (once a day)

ParenteraleRivaroxaban 15mg bidApixaban 10 mg bid

Warfarin (INR 2.0-3.0)Rivaroxaban 20mg odApixaban 5mg bidDabigatran 150mg bidEdoxaban 60mg od

Warfarin (INR 2.0-3.0)Rivaroxaban 20mg odApixaban 2.5mg bidDabigatran 150mg bid

Warfarin (INR 1.5-2.0)Aspirin 100mg od*Sulodexide 500LSU bid*

AVVIO(5-21 giorni)

MANTENIMENTO(3 mesi)

EXTENSION(indefinito)

Fig. 6

Figura 4 - Fasi di trattamento per la terapia del teV

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E’ online www.coagulumreport.it il Giornale della trombosi arteriosa e venosa

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REVIEWTRATTAMENTO DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO

NEI PAZIENTI CON CANCRO

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T R I M E S T R A L E - A N N O 2 - D I C E M B R E 2 0 1 5

IL GIORNALE DELLA TROMBOSI ARTERIOSA E VENOSA

FOCUSSINDROME POST-TROMBOTICA

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DEL PAZIENTE POST-TROMBOTICO

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INSEGNARE LA MEDICINA DEL CUORE E DEI VASI CON

TECNICHE DI SIMULAZIONE

ULCERA VASCOLARE:

DEFINIZIONE, DIAGNOSI, SEGNI CLINICI

IL PUNTODALLA DIAGNOSI ALLA TERAPIA:

TROMBOSI VENOSA PROFONDA

report

report

IL GIORN

ALE DELLA

reportreportreportIL GIORN

TERIOSA E reportreportreportreport

ARARTERIOSA E OMBOSI

TRALE DELLA

VENOSAreportreport

TERIOSA E

VENOSA

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REVIEWREVIEWTO DO DO DEL TROMBOOMBOOMBOOMBOOMBOEETRTRTTNNTI CON CANC CON CANC CON CANC CON CANC CON CANC CON CANC CON CANC CON CANC OORRTI

MBOLMBOLMBOLMBOL SMO SMO SMO SMO VEVENOSO NOSO NOSO IMBOL

NOSO NOSO

IL PL PUALLA DALLA DALLA DALLA DALLA DALLA D AGGAAIIALLA DDD

TRTROMBOSOMBOSOMBOSOMBOSOMBOSI VEOMBOSTR

UNTOGNOSNOSNOS ALLA ALLA ALLA ALLA ALLA TERTERAPAPAPTERTERIG

VEVENOSA PNOSA PNOSA PNOSA PNOSA PRO ONDAONDAONDAONDAFFR

AP A:A:A:IIAPONDAONDA

TROMBOSOMBOSOMBOSOMBOSOMBOSOMBOSIOMBOSTR

VEVENOSA PNOSA PNOSA PNOSA PNOSA P OOFONDAONDAONDAFRR

SINDND

SULODEXIDEULODEXIDEULODEXIDEULODEXIDEULODEXIDEULODEXIDEULODEXIDEULODEXIDE, , OPZIONEOPZIONEOPZIONEOPZIONEOPZIONEOPZIONEOPZIONEULODEXIDEULODEXIDES

ONDAONDA

FOCOCND OMOMOME POST-TR-TR-TROMBOOMBOOMBO-TR-TRTTT-TRT-TROSOSPOMRR

NELLANELLANELLANELLANELLA GEGESTIONETIONETIONETIONETIONE A LUNGOLUNGOLUNGOLUNGOSGE

OCUSOMBOOMBOTITITICACATIOMBOOMBO

LUNGOLUNGO TERMINETERMINETERMINETERMINETERMINETERMINETERMINE

INSNSEGEGNANANS

DOPODOPODOPODOPO OOSPENPENPENSIONEIONEIONESPENSOSS

NARE RE LALA MED CCINANA DIMNA TE

DELDELDEL AZIENTEAZIENTEAZIENTEAZIENTEAZIENTEAZIENTEAZIENTEAZIENTE POPOST-TROMBOTICO-TSPOPPPAZIENTEPAZIENTE

IONEIONE DELLADELLADELLADELLADELLA TERAPIATERAPIATERAPIATERAPIATERAPIATERAPIATERAPIA ANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTE

DEL C OORE E RE E RE E DEI VEI VEI VDUCTECNCNCNICHE HE DI SIMUMIITETE

TROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICOTROMBOTICO

ANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTEANTICOAGULANTE

ASASASI CONCONCONEI VEI VEI VASEI VASULAZLAZLAZIONONE ILAZ

T R I M E S

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N N O 2 - D I C E M B R E 2 0 1 5

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N N O 2 - D I C E M B R E 2 0 1 5

ULCULCULCERA A ASCOLAASCOLAASCOLAVVVASCOLAVASCOLAERER

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Coagulum report - marzo 201624

iNtrodUZioNreCirca 5-8% dei pazienti sottoposti and angio-plastica coronarica, generalmente associata ad impianto di stent (PCI-S), hanno indicazione alla terapia anticoagulante orale (TAO), per lo più per fibrillazione atriale (FA), e circa il 10% dei pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta (SCA) sviluppa FA e quindi indicazione a TAO (1,2). La terapia antitrombotica in entrambi i contesti è complessa, data l’indicazione alla TAO da un lato ed alla duplice antiaggregazione piastrinica (DAPT) con aspirina ed un inibitore del recet-tore P2Y12 (clopidogrel, prasugrel o ticagrelor) dall’altro. Infatti, la terapia antitrombotica ottima-le per la prevenzione dell’ictus nella FA, e cioè la TAO (generalmente con warfarin), è inferiore alla DAPT per la prevenzione della trombosi di stent dopo PCI-S e degli eventi cardiaci ricorrenti dopo SCA (3), mentre la terapia ottimale per la prevenzione della trombosi di stent e degli eventi cardiaci ricorrenti dopo SCA, e cioè la DAPT, è inferiore alla TAO nella prevenzione dell’ictus nella FA (4). Ne risulta pertanto l’indicazione ad un trattamento combinato con TAO ed antiag-greganti piastrinici (1, 5-7).Nell’ultimo decennio sono venute progressiva-mente accumulandosi evidenze sulla gestione della terapia antitrombotica in questa popolazio-ne di pazienti, sulla base delle quali sono sta-te formulate le correnti raccomandazioni per la pratica clinica quotidiana (1, 5-7). Ulteriori ricer-che tuttavia sono giustificate perché le eviden-ze attualmente disponibili sono generalmente di qualità sub-ottimale, essendo per lo più derivate da studi monocentrici, osservazionali, di coorte o dall’analisi di database amministrativi, mentre in nessun caso provengono da studi prospettici, randomizzati, in doppio cieco. Il recente avvento

nella pratica clinica di nuovi agenti antipiastrinici, quali prasugrel e ticagrelor, e dei nuovi anticoagu-lanti orali (NAO), quali dabigatran, rivaroxaban e apixaban, ha ulteriormente aumentato il numero di possibili combinazioni di farmaci antitromboti-ci, rendendo ancora più complessa l’identifica-zione della combinazione con il migliore bilancio tra efficacia e sicurezza nel singolo paziente.

teraPia aNtitroMBotiCa doPo PCi-S Nel PaZieNte iN tao CroNiCa Per Fi-BrillaZioNe atrialeIn considerazione del rischio di trombosi di stent ed eventi cardiaci avversi progressivamente de-crescente all’allontanarsi dall’evento indice, l’in-tensità della terapia antitrombotica va modulata di conseguenza. Dopo PCI-S e/o SCA possono essere identificati 2 momenti fondamentali: il me-dio-termine ed il lungo-termine. Il medio-termine può essere definito come il periodo di tempo in cui il rischio di trombosi di stent ed eventi co-ronarici ricorrenti è più elevato e corrisponde ai primi 12 mesi dopo PCI-S e/o SCA, indipenden-temente dal fatto che sia stato impiantato uno stent metallico (BMS) od a rilascio di farmaco (DES), ai primi 6-12 mesi dopo PCI-S elettiva con impianto di DES di nuova generazione (ma tale durata può essere anche più breve con stent a rilascio di everolimus o zotarolimus) ed al primo mese dopo PCI-S elettiva con impianto di BMS. Il lungo-termine invece corrisponde al periodo indeterminato successivo ai primi 12 mesi dall’e-vento indice (8).

terapia a medio termine. Nel medio termine, la terapia antitrombotica nei pazienti in TAO per FA sottoposti a PCI-S dovrebbe essere efficace nel prevenire la trombosi di stent, gli eventi car-

Fibrillazione atriale, angioplastica coronarica ed anticoagulanti orali:

la gestione della terapia antitrombotica

Andrea Rubboli, Silvia Zagnoni, Giuseppe Di PasqualeUnità Operativa di Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna

Page 27: Coagulum Report - marzo 2016

Coagulum report - marzo 2016 25

diaci ricorrenti e l’ictus, limitando nel contempo il rischio di sanguinamento. A tal fine, viene ge-neralmente raccomandata la triplice terapia (TT) con TAO (generalmente con warfarin), aspirina e clopidogrel, che va tuttavia proseguita per il più breve tempo possibile, mirata ad un ridotto In-ternational Normalized Ratio (INR) di 2.0-2.5, ot-timizzata al mantenimento di un tempo trascorso nel range terapeutico (TTR) > 70% ed associata all’uso estensivo di gastroprotezione con inibitori della pompa protonica (1, 5) (Tabella 1). A queste misure, tutte volte a limitare il rischio di sanguina-mento, va poi associata l’astensione dall’uso di

inibitori del recettore P2Y12 più potenti di clopi-dogrel, e cioè prasugrel e ticagrelor (1), in quanto dimostratisi meno sicuri di clopidogrel tanto in DAPT con aspirina in studi condotti in pazienti con SCA (9, 10) quanto in TT con antagonisti della vitamin K ed aspirina in pazienti dimessi in TT dopo PCI-S (11).La maggior parte delle evidenze relative alla TT deriva da popolazioni nelle quali la TAO era ge-neralmente condotta con warfarin. Per quanto riguarda invece i NAO, i dati disponibili sono as-sai limitati e derivano sostanzialmente solo da un’analisi post-hoc dello studio RE-LY, nel quale

tabella 1 - indicazioni per la gestione terapeutica nel medio termine (primi 12 mesi post PCi-S)

Trattamento iniziale

Durata della TT

Intensità dellascoagulazione

Attenzioni particolari

Prosecuzione terapiadopo TTg

TT (ASA bassa dosea, clopidogrel,AVK)

PCI elettiva + BMS: 1 mese

PCI elettiva + DES nuova

generazione: 6 mesib

PCI in SCA + BMS/DES nuova

generazione: 6 mesic

Ridotta: INR 2-2.5

Monitoraggio frequente INRd

Elevata qualità TAO (TTR>70%)

Protezione gastrica di routinee

AVKh,l + singolo antiaggregante m

TT (ASA bassa dosea, clopidogrel,NAO)

PCI elettiva + BMS: 1 mese

PCI elettiva + DES nuova

generazione: 6 mesib

PCI in SCA + BMS/DES nuova

generazione: 6 mesic

Ridotta:

Dabigatran 110 mg BIDRivaroxaban 15 mg ODApixaban 2,5 mg BID

Frequenti controlli dei parametridi laboratorio f

Protezione gastrica di routinee

NAOi,l + singolo antiaggregantem

AVK NAO

Terapia antitrombotica Intensità di scoagulazione

AVK in monoterapiaa

Standard (INR 2.0-3.0) NAO in monoterapiab

Standardc

AVK NAO

a75-100 mg/die, può essere valutato il non utilizzo in caso di pazienti a rischio emorragico molto elevato; bin caso di elevato rischio emorra-gico e utilizzo di DES di nuova generazione (ZES, EES) può essere limitato l’utilizzo di TT a un mese; cin caso di elevato rischio emorragico eutilizzo di BMS o DES di nuova generazione (ZES, EES) può essere limitato l’utilizzo di TT a un mese; dogni 2 settimane; epreferibilmentecon IPP che non interferiscono con il metabolismo del clopidogrel (pantoprazolo); fclearance della creatinina, emoglobina con cadenzamensile; gdopo il primo periodo di 1-6 mesi di TT; hrange INR standard; idosaggio standard, salvo diversa indicazione all’uso di dosaggio ri-dotto.; lAVK/NAO in monoterapia possono essere considerati dopo PCI-S elettiva con BMS; mASA a bassa dose (75-100 mg/die) o clopido-grel.TT: triplice terapia, ASA: acido acetil-salicilico, AVK: antagonista della vitamina K, NAO: nuovi anticoagulanti orali, BMS: stent non medicato(bare metal stent), DES: stent medicato (drug eluting stent), INR: international normalized ratio, BID: due volte al giorni, OD: una volta algiorno, TAO: terapia anticoagulante orale, TTR: time in therapeutic range, SCA: sindrome coronarica acuta. ZES: zotarolimus eluting stent,EES: everolimus eluting stent; IPP: inibitori della pompa protonica

al’associazione con ASA a bassa dose (75-100 mg/die) o clopidogrel a lungo termine può essere considerata in pazienti a basso rischioemorragico e se sussistono condizioni particolari (PCI-S del tronco comune o ultimo vaso pervio, anamnesi di trombosi di stent, eventi car-diaci ricorrenti); b l’associazione con ASA a bassa dose (75-100mg/die) o clopidogrel a lungo termine può essere considerata in pazienti abasso rischio emorragico (in particolare di sanguinamenti gastrointestinali) e se sussistono condizioni particolari (PCI-S del tronco comuneo ultimo vaso pervio, anamnesi di trombosi di stent, eventi cardiaci ricorrenti); csalvo altre indicazioni all’utilizzo di dosaggi ridotti.AVK: antagonista della vitamina K, NAO: nuovi anticoagulanti orali; ASA: acido acetil-salicilico; PCI-S: angioplastica con stent; INR: interna-tional normalized ratio.

tabelle rubboli:Layout 1 26/04/16 10.40 Pagina 1

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Coagulum report - marzo 201626

dabigatran ai due dosaggi di 110 e 150 mg due volte al giorno è stato confrontato con warfarin per la prevenzione di ictus/embolia sistemica nei pazienti con FA (12). In 812 pazienti (pari al 4.5% dell’intera popolazione) degli oltre 18.000 arruo-lati nello studio, sono stati somministrati per un certo periodo sia la TAO (secondo la randomiz-zazione prevista dal protocollo) che la DAPT con aspirina e clopidogrel (13). L’analisi dei risultati ha evidenziato come il rischio relativo (RR) di sanguinamento maggiore con TT rispetto a TAO da sola è risultato pari al 2.31 (97% intervallo di confidenza [CI] 1,79-2,98), indipendentemente dal fatto che la TAO fosse condotta con warfarin, dabigatran 110 mg o dabigatran 150 mg (13). Sulla base di questi dati, oltre che di ulteriori evi-denze provenienti tuttavia dal contesto clinico della SCA (in assenza di FA), in cui la TT con NAO (apixaban), alla dose di 5 mg due volte al giorno (cioè la stessa impiegata per la preven-zione di ictus nella FA), aspirina e clopidogrel, è risultata associata ad un RR di sanguinamento maggiore rispetto a DAPT analogo a quello di TT con warfarin, aspirin e clopidogrel (14), le rac-comandazioni per il trattamento a medio termi-ne dei pazienti in TAO per FA sottoposti a PCI-S sono da considerarsi valide indipendentemente che la TAO in corso sia con warfarin o NAO. Ed in particolare, si ritiene che la TAO in corso al momento di PCI-S, sia essa con warfarin o NAO, vada generalmente confermata (15) (Tabella 1). L’avvertenza tuttavia è che qualora la TAO in cor-so sia con un NAO, la dose di quest’ultimo deb-ba essere ridotta a quella più bassa valutata negli studi clinici per la prevenzione di ictus/embolia sistemica nella FA, e cioè dabigatran 110 mg due volte al giorno, rivaroxaban 15 mg 1 volta al giorno ed apixaban 2.5mg due volte al giorno (1, 6) (Tabella 1).

In alternativa alla TT, la duplice terapia (DT) con antagonisti della vitamina K e clopidogrel è stata recentemente indagata nello studio prospettico randomizzato WOEST, che ne ha dimostrato un profilo di sicurezza ed efficacia significativamente superiore (16). In considerazione dei limiti dello studio WOEST, quali le piccole dimensioni, il di-segno in aperto, l’inclusione di pazienti principal-mente elettivi (in cui il rischio di trombosi stent è inferiore rispetto a quelli con SCA), la mancanza di una significativa riduzione degli eventi emor-ragici maggiori e della mortalità cardiaca (nono-stante un effetto sulla mortalità da causa non cardiovascolare), la DT non va oggi considerata

un trattamento di routine, ma può essere invece considerata in pazienti selezionati ad aumentato rischio di sanguinamento e concomitante basso rischio di trombosi di stent ed eventi cardiaci ri-correnti (1). Pur in assenza di dati specifici relativi alla DT con NAO e clopidogrel, peraltro in corso di valutazione negli studi clinici PIONEER AF-PCI con rivaroxaban (17) e RE-DUAL PCI con dabi-gatran (18), le considerazioni valide per la DT con warfarin vanno al momento considerate valide anche per i NAO. Va sottolineato invece che attualmente non vi è indicazione a DT con warfarin (o NAO) ed aspi-rina, in considerazione della riconosciuta insuffi-ciente protezione nei confronti della trombosi di stent (19).Al termine del periodo di TT, uno dei due an-tiaggreganti piastrinici, aspirina o clopidogrel (in base al rischio individuale di sanguinamento, so-prattutto gastrointestinale, e di trombosi di stent) va sospeso, e la duplice terapia (DT) con TAO, sia con warfarin che con NAO, e singolo antiag-gregante piastrinico va proseguita fino al dodice-simo mese dalla PCI-S e/o SCA (1, 6) (Tabella 1). La DT con warfarin (e probabilmente anche NAO) ed aspirina infatti, si è dimostrata ugualmente ef-ficace rispetto al gold standard rappresentato dalla DAPT dopo SCA, anche se il rischio di san-guinamento è risultato più elevato (20).

terapia a lungo termine. Una volta trascorsi 12 mesi dall’evento indice, sia PCI-S (con DES) che SCA, il rischio di trombosi di stent e recidive ischemiche risulta basso, al contrario del rischio di ictus associato alla FA, che invece non varia sostanzialmente in funzione del tempo. Per tale motivo, l’intensità della terapia antitrombotica va ulteriormente ridotta e la DT in corso, con antico-agulante orale e singolo antiaggregante piastrini-co (sia esso aspirina o clopidogrel), trasformata in monoterapia con solo anticoagulante orale (1, 6) (Tabella 2). Questa infatti, quando storicamen-te condotta con warfarin, ha dimostrato di esse-re almeno altrettanto efficace dell’aspirina nella prevenzione secondaria dopo infarto miocardico acuto (20). Pur in assenza di dati specifici, tali considerazioni vengono attualmente estese an-che ai NAO in virtù del comune effetto anticoa-gulante (6). La DT prolungata in pazienti stabili dopo SCA e/o rivascolarizzazione percutanea/chirurgica si è invece dimostrata associata ad un aumenta-to rischio di sanguinamento rispetto a TAO (con warfarin) in monoterapia, senza alcun vantaggio

Page 29: Coagulum Report - marzo 2016

Coagulum report - marzo 2016 27

sostanziale sulla mortalità (21). Per tale motivo, la DT prolungata (cioè > 12 mesi) dopo PCI-S e/o SCA nel paziente in TAO per FA non va uti-lizzata routinariamente, mentre può esse invece presa in considerazione in casi selezionati a bas-so rischio emorragico e nei quali un eventuale evento ischemico potrebbe avere conseguenze catastrofiche, quali ad esempio la trombosi di stent impiantato sul tronco comune della co-ronaria sinistra o sull’ultimo vaso pervio, od in presenza di un rischio ischemico particolarmente elevato, quale ad esempio in caso di diffusa ma-lattia coronarica, di pregressa trombosi di stent o di eventi ischemici ricorrenti (1, 6, 15) (Tabella 2).

teraPia aNtitroMBotiCa Nel PaZieN-te CoN FiBrillaZioNe atriale di NUo-Va iNSorGeNZa doPo PCi-SSe vi è accordo che in un paziente con FA in TAO (con warfarin o NAO) che venga sottoposto a PCI-S, l’anticoagulante in corso (sia warfarin o NAO) non vada generalmente modificato, una scelta tra le varie modalità di anticoagulazione orale (cioè warfarin oppure NAO, e se NAO, quale ed a quale dose) deve essere invece ob-bligatoriamente fatta quando la FA insorga pre-cocemente dopo PCI-S, e cioè quando sia stata già instaurata DAPT con aspirina ed inibitore del recettore P2Y12 (e cioè clopidogrel, prasugrel o ticagrelor). In base a quanto discusso precedentemente, prasugrel e ticagrelor, se in corso, vanno anzi-tutto sostituiti con il meno potente (e quindi più sicuro) clopidogrel (1, 6) (Figura 1). La combina-zione di anticoagulazione orale (con warfarin o NAO), aspirina e prasugrel/ticagrelor in triplice combinazione non è infatti oggi raccomandata

per l’elevato rischio emorragico (1, 6). Il manteni-mento di prasugrel o ticagrelor in corso potrebbe essere considerato solo qualora si opti per una combinazione antitrombotica costituita da DT con anticoagulante orale ed inibitore del recetto-re P2Y12. Come discusso precedentemente tut-tavia, tale combinazione non è attualmente con-sigliata di routine ed andrebbe invece riservata a pazienti selezionati ad elevato rischio emorragico e concomitante basso rischio ischemico (1, 6).Relativamente alla scelta della TAO, le eviden-ze disponibili suggeriscono che dabigatran alla dose ridotta di 110 mg due volte al giorno possa rappresentare l’opzione più vantaggiosa in asso-ciazione a DAPT (22) (Figura 1). In pazienti con FA infatti, dabigatran 110 mg due volte al giorno, si è dimostrato altrettanto efficace e significati-vamente più sicuro di warfarin sull’incidenza di ictus/embolia sistemica e sanguinamento mag-giore, rispettivamente (12). Nella medesima po-polazione inoltre, il profilo di sicurezza riguardo all’incidenza di sanguinamento gastrointestinale, che rappresenta la tipologia più frequente nei pa-zienti in triplice terapia, è risultato analogo fra da-bigatran 110 mg e warfarin (12). A ciò si aggiunga infine, che il rischio di sanguinamento maggiore con dabigatran 110 mg due volte al giorno in associazione a singolo o duplice antiaggregante piastrinico è risultato analogo a quello di warfarin nelle medesime combinazioni (13).In alternativa, possono essere considerati apixa-ban alla dose ridotta di 2.5 mg due volte al gior-no o rivaroxaban anch’esso alla dose ridotta di 15 mg una volta al giorno (22) (Figura 1). Va tuttavia sottolineato che l’efficacia e la sicurezza dei dosaggi ridotti sopra riportati non sono state investigate nella popolazione generale di pazienti

tabella 2 - indicazioni per la gestione terapeutica nel lungo termine (oltre i 12 mesi post PCi-S)

Trattamento iniziale

Durata della TT

Intensità dellascoagulazione

Attenzioni particolari

Prosecuzione terapiadopo TTg

TT (ASA bassa dosea, clopidogrel,AVK)

PCI elettiva + BMS: 1 mese

PCI elettiva + DES nuova

generazione: 6 mesib

PCI in SCA + BMS/DES nuova

generazione: 6 mesic

Ridotta: INR 2-2.5

Monitoraggio frequente INRd

Elevata qualità TAO (TTR>70%)

Protezione gastrica di routinee

AVKh,l + singolo antiaggregante m

TT (ASA bassa dosea, clopidogrel,NAO)

PCI elettiva + BMS: 1 mese

PCI elettiva + DES nuova

generazione: 6 mesib

PCI in SCA + BMS/DES nuova

generazione: 6 mesic

Ridotta:

Dabigatran 110 mg BIDRivaroxaban 15 mg ODApixaban 2,5 mg BID

Frequenti controlli dei parametridi laboratorio f

Protezione gastrica di routinee

NAOi,l + singolo antiaggregantem

AVK NAO

Terapia antitrombotica Intensità di scoagulazione

AVK in monoterapiaa

Standard (INR 2.0-3.0) NAO in monoterapiab

Standardc

AVK NAO

a75-100 mg/die, può essere valutato il non utilizzo in caso di pazienti a rischio emorragico molto elevato; bin caso di elevato rischio emorra-gico e utilizzo di DES di nuova generazione (ZES, EES) può essere limitato l’utilizzo di TT a un mese; cin caso di elevato rischio emorragico eutilizzo di BMS o DES di nuova generazione (ZES, EES) può essere limitato l’utilizzo di TT a un mese; dogni 2 settimane; epreferibilmentecon IPP che non interferiscono con il metabolismo del clopidogrel (pantoprazolo); fclearance della creatinina, emoglobina con cadenzamensile; gdopo il primo periodo di 1-6 mesi di TT; hrange INR standard; idosaggio standard, salvo diversa indicazione all’uso di dosaggio ri-dotto.; lAVK/NAO in monoterapia possono essere considerati dopo PCI-S elettiva con BMS; mASA a bassa dose (75-100 mg/die) o clopido-grel.TT: triplice terapia, ASA: acido acetil-salicilico, AVK: antagonista della vitamina K, NAO: nuovi anticoagulanti orali, BMS: stent non medicato(bare metal stent), DES: stent medicato (drug eluting stent), INR: international normalized ratio, BID: due volte al giorni, OD: una volta algiorno, TAO: terapia anticoagulante orale, TTR: time in therapeutic range, SCA: sindrome coronarica acuta. ZES: zotarolimus eluting stent,EES: everolimus eluting stent; IPP: inibitori della pompa protonica

al’associazione con ASA a bassa dose (75-100 mg/die) o clopidogrel a lungo termine può essere considerata in pazienti a basso rischioemorragico e se sussistono condizioni particolari (PCI-S del tronco comune o ultimo vaso pervio, anamnesi di trombosi di stent, eventi car-diaci ricorrenti); b l’associazione con ASA a bassa dose (75-100mg/die) o clopidogrel a lungo termine può essere considerata in pazienti abasso rischio emorragico (in particolare di sanguinamenti gastrointestinali) e se sussistono condizioni particolari (PCI-S del tronco comuneo ultimo vaso pervio, anamnesi di trombosi di stent, eventi cardiaci ricorrenti); csalvo altre indicazioni all’utilizzo di dosaggi ridotti.AVK: antagonista della vitamina K, NAO: nuovi anticoagulanti orali; ASA: acido acetil-salicilico; PCI-S: angioplastica con stent; INR: interna-tional normalized ratio.

tabelle rubboli:Layout 1 26/04/16 10.40 Pagina 1

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con FA arruolati negli studi clinici di riferimento, ma piuttosto adattate a specifiche caratteristiche cliniche e laboratoristiche dei pazienti tali da in-crementare il rischio emorragico (12, 23, 24). Per questo motivo, in assenza di fattori che aumenta-no il rischio di sanguinamento, e in particolare di disfunzione renale, il beneficio clinico netto (vale a dire, l’incidenza combinata di eventi cardiova-scolari avversi e sanguinamento maggiore) dei regimi a dosaggio ridotto appare incerto. Con-siderando che in effetti, la sicurezza potrebbe probabilmente essere aumentata, l’efficacia sulla prevenzione di ictus/embolia sistemica potrebbe

risultare insufficiente. Va d’altro canto considera-to che la probabile minore efficacia sulla preven-zione di ictus/embolia sistemica esercitata dalle dosi ridotte di apixaban e rivaroxaban potrebbe beneficiare dell’effetto additivo della DAPT, che comunque è in grado di ridurre il rischio di ictus di circa il 30% rispetto al placebo (25).Anche il warfarin potrebbe infine essere scelto come anticoagulante orale da aggiungere alla DAPT in corso quando compaia FA (15). In effet-ti, la maggior parte dell’evidenza in ambito di TT è stata ottenuta con warfarin quale anticoagu-lante orale. Da un lato però la fase di induzione di una TAO con warfarin in pazienti naïve a tale trat-tamento è noto essere associata ad un elevato rischio emorragico, mentre dall’altro la superiore efficacia e maneggevolezza dei NAO rendono questi ultimi preferibili per un trattamento a lun-go termine. Pertanto la scelta dell’anticoagulante orale da aggiungere ad una DAPT in corso do-vrebbe probabilmente basarsi su parametri con-siderati validi per il lungo termine, quali efficacia, sicurezza, interferenze farmacologiche, stimata aderenza al trattamento, stimata qualità dell’an-ticoagulazione ecc., piuttosto che sul presunto rischio emorragico di una TT che comunque si protrarrà solo per alcune settimane (15, 22).Una volta che l’anticoagulante orale è stato scel-to in aggiunta alla DAPT con aspirina e clopi-dogrel, le medesime raccomandazioni discusse precedentemente in merito alla gestione a medio e lungo termine di questi pazienti vanno ritenute valide (15, 22) (Tabelle 1 e 2). Qualora tuttavia sia stato scelto un NAO quale anticoagulante, un controllo ravvicinato, ad esempio mensile, di fun-zionalità renale ed esame emocromocitometrico è auspicabile durante tutta la durata della triplice terapia al fine di individuare tempestivamente un eventuale incremento del rischio emorragico e/o un’anemizzazione intercorrente (15).

CoNClUSioNiPur in assenza di solida evidenza, esistono oggi delle raccomandazioni condivise sulla gestione della terapia antitrombotica nei pazienti con con-comitante FA e PCI-S/SCA. Tra queste vi sono essenzialmente l’impiego della triplice terapia con TAO (sia warfarin che NAO), aspirina e clopi-dogrel quale combinazione antitrombotica inizia-le, da proseguire peraltro per il più breve tempo possibile, ad una intensità ridotta ed in asso-ciazione a gastroprotezione. Casi selezionati ad elevato rischio emorragico e ridotto rischio di eventi cardiaci avversi e trombosi di stent posso-

Figura 1 - Suggerimenti relativi all’anticoagulante orale da aggiungere alla terapia antiaggregante nei pazienti già in duplice antiaggregazione con aspirina e clopidogrel che sviluppano fibrillazione atriale.daPt: duplice antiaggregazione piastrinica; Fa: fibrillazione atriale; Bid: due volte al giorno; od: una volta al giorno; iNr: international Normalized ratio

Paziente in DAPT(aspirina + clopidogrel +)

che sviluppa FA

ia. Dabigatran 110 mg BID

b. Apixaban 2,5 mg BID

c. Rivaroxaban 15 mg OD

d. Warfarin (INR target 2.0-2.5)

+ se pragugrel/ticagrelor in corso, è racco-mandato lo switch a clopidogrel

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BiBlioGraFia1. Lip GY, Windecker S, Huber K, et al. Management of

Antithrombotic Therapy in Atrial Fibrillation Patients Pre-senting With Acute Coronary Syndrome and/or Under-going Percutaneous Coronary or Valve Interventions: A joint Consensus Document of the European Society of Cardiology  Working Group on Thrombosis, European Heart Rhythm Association [EHRA], European  Asso-ciation of Percutaneous Cardiovascular Interventions [EAPCI] and European  Association of Acute Cardiac Care [ACCA]. Endorsed by the Heart Rhythm Society (HRS) and Asia-Pacific Heart Rhythm Society (APHRS). Eur Heart J 2014; 35:3155-79.

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13. Dans AL, Connolly SJ, Wallentin L, et al. Concomitant use of antiplatelet therapy with dabigatran or warfarin in the Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagula-tion Therapy (RE-LY) trial. Circulation 2013; 127:634-640.

14. Alexander JH, Lopes RD, James S, et al.; APPRAISE-2

no essere oggi considerati per una DT con TAO (essenzialmente con warfarin, dal momento che dati relativi ai NAO non sono ancora disponibili). La varie opzioni terapeutiche, quali warfarin e NAO relativamente alla TAO, e clopidogrel, pra-sugrel e ticagrelor, relativamente all’antiaggrega-zione piastrinica, vanno attentamente considera-

te nella pratica clinica al fine di personalizzare il trattamento e cercare di massimizzare il benefi-cio clinico netto delle complesse combinazioni antitrombotiche richieste per prevenire sia l’ictus che gli eventi cardiaci avversi in questa peculiare, ma epidemiologicamente rilevante, popolazione.

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Investigators. Apixaban with antiplatelet therapy af-ter acute coronary syndrome. N Engl J Med 2011; 365:699-708.

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Fabrizio MarianiValdisieve Hospital, Div. Di Chirurgia Vascolare - Pontassieve (Firenze)

Presidente Collegio Italiano di Flebologia CIFSegretario Generale “Multidisciplinary Joint Committee in Phlebology” UEMS - EU

la teraPia CoMPreSSiVa: GUida Nel trattaMeNto dell’ UlCera VeNoSaNonostante la terapia compressiva sia sempre stata applicata con successo nella guarigione delle ulcere venose non è disponibile a tutt’og-gi una procedura ottimale di esecuzione di tale terapia. La compressione svolge un ruolo cen-trale nella cura delle ulcere venose. I fattori da considerare prima di applicarla sono: la diagnosi accurata (la patogenesi dell’ulcera è determi-nante nella scelta della terapia), la presenza di controindicazioni (arteriopatie ostruttive, insuf-ficienza cardiaca grave etc.) ed eventuali com-plicazioni (infezione, ipodermodermiti etc.); la possibilità di deambulare del paziente; la con-formazione anatomica dell’arto (per i motivi già esposti); le condizioni della cute (una cute fragile oppure zone di atrofia bianca possono essere danneggiate da una pressione troppo forte). La maggioranza degli studi controllati e randomiz-zati mostra che la compressione da sola facilita la guarigione delle ulcere venose (raccomanda-zione di grado 1A, secondo il grading di Guyatt G et al., CHEST 2006), è invece più complesso definire la migliore compressione e il relativo rap-porto costo-efficacia. La compressione forte (35-45 mmHg alla cavi-glia) sembra essere più efficace della compres-sione meno intensa (15-25 mmHg all caviglia) e i bendaggi multistrato sono risultati più efficaci di quelli mono e bi-strato. Non sono state rilevate differenze tra calze, Unna boot e bendaggi ela-stici e anelastici multistrato ad elevata compres-sione. In base a questi dati si raccomanda l’uso di compressione elastica e anelastica multistra-to ad elevata intensità per la cura delle ulcere

venose; nei pazienti non deambulanti o con la caviglia immobilizzata si raccomanda l’impiego di bendaggi elastici multistrato, poiché gli ane-lastici non riescono ad esercitare adeguati livelli di compressione se la pompa muscolare del pol-paccio è debole o inefficiente. La compressione pneumatica intermittente può essere aggiunta se la guarigione dell’ulcera non procede regolar-mente, anche se non esistono in letteratura pro-ve sufficienti al riguardo.I dati disponibili mostrano che la terapia più effi-cace è anche la più costosa: gli studi di Franks e Posnett (2003) evidenziano peraltro come il rapporto costo-efficacia della compressione for-te multistrato sia migliore di quello della terapia convenzionale. Nonostante il costo iniziale della prima opzione sia quadruplo rispetto alla secon-da il costo settimanale è inferiore, grazie alla mi-nore frequenza di sostituzione del bendaggio, e anche se l’efficacia della terapia fosse la stessa il rapporto rimarrebbe comunque a favore della prima modalità. A ciò si aggiunge il fatto che il tempo medio di guarigione è sensibilmente infe-riore con l’applicazione di bendaggi multistrato fortemente compressivi. L’uso della calza elastica terapeutica può essere esteso ai pazienti con ulcera venosa di dimensio-ni contenute in fase attiva, come indicato dagli studi della Horakova H. e coll. (1994) e Mariani F. e coll. (2008) (raccomandazione di grado 1A). Su queste basi sono oggi a disposizione del medi-co vari sistemi compressivi cosiddetti “avanzati” (Ulcer-Kit®, Tubulcus®, Tubi-press®, Mediven® Ulcer kit, Jobst® UlcerCARE): essi dovranno es-sere valutati sia dal punto di vista clinico (pres-sioni esercitate, tollerabilità e tempi di guarigione delle ulcere venose) che nel rapporto costo-be-

l’ulcera venosa: linee guida di trattamento compressivo

e terapia medica

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neficio rispetto all’uso del bendaggio e della cal-za elastica terapeutica.Il protocollo terapeutico compressivo prevede in sintesi che: nella fase acuta dell’ulcera venosa, dopo l’eventuale debridement del fondo, venga usato un bendaggio anelastico, da rinnovare in media ogni quattro giorni nelle fasi iniziali della terapia e ogni sette giorni in seguito. Riserviamo i bendaggi a quattro strati (four layer bandage Pro-fore® Smith & Nephew, Rosidal sys® Lohmann & Rauscher, o bi layer bandage, Coban 2® 3M, Jobst® Comprifore LF, Jobst® Comprifore Lite LF) ai pazienti che presentano edemi indurativi o linfatici associati e ulcere venose ribelli alla tera-pia convenzionale, oppure ai casi in cui è presen-te una insufficienza venosa profonda primitiva o secondaria a TVP e nei pazienti scarsamente deambulanti. Nella maggioranza delle ulcere ve-nose una semplice medicazione assorbente non aderente offre una protezione sufficiente sotto il bendaggio; la medicazione va comunque scelta in base alle caratteristiche della lesione e della cute perilesionale, valutando anche altri fattori quali la presenza di essudato e la sintomatologia. L’uso della calza antitromboembolia e della calza elastica di 2a classe o dei sistemi compressivi “avanzati” è limitato a ulcere di dimensioni con-tenute e nelle fasi finali del processo riparativo cutaneo. Preferiamo utilizzare in queste fasi la calza antitromboembolia (18 mmHg alla cavi-glia), o una sottocalza elastica come nel nuovo sistema Ulcer-X® Sigvaris, a permanenza sopra la medicazione e un tutore elastico di 2a classe terapeutica (23-32 mmHg alla caviglia) durante il giorno per due motivi: il primo perché la cal-za potrà poi essere portata dal paziente anche dopo la guarigione, con una riduzione dei costi rispetto all’acquisto di sistemi compressivi spe-cifici al periodo dell’ulcera attiva; il secondo per-ché dalla sovrapposizione di calze a elasticità diversa risulta una compressione efficace (40-50 mmHg alla caviglia) con pressioni di lavoro più alte rispetto alla calza singola e in generale ai vari sistemi compressivi citati. L’efficacia della terapia deve essere controllata continuamente. E’ stato studiato il rapporto tra il grado di miglioramento dell’ulcera rilevato dopo quattro settimane e la guarigione: se la lesione migliora clinicamente e si riduce sensibilmente è consigliabile continuare con la terapia iniziale, mentre se ciò non avviene o se cambia lo stato di salute del paziente è necessario un riesame clinico-diagnostico ed eventualmente un prelie-vo per la coltura batterica e/o una biopsia. L’uso

di terapie aggiuntive (mediche e chirurgiche, tra-pianti cutanei etc.) è consigliato ai pazienti che mostrano solo modesti miglioramenti nelle prime 3-4 settimane di terapia o che non guariscono, dopo avere investigato sulle cause del rallenta-mento del processo di guarigione. A nostro avvi-so si deve comunque considerare precocemente l’utilizzo di una terapia attiva, quale la chirurgia, in associazione alla terapia compressiva anche prima di avere ottenuto la guarigione della lesio-ne, poiché la rimozione delle cause dell’insuffi-cienza venosa, quando possibile, ha il duplice effetto di accelerare la riepitelizzazione e ridurre l’incidenza delle recidive.Le recidive delle ulcere venose sono frequenti sia a breve che a lungo termine variando dal 20 al 75%. Una delle terapie più efficaci è la calza elastica terapeutica, purché eserciti una com-pressione di almeno 35-45 mmHg alla caviglia. Nell’ambito dei tutori elastici preferiamo prescri-vere in questi casi una calza in gomma naturale (il gambaletto è quasi sempre sufficiente) per le caratteristiche elastomeriche della fibra, che ga-rantiscono una pressione elevata durante tutto l’arco della giornata, a differenza di altre fibre che mostrano una lenta caduta della pressione dopo alcune ore di uso. L’efficacia della terapia è stret-tamente dipendente dalla prescrizione (tipo di calza e misura) e dal rinnovo regolare delle calze. La compliance del paziente alla terapia compres-siva rappresenta un altro aspetto determinante per il risultato. L’informazione sul significato e sull’uso della compressione effettuata o prescrit-ta deve essere dettagliata, includendo anche tutte quelle notizie necessarie alla manutenzione ottimale della calza elastica (modalità di lavaggio, durata etc.). Talvolta, nonostante tutto, il pazien-te non riesce ad indossare e a sopportare il tuto-re: è il caso soprattutto di soggetti anziani, obesi, affetti da malattie osteoarticolari. In queste occa-sioni può essere utile prescrivere quei presidi che facilitano la applicazione della calza (ad esempio il Medi Butler® o l’Easy Slide®) e un tutore di classe compressiva inferiore a quella necessaria, che può essere indossato con minore sforzo e poi sovrapposto da uno analogo, che scivolerà sul primo con maggiore facilità, raggiungendo così comunque una pressione ottimale.

teraPia CoMPreSSiVa: iNdiCaZioNi e ClaSSiFiCaZioNe CeaP

■ la calza elastica terapeutica su misura deve essere sempre prescritta quando le cir-

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conferenze dell’arto sono al di fuori delle mi-sure standard.

■ Nella maggioranza dei casi il modello a gam-baletto è sufficiente per ottenere il risultato terapeutico.

■ La sovrapposizione di calze elastiche te-rapeutiche di 1a classe è consigliata per mi-gliorare la compliance quando si vogliano rag-giungere alte pressioni in soggetti con scarsa capacità ad indossare calze elastiche tera-peutiche di classe elevata (ad esempio 2a-3a classe).

■ ceAp 0: compressione alla caviglia con calze di sostegno di almeno 10-12 mmHg, e sem-pre di ottima qualità costruttiva.

■ ceAp 1: il trattamento degli stadi C0-C1 è praticamente identico, in alcuni casi può es-sere consigliata una calza elastica terapeu-tica di classe A o 1a.

■ ceAp 2: è consigliata la calza elastica tera-peutica di 1a classe compressiva, in caso di varici molto estese o recidive è utile la 2a classe.

■ ceAp 3: è consigliata la calza elastica te-rapeutica di 2a-3a classe, eccetto che ne-gli edemi da ortostatismo o posizione seduta prolungata (ad esempio lunghi viaggi) in as-senza di concomitanti patologie venose dove la classe A o 1a è di solito sufficiente; nelle an-giodisplasie sono consigliate, a seconda del tipo e dell’entità, le classi 2a, 3a, o 4a.

■ ceAp 4: in caso di insufficienza venosa su-perficiale si consiglia l’uso di calza elastica terapeutica di 2a classe mentre in caso di insufficienza venosa profonda si indica l’uso di calza elastica di 2a o 3a classe, preferibil-mente costruita con filo di trama in caucciù. In caso di ipodermite riacutizzata: bendaggio anelastico a permanenza, da rinnovare al-meno ogni 6-7 giorni.

■ ceAp 5: in caso di insufficienza venosa su-perficiale calza elastica terapeutica di 2a classe; in caso di insufficienza venosa pro-fonda calza elastica terapeutica di 3a classe preferibilmente in gomma naturale, per i motivi già esposti. Si ricorda comunque che maggiore è il grado di compressione della calza minore è l’incidenza di recidi-va, per cui dovrebbe essere prescritta la classe di compressione più alta possibile in relazione alla compliance del paziente.

■ ceAp 6: nelle prime fasi della terapia dell’ul-cera venosa, specialmente in presenza di edema o ipodermite consensuale, si consiglia

l’uso di un bendaggio multistrato, che nelle fasi seguenti può essere sostituito da bendag-gi anelastici o a corta estensibilità, oppure, nei casi che lo consentono, da calza medicale al-meno di 2a classe. In caso di insufficienza ve-nosa profonda con ulcera post-trombotica è opportuno adoperare un bendaggio multistra-to anelastico a permanenza ad alta stiffness. La calza elastica terapeutica di 2a classe con sottocalza (antitromboembolia o di altro genere, purchè eserciti una com-pressione graduata di almeno 18 mmhg) e i Kits di calze elastiche appositamente studiati da apporre sopra la medicazione sono consigliati in tutte le ulcere venose fino ad un diametro di 10 cm, anche in caso di edema (purché esso non superi le dimensioni della taglia prescritta) o compli-cazioni locali, in associazione a medicazioni topiche adsorbenti l’eventuale essudato o co-munque adatte alle condizioni cutanee periul-cerose, secondo i principi della Wound Bed Preparation e del TIME.

■ prevenzione delle recidive di ul-cerA venosA

1. fase di mantenimento: calza elastica tera-peutica preferibilmente in gomma naturale (2a o 3a classe).

2. fase di acutizzazione delle patologie pre-ulcerose (ipodermiti etc.):

Bende con estensibilità corta (<100%) Bende con struttura “pesante” (a parità di

estensibilità sono maggiormente compressi-ve)

Tecniche di bendaggio che prevedano la so-vrapposizione di 3-4 giri di benda (a otto, a otto fissato alla caviglia…)

Bendaggio multistrato Compressioni eccentriche3. Le compressioni eccentriche sono scon-

sigliate in caso di aree di atrofia bianca, per la possibile rapida evoluzione di tali aree “ischemiche” venose verso la ulcerazione, se sottoposte a compressioni troppo forti.

raCCoMaNdaZioNi GeNerali SUlla teraPia CoMPreSSiVa

bendAggio■ Il bendaggio anelastico o a corto allunga-

mento ha una azione più efficace sul siste-ma venoso superficiale e profondo rispetto

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La compressione e l’aderenza alle modalità costruttive stabilite devono essere certificate costantemente da Istituti Nazionali autonomi. Solamente la calza elastica terapeutica ha dimostrato in trial clinici e nella lettera-tura scientifica una efficacia certa nella prevenzione e cura delle affezioni flebo-linfologiche: è un dispositivo medicale a tutti gli effetti (Sistema Internazionale di Nomen-clatura dei Dispositivi Medici UMDNS, le calze medicali vengono identificate con il numero 13-789).

■ La calza elastica che non risponde alle nor-mative, in tutto o anche solo in parte, ma che può garantire una pressione in mmHg alla caviglia e/o negli altri punti dell’arto inferiore, mantenendo una degressività pressoria certa dal basso verso l’alto, è definita calza elasti-ca di sostegno (o preventiva).

■ Tutti gli altri tipi di calze costruite con fibre elasti-che, che non dichiarino le pressioni in mmHg (ad esempio Den o denari) o non garantiscano pressioni definite e degressive sono da defini-re semplicemente calza elastica.

■ La calza antitromboembolia è quella calza elastica terapeutica, costruita con modalità in parte diverse per renderla tollerabile a riposo, che garantisce una pressione di 18 mmHg alla caviglia (limiti di tolleranza di ± 3 mmHg), il profilo pressorio lungo l’arto inferiore deve essere degressivo: in B1 80-100% della pres-sione alla caviglia (B), in C tra il 60-80% e in F o G tra il 40-70% (CEN 1998, draft prEN 12719).

■ L’efficacia della calza elastica terapeutica o medicale è strettamente dipendente dalla qualità e dalla taglia prescritta in base alle misure delle circonferenze dell’arto del pa-ziente.

■ Si raccomanda ai medici e al personale sanita-rio di prescrivere con accuratezza la calza elastica terapeutica e di informare dettagliata-mente il paziente sul suo utilizzo.

■ La compliance al trattamento con calza ela-stica terapeutica è migliorata dalla prescri-zione corretta e dalla informazione accu-rata al paziente.

■ L’aderenza alla prescrizione medica da parte dei rivenditori autorizzati è obbli-gatoria (codici deontologici dei Farmacisti e dei Tecnici Ortopedici), così come per gli altri presidi medici e farmacologici.

■ Si raccomanda pertanto alle Aziende pro-duttrici di stabilire un percorso di qualità

a quello a allungamento medio e lungo, le pressioni di riposo non sono basse, come si riteneva, ma la differenza tra pressioni di riposo e di lavoro è alta.

■ La pressione esercitata dalla benda dipen-de anche dalle caratteristiche costrutti-ve della benda stessa: ogni benda ha una curva di isteresi specifica che ne individua la potenza compressiva a parità di allungamen-to e circonferenza compressa; la estensibilità massima (corto, medio, lungo allungamento) non è un indice affidabile per conoscere la capacità compressiva della benda, individua solo una generica differenza tra le pressioni di lavoro e riposo: minore allungamento = mag-giore differenza di pressioni.

■ La differenza tra la pressione esercitata in in ortostatismo e clinostatismo misurata in vivo (indice statico di stiffness iss) è un indice attendibile di attività: a differenze di pressione >10 mmHg corrisponde un mag-giore effetto terapeutico.

■ Si raccomanda, sulla base delle considerazio-ni esposte, la ricerca e lo studio di indici di attività compressiva delle varie bende, in modo da definire le indicazioni migliori al loro utilizzo.

■ Il bendaggio è indicato, nelle sue varie moda-lità, nella terapia delle affezioni flebolinfolo-giche in fase acuta, nella riduzione degli edemi persistenti e nelle complicazioni.

■ Il bendaggio in caso di arteriopatie deve essere usato con la massima attenzione, dopo avere quantificato in modo preciso la perfusione arteriosa periferica a riposo e sotto sforzo.

■ Il bendaggio deve essere comunque sempre eseguito da personale esperto: si racco-manda la istituzione di corsi di addestramento al bendaggio, con la verifica in vivo delle pres-sioni esercitate, per tutti gli operatori.

CalZa elaStiCa teraPeUtiCa o MediCale

■ La calza elastica terapeutica o medicale è quella calza, costruita con materiali e me-todi secondo le norme definite dalle legisla-zioni vigenti (attualmente RAL-GZ 387 tede-sca, NFG 30-102B IFTH francese e BS7505 inglese), che garantisce una pressione defini-ta e degressiva lungo l’arto, entro certi para-metri, stabilita a seconda della classe com-pressiva, disponibile in vari modelli e misure.

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certificato dalla produzione alla vendita al paziente, attraverso la istituzione di stage di qualificazione professionale per intermedia-ri (personale di propaganda e vendita) e riven-ditori autorizzati (farmacisti, tecnici ortopedici etc.), con la verifica periodica dei livelli di qua-lità aziendale, come già avviene in altri Paesi Europei.

■ La calza elastica terapeutica trova la indicazio-ne nel controllo dei sintomi da insufficienza venolinfatica, a supporto delle terapie atti-ve, nel mantenimento dei risultati ottenu-ti e nella prevenzione, quindi non nelle fasi acute, eccetto che per tipi particolari di ulcere venose.

■ La attività terapeutica e la durata della com-pressione dipendono anche dai materiali usati nella fabbricazione: si raccomanda alle Aziende produttrici di fornire indicazioni maggiori sulla attività dei loro prodotti nelle varie patologie, attraverso la definizione delle caratteristiche fisiche dei vari materiali e non solo delle classi compressive.

■ Si raccomanda alle istituzioni italiane pre-poste (UNI, Ministero della Salute) di colma-re il vuoto normativo italiano sulla calza elastica terapeutica, in modo da equiparare l’Italia agli altri Paesi Europei (Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna), nell’interesse della salute del paziente, attraverso la de-finizione e il controllo della qualità produttiva.

■ Si raccomanda al medico, in attesa della nor-mativa necessaria, di prescrivere solo cal-ze elastiche terapeutiche o medicali e, quando indicato, di sostegno, verificando la presenza dei marchi di qualità specificati, in modo da salvaguardare la salute del pa-ziente e la dignità della prescrizione me-dica.

CoMPreSSioNe PNeUMatiCa (PreSSoteraPia)

■ Si raccomanda che la compressione mecca-nica venga effettuata sempre dopo una dia-gnosi accurata e sotto controllo medico, per la potenziale pericolosità in caso di insuffi-cienza cardiaca, di trombosi venose o arterio-se in atto o pregresse.

■ Si raccomanda l’uso di apparecchi sequen-ziali, in quanto la spinta dei fluidi avviene nella direzione fisiologica distale-prossimale, senza provocare reflussi, poiché le camere vengo-no gonfiate sequenzialmente una dopo l’altra

rimanendo gonfie sino alla decompressione contemporanea di tutte.

■ I tempi dei cicli devono essere rapidi (massimo 30 sec) per permettere un numero maggiore di cicli nello stesso periodo di tempo (almeno 60 in 30 minuti con 20 minuti effettivi di tera-pia).

■ Si raccomanda comunque sempre di non superare pressioni di 40-50 mmhg, per evitare danni al sistema linfatico, e di interval-lare le sedute con l’applicazione di bendaggi quando si debbano ridurre edemi importan-ti, per poi passare al tutore elastico di classe compressiva adeguata nella fase di manteni-mento.

raCCoMaNdaZioNi GeNerali SUlla teraPia MediCa

linee Guida Collegio italiano di Flebolo-gia (2013)Deve essere impiegata, sempre associata alla compressione, quando la soluzione chirurgica non sia utilizzabile o quando questa non abbia fornito il risultato atteso (Raskob, 2008). Rico-nosce come principali bersagli il tono venoso, l’emoconcentrazione, l’aumentata permeabilità capillare, l’edema, la ridotta attività fibrinolitica, l’incremento del fibrinogeno plasmatico, l’ec-cessiva attivazione leucocitaria, il controllo del dolore e delle infezioni, le malattie concomitanti. Recenti acquisizioni, consigliano anche il con-trollo farmacologico dell’eccessiva attività delle metalloproteasi nel letto della lesione (Raffetto, 2008) (Serra, 2013). Vengono comunemente im-piegati agenti profibrinolitici, bioflavonoidi, pro-stanoidi e pentossifillina. Una revisione sistema-tica della letteratura riporta prove di efficacia per la pentossifillina, non esente da eventi avversi e controindicazioni, come riportano alcune meta-analisi che includono trials non randomizzati, con possibile eterogeneità. (Guarnera, 2010), (AWMA, 2011), (Gillet, 2011). Una meta-analisi ha dimostrato l’efficacia della FFPM nel ridurre i tempi di guarigione delle ulcere (Raskob, 2008), (Coleridge-Smith, 2009), (Gloviczki, 2011). La più recente review ne raccomanda l’uso presen-te in diverse Linee guida internazionali (Apollonio, 2012). Una Cochraine review, che ha esaminato 44 trials sull’impiego dei flebotonici nell’insuffi-cienza venosa cronica, ha concluso l’esistenza di una moderata efficacia di questi farmaci sul sintomo edema, ma non nella terapia delle ul-cere (Coleridge-Smith, 2009), (Martinez, 2005).

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FOCUSCOAGULUMreport

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ablazione chimica mediante scleroterapia con schiuma facilitano la guarigione dell’ulcera. (Gra-do BIa)La terapia compressiva, se correttamente con-dotta, è in grado di curare e prevenire la recidiva di ulcera. Grado AIa Rispetto alla terapia com-pressiva, la chirurgia del circolo superficiale non riduce i tempi di guarigione, ma l’incidenza delle recidive. (Grado AIb)In assenza di segni clinici d’infezione si sconsi-glia l’uso di antimicrobici ed antibiotici per via to-pica e di antibiotici per via sistemica. (Grado Bla) I farmaci devono essere utilizzati sempre in asso-ciazione all’elastocompressione. (Grado AIb) La terapia farmacologica, associata alla elasto-compressione, facilita ed accelera la guarigione dell’ulcera. (Grado AIa) La terapia farmacologica con Pentossifillina fa-cilita la guarigione delle ulcere venose ma i nu-merosi effetti collaterali e le controindicazioni ne limitano l’utilizzo. (Grado BIb) La terapia farmacologica con FFPM, Sulodexide o Mesoglicano, associate all’elastocompressio-ne, accelera e facilita la guarigione delle ulcere venose degli arti inferiori. (Grado BIb) La terapia con pressione negativa accelera la de-tersione dell’ulcera ma non sembra influire sulla sua guarigione. (Grado BIIa) Non vi sono evidenze a favore dell’uso di Laser, Ultrasuoni e Campi Magnetici nella terapia delle ulcere. Grado DIII Necessitano altri studi per po-ter valutare l’efficacia delle medicazioni avanzate nella cura delle ferite difficili. (Grado CIII)

Un RCT evidenzia l’efficacia del mesoglicano nel trattamento delle lesioni cutanee. (Nelson, 2011). Tre RCT ed altri studi indicano che il sulodexide accelera la riepitelizzazione delle ulcere (Apollo-nio, 2011), (Raskob, 2008), (Nelson, 2011). L’i-loprost si è mostrato efficace in un solo studio ben condotto, ma con numerosità del campione esigua (Coleridge-Smith, 2009).Una review sistematica (Andreozzi, 2012) ha identificato studi randomizzati controllati, con-dotti su un totale di 488 pazienti, che hanno con-frontato soludexide orale più compressione con la sola terapia compressiva nel trattamento delle ulcere venose degli arti inferiori. Anche le con-clusioni di questa review sostengono la grande efficacia di sulodexide più compressione versus la sola compressione (Nelson, 2008). Va altresì segnalata la serie di studi in tal senso con l’im-piego di sulodexide in stadi avanzati della MVC, segnatamente nella sindrome post-trombotica, come dimostrato dal recente trial multicentrico randomizzato (SURVET study).

raCCoMaNdaZioNiLa terapia conservativa ha un ruolo importante in prima istanza, ma si è rivelata inefficace nel-la prevenzione delle recidive a distanza, se non supportata in molti casi dalla correzione chirur-gica della turba emodinamica, la quale dà buoni risultati solo in caso di insufficienza isolata del sistema venoso superficiale. (Grado BIb)

L’ abolizione del reflusso superficiale mediante termoablazione laser o con radiofrequenza, o

BiBlioGraFia eSSeNZiale1) Agus GB, Allegra C, Arpaia G, Gasbarro V, De Francis-

cis S. Guidelines Italian College of Phlebology. Interna-tional Angiology 2013;vol.32,suppl.1-n°4

2) Management of chronic venous disorders of the low-er limbs - Guidelines according to scientific evidence. Nicolaides A, Kakkos S, Eklof B, Perrin M, Nelzen O, Neglen P, Partsch H, Rybak Z. Int Angiol. 2014 Apr;33(2):87-208

3) “Sulodexide for the Prevention of Recurrent Venous Thromboembolism. The Sulodexide in Secondary Pre-vention of Recurrent Deep Vein Thrombosis (SURVET) Study: A Multicenter, Randomized, Double-Blind, Pla-cebo-Controlled Trial”. (Andreozzi GM, Bignamini AA, Davì G, Palareti G, Matuška J, Holý M, Pawlaczyk-Ga-briel K, Džupina A, Sokurenko GY, Didenko YP, Andrei LD, Lessiani G, Visonà A; SURVET Study Investigators. Circulation. 2015 Nov 17;132(20):1891-7).

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NEWS DAL MONDO NAO COAGULUMreport

Notizie di aggiornamento sui nuovi anticoagulanti orali

A cura della Redazione

NAO superiori a warfarin nella prevenzione dell’ictus in pazienti con FA. Una Metanalisi su 77.000 soggettiEfficacia e sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali (NAO/ NOAC) rispetto all’anticoagulante storico di scelta, warfarin, nella prevenzione dell’ictus (stroke) nei pazienti con fibrillazione atriale sono state indagate nella meta-analisi britannica NOACs versus warfarin for stroke prevention in patients with AF: a systematic review and meta-analysis.Dai database elettronici Medline ed Embase sono stati selezionati 12 trial clinici randomizzati controllati di fase II e III (4 studi di fase III e 6 di fase II con inibitori del fattore Xa  – apixaban e rivaroxaban -, uno di fase III e uno di fase II con inibitore diretto della trombina – dabigatran) per una popolazione totale di studio di 77.011 soggetti.I NAO/NOAC hanno dimostrato una riduzione di ictus o di eventi embolici sistemici del 15% (odds ratio, OR: 0,85; CI 95% 0,75 a 0,98), una riduzione del 52% di emorragia intracranica (OR: 0,48; 95% CI 0.40 al 0,57) e una riduzione della mortalità del 14% (OR: 0,86). Lo switch a warfarin al termine dello studio, a 30 giorni, ha dimostrato un aumento di ictus o eventi embolici sistemici (OR: 2,60; 95% CI 1,61-4,18) e un aumento delle emorragie maggiori (OR 2,19; 95% CI 1,42-3,36).In conclusione i NAO sono risultati superiori a warfarin nella prevenzione dell’end-point composito di ictus e di embolia sistemica nei pa-zienti con fibrillazione (FA). Vi è inoltre una significativa riduzione di emorragia intracranica che rende conto del riscontro di una mortalità significativamente inferiore.Nel passaggio da NAO a warfarin, si ha però un aumento del composito di ictus ed embolia sistemica, così come di eventi emorragici maggiori.Gli anticoagulanti NAO/NOAC sono quindi un’alternativa sicura ed efficace al warfarin per la prevenzione dell’ictus ischemico nei pazienti con FA e andrebbero preferiti al warfarin nel paziente a rischio di sviluppare eventi emorragici maggiori.La sospensione dell’assunzione dei NAO e lo switch a warfarin può essere associato a un aumento del rischio di ictus ischemico ed eventi embolici sistemici così come di sanguinamento maggiore nei 30 giorni dopo il termine: ciò sottolinea la necessità di un attento monito-raggio clinico in questo periodo.fonteNOACs versus warfarin for stroke prevention in patients with AF: a systematic review and meta-analysis. Open Heart. 2016 Jan 18;3(1):e000279. doi: 10.1136/openhrt-2015-000279. eCollection 2016.

Chirurgia e anticoagulanti NAO: non bastano le linee guida EHRA 2015In caso di procedure invasive o interventi chirurgici in persone in te-rapia con anticoagulanti orali(NAO/DOAC, direct oral anticoagulant), le linee guida EHRA 2015 propongono uno schema di sospensione della terapia basata sulla funzione renale espressa come VFG.La variabilità dell’attività anticoagulante dei diversi NAO (dabigatra, apixaban e rivaroxaban) non dipende però esclusivamente dalla fun-zionalità renale.A queste conclusioni è giunto uno studio italiano che ha coinvolto 4 centri della Federazione dei Centri di Sorveglianza della Terapia Anti-coagulante e pubblicato recentemente su Thrombosis Research, ha dosato il Tempo di Trombina diluito (dTT) sia al picco (due ore dopo la somministrazione) che a valle (12 ore dopo la somministrazione di dabigatran e apixaban e 24 ore dopo quella di rivaroxaban).I dati mostrano una notevole variabilità dell’attività anticoagulante dei vari NAO sia con gli alti che con i bassi dosaggi, più a valle che al pic-

co. Tale variabilità, come già noto, è maggiore per dabigatran, inibi-tore diretto della trombina, ma è ampia anche per gli altri farmaci, ri-varoxaban e apixaban, che bloccano il fattore Xa della coagulazione.I ricercatori hanno però notato che, contrariamente da quanto so-stenuto dalle Linee guida EHRA, la variabilità, per tutti i NAO, non dipende dalla sola funzione renale ma da più fattori diversi. In pazienti con funzione renale normale, ad esempio, l’attività anticoagulante è presente anche dopo le 12 -24 ore previste.Lo studio quindi invita a valutare attentamente il paziente in terapia con NAO che deve sottoporsi a intervento chirurgico o procedure invasive non limitandosi a tener conto del solo valore di VFG per non esporlo a un rischio emorragico peri-procedurale maggiore.fontePlasma levels of direct oral anticoagulants in real life patients with atrial fibrillation: Results observed in four anticoagulation clinics. Ja-nuary 2016Volume 137, Pages 178–183

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Scegliere l’anticoagulante (NAO) giusto per ogni paziente con fibrillazione atrialeI NAO (nuovi anticoagulanti orali noti anche come NOAC) sono ormai entrati nella pratica clinicaper la prevenzione dell’ictus cardioem-bolico nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare. Sulla questione è stata pubblicata anche la linea pratica EHRA.Le molecole attualmente in commercio, però, per quanto in gran parte sovrapponibili in termini di efficacia e tollerabilità, presentano caratteristiche farmacologhe differenti e sono stati testati in diverse condizioni cliniche.Come scegliere l’anticoagulante NAO più appropriato per il singolo paziente, in considerazione del suo particolare profilo clinico, ai fattori di rischio ed alle patologie concomitanti?Sulla questione sono  già state pubblicate le nuove linee EHRA. A questa domanda cerca di dare una risposta una revisione della letteratura recentemente pubblicata in due parti su European Heart Journal che, considerando le analisi per sottogruppi degli studi clinici disponibili sulla terapia anticoagulante orale, propone, laddove possibile, i criteri per selezionare una particolare molecola e/o un particolare dosaggio.Nella prima parte sono considerati i pazienti:– con cardiopatia ischemica stabile o vasculopatia periferica;– sottoposti a cardioversione, ablazione o terapia antiaritmica;– con protesi valvolare meccanica e valvolopatia reumatica;– in terapia con warfarin, che presentano un tempo nel range terapeutico (TTR) > 70%;– con un solo fattore di rischio trombo-embolico (CHA2DS2VASc= 1 negli uomini, 2 nelle donne);che hanno presentato un singolo primo episodio di fibrillazione atriale parossistica.Nella seconda parte sono considerati i pazienti:– in prevenzione secondaria dopo un ictus o un episodio di TIA ( transient ischemic attack);– con ictus in fase acuta da trattare con trombosi o trombectomia;– che iniziano o riprendono un trattamento anticoagulante orale dopo un ictus o un TIA;– con insufficienza renale in dialisi;– in età avanzata;– ad alto rischio di sanguinamento gastro-intestinale;– con ipertensione arteriosa.Sono inoltre discusse le problematiche inerenti aderenza e compliance al trattamento.fonteChoosing a particular oral anticoagulant and dose for stroke prevention in individual patients with non-valvular atrial fibrillation: part 1. Eur Heart J. 2016 Feb 4. pii: ehv643. [Epub ahead of print]Choosing a particular oral anticoagulant and dose for stroke prevention in individual patients with non-valvular atrial fibrillation: part 2. Eur Heart J. 2016 Feb 4. pii: ehv643. [Epub ahead of print]

La politerapia aumenta rischio di emorra-gia, non di ictus. L’anticoagulante rivaroxa-ban (NAO) più sicuro di warfarin nel preve-nire lo strokeL’impiego di  rivaroxaban, nuovo anticoagulante orale (NAO) era ben tollerato nella popolazione di pazienti con fibrillazione atriale oggetto di questo studio. Due terzi di questi pazienti comples-si erano in politerapia con almeno 5 farmaci. L’esposizione a un maggior numero di farmaci è risultata associata a un maggior ri-schio di sanguinamento, ma non di ictus.Da questa analisi su politerapia e outcome in quasi 14.000 pa-zienti con fibrillazione atriale non valvolare, sono emersi 4 risultati principali.– Innanzitutto, i due terzi dei pazienti assumevano ≥5 farmaci con-comitanti in aggiunta alla loro terapia anticoagulante orale.– In secondo luogo, dopo aggiustamento per covariate significa-tive a livello prognostico, le frequenze di eventi emorragici e mor-talità (ma non di tromboembolismo) erano associate al numero di

farmaci concomitanti.– Terzo, non vi era alcuna evidenza di eterogeneità significativa negli outcome a seconda del numero di farmaci concomitanti  in pazienti trattati con rivaroxaban rispetto a warfarin, con l’ecce-zione del sanguinamento maggiore. In questi soggetti, l’uso di rivaroxaban era associato a un minor rischio di sanguinamento maggiore nei pazienti in terapia con 0-4 farmaci.Infine, e forse più importante, nonostante le preoccupazioni per l’incremento dei rischi nei pazienti che assumono inibitori del CYP3A4 assieme a inibitori della glicoproteina P, non vi era alcuna evidenza di un aumento di sanguinamento o decesso per tutte le cause nei pazienti trattati con ≥1 inibitori combinati con rivaroxa-ban rispetto a warfarin.fontePolypharmacy and the Efficacy and Safety of Rivaroxaban Versus Warfarin in the Prevention of Stroke in Patients With Nonvalvu-lar Atrial Fibrillation. Circulation. 2016 Jan 26;133(4):352-60. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.115.018544. Epub 2015 Dec 16

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NEWS DAL MONDO NAO COAGULUMreport

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

1.DENOMINAZIONE DEL MEDICINALEVESSEL® 250 ULS capsule molliVESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabile2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVACapsule molli: Sulodexide ULS 250Fiale: Sulodexide ULS 600Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.13. FORMA FARMACEUTICACapsule molli.Soluzione iniettabile. 4. INFORMAZIONI CLINICHE4.1 Indicazioni terapeuticheUlcere venose croniche.4.2 Posologia e modo di somministrazionePosologiaVESSEL® 250 ULS capsule molli: 1 capsula 2 volte al dì, lontano dai pasti.VESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabile: 1 fiala al dì, per sommi-nistrazione intramuscolare o endovenosa.Orientativamente si consiglia di iniziare la terapia con le fiale e, dopo 15-20 giorni, proseguire con le capsule per 30-40 giorni. Il ciclo terapeutico completo va ripetuto almeno due volte l’anno.A giudizio del medico, la posologia può essere variata in quantità e fre-quenza.Popolazione pediatricaLa sicurezza e l’efficacia di Sulodexide nei bambini e adolescenti sotto i 18 anni di età non sono state ancora stabilite.4.3 ControindicazioniIpersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1, verso l’eparina e gli eparinoidi. Diatesi e malattie emorragiche.4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego VESSEL, per le sue caratteristiche farmaco-tossicologiche, non presenta particolari precauzioni d’uso. Comunque, nei casi in cui sia anche in atto un trattamento con anticoagulanti, è consigliabile controllare periodica-mente i parametri emocoagulativi.4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazioneSulodexide è una molecola eparino-simile e pertanto può aumentare gli effetti anticoagulanti dell’eparina stessa e degli anticoagulanti orali se somministrato contemporaneamente.Vedere anche paragrafo 6.2. 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamentoGravidanza La quantità di dati sull’uso di Sulodexide in don-ne in gravidanza è limitata (meno di 300 esiti di gravidanza). Gli studi su animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).Come misura precauzionale, è preferibile evitare l’uso di Sulodexide du-rante la gravidanza. Allattamento Non è noto se Sulodexide, o i suoi metaboliti, vengano escreti nel latte umano o animale. Un rischio per il neonato non può essere escluso.Vessel non deve essere utilizzato durante l’allattamento. Fertilità Gli studi su animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti per quanto riguarda la fertilità maschile e femminile.4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinariVESSEL non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.4.8 Effetti indesideratiSperimentazioni cliniche Le incidenze delle reazioni avverse da farmaco (ADR) associate alla terapia con sulodexide provengono da tre studi cli-nici condotti su 430 pazienti trattati con dosaggi e durate di trattamento standard.La tabella seguente include le reazioni avverse riportate da studi clinici, elencate secondo la classificazione per sistemi e organi MedDRA (SOC) ed inoltre secondo i Preferred Term in ordine di gravità, ove possibile.Le reazioni avverse sono state suddivise per classi di frequenza secondo la seguente convenzione:molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000).

Classificazione per si-stemi e organi secondo MedDRA

Comune Non comune

Patologie del sistema nervoso

Cefalea, Perdita di coscienza

Patologie dell’orecchio e del labirinto

Vertigine

Patologie gastrointestinali Dolore addominale superiore, Diarrea

Emorragia gastrica

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Eruzione cutanea Eczema, Orticaria

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Sanguinamento in sede di iniezione, Edema periferico

Esperienza post-marketingDurante la commercializzazione di Sulodexide sono stati segnalati altri eventi indesiderati.Non è possibile determinare la frequenza di questi eventi indesiderati poi-ché i dati derivano da segnalazioni spontanee. Di conseguenza, la frequenza di questi eventi avversi è indicata come “non nota” (non può essere definita in base ai dati disponibili).

Capsule molli:

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Frequenza non nota

Patologie del sistema emolinfopoietico

Anemia

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Disturbo del metabolismo delle proteine plasmatiche

Patologie gastrointestinali Epigastralgia, Nausea, Vomito, Melena,Flatulenza, Dispepsia

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Angioedema, Ecchimosi, Eritema

Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella

Edema Genitale, Eritema genitale, Polimenorrea

Soluzione iniettiva:

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA

Frequenza non nota

Disturbi psichiatrici Derealizzazione

Patologie del sistema nervoso Convulsioni, Tremore

Patologie dell’occhio Disturbo visivo

Patologie cardiache Palpitazioni

Patologie vascolari Vampata di calore

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Emottisi

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Prurito, Porpora, Eritema generalizzato

Patologie renali e urinarie Stenosi vescicale, Disuria

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Dolore toracico, Dolore, Bruciore in sede di iniezione

Segnalazione delle reazioni avverseLa segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un moni-toraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione: http://www.agenziadelfarmaco.gov.it/responsabili.4.9 SovradosaggioL’emorragia è l’unico effetto che può verificarsi con un sovradosaggio. In caso di emorragia è necessario iniettare solfato di protamina (soluzione all’1%) secondo l’utilizzo nelle “emorragie epariniche”.5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHEL’attività del Sulodexide si esplica mediante una spiccata azione antitrom-botica sia sul versante arterioso che venoso.5.1 Proprietà farmacodinamicheCategoria farmacoterapeutica: Sulodexide è classificato tra i farmaci anti-trombotici eparinici, codice ATC: B01AB11.Meccanismo d’azioneSulodexide svolge un’azione antitrombotica sia a livello arterioso che venoso attraverso una serie di meccanismi d’azione quali l’inibizione di alcuni fattori coinvolti nella cascata coagulativa, in particolare del fattore X attivato, l’azione fibrinolitica e l’inibizione dell’adesione piastrinica. L’in-terferenza con la trombina è minima e ciò limita l’azione anticoagulante. Sulodexide, promuovendo la riduzione dei livelli di fibrinogeno, è efficace nel normalizzare l’alterata viscosità del sangue di pazienti con malattie vascolari e rischio trombotico. Inoltre, Sulodexide, attraverso l’attivazione della lipoproteina lipasi è efficace nel normalizzare i livelli lipidici alterati.

Effetti farmacodinamiciStudi specifici hanno mostrato che la somministrazione di Sulodexide non ha effetto anticoagulante..Efficacia e sicurezza clinica L’attività terapeutica di Sulodexide è stata valutata in pazienti affetti da patologie vascolari con rischio trombotico, sia sul versante arterioso sia venoso.Il farmaco ha dimostrato particolare efficacia in pazienti anziani e in pa-zienti diabetici.5.2 Proprietà farmacocineticheAssorbimentoL’assorbimento, dopo somministrazione orale nell’uomo, studiato con il prodotto marcato, ha mostrato che un primo picco di livello ematico si verifica dopo 2 ore e un secondo tra 4 e 6 ore, dopo di che il farmaco non è più rilevabile nel plasma; esso viene nuovamente rilevato a circa 12 ore e poi rimane costante fino a circa le 48 ore. Il livello ematico costante tro-vato dopo 12 ore è probabilmente dovuto al lento rilascio del farmaco da parte degli organi di assorbimento e in particolare degli endoteli dei vasi. Metabolismo Il metabolismo è principalmente epatico e l’escrezione principalmente urinaria. EliminazioneEliminazione urinariaUtilizzando il prodotto marcato, il 55.23% della radioattività somministrata viene escreta con le urine durante le prime 96 ore. Questa eliminazione mostra un picco dopo circa 12 ore, e un valore urinario medio del 17,6% della dose somministrata nell’intervallo 0-24 ore; un secondo picco in-torno alla 36a ora con l’eliminazione urinaria del 22% tra 24-48 ore; un terzo picco intorno all’ora 78a con una eliminazione urinaria di circa picco verso la 78° ora ore con l’eliminazione urinaria del 14,9% in un periodo di tempo di 48-96 ore. Dopo 96 ore, la radioattività non è più rilevabile nei campioni raccolti. Eliminazione fecale La radioattività totale recuperata nelle feci è del 23% nelle prime 48 ore, dopo di che nessuna sostanza marcata può essere rilevata.Linearità/ non-linearitàProve farmacologiche eseguite nell’uomo con somministrazione del pro-dotto per via im ed ev ha mostrato una relazione dose-effetto lineare.5.3 Dati preclinici di sicurezzaI dati preclinici basati su studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute, genotossicità, e tossicità riproduttiva e dello svi-luppo, non rivelano rischi particolari per l’uomo. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE6.1 Elenco degli eccipientiVESSEL® 250 ULS capsule molliSodio laurilsarcosinato, biossido di silicio, triacetina, gelatina, glicerolo, sodio paraidrossibenzoato di etile, sodio paraidrossibenzoato di propile, biossido di titanio (E 171), ossido di ferro rosso (E 172).VESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabileSodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili6.2 IncompatibilitàSulodexide, essendo un polisaccaride acido, se somministrato in asso-ciazioni estemporanee può reagire complessandosi con tutte le sostan-ze basiche. Le sostanze in uso comune incompatibili nelle associazioni estemporanee per fleboclisi, sono: vitamina K, vitamine del complesso B, idrocortisone, jaluronidasi, gluconato di calcio, sali di ammonio quaterna-rio, cloramfenicolo, tetracicline, streptomicina.6.3 Periodo di validitàCapsule molli e soluzione iniettabile: 5 anni.6.4 Precauzioni particolari per la conservazioneConservare a temperatura inferiore a 30°C.6.5 Natura e contenuto del contenitoreVESSEL® 250 ULS capsule molli: scatola di cartone contenente 2 bli-ster da 25 capsule molli cadauno.VESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabile: scatola di cartone conte-nente vaschetta di polistirolo da 10 fiale di soluzione iniettabile in vetro scuro.6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazioneNessuna istruzione particolare.Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIOALFA WASSERMANN S.p.A.Via E. Fermi, n.1 - ALANNO (PE)Via Ragazzi del ‘99, n. 5 - BOLOGNA8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO“250 ULS capsule molli” 50 capsule: A.I.C. n° 022629113“600 ULS/2 ml soluzione iniettabile” 10 fiale da 2 ml: A.I.C. n° 0226291019. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE09/10/1972 – 01/06/201010. DATA DI REVISIONE DEL TESTO08/09/2015

250 ULS Capsule molli, 50 capsule. Prezzo € 31,50600 ULS/2 ml Soluzione iniettabile, 10 fiale. Prezzo € 22,75Medicinale soggetto a prescrizione medica. Classe C

Bibliografia: 1. Andreozzi GM. Int Angiol 2014;33:255-62; 2. Vessel. Riassunto delle caratteristiche di prodotto; Alfa Wassermann fa parte del Gruppo Alfasigma

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

1.DENOMINAZIONE DEL MEDICINALEVESSEL® 250 ULS capsule molliVESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabile2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVACapsule molli: Sulodexide ULS 250Fiale: Sulodexide ULS 600Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.13. FORMA FARMACEUTICACapsule molli.Soluzione iniettabile. 4. INFORMAZIONI CLINICHE4.1 Indicazioni terapeuticheUlcere venose croniche.4.2 Posologia e modo di somministrazionePosologiaVESSEL® 250 ULS capsule molli: 1 capsula 2 volte al dì, lontano dai pasti.VESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabile: 1 fiala al dì, per sommi-nistrazione intramuscolare o endovenosa.Orientativamente si consiglia di iniziare la terapia con le fiale e, dopo 15-20 giorni, proseguire con le capsule per 30-40 giorni. Il ciclo terapeutico completo va ripetuto almeno due volte l’anno.A giudizio del medico, la posologia può essere variata in quantità e fre-quenza.Popolazione pediatricaLa sicurezza e l’efficacia di Sulodexide nei bambini e adolescenti sotto i 18 anni di età non sono state ancora stabilite.4.3 ControindicazioniIpersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1, verso l’eparina e gli eparinoidi. Diatesi e malattie emorragiche.4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego VESSEL, per le sue caratteristiche farmaco-tossicologiche, non presenta particolari precauzioni d’uso. Comunque, nei casi in cui sia anche in atto un trattamento con anticoagulanti, è consigliabile controllare periodica-mente i parametri emocoagulativi.4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazioneSulodexide è una molecola eparino-simile e pertanto può aumentare gli effetti anticoagulanti dell’eparina stessa e degli anticoagulanti orali se somministrato contemporaneamente.Vedere anche paragrafo 6.2. 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamentoGravidanza La quantità di dati sull’uso di Sulodexide in don-ne in gravidanza è limitata (meno di 300 esiti di gravidanza). Gli studi su animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).Come misura precauzionale, è preferibile evitare l’uso di Sulodexide du-rante la gravidanza. Allattamento Non è noto se Sulodexide, o i suoi metaboliti, vengano escreti nel latte umano o animale. Un rischio per il neonato non può essere escluso.Vessel non deve essere utilizzato durante l’allattamento. Fertilità Gli studi su animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti per quanto riguarda la fertilità maschile e femminile.4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinariVESSEL non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.4.8 Effetti indesideratiSperimentazioni cliniche Le incidenze delle reazioni avverse da farmaco (ADR) associate alla terapia con sulodexide provengono da tre studi cli-nici condotti su 430 pazienti trattati con dosaggi e durate di trattamento standard.La tabella seguente include le reazioni avverse riportate da studi clinici, elencate secondo la classificazione per sistemi e organi MedDRA (SOC) ed inoltre secondo i Preferred Term in ordine di gravità, ove possibile.Le reazioni avverse sono state suddivise per classi di frequenza secondo la seguente convenzione:molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000).

Classificazione per si-stemi e organi secondo MedDRA

Comune Non comune

Patologie del sistema nervoso

Cefalea, Perdita di coscienza

Patologie dell’orecchio e del labirinto

Vertigine

Patologie gastrointestinali Dolore addominale superiore, Diarrea

Emorragia gastrica

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Eruzione cutanea Eczema, Orticaria

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Sanguinamento in sede di iniezione, Edema periferico

Esperienza post-marketingDurante la commercializzazione di Sulodexide sono stati segnalati altri eventi indesiderati.Non è possibile determinare la frequenza di questi eventi indesiderati poi-ché i dati derivano da segnalazioni spontanee. Di conseguenza, la frequenza di questi eventi avversi è indicata come “non nota” (non può essere definita in base ai dati disponibili).

Capsule molli:

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Frequenza non nota

Patologie del sistema emolinfopoietico

Anemia

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Disturbo del metabolismo delle proteine plasmatiche

Patologie gastrointestinali Epigastralgia, Nausea, Vomito, Melena,Flatulenza, Dispepsia

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Angioedema, Ecchimosi, Eritema

Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella

Edema Genitale, Eritema genitale, Polimenorrea

Soluzione iniettiva:

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA

Frequenza non nota

Disturbi psichiatrici Derealizzazione

Patologie del sistema nervoso Convulsioni, Tremore

Patologie dell’occhio Disturbo visivo

Patologie cardiache Palpitazioni

Patologie vascolari Vampata di calore

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Emottisi

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Prurito, Porpora, Eritema generalizzato

Patologie renali e urinarie Stenosi vescicale, Disuria

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Dolore toracico, Dolore, Bruciore in sede di iniezione

Segnalazione delle reazioni avverseLa segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un moni-toraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione: http://www.agenziadelfarmaco.gov.it/responsabili.4.9 SovradosaggioL’emorragia è l’unico effetto che può verificarsi con un sovradosaggio. In caso di emorragia è necessario iniettare solfato di protamina (soluzione all’1%) secondo l’utilizzo nelle “emorragie epariniche”.5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHEL’attività del Sulodexide si esplica mediante una spiccata azione antitrom-botica sia sul versante arterioso che venoso.5.1 Proprietà farmacodinamicheCategoria farmacoterapeutica: Sulodexide è classificato tra i farmaci anti-trombotici eparinici, codice ATC: B01AB11.Meccanismo d’azioneSulodexide svolge un’azione antitrombotica sia a livello arterioso che venoso attraverso una serie di meccanismi d’azione quali l’inibizione di alcuni fattori coinvolti nella cascata coagulativa, in particolare del fattore X attivato, l’azione fibrinolitica e l’inibizione dell’adesione piastrinica. L’in-terferenza con la trombina è minima e ciò limita l’azione anticoagulante. Sulodexide, promuovendo la riduzione dei livelli di fibrinogeno, è efficace nel normalizzare l’alterata viscosità del sangue di pazienti con malattie vascolari e rischio trombotico. Inoltre, Sulodexide, attraverso l’attivazione della lipoproteina lipasi è efficace nel normalizzare i livelli lipidici alterati.

Effetti farmacodinamiciStudi specifici hanno mostrato che la somministrazione di Sulodexide non ha effetto anticoagulante..Efficacia e sicurezza clinica L’attività terapeutica di Sulodexide è stata valutata in pazienti affetti da patologie vascolari con rischio trombotico, sia sul versante arterioso sia venoso.Il farmaco ha dimostrato particolare efficacia in pazienti anziani e in pa-zienti diabetici.5.2 Proprietà farmacocineticheAssorbimentoL’assorbimento, dopo somministrazione orale nell’uomo, studiato con il prodotto marcato, ha mostrato che un primo picco di livello ematico si verifica dopo 2 ore e un secondo tra 4 e 6 ore, dopo di che il farmaco non è più rilevabile nel plasma; esso viene nuovamente rilevato a circa 12 ore e poi rimane costante fino a circa le 48 ore. Il livello ematico costante tro-vato dopo 12 ore è probabilmente dovuto al lento rilascio del farmaco da parte degli organi di assorbimento e in particolare degli endoteli dei vasi. Metabolismo Il metabolismo è principalmente epatico e l’escrezione principalmente urinaria. EliminazioneEliminazione urinariaUtilizzando il prodotto marcato, il 55.23% della radioattività somministrata viene escreta con le urine durante le prime 96 ore. Questa eliminazione mostra un picco dopo circa 12 ore, e un valore urinario medio del 17,6% della dose somministrata nell’intervallo 0-24 ore; un secondo picco in-torno alla 36a ora con l’eliminazione urinaria del 22% tra 24-48 ore; un terzo picco intorno all’ora 78a con una eliminazione urinaria di circa picco verso la 78° ora ore con l’eliminazione urinaria del 14,9% in un periodo di tempo di 48-96 ore. Dopo 96 ore, la radioattività non è più rilevabile nei campioni raccolti. Eliminazione fecale La radioattività totale recuperata nelle feci è del 23% nelle prime 48 ore, dopo di che nessuna sostanza marcata può essere rilevata.Linearità/ non-linearitàProve farmacologiche eseguite nell’uomo con somministrazione del pro-dotto per via im ed ev ha mostrato una relazione dose-effetto lineare.5.3 Dati preclinici di sicurezzaI dati preclinici basati su studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute, genotossicità, e tossicità riproduttiva e dello svi-luppo, non rivelano rischi particolari per l’uomo. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE6.1 Elenco degli eccipientiVESSEL® 250 ULS capsule molliSodio laurilsarcosinato, biossido di silicio, triacetina, gelatina, glicerolo, sodio paraidrossibenzoato di etile, sodio paraidrossibenzoato di propile, biossido di titanio (E 171), ossido di ferro rosso (E 172).VESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabileSodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili6.2 IncompatibilitàSulodexide, essendo un polisaccaride acido, se somministrato in asso-ciazioni estemporanee può reagire complessandosi con tutte le sostan-ze basiche. Le sostanze in uso comune incompatibili nelle associazioni estemporanee per fleboclisi, sono: vitamina K, vitamine del complesso B, idrocortisone, jaluronidasi, gluconato di calcio, sali di ammonio quaterna-rio, cloramfenicolo, tetracicline, streptomicina.6.3 Periodo di validitàCapsule molli e soluzione iniettabile: 5 anni.6.4 Precauzioni particolari per la conservazioneConservare a temperatura inferiore a 30°C.6.5 Natura e contenuto del contenitoreVESSEL® 250 ULS capsule molli: scatola di cartone contenente 2 bli-ster da 25 capsule molli cadauno.VESSEL® 600 ULS/2 ml soluzione iniettabile: scatola di cartone conte-nente vaschetta di polistirolo da 10 fiale di soluzione iniettabile in vetro scuro.6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazioneNessuna istruzione particolare.Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIOALFA WASSERMANN S.p.A.Via E. Fermi, n.1 - ALANNO (PE)Via Ragazzi del ‘99, n. 5 - BOLOGNA8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO“250 ULS capsule molli” 50 capsule: A.I.C. n° 022629113“600 ULS/2 ml soluzione iniettabile” 10 fiale da 2 ml: A.I.C. n° 0226291019. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE09/10/1972 – 01/06/201010. DATA DI REVISIONE DEL TESTO08/09/2015

250 ULS Capsule molli, 50 capsule. Prezzo € 31,50600 ULS/2 ml Soluzione iniettabile, 10 fiale. Prezzo € 22,75Medicinale soggetto a prescrizione medica. Classe C

Bibliografia: 1. Andreozzi GM. Int Angiol 2014;33:255-62; 2. Vessel. Riassunto delle caratteristiche di prodotto; Alfa Wassermann fa parte del Gruppo Alfasigma

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