codice botticelli: l'inferno dantesco nei disegni di sandro botticelli
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Indissolubilmente legato alle temperie culturali e politiche della propria epoca, incline nelle sue tele a parlare al pubblico per allegorie e simbolismi Botticelli non poté non subire il fascino dell’indiscusso Maestro della poesia e dell’allegoria Dante Alighieri. Come Dante, fu un cantore della Firenze della Propria epoca ne subì l’influssi culturali (pittore ufficiale dei Medici, protetto da Lorenzo il Popolano e seguace delle teorie neoplatoniche di Marsilio Ficino) si sottopose ad una sorta di esilio volontario a seguito della cacciata di Medici ma al contempo subì un forte influsso del Savonarola come ben vedremo nelle sue tele. Si racconta che fu l’artista in persona a portare al Rogo delle Vanità alcune delle sue opere in segno di remissione. Possiamo affermare con certezza che la passione per la Divina Commedia lo accompagnò per tutta la vita...TRANSCRIPT
Il dialogo tra Botticelli e Dante fu qualcosa di più di una semplice occasione di incontro tra un maestro
della figurazione e un maestro della poesia.
Ricordiamo sempre che entrambi furono maestri dell’allegoria:
Dante nell’ impiego di essa nelle sue terzine Botticelli nella raffigurazione dei personaggi e degli
scenari dei suoi quadri
La sensibiltà di Botticelli fa rivivere nella poesia di Dante le teorie neoplatoniche di cui è imperniata la
Firenze Medicea per poi assumere negli anni, soprattutto nei disegni per l’Inferno, i toni cupi
dell’ideologia savonaroliana.
Abbiamo le parole del Vasari secondo il quale Botticelli:
Parole che ci attestano una lunga consuetudine, un rinnovato interesse del BOTTICELLI per Dante.
Non era difficile leggere nel viaggio ultramondano di Dante dall’Inferno poetica della cui l’anima poteva risalire e della E cui parlava e presente teologia platonica? Letto diverse suggestioni misteri neoplatonici, sue opere La Primavera lo stesso
Non era difficile leggere nel viaggio ultramondano di Dante dall’Inferno al Paradiso una grande illustrazione poetica della teoria neoplatonica di Marsilio Ficino secondo cui l’anima umana, per via di conoscenza e amore, poteva risalire dalle cose terrene alla pura contemplazione di Dio e della sua infinità. E cos’era l’ “Amor che move il sole e l’altre stelle” di cui parlava Dante se non appunto quel principio infinito e presente in tutto l’universo predicato dalla teologia platonica? Letto in questo modo, Dante poteva offrire diverse suggestioni a Botticelli, di certo ben introdotto ai misteri neoplatonici, come attestano le complicate letture delle sue opere più famose, in primo luogo le celebri La Primavera e La nascita di Venere, non a caso dipinte per lo stesso committente delle pergamene dantesche.
“La natura della bellezza non può
... concludiamo brevemente che la
“La natura della bellezza non può essere corpo. Perché se ella fusse corpo non converrebbe alle virtù dell'animo che sono incorporali.
... concludiamo brevemente che la
Bellezza è una grazia, vivace e spirituale, la quale per il raggio divino prima si infonde negli Angeli, poi nelle anime degli
uomini, dopo nelle figure e voci corporali... “
(dal Trattato dell'amore)
agli accenti tesi e drammatici della sua tarda produzione, a quei quadri visionari e sofferti
dantesche, che il pittore aveva avuto modo di
Il contatto con la drammaticità dantesca avrebbe al contrario dischiuso a Botticelli
strade ulteriori rispetto a quelle fino allora percorse, quelle degli abissi insondabili
dell’animo umano.
Su questa strada già aperta si inseriranno i temi cupi della predicazione di Savonarola che avrebbero portato la pittura di Botticelli
agli accenti tesi e drammatici della sua tarda produzione, a quei quadri visionari e sofferti
non lontani dalla terribilità delle immagini dantesche, che il pittore aveva avuto modo di
conoscere molto bene.
Dio e parcamente
“Tu vorresti roba:
vivi secondo Dio e parcamente
e non voler le pompe e
le vanità e a questo modo
risparmierai e avrai più roba.”
Ad un certo punto infatti, e proprio negli anni ’80, qualcosa inizia a cambiare nella pittura di Botticelli. Qualcosa inizia a perturbare la soave grazia del suo universo estetico, così perfettamente espressa nei due più celebri capolavori: La nascita di Venere e La Primavera. La sua pittura si carica di una tensione drammatica che finirà per esplodere nelle ultime opere, La Crocifissione Mistica e La Natività Mistica, tutte permeate da un’atmosfera austera, grave e rigorosa su cui ebbe certo influenza la predicazione di Girolamo Savonarola.
Vederne in Dante un precursore significava innalzarlo a padre e primo glorioso indizio
sarebbe realizzata due secoli dopo, sotto e
Vederne in Dante un precursore significava innalzarlo a padre e primo glorioso indizio
di quella Firenze Novella Atene che si sarebbe realizzata due secoli dopo, sotto e
grazie alla dinastia medicea e al suo Magnifico principe in particolare.
A questa esigenza rispose l’edizione del 1481, corredata dal commento di uno dei maggiori umanisti, Cristoforo Landino, e
illustrata dai disegni abbozzati da un artista del calibro di Botticelli.
Lorenzo di Pierfrancesco de Medici, nipote di
Lorenzo il Magnifico commissionò a Sandro
Botticelli 92 disegni dedicati alla Divina
Commedia che avrebbero impreziosito il codice
redatto a mano dal monaco amanuense Niccolò
Mangona con commento dell’Umanista
Cristoforo Landino
Mecenate di artisti e letterari fu anche il
committente de La Primavera, dove si pensa
compaia ritratto nelle vesti di Mercurio.
Di tale commissione abbiamo conferma da una fonte della metà del 500, l’Anonimo Magliabechiano:
“Botticelli dipinse e storiò un Dante in cartapecora a Lorenzo di Piero Francesco
Botticelli illustrò la Divina Commedia con la collaborazione dell’amanuense Niccolò
“Botticelli dipinse e storiò un Dante in cartapecora a Lorenzo di Piero Francesco
de Medici che fu cosa meravigliosa. Partendo dall’Inferno, attraverso il Purgatorio per arrivare al Paradiso,
Botticelli illustrò la Divina Commedia con la collaborazione dell’amanuense Niccolò
Mangona che incise sul retro delle pergamene il testo dei canti della Divina
Commedia.”
illustrano un episodio di un
sono una visione d’insieme
Novanta dei novantadue disegni arrivati fino a noi
illustrano un episodio di un singolo canto della Divina
Commedia; gli altri due sono una visione d’insieme del Cratere dell’Inferno e
una raffigurazione di Lucifero.
La cronologia dei disegni della Commedia dell'illustre pittore fiorentino (1444 o '45 – 1510 ?) è ancora incerta.
Quanto all'inizio, non lo si anticipa molto al di là del 1481, data
dell'edizione dantesca a stampa per i tipi di Niccolò della Magna, con il commento del Landino.
Infatti, poiché quelle illustrazioni presentano qualche affinità con l'opera
botticelliana, si è pensato che l'incisore Baccio Baldini avesse avuto presenti i disegni di Botticelli e si è spiegato anche l'esiguo numero delle illustrazioni, 19 negli esemplari più completi, con la partenza di Botticelli
per Roma, chiamato ad affrescare la Cappella Sistina, e quindi con la sospensione del suo studio sulla Divina Commedia.
E’ corretto pensare a una doppia serie di opere botticelliane per la Commedia, la prima iniziata prima del 1481 e realizzata dal Baldini, e la seconda dopo il ritorno a Firenze, tra il 1490 e il 1510 e di questa farebbero parte i fogli che (v. oltre) sono ora a Berlino o alla Vaticana.
Esistevano due differenti serie di disegni. Il corpus arrivato fino a noi sarebbe il secondo è ultimo realizzato da Botticelli.
I disegni, realizzati a punta di metallo su pergamena, ripresi a
Lo stile utilizzato da Botticelli è
I disegni, realizzati a punta di metallo su pergamena, ripresi a
inchiostro e parzialmente colorati, confermano quanto il Botticelli fosse permeato della
poesia dantesca. Lo stile utilizzato da Botticelli è
più arcaico di quello in uso durante la sua epoca.
-È chiaro come nelle intenzioni del Botticelli i disegni non dovessero seguire fedelmente il testo.
- che non fossero eseguiti direttamente per l’In Folio lo capiamo dal tracciato botticelliano che arriva fino al margine interno della
pergamena, così che è possibile escludere che fossero cuciti prima che Botticelli vi lavorasse.
Sandro Botticelli e Dante Alighieri, il Documentario
Incomincia la Comedia di Dante Alleghieri di Fiorenza,
ne la quale tratta de le pene e punimenti de' vizi e de'meriti
e premi de le virtù.
Dante, per quanto riguarda la struttura dell’Inferno, si basa sulla teoria di Aristotele nell’Etica nicomachea.
Dante ritiene che l’Inferno sia una voragine a forma di cono, formatasi nei
pressi di Gerusalemme, nell’emisfero boreale.
La formazione di questa voragine è dovuta alla punizione che Dio ha inflitto a Lucifero, uno degli angeli più belli del Paradiso, che voleva
diventare pari lui, scaraventandolo sulla Terra dove appunto formerà questa voragine, e al termine di questa si conficcherà a testa in giù.
Dante, per cominciare la missione che lo porterà alla salvezza di se stesso e di tutta l’umanità, deve intraprendere questo primo percorso nell’Inferno, per venire a contatto con il peccato e comprendere che il peccato ed il male
allontanano l’uomo da Dio.
PASSAGGIO DEL FLAGETONTE
E INGRESSO IN DITE
• VI cerchio ERETICI
• VII cerchio VIOLENTI
• I girone VIOLENTI CONTRO GLI ALTRI
• II girone VIOLENTI CONTRO SE STESSI
• III girone VIOLENTI CONTRO DIO
Nel mezzo del di nostra vita
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!
INFERNO, CANTO III
E io, che riguardai, vidi una ’nsegna che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;
dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch’i’ non averei creduto che morte tanta n’avesse disfatta.
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto.
INFERNO, CANTO III
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: "Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.
INFERNO, Canto IV
Venimmo al piè d'un nobile castello, sette volte cerchiato d'alte mura,
difeso intorno d'un bel fiumicello...
Qual è quel cane ch'abbaiando agogna,
INFERNO CANTO VI
Qual è quel cane ch'abbaiando agogna,
e si racqueta poi che 'l pasto morde, ché solo a divorarlo intende e pugna,
cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio Cerbero, che 'ntrona l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.
VIII-XXXIV
Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango,
e disse: «Chi se' tu che vieni anzi ora?». E io a lui: «S'i' vegno, non rimango;
ma tu chi se', che sì se' fatto brutto?». Rispuose: «Vedi che son un che piango».
E io a lui: «Con piangere e con lutto, spirito maladetto, ti rimani;
ch'i' ti conosco, ancor sie lordo tutto». Allor distese al legno ambo le mani;
per che 'l maestro accorto lo sospinse, dicendo: «Via costà con li altri cani!»
« E io: "Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda prima che noi uscissimo del lago".
Ed elli a me: "Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio: di tal disïo convien che tu goda".
Dopo ciò poco vid' io quello strazio
far di costui a le fangose genti, che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
Tutti gridavano: "A Filippo Argenti!";
e 'l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co' denti.
INFERNO, CANTO IX
INFERNO, CANTO IX
"Vegna Medusa: sì 'l farem di smalto",
dicevan tutte riguardando in giuso;
"mal non vengiammo in Teseo l'assalto"...
Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta e con una verghetta
l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno...
E io: "Maestro, quai son quelle genti
che, seppellite dentro da quell'arche, si fan sentir coi sospiri dolenti?" ...
FARINATA DEGLI UBERTI « Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto:de la cintola in tutto 'l vedrai
« Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto: de la cintola in sù tutto 'l vedrai »
vivo ten vai così parlando onesto,
INFERNO CANTO X
O Tosco che per la città del foco
vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco.
La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patrïa natio,
a la qual forse fui troppo molesto».
Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse tu credi che qui sia 'l duca d'Atene, che sù nel mondo la morte ti porse? Pàrtiti, bestia, ché questi non vene
ammaestrato da la tua sorella, ma vassi per veder le vostre pene».
SUICIDI, PIER DELLE VIGNE
Come d'un stizzo verde ch'arso sia da l'un de' capi, che da l'altro geme
e cigola per vento che va via, sì de la scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue; ond' io lasciai la cima cadere, e stetti come l'uom che teme.
SUICIDI, PIER DELLE VIGNE
Come d'un stizzo verde ch'arso sia da l'un de' capi, che da l'altro geme
e cigola per vento che va via, sì de la scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue; ond' io lasciai la cima cadere, e stetti come l'uom che teme.
INFERNO, CANTO XV
INFERNO, CANTO XV
Poi si rivolse, e parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde
Come la navicella esce di loco
in dietro in dietro, sì quindi si tolse; e poi ch'al tutto si sentì a gioco, là 'v' era 'l petto, la coda rivolse,
e quella tesa, come anguilla, mosse, e con le branche l'aere a sé raccolse.
Luogo è in inferno detto Malebolge,
tutto di pietra di color ferrigno, come la cerchia che dintorno il volge. Nel dritto mezzo del campo maligno
vaneggia un pozzo assai largo e profondo, di cui suo loco dicerò l'ordigno.
I SIMONIACI
O Simon mago, o miseri seguaci che le cose di Dio, che di bontate deon essere spose, e voi rapaci
per oro e per argento avolterate, or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia state.
INFERNO, CANTO XXVI
di retro al sol, del mondo
INFERNO, CANTO XXVI
O frati», dissi «che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia d'i nostri sensi ch'è del rimanente non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza».
CANTO «Or vedi com' io mi vedi come storpiato è Dinanzi a me sen va piangendo Alì,fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
CANTO XXVIII «Or vedi com' io mi dilacco! vedi come storpiato è Mäometto! Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura
ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa, così forando l'aura grossa e scura,
più e più appressando ver' la sponda, fuggiemi errore e cresciemi paura; però che, come su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona, così la proda che 'l pozzo circonda torreggiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia Giove del cielo ancora quando tuona.
Queta'mi allor per non farli più tristi; lo dì e l'altro stemmo tutti muti;
ahi dura terra, perché non t'apristi?
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno»
Lo 'mperador del doloroso regno
da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia; e più con un gigante io mi convegno,
che i giganti non fan con le sue braccia: vedi oggimai quant' esser dee quel tutto
ch'a così fatta parte si confaccia. S'el fu sì bel com' elli è ora brutto, e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
ben dee da lui procedere ogne lutto. Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand' io vidi tre facce a la sua testa!
INFERNO
Lo duca e io per quel cammino ascosointrammomondo;e salimmo tanto ch'i' vidi de le cose belleche porta 'l ciel, per un pertugio tondo.E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d'alcun riposo, salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi de le cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Dopo le ultime testimonianze che potremmo Dopo le ultime testimonianze che potremmo definire coeve all’esecuzione di Botticelli o di
poco posteriori se ne perdono completamente le tracce per almeno un secolo.
92 dei 100 disegni furono rinvenuti nella
collezione della Regina Cristina di Svezia.
Otto (cioè i disegni per If I, IX, XII, XIII, XV, XVI )
sono tutt’oggi conser vati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, fondo della regina
Cristina, codice Reginense lat. 1896.
Le restanti opere furono identificati presso un
Alexander Hamilton, X nel
canti del poema dantesco, i fogli erano 88, dei
Le restanti opere furono identificati presso un libraio parigino e furono acquistati da
Alexander Hamilton, X duca di Hamilton nel 1882.
La raccolta era lacunosa: anziché 100 come i
canti del poema dantesco, i fogli erano 88, dei quali 85 con disegni.
Fra questi 85 due fogli uniti contengono la figura di Lucifero. Dunque nella collezione
Hamilton vi erano i disegni per 83 canti.
per il gabinetto Reale di disegni e
stampe di Berlino che li pubblicò.
I fogli vennero acquistati per il
Gabinetto delle Stampe di
Berlino dal Lippmann,
conservatore del Re di Prussia,
per il gabinetto Reale di disegni e
stampe di Berlino che li pubblicò.
Il corpus digitalizzato è consultabile on line!
La Biblioteca Apostolica Vaticana e l'associazione Dante per
Sul web saranno pubblicate circa .
La Biblioteca Apostolica Vaticana e l'associazione Digita Vaticana Onlus lanciano il progetto Dante per
Sempre, per la digitalizzazione dei manoscritti dell'autore.
I tesori contenuti nella Biblioteca Apostolica Vaticana sono di inestimabile valore per la storia
culturale dell’umanità e devono essere visibili a tutti. Sul web saranno pubblicate circa 40 milioni di pagine.
«Leggere Dante è dovere,
rileggerlo necessità,
sentirlo presagio di grandezza.»