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COLORE E FORMA UN’INDAGINE SUI RAPPORTI
TRA FENOMENI SENSIBILI E STRUTTURE INVISIBILI
Filippo Gaia
Lavoro di maturità 2012
prof. Lucia Orelli Facchini e prof. Giuseppe Laffranchi
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
Sommario generale
Introduzione................................................................................... 1
Parte teorica .................................................................................. 2
Parte pratica ................................................................................ 30
Conclusione .................................................................................. 60
L’immagine presente sul frontespizio è tratta da Zuppiroli e Bussac 2001.
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Introduzione
Nel periodo in cui dovevo scegliere il tema da approfondire nel mio lavoro di maturità, mi è acca-
duto di vedere sulla copertina di un libro mostratoci dal nostro professore di chimica l’immagine di
una pietra variopinta, e osservandone i colori ho provato un senso di serenità. Mi sono allora chie-
sto come fosse possibile che gli elementi, quasi tutti grigi sottoforma di sostanze semplici, potes-
sero, combinandosi, dare origine alla moltitudine dei colori.
Ho pensato che potesse essere interessante cercare di capire attraverso questo lavoro di ricerca in
quale modo la struttura della materia fosse legata ai vari colori, e che pure potesse essere interes-
sante osservare come in contesti culturali differenti dal nostro, e in particolare nella cultura greca,
a cui grazie al corso di lingua greca mi sono appassionato in questi anni, con strumenti, procedi-
menti logici e presupposti filosofici diversi si sia cercato di dare una spiegazione al fenomeno dei
colori.
Innanzitutto ho scelto quindi di analizzare le teorie del colore di Democrito e di Platone, poiché i
loro pensieri partono da presupposti filosofici assai diversi e hanno avuto un’importante influenza
sulla filosofia e sulla scienza posteriore. In questo ho cercato di prestare particolare attenzione al
metodo e ai procedimenti logici, per mezzo dei quali Democrito e Platone hanno ipotizzato un le-
game tra la struttura della materia e il colore.
Chiedendomi poi se le emozioni suscitate dai colori abbiano avuto un ruolo nei ragionamenti di
Democrito e di Platone e come nasca il loro valore emotivo e simbolico, ho rivolto l’attenzione alle
teorie del colore del Bauhaus, di cui sapevo che aveva stabilito una relazione espressiva tra colori e
forme, che nelle teorie del colore di Democrito e Platone rivestono un ruolo importante. In parti-
colare ho scelto di approfondire il pensiero di Johannes Itten, che ha formulato in modo organico
una teoria del colore che ha avuto grande influenza sul Bauhaus.
Ho poi cercato di approfondire la spiegazione del colore offerta dalla chimica contemporanea,
dapprima comparando le formule chimiche di sostanze di vari colori sulla scorta di osservazioni
tratte dalla prima parte del lavoro sul rapporto tra il colore e la struttura della materia, poi attra-
verso un’esperienza di laboratorio e in seguito consultando la bibliografia.
Infine ho cercato di valutare se le osservazioni tratte dall’analisi delle idee di Democrito, Platone e
Johannes Itten sul rapporto tra il colore e la struttura della materia siano state una guida utile nel-
la parte sperimentale del lavoro.
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Parte teorica
Sommario
1 Il rapporto tra colore e struttura della materia secondo Democrito ........................................... 3
1.1 Atomi e vuoto ...................................................................................................................... 3
1.2 La percezione ....................................................................................................................... 5
1.3 La vista ................................................................................................................................. 6
1.4 I colori .................................................................................................................................. 7
1.5 Relazione tra i fenomeni e l’invisibile .................................................................................. 8
2 Il rapporto tra struttura della materia e colore nel Timeo di Platone ........................................ 10
2.1 La dottrina delle Idee e la generazione del cosmo nel Timeo di Platone ......................... 10
2.2 La vista ............................................................................................................................... 12
2.3 I colori ................................................................................................................................ 12
2.4 Relazione tra i fenomeni e l’invisibile ................................................................................ 14
3 Il rapporto tra forma e colore secondo Johannes Itten .............................................................. 16
3.1 Il Bauhaus .......................................................................................................................... 16
3.2 Johannes Itten ................................................................................................................... 20
3.3 La teoria dei colori di Johannes Itten ................................................................................ 21
3.4 I valori espressivi e simbolici dei colori e delle forme ....................................................... 24
3.5 Conclusioni ........................................................................................................................ 27
4 Conclusioni .................................................................................................................................. 28
Biblio- e webliografia ......................................................................................................................... 29
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1 Il rapporto tra colore e struttura della materia secondo Democrito
Democrito nacque ad Abdera probabilmente tra il 470 e il 460 a.C.;1 secondo Teofrasto, discepolo
di Aristotele, fu allievo di Leucippo, filosofo atomista. 2 Democrito si applicò allo studio della natu-
ra aderendo al pensiero atomista. Scrisse opere su molti argomenti, tra cui l’astronomia, la mate-
matica, la poesia, la medicina, l’agricoltura, la tecnica militare e l’etica.3 Il suo pensiero è giunto a
noi solamente in forma di testimonianze e frammenti, pochi dei quali riguardano la sua teoria sulla
natura.4
Le idee di Democrito vennero riprese da Epicuro, da Lucrezio e da molti intellettuali nel corso della
storia,5 e nel XVI e XVII secolo “l’atomismo di Democrito” ebbe “una funzione determinante per la
formazione della scienza moderna”.6
1.1 Atomi e vuoto
Per comprendere da quali premesse Democrito sviluppi la sua teoria dei colori, può essere utile
riassumere brevemente i presupposti fondamentali della sua dottrina.
Secondo Democrito, tutti i fenomeni sono causati dall’interazione di atomi e vuoto.7
Egli assegna al termine ἄ τομον il significato di “grandezza non divisa” o, forse, “indivisibile”,8 in-
tendendo particelle “assolutamente compatte (ναστóν)9 e dure (σκληρóν)10”,11 che non contengo-
1 Cf. Gemelli Marciano 2010, 487.
2 Cf. ibid. 486. L’esistenza di Leucippo non è certa, cf. Diogene Laerzio, De clarorum philosophorum vitis, 10, 13 (DK A
67 2), non sono chiari i suoi rapporti con Democrito, cf. Gemelli Marciano 2010, 486, Perilli e Taormina 2012: 150. 3 Cf. Catalogo di Trasillo: Diogene Laerzio, De clarorum philosophorum vitis, 9, 45-49 (DK 68 A 33; ed. Gemelli Marcia-
no (Gemelli Marciano 2010): Gli antichi atomisti 2). Cf. Gemelli Marciano 2010, 488. 4 Tra le ragioni della trasmissione del pensiero di Democrito attraverso testimonianze e frammenti vi è il linguaggio
“molto levigato e ricco di parole rare, per la maggior parte tratte dal linguaggio tecnico delle arti”, e che presentava singolari composizioni di parole, difficilmente comprensibili per i profani. Inoltre, per quanto riguarda la teoria degli atomi, l’affermarsi della dottrina di Epicuro mise in ombra gli scritti di Democrito. Cf. Gemelli Marciano 2010, 489.
5 Cf. Abbagnano 1999, 93 e Clericuzio 2009.
6 Geymonat 1977, 152.
7 Cf. ad es. Aristotele, Metaphysica, 985b4 (DK 67 A 6; GM 8 B). Cf. Gemelli Marciano 2010, 498.
8 Cf. Gemelli Marciano 2010, 498.
9Cf. Aristotele, Fragmenta 208, ed. V. Rose, Lipsia, 1886 (Simplicio, In Aristotelis De Caelo commentaria 294, 33) (DK 68
A 37; GM 8 A). 10
Cf. Aristotele, De generatione et corruptione, 326a 13-14. Cf. Gemelli Marciano 2007b, 216. 11
Sull’attribuzione a Democrito dei due termini e sul loro valore presso Democrito si veda Gemelli Marciano 2007b, 212–217.
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no vuoto e perciò non divisibili,12 “assolutamente indistruttibili e immutabili”13 e “in eterno movi-
mento”.14
Democrito attribuisce agli atomi tre proprietà: ῥ υσμός, τροπή e διαθιγή.15 La prima, ῥ υσμός, indi-
ca la forma di un corpo in movimento: 16 gli atomi, pur essendo tutti assai piccoli,17 hanno dimen-
sioni diverse e forme infinite:18 «gli uni sarebbero rotondi, altri spigolosi, altri ancora concavi, con-
vessi, a forma di amo e così via».19 Τροπή, la “giravolta”, 20 è il modo in cui gli atomi, quando si
scontrano tra loro, si volgono e vanno ad assumere un nuovo assetto, 21 causando una modifica-
zione delle qualità dei composti.22 La terza proprietà, διαθιγή, è il “contatto”, ovvero “il reciproco
intreccio degli atomi in movimento”:23 i corpi che hanno forme complementari si “impigliano”,
senza mai unirsi completamente.24 “Il contatto può essere più o meno stretto, riguardare superfici
più o meno ampie e dare origine ad aggregati più o meno omogenei, più friabili o più compatti”. 25
Il vuoto è invece inteso come “vuoto assoluto”, 26 a cui gli atomisti riconoscono un’esistenza non
inferiore a quella degli atomi27 e un ruolo attivo nello svolgimento dei processi naturali.28
I movimenti degli atomi, secondo Democrito, sono determinati da “costrizione naturale” (ἀ
νάγχη), ovvero da cause meccaniche, così che tutto accade per necessità.29
12 Cf. Gemelli Marciano 2010, 499.
13 Ibid.: 503.
14 Cf. Aristotele, Metaphysica, 1071b 31 (DK 67 A 18; GM 14, Gemelli Marciano 2010, 504).
15 Cf. Aristotele, Metaphysica, 985b 15 (DK 67 A 6; GM 8 B); Simplicio, In Aristotelis Physicorum libros commentaria, 28, 4, (Teofrasto, Fragmenta, 229, ed. W. Fortenbaugh, P. Huby, R. Sharples, D. Gutas, Leiden, 1992-2005) (DK 68 A 38; GM 8 C). Cf. Gemelli Marciano 2010, 504.
16 Gemelli Marciano 2010, 504. Per un’analisi del valore dei tre termini utilizzati da Democrito si veda Gemelli Marcia-no 2007b, 202–204. Al luogo citato ῥ υσμός è definito come “l’aspetto caratteristico e distintivo di un corpuscolo in movimento in un contesto vario e mutevole o comunque di forma irregolare”.
17 Gemelli Marciano 2010, 502.
18 Cf. ibid. 503. Sull’infinità delle forme cf. Simplicio, In Aristotelis Physicorum libros commentaria, 28, 4, (Teofrasto, FHSeG 229; DK 68 A 38; GM 8 C).
19 Gemelli Marciano 2010, 503. Cf. Aristotele, Fragmenta 208 Rose (Simplicio, In Aristotelis De Caelo commentaria 294.33; DK 68 A 37; GM 8 A).
20 Cf. Gemelli Marciano 2007a.
21 Cf. Gemelli Marciano 2010, 504. Τροπή esprime il volgersi dei nemici in battaglia, cf. ibid., 504, 550.
22 Cf. Gemelli Marciano 2007b, 204.
23 Cf. Gemelli Marciano 2010, 504.
24 Cf. Gemelli Marciano 2007b, 204 e Gemelli Marciano 2010, 505–506.
25 Gemelli Marciano 2007b, 204, cf. Teofrasto, De sensu, 73.
26 Gemelli Marciano 2010, 500.
27 Simplicio, In Aristotelis Physicorum libros commentaria 28, 4 , (Teofrasto, 229 FHSeG) 8 C GM = DK 67 A 8; cf. Gemel-li Marciano 2010, 499–500.
28 Gemelli Marciano 2010, 499–501. Sul ruolo attivo del vuoto nei processi naturali si veda Gemelli Marciano 2007b, 152–154.
29Cf. Stobeo, Eclogae, 1, 4,7c (DK 67 B 2, GM 17 A), per attribuzione a Democrito si veda Gemelli Marciano 2010, ad loc. Cf. Gemelli Marciano 2007b, 298.
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1.2 La percezione
Per Democrito, dunque, i corpi non hanno qualità sensibili proprie, ma gli atomi e il vuoto di cui
sono composti, interagendo con il percipiente, generano le diverse sensazioni.30 Per capire come
secondo Democrito si percepiscano le qualità, conviene cercare di capire come avvengano tali in-
terazioni.
Egli sostiene che da ogni corpo emanino continuamente efflussi di atomi.31 Questi possono pene-
trare attraverso pori, ovvero spazi vuoti, negli organi di senso del percipiente e in tal caso provo-
cano in essi delle modificazioni;32 queste modificazioni si trasmettono a tutto il corpo,33 che viene
scosso fino nel profondo ed è interamente coinvolto nel processo di percezione. 34 La percezione
dipende quindi non solo dalle qualità degli atomi, ma anche dalle condizioni, ovvero dalla persona-
le mescolanza di atomi, del percipiente,35 che si riflettono sullo stato dei pori, determinando quali
atomi vengano lasciati entrare nel corpo;36 a loro volta le condizioni del percipiente vengono in-
fluenzate dagli atomi assorbiti.37 Infine, la percezione può essere influenzata da circostanze ester-
ne.38
La percezione è dunque soggettiva in quanto è influenzata dalle condizioni del percipiente e dalle
circostanze esterne in cui avviene, e non corrisponde a “come ciascuna cosa sia in verità”; 39 ma è
causata da oggettive modificazioni nel corpo e nell’anima del percipiente. 40
Non essendo la percezione sensoriale completamente obiettiva, le informazioni che fornisce de-
vono essere “controllate e integrate” dalla ragione.41 Democrito ipotizza dunque due forme di co-
noscenza.42 L’una è costituita dalla percezione sensoriale43 ed è detta “oscura” o “bastarda”
(γνώμη σκοτίη) 44, poiché a contatto con oggetti sempre in cambiamento e di cui coglie solo la
30 Cf. Sesto Empirico, Adversus Mathematicos 7,135 (DK 68 A 9; GM 57 A). Cf. Gemelli Marciano 2010, 526; Sassi 1978, 50; Leszl 2009, 73.
31 Cf. Teofrasto, De sensu, 50 (DK 68 A 135; GM 62 A). Cf. Leszl 2009, 73. M. M. Sassi nota che gli atomi emanano dai corpi come “come una sorta di pellicola” (Sassi 1978, 59).
32 Cf. Teofrasto, De sensu, 50 (DK 68 A 135; GM 62 A). Cf. Sassi 1978, 59.
33 Cf. Teofrasto, De sensu, 50 (DK 68 A 135; GM 62 A). Cf. Sassi 1978, 60.
34 Cf. Gemelli Marciano 2010, 531–532. Pure l’anima è scossa dal trasmettersi delle modificazioni (cf. Gemelli Marcia-no 2010, 532). M. M. Sassi ipotizza quindi che l’anima sia “la sede in cui le sensazioni prendano coscienza” (Sassi 1978, 61–62).
35 Cf. Sesto Empirico, Adversus matematicos, 7.136 (DK 68 B 9; GM 57 A), cf. Leszl 2009, 77.
36 Sassi 1978, 224-225. Nel caso della vista, inoltre, la percezione è influenzata dagli efflussi che emanano dal perci-piente (Teofrasto, De sensu, 50 (DK 68 A 135; GM 62 A)).
37 Cf. Sesto Empirico, Adversus matematicos, 7.136 (DK 68 B 9; GM 57 A), cf. Gemelli Marciano 2010, 526.
38 Cf. ibid. 529. Nel caso della vista si pensi ad esempio, alla presenza del sole (cfr. Teofrasto, De sensu, 54 (DK 68 A 135; GM 62 A).
39 Sesto Empirico, Adversus matematicos, 7.137 (DK 68 B 8; GM 57 A), traduzione di Lucia Orelli.
40 Cf. Gemelli Marciano 2010, 529; Sassi 1978, 223.
41 Gemelli Marciano 2010, 526.
42 Cf. Gemelli Marciano 2010, 527.
43 Cf. Sesto Empirico, Adversus matematicos, 7.139 (DK 68 B 11; GM 57 A)
44 Le due denominazioni sono riportate in Sesto Empirico, Adversus matematicos, 7.139 (DK 68 B 11; 57 A GM). Le tra-duzioni sono tratte da Sassi 1978, 215.
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forma esteriore.45 L’altra è detta “genuina” (γνώμη γνησίη) ed è costituita dal discernimento, “che
compara di volta in volta le informazioni e ne trae conclusioni generali”,46 poiché “vede oltre i fe-
nomeni e coglie cosa vi sia dietro”.47 Le due forme collaborano l’una con l’altra: l’una “fornisce le
prime informazioni”, che permettono all’altra di “trarre conclusioni sulla verità nascosta”.48
1.3 La vista
Tra le varie percezioni Democrito presta particolare attenzione alla spiegazione della vista.49 A
proposito di essa Democrito, secondo quanto è stato tramandato da Teofrasto,50 sostiene che gli
efflussi emanati dai corpi non raggiungono direttamente gli occhi del percipiente,51 ma insieme a
quelli emanati dal percipiente stesso “comprimono l’aria intermedia”52 e vi formano un’impronta
“come nella cera” 53 che porta le caratteristiche sia di ciò che è visto sia di chi vede. Lo stampo di-
viene solido ed “entra e si riflette nell’occhio”. 54
Riporta Teofrasto:
Egli [Democrito] spiega, dunque, il vedere come causato dalla riflessione dell'immagine, ma spiega que-sto fenomeno in maniera idiosincratica: infatti dice che l'immagine non si forma direttamente sulla pu-pilla, ma che l'aria frapposta tra l'organo della vista e l'oggetto visto, compressa per opera dell'oggetto visto e del soggetto che vede, riceve un'impronta; infatti da ogni cosa emana sempre un certo effluvio; quest'aria poi, solida e colorata, si riflette negli occhi che sono umidi, e l'elemento denso [dell'occhio] non l'accoglie, mentre l'umido la lascia penetrare. 55
Come si è detto, non solo l’oggetto percepito e il percipiente determinano la percezione, ma pure
le condizioni in cui questa avviene. Per quanto riguarda la vista, Democrito cerca, ad esempio, di
spiegare l’effetto del sole su di essa: il sole, secondo quanto riporta Teofrasto, favorisce la forma-
zione dell’impronta in quanto allontana da sé l’aria e la fa addensare. Perciò di giorno si vede me-
glio che di notte.56
45 Gemelli Marciano 2010, 528.
46 GM 528.
47 Gemelli Marciano 2010, 528. Cf. Sesto Empirico, Adversus matematicos, 7.139 (DK 68 B 11; 57 A GM), cf. Gemelli Marciano 2010, ad loc.
48 Gemelli Marciano 2010, 528-529.
49 Cf. Sassi 1978, 96.
50 Teofrasto, De sensu, 50 (DK 68 A 135; 62 GM).
51 Sassi 1978, 98.
52 Ibid., 98-99.
53 Gemelli Marciano 2010, 530, cf. Teofrasto, De sensu, 51 (DK 68 A 135; 62 GM); Sassi 1978, 99.
54 Sassi 1978, 98-99. M. M. Sassi ipotizza che secondo Democrito gli efflussi non raggiungono direttamente gli occhi per giustificare “le illusioni e gli errori” della vista (Sassi 1978, 76 e 106).
55 Teofrasto, De sensu 50 (DK 68 A 135; GM 62 A), traduzione tratta da Gemelli Marciano 2007a.
56 Teofrasto, De sensu 54 (DK 68 A 135; GM 62 A), cf. Gemelli Marciano 2010, 530.
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1.4 I colori
Si è detto che secondo Democrito il colore, come tutte le affezioni sensibili, non è una qualità pro-
pria dei corpi, ma “apparenza […] esistente solo nel percipiente” causata dall’interazione tra gli
atomi di questo e gli atomi degli oggetti percepiti. 57 Egli dunque descrive con precisione le pro-
prietà degli atomi che provocano la sensazione di quattro colori primari (bianco, nero, rosso e ver-
de)58 e sostiene che dalle varie mescolanze di questi si producono infiniti colori.59
Riporta Teofrasto:
(73) Fra i colori [Democrito] dice che ve ne sono quattro semplici. Il bianco, dunque, è il liscio. Infatti ciò che non sia scabro, non getti ombra e non sia difficilmente penetrabile, ogni cosa che sia di tal genere è anche brillante. Ciò che brilla, poi, deve avere spazi vuoti grandi ed essere trasparente. Delle sostanze bianche, quelle dure sono composte di figure uguali alla superficie interna delle conchiglie: in questo modo, infatti, non fanno ombra, sono brillanti e hanno pori disposti in linea retta; quelle invece che so-no friabili e si sbriciolano facilmente sono composte da figure rotonde, ma in posizione obliqua l'una ri-spetto all'altra e unite due a due, e presentano una struttura generale uniforme al massimo grado. Es-sendo tali, sono friabili perché sono in contatto solo su una piccola superficie e si sbriciolano facilmente, perché hanno una struttura uniforme; non fanno ombra, perché sono lisce e piatte; la differenza di bianchezza fra loro dipende dal fatto che [in alcune] le figure suddette sono più definite e meno mesco-late e sono in un ordine e in una disposizione più simile a quelle descritte sopra. (74) Il bianco, dunque, è composto da figure di tal genere. Il nero, invece, da quelle di caratteristiche opposte, cioè scabre, irrego-lari, e disposte in maniera non uniforme: poiché in tal modo fanno ombra e non hanno pori rettilinei e facilmente penetrabili. Inoltre gli effluvi [che provengono da questi oggetti] sono lenti e disordinati; in-fatti l'effluvio risulta, a seconda della sua qualità, differente alla percezione visiva, la quale si modifica a causa dell'inserimento dell'aria. (75) Il rosso è composto dalle medesime figure da cui è composto il cal-do, soltanto più grandi. Qualora, infatti, i composti siano più grandi, anche se le figure sono simili, [il loro colore] è di un rosso più vivo. La prova che il rosso è composto da figure di tal genere è la seguente: noi, quando ci riscaldiamo, diventiamo rossi e così pure gli altri corpi infuocati, finché mantengano la pro-prietà di ciò che è infuocato. Più rosse sono le cose composte di figure grandi, come ad esempio la fiamma e il carbone della legna verde più di quelli della legna secca. Così pure il ferro e gli altri corpi in-fuocati; infatti i più brillanti sono quelli che contengono il fuoco più sottile e nella maggior quantità, mentre più rossi sono quelli che contengono un fuoco più spesso e in quantità minore. Perciò i corpi più rossi sono anche meno caldi; infatti il sottile è caldo. Il verde, poi, è composto dal solido e dal vuoto am-bedue di grandi dimensioni; le sfumature dipendono dalla posizione e dalla disposizione [dei solidi e dei vuoti]. (76) I colori semplici, dunque, hanno queste figure e ciascun colore sarà tanto più puro quanto più risulterà da figure non mescolate [con altre tipiche di altri colori]. Gli altri colori dipendono dalla me-scolanza di questi. Così ad esempio il colore dell'oro, quello del bronzo e tutti quelli analoghi, dalla com-binazione del bianco col rosso; infatti traggono il brillante dal bianco, il rossastro dal rosso, giacché il rosso nella mescolanza va a cadere proprio nei vuoti del bianco. Se poi a questi colori si aggiunge il ver-de, si ottiene il colore più bello, ma bisogna che le aggiunte di verde siano piccole perché grandi non è possibile, dato il modo come sono combinati il bianco e il rosso. E le sfumature [dei colori composti] sa-ranno differenti a seconda che si prendano quantità maggiori o minori [di colori semplici]. (77) Il purpu-reo deriva dalla mescolanza del bianco, del nero e del rosso, quando il rosso ha la parte maggiore nel composto, il nero vi è mescolato in piccola parte, e il bianco in proporzione media; per questo è grade-
57 Cf. Sesto Empirico, Adversus matematicos 7.137 (DK 68 B 9; GM 57 A); Gemelli Marciano 2010, 526.; Sassi 1978, 138.
58 Teofrasto, De sensibus 73-76 (DK 68 A 135; GM 63), cf. Sassi 1978, 138.
59 Sassi 1978, 139, cf.Teofrasto, De sensibus 78 (DK 68 A 135; GM 63).
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vole alla sensazione. Che nel purpureo vi siano il nero e il rosso, è evidente alla vista poiché lo splendore e la trasparenza sono indice della presenza del bianco; questi sono infatti gli effetti prodotti dal bianco. Il blu di guado è composto dal nero intenso e dal verde, il nero però vi è contenuto in proporzione mag-giore: il verde porro dalla porpora e dal blu di guado, o dal verde e dal purpureo. Infatti lo zolfo è di que-sto colore e ha una certa lucentezza. L'indaco deriva dal blu di guado e dal rosso-fuoco, ma da figure tondeggianti e aghiformi, affinché nel nero vi sia il brillio. (78) Il verde-noce è composto dal verde e dall'indaco; se poi vi si mescola del bianco, diventa rosso-fiamma, perché ciò che non fa ombra elimina anche l'effetto del colore nero. E in generale anche [l'aggiunta di] rosso mescolato al bianco produce un verde puro e non scuro. Per questo i frutti dapprima sono verdi, prima di essere riscaldati e di espander-si. Riguardo alla quantità egli fa menzione di questi colori, ma ritiene che i colori e i sapori siano infiniti in base alle mescolanze che se ne possono fare, togliendo dell'uno e aggiungendo dell'altro, e mesco-landone degli uni di meno, degli altri di più; infatti nessun colore [fra quelli che ne risulteranno] sarà mai simile all'altro.60
1.5 Relazione tra i fenomeni e l’invisibile
Nel passo di Teofrasto è possibile notare il procedimento con cui Democrito tenta di dedurre la
conformazione e le dinamiche dei corpi invisibili61 e quindi capire quale rapporto egli suppone tra i
fenomeni e la struttura della materia.
Secondo Sesto Empirico lo stesso Democrito riconosceva i fenomeni come uno strumento per “ve-
dere” l’invisibile:
Diotimo invece, diceva che, secondo Democrito ci sono tre criteri [di verità]62, quello della comprensione degli invisibili [sono] i fenomeni, infatti i fenomeni sono una vista sull'invisibile, come dice Anassagora, che Democrito per questo loda.63
Lo stesso Democrito sembra affermare che il discernimento (γνώμη γνησίη) riconosce tra ciò che è
percepito dei “segni”, interpretando i quali giunge a “visualizzare” l’invisibile. 64
Osservando alcuni fenomeni naturali, dunque, Democrito cerca di dedurre la natura della “costri-
zione naturale” che determina le interazioni tra gli atomi e la natura degli atomi stessi. 65
Nel passo di Teofrasto si possono riconoscere vari riferimenti ai fenomeni naturali che Democrito
considera per dedurre la natura degli atomi invisibili.
Il bianco ad esempio, il colore più chiaro, è subito messo in relazione all’assenza di ombre; poi,
probabilmente per l’osservazione che superfici lisce non presentano ombre, al contrario di super-
60 Teofrasto, De sensibus 73-78 (DK 68 A 125; 63 GM), traduzione tratta da Gemelli Marciano 2007a.
61 Non è in realtà certo se Democrito ritenesse che gli atomi fossero per definizione invisibili, cf. Gemelli Marciano 2010, 502–503. Qui il termine è usato nel senso di non visibili comunemente, né con precisione.
62 Cf. Gemelli Marciano 2010 ad loc.
63 Sesto Empirico, Adversus Mathematicos, 7.140 (DK 68 A 111; GM 57 A). Traduzione tratta da Gemelli Marciano 2007a
64 Secondo M. L. Gemelli Marciano l’affermazione attribuita Anassagora significa innanzitutto che i fenomeni offrono allo studioso delle immagini, “metafore” che gli permettono di “visualizzare” l’invisibile e di far “visualizzare” l’invisibile ad un pubblico profano (cf. ibid. 299–305).
65 Cf. Gemelli Marciano 2007b, 298.
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fici scabre, Democrito deduce che gli atomi che provocano la sensazione del colore bianco hanno
una superficie liscia e una disposizione regolare. Pure la descrizione della disposizione degli atomi,
in cui viene rilevato il rapporto tra l’estensione delle superfici di contatto tra gli atomi e la durezza
dei composti, è conforme all’osservazione di fenomeni naturali e potrebbe essere dedotta da essi.
In modo simile, partendo dall’osservazione della relazione tra il nero e l’ombra, Democrito giunge
a descrivere le proprietà degli atomi che provocano la sensazione del nero, opposte a quelle dei
primi.
Ancora più esplicita è la funzione delle osservazioni di fenomeni naturali nel dedurre le proprietà
degli atomi che provocano la sensazione del rosso.
Sostenendo che essi abbiano le medesime figure degli atomi che provocano la sensazione del cal-
do, argomenta ciò con l’osservazione che i corpi che vengono riscaldati diventano rossi; allo stesso
modo quanto sostiene sul rapporto tra le dimensioni degli atomi e l’intensità della sensazione di
calore che provocano è argomentato con esempi di fenomeni.
Può essere interessante tentare di capire come mai Democrito ritenga che gli atomi che generano
la sensazione di caldo siano sferici, per capire come, a partire da alcune osservazioni di fenomeni
naturali, Democrito stabilisca mediante il ragionamento la natura di ciò che è invisibile.
Avendo osservato che il fuoco, strettamente legato al caldo, ha un effetto “pungente”, Democrito
assegna ad essi forma sferica, considerando che la sfera sia tutta un angolo. 66
Vorrei infine osservare che i ragionamenti di Democrito per dedurre la natura di ciò che è invisibile
potrebbero essere influenzati non solo dall’osservazione diretta dei fenomeni naturali, ma anche
dal valore simbolico ed emotivo assunto dai colori, da altre sensazioni e dalle forme nel suo conte-
sto culturale.
66Cf. Arist. De cael. 306b 30 (DK 68 B 155a): “Ma anche per quanto riguarda le affezioni, le proprietà e i movimenti, le figure geometriche, alle quali soprattutto hanno fatto riferimento, definendo le cose in questo modo, non sono in consonanza con i corpi. Ad esempio, poiché il fuoco è quello più mobile, riscaldante e bruciante, gli uni gli hanno at-tribuito la forma di una sfera, gli altri di una piramide; queste sono infatti le figure più mobili per il fatto che hanno la più piccola quantità di punti di contatto e sono le meno stabili, ma sono le più riscaldanti e brucianti in quanto l'una è tutta un angolo, l'altra è quella che ha gli angoli più acuti, ed è con gli angoli, come dicono, che [i corpi] bru-ciano e riscaldano […] E inoltre, se il fuoco scalda e brucia a causa degli angoli, tutti gli elementi saranno riscaldanti, sebbene forse uno più di un altro; infatti tutti hanno angoli, come ad esempio l'ottaedro e il dodecaedro. E, per Democrito, anche la sfera, essendo una sorta di angolo, taglia in quanto mobile.” La traduzione tratta da Gemelli Marciano 2007a.
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2 Il rapporto tra struttura della materia e colore nel Timeo di Platone
Platone nacque ad Atene tra il 428 e il 427 a. C.;67 secondo Aristotele in gioventù frequentò Cratilo,
seguace di Eraclito68. A vent’anni iniziò a frequentare Socrate e fu suo discepolo fino alla morte di
questi.69 Nel 387 fondò ad Atene l’Accademia, scuola di filosofia e scienza.70 Secondo Diogene
Laerzio morì ad Atene nel 347 o nel 348 a. C.71
Nicola Abbagnano ha osservato che Platone è uno dei pensatori che “hanno maggiormente influito
sulla nostra cultura”.72 Tramandato secondo l’interpretazione e la rielaborazione di Plotino, fonda-
tore del neoplatonismo, il pensiero di Platone venne ritenuto dai padri della Chiesa particolarmen-
te vicino al pensiero cristiano. 73 Egli ebbe quindi grande influenza sulla filosofia cristiano-
medioevale e, più tardi, sul pensiero dell'umanesimo e del rinascimento. A “Platone come filosofo
della interpretazione matematica della natura si rifanno pure”, inoltre, “i protagonisti della rivolu-
zione scientifica moderna, da Copernico a Galileo.”74
Nelle sue opere Platone parla più volte del colore, a volte in modi che paiono contraddirsi.75 Nel
Timeo Platone dedica la maggiore attenzione alla teoria dei colori. In quest’opera egli descrive in
modo approfondito i meccanismi della visione e le cause dei colori.
2.1 La dottrina delle Idee e la generazione del cosmo nel Timeo di Platone
Per comprendere da quali presupposti parta Platone per sviluppare la teoria della visione e dei co-
lori e quale ruolo attribuisca ad essi può essere utile riassumere brevemente le principali idee
esposte nel Timeo.
Sarà interessante soffermarsi sulle descrizioni delle particelle che formano gli elementi, le quali
forniscono informazioni utili alla comprensione del rapporto che Platone suppone tra i fenomeni e
la struttura della materia.
Egli ritiene che il mondo sensibile, essendo in continuo divenire, non sia mai “pienamente essere”
(Platone, Timeo 28 A)76 e non possa quindi essere oggetto di intelligenza, ma solamente di opinio-
ne ( cf. 28 A-C, 37 C-D, 51 D-52 A). Egli ipotizza dunque l’esistenza di Idee, “essenze permanenti”
67 Diogene Laerzio, Vitae philosophorum, 3.2-3.
68Aristotele, Metaphysica, 987a. Per l’aderenza di Cratilo alle dottrine di Eraclito Aristotele, Metaphysica, 1010a. Cf. Abbagnano 1999,172.
69 Diogene Laerzio, Vitae philosophorum, 3.5-6. Cf. Abbagnano 1999, A Tomo 1,172 e Perilli e Taormina 2012: 199.
70 Cf. Perilli e Taormina 2012: 199.
71 Diogene Laerzio, Vitae philosophorum, 3.2 Abbagnano 1999, A Tomo 1,172., Cf. Perilli e Taormina 2012: 199.
72 Abbagnano 1999,210–211.
73 Cf. ibid. Secondo Sant’Agostino, ad esempio, Platone fu “il pensatore che più di ogni altro si è avvicinato al messag-gio cristiano" (ibid.).
74 Ibid.210–211.
75 Cf. Schadewaldt 1965, 173–175.
76 Le traduzioni dei passi del Timeo sono tratte da Reale 1991.ad eccezione della traduzione di 28 C.
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delle cose (cf. 28 A), enti eterni e immutabili “oggetti propri del pensiero”77 (cf. 52 A), “concepibili
con l’intelligenza mediante il ragionamento” (28 A).
Nel Timeo Platone, attraverso le parole di Timeo, di tendenze pitagoriche, descrive attraverso un
“racconto verosimile” (29 D) la generazione del cosmo: in origine la materia “non stava in quiete,
ma si muoveva confusamente e disordinatamente” (30 A), e non aveva forma propria (cf. 50 D-51
A). Il Demiurgo (in greco δημιουργός, ovvero “lavoratore pubblico”)78, dio “fattore e padre di tutte
le cose” (28 C), essendo buono e volendo perciò che tutte le cose divenissero simili a lui (cf. 29 E-
30 A), prendendo la materia la “portò dal disordine all’ordine” (30 A) “guardando all’esemplare
eterno” (29 A), ovvero alle Idee. Il mondo sensibile è dunque una “imitazione dell’esemplare” (48
E-49 A). Timeo spiega poi che il Demiurgo ordinò la materia in quattro elementi: il fuoco, l’aria,
l’acqua e la terra (cf. 53 B). I corpi, secondo Timeo, sono costituiti da superfici ed ogni superficie è
scomponibile in triangoli (53 C-D). Tutti i triangoli, poi, sono scomponibili a loro volta in triangoli
isosceli e scaleni. Questi si compongono in particelle di forme differenti (54 C-55 C), di cui sono
composti i quattro elementi. I corpi che costituiscono il fuoco hanno forma di tetraedro, composto
da 24 triangoli scaleni (54 D-55 A), la forma più acuta (e quindi più tagliente), più piccola, più leg-
gera e che ha meno basi, ed è dunque la più mobile, poiché secondo Timeo l’“impressione del fuo-
co è qualcosa di acuto” e il fuoco stesso è ritenuto assai mobile (cf. 56 A-B, 61 E). L’aria ha forma di
ottaedro, e possiede le stesse caratteristiche del fuoco “in secondo grado” (56 B); l’acqua ha forma
di icosaedro e le possiede “in un terzo grado” (56 B); la terra, infine, ha forma di cubo, la forma
con le basi e la struttura più salda, essendo la terra il genere più immobile (55 E).79
Secondo il racconto di Timeo il Demiurgo creò un’anima immortale per ogni astro (41 D), sua sede
propria, e ordinò agli dei, che lui stesso aveva creato, di “plasmare corpi mortali” (42 D). Gli dei
ubbidirono e legarono le anime ai corpi (cf. 42 E-43 A) e il Demiurgo disseminò le anime sui pianeti
(cf. 42 D).
Il Timeo ha avuto una grande influenza sulla filosofia e sulla scienza posteriore; nel Medioevo fu il
dialogo platonico “più letto e più studiato” e fu tra i “principali punti di riferimento della scienza
medioevale”, in quanto costituiva un’importante fonte di “informazioni sulle conoscenze scientifi-
che dell’antichità".80
77 Enciclopedia filosofica, 1982, s. v. “Idea”.
78 Ibid. s. v. "Demiurgo".
79 Timeo sostiene che le particelle del fuoco, a forma di tetraedro, siano costituite da 24 triangoli scaleni, quelle dell’aria, a forma di ottaedro, da 48 triangoli scaleni (55 A), quelle dell’acqua, a forma di icosaedro, da 120 triangoli scaleni e quelle della terra, a forma di cubo, da 24 triangoli isosceli (54 D-55 C). Si noti che in 57 C-D spiega che dalla combinazione dei triangoli elementari dà origine a triangoli di varie grandezze. Timeo afferma infine che i triangoli rimanenti formano una “quinta combinazione” di cui “il Dio si servì per decorare l’universo” (55 C). Questa fu l’etere per i discepoli di Platone (cf. Reale 1991, nota ad loc.).
80 Cf. Abbagnano 1999,208.
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2.2 La vista
Spiegando come gli dei abbiano plasmato i corpi mortali, Timeo descrive gli organi del corpo e i
processi percettivi. Del meccanismo fisico della vista Timeo offre una precisa descrizione:
E degli organi [gli dei] costituirono in primo luogo gli occhi che portano la luce, e glieli applicarono nel modo che segue. Quella parte del fuoco che non ha la caratteristica di bruciare, ma che ci offre la mite luce propria di ogni giorno, 81 predisposero che diventasse un corpo. Infatti il fuoco puro che è dentro di noi affine a questo lo fece scorrere liscio e denso attraverso gli occhi, comprimendo tutte le parti, ma specialmente la parte di mezzo [C] degli occhi, in modo che trattenesse tutta la parte del fuoco che era più denso, e lasciasse filtrare solamente quello puro. Quando, dunque, vi sia luce diurna intorno a tale corrente del fuoco puro della vista, allora, incontrandosi simile con simile e unendosi insieme, se ne forma un corpo unico e omogeneo nella direzione degli occhi, in quel punto in cui quello che scaturisce dal di dentro si incontra con quello che confluisce da fuori. E tutto questo corpo, divenuto capace delle stesse impressioni a causa delle somiglianze delle sue parti, quando [D] tocca qualunque cosa o qualun-que cosa tocchi lui,82 diffondendo i moti di questi per tutto quanto il corpo fino all’anima, fornisce que-sta sensazione, per la quale noi diciamo di vedere.83
Platone dunque ipotizza l’esistenza di un corpo della visione, un organo composto da particelle di
luce coese provenienti dall’occhio del percipiente e dal corpo della luce del giorno. Quando fiam-
me emanate dai corpi sensibili entrano in contatto con il corpo della visione causano in esso un
movimento che si trasmette fino all’anima, provocando la sensazione dei colori.
2.3 I colori
Proprio a seconda del tipo di interazione che ha luogo tra il corpo della visione e le fiamme emana-
te dagli oggetti visti vengono percepiti i diversi colori.
Timeo spiega che vi sono quattro colori primari, ovvero il bianco, il nero, lo splendente e il rosso, e
che dalla combinazione di questi hanno origine tutti gli altri colori.
Dapprima egli descrive le interazioni che provocano le sensazioni dei quattro colori primari, poi la
composizione di alcuni colori secondari e terziari.
81 Si tratta della luce; Platone suppone l’esistenza di tre tipi di fuoco: “la fiamma e ciò che deriva dalla fiamma e non brucia, ma offre luce agli occhi, e ciò che, quando si sia spenta la fiamma, ne rimane nei corpi arroventati” (Timeo 58 C-D),cf. Merker 2003: 30. A. Merker osserva che secondo Platone la luce non sarebbe di per sé visibile, ma che avrebbe un ruolo fondamentale nel processo fisico della visione (cf. Merker 2003: 30-31).
82 Da tutti i corpi, secondo Platone, emanano “fiamme” che possono interagire con il corpo della vista (cf. 67 C e sgg.). In ogni corpo, infatti, sono contenute particelle di fuoco, perché la rotazione dell’universo spinge i corpi a stringersi tra loro, così gli elementi si infilano gli uni negli interstizi degli altri, senza lasciare vuoti: “Per questo, soprattutto il fuoco è penetrato in tutte le cose, e poi in secondo luogo l’aria , in quanto è quella che viene seconda in sottigliezza, e in questo stesso modo gli altri corpi” (59 A-B) (cf. Merker 2003: 31-32)
83 Platone osserva infatti che l’anima prova sensazioni quando corpi mobili a cui sopraggiunga un’affezione “la tra-smettano in cerchio le une alle altre, riproducendo la medesima cosa fino al momento in cui, giunte alla ragione, le annuncino alla potenza dell’agente” (64 B); questo “vale specialmente per la vista e per l’udito, perché in esse c’è una potenza assai grande di fuoco e di aria” (64 C) , Timeo considera infatti fuoco e aria gli elementi più mobili (56 A). 45 B-D.
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Ci resta ancora un quarto genere di impressioni che riguarda il sensibile e che bisogna specificare, in quanto contiene in sé numerose varietà. Noi abbiamo chiamato queste, nel loro insieme, colori. Questi sono fiamma proveniente dai singoli corpi, che ha particelle proporzionate alla visione, in modo da ge-nerare sensazioni. Della visione, poi, abbiamo detto in precedenza quali siano le cause che la generano. [D] Ora, per quanto concerne i colori, questo sembra più probabile, e sarebbe opportuno discuterne in un discorso conveniente. Le particelle che provengono dalle altre cose e che incontrano la vista [ovvero il corpo della visione], sono, alcune, più piccole, altre, invece, più grandi; ed alcune sono uguali alle parti della vista medesima. Ora, le uguali non sono sensibili, e le diciamo diafane; invece, le maggiori e le mi-nori, le une contraendo e le altre dilatando la vista, agiscono come le calde e le fredde sulla carne, e [E] sulla lingua tutte quelle che producono calore e che abbiamo chiamate piccanti. E le bianche e le nere sono fortemente imparentate a queste, producendo le stesse impressioni in un altro genere, e che ci sembrano differenti per le cause precisate. Pertanto, bisogna porre i nomi in questa maniera: ciò che di-lata la vista bisogna chiamarlo bianco, mentre il suo contrario bisogna chiamarlo nero. Invece, quando un moto più rapido di un fuoco di genere diverso si incontra con il fuoco visivo e lo dilata fino sugli occhi, e, separando a forza e sciogliendone i canali, [68 A] fa versarne fuori il fuoco e in abbondanza quell’acqua che chiamiamo lacrime, esso è pur sempre fuoco che viene in senso contrario. E un fuoco balza fuori dall’occhio come da folgore, e l’altro penetra, e per l’umidità si spegne. In questo rimescola-mento si generano tutti i tipi di colori, e questa impressione la chiamiamo barbaglio, e quello che la pro-duce lo chiamiamo brillante [splendente] e raggiante.84 [B] Quel genere di fuoco, poi, che è in mezzo a questi, giunge fino all’umore degli occhi e si mescola con esso, ma non è scintillante: a tale raggio del fuoco che si mescola attraverso l’umore, e che produce un colore sanguigno, diamo il nome di rosso.85 Il colore splendente, poi, mescolato al rosso e al bianco genera il giallo. Ma il dire in che misura debba es-sere ciascuno non è cosa ragionevole neppure se lo si sapesse, perché nessuno sarebbe veramente in grado di esprimere in maniera sufficiente alcuna ragione necessaria e nemmeno alcuna probabile. Il ros-so, poi, [C] mescolato al nero e al bianco, dà origine al purpureo. Si origina, invece, il colore bruno, quando si aggiunga altro nero a questi colori mescolati e bruciati. Il rosso arancione, poi, nasce dalla me-scolanza di giallo e di grigio mentre il grigio nasce dalla mescolanza di bianco e di nero, e il color ocra dalla mescolanza di bianco e di giallo. Il bianco, poi, combinandosi con lo splendente e incontrandosi con il nero carico, produce il colore turchino; e il turchino, mescolandosi con il bianco, produce il celeste, mentre, mescolandosi al nero, il verde tenero. [D] Per quanto riguarda gli altri colori, da queste cose che si sono dette, è abbastanza chiaro a quali mescolanze si possono assimilare, mantenendo il discorso probabile. Ma se qualcuno volesse esaminare queste cose, in base ai dati di fatto, non riconoscerebbe la differenza che c’è fra la natura umana e quella divina, ossia che Dio possiede in misura adeguata la scienza ed ad un tempo la potenza di mescolare molte cose in unità e di nuovo discioglierle dall’unità in molte; ma non c’è nessuno degli uomini, ora, che sappia fare né l’una né l’altra cosa, né ci sarà mai in avvenire.86
Secondo Timeo, dunque, i colori non sono una qualità propria della materia, ma sensazioni provo-
cate da movimenti trasmessi dal corpo della visione all’anima, causati dai diversi rapporti di gran-
84 Konrad Gaiser propone in Schadewaldt 1965, 184 e n. 45 un’ interessante ipotesi sulla ragione di questo particolare colore: come il nero si trova al limite tra il non ancora visibile e il visibile, per simmetria, “premessa fondamentale” del pensiero di Platone, egli ipotizza un colore al limite tra il visibile e il non più visibile: lo splendente infatti “può accecare l’occhio attraverso il molteplice cambiamento e l’enorme intensità dell’impressione”. Così viene definita pure una “differenziazione tra colori “colorati” (“bunt”) e “non colorati” così come tra “opachi” e “intensi””.
85 I quattro colori primari vengono derivati per mezzo di un procedimento di διαίρεσις, tipico di Platone. Schadewaldt 1965, 182.
86 67 C-68 B.
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dezza tra le particelle di luce che compongono lo stesso corpo della visione87 e le particelle di fuo-
co, sottoforma di fiamma, che emanano dai corpi: particelle uguali a quelle del corpo della visione
non generano alcun movimento e dunque alcuna sensazione; il bianco si produce quando le parti-
celle di fuoco emanate dai corpi, essendo più piccole delle particelle del corpo della visione, lo se-
parano dilatandolo (διάκρισις), mentre quando le prime sono più grandi, lo comprimono
(σύγκρισις) dando origine alla sensazione del nero.88
Nei casi della sensazione dello splendente e del rosso, poi, le fiamme, avendo maggior velocità,
giungono fino all’occhio. Quando le fiamme entrano violentemente nell’occhio e ne sciolgono i ca-
nali provocando l’uscita di fuoco ed acqua (le lacrime) dall’occhio, si genera la sensazione dello
splendente. Quando invece la fiamma giunge più lentamente all’occhio e si mescola all’umore sen-
za provocare la fuoriuscita di acqua e fuoco si genera la sensazione del rosso.
Secondo il discorso di Timeo le dimensioni delle particelle, e delle loro superfici, sono determinate
a loro volta da composizioni differenti dei triangoli elementari.89
Platone riduce quindi i colori a rapporti tra i triangoli elementari che costituiscono i corpi.90
2.4 Relazione tra i fenomeni e l’invisibile
Come si è visto, nel Timeo Platone dichiara di esprimersi per mezzo di un “discorso verosimile”,
ovvero in modo conforme agli elementi fondamentali della sua dottrina, in particolare alla dottrina
delle Idee.91 Come emerge dai brani analizzati, infatti, egli cerca di ricondurre fenomeni sensibili,
ritenuti oggetto di opinione e non di intelligenza, e infiniti per varietà, ad ordinati rapporti numeri-
ci astratti, oggetto di intelligenza e, dunque, di conoscenza.
Nei brani analizzati, tuttavia, si può notare che Timeo presta grande attenzione ai fenomeni natu-
rali e alle sensazioni, non solo in quanto dedica ampi spazi del discorso alla spiegazione degli stessi
fenomeni, ma anche poiché nei procedimenti deduttivi e nei ragionamenti emergono molti ele-
menti che è possibile ricondurre all’osservazione di fenomeni naturali.
Platone dunque cerca di spiegare i fenomeni in modo conforme sia agli elementi fondamentali del-
la sua dottrina, sia alle percezioni sensoriali.92
87 A. Merker osserva che essendo il corpo della visione composto anche da fuoco proveniente dall’occhio del perci-piente, su di esso si riflettono forse le caratteristiche dello stesso; ciò permetterebbe di spiegare il relativismo delle percezioni, di cui Platone parla in Teeteto 154 A (cf. Merker 2003: 50–51).
88 Timeo osserva in 67 D che la percezione del bianco è simile a quella del caldo: “il fuoco, per la sua forma acuta, se-parando i corpi “sminuzzandoli in piccole parti” produce la sensazione del caldo (61 D-62 A). Al contario “le parti grandi dei liquidi (…) penetrano” nel corpo “e respingono le più piccole; ma non potendo penetrare nei luoghi di queste, comprimono insieme il nostro umore, e, per uniformità e compressione, da difforme ed agitato lo rendono immobile e lo solidificano. (…) E a questa sensazione e a ciò che la produce venne dato il nome di freddo” (62 A-B)
89 57 C-D. Cf. Schadewaldt 1965, 181.
90 Secondo Konrad Gaiser le diverse dimensioni di particelle di stessa forma sono originate da un diverso numero di triangoli elementari che le compongono. Il fenomeno verrebbe dunque ridotto ad una relazione numerica astratta tra il numero di triangoli elementari delle particelle di fuoco (cf. ibid. 1965, 181).
91 Cf. ibid. 183.
92 Cf. Schadewaldt 1965, 195-197.
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Konrad Gaiser ha individuato nell’esposizione della teoria dei colori del Timeo alcuni aspetti in cui
si nota come il ragionamento di Platone segua probabilmente osservazioni “empiriche”. Egli cita
ad esempio la considerazione che la forte irruzione di luce nell’occhio provoca una sensazione di
vari colori e di scintillante (68 A), e che i corpi si anneriscono a causa della combustione (68 C, cf.
83 A).93
Si può ipotizzare che pure i meccanismi che provocano la sensazione del bianco e del nero siano
stati dedotti attraverso osservazioni pratiche. Il colore nero potrebbe essere stato associato ad un
effetto condensante delle particelle in seguito all’osservazione, ad esempio, di corpi neri densi,94 o
poiché abbinato in altri fenomeni al freddo o al piccante, la percezione dei quali è descritta in mo-
do simile a quella del nero. In modo simile, il bianco potrebbe essere stato associato ad un effetto
dissociante delle particelle in quanto abbinato in determinati fenomeni al caldo.95
Ancor più evidente è il valore dato alle sensazioni nella deduzione delle proprietà delle particelle
dei quattro elementi. Timeo, ad esempio, guidato dal sentire che l“impressione del fuoco è qual-
cosa di acuto” deduce che le sue particelle possiedono la forma più acuta, ovvero il tetraedro.
Platone dunque prova a dedurre meccanismi invisibili che spieghino i colori in modo coerente alle
sensazioni, cercando al contempo di mantenersi coerente alla dottrina delle Idee.
Infine, credo che pure le deduzioni di Platone, in particolare quelle di cui è più difficile individuare
un rapporto diretto con i fenomeni, potrebbero essere state influenzate dal valore simbolico ed
emotivo rivestito dai colori nel il suo ambiente culturale.96
Un’analisi del valore simbolico ed emotivo dei colori nella cultura antica e delle influenze di questi
sulle teorie del colore di Democrito e Platone potrebbe costituire un interessante sviluppo di que-
sta ricerca.
Per cercare di capire come si possa sviluppare il valore simbolico ed emotivo dei colori, può essere
interessante rivolgere l’attenzione agli studi sul colore sviluppati dal Bauhaus. Inoltre, proprio in
base al loro valore espressivo, i colori sono stati abbinati dal Bauhaus a forme corrispondenti. I ra-
gionamenti che hanno guidato gli artisti del Bauhaus possono dunque offrire un esempio di come
Democrito e Platone potrebbero aver dedotto le forme della materia, che secondo entrambi svol-
93 Schadewaldt 1965, 184. Gaiser cita inoltre la considerazione che la sensazione del rosso appare grazie alla luce che risplende attraversando una sostanza umida (68 B, cf. 80 E) (cf. ibid.).
94 Cf. 59 B: “E il nodo dell’oro, che per la sua densità è durissimo e di colore nero, fu chiamato adamante”. Cf. Scha-dewaldt 1965 n. 33.
95 Per la descrizione della percezione di caldo e freddo cf. 59 B. Per la percezione del piccante cf. 65 E-66 A. Come è stato osservato, è Platone stesso ad indicare l’analogia tra le tre percezioni in 67 D-E.
96 Negli scritti di Platone si trovano alcuni accenni al valore simbolico ed emotivo del colore, tuttavia non sono riuscito a metterli in relazione con la spiegazione della sensazione dei colori. In Leggi XII 956 A, ad esempio, Platone scrive: “il colore adatto agli dei è il bianco, sia per quanto concerne i tessuti, che le altre offerte; mentre le tinture si posso-no usare solo per le divise militari”.
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ge un importante ruolo nei processi percettivi, in base al valore attribuito dal loro ambiente cultu-
rale a colori e forme.
Ho scelto in particolare di analizzare le idee di Johannes Itten, che ha elaborato in modo organico
una teoria del colore che ha avuto grande influenza sul Bauhaus.
3 Il rapporto tra forma e colore secondo Johannes Itten
3.1 Il Bauhaus
Per capire il contesto culturale in cui si sviluppò il pensiero di Itten, le influenze che il Bauhaus eb-
be su di lui e quelle che egli ebbe su di esso, può essere utile presentare un breve quadro storico
dell’origine e dei primi anni del Bauhaus.
Il processo di industrializzazione che ebbe luogo durante il diciannovesimo secolo portò nella pro-
duzione ad una “frattura tra la concezione artistica e la sua realizzazione”, che sempre più spesso
avveniva ad opera di macchine, e di conseguenza ad una “svalutazione degli elementi artigianali”.
Quale risposta a tali problemi nacquero in Inghilterra laboratori artigianali, in cui si cercò di otte-
nere prodotti di qualità per mezzo dell’artigianato artistico.97 Pure in Germania si diffuse l’esigenza
di beni di qualità e vennero aperti piccoli laboratori per la produzione di “oggetti per la casa, mobi-
li, tessuti e attrezzi metallici”; ma mentre in Inghilterra tali laboratori erano nati per opposizione al
sistema di produzione industriale, in Germania questi integrarono metodi meccanici nella produ-
zione artistica.98
Negli stessi anni in Inghilterra ebbe luogo una riforma dei metodi di insegnamento delle accade-
mie d’arte e dei centri di formazione professionale: “invece di riprodurre modelli, gli allievi dove-
vano ora partecipare in prima persona alla fase progettuale”. Il successo della riforma inglese dif-
fuse in Europa la nuova forma pedagogica.99
Il processo di riavvicinamento della produzione industriale e dell’arte ebbe uno sviluppo importan-
te quando negli anni ‘90 dell’Ottocento in Germania, divenuta il Paese più industrializzato
d’Europa e alla ricerca di un “linguaggio stilistico” confacente all’importanza del suo ruolo, venne
fondato il Deutscher Werkbund, associazione “volta a contemperare le ragioni dell’arte con quelle
dell’industria”, che aveva come obiettivo “il miglioramento qualitativo della produzione industriale
come prodotto della collaborazione di arte, industria e artigianato”.100
L’architetto Walter Gropius, membro del Deutscher Werkbund, ottenne nel 1919 la direzione della
Accademia di Belle Arti di Weimar, che venne unita alla locale Scuola di artigianato artistico (chiu-
sa nel 1915) sotto il nome di “Staatliches Bauhaus in Weimar”.101 Gropius, traendo ispirazione
97 Wingler 1987, 20–21.
98 Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 11.
99 Ibid. 10.
100 Ibid. 11-12.
101 Ibid. 16-17.
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17
proprio dalle idee del Deutscher Werkbund,102 intendeva realizzare all’interno della nuova scuola
un’unione di tutte le arti, e delle arti con l’artigianato, in funzione di un obiettivo “simbolico e rea-
le ad un tempo: “Bauen” (costruire)” (cf. fig. 1).103 “Costruire era per Gropius -osserva Magdalena
Droste- un’attività ad un tempo sociale, intellettuale e simbolica: senza contare che “costruire”, in
quanto attività collettiva in grado di conciliare lavoro manuale e intellettuale, finora divisi, poteva
appianare le differenze di classe e avvicinare l’artista al popolo”.104
Figura 1 Lo schema, posto negli Statuti del Bauhaus pubblicati nel 1922,105
mostra l’organizzazione dei corsi. È ben evi-
dente la centralità dell’idea di costruire (“Bauen”). Si noti inoltre l’importanza rivestita dal Vorkurs (Vorlehre) introdot-
to e curato, per il tempo della sua permanenza presso il Bauhaus, da Johannes Itten.
Gli scopi del Bauhaus furono esposti nell’introduzione al programma del Bauhaus redatta da Wal-
ter Gropius e pubblicato nel 1919, che costituì il manifesto del pensiero del Bauhaus:106
Il fine ultimo di ogni attività figurativa è l’architettura! Decorare gli edifici era un tempo il compito più eccelso delle arti figurative, le quali erano componenti inscindibili della grande architettura. Oggi esse si trovano in uno stato di autarchico isolamento cui possono essere di nuovo strappate solo attraverso una consapevole collaborazione di tutti coloro che prestano la loro opera in questi campi. Architetti, pittori e scultori devono di nuovo imparare a conoscere e a capire la complessa forma dell’architettura nella sua totalità e nelle sue parti, dopo di che potranno restituire alle loro opere quello spirito architettonico che hanno perduto nell’arte da salotto.
102 Bauhaus-Archiv Museum für Gestaltung: Vorgeschichte.
103 Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 18, cf. Wingler 1987, 25.
104 Ibid. 18–19.
105 Statuti del Bauhaus statale di Weimar, Weimar 1922, nota bibliografica tratta da Wingler 1987, 712. Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, commento alla figura.
106 Wingler 1987, 63. Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 22.
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I vecchi istituti artistici non erano in grado di generare quest’unità, come anch’essi avrebbero dovuto, perché l’arte non si può insegnare. Essi devono risolversi di nuovo nelle officine. Questo mondo di dise-gnatori di modelli e di decoratori, capaci soltanto di disegnare e di dipingere, deve infine ridiventare un mondo di gente che costruisce. Quando il giovane che sente in sé l’amore per la attività figurativa co-mincia come un tempo la sua carriera imparando un’attività artigianale, l’”artista” improduttivo non sa-rà più condannato in futuro all’esercizio di un’arte imperfetta, poiché la sua abilità rimarrà ora acquisita al campo dell’artigianato, dove potrà realizzare opere eccellenti. Architetti, scultori, pittori, noi tutti dobbiamo tornare all’artigianato! Non esiste infatti un’”arte professionale”. Non c’è alcuna differenza sostanziale tra l’artista e l’artigiano. L’artista è un artigiano a un livello superiore. La grazia del cielo, in rari momenti di illuminazione che trascendono il suo volere, fa fiorire l’arte, senza che lui ne abbia co-scienza, nell’opera della sua mano; quel che in ogni artista è però essenziale è la base artigianale. Ivi è la fonte prima della figurazione creativa.
Formiamo dunque una nuova corporazione degli artigiani, senza però quell’arroganza di classe che vor-rebbe erigere un muro di alterigia tra artigiani e artisti! Impegniamo insieme la nostra volontà, la nostra inventiva, la nostra creatività nella nuova attività edilizia del futuro, la quale sarà tutto in una sola for-ma: architettura e scultura e pittura, e da milioni di mani di artigiani si innalzerà verso il cielo come un simbolo cristallino di una nuova fede che sta sorgendo. Walter Gropius107
La copertina che accompagnava il programma (fig. 2), un’incisione su legno di Lyonel Feiniger,
rappresentava “una cattedrale sormontata da una torre in cima alla quale si incontrano tre raggi
che stanno ad indicare le tre arti maggiori: pittura, scultura, architettura”. Questa divenne il “sim-
bolo della nuova concezione”: “la cattedrale poteva considerarsi il simbolo dell’opera d’arte totale,
nonché il simbolo di unità sotto il profilo sociale”.108
107 Programma del Bauhaus statale a Weimar, edito a cura del Bauhaus statale, Weimar, 1919 citato in Wingler 1987, 63.
108 Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 19.
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Figura 2 L’introduzione del programma del Bauhaus di Walter Gropius con la xilografia di Lyonel Feininger, Weimar,
1919.109
Il Bauhaus voleva dunque offrire una formazione sia artistica sia pratica: gli allievi, dopo aver fre-
quentato per un semestre il corso propedeutico (Vorkurs), accanto alle lezioni teoriche seguivano
corsi in uno dei laboratori, sotto la guida di un “maestro-artigiano” e di un “maestro-artista”.110
Alla scuola del Bauhaus insegnarono o collaborarono importanti architetti, scultori, pittori e desi-
gners tra cui Wassily Kandisky (1866-1944), Lyonel Feininger (1871-1956), Paul Klee (1879-1940),
Mies van der Rohe (1886-1969), Johannes Itten (1888-1967), Oskar Schlemmer (1888-1943), Josef
Albers (1888-1976), e Marcel Breuer (1902-1981).
La scuola del Bauhaus fu trasferita nel 1925 a Dessau, e nel 1932 a Berlino, dove nel 1933 venne
fatta chiudere dai nazionalsocialisti.111
Anche dopo la chiusura dell’istituto, le idee del Bauhaus si diffusero in tutto il mondo.
L’importanza del Bauhaus risiede in molti aspetti. Per lo storico dell’arte G. C. Argan il ruolo crucia-
le del Bauhaus consiste “nel riflettere la crisi della società tedesca tra le due guerre (e in senso piú
generale dell'intera cultura moderna) e al tempo stesso nel proporsi come strumento di riforma
artistica che ambisce a creare un diverso modello sociale. […] Il carattere emblematico […] deriva
109 Programma del Bauhaus statale a Weimar, edito a cura del Bauhaus statale, Weimar, 1919.
110 Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 22, 66; Bauhaus-Archiv Museum für Gestaltung: Werkstätten. Nello schema ri-portato alla figura 1 le lezioni teoriche e il lavoro pratico nelle officine sono rappresentati dai due anelli intermedi.
111 Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 228–236.
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dall'idea che industrial design, architettura e urbanistica siano unificate e attraversate da un iden-
tico valore civile: un'idea nobile e potente che, nonostante l'apparente sconfitta odierna, riesce
ancora una volta a trovare le ragioni profonde e universali della propria affermazione”.112
3.2 Johannes Itten
Johannes Itten nacque nel 1888 a Süderen-Linden, in Svizzera. Dopo aver frequentato un istituto
magistrale fu per breve tempo maestro elementare. Studiò poi matematica e scienze naturali113
ma, influenzato da opere dei membri del “Blauer Reiter” e dei pittori cubisti, decise di dedicarsi al-
la pittura.114 Dal 1913 al 1916 frequentò l’Accademia di Stoccarda, dove fu allievo di Adolf Höl-
zel,115 considerato uno dei primi teorici sistematici del quadro astratto, della teoria della forma e
del colore,116 il quale ebbe grande influenza sulle sue teorie e sul suo metodo pedagogico.117
Nel 1916 espose per la prima volta alla galleria “Der Sturm” di Berlino118; lo stesso anno si trasferì
a Vienna, dove aprì una scuola d’arte privata. Nel 1919 fu chiamato da Walter Gropius al Bau-
haus,119 dove dal 1920 insegnò nel corso propedeutico (Vorkurs), “da lui stesso ideato” e tenne un
corso di teoria della forma.120 Il Vorkurs era “la base pedagogica dell’insegnamento sul Bau-
haus”;121 le lezioni di Itten si basavano sull’analisi della “capacità soggettiva di percezione” e nel
contempo sulla “comprensione oggettiva. Erano divise in “tre grandi linee tematiche: studio della
natura e dei materiali, analisi di antiche opere d’arte” e “studio di nudo”;122 nell’ambito dello stu-
dio della natura, per affinare la “sensibilità ai materiali” e preparare al lavoro pratico nei laborato-
ri, Itten insegnava teoria dei contrasti, teoria della forma e teoria del colore.123
Grazie soprattutto al Vorkurs, Johannes Itten “fu di grande importanza per il concetto del Bau-
haus”.124 In particolare le sue “concezioni in tema di forme e colori primari ebbero un’importanza
fondamentale nelle vicende successive del Bauhaus” ed ebbero in particolare grande influenza sul-
le opere e sull’insegnamento di Paul Klee e Wassily Kandinsky.
112 Argan 2010, risvolto di copertina.
113 Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 246.
114 Cf. Wingler 1987, 361.
115 Cf. Zienterra 2007; Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 24.
116 Cf. Mai 2010, 348.
117 Cf. Zienterra 2007; Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 24.
118 Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 246.
119 Cf. ibid. 22.
120 Cf. ibid. 246.
121 Zienterra 2007, 17.
122 Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 25.
123 Cf. ibid. 27.
124 Bauhaus-Archiv Museum für Gestaltung: Vorgeschichte.
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In questo periodo Itten si avvicinò alle idee e alle pratiche del movimento Mazdaznan, una dottri-
na religiosa che riprende elementi dello zoroastrismo, del cristianesimo e dell’induismo, di cui è
difficile misurare l’influenza sull’artista.125
“Itten –sostiene Magdalena Droste- era per principio contrario al lavoro su commissione perché
riteneva che la finalità più alta del Bauhaus non poteva essere che la rinascita e l’educazione di un
uomo finalmente creativo in armonia con sé stesso e con la realtà esterna”, e credeva dunque nel
“lavoro individuale contro ogni ingerenza e pressione del mondo economico esterno”.126 Questo lo
portò ad uno scontro con Gropius che, invece, cercava “l’unità nella fusione, non nella separazio-
ne” di arte e industria.127 Così, nel 1923, Itten lasciò il Bauhaus. In seguito alle sue dimissioni il
Bauhaus si orientò verso la “creazione di nuovi prodotti più in linea con le esigenze
dell’industria”.128
Negli anni successivi Itten insegnò e diresse numerosi musei e scuole d’arte e artigianato e, dal
1956, si dedicò alla “formulazione e alla pubblicazione della sua teoria sull’insegnamento
dell’arte”. Morì a Zurigo nel 1967.129
3.3 La teoria dei colori di Johannes Itten
Johannes Itten ha raccolto le sue teorie sul colore nell’opera Arte del colore (Kunst der Farbe),
pubblicata nel 1961 (Fig. 3). In quest’opera analizza il colore dal punto di vista del pittore,130 che
pur “deve possedere alcune nozioni sia psicologiche che fisiologiche”,131 ritenendo che “per gli ar-
tisti sono essenziali gli effetti dei colori e non tanto i loro caratteri fisici, studiati dai chimici e dagli
scienziati”; riconosce tuttavia che “i più profondi ed essenziali segreti del cromatismo restano im-
penetrabili agli occhi e si possono cogliere solo col cuore. L’essenziale sfugge quindi a ogni formu-
lazione concettuale”.132
Quale “premessa alla teoria strutturale dei colori” Itten propone un “cerchio cromatico a dodici
parti” (fig. 4): tra i tre colori primari giallo, rosso e blu, che “la normale percezione cromatica è in
grado di individuare” come “assolutamente distinti” gli uni dagli altri, vengono disposti i tre colori
secondari verde, arancio e viola, ottenuti di volta in volta dalla mescolanza di due colori primari.
Tra i colori primari e i colori secondari si dispongono i sei colori terziari, ottenuti di volta in volta
dalla mescolanza di un colore primario e un colore secondario (dal giallo e dall'arancio il giallo-
125 Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 32; Hanish 2011.
126 Così Walter Gropius ha espresso l’aspirazione di Itten in Die Tragfähigkeit der Bauhaus-Idee, 1922 citato in Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 46.
127 Walter Gropius, citato in Ball 2004, 322.
128 Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 46.
129 Cf. Droste e Bauhaus-Archiv 2003, 246.
130 Cf. Itten 2002, 11.
131 Ibid. 16.
132 Ibid. 11.
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arancio, dall'arancio e dal rosso il rosso-arancio, dal rosso e dal viola il rosso viola, e così via).
Ne esce “un anello diviso in dodici parti uguali, in cui i colori occupano posti irreversibili e si susse-
guono secondo l'ordine dell'arcobaleno e dello spettro. (…) I dodici colori sono equidistanti tra lo-
ro, e gli opposti sono complementari".
“Il giallo", posto più in alto, "è il colore più chiaro, mentre il viola", posto più in basso, "il più scuro,
cioè fra questi due colori esiste il più forte contrasto di chiaroscuro. A destra e a sinistra dell’asse
giallo-viola stanno il rosso-arancio e il verde-blu, cioè le due polarità del contrasto freddo-
caldo”.133
Accordi cromatici obiettivamente armonici si ottengono, secondo Itten, accostando colori disposti
l’uno di fronte all’altro nel cerchio cromatico o “secondo uno schema a triangolo equilatero” o iso-
scele, o secondo uno schema a quadrato o a rettangolo(fig. 4).134
Figura 4 Il cerchio cromatico di Johannes Itten e accordi obiettivamente armonici tra i colori (tratto da Itten 2002, 35,
21).
133 Ibid. 34.
134 Cf. ibid. 21, 118.
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Per rappresentare in modo più completo la molteplicità dei colori e i loro rapporti, Itten si serve
della sfera cromatica, che permette di rappresentare tutte le variazioni di luminosità e di qualità
cromatica135 dei colori (fig. 5). 136
Sulla superficie “i colori puri del disco cromatico” vengono inscritti nella “fascia equatoriale”, men-
tre “nelle zone polari” vengono disposti “a nord il bianco e a sud il nero”. Dalla zona equatoriale ai
poli vengono disposti sulla superficie toni progressivamente schiariti e, rispettivamente, oscurati
dei colori puri. Ogni sezione orizzontale della sfera mostra all’esterno i colori alla massima qualità
cromatica, al centro una tonalità di grigio corrispondente al livello di luminosità della sezione. Tra i
colori esterni e il grigio centrale vengono disposti toni progressivamente più offuscati (cf. fig. 5 in
basso a sinistra). Ogni sezione verticale della sfera mostra invece ai lati opposti due colori com-
plementari, i cui toni gradualmente più offuscati verso il grigio neutro disposto al centro vengono
rappresentati nella fascia equatoriale. Verso l’alto e verso il basso sono rappresentati i toni gra-
dualmente schiariti e, rispettivamente, oscurati, dei colori rappresentati nella fascia equatoriale
(cf. fig. 5 in basso a destra). I toni che si trovano in punti opposti della superficie della sfera “stan-
no in rapporto reciproco, fisso e oggettivo, non solo come colori [ovvero come colori complemen-
tari], ma anche per il grado di luminosità”.137
Figura 5 La sfera cromatica di Itten. In basso sono rappresentate una sezione orizzontale e una sezione verticale della
sfera (tratta da Itten, 116).
135 Cioè il “grado di purezza ovvero di saturazione” (ibid. 96).
136 Cf. Ibid. 114.
137 Cf. ibid., 114–117.
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3.4 I valori espressivi e simbolici dei colori e delle forme
Nell’Arte del colore Itten analizza il colore da tre differenti punti di vista:
ottico-sensibile (impressivo) psichico (espressivo) intellettuale-simbolico (strutturale)138
Per valore espressivo del colore Itten intende i “processi psicologici”, “le emozioni suscitate dagli
effetti cromatici”, che “possono toccare il nucleo più profondo dell’uomo, interessando i centri es-
senziali della psiche e della spiritualità”, ovvero l’“influenza profonda e sconvolgente” dei colori.139
Ritenendo che “in un’opera d’arte i caratteri espressivi della forma e del colore dovrebbero essere
come sincronizzati”, Itten analizza gli “specifici valori espressivi” delle forme e dei colori e le abbi-
na secondo corrispondenti valori espressivi (cf. fig. 6).140
Figura 6 Abbinamento tra forme e colori primari e secondari di corrispondente valore espressivo (tratta da Itten 2002,
120)
Itten distingue tre forme fondamentali (Adc 120),141 caratterizzate dalle diverse direzioni spaziali: il
quadrato, di “carattere” orizzontale e verticale, il triangolo, di “carattere” diagonale, e il cerchio, di
“carattere” circolare.142 Ad esse abbina i tre colori primari, mentre abbina i colori secondari a for-
me intermedie a quelle fondamentali che corrispondo ai colori primari da cui sono composti (cf.
fig. 6).143
138 Ibid. 16.
139 Ibid.130.
140 Cf. ibid. 120.
141 Cf. ibid.
142 Cf. Itten e Vereinigte Seidenwebereien AG 1973.
143 Cf. Itten 2002, 120.
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“Il triangolo deriva i suoi caratteri dall’intersezione di tre diagonali” e “si irradia” dunque “in tutte
le direzioni”; i suoi angoli acuti risultano pungenti e aggressivi. “Il triangolo è il simbolo del pensie-
ro; nel campo dei colori, al suo carattere imponderabile, corrisponde il giallo chiaro”.144
Infatti “il giallo oro rappresenta la più alta sublimazione della materia ad opera della luce, irradia
una luminosità diffusa, priva di trasparenza, lieve come una pura vibrazione. L’oro fu larghissima-
mente usato dai primitivi. Significa materia luminosa, iridescente. I mosaici dorati delle cupole bi-
zantine e gli sfondi dorati degli antichi maestri sono un simbolo dell’aldilà, del miracolo, del regno
del sole e della luce. L’aureola d’oro dei Santi è il segno della loro luce spirituale. I Santi che rag-
giunsero lo stato dell’illuminazione lo sentirono come un rapimento estatico in una luce, che to-
glieva loro il respiro. Quella luce celeste poteva venire indicata visualmente solo dall’oro. È comu-
ne esclamare: “mi si è fatta luce” quando improvvisamente si comprende qualcosa che prima re-
stava oscuro. E si afferma che un uomo “ha mente lucida” per dire che è intelligente. Al giallo co-
me colore più luminoso, si associa così simbolicamente l’intelligenza, il sapere”.145
“Il quadrato, caratteristicamente determinato dall’intersecazione di due orizzontali e di due verti-
cali della stessa misura, è simbolo di materialità, di pesantezza, di rigorosa chiusura. L’ideogramma
con cui gli egiziani designavano il “campo” era un quadrato. E si avverte una forte tensione se di-
segnando i lati successivi di un quadrato si concentra l’attenzione sul moto che crea il quadrato.
(…) Al quadrato corrisponde il rosso, il colore simbolico della materia. La forza e l’opacità del rosso
partecipano della staticità e pesantezza del quadrato”.146 Il rosso “è sempre attivo (…) se lo si esa-
mina dal punto di vista della realtà materiale”, “passivo” “dal punto di vista dell’incorporea spiri-
tualità” ed “è associato al sangue” (il blu invece ai nervi):147
La “vigorosa e rompente lucentezza” del rosso “non si lascia facilmente attenuare; (…) il rosso-
arancio è denso e opaco, risplende come se fosse illuminato da un calore interno. Il calore del ros-
so-arancio sfiora l’intensità del fuoco. La luce rosso-arancio favorisce la crescita delle piante ed ec-
cita le funzioni organiche. Mediante un adeguato contrasto, al rosso-arancio si può dare il caratte-
re della passione febbrile.
In quanto collegato al pianeta Marte, il rosso-arancio è riferibile al mondo focoso della guerra e
dei demoni. I guerrieri portavano in battaglia una veste color rosso-arancio come emblema mar-
ziale. Le rivoluzioni si servono del rosso-arancio nei loro stendardi. Il rosso-arancio arde di passio-
nalità sensuale, mentre il rosso puro simboleggia, al contrario, l’amore spirituale (…). Nel porpora,
colore dei cardinali, il potere mondano si assomma a quello spirituale”.148
“Il cerchio è generato dalla rotazione di un punto a costante distanza dal centro. Al contrario
dell’aspro e teso dinamismo del quadrato, il cerchio dà una sensazione di distensione e di costante
dinamicità. È il simbolo dell’uniforme e autonomo moto dello spirito. Gli antichi cinesi, che diedero
144 Ibid.
145 Ibid. 132.
146 Ibid. 120.
147 Ibid. 135.
148 Ibid. 134.
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forme quadrate al palazzo del sovrano terreno, si servirono di forme circolari per la costruzione dei
templi celesti. Segno astrologico del sole è il cerchio con un punto al centro. (…) Nel campo dei co-
lori, al movimento ininterrotto del cerchio corrisponde la trasparenza dell’azzurro”.149
“Mentre il rosso è sempre attivo, il blu è sempre passivo, se lo si esamina dal punto di vista della
realtà materiale. Dal punto di vista dell’incorporea spiritualità è il blu ad agire attivamente, mentre
il rosso ha un carattere passivo. Dipende dal “punto di vista”. Se il rosso è sempre caldo, il blu è
sempre freddo. Esso si chiude in sé, è introverso. Il rosso è associato al sangue, il blu ai nervi. Le
persone che prediligono gli accordi soggettivi blu hanno in genere un colorito pallido e una bassa
pressione sanguigna. In compenso hanno un ottimo sistema nervoso”.
Del blu è propria la “capacità di concentrazione”, “ha la forza tenace della natura invernale che
germoglia e si sviluppa di nascosto, nel buio e nella quiete”. Il blu è caratterizzato da “serena umil-
tà”; “è sempre ombreggiato e anche nello stadio della sua massima luminosità tende allo scuro. È
un nulla inafferrabile, presente tuttavia come un’atmosfera cristallina. Nell’atmosfera la gamma
del blu si sviluppa dal celeste più chiaro al nero-blu scurissimo del cielo notturno. Il blu ci solleva
sulle ali della fede verso le infinite lontananze dello spirito. Mentre per noi è simbolo di fede, per i
cinesi è simbolo di immortalità. Quando il blu diviene fosco, richiama la superstizione, il timore,
l’abbandono e il lutto, ma resta sempre un simbolo del soprannaturale, del trascendente”.150
Il verde, che deriva dalla mescolanza di giallo e blu, corrisponde al “triangolo circolare”, che deriva
dalla mescolanza di triangolo (che corrisponde al giallo) e cerchio (che corrisponde al blu).151
“Il verde è il colore della flora e della misteriosa clorofilla generata per fotosintesi. Quando la luce
colpisce la terra, l’acqua e l’aria per dare origine agli elementi, la sua forza, diventando materia,
genera il verde. Fecondità e soddisfazione, calma e speranza sono i valori espressivi del verde, che
segna la coincidenza e la fusione di fede e conoscenza”.152
L’arancio, che deriva dalla mescolanza di rosso e giallo, corrisponde al trapezio, che deriva dalla fu-
sione di quadrato (che corrisponde al rosso) e triangolo (che corrisponde al giallo).153
“L’arancio come composto di giallo e di rosso costituisce il fuoco della massima attività luminosa.
Fisicamente possiede uno splendore solare che nel calore del rosso-arancio raggiunge il vertice
dell’energia attiva. L’arancio festoso diviene però facilmente un segno di esteriorità e di proter-
via”.154
Il viola, che deriva dalla mescolanza di blu e rosso, corrisponde all’ellisse, che deriva dalla fusione
di cerchio (che corrisponde al blu) e quadrato (che corrisponde al rosso).155
“Come polo opposto al giallo, cioè alla sapienza, il viola è la tinta dell’inconscio, del mistero; e rie-
149 Ibid. 120.
150 Ibid. 135-136.
151 Ibid. 120.
152 Ibid. 136.
153 Ibid. 120.
154 Ibid. 136
155 Ibid. 120.
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sce minaccioso o rasserenante, a seconda dei colori di contrasto su cui influisce o da cui più spesso
è influenzato. Quando il viola è presente in grandi macchie, appare a volte addirittura terrificante,
specie se tende al porpora. “Il diffondersi su un paesaggio di una luce violetta” diceva Goethe
“ispira il terrore della fine del mondo.” Il viola è il colore della devozione irrazionale; reso scuro e
fosco, quello della torbida superstizione. Dal viola scuro irrompono, come da tremende profondi-
tà, catastrofi incomprensibili. Schiarito, cioè non appena la luce e la ragione illuminano la confusa
devozione, nascono dal viola delicate e amabili tonalità. Tenebre, morte e sublimità nel viola puro;
solitudine e abbandono nel blu-viola; amore celeste e forza spirituale nel rosso-viola, questi sono
in sintesi i fondamentali valori espressivi di questo colore”.156
“In generale” secondo Itten “si può dire che mentre i colori chiari rappresentano il lato luminoso
della vita, quelli scuri ne simboleggiano le forze oscure e negative”.157
A conferma della validità della sua analisi Itten dimostra che colori complementari hanno “signifi-
cati espressivi” opposti e che il “significato espressivo” dei colori secondari è “la sintesi dei signifi-
cati originari” dei colori da cui deriva:
1. Coppie di complementari
Giallo: viola = sapere luminoso: devozione torbida e passionale. Blu: arancio = umile fede: orgogliosa sicurezza di sé. Rosso: verde = forza fisica: simpatia.
2. Valori composti
Rosso più giallo dà arancio = potenza più conoscenza dà orgogliosa conoscenza di sé. Rosso più blu dà viola = amore + fede dà devozione passionale. Giallo più blu dà verde = sapere più fede dà simpatia. 158
3.5 Conclusioni
Come emerge dai passi citati dell’Arte del colore, Itten stabilisce legami tra forme e colori secondo
il loro corrispondente valore espressivo, ovvero secondo le emozioni che suscitano nell’uomo. It-
ten lega strettamente il valore emotivo, o espressivo, dei colori e delle forme al loro valore simbo-
lico;159 il rosso-arancione, ad esempio, suscita vitalità ed al contempo, scrive Itten, “ i guerrieri por-
tavano in battaglia una veste rosso-arancio come emblema marziale”.160
Analizzando gli esempi dei valori emotivi e simbolici dei colori in alcune culture, si individuano
elementi che portano a supporre che questi siano influenzati dall’osservazione di determinati fe-
nomeni: il rosso, ad esempio, è simbolo della vita terrena, della materia, essendo il colore del san-
gue; il verde è simbolo della vitalità, essendo il colore di molti vegetali; il viola provoca paura, es-
156 Ibid. 136.
157 Ibid. 136
158 Ibid.
159 Cf. ibid. 17.
160 Ibid. 134.
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sendo il colore delle tenebre . Allo stesso modo credo che la forma del quadrato richiami l’idea di
materia per la stabilità degli oggetti di forma quadrata.161
4 Conclusioni
Analizzando le teorie del colore di Democrito e Platone si è osservato che molti elementi sono ri-
conducibili all’osservazioni di fenomeni naturali.
Leggendo poi l’opera di Itten si è considerato come i colori rivestano per l’uomo valori simbolici ed
emotivi, che possono variare a seconda della cultura. Inoltre si è ipotizzato che pure tali valori po-
trebbero essere influenzati dall’osservazione di fenomeni.
Possiamo quindi supporre che gli stessi Democrito e Platone, nell’immaginare le proprietà delle
particelle che ritenevano determinassero la percezione del colore, siano stati influenzati dal valore
emotivo e simbolico che i colori rivestivano nel loro ambiente culturale.
Mi sembra infine importante osservare che le osservazioni svolte non escludono la possibilità che
vi sia nell’uomo un’interpretazione simbolica ed emotiva innata dei colori ed un legame innato tra
colori e forme.
In questa prima parte del lavoro, analizzando le idee di Democrito, di Platone e di Johannes Itten
sul colore, ho individuato due ipotesi che mi sono parse di particolare interesse e che intendo se-
guire come guida nell’approfondire sperimentalmente la spiegazione che la chimica contempora-
nea offre del colore.
In primo luogo l’idea che il colore non sia una qualità propria della materia, ma una sensazione
provocata dall’interazione di particelle invisibili.
Mi è poi parsa particolarmente interessante l’idea che il colore delle sostanze sia strettamente le-
gato alla forma e alla disposizione delle loro particelle.
161 Ritengo invece che il cerchio sia legato all’idea di infinità e di regolarità per l’uniformità della sua struttura (e forse per uniformità del moto di corpi rotondi) e che il triangolo sia legato all’idea di espansione in ogni direzione poiché il triangolo può avere lati in qualsiasi direzione. Credo quindi che il valore emotivo e simbolico loro associato non dipenda tanto fenomeni in cui si possono riconoscere queste forme, quanto più dalla stessa struttura astratta di es-se.
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29
Biblio- e webliografia
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Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
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Parte sperimentale
Sommario
1 Obiettivo ..................................................................................................................................... 31
2 Ricerca weblio- e bibliografica .................................................................................................... 31
2.1 Obiettivo ............................................................................................................................ 31
2.2 Materiali e metodi ............................................................................................................. 31
2.3 Risultati .............................................................................................................................. 32
2.3.1 Ricerca webliografica .......................................................................................... 32
2.3.2 Ricerca bibliografica ............................................................................................ 38
2.4 Discussione ........................................................................................................................ 38
3 Accoppiamenti di sali diazoici a partire da acido amminobenzensulfonico ............................... 39
3.1 Obiettivo ............................................................................................................................ 39
3.2 Materiali e metodi ............................................................................................................. 39
3.2.1 Preparazione del sale di diazonio ........................................................................ 39
3.2.2 Reazione di sintesi ............................................................................................... 39
3.2.3 Rilevamento degli spettri di assorbimento ......................................................... 40
3.2.4 Sicurezza .............................................................................................................. 40
3.3 Risultati .............................................................................................................................. 41
3.4 Discussione ........................................................................................................................ 46
3.4.1 Aspetti procedurali .............................................................................................. 46
3.4.2 La reazione chimica ............................................................................................. 47
3.4.3 Interazione tra luce e materia ............................................................................. 49
3.4.4 Analisi degli spettri .............................................................................................. 55
3.5 Conclusioni ........................................................................................................................ 57
Biblio- e webliografia ......................................................................................................................... 58
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
31
1 Obiettivo
L’obiettivo di questa parte del lavoro è capire come approfondire, dal punto di vista della chimica,
il rapporto tra il fenomeno del colore e la struttura invisibile della materia.
Dalla parte teorica di questo lavoro ho tratto delle osservazioni che mi sembrano possano essere
utili per cercare di avvicinarmi alla teoria per mezzo di esperimenti. Particolarmente interessante
mi sembra l’idea che il colore non sia una qualità propria della materia, ma debba essere ricondot-
to a proprietà delle particelle; secondo Democrito il colore può essere ricondotto alla forma e ai
legami di particelle, ovvero alla struttura della materia. Secondo la chimica contemporanea è pos-
sibile rappresentare la struttura di una sostanza grazie alla sua formula di struttura. Dunque con-
frontando la formula di struttura di alcune molecole di coloranti di diversi colori vorrei individuare
delle parti della struttura che determinino il colore dei composti. Vorrei poi provare ed affinare
per mezzo di un esperimento pratico le conclusioni tratte dal primo esperimento, ed infine con-
frontarle con la bibliografia.
Per concludere vorrei poi valutare se le osservazioni tratte dalla parte teorica del lavoro siano sta-
te una buona guida nelle fasi sperimentali della ricerca.
2 Ricerca weblio- e bibliografica
2.1 Obiettivo
In questa parte dell’esperimento vorrei identificare le parti di struttura molecolare responsabili dei
diversi colori della materia.
2.2 Materiali e metodi
Dal libro Farbpigmente, Farbstoffe, Farbgeschichten1 ho selezionato una ventina di coloranti di co-
lore giallo, rosso e blu secondo un criterio prestabilito.
Ho raccolto in una tabella determinate informazioni su ogni colorante scelto, ho poi preparato per
mezzo del programma PowerPoint una diapositiva per ognuno di questi, in cui ho riportato deter-
minate informazioni su di esso. Ho stampato ogni diapositiva in formato 80 x 60 mm e ho ritagliato
le diapositive dagli stampati, ottenendo delle schede.
Ho poi disposto di volta in volta le schede dei coloranti di un determinato colore su un tavolo e ho
cercato di formare gruppi di coloranti che avessero parti della struttura molecolare in comune.
1 Gewerbemuseum Winterthur 2010.
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Ho riprodotto su un foglio la struttura comune di ogni gruppo e ho tentato di individuare altre mo-
lecole che presentassero questa parte costitutiva o che fossero simili ad essa servendomi del mo-
tore di ricerca messo a disposizione dal sito Sigma Aldrich, Chemistry.2
Confrontando i risultati della ricerca ho poi provato a individuare le parti che più di frequente si ri-
petevano. Ho cercato informazioni nel Web riguardo a queste con l’intento di capire se esse fosse-
ro presenti in formule di struttura di coloranti, e in tal caso quali colori avessero questi ultimi.
Infine ho confrontato i risultati ottenuti con una bibliografia affidabile.
2.3 Risultati
2.3.1 Ricerca webliografica
Quale criterio per la scelta dei pigmenti da analizzare ho tenuto conto del numero di pigmenti di
ogni colore presentati nel libro di riferimento; ho quindi selezionato i pigmenti di colore giallo, ros-
so e blu. Nella scelta ho pure pensato al fatto che Johannes Itten abbia posto giallo, rosso e blu
quali colori primari nella sua teoria dei colori.
La scelta dei coloranti analizzati è stata svolta in modo da includere per ogni colore, per quanto
fosse possibile, coloranti di origine animale, vegetale e sintetica che si avvicinassero quanto più ai
colori prescelti; la scelta è stata inoltre limitata dalla possibilità di reperire le informazioni necessa-
rie allo svolgimento dell’esperimento nel Web, nel libro di riferimento e negli altri libri consultati.3
In ogni scheda (fig.7) ho riportato:
nei casi in cui il colorante venga estratto da una miscela, il nome di questa;
il nome comune del colorante;
la formula di struttura;
il nome IUPAC, quando mi è stato possibile trovarlo;
una fotografia che mostra il colorante in polvere o applicato su campioni di carta o stoffa, o
la sostanza da cui viene estratto.
2 «Substruktur Suche» 2013.
3 Angeli 1998.
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33
RotholzBrasilina
• (6aS,11bR)-7,11b-Dihydro-6H-indeno[2,1-c]chromene-3,6a,9,10-tetrol
Figura 7 Scheda del colorante Brasilina.
Le schede sono allegate al lavoro (Allegati 1-5), divise secondo i gruppi che ho composto (Coloranti
di colore giallo A, Coloranti di colore giallo B, Coloranti di colore rosso A, Coloranti di colore rosso
B, Coloranti di colore blu). Di ogni gruppo è riportata inoltre la formula della struttura comune alle
sostanze che compongono il gruppo.
2.3.1.1 Coloranti di colore giallo
Riporto qui di seguito le parti di formula di struttura comuni ai gruppi di coloranti gialli che ho
formato.
Figura 8 Parte costitutiva comune al gruppo 1A.4 Figura 9 Parte costitutiva comune al gruppo 1B.
Gruppo A
Confrontando i risultati della ricerca di molecole in cui fosse presente questa parte costitutiva o
che avessero una struttura simile, ho osservato che molte molecole presentavano al loro interno
una struttura corrispondente al nome “chromon” (cromone, fig. 10). Ho allora cercato per mezzo
di Google informazioni su di esso ed ho trovato che “la maggior parte dei flavonoidi sono cromo-
ni”, ovvero “derivati del cromone”.5 Quanto ai flavonoidi, ho trovato che “costituiscono il gruppo
più importante tra i coloranti di fiori” e che ad essi appartengono coloranti di vari colori;6 i flavo-
4 Tutte le formule di struttura riportate in questa parte del lavoro sono state disegnate per mezzo del programma
ChemSketch. Le formule di struttura delle sostanze sono state disegnate confrontando le informazioni trovate nelle pagine di Wikipedia sulle diverse sostanze.
5 «Cromone» 2012.
6 Cf. «Flavonoïde» 2013.
O
O
R1
H
R2
R3
R5
R4
N N
R1
R3R2
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noidi “derivano chimicamente dallo scheletro di base del flavano” (fig. 11), ma presentano notevo-
li modificazioni rispetto ad esso;7 non mi è stato pertanto possibile determinare sulla base di que-
sta definizione se i coloranti appartenenti al gruppo 1A fossero flavonoidi.
Figura 10 Formula di struttura del cromone.
Figura 11 Formula di struttura del flavano.
Figura 12 Formula di struttura di ba-se dei flavonoli.
Ho poi letto che “il colore giallo dei fiori viene causato raramente da flavonoidi. Flavonoli come la
Gossypetina e la Quercetagetina sono responsabili del colore giallo dei fiori nel Gossypium hirsu-
tum, nella Primula vulgaris e in alcune Asteraceae come il Chrysanthemum segetum. Il Chalcone e
l’Aurone determinano il colore giallo dei fiori in alcune altre Asteraceae come il Coreopsis e Dahlia
e in nove altre famiglie di piante.”8
Mi sono dunque chieto se i coloranti appartenenti al gruppo 1A appartenessero ai gruppi o corri-
spondessero alle sostanze elencate.
Confrontando le formule di struttura delle sostanze con una tabella che mostrava le strutture di
base dei sottogruppi dei flavonoidi,9 ho osservato che la morina e la quercetina presentano la
struttura di base dei flavonoli (fig.12), che, come detto, “sono responsabili del colore giallo” in al-
cuni fiori. Paragonando le formule delle altre sostanze con la tabella ho notato che la luteolina
presenta la struttura di base dei flavoni (fig. 13). Non essendo i flavoni presenti nell’elenco citato,
ho cercato informazioni su di essi e ho trovato che sono coloranti vegetali di colore giallo.10 L’acido
euxantico non presenta invece alcuna delle strutture di base dei sottogruppi dei flavoni; nella sua
formula di struttura è presente l’antrachinone (fig. 16), che è stata individuata come struttura co-
mune del gruppo 2B di coloranti rossi.
Figura 13 Formula di struttura di base dei flavoni.
7 Cf. «Flavonoide» 2012.
8 Ibid.
9 Cf. ibid.
10 Cf. ibid.
O
O
OO
O
OH
O
O
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35
Gruppo B
Confrontando i risultati della ricerca di molecole che presentassero questa parte costitutiva o che
avessero una struttura simile e i loro nomi, ho osservato che varie molecole possiedono il doppio
legame di azoto, chiamato “diazenil”. Cercando nel web informazioni su di esso ho letto che i
“composti che presentano il gruppo funzionale R-N=N-R', in cui R e R' possono essere alternativa-
mente un arile o un alchile”, sono detti azocomposti.11 Tra essi vi è un gruppo di coloranti sintetici
chiamati coloranti azoici.12 Nella pagina web di Wikipedia sugli azocolaranti ho letto: “tipico degli
azopigmenti è l’azogruppo -N=N-, con il doppio legame di azoto che dà colore (cromoforo). Questi
coloranti sintetici hanno come struttura di base le amine, nel caso più semplice l’anilina. Gli
azopigmenti raggiungono la loro moltitudine attraverso la semplice sostituzione di atomi di idro-
geno al o agli anelli di benzolo, che poi influenzano come auxocromi il legame di azoto e permet-
tono una esatta determinazione della sfumatura di colore.”13
2.3.1.2 Coloranti di colore rosso
Riporto qui di seguito le parti di formula di struttura individuate come comuni ai gruppi di coloran-
ti rossi che ho formato.
Figura 14 Parte costitutiva comune al gruppo 2A. Figura 15 Parte costitutiva comune al gruppo 2B.
Gruppo A
Confrontando i risultati della ricerca di molecole che presentassero questa parte costitutiva e i loro
nomi, ho potuto osservare che questa struttura, è chiamata antrachinone (fig. 16). Cercando in-
formazioni su di esso ho trovato che l’antrachinone è “il blocco costitutivo di alcuni coloranti”.14
Inoltre ho notato che a dipendenza dei resti, i coloranti che hanno come base l’antrachinone as-
sumono vari colori (cf. tab. 1).15 Infatti pure tra i coloranti di colore diverso analizzati, ve ne sono
alcuni che presentano questa substruttura: tra i gialli il pyramidengelb mittel PY 108, tra i blu l’ in-
danthrenblau PB 60, che nella sua struttura presenta due volte la parte costitutiva individuata.
11 Cf. «Azo Compound» 2013.
12 Cf. «Azofarbstoff» 2013. Per la terminologia si veda Quaglierini e Amorosi 1991, 412.
13 «Azofarbstoff» 2013.
14 «Anthraquinone» 2013.
15 «Alizarinfarbstoffe» 2012.
O
O
R1
R2
R3
R4R5
R6
R7
R8
NH
NH
O
OR1
R2
R3
R4
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Figura 16 Formula chimica dell'antrachinone.
Tabella 1 Formula di struttura di alcuni coloranti che hanno come parte costitutiva comune l’antrachinone.
1
Coloranti alizarinici2
Resti legati alla molecola di antrachinone3
R1 R2 R3 R4 R5 R7 R8
alizarina R OH OH OH H H H H
bordeaux alizarinico
OH OH H H OH H OH
purpurina OH OH H OH H H H
arancione alizarinico
OH OH NO2 H H H H
rosso alizarinico
OH OH SO3H H H H H
zaffiro alizarinico
NH2 H SO3H OH NH2 S03H OH
1 La tabella è tratta e tradotta dal sito web «Lexikon der Chemie > Alizarinfarbstoffe» 2013.
2 I coloranti alizarinici sono detti anche antrachinonici, cf. («Alizarinfarbstoffe» 2012).
3 I resti sono disposti e numerati nel modo indicato dalla seguente formula di struttura:
Gruppo B
Confrontando i risultati della ricerca di molecole che presentassero la parte costitutiva comune al
gruppo 2B o che avessero una struttura simile e in particolare i loro nomi, ho osservato che
all’interno di esse è presente una struttura chiamata acridone (fig. 17). Cercando informazioni su
di esso ho trovato che è costituito da uno “scheletro di acridina” (fig. 18),16 che “rappresenta la
struttura chimica di base” di alcuni coloranti.17
16 «Acridone» 2013.
17 «Acridin» 2013.
O
O
O
O
R1
R2
R3
R4R5
H
R7
R8
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37
Figura 17 Formula chimica dell'acridone. Figura 18 Formula chimica dell'acridina.
2.3.1.3 Coloranti di colore blu
Nel libro di riferimento vi era la descrizione di pochi pigmenti di colore blu vegetali, animali o sin-
tetici organici. Tra di essi ho individuato una molecola, la cianidina, che presenta una struttura si-
mile alla parte costitutiva del gruppo 1 A. Confrontando la struttura della cianidina con la tabella
dei flavonoidi consultata in precedenza, ho notato che essa appartiene al gruppo degli antociani.18
Questi sono coloranti vegetali che possono assumere colori diversi a seconda della formula di
struttura e del valore del pH,19 che a sua volta influenza la formula di struttura della molecola.20
La formula di struttura della cianidina e la sua colorazione, in particolare, cambiano al variare del
pH secondo lo schema riportato nella figura 19.
Figura 19 La figura mostra il variare della formula di struttura e del colore della cianidina in soluzione acquosa secondo il pH (tratta da «Projection Experiment: Anthocyanins as pH-Indicators and Complexing Agents» 2013).
18 Cf. «Flavonoide» 2012.
19 «Anthocyane» 2013.
20 Cf. «Blütenfarbstoffe» 2013; «Projection Experiment: Anthocyanins as pH-Indicators and Complexing Agents» 2013.
NH
O
N
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38
2.3.2 Ricerca bibliografica
Per verificare la validità scientifica di questi risultati ho cercato nella bibliografia un elenco di parti
di struttura che determinassero i vari colori; ho trovato un elenco di “cromofori”, ovvero di parti di
struttura “responsabili del colore” delle molecole.
Tra di essi vi è il fenile (fig. 20), presente nella struttura comune al gruppo 1A e negli antociani, il
gruppo azo (fig. 21), che caratterizza le molecole appartenenti al gruppo 1B, l’antrachinone (fig.
16), individuato come struttura comune alle molecole che compongono il gruppo 2A e la piridina
(fig. 22), presente nell’ acridina, struttura comune del gruppo 2B.
Figura 20 Formula di struttura del cromoforo fenile.
Figura 21 Formula di struttura del gruppo azo, cromoforo.
Figura 22 Formula di struttura del cromoforo piridina.
2.4 Discussione
Seguendo come guida l’idea che il colore fosse determinato dalla struttura della materia, ho indi-
viduato parti di struttura molecolare proprie di vari tipi di coloranti.
È interessante notare che una stessa parte di struttura molecolare individuata come comune a co-
loranti di un determinato colore sia stata ritrovata pure in coloranti di colori diversi. Il confronto
con la bibliografia ha confermato che esistono gruppi di atomi “responsabili del colore” chiamati
cromofori, che tuttavia non determinano le precise sfumature dei composti. Alcune delle strutture
comuni individuate sono cromofori veri e propri, come ad esempio l’antrachinone; altre, come ad
esempio la struttura comune al gruppo 1A, sono parte di cromofori; altre ancora, come ad esem-
pio la struttura comune al gruppo 1B, contengono cromofori al loro interno. Probabilmente se si
fosse comparato un maggior numero di formule di struttura si sarebbero potuti individuare più
cromofori e definirli con maggior precisione.
Se si mantiene l’ipotesi che il colore sia determinato dalla struttura della materia si deve supporre
che esso raggiunga la sua precisa sfumatura per effetto dell’influenza della parte restante della
molecola.
Per provare questa supposizione ed ottenere informazioni più precise sugli effetti dei cromofori e
delle parti di struttura non cromofore sul colore, ho svolto un esperimento pratico prendendo
quale pubblicazione di riferimento Gung e Taylor 2004.
N N
N
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39
3 Accoppiamenti di sali diazoici a partire da acido amminobenzensulfonico
3.1 Obiettivo
Mediante un esperimento pratico vorrei capire quale sia l’influenza della parte della molecola che
non appartiene al cromoforo sul colore assunto dal colorante, e dunque di capire meglio
l’influenza del cromoforo stesso. In particolare vorrei rilevare come il colore di una molecola vari
all’aggiunta di gruppi diversi ad una struttura di base contenente un cromoforo e al variare della
loro posizione rispetto al cromoforo stesso.
3.2 Materiali e metodi
3.2.1 Preparazione del sale di diazonio
Si mettono in una provetta 0,49 g (2,8 mmol) di uno dei due acidi amminobenzensulfonici (acido 4-
amminobenzensulfonico o acido 2-amminobenzensulfonico)21, 0,13 g di carbonato di sodio
(Na2CO3) e 5 ml di acqua.
Si scalda la provetta in un bagno d’acqua, fino ad ottenere una soluzione limpida, agitando di tan-
to in tanto la provetta. Si toglie la provetta dal bagno d’acqua e si aggiunge una soluzione di 0,2 g
di nitrito di sodio (NaNO2) in 0,5 ml di acqua.
In una seconda provetta si introducono dapprima 3 g di ghiaccio e poi, servendosi di una pipetta
da 1 ml munita di propipetta, si aggiungono 0,53 ml di acido cloridrico (HCl) concentrato (questa
operazione viene svolta sotto cappa).
La soluzione contenuta nella prima provetta viene travasata in un becher di 100 ml di volume e poi
aggiunta goccia a goccia con una pipetta Pasteur al contenuto della seconda provetta (nel caso
della sostanza A1 la sostanza contenuta nella prima provetta non è stata travasata in un becher).
La miscela risultante è posta in un bagno di ghiaccio per alcuni minuti. Nel caso delle sostanze che
contengono acido 4-amminobenzensulfonico si attende che nella provetta si sia formata una so-
spensione (la sostanza a base di acido 2-amminobenzensulfonico è stata prodotta più volte).
3.2.2 Reazione di sintesi
In un becher si versano 2,6 mmol di un reagente aromatico (1- o 2-naftolo oppure acido salicili-
co)22 (la soluzione dell’ 1-naftolo poi combinato con l’acido 4-amminobenzensulfonico (accoppia-
mento A1) è stata preparata in una bottiglia di Erlenmeyer). Questa operazione viene svolta sotto
21 Le sostanze in cui era presente l’acido 4-amminobenzensulfonico sono state indicate con A, mentre quelle in cui era presente l’acido 2-amminobenzensulfonico con B.
22 Le sostanze in cui era presente l’1-naftolo sono state indicate con 1, quelle in cui era presente il 2-naftolo con 2, mentre quelle in cui era presente l’acido salicilico con 3.
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40
la cappa. In seguito si aggiungono 2 ml di una soluzione acquosa di idrossido di sodio (NaOH) 2,5
M.
Si pone il becher in un bagno di ghiaccio. La sospensione dei sali di diazonio preparata nella prima
fase viene aggiunta a poco a poco al contenuto del becher, agitando la provetta prima di ogni ag-
giunta (la sospensione A1 è stata aggiunta alla soluzione di 1-naftolo per mezzo di una pipetta Pa-
steur).
La miscela di reazione viene agitata con una bacchetta di vetro dopo ogni aggiunta. Si lascia pro-
cedere la reazione per circa 10 minuti mescolando di tanto in tanto (durante questa fase la sostan-
za A1 è stata riscaldata sulla piastra calda).
Poi si riscalda la sospensione su una piastra calda finché il solido si scioglie. Si aggiunge 1 g di NaCl
e si continua a riscaldare fino a discioglierlo.
In seguito, dapprima si raffredda il becher a temperatura ambiente, poi in un bagno di ghiaccio.
Si filtra infine il solido per mezzo di un imbuto di Büchner. Si lava il solido rimasto nel becher con 2
ml di soluzione satura di NaCl e si versa di nuovo il contenuto del becher nell’imbuto (il solido A1 è
stato lavato con 4-5 ml di soluzione, il solido A3 non è stato lavato). Si estrae il filtro dall’imbuto,
su cui è depositato l’azocolorante e si lascia asciugare quest’ultimo a temperatura ambiente (i co-
loranti A1 e A2 sono stati prima posti in forno per alcuni minuti).
3.2.3 Rilevamento degli spettri di assorbimento
Con l’aiuto di una spatola e di una pinzetta si staccano dal filtro alcune scaglie di azocolorante.
In un becher vengono posti 5 mg di azocolorante, poi vengono aggiunti 20 ml di acqua deminera-
lizzata e con una bacchetta di vetro si mescola il contenuto del becher fino a formare una soluzio-
ne.
Si versa il contenuto del becher in un cilindro graduato.
Si lava il becher con acqua demineralizzata e si versa di nuovo il contenuto nel cilindro graduato.
Viene aggiunta acqua demineralizzata nel cilindro graduato fino ad ottenere 100 ml di soluzione.
Si versa la soluzione in una beuta.
Si diluisce la soluzione con acqua demineralizzata in rapporto di 1 a 10 e si pone la soluzione risul-
tante in uno spettrofotometro (è stato utilizzato uno spettrofotometro UV-VIS Vernier, Ocean Op-
tics Red Tide Spectrometer) e si misura l’assorbanza in funzione della lunghezza d’onda da λ= 220
nm a λ= 860 nm.
3.2.4 Sicurezza
Durante tutto l’esperimento si indossano guanti e occhiali da laboratorio.
L’idrossido di sodio (NaOH) è caustico. Si eviti il contatto con la pelle.
L’acido cloridrico (HCl) è molto corrosivo. Si maneggi sotto cappa e con cura.
Il nitrito di sodio (NaNO2) è un agente ossidante tossico.
I derivati del naftolo sono irritanti. L’ 1-naftolo è tossico. Si pesino sotto cappa.
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41
I sali di diazonio sono esplosivi allo stato solido e dovrebbero essere tenuti in soluzione ed
utilizzati immediatamente dopo la preparazione.
I coloranti azoici sono irritanti. Si utilizzino guanti di protezione.
3.3 Risultati
Dopo aver aggiunto acqua al carbonato di sodio (Na2CO3) e all’acido amminobenzensulfonico, si è
osservata un’effervescenza all’interno delle provette. Quando si è posta la provetta a riscaldare in
un bagno d’acqua si è osservato che l’effervescenza era maggiore.
Le soluzioni risultanti dalla miscela di carbonato di sodio (Na2CO3) e acido 4-
amminobenzensulfonico erano trasparenti, mentre quelle risultanti dalla miscela di carbonato di
sodio e acido 2-amminobenzensulfonico erano limpide e di colore verde-marrone.
Dopo l’aggiunta della soluzione di nitrito di sodio (NaNO2), trasparente, le soluzioni contenenti
acido 4-amminobenzensulfonico hanno assunto un colore giallo chiaro rimanendo limpide, le solu-
zioni contenenti acido 2-amminobenzensulfonico hanno assunto un colore marrone-rosso scuro
rimanendo limpide, nel caso di queste ultime si è formata una spuma marroncina.
Avendo mescolato le soluzioni all’acido cloridrico (HCl), trasparente, non si è osservato un cam-
biamento nel colore di queste.
Dopo che le provette sono state immerse nel bagno di ghiaccio per alcuni minuti, si è potuto os-
servare che in quelle contenenti sostanze A si era formata una sospensione che si presentava co-
me un liquido limpido di colore arancio chiaro in cui si trovavano piccole particelle solide più chia-
re. Non si è invece osservato alcun cambiamento delle sostanze B.
La soluzione di idrossido di sodio (NaOH) e 1-naftolo era nera e limpida, quella di idrossido di sodio
e 2-naftolo verde-marrone chiaro e limpida, quella di idrossido di sodio e acido salicilico trasparen-
te (in questo caso non tutto l’acido salicilico si è sciolto).
Dopo aver mescolato le sostanze preparate nella prima fase ai reagenti aromatici, la sostanza A1
ha assunto un colore rosso intenso ed è divenuta opaca e un po’ densa. La sostanza A2 un colore
arancione intenso ed è divenuta opaca e un po’ densa. La sostanza A3 un colore giallo ed è parsa
limpida e fluida, malgrado la sostanza sia stata mescolata e riscaldata in essa c’erano piccoli grumi.
La sostanza C1 ha assunto un colore rosso scuro ed è divenuta opaca e un po’ densa, mescolando-
la con una bacchetta di vetro si è sentita la presenza di piccoli grumi. La sostanza C2 ha assunto un
colore arancio intenso ed è divenuta piuttosto densa. La sostanza C3 ha assunto un colore giallo-
verde molto scuro ed è parsa limpida e fluida. Mentre le sostanze sono state mescolate, riscaldate
e raffreddate non si sono osservati cambiamenti.
I coloranti A1 e C1 prodotti erano di colore rosso scuro intenso e opaco, i coloranti A2 e C2 di colo-
re arancione intenso e brillante, i coloranti A3 e C3 di colore marrone-giallo (fig. 23).
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42
Figura 23 Fotografie degli azocoloranti prodotti attaccati ai filtri utilizzati per filtrarli. Da sinistra in alto: colorante A1, colorante A2, colorante A3; in basso: colorante C1, colorante C2, colorante C3.
Le soluzione del colorante A1 preparata per l’analisi spettrofotomettrica era di colore rosso-
arancio, quella del colorante A2 di colore arancione intenso, quella del colorante A3 di colore
giallo. La soluzione del colorante C1 era di colore arancione, quella del colorante C2 di colore
arancio-giallo, quella del colorante C3 incolore (fig. 24).
Figura 24 Fotografie delle soluzioni preparate per l’analisi spettrofotometrica.
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43
Di seguito sono riportati gli spettri di assorbimento registrati per le sei sostanze; la tabella 2 indica
la lunghezza d’onda per cui è stato registrato il picco di assorbimento massimo (λmax) nell’intervallo
visibile dello spettro o il picco più vicino ad esso e l’assorbanza registrata per queste lunghezza
d’onda.
-
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
200 300 400 500 600 700 800 900
Ass
orb
anza
Lunghezza d'onda (nm)
A(λ) per A1
-
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
200 300 400 500 600 700 800 900
Ass
orb
anza
Lunghezza d'onda (nm)
A(λ) per A2
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-
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
200 300 400 500 600 700 800 900
Ass
orb
anza
Lunghezza d'onda (nm)
A(λ) per A3
-
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
200 300 400 500 600 700 800 900
Ass
orb
anza
Lunghezza d'onda (nm)
A(λ) per C1
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
45
Figura 25 I grafici mostrano gli spettri di assorbimento delle soluzioni dei coloranti azoici in funzione della lunghezza d’onda (nm).
-
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
200 300 400 500 600 700 800 900
Ass
orb
anza
Lunghezza d'onda (nm)
A(λ) per C2
-
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
200 300 400 500 600 700 800 900
Ass
orb
anza
Lunghezza d'onda (nm)
A(λ) per C3
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46
Tabella 2 Lunghezze d’onda corrispondenti ai picchi di assorbimento massi-mo per i vari coloranti azoici e assorbanza registrata a queste lunghezze.
Colorante Picco di assorbimento massimo (λmax) (nm)
Assorbanza in λmax
A1 477 0.807
A2 485 0.433
A3 355 0.705
C1 471 0.285
C2 485 0.171
C3 297 0.379
3.4 Discussione
3.4.1 Aspetti procedurali
Per la preparazione della sostanza A1 ho seguito le indicazioni fornite dal rapporto di laboratorio
di riferimento. Durante la preparazione della sostanza A1 mi sono accorto di alcuni inconvenienti,
che ho risolto nella preparazione delle altre sostanze come indicato nella sezione Materiali e me-
todi.
Ho ripetuto più volte la procedura di preparazione del sale di diazonio contenente acido 2-
amminobenzensulfonico poiché secondo il rapporto di laboratorio di riferimento, immergendo la
sostanza in un bagno di acqua e ghiaccio, avrebbe dovuto formarsi una sospensione; tuttavia in
nessun caso ho osservato una sospensione nelle provette immerse. Dopo alcuni tentativi ho pro-
vato a combinare il sale prodotto con i reagenti aromatici e ho potuto osservare un cambiamento
di colore simile a quello osservato nella preparazione dei coloranti A, ipotizzo quindi che la reazio-
ne sia avvenuta correttamente.
La soluzione A1 è stata posta sulla placca riscaldante già durante la fase di mescolamento a causa
di una mia disattenzione.
Per la preparazione del colorante A1 ho utilizzato un quantitativo maggiore di soluzione di NaCl ri-
spetto a quello indicato dal rapporto di laboratorio di riferimento poiché la sostanza era diventata
particolarmente densa. Per la preparazione del colorante A3 e del colorante C3, invece, non ho uti-
lizzato la soluzione di NaCl poiché le sostanze erano molto fluide e temevo che se avessimo ag-
giunto la soluzione alle sostanze, l’imbuto di Büchner avrebbe trattenuto meno colorante.
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47
3.4.2 La reazione chimica
Mescolando acqua al carbonato di sodio (Na2CO3) è avvenuta la seguente reazione.
Na2CO3 (s) + aq 2 Na+ (aq) + CO32- (aq)
CO32- + H2O HCO3
- + OH-
HCO3- + H2O H2CO3 + OH-
H2CO3 H2O + CO2
Gli ioni OH- prodotti si combinano con l’acido amminobenzensulfonico secondo le reazioni seguen-
ti, spingendo l’equilibrio delle reazioni precedenti verso destra e causando così la produzione di
CO2. Ciò spiega l’effervescenza osservata nella prima fase dell’esperimento.
Nel caso in cui sia stato utilizzato acido 4-amminobenzensulfonico la reazione acido-base è la se-
guente:
+ OH- + H2O
Nel caso in cui sia stato utilizzato acido 2-amminobenzensulfonico la reazione acido-base è la se-
guente:
+ OH- + H2O
Si ottiene così lo ione del rispettivo acido amminobenzensulfonico, più solubile in acqua dell’acido
stesso.
NH2
SO3H
NH2
SO3-
NH2
SO3
-
NH2
SO3H
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48
A partire da esso si sintetizza l’azocolorante secondo la seguente reazione (lo schema mostra la
reazione A1 tra acido 4-amminobenzensulfonico e 2-naftolo). 23
Lo ione dell’acido amminobenzensulfonico reagisce con il nitrito di sodio (NaNO2), l’acido cloridri-
co (HCl) e l’acqua (H2O) producendo lo ione di diazonio, di uguale colore. Questo reagisce a sua
volta con i reagenti aromatici producendo i diversi azocoloranti.
La figura 26 mostra le formule di struttura degli azocoloranti prodotti.
A1 C1
A2 C2
A3 C3
Figura 26 La figura mostra le formule di struttura degli azocoloranti prodotti.
23 Lo schema è stato tratto dal rapporto di laboratorio di riferimento e adattato alla reazione A1
N
N
OH
SO3H
N
N
HO3S
OH
OH N
N SO3H
OH N
N
HO3S
N
N SO3H
OH
HO2C
N
N
OH
HO2C
HO3S
OHNH2
SO3-
N
N
OH
SO3H
N+
SO3H
NCl-
NaNO2, HCl, H2O
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49
3.4.3 Interazione tra luce e materia
3.4.3.1 Interazione tra radiazioni elettromagnetiche e molecole
La chimica spiega il colore come una sensazione causata da interazioni tra la luce e la materia. Per
capire come avvenga tale interazione è necessario comprendere le proprietà della radiazione elet-
tromagnetica.
Lo spettro elettromagnetico si estende dai raggi cosmici, di lunghezza d’onda λ, inferiore a 10-3 m,
alle onde radio, di lunghezza d’onda anche superiore ad 1 m (fig. 27).
Figura 27 La figura mostra le principali proprietà dello spettro delle radiazioni elettromagnetiche e i fenomeni associati
all’assorbimento di radiazioni di frequenze diverse. Si noti che nella figura non sono rispettate le ampiezze delle zone
dello spettro e che non sono rappresentati i raggi cosmici (Tratta da Chang 2000, 702).
Ad ogni lunghezza d’onda della radiazione corrisponde una frequenza pari a
dove è la frequenza della radiazione e la sua velocità di propagazione. Ogni radiazione elet-
tromagnetica si muove nel vuoto a velocità pari a 2,9979 . 108 m.s-1.
Ogni radiazione elettromagnetica possiede un’energia proporzionale alla sua frequenza e dunque
inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda:
dove è la costante di Planck, pari a 6,6261 x 10-34 J.s.
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
50
Per molti aspetti le radiazioni elettromagnetiche possono essere descritte come fotoni, ovvero en-
tità discrete con frequenza ed energia proprie delle onde elettromagnetiche corrispondenti.24
Un fotone può interagire con una molecola solamente cedendo ad essa tutta la propria energia.
A condizioni standard quasi tutte le molecole e i loro atomi si trovano ad uno stato fondamentale
a cui corrisponde una determinata energia. Essi possono subire una transizione a stati eccitati di
maggiore energia se assorbono l’energia precisamente pari alla differenza di energia tra due livelli.
Questo quantitativo di energia può giungere ad atomi e molecole sottoforma di energia termica,
elettrica o elettromagnetica, ovvero per mezzo dell’interazione con fotoni di energia corrispon-
dente alla differenza di energia tra i due livelli energetici dell’atomo o della molecola. 25 Poiché gli
stati eccitati non sono stabili, atomi e molecole tornano in tempi brevi allo stato fondamentale
emettendo l’energia corrispondente alla differenza tra i livelli energetici sotto forma di calore o di
radiazione elettromagnetica (fig. 28). 26 La figura 27 riporta le transizioni associate
all’assorbimento di radiazioni elettromagnetiche di diversa frequenza.
Figura 28 Lo schema mostra l’assorbimento e l’emissione di energia da parte della materia. Assorbimenti di tal genere
possono essere provocati dall’interazione con fotoni la cui energia è pari a ΔE (tratta da Cozzi 1997, 10).
24 Cozzi 1997, 8–9.
25 In questo caso non è certo che l’energia dell’elettrone venga assorbita dall’atomo o dalla molecola e che dunque la transizione abbia luogo, ma è possibile. La probabilità della transizione è determinata con maggior precisione da re-gole di selezione, per cui si confronti Chang 2000, 708–709.
26 Cf. Cozzi 1997, 10.
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
51
Le radiazioni elettromagnetiche visibili all’occhio umano (e le radiazioni ultraviolette) interagendo
con la materia provocano transizioni di elettroni tra diversi stati elettronici, ovvero lo spostamento
di elettroni da un orbitale ad un altro.
Nei composti organici le principali transizioni tra stati elettronici sono le transizioni
da orbitali σ a orbitali σ*;
da orbitali π a orbitali π*;
da orbitali n a orbitali σ*;
da orbitali n a orbitali π*;
le transizioni per trasferimento di carica.27
Nella figura 29 sono rappresentate le principali transizioni elettroniche tra orbitali di diversa ener-
gia e i corrispondenti intervalli di assorbimento dello spettro delle radiazioni elettromagnetiche.
Figura 29 Principali transizioni elettroniche tra orbitali di diversa energia e corrispondenti intervalli di assorbimento
dello spettro. In alcune molecole o atomi gli stati elettronici possono avere tra loro rapporti energetici diversi (cf. ad es.
Chang 2000, 637) (tratta da Cozzi 1997, 48).
Le transizioni elettroniche da orbitali σ a orbitali σ* richiedono molta energia poiché la differenza
dell’energia associata ai due stati è grande, come mostra la figura 19. Tali transizioni provocano
l’assorbimento di fotoni di lunghezza d’onda compresa tra 110 e 134 nm, appartenenti alla zona
dell’ultravioletto lontano.
27 Con * sono indicati gli orbitali di antilegame, con n gli orbitali di non legame.
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52
C CCH3 C
CH3
CH3
C CH3
CH3
CH3
Le transizioni elettroniche da orbitali π a orbitali π* provocano l’assorbimento di fotoni di lunghez-
za d’onda compresa tra 160 e 255 nm. Tali transizioni sono “tipiche dei composti insaturi”. Esse
comprendono:
transizioni E (o etileniche), “di sistemi π isolati”;
transizioni B (o benzoidi), “di anelli benzoici” (queste transizioni sono di debole intensità
poiché sono proibite dalle regole di selezione);
transizioni K (o di coniugazione), “di sistemi aromatici o coniugati”.28 Più esteso è il sistema
coniugato- e dunque maggiore è la delocalizzazione - più è ridotto il dislivello tra livelli
energetici, che provoca quindi l’assorbimento di fotoni di lunghezza d’onda maggiore.
Transizioni di questo tipo determinano ad esempio il colore della cianidina: al variare del
pH il sistema coniugato contenuto nella sua struttura viene interrotto o allungato, provo-
cando l’assorbimento di fotoni di lunghezze d’onde diverse. Molti altri coloranti analizzati
presentano nella loro struttura sistemi coniugati di diversa lunghezza.
Le transizioni elettroniche da orbitali n ad orbitali σ* e da orbitali n ad orbitali π* provocano
l’assorbimento di fotoni di lunghezza d’onda compresa tra 160 e 255 nm circa e rispettivamente di
lunghezza d’onda maggiore di 285 nm circa. Tali transizioni sono dette di tipo R (o radicalico); esse
“coinvolgono eteroatomi con doppietti di non legame come l’ossigeno di C = O (gruppo carbonili-
co) e C – O (alcoli), o l’azoto di C = N, C – N (ammine) e N = N, o lo zolfo di C – S (tioli). Le bande R
non sono intense perché queste transizioni sono proibite dalle regole di selezione”.
L’assorbimento di radiazioni appartenenti allo spettro UV/visibile,infine, può essere provocato da
un trasferimento di cariche tra atomi che compongono la molecola. Tali transizioni spesso provo-
cano gli assorbimenti più intensi. “I composti aromatici sostituiti presentano bande di questo tipo
che cadono nell’intervallo 220-370 nm.”29
In generale, “i sistemi elettronici delocalizzati (…) che subiscono transizioni nella regione del visibi-
le e assorbono le corrispondenti radiazioni” sono detti cromofori.30 Ogni cromoforo ha un picco di
assorbimento massimo indicato con la lunghezza d’onda dei fotoni maggiormente assorbiti, λmax.
La tabella 3 riporta alcuni cromofori comuni e l’approssimativa lunghezza d’onda di assorbimento
massimo.
λmax è influenzata, oltre che dalla struttura stessa del cromoforo, dalla parte restante della struttu-
ra molecolare e dall’ambiente in cui si trova (è influenzata da variabili quali il solvente e la tempe-
ratura).31
28 Coniugazione “indica in una molecola organica più doppi legami del carbonio alternati con legami semplici nel modo seguente:”
(Brandolin Chiarabba, 1988, s. v. “Coniugazione”). 29
Cf. Cozzi 1997, 48–49. 30
Cf. Cozzi 1997, 41. 31
Cf. Chang 2000, 726.
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
53
Tabella 3 Cromofori comuni e approssimativa lunghezza d’onda di assorbimento massimo (tratta da Chang 2000, 727).
Lo spostamento di λmax verso lunghezze d’onda maggiori, detto effetto batocromo, può essere
causato dalla presenza vicino al cromoforo di gruppi funzionali detti batocromi. La presenza di
questi gruppi comporta un’estensione della delocalizzazione “degli elettroni π e quindi la diminu-
zione dei dislivelli energetici fra orbitali”. Per provocare le transizioni elettroniche diviene dunque
necessario l’assorbimento di fotoni di energia minore.
In modo simile, lo spostamento di λmax verso lunghezze d’onda minori, detto effetto ipsocromo,
può essere causato dalla presenza vicino al cromoforo di sostituenti detti ipsocromi. A causa della
presenza di questi gruppi, è ridotta la delocalizzazione di elettroni, i dislivelli energetici tra orbitali
diventano pertanto maggiori e le transizioni tra di essi vengono provocate dall’assorbimento di fo-
toni di energia maggiore.32
L’intensità dell’assorbimento di una molecola, infine, aumenta se al cromoforo sono legati auxo-
cromi, ovvero determinati gruppi funzionali saturi; tipici esempi di auxocromi sono “i gruppi con
doppietti di non legame (come –OH, -NH2, -Cl e così via)”. La presenza di gruppi auxocromi com-
porta in genere pure un aumento di λmax.
3.4.3.2 La percezione visiva
I fotoni non assorbiti vengono riflessi, diffusi e difratti dalla materia. Essi possono dunque interagi-
re con le molecole fotosensibili presenti nella retina dell’occhio.
Nella retina dell’occhio è presente una proteina chiamata rodopsina, costituita da retinale, forma
della vitamina A, e da un’opsina, proteina a sua volta. Il retinale è un cromoforo: a seconda delle
sue interazioni con l’opsina a cui è legato può assorbire fotoni di frequenze diverse.
L’assorbimento di fotoni da parte della rodopsina provoca una modifica nella struttura del retinale
32 Cf. Cozzi 1997, 77.
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
54
(fig. 30), che dà origine ad un segnale elettrico che giunge al cervello, dove viene integrato con al-
tri segnali generando la sensazione del colore.33 In particolare nella retina umana sono presenti fo-
torecettori chiamati coni; a seconda della struttura della rodopsina contenuta in essi, questi pos-
sono interagire soprattutto con fotoni che provocheranno la sensazione del rosso o del verde o del
blu. L’integrazione del segnale nervoso proveniente dai tre tipi di coni permette al cervello di ela-
borare la sensazione dei vari colori.
Figura 30 Formule di struttura del retinale. Quando assorbe un fotone passa dalla forma 11-cis-retinale alla forma all-trans-retinale (tratta da Chang 2000, 814).
L’occhio quindi interagisce con l’insieme dei fotoni che non sono stati assorbiti dall’oggetto osser-
vato. Se un oggetto è illuminato da luce bianca, composta da fotoni appartenenti a tutto lo spettro
visibile, l’insieme delle radiazioni non assorbite dall’oggetto, interagendo con le molecole
dell’occhio, provoca la sensazione dei colori complementari a quelli corrispondenti ai fotoni assor-
biti (si veda tab. 4).
Tabella 4 Radiazioni assorbite da un corpo, quelle non assorbite e il colore che queste provocano interagendo con la retina dell’occhio (tratta da Cozzi 1997: 40).
33 Cf. «Retinal» 2013.
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
55
3.4.4 Analisi degli spettri
Il cromoforo – N = N – dà luogo sia a transizioni da orbitali π ad orbitali π*, che provocano
l’assorbimento di radiazioni elettromagnetiche appartenenti all’ultravioletto lontano, sia a transa-
zioni da orbitali n ad orbitali π*, che provocano un assorbimento di onde elettromagnetiche di
lunghezza d’onda pari a circa 350 nm nei composti alifatici e circa 320 nm nei composti aromati-
ci.34
Sulla base delle informazioni raccolte ho provato ad interpretare gli spettri d’assorbimento ottenu-
ti. La discussione che segue si basa unicamente su di essi, poiché non dispongo di spettri con cui
confrontarli.
Confrontando gli spettri d’assorbimento delle sostanze A1 e C1, si può ipotizzare che il loro anda-
mento sia molto simile, ma per avere dati precisi riguardo a questo aspetto bisognerebbe ripetere
l’esperienza in modo che i picchi di assorbimento massimo abbiano pari intensità di assorbimento.
Il picco d’assorbimento massimo delle due sostanze è situato in corrispondenza di λ=477 nm e ri-
spettivamente di λ=471 nm. Tali lunghezze d’onda sono ben superiori a 320 nm, lunghezza d’onda
dei fotoni assorbiti normalmente dal gruppo azo in composti aromatici. Possiamo dunque dedurre
che la struttura rimanente della molecola ha avuto un effetto batocromo.
Si può inoltre osservare che tra le lunghezze d’onda a cui si registrano i picchi d’assorbimento
massimo delle due sostanze vi è una differenza minima (la somiglianza tra i grafici è ancora più
stretta se si considera che il dato si riferisce solamente al picco della curva, e che questa si estende
per entrambe in un intervallo analogo dello spettro). Al contrario si può notare una notevole diffe-
renza nel valore dell’assorbanza, sia a λmax sia nelle rimanenti parti dei grafici.35 Confrontando le
formule di struttura delle due sostanze si nota che l’unica differenza che intercorre tra esse è la
posizione del gruppo –SO3H. Si può dunque concludere che la posizione del gruppo ha avuto un
importante effetto sull’intensità dell’assorbimento e un effetto minimo sulla lunghezza d’onda di
massimo assorbimento. Il grande assorbimento di fotoni di lunghezza d’onda compresa tra λ=450
nm e λ=500 nm, che provocherebbero la sensazione di colori blu-verdi, fa sì che fotoni che provo-
cano la sensazione di colori complementari, ovvero giallo, arancione e rosso, possano entrare a
contatto con le cellule fotosensibili degli occhi (cf. tab. 4).
Pure il picco di assorbimento delle sostanze A2 e C2 è situato in corrispondenza di lunghezze
d’onda maggiori di quelle previste per l’assorbimento del cromoforo azo nei composti aromatici. Si
può quindi dedurre che anche in questo caso la struttura restante abbia avuto un effetto bato-
34 Cf. Cozzi 1997, 217. Nel testo è riportato che l’assorbimento massimo avviene negli azocomposti alifatici in soluzio-ne con un coefficiente di assorbimento molare ( ) superiore a 350, negli azocomposti aromatici con un coefficiente di assorbimento molare pari all’incirca a 21000.
35 In realtà si per valutare l’assorbimento di una sostanza dovrebbe essere considerato il suo coefficiente di assorb i-mento molare ( ), non l’assorbanza (A), pari a
dove è il cammino ottico in cm e “la concentrazione della specie che assorbe (in mol/L)” (cf. Cozzi 1997, 52). Tuttavia poiché le sostanze su cui è stata effettuata la misurazione avevano pari concentrazione molare e il cammi-no ottico era uguale, possiamo considerare l’assorbanza un indice per comparare l’assorbimento delle due sostan-ze.
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
56
cromo; anzi, vista la vicinanza del picco di assorbimento massimo delle sostanze A2 e C2 a quello
delle sostanze A1 e C1, si potrebbe supporre che sia stata la struttura comune a queste sostanze
ad avere determinato lo spostamento del picco di λmax nella fascia delle radiazioni visibili. Confron-
tando le formule di struttura delle due sostanze si può notare che, di nuovo, esse differiscono so-
lamente per la posizione del gruppo –SO3H. Il fatto che λmax sia uguale e che le forme dei grafici
corrispondano, e che di nuovo si osservi una notevole differenza dei valori dell’assorbanza36, ci
permette di confermare che la posizione dei gruppi ha un importante effetto sull’assorbimento
delle sostanze. Un suo effetto sul valore di λmax sembrerebbe invece non sussistere (la differenza
tra i valori di λmax rilevata negli spettri delle sostanze A1 e A2 è minima e si riferisce soltanto al pic-
co della curva; si può inoltre notare che l’assorbimento si estende per entrambe in un intervallo
analogo) o essere minimo. La minore intensità d’assorbimento rispetto alle sostanze 1 è visibile
anche a occhio nudo, in quanto le sostanze 2 paiono di colori meno intensi.
Per quanto riguarda le sostanze A3 e C3 si nota che l’andamento dei grafici non è simile come nei
casi finora analizzati, né i picchi di assorbimento massimo sono vicini. Malgrado l’unica differenza
che intercorra tra le due sostanze sia la posizione del gruppo –SO3H, la prima mostra un picco
d’assorbimento in corrispondenza di λ= 355 nm, per cui si può supporre che la struttura non cro-
moforo abbia avuto un effetto batocromo, la seconda in corrispondenza di λ= 297 nm, al di sotto
del previsto λ= 320 nm. In questo caso, dunque, la struttura non cromoforo potrebbe aver avuto
un effetto ipsocromo. Questo permette di osservare che il cambiamento di posizione di uno stesso
gruppo all’interno di una molecola può avere importanti effetti sulla posizione di λmax.
L’assorbimento delle due sostanze non è paragonabile, sia perché l’andamento dei grafici è piutto-
sto diverso, sia perché la sostanza C3 non si è sciolta completamente nella preparazione delle so-
luzioni per l’analisi spettrofotometrica. La concentrazione era dunque diversa per le due sostanze.
La sostanza A3, benché il suo picco di assorbimento massimo cada in corrispondenza di radiazioni
UV, assorbe alcuni fotoni di corta lunghezza d’onda, provocando, come si è osservato, la sensazio-
ne di giallo. La sostanza C3 assorbe poco i fotoni appartenenti allo spettro visibile e perciò appare
quasi incolore.
Il valore di λmax di A1 è simile a quello di A2, e l’andamento dei due grafici sembra essere simile.
Si può interpretare la differenza tra le formule di struttura delle due sostanze come differenza tra
le posizioni di un anello di benzene e di un gruppo –OH rispetto alla struttura che si mantiene
uguale in tutte le sostanze A. La sostanza A3, invece, rispetto a queste altre due, è molto diversa:
invece dell’anello di benzene, il gruppo –CO2H è legato alla struttura comune, mentre il gruppo –
OH si mantiene nelle posizione in cui era nella struttura della sostanza A2. Rispetto alle prime due
sostanze l’andamento del grafico di A3 è diverso, e la lunghezza d’onda per cui l’assorbimento è
massimo è differente. L’assorbimento delle sostanze, di cui l’assorbanza ci offre un dato indicati-
vo,37 è molto diverso tra le sostanze A1 e A2 (l’assorbanza del primo equivale quasi al doppio di
quella del secondo); anche ad occhio nudo infatti il colore delle sostanze 1 è apparso più intenso di
36 Anche in questo caso l’assorbanza può essere considerata un indice dell’assorbimento, poiché b e C erano uguali per le due misurazioni.
37 Anche in questo caso si vedano le osservazioni fatte alle note precedenti.
Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
57
quello delle sostanze 2. Si può dunque immaginare che la disposizione dell’anello di benzene e del
gruppo –OH nella sostanza A1 abbia avuto un effetto auxocromo rispetto alla sostanza A2. Per le
diversità dell’andamento del grafico il dato della sostanza A3 non è comparabile con i primi.
Osservazioni molto simili possono essere fatte per le sostanze C.
3.5 Conclusioni
Questa ricerca mi ha permesso di comprendere che il colore è strettamente legato alla struttura
della materia. Infatti da essa dipende l’assorbimento di fotoni di determinate frequenze e di con-
seguenza la diffusione, la riflessione o la rifrazione dei fotoni rimanenti, i quali possono interagire
con le molecole della retina dell’occhio, dando così origine ad un segnale nervoso che giunge al
cervello dove è generata la sensazione del colore.
In particolare mi ha permesso di capire che gli atomi che compongono le molecole,la loro disposi-
zione all’interno di esse e i diversi legami che li uniscono determinano quali fotoni vengano mag-
giormente assorbiti e l’intensità dell’assorbimento.
Un interessante sviluppo di questa ricerca potrebbe essere sintetizzare la struttura comune alle
sostanze A1, A2, A3, C1, C2 e C3 e misurarne l’assorbimento. In questo modo sarebbe possibile de-
terminare con maggior precisione il valore dell’effetto ipsocromo, batocromo e auxocromo dei va-
ri gruppi aggiunti alla stessa struttura di base e della loro posizione. Si potrebbero inoltre ripetere
le misurazioni dell’assorbimento degli azocoloranti equiparando il valore di assorbimento a λmax.
Inoltre, considerato che nel lavoro svolto non si è tenuto conto dell’effetto del solvente utilizzato
per l’analisi spettrofotometrica, un’ulteriore sviluppo potrebbe essere costituito dal ripetere le mi-
sure spettrofotometriche utilizzando solventi diversi per poter valutare l’effetto sul colore
dell’ambiente chimico nel quale è sciolto il colorante.
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Conclusioni
Il lavoro, oltre ad avermi permesso di acquisire interessanti conoscenze negli ambiti in cui è stato
sviluppato, mi ha soprattutto permesso di mettere in luce alcuni elementi interessanti dal punto di
vista del metodo.
Innanzitutto mi pare importante sottolineare il valore delle sensazioni e delle emozioni nel lavoro
di ricerca. Le sensazioni sono infatti elementi fondamentali del ragionamento scientifico: sulla ba-
se di esse, come si è visto, si possono costruire idee e teorie; anche le teorie che più tendono a
evidenziare il valore della ragione rispetto a quello dei sensi devono renderne conto. Le emozioni,
poi, hanno prima di tutto un ruolo importante in quanto spingono ad interrogarsi sui fenomeni
(come è stato, ad esempio, nel mio caso); esse inoltre hanno verosimilmente svolto, come si è vi-
sto, un importante ruolo di guida nelle ricerche dei pensatori antichi e che anche oggi possono
suggerire relazioni anche alla scienza.
La relazione tra forma e colore, in particolare, ipotizzata da Democrito e Platone probabilmente a
partire da elementi percettivi e, suppongo, resa più salda da relazioni psicologiche che intercorro-
no tra essi, mi è stata da guida costruttiva nel corso della parte sperimentale del lavoro. In realtà
già prima di iniziare questo lavoro ero convinto che esistesse un rapporto tra struttura della mate-
ria e colore, ma la lettura delle idee di Democrito (e in misura minore di Platone) mi ha permesso
di consolidare con valide osservazioni questa intuizione e di porvi grande attenzione, così da inter-
pretare secondo questa ipotesi i risultati della ricerca.
Se nel proseguire della ricerca mi è stato via via più chiaro che non vi fosse un legame semplice e
diretto tra determinate strutture e precisi colori, e che dunque non vi fosse un legame emotivo,
simbolico, in qualche modo estetico tra la forma della materia e il suo colore, cercando di interpre-
tare i risultati ottenuti tenendo conto dell’intuizione che vi fosse un legame tra questi elementi, ed
abbandonando le intuizioni che in alcun modo potevano conciliarsi con i risultati, ho elaborato ipo-
tesi ed esperimenti che mi hanno permesso di comprendere in modo approfondito il rapporto tra
il fenomeno del colore e la struttura invisibile della materia.
Vorrei dunque concludere osservando che intuizioni estetiche possono fornire un utile approccio a
problemi scientifici, in quanto possono costituire prime ipotesi, teorie rozze. Nel tentativo di pro-
varle vengono infatti sviluppati esperimenti, i cui i risultati permettono di elaborare teorie sempre
più raffinate, che a loro volta permettono di descrivere in modo sempre più preciso i fenomeni.
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Allegato 1
Gruppo 1 A
Figura 1 Substruttura comune al grupppo 1 A
Le formule di struttura presenti negli allegati sono tratte dai siti «The PubChem Project» 2013; «ChemSpider |
The free chemical database» 2013; «European Bioinformatics Institute | Homepage | EBI» 2013; e dal libro
Farbpigmente, Farbstoffe, Farbgeschichten, da cui sono tratte pure le immagini.
O
O
R1
H
R2
R3
R5
R4
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N N
R1
R3R2
Allegato 2
Gruppo 1 B
Figura 1Substruttura comune al gruppo 1 B
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Allegato 4
Gruppo 2 A
Substruttura comune al gruppo 2 A
O
O
R1
R2
R3
R4R5
R6
R7
R8
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Filippo Gaia COLORE E FORMA LaM 2012
Allegato 4
Gruppo 2 B
Figura 1 Substruttura comune al gruppo 2 B
NH
NH
O
OR1
R2
R3
R4
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Allegato 7
Coloranti blu
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