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COME SI CUCINAVA NELL’ANTICA ROMA -Differenza tra casa e cucine del ceto alto e del ceto basso. -Organizzazione della casa romana e del luogo destinato alla cucina. -Arnesi da cucina -La tavola romana: scodelle e posate -Mangiare fuori casa: taberne e thermopolia -Rapporto con la modernità

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Page 1: Come si cucinava nell'antica Roma?

COME SI CUCINAVA NELL’ANTICA ROMA

-Differenza tra casa e cucine del ceto alto e del ceto basso.

-Organizzazione della casa romana e del luogo destinato alla cucina.

-Arnesi da cucina-La tavola romana: scodelle e posate

-Mangiare fuori casa: taberne e thermopolia

-Rapporto con la modernità

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Le case romane: domus e insulae Nell’antica Roma le abitazioni non erano le stesse per tutti i cittadini, variavano in

base al ceto sociale.

Le domus erano di proprietà patrizia ( ovvero dei romani ricchi che però costituivano una piccola parte della popolazione), possono essere considerate come le odierne ville. L’ingresso era costituito da uno spazio affacciato sulla strada e da una porta vera e propria seguita da uno stretto corridoio che portava ad un atrio la cui copertura era aperta al centro, questo serviva a far arrivare l’acqua piovana nella vasca sottostante (impluvium). Sui lati venivano costruite camere da letto e di servizio e una sala per ospitare gli invitati, la quale si apriva sul fondo di un giardino che delimitava un orticello. In queste case erano presenti condotti e tubature per la distribuzione dell’acqua calda.

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Le insulae, invece, erano le abitazioni dei plebei, poiché questi ultimi costituivano la parte più consistente della popolazione si pensò di costruire vere e proprie palazzine suddivise in piccoli appartamenti disposti uno sull’altro, però essendo progettate per ospitare la classe più povera venivano costruite con materiali scadenti (infatti i crolli erano frequenti). Gli appartamenti erano suddivisi in due locali, uno per la cucina e uno per la notte, spesso abitati da più famiglie contemporaneamente. Non era presente un impianto per il riscaldamento perciò i plebei usavano un focolare al centro della cucina sia per cucinare sia per riscaldarsi.

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Le cucine Dato che esisteva questa differenza tra le case dei romani, dovevano essere

diverse anche le cucine. Solo i personaggi facoltosi ne avevano una nelle loro case. Nelle domus la cucina era situata vicino la lavatrina ( a metà tra la nostra latrina e un vano per la toeletta) in una corte interna, che ospitava anche un forno per la cottura del pane e degli arrosti e le cisterne, che contenevano l’acqua piovana usata per la lavorazione dei cibi. In molte domus l’acqua arrivava attraverso

tubature di piombo. Una tettoia proteggeva dalle intemperie il focolare e il fornello per le braci. Nella parte inferiore del balcone c’era una nicchia per la conservazione della legna. Nella cucina non mancavano braceri,sui quali venivano posti treppiedi con i recipienti pieni di vivande che avevano la funzione di tenere in caldo i cibi, o griglie per reggere tegami, padelle o cuocere direttamente gli arrosti. Le cucine erano fornite anche di un lavandino, collegato ad una tubatura che convogliava l’acqua nella fogna. Il fuoco era l’unico elemento per far bollire l’acqua o friggere

qualcosa e polvere, fumo e cattivi odori si sprigionavano dalla cucina che, essendo un ambiente disagiato, si presentava angusta e piuttosto piccola. Come tutte le

stanze della casa la cucina veniva intonacata in bianco che in breve tempo diventava grigio e subito dopo nero e qualcuno, per evitare questo passaggio, ne

dipingeva le pareti in nero sin dall’inizio. Rispetto alle abitazioni individuali, gli appartamenti delle insulae erano privi di questi ambienti, così come di camini, forni e installazioni fisse. Non c’era la possibilità di conservare a lungo gli alimenti, non si avevano vetri alle finestre e l’illuminazione era inadeguata in quanto realizzata con

torce e lanterne a base di pece e olio.

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Nella cucina vi erano anche alcuni fornelli inseriti in uno zoccolo di mattoni che occupava una parete. La cottura dei cibi avveniva su fornelli a legna o a carbone. Per cucinare si usavano: coltelli, spatole, cucchiai ( di legno, metallo o osso), frullini, setacci, spiedi, graticole,mortai e recipienti dalle forme e grandezze più varie,in terracotta, argilla o bronzo. Le cibarie venivano conservate in dispense e magazzini. Le anfore di terracotta contenevano di solito vino, olio, mosto, salse di pesce; orci e orcioli contenevano olive, frutta secca e legumi secchi. A cucinare pensavano gli schiavi mentre i più ricchi avevano anche dei cuochi che venivano pagati; a volte essi venivano assunti appositamente per i banchetti (lo chef supremo era chiamato archimagirus).

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Le insulae senza cucine:thermopolia,taberne,popinae,cauponae

Le insulae la maggior parte delle volte non avevano una cucina, o se l’avevano era piccola e scomoda. Le alternative per i plebei perciò erano quelli che oggi chiameremmo i fast food o bar. Durante la giornata queste locande erano chiamate “thermopolia”. Questi erano locali in cui si servivano bevande e cibi caldi, aperti sulla strada, con un bancone in muratura spesso decorato, in cui erano incassati i “dolia”, le giare che contenevano la merce. Spesso negli ambienti sul retro ci si poteva sedere per consumare il pasto. I thermopolia ricordano quindi gli odierni fast food visto che le persone mangiavano in piedi e di fretta, ma c’era anche la possibilità di portare a casa il cibo, come i moderni take away. Pratiche popolari del genere erano però considerate di cattivo gusto dai notabili, i quali vedevano scadere la propria reputazione se erano visti far colazione alla taverna, perché vivere per la strada non era serio. Come nei moderni bar, i thermopolia non offrivano ai clienti un’alimentazione corretta ed equilibrata pari a quella che avevano gli altri cittadini. Forse però gli odierni fast food hanno un po’ esagerato da questo punto di vista. C’erano anche le“popinae “ e “cauponae”. In questi luoghi i passanti compravano o consumavano bevande fresche o vino caldo, oppure mangiavano olive, pesci in salamoia, pezzetti di carne arrosto, uccelli allo spiedo, polpi in umido, frutta, dolci e formaggio. Erano oltre che meta dei viaggiatori di passaggio anche il luogo dove i poveri si facevano riscaldare le vivande non disponendo di fornelli a casa loro. Inoltre numerosi erano i venditori ambulanti che offrivano pane, frittelle, salsicce, ecc. .

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I venditori ambulanti, detti lixae, esibivano le loro cibarie su bancarelle smontabili in tavole, protette dalla pioggia per mezzo di tende, che erano consumate anche da persone importanti. La taberna all’ inizio era in generale la bottega degli artigiani, aperta verso strada; si trovava al pianterreno o nel seminterrato della casa. A volte era addirittura incassata nel muro. Si passò poi dalle tabernae vinarie alle tabernae specializzate nella vendita del vino e della consumazione sul posto. Le tabernae avevano un bancone di pietra, con cinque o sei contenitori incastrati, rivolto verso la strada; altri contenitori erano messi in mostra per la gente che passava. Accanto al banco vi era un fornello con una casseruola piena d’ acqua calda. Nel retro c’erano la cucina e le sale per la consumazione. I momenti della giornata dediti al soddisfacimento dei bisogni della gola erano in linea di massima tre: il jentaculum, o prima colazione; il prandium, o pranzo, e la cena. Le classi popolari urbane conoscevano il piacere di consumare a tavola solo il pasto serale. Il thermopolium era un luogo di ristoro in cui si servivano bevande e cibi caldi che era usuale consumare fuori casa (prandium pasto di mezzogiorno). La popina era una trattoria dove il vino veniva portato ai tavoli solo per accompagnare i piatti del pasto. Più povero della popina, era il gurgustium, che era una specie di bettola. Le cauponae o osterie di campagna erano simili alle popinae, offrivano ristoro e alloggio. C’erano, lungo le strade romane, anche le tabula, in cui vi era un posto non solo per i viaggiatori, ma anche per i cavalli.

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Come si consumavano i pasti Patrizi e plebei avevano anche un modo diverso di consumare i pasti. Nelle umili

dimore dei quartieri popolari (così come nelle osterie e negli alberghi) la gente consumava i pasti stando seduta su rozzi sgabelli, intorno ad una tavola di legno comune; il vasellame è di coccio e la cena è semplice e frugale.

Nelle dimore signorili, invece, la cena si svolge in condizioni e forme ben diverse. La stanza adibita a sala da pranzo si chiama triclinium, nome che deriva dai tre letti collocati intorno al tavolo, sui quali i commensali si stendevano per mangiare, secondo un’usanza di importanza dalla Grecia. Sul pavimento di marmo o di mosaico poggiano tavoli di legno di cedro dalle gambe d’avorio; intorno ad essi vi sono divani decorati di madreperla, argento, oro, su cui sono stese coperte di tessuto finissimo. Nei banchetti in grande stile, uno schiavo annuncia agli invitati via via che entrano nella sala, ed indica a ciascuno il posto che dovrà occupare sul letto triclinare.In queste case il triclinius maius (grande sala da pranzo) era usato per dare delle feste alle quali erano invitati un gran numero di ospiti. I triclini più piccoli venivano usati per un piccolo gruppo di ospiti di riguardo. Per questo motivo spesso erano decorati in maniera splendida tali da rivaleggiare con quelli più grandi. Poiché nei triclini si mangiava e beveva ma durante il pasto venivano recitati degli spettacoli per intrattenere gli ospiti.Il triclinio prese il nome dai tre letti, i Lecti Conviviuales o Tricliniares su cui i padroni di casa e i loro ospiti si sdraiavano per tutta la durata del pranzo. Ogni letto era capace di ospitare tre commensali che stavano sdraiati sul lato sinistro. Durante il banchetto, canti e danze servivano ad allietare gli ospiti.

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Utensili da cucina La cottura degli alimenti direttamente sul fuoco, effettuata già dai Greci, e

successivamente dagli etruschi e dai Romani, si faceva oltre che in contenitori di metallo anche in quelli di ceramica. Comune a tutte le civiltà antiche era la suddivisione tra recipienti atti alla conservazione, alla cottura e al servizio in tavola dei cibi. Il pentolame da cucina comprendeva recipienti per la cottura, i “vasa conquinatoria”,i “vasi escaria” e i “vasi protoria”, recipienti da portata con cui si servivano in tavola gli alimenti cucinati. In tale epoca il materiale sicuramente più usato per fabbricare le pentole era l’argilla, che impostata, modellata, essiccata e poi cotta in forno diventava ceramica. Sono da ricordare le forme delle pentole più note per la cottura dei cibi:

- Olla : è il recipiente da fuoco di uso più comune, poteva essere appoggiato al fuoco,aveva una “pancia” di forma ovoidale, il fondo piano e il coperchio e veniva usato per bollire l’acqua e per cuocere carni e verdure;

- La casseruola : era un recipiente indispensabile per ogni cucina, il classico “pentolone” da fuoco, adibito alla cottura dei cibi più svariati. Spesso veniva appoggiato su un trepiedi metallico;

- Il tegame: era un recipiente largo, aperto e con le pareti non troppo alte, veniva usato come piatto da portata, ma il suo uso principale corrispondeva alla nostra padella da frittura

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- Infine il paiolo, era un recipiente di grosse dimensioni, in metallo, e veniva usato probabilmente per cucinare grandi quantità di cibo.

Altri utensili da cucina erano:

Bollitoio : recipiente atto a scaldare acqua

Cacabus : pentola in terracotta con pesante coperchio atta alla cottura di cibi a fuoco lento

Pultarius : pentola in terracotta usata per le polente

Patellae o patinae : padelle in terracotta o metallo

Angularis : terrina a forma triangolare

Kreagra : grande forchetta a tre punte per girare gli arrosti

Treles : colini in metallo forati per scolare gli alimenti

Chetron : grandi cucchiai di legno per rimescolare le minestre in cottura

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- La forchetta : era utilizzata per infilzare i cibi, poteva essere con tre o quattro punte, caratterizzate da un manico a sezione esagonale con una piastrina a zoccolo d’animale, oppure come mostra un reperto romano esposto a Ventimiglia, una forchettina a solo due punte che veniva usata per infilzare i datteri.

- Il cucchiaio : era conosciuto dai Romani, e ne usavano in legno, bronzo o argento, distinguendoli in cochlearia, di uso più giornaliero, e ligulae, in occasioni più importanti. I cochlearia avevano manico lungo e dritto che finiva a punta, le ligulae invece avevano coppa più ampia, ovale e più pesante, con un manico diritto e punta.

- Per attingere i liquidi dalla zuppiera c’era la trulla, cioè il mestolo.- Il bicchiere : in argento o stagno, costituisce un elemento importante nei servizi

di argenteria del I secolo. Non mancano però i bicchieri in vetro cilindrici, a coppa o conici, che venivano esposti sui tavolini per mostrare l’opulenza della Domus ai visitatori.

- Calice : in bronzo o argento, presenta poche riproduzioni in bronzo. Gli esemplari ritrovati a Pompei hanno ventre ovoidale su vario tipo di piede, imboccatura verticale e orlo convesso.

- Il Cantharus : coppa in bronso o argento ovoidale o emisferico, poggiante su un alto piede, con anse verticali slanciate. Il corpo è spesso decorato con motivi vegetali o figure umane. Serviva a contenere frutta secca o fresca, datteri o dolci secchi.

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- Kotyle : coppa profonda con due anse, in bronzo, argento o oro. Veniva usata per bere e brindare.

- Simpulum : veniva adoperato per attingere e trasportare i liquidi dal recipiente dove era stata effettuata la mescita, ma serviva anche da misura base sia per la miscela del vino e acqua, sia per la quantità di vino che veniva versata nelle coppe durante i simposi. Ha un lungo manico verticale che permette di attingere anche da vasi conimboccatura stretta, veniva fatto in bronzo e argento.

- Lanx : vassoio da portata in argento di varie dimensioni, sia ovale che rettangolare, faceva parte del servizio da tavola dell’argentum escarium, cioè dei piatti e vassoi da portata per i cibi solidi.

- Salsiera : recipiente di bronzo poco profondo con becco versatore, aveva una base ampia oppure su tre piedi.

- Salinum : recipiente in argento per contenere il sale.

- Pepiera : recipiente in argento o bronzo per contenere il pepe.

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Rapporto con la modernità:cucine nelle case moderne

Al giorno d’oggi, al contrario dell’epoca romana, non solo i personaggi facoltosi hanno a disposizione una cucina nella propria casa. L’unica differenza tra esse che possiamo trovare è che nelle cucine dei benestanti vi sono più attrezzi, strumenti e utensili moderni di qualità migliore per la preparazione dei cibi e inoltre le dimensioni delle cucine sono anche più grandi. Le cucine odierne non sono situate in un luogo specifico della casa, ma di solito si trovano vicino la sala da pranzo o il soggiorno.

Le nostre cucine sono munite di attrezzature ovviamente molto più evolute rispetto ai forni ai braceri o ai fornelli dell’antica roma, hanno elettrodomestici come il frigorifero, la lavastoviglie e il forno, mentre i fornelli anche se azionati dal gas invece che dal fuoco sono simili a quelli romani.

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Per quanto riguarda elettrodomestici più piccoli abbiamo diversi strumenti come il bimbi o il kenwood che agevolano molto il lavoro per la preparazione di qualsiasi cibo. Gli utensili da cucina usati oggi non sono molto differenti da quelli romani, hanno principalmente le stesse funzioni anche se ovviamente hanno nomi diversi.

Nelle cucine contemporanee l’illuminazione è fondamentale per aumentare la loro funzionalità, non vengono utilizzate laterne e torce a pece e olio, ma le illuminazioni sono elettriche e vi sono anche finestre.

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Rapporto con la modernità:catering e cuochi moderni

Allo stesso modo dei ricchi romani che assumevano appositamente per i banchetti uno chef per cucinare, anche oggi per cerimonie, riunioni e importanti celebrazioni vengono chiamate delle organizzazioni apposite che preparano il cibo e forniscono le bevande, queste organizzazioni sono chiamate catering.