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1 DIRITTO TRIBUTARIO COMPARATO Prof. Pietro Selicato A.A. 2014/15 Comparazione e interpretazione del diritto tributario Parte III - Normativa europea - Normativa internazionale (Convenzione di Vienna)

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DIRITTO TRIBUTARIO COMPARATOProf. Pietro Selicato

A.A. 2014/15

Comparazione e interpretazionedel diritto tributario

Parte III

- Normativa europea- Normativa internazionale (Convenzione di Vienna)

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Comparazione e interpretazioneNormativa europea

La Corte di Giustizia ha dato un importante contributo nell’individuazione del metodo interpretativo da utilizzare nel diritto UE

Nel diritto UE non esistono norme scritte contenenti principi generali in materia di interpretazione come in Italia l’art. 12 preleggi

La Corte ha elaborato un proprio metodo interpretativo che si origina sui canoni ermeneutici presenti nella gran parte degli Stati membri, riflessi nelle diverse origini culturali dei propri giudici

Il diritto UE si discosta dal diritto dei trattati (la cui interpretazione è regolata dalla Convenzione di Vienna) per la sua capacità di costituire un autonomo ordinamento giuridico che assume carattere vincolante per gli Stati membri e per i suoi cittadini

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Comparazione e interpretazioneNormativa europea

Secondo la Corte le norme del diritto Ue vanno interpretate secondo il loro testo (criterio letterale), il loro contesto (criterio logico-sistematico), la loro finalità (criterio teleologico)

Diversamente dall’art. 12 prel., la Corte non indica priorità ponendo i tre criteri su un piano di completa parità argomentativa.

Ciò non significa che il metodo letterale sia ignorato ma il carattere plurilingue dell’ordinamento UE lo colloca in una posizione almeno equiordinata rispetto agli altri criteri

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Comparazione e interpretazioneNormativa europea

Nell’interpretazione del diritto europeo la Corte ritiene fondamentale il ricorso al criterio logico-sistematico, tendente a ricostruire e quello teleologico, necessario ad individuare le “intenzioni del legislatore”, e a quello teleologico, volto a rendere coerente la singola disposizione con gli “scopi del Trattato”, al quale ogni disposizione del diritto UE derivato rispondere.

Devono essere considerati gli obiettivi specifici evidenziati nel preambolo (“considerando”) per individuare il backgroundeconomico del Trattato. La Corte CE parla a questo riguardo di “effetto utile” e “effetto necessario” (ECJ, sent. 13-2-1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Société Bautiaa).

Nella logica di cui sopra si collocano le recenti sentenze Cadbury Schweppes e Halifax in materia di abuso del diritto.

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La Corte ha affermato la sua competenza esclusiva nell’interpretazioneuniforme del diritto UE in tutti gli Stati membri (ECJ, 27-3-1980, C-61/79, Denkavit Italiana; 8-11-1990, C-231/89, Gmurzynska-Bscher; 17 July 1997, C-28/95, Leur Bloem).

La base legale di queste pronunce si trova nell’articolo 267 (art. 234 TCE), par. 1 del Trattato assegna alla Corte la competenza “a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati; b) sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione”.

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L’art. 267 TFUE detta al riguardo una precisa gerarchia:

a) un organo giurisdizionale nazionale contro le cui decisioni è possibile proporre impugnazione può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione;

b) un organo giurisdizionale nazionale contro le cui decisioni non è possibile proporre impugnazione deve, nello stesso caso, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.

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La Corte (C-14/83 del 10-4-1994, Von Colson e Kamann) ha elaborato il principio della “presunzione di conformità”, che comporta l’obbligo dei giudici nazionali di interpretare il proprio diritto interno “alla luce dello scopo e della lettera della direttiva onde conseguire il risultato contemplato dall’art. 189, comma 3, del Trattato” (oggi art. 288 del TFUE)

Il principio di supremazia del diritto europeo fa assumere alle direttive (e, in generale, all’intero diritto UE) una funzione di “parametro di legittimità” del diritto nazionale (Cass. 5-5/29-8-2007, n. 18219)

Il principio della “interpretazione conforme” impone ai Giudici nazionali di interpretare il diritto interno in conformità al diritto UE, che la norma comunitaria abbia o meno efficacia self-executing. L’obbligo è fondato sul principio di leale collaborazione di cui all’art. 4, par. 3, TUE, (gli Stati membri debbono assicurare l’attuazione del diritto UE e l’esecuzione degli obblighi dallo stesso derivanti

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In questo contesto l’orientamento della giurisprudenza della CGE assume carattere determinante in quanto le sentenze interpretative della CGE vincolano non soltanto il giudice del rinvio ma anche le giurisdizioni degli altri Stati membri.

La loro autorità “si avvicina al principio dello stare decisis di matrice angolosassone con l’unico temperamento che ciascun giudice mantiene comunque la facoltà di introdurre a sua volta il ricorso pregiudiziale ancorchè la stessa questione sia già stata definita” (Cass. 18219/07).

Pertanto, il valore di “quasi precedente” delle sentenze non è più limitato agli ordinamenti di common law ma si è diffuso in tutti gli Stati membri in relazione alle sentenze della Corte che precisano o integrano il significato di una norma del diritto UE.

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Comparazione e interpretazioneNormativa internazionale

Particolari criteri devono essere rispettati nell’interpretazione delle norme del diritto tributario convenzionale, per le quali è necessario conciliare la presenza di criteri ermeneutici diversi negli ordinamenti degli Stati contraenti.

Problematiche interpretative di un certo rilievo possono sorgere:• dall’adozione di lingue diverse nei testi approvati dai singoli Stati contraenti;

• dalle diverse tecniche normative adottate dai singoli Stati (disciplina casistica o per principi);

• dalle diverse regole interpretative (criteri: letterale, storico, substance over form, ecc.) e dalle diverse modalità di interazione tra le stesse.

Per ovviare agli inconvenienti insiti in queste diversità è intervenuta la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 ratificata dall’Italia con L. 12 febbraio 1974 n. 112. Anche se è pacifica la sua applicazione alle convenzioni in materia tributaria (richiami in tal senso nella Circ. GdF n. 1/2008), essa contiene soltanto regole di carattere generale che non tengono conto della specificità di tali accordi.

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Il processo mediante il quale viene data concreta attuazione ad una norma del diritto internazionale si snoda attraverso fasi diverse:a) l’interpretazione in senso stretto, consistente nel procedimento logico mediante il quale si definiscono i contorni della fattispecie astratta appurandone il contenuto effettivo;b) la qualificazione giuridica, consistente nell’operazione (tipica dell'interpretazione del diritto internazionale) mediante la quale si individua la norma alla quale ricorrere per ricostruire il significato di un termine tecnico-giuridico presente in una convenzione (i trattati prevedono diverse soluzioni);

c) l’applicazione, consistente nella collocazione del caso concreto nel contesto normativo come sopra ricostruito.

Il processo interpretativo, pur non esaurendolo, costituisce una fase del processo applicativo della norma internazionale ed il processo di qualificazione si collocherebbe in una posizione intermedia tra interpretazione (con la quale condivide la finalità ricostruttiva) e applicazione (con la quale condivide l’accostamento tra fattispecie astratta e fattispecie concreta).

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Nelle modalità di interpretazione previste dalla Convenzione di Vienna viene accolta la teoria obiettivistica (prevalenza del testo scritto, ricostituito anche nel significato che tiene conto dei rapporti di connessione logica intercorrenti tra le varie parti dell’accordo nonché dell’oggetto e della funzione dello stesso).

Si esclude che i trattati possano essere interpretati in base alla teoria subiettivistica (prevalenza della volontà “effettiva” delle parti, elaborata nel passato sulla base di un’analogia con il regime dei contratti).

Tale soluzione è suffragata dall’esaltazione della natura normativa e non contrattuale delle convenzioni, che trova la sua giustificazione nell’ampliamento del novero dei destinatari delle sue disposizioni, non più dirette ai soli Stati contraenti ma rivolte in misura sempre maggiore ad introdurre precetti da cui discendono diritti ed obblighi per i singoli (Es.: Modello OCSE).

Le norme convenzionali assolvono ormai a un ruolo di protezione degli individui e sono ad essi dirette per offrire loro prerogative o opportunità.

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Viene esclusa l’interpretazione unilateralistica dei Trattati, come si desume da una serie di disposizioni della Convenzione di Vienna, tra cui:

a) L’art. 33 (trattati stipulati in lingue diverse): necessaria identità di

significato da attribuire alle definizioni contenute nei testi autentici delle diverse lingue del trattato (par. 3); necessità di adottare, tra quelli possibili, il significato che concilia nel migliore dei modi i diversi testi autentici (par. 4);

b) L’art. 31, par. 3 (mezzi di interpretazione): nell’interpretare un trattato occorre tener conto anche

- lett. a) degli accordi stipulati tra le parti sull’interpretazione o attuazione del trattato (come gli accordi raggiunti a seguito delle procedure amichevoli);

- lett. c) di ogni altra regola del diritto internazionale applicabile nei rapporti tra le parti.

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La tesi secondo cui i trattati dovrebbero essere interpretati in modo restrittivo siccome comportanti una limitazione di responsabilità e di libertà degli Stati è ormai ritenuta superata. Affiora anche in questo caso il carattere “normativo” e non “dispositivo” dei trattati.

Al contrario, anche nell’interpretazione dei trattati si ritiene possibile ricorrere all’interpretazione estensiva ed all’analogia.

Poiché nel diritto tributario interno tale procedimento è pienamente ammesso (con qualche limite per l’analogia) esso deve valere anche per le norme tributarie del diritto internazionale pattizio.

Questa conclusione si basa sulla teoria dei poteri impliciti, per la quale gli organi sovranazionali dispongono non solo dei poteri espressamente stabiliti dalle norme “ma anche tutti i poteri necessari per l’esercizio dei poteri espressi”.

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Comparazione e interpretazioneNormativa internazionale

Tale teoria, che consente di interpretare estensivamente le disposizioniprocedurali di un trattato, fu elaborata dalla Corte internazionale digiustizia con riferimento al Trattato ONU ed è recepita nell’art. 308 del TrattatoCEE, il quale stabilisce che:

“Se un'azione dell'Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate”.

La Corte di giustizia manifesta la tendenza a scavalcare la necessità del votoall’unanimità, fondando l’esistenza dei poteri impliciti su un principio generale desumibile direttamente dalle norme del Trattato che individuano gliscopi della Comunità.

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L’interpretazione di norme internazionali, quanto alle fonti da cui proviene, è distinta in: a)unilaterale; b) bilaterale (o concertata).

L’interpretazione unilaterale di una convenzione viene rimessa alle autorità amministrative e giurisdizionali degli Stati contraenti, che dispongono di un potere pieno ed autonomo, salve talune eccezioni (in Francia si prevede la possibilità per il Consiglio di Stato di interpellare il Ministero degli Esteri).

Tuttavia, l’interpretazione di un trattato deve sempre avvenire in base a regole conformi al diritto internazionale: una diversa soluzione violerebbe le obbligazioni contratte dagli Stati.

Corroborano tale soluzione i seguenti riferimenti:

- dovere dell’Italia di consentire a limitazioni internazionali di sovranità a condizioni di reciprocità (art. 11 Cost.);

- specialità “sui generis” della Convenzione di Vienna.

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Comparazione e interpretazioneNormativa internazionale

Rientrano tra le interpretazioni bilaterali (o concertate):

• Lo scambio di lettere: definisce bilateralmente il significato di una determinata espressione al fine di assicurarne l’interpretazione uniforme nei due Stati;

• La procedura amichevole: è prevista dalle convenzioni OCSE (art. 25 del Modello) sia come strumento di protezione dell’individuo sia come strumento di risoluzione di dubbi interpretativi sia ancora come strumento di integrazione della norma pattizia;

• Le sentenze delle Corti internazionali: pur avendo, di norma, effetto limitato ai casi decisi (ma si veda, peraltro, la particolare efficacia delle sentenze CGE e della CEDU), tale giurisprudenza ha una notevole influenza sull’orientamento del Giudice e dell’Amministrazione nazionale.

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Rientrano anche tra le interpretazioni bilaterali (o concertate):• Le raccomandazioni OCSE: (Commentario), che in virtù dell’art. 5 del

Trattato istitutivo sono vincolanti per gli Stati aderenti; in base all’art. 18, lettera c, del Trattato, si ritiene che la raccomandazione obblighi gli Stati membri “soltanto a verificare l’opportunità della raccomandazione stessa”; si assegna al Commentario un diverso valore nei rapporti tra Stati che aderiscono e Stati che non aderiscono all’OCSE. La Cassazione tende a svalutarne la portata interpretativa (3889/08).

• I pareri del Comitato IVA UE: ad essi può essere attribuito il valore di vere e proprie “circolari comunitarie”, tendenti ad uniformare l’applicazione dell’IVA da parte delle Amministrazioni fiscali degli Stati membri; la composizione del Comitato, al quale partecipano i rappresentanti delle Amministrazioni fiscali di ciascuno Stato membro, attribuisce al medesimo un’impronta amministrativa. Tuttavia, la loro autorevolezza deriva dalla rappresentatività dell'organo che li emette e dal carattere necessariamente unanime della pronuncia. Spesso il Consiglio UE li tramuta in Regolamenti.

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Mezzi primari di interpretazione (art. 31): “Un trattato deve essereinterpretato in buona fede e secondo il significato ordinario da attribuirsi aitermini del trattato nel loro contesto e alla luce dell’oggetto e dello scopodel trattato medesimo” (par. 1).

Da tale definizione scaturiscono i seguenti elementi:

a) buona fede: nessuno dei due Stati può trarre giovamento da un’espressioneambigua del testo della convenzione; divieto di abuso dei trattati (“rule shopping” o “treaty shopping”).

b) “contesto”: l’espressione da interpretare deve essere collocata nell’ambito delladisposizione e del trattato, nonché della situazione internazionale esistente al momento della sua conclusione (circostanze di fatto e di diritto).

c) specialità: anche a prescindere dall’interpretazione letterale, un termine o un’espressione del trattato possono avere un significato particolare “se verràaccertato che tale era l’intenzione delle parti” (art. 31, par. 4 che da rilievo, sia pure in via eccezionale e residuale, al metodo subiettivistico).

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A norma del par. 2 dell’art. 31, rientrano nel contesto:

- i protocolli interpretativi contestuali al trattato;

- gli strumenti di ratifica;

- l’oggetto e lo scopo desumibili dal testo, dal preambolo e dagli allegati del trattato.

Inoltre, lo stesso art. 31, par. 2, include nel concetto di “contesto”:

• ogni accordo in rapporto col trattato e che è stato concluso fra tutte le parti in occasione della conclusione del trattato;

• ogni strumento posto in essere da una o più parti in occasione della conclusione del trattato e accettato dalle parti come strumento in connessione col trattato”.

Pertanto, tutti i documenti facenti parte dell’accordo, anche se formalmente distinti dal trattato, sono messi sullo stesso piano ai fini dell’interpretazione.

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Nella nozione di “contesto” viene incluso anche il Commentario al Modello OCSE. Tuttavia, l’art. 31, par. 2, della Convenzione si riferisce esclusivamente agli atti ed ai documenti che sono comunque approvati dalle parti in occasione della conclusione del trattato. A ben vedere, il Commentario non forma oggetto di simile approvazione, costituendo l’esito di discussioni collettive svolte in seno al Comitato Affari Fiscali dell’OCSE.

L’introduzione al Commentario (ed. 2003), par. 29, sottolinea che, pur in assenza di un effetto vincolante, tale documento riveste grande importanza nell’interpretazione dei trattati poiché nasce sulla base delle intese tra i rappresentanti dei vari Stati membri.

La prassi delle riserve conferma il valore impegnativo del Commentario per ciascuno Stato aderente all’OCSE, poiché con tali atti si formalizzano specifiche posizioni di dissenso relative a singole norme del Modello.

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Comparazione e interpretazioneNormativa internazionale

Mezzi complementari di interpretazione (art. 32 della Convenzione), utilizzabili soltanto se l’interpretazione ex art. 31: a) lascia un significatoambiguo od oscuro; b) conduce ad un risultato manifestamente assurdo o irragionevole (“principio di subordinazione”). La Convenzione indica:

a) lavori preparatori (resoconti – proposte – dichiarazioni di voto);

b) circostanze che hanno condotto alla stipula della convenzione;

c) raffronto con il precedente testo di convenzione;

d) esame di altri trattati stipulati dallo stesso Stato: questo strumentointerpretativo è particolarmente utile nella materia tributaria, nella quale esiste unaelevata standardizzazione delle formule attraverso l’adozione di modelli di convenzione.

L’uso di un wording diverso va inteso come espressione di una effettiva volontà in tal senso. Anzi, il richiamo e l’applicazione di clausole contenuti in trattatidiversi è da escludere, come è da escludere l’applicazione della “clausoladella nazione più favorita”.

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Interpretazione dei trattati redatti in più lingue: l’art. 33 della Convenzione di Vienna ha lo scopo di risolvere i casi in cui i termini utilizzati nelle due (o più) stesure in lingue diverse dello stesso trattato abbiano significati diversi.

Nel passato i trattati erano normalmente redatti in un’unica lingua. I trattati Modello OCSE sono quasi tutti redatti in doppia lingua. Entrambe le versioni sono approvate dagli Stati contraenti.

Qualche recente trattato OCSE è stato redatto in un’unica lingua che a volte non è nemmeno quella di uno degli Stati contraenti (ciò può complicare i problemi di interpretazione)

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Le soluzioni date dalla dottrina sono differenti:

a) dare prevalenza al testo nella lingua dello Stato che deve applicare il trattato;

b) applicare il principio del favor debitoris;

c) dare prevalenza al testo nella lingua adottata per i negoziati;

d) livello minimo di accordo risultante dai testi nelle varie lingue.

La Convenzione di Vienna, all’art. 33, ha stabilito una tendenziale equipollenza delle due versioni: “quando un trattato è stato autenticato in due o più lingue, il suo testo fa fede in ciascuna di tali lingue, a meno che il trattato non preveda o le parti non con vengano tra loro che in caso di divergenza prevarrà un determinato testo”.

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Bibliografia essenziale

• D’ANGELO, Integrazione europea e interpretazione nel diritto tributario (Padova, 2013)

• HERRERA – MEUSSEN – SELICATO, Il concetto di tributo nel diritto comunitario, in Riv. dir. trib. int., n. 2/2007

• MELIS, L’interpretazione nel diritto tributario (Padova, 2003)

• MICELI – MELIS, Le sentenze interpretative della Corte di giustizia delle Comunità europee nel diritto tributario: spunti dalla giurisprudenza relativa alle direttive sull’ “imposta sui conferimenti” e sull’Iva, in Riv. dir. trib., 2003, I, 111

• POZZO, L’interpretazione delle convenzioni internazionali contro la doppia imposizione, in UCKMAR, Diritto tributario internazionale (Padova, 2005)

• VOGEL , Interpretation of double taxation treaties. In particular the problem of qualification, in Rass. trib., 1988, I, 175

• XAVIER, Il problema della qualificazione nel diritto tributario internazionale, in Riv. dir. trib., 1994, I, 523