come incubare e finanziare le nuove imprese

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OPEN INNOVATION SET .03 # In collaborazione con I migliori articoli per sviluppare l’innovazione nelle imprese TOPSELECTION Corporate Venture Capital: investimenti record nel mondo Case history: Enel, Sia La linea francese: aziende nei fondi VC Come avvicinarsi al Corporate VC e Accelerator COME INCUBARE E FINANZIARE LE NUOVE IMPRESE

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Page 1: COME INCUBARE E FINANZIARE LE NUOVE IMPRESE

openinnovationset.03#

In collaborazione con

I migliori articoli per sviluppare l’innovazione nelle impreseTOPSELECTION

Corporate Venture Capital:investimenti record nel mondo

Case history: Enel, Sia

La linea francese: aziende nei fondi VC

Come avvicinarsi al Corporate VCe Accelerator

COME INCUBARE E FINANZIARE LE NUOVE IMPRESE

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In collaborazione con | 2 |

La competitività delle aziende dipende sempre di più dalla capacità di gestire e promuovere la trasformazione digitale e l’innovazione imprenditoriale. Una capacità che è ancora più strategica e, direi, vitale per le aziende italiane che in molti casi devono colmare un ritardo tecnologico, culturale e finanziario.Il progetto #OpenInnovationSet è nato proprio con questo obiettivo: fornire stimoli e strumenti al sistema italiano delle imprese, grandi e piccole, che in diversa maniera devono affrontare la sfida del cambiamento e possono farlo in modo efficiente ed efficace solo se cominceranno ad adottare il modello dell’open innovation.Il momento è adesso. E i segnali di attenzione sono ormai numerosi. Non sempre però riescono a tradursi in azioni coordinata e con-tinuative.Per questo EconomyUp, testata nata per raccontare proprio per creare uno spazio di incontro tra il dinamico mondo delle startup e il Made in Italy, ha promosso #OpenInnovationSet, un mese dedicato ai temi dell’open innovation, con quattro webinar e quat-tro white paper come questo che state leggendo, che raccoglie una selezione degli articoli dedicati al tema. E lo ha fatto con altri due punti nodali della rete neuronale che all’interno del gruppo Digital360 esprime competenze, progetti e narrazione sull’open innovation: P4i, società di advisory specializzata nella digital transformation e nell’open innovation, e Startupbusiness, il sito di riferimento per la community italiana delle startup. #OpenInnovationSet è l’occasione per condividere competenze ed esperienze. Ma anche per una forte presa di coscienza: la trasfor-mazione digitale e l’innovazione imprenditoriale non sono solo necessarie. Ma sono anche possibili.

di Giovanni Iozziadirettore EconomyUp

iL pRoGetto openinnovationset.03#

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inDiCe

Le aziende sono i primi investitori in startup. Suona strano in Italia, ma nel mondo è già così. Le multinazionali sono le protagoniste di quello che si

chiama Corporate Venture Capital: scegliere la via del capitale di rischio per star dietro alle accelerazioni dell’innovazione. Ne parliamo in questo

terzo appuntamento con le TopSelection della serie #OpenInnovationSet, dedicato alle chiavi che le imprese possono utilizzare per aprire la porta

dell’open innovation. Ci sono gli investimenti, che in Italia stanno registrando una crescita significativa, ma c’è anche la possibilità di fare dell’azienda

e nell’azienda un incubatore di startup. Il Corporate Incubator ha diversi modelli possibili, dentro e fuori dai perimetri aziendali.

Corporate VC e Accelerator: una chiave per aprire le porte dell’Open Innovation

La questione francese delle Corporation che investono nei VC

Starace (Enel): Perché le startup sono importanti

Sia: Valutiamo due startup fintech al mese per nuovi investimenti

P a g . 4

P a g . 7

P a g . 1 1

P a g . 1 4

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Corporate Venture Capital,dalle multinazionali investimenti record nel 2015

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In collaborazione con | 4 |

CoRpoRate ventuRe CapitaL, DaLLe muLtinazionaLi investimenti ReCoRD neL 2015

Un report di Cb Insights svela che l’anno scorso le unità di venture

capital delle grandi aziende hanno partecipato a 1301 finanziamenti in tutto il mondo, per un totale di 28,4

miliardi di dollari.Un balzo del 70% rispetto al 2014.

E non mancano gli investimenti diretti di corporate in startup: 668

per un totale di 26,9 miliardi

di Luciana Maci

Le nuove divisioni di grandi imprese o multinazionali

dedicate a investimenti in capitale di rischio – il co-

siddetto Corporate Venture Capital (Cvc) – conti-

nuano a immettere flussi di denaro nell’ecosistema

del venture capital, al punto che il numero di Cvc

dal 2011 a oggi è più che raddoppiato. Il Corporate

Venture Capital sta sconfinando dai tradizionali set-

tori in cui era solito investire, high-tech e sanità, e

negli ultimi tempi grandi gruppi come JetBlue, Ge-

neral Mills e Campbell’s Soup Company hanno

creato nuove divisioni “venture” per penetrare in

alcuni mercati. In generale nel 2015 i finanziamenti

con la partecipazione di corporate venture capital a

livello internazionale sono saliti del 70% rispetto al

2014. Tuttavia alla fine del 2015 si è registrato un

calo di questo trend, significativo, sembra, di un mu-

tato atteggiamento nei confronti del venture capital

in generale.

È quanto emerge dallo studio “The 2015 global

corporate venture capital year in review- A com-

prehensive data-driven look at 2015’s corporate

venture capital activity globally” diffuso a marzo

da Cb Insights. Qui è possibile scaricare il report

completo. Vediamo i principali punti.

Raffica di finanziamenti - Complessivamente nel

2015 il Corporate Vc ha partecipato a 1301 finanzia-

menti in tutto il mondo, per un totale di 28,4 miliardi

di dollari. Un balzo del 70% rispetto al 2014, quando

furono investiti 16,7 miliardi di dollari in 1245 deal. In

particolare il terzo trimestre del 2015 ha rappresen-

tato un autentico record sia in termini di numero di

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finanziamenti sia per denaro erogato con la parte-

cipazione di Cvc. Tutto questo è dovuto in parte al

sostegno fornito dal Cvc ad alcuni mega-round di fi-

nanziamento da oltre 100 milioni di dollari ad unicor-

ni quali Didi Kuaidi, società cinese sviluppatrice di

un’applicazione per prenotare i taxi che ha raccolto 2

miliardi di dollari, SoFi (Social Finance), piattaforma

di San Francisco che mette in collegamento studenti

ed ex studenti, che ha conquistato 1 miliardo di dol-

lari, Jet e altri. Tuttavia, per quanto riguarda i soli

deal, l’attività del corporate venture è cresciuta sol-

tanto del 4% anno su anno. E l’anno è finito in calare,

con un rallentamento registrato nel quarto trimestre.

Il picco - Il 2015 ha visto un numero record di Cvc,

tra quelli nuovi e quelli già attivi a livello mondiale.

L’anno scorso 85 nuove unità di Corporate Vc hanno

realizzato il loro primo investimento, proseguendo

nella lunga marcia iniziata nel 2010, quando il loro

numero è cominciato ad aumentare. Nel 2015 sono

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In collaborazione con | 6 |

anche cresciuti i Cvc che hanno fatto investimenti

sia in fase seed sia in una fase più matura della so-

cietà nella quale investivano.

In crescita gli investimenti in Europa – Le startup

nordamericane hanno preso il 69% dei finanziamen-

ti da Corporate Venture mondiali nel primo trimestre

del 2015, ma la percentuale è scesa al 59% nel terzo

trimestre, mentre l’Asia, al secondo posto, e l’Euro-

pa, al terzo, conquistavano terreno.

N.1 è il Vc di Intel - Medaglia d’oro delle corporate

che investono in capital di rischio è stata Intel Ca-

pital, la divisione di Intel Corporation nata appunto

per gestire venture capital, investimenti internazio-

nali, merger e acquisizioni. Nel 2015 Intel Capital ha

investito il 18% in più di GV (la ex Google Ventures),

che si piazza così al secondo posto. Il Cv di Intel ha

realizzato massicci investimenti all’estero, con il 32%

di essi in società esterne al mercato statunitense.

I settori preferiti – I finanziamenti di Cvc statuniten-

si in Internet sono scesi del 34% nel primo trimestre

2015, ma hanno recuperato fino ad arrivare al 49%

entro la fine dell’anno. Quasi a pari merito gli investi-

menti in healthcare (17,2%) e mobile (16.5%).

Gli investimenti diretti in startup – Oltre alle unità spe-

cificamente dedicate al venture capital, le multinazio-

nali possono anche decidere di investire direttamente

in startup che vengono finanziate con capitale di ri-

schio. Le corporate hanno partecipato a 668 finanzia-

menti di questo tipo, per un totale di 26,9 miliardi di

fondi raccolti nel 2015.

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In collaborazione con | 7 |

CoRpoRate vC e aCCeLeRatoR: una Chiave peR apRiRe Le poRte DeLL’open innovation

Guarda il Video

Il contesto competitivo attuale, caratterizzato da un

aumento sia della velocità sia dell’ambito dei pro-

cessi di innovazione, obbliga le aziende ad adotta-

re un approccio aperto all’innovazione. I programmi

di Corporate Venturing, siano essi attività di Cor-

porate Accelerator/Incubator, di Corporate Venture

Capital o di investimenti diretti in startup rientrano

tra le iniziative più efficaci e con maggior impatto

che le aziende possono implementare.

I dati confermano il crescente interesse da parte

delle aziende, misurato attraverso un aumento si-

gnificativo del numero delle iniziative di Corporate

VC. Nel solo 2015 ben 85 nuove aziende hanno re-

alizzato il loro primo investimento, evidenziando un

trend decisamente positivo confrontato con il 2010,

quando erano stati lanciati solamente 23 i nuovi

fondi. Non sorprende quindi che gli investimenti ef-

fettuati nel 2015 da parte dei Corporate VC abbia-

no raggiunto la cifra di 28,4 miliardi di dollari (1.301

deal) con una crescita del 70% rispetto all’anno

precedente. La rilevanza di questi investimenti non

è più marginale, infatti “pesano” per circa il 20% di

tutti i finanziamenti in startup effettuati nel 2015.

Alla luce di questo quadro positivo, è opportuno

che le aziende che vogliono intraprendere iniziative

di Corporate Venture Capital per “avvicinarsi” con-

cretamente all’ecosistema delle startup e beneficia-

re delle innovazioni che tali realtà possono appor-

tare, comprendano al meglio specificità, confini ed

opportunità di tali iniziative.

Molteplici sono le definizioni che si possono trova-

re, ma le più utilizzate sono concordi nel definire il

di Andrea Cavallaro* e Andrea Gaschi*

Gli investimenti effettuati nel

2015 da parte di Corporate VC

sono cresciuti del 70% rispetto

all’anno precedente. Un quadro

positivo all’interno del quale

aumenta l’interesse delle aziende

a sviluppare attività su questo

fronte. Ecco come avvicinarsi

all’ecosistema delle startup. E

come integrare accelerazione

e incubazione con le scelte di

finanziamento

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Corporate VC come una forma speciale di Venture

Capital nella quale un’azienda investe in startup ed

aziende esterne in cambio di quote di equity (tipi-

camente in quote di minoranza). Tra le imprese più

attive troviamo Intel, attraverso il fondo Intel Capi-

tal, Google, attraverso GV e Salesforce attraver-

so Salesforce Ventures. Non solo grandi aziende

tech sono molto attive in questo ambito, ma anche

aziende dai settori più tradizionali hanno lanciato il

proprio “braccio” di VC: esempi noti sono Johnson

& Johnson, General Electric, AXA e 3M.

A differenza dei fondi VC “classici”, gli investimenti

effettuati tramite i fondi Corporate non hanno solo

interessi puramente finanziari, ma perseguono an-

che e soprattutto obiettivi strategici di sviluppo di

tecnologie e/o modelli di business nuovi e spesso

complementari.

In cambio dell’investimento in startup, la grande

corporation apre “una finestra” di opportunità su

tecnologie e aziende sinergiche che hanno le po-

tenzialità per diventare partner. Inoltre, altri obiettivi

strategici spesso perseguiti dalle aziende riguarda-

no l’introduzione di nuove idee, l’approfondimento

di nuove tecnologie e trend di business, l’identifica-

zione di opportunità che vanno oltre l’attuale busi-

ness aziendale, l’accelerazione delle proprie piatta-

forme, la costruzione di relazioni e l’avvicinamento

alle competenze della comunità imprenditoriale,

l’apertura di vere e proprie “opzioni strategiche” su

tecnologie e modelli di business da testare.

Le attività di accelerazione ed incubazione sono

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In collaborazione con | 9 |

complementari e sinergiche all’attività di finanzia-

mento. Attraverso programmi di Corporate Accele-

ration, le aziende supportano le startup attraverso

l’erogazione di servizi di mentorship e coaching,

spazi (uffici e laboratori), supporto allo sviluppo

commerciale e spesso garantendo un investimen-

to seed per il lancio delle attività. Attraverso questi

programmi le aziende riescono a “vedere da vicino”

e presidiare i trend emergenti e le aziende innovati-

ve all’opera, attingendo all’acceleratore come fonte

indipendente di Ricerca e Sviluppo ed integrando

nella propria organizzazione le innovazioni di suc-

cesso più coerenti con il proprio business, diversifi-

cando ed abbattendo il rischio insito in ogni attività

di Ricerca e Sviluppo. Inoltre, esse possono utiliz-

zare questo canale come punto di origine del deal

flow per le attività di Corporate VC.

*Andrea Cavallaro, Senior Advisor, Osser-

vatori Digital Innovation, e *Andrea Gaschi,

Associate Partner, P4I – Partners4Innovation,

sono consulenti specializzati in Strategy &

Open Innovation.

All’interno di P4I - Partners4Innovation sup-portano imprese consolidate e Pubbliche Am-ministrazioni nel comprendere le opportunità che derivano dal lancio di un fondo VC o un Acceleratore aziendale, a disegnare la struttura organizzativa, a definire i processi e le risorse necessarie per un efficace presidio di tutte le attività e per il successo dell’iniziativa.

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I più noti esempi di successo di iniziative di Corpo-

rate VC e Accelerator riguardano poche grandissi-

me corporation internazionali: tuttavia questi stru-

menti possono rappresentare un’opportunità anche

per le imprese italiane.

Infatti, anche in Italia, vi sono numerose aziende –

appartenenti a tutti i settori – che hanno i requisiti

per lanciare un’iniziativa di Corporate VC. Tuttavia,

affinché si possa parlare di iniziative di reale suc-

cesso, è necessario definire un modello organizza-

tivo caratterizzato da ruoli, competenze e processi

volti a garantire la governance delle attività chiave.

I processi principali, la cui qualità ha un impatto de-

terminante sulle performance delle iniziative di Cor-

porate VC e Accelerator sono la gestione e genera-

zione del deal flow di idee e progetti, la valutazione

e selezione delle candidature, la gestione delle exit

dal portafoglio. Giocano inoltre un ruolo fondamen-

tale i meccanismi di integrazione con la Casa ma-

dre, prima di tutto in qualità di fornitore di servizi per

le attività di supporto – come ad esempio l’offerta

di attività di mentorship e coaching da parte di per-

sonale altamente qualificato, l’accesso facilitato al

network di partner, clienti e fornitori dell’azienda, un

diretto supporto commerciale attraverso la condivi-

sione di canali già consolidati o di un brand ricono-

sciuto sul mercato – ma soprattutto per garantire

l’allineamento delle priorità strategiche e la piena

valorizzazione delle risorse che l’azienda può met-

tere a disposizione.

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Avvicinare il mondo delle grandi imprese, e anche

delle Pmi, a quello delle startup è operazione non

semplicissima perché questi due mondi parlano

ancora due lingue diverse. L’approccio alla cultura

dell’imprenditoria da parte di chi fa impresa inno-

vativa oggi è del tutto nuovo rispetto a quello de-

gli imprenditori delle generazioni precedenti e dei

manager delle grandi corporation. Non si può però

rinunciare a che questo avvicinamento si compia:

solo così si possono generare opportunità sia per

chi cerca innovazione sia per chi la fa ed è alla ricer-

ca di risorse.

Le strade sono molteplici. Un esempio? Fare open

innovation attraverso il corporate venture capital. È

un fenomeno recente, ancora poco visibile in Italia

(anche se qualche segnale c’è) mentre in altri Pa-

esi europei è già in fase di affermazione, come per

esempio in Francia.

Ciò che accade è l’ingresso di grandi gruppi indu-

striali in veste di limited partner, quindi di investitori,

in fondi di venture capital. Il fenomeno dimostra che

le grandi imprese vogliano approcciare il mondo del-

le startup in modo strutturale affidandosi a chi, come

appunto i VC, conosce bene questo mondo e può

agire come ‘intermediario culturale’ tra i due mondi.

Questa formula appare vincente anche perché

dall’altro punto di vista, quello delle startup, è più

efficace avere come interlocutore un fondo di VC

piuttosto che direttamente la grande azienda che,

La questione fRanCese DeLLe CoRpoRation Che investono nei vC

In Francia i grandi gruppi industriali

entrano in veste di limited partner,

quindi di investitori, in fondi di

venture capital che, in qualche modo,

agiscono da “intermediari culturali”

fra le imprese consolidate e le

startup. La tendenza è trasversale: da

BNP Paribas a Carrefour, da Renault

a SNCF

di Emil Abirascid

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per certi versi, può anche rischiare di intimorire gli

imprenditori al debutto.

Emanuele Levi, partner di 360 Capital Partners che

vive e lavora a Parigi rileva come in Francia il fe-

nomeno si sia sviluppato nell’ultimo anno e mezzo

e come oggi stia portando beneficio a tutto l’ecosi-

stema. “Il 2015 - dice Levi - è stato anno di grande

crescita per l’ecosistema startup francese con oltre

1,8 miliardi di investimento in 484 operazioni (dati

‘Baromètre du capital risque en France’, ndr), e con

l’emersione di alcuni ‘unicorni’ made in France come

Blablacar, Sigfox e Withings”.

“Negli ultimi 18 mesi – aggiunge Levi - sono consi-

stenti i nuovi fondi di VC che sono stati raccolti gra-

zie alla partecipazione di grandi gruppi quotati e non;

il fenomeno sembra essere trasversale

a numerosi settori come quello assicurativo, per

esempio MAIF e Allianz; quello automobilistico e tra-

sporti come Renault, SNCF; banche come Société

Generale e BNP Paribas; media e retail con Publicis

e Carrefour; e ICT, tra cui Cisco e Orange, e altri,

che hanno investito in fondi come Partech, Idinvest,

Iris Capital e il nostro 360square”.

I grandi gruppi in questione cercano tramite questi

investimenti di acquisire una migliore comprensione

di come la digitalizzazione dell’economia impatterà

i loro modelli di business, se possibile anticipando-

ne le conseguenze; sviluppare competenze interne

in grado di interloquire con il mondo delle startup,

Emanuele Levi, partner di 360 Capital Partners

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in ottica di business development e di sostegno a

programmi di open innovation e anticipare tendenze

di fondo nell’evoluzione dei comportamenti dei con-

sumatori come la ‘uberizzazione’ o unbundling nei

diversi settori.

“In Francia è esemplare il caso di SNCF, il gruppo

che gestisce le ferrovie, che si è visto arrivare un

concorrente del tutto nuovo con BlaBlaCar il cui

maggiore successo è proprio sulle tratte tra 250 e

500 km, mercato storicamente dominato dai treni ad

alta velocità”, spiega il partner di 360 Capital Part-

ners. “Questo fenomeno è il primo passo verso una

reale rivoluzione nell’ecosistema delle startup fran-

cesi, perché potrebbe finalmente portare le grandi

corporation europee a integrare più facilmente l’in-

novazione ‘naturalmente’ presente nelle startup.

“Anche 360square, il fondo seed raccolto di recen-

te da 360 Capital Partners presso quattro principali

corporation, Société Generale, MAIF, Gruppo Yves

Rocher e Thuasne, è la nostra scommessa su que-

sto fenomeno che ci auguriamo possa replicarsi an-

che in Italia”, prosegue Levi.

Le grandi aziende tendono a scegliere fondi che han-

no operatività internazionale perché non si vogliono

porre limiti territoriali troppo stringenti e iniettano

capitale privato nell’ecosistema dei VC europei che

così accrescono la loro portata in termini di capacità

di investimento e il loro ruolo quali attori delle rica-

dute industriali che questo avvicinamento comporta.

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“Noi pensiamo che l’innovazione non venga dall’in-

terno dell’azienda, ma che sia più facile trovarla al

di fuori. Per questo vogliamo collaborare con star-

tup, università, fornitori e giovani talenti”. Lo dice

in questa video-intervista a EconomyUp Francesco

Starace, amministratore delegato di Enel, società

energetica che sta affrontando in maniera orga-

nizzata ed intensa l’open innovation. Lo fa anche

attraverso il bando INCENSe (INternet Cleantech

ENablers Spark), acceleratore di Enel dedicato

alle aziende della clean technology. “Attraverso

INCENSe – spiega Starace - Enel conferma il suo

impegno a sostegno dell’innovazione, dell’impren-

ditorialità e dello sviluppo socio-economico. L’obiet-

tivo del lavoro delle aziende del consorzio durante

il periodo di incubazione è di contribuire alla forma-

staRaCe (eneL): peRChé Le staRtupsono impoRtanti

“È più facile trovare l’innovazione

fuori dall’azienda, per questo

vogliamo collaborare con le

startup” dice Francesco Starace,

amministratore delegato di Enel,

che promuove il bando INCENSe:

un acceleratore per aziende della

clean technology nate per favorire la

sostenibilità ambientale

Guarda il Video

zione di soggetti in grado di realizzare soluzioni effi-

caci, come dimostrato dalle startup vincitrici del pri-

mo bando, alcune delle quali stanno lavorando con

Enel su progetti condivisi”. Clicca qui per scoprire le

28 startup selezionate dall’ultimo bando.

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sia: vaLutiamo Due staRtup finteChaL mese peR nuovi investimenti

Nicolò Romani, responsabile dell’Innovation Lab della società

milanese che si occupa di sistemi di pagamento, spiega come il

gruppo affronta la digital disruption e monitora le nuove imprese

italiane ed europee per migliorare i propri servizi

Una struttura in cui concentrare tutte le attività di

innovazione e un monitoraggio costante delle star-

tup italiane attive nel fintech: almeno due al mese.

È così che Sia, la società italiana che si occupa di

sistemi digitali di pagamento, cerca di indirizzare la

sua attività di R&S intorno all’open

innovation e alle nuove imprese.

Il laboratorio in cui il gruppo ha convogliato la sua

attività di innovazione si chiama Innovation Lab ed

è nato nel 2015. Come funziona e come si lega

all’interazione con le startup lo spiega Nicolò Ro-

mani, responsabile dell’Innovation Lab di Sia.

Romani, che cos’è e cosa fa l’Innovation Lab?

Sia fa innovazione da sempre, ma in questo perio-

do l’attenzione nei confronti di questa componente

cresce. Ecco perché abbiamo pensato di risponde-

re creando una struttura organizzativa in cui con-

centrare le iniziative di trasformazione dell’offerta

per i nostri mercati di riferimento: banche, imprese

e PA. L’abbiamo lanciata a gennaio 2015. L’obiettivo

era quello di costruire un “acceleratore” interno di

progetti con lo scopo di gestire la solidità dei servizi

tradizionali e di consolidare, allo stesso tempo, la

velocità della trasformazione dell’offerta.

Isolare questa componente serve a garantire la

qualità del servizio.

Come si inserisce la struttura all’interno dell’a-

zienda?

Questa unità supporta l’innovazione delle divisioni

di Maurizio Di Lucchio

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Financial Institutions, Corporate e Public Sector ed

è a diretto riporto del senior vice president Nicola

Cordone.

Dove si trova il laboratorio e che progetti ha

sviluppato?

La struttura si trova nella nostra sede centrale, a

Milano in via Gonin. Ci lavorano 16 persone. Si divi-

de in tre aree: digital payments, contactless e servi-

zi a valore aggiunto. Nel corso del primo semestre

di lavoro, ha lavorato su vari progetti, tra cui Jiffy,

un servizio per inviare e ricevere denaro in tempo

reale dallo smartphone che al momento è disposi-

zione dei correntisti di circa 50 banche italiane e

che a marzo 2016 ha già superato i 300 mila utenti.

Ora stiamo lavorando per allargare il servizio an-

che al b2b. Nell’ambito del contactless, l’Innovation

Lab si è concentrata sul servizio di host card emu-

lation, una tecnologia che consiste nell’emulare con

il software di uno smartphone le caratteristiche di

una carta. Quanto al terzo ambito, i servizi a valore

aggiunto, abbiamo acquisito la startup Ubiq che ha

sviluppato il servizio di couponing digitale T-Frutta.

Un caso di open innovation, quindi. Che tipo di

interazioni “aperte” ha Sia con altri soggetti

esterni?

Per vari progetti sigliamo partnership con alcune

aziende esterne. Per esempio, su Jiffy abbiamo

come partner tecnologico la società GFT. Mentre

per l’host card emulation abbiamo collaborato

con una startup spagnola. Poi stiamo cercando di

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In collaborazione con | 1 7 |

investire in startup che possano aiutare a innovare

la nostra offerta.

Come monitorate il panorama startup?

Non abbiamo ancora sentito l’esigenza di attivare

un osservatorio strutturato sull’innovazione delle

startup del fintech, il settore di cui ci occupiamo.

Nel 2015 abbiamo compiuto osservazioni

puntuali rispetto a nostre esigenze specifiche.

Al momento valutiamo circa due startup al mese

basandoci su segnalazioni e parlando con realtà

dell’ecosistema come incubatori, associazioni e al-

tri soggetti attivi nel fintech. Nel 2015 abbiamo mo-

nitorato solo startup italiane, nel 2016 guarderemo

anche a quelle europee.

Come funziona la collaborazione con Ubiq?

Abbiamo acquisito il 51% e tramite aumento di capi-

tale siamo arrivati al 69%. L’obiettivo è offrirci come

partner industriali di questa società e mettere a loro

disposizione nostri asset come i sistemi informatici

e la clientela, lasciando però autonomia di sviluppo

alla startup. Dal punto di vista

organizzativo, nel CdA della startup, il cui ammi-

nistratore resta il fondatore Ivan Pastorini, siedono

due persone di Sia, tra cui io. Mentre con il team

cerchiamo di lavorare in sinergia con la loro sede,

che resta a Parma, in quanto sono uno spinoff

dell’Università. Un paio di loro però sono spesso

presenti qui da noi a Milano per poterci coordinare.

Nicolò Romani,responsabile Innovation Lab di Sia

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EconomyUp, StartUpBusiness e P4I fanno parte di:

EconomyUp, on line dalla primavera del 2013, è stata la prima piattaforma di comunicazione nata per raccontare l’impren-ditorialità e l’innovazione nelle nuove imprese (le startup), così come in quelle piccole e medie (il made in Italy) e nelle multinazionli (corporate innovation).

Startupbusiness è, dal 2008, il punto di riferimento dell’ecosistema italiano dell’innovazione che si fa impresa, offrendo informazione, contenuti, servizi, connettendo la community italiana delle startup e il mondo degli investitori e dell’industria.

P4I - Partners4Innovation offre servizi di Advisory e Coaching a supporto della trasformazione digitale e dell’innovazione aperta e imprenditoriale di imprese e PA. L’approccio di P4I, che si caratterizza per una forte attenzione all’empowerment dei decisori interni all’organizzazione cliente, è reso unico dal ricorso a metodologie, benchmark e dati distintivi che permettono di superare i limiti della consulenza tradizionale, offrendo contenuti, servizi e strumenti a imprese e PA, anche di medie e piccole dimensioni.

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