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Comprensione delle caraerische delle leghe d’oro da fenomeni termodinamici AUTORI Patrizio Sbornicchia, Stefano Rappo, Damiano Zito, Valerio Doppio, Federica Tiso, Gisela Cepeda Progold S.p.A. Trissino (VI), Italia 1. INTRODUZIONE Le leghe di oro colorato sono generalmente matrici ternarie dei tre elemen oro, rame e argento. La loro associazione è così spontanea e stabile che gran parte delle pepite naturali scoperte nel mondo rifleono questa composizione generale. Il contenuto variabile di rame e argento non solo si ripercuote sul colore ma anche su una gran parte dei comportamen metallurgici della lega, anche se la presenza di addivi è comunemente richiesta per migliorare le caraerische opto-meccaniche ai livelli richies dal moderno mercato. La microfusione a cera persa è un processo produvo estremamente anco e affidabile per la realizzazione di ogge accura, ed è generalmente effeuata versando la lega liquida in stampi refraari 1 . In condizioni ideali, la lega liquida riempie le cavità dello stampo senza interazioni o turbolenze e, di conseguenza, la superficie risultante dei pezzi solidi è liscia e l’integrità delle par è mantenuta fino ai minimi deagli. Le caraerische di riempimento e porosità interna costuiscono la performance di colabilità della lega. Anche la rugosità è inclusa in questa definizione ma, essendo una caraerisca superficiale del solido, si rivela meno importante, specialmente perché può essere facilmente rimossa dalle tradizionali tecniche di finitura. Questo è parcolarmente vero nel caso di bassa rugosità, la cui presenza non modifica la risoluzione dei deagli della fusione. Sfortunatamente, le fusioni reali sono spesso affee da innumerevoli dife volumetrici che possono portare a non conformità. La famiglia dei dife di volume è numerosa, ma i principali rimangono porosità e riempimento incompleto dei pezzi. Altri dife come aggrega estesi di pun duri possono minacciare la qualità finale dei gioielli, ma sono generalmente ininfluen se presen soo forma di piccole parcelle isolate con diametro inferiore ai 5 micrometri. La porosità in fusione deriva principalmente dal riro del metallo durante la solidificazione, dai gas rilascia durante l’eventuale decomposizione termica dello stampo refraario, e dall’ossigeno o da altri gas espulsi dal fuso durante la solidificazione. D’altra parte, la capacità di riempimento è influenzata dall’intervallo di fusione della lega, dalla sua conducibilità termica, viscosità e tensione superficiale, dalla bagnabilità della superficie dello stampo e dalla sua permeabilità ai gas. Può anche presentarsi una interazione incrociata tra il riro termico e le cause del riempimento. Per affrontare il fenomeno del riro, può essere più conveniente considerare la dinamica dell’intero processo di Progold S.p.A. progold.com +39 (0445) 492600 1

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Comprensione delle caratteristiche delle leghe d’oro da fenomeni termodinamici   

AUTORI 

Patrizio Sbornicchia, Stefano Rappo, Damiano Zito, Valerio Doppio, Federica Tiso, Gisela Cepeda Progold S.p.A. Trissino (VI), Italia

1. INTRODUZIONE 

Le leghe di oro colorato sono generalmente matrici ternarie dei tre elementi oro, rame e argento. La loro associazione è così spontanea e stabile che gran parte delle pepite naturali scoperte nel mondo riflettono questa composizione generale. Il contenuto variabile di rame e argento non solo si ripercuote sul colore ma anche su una gran parte dei comportamenti metallurgici della lega, anche se la presenza di additivi è comunemente richiesta per migliorare le caratteristiche opto-meccaniche ai livelli richiesti dal moderno mercato.

La microfusione a cera persa è un processo produttivo estremamente antico e affidabile per la realizzazione di oggetti accurati, ed è generalmente effettuata versando la lega liquida in stampi refrattari1. In condizioni ideali, la lega liquida riempie le cavità dello stampo senza interazioni o turbolenze e, di conseguenza, la superficie risultante dei pezzi solidi è liscia e l’integrità delle parti è mantenuta fino ai minimi dettagli. Le caratteristiche di riempimento e porosità interna costituiscono la performance di colabilità della lega. Anche la rugosità è inclusa in questa definizione ma, essendo una caratteristica superficiale del solido, si rivela meno importante, specialmente perché può essere facilmente rimossa dalle tradizionali tecniche di finitura. Questo è particolarmente vero nel caso di bassa rugosità, la cui presenza non modifica la risoluzione dei dettagli della fusione. Sfortunatamente, le fusioni reali sono spesso affette da innumerevoli difetti volumetrici che possono portare a non conformità. La famiglia dei difetti di volume è numerosa, ma i principali rimangono porosità e riempimento incompleto dei pezzi. Altri difetti come aggregati estesi di punti duri possono minacciare la qualità finale dei gioielli, ma sono generalmente ininfluenti se presenti sotto forma di piccole particelle isolate con diametro inferiore ai 5 micrometri.

La porosità in fusione deriva principalmente dal ritiro del metallo durante la solidificazione, dai gas rilasciati durante l’eventuale decomposizione termica dello stampo refrattario, e dall’ossigeno o da altri gas espulsi dal fuso durante la solidificazione. D’altra parte, la capacità di riempimento è influenzata dall’intervallo di fusione della lega, dalla sua conducibilità termica, viscosità e tensione superficiale, dalla bagnabilità della superficie dello stampo e dalla sua permeabilità ai gas. Può anche presentarsi una interazione incrociata tra il ritiro termico e le cause del riempimento. Per affrontare il fenomeno del ritiro, può essere più conveniente considerare la dinamica dell’intero processo di

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solidificazione come un tutt’uno. In questo modo, è possibile sviluppare una comprensione più profonda di quali tra i processi che si svolgono durante i complessi stadi della trasformazione si ripercuotono maggiormente sull’ottenimento di una migliore fusione.

Dal momento che la solidificazione include una transizione fisica dalla fase liquida a solida, un buon punto di partenza è la considerazione della natura della fase liquida. In generale, ad oggi, non esiste una conoscenza esaustiva della struttura dello stato liquido, ma si possono effettuare alcune generalizzazioni. Lo stato liquido può essere pensato come uno stato intermedio tra lo stato gassoso, in cui atomi distanti e mobili sono liberi di occupare delle posizioni casuali l’uno rispetto all’altro, e lo stato cristallino, in cui gli atomi occupano posizioni definite e distanze determinate da precise regole di reticolo. L’analisi diretta ha rilevato come la differenza sostanziale tra un metallo solido e liquido è costituita dal diverso grado di ordine della loro distribuzione atomica. Può essere dimostrato che la fase liquida è caratterizzata da un ordine a corto raggio, in cui ogni atomo è debolmente e simmetricamente circondato dagli atomi vicini, all’incirca equidistanti, creando una sorta di locale pre-arrangiamento senza coordinamento o ordine a lungo raggio.

Nel caso di metallo solido, questa coordinazione tra vicini è simmetricamente ed indefinitamente estesa in ogni direzione dello spazio occupato dal cristallo, definendo quindi un ordine a lungo raggio. Proprietà importanti dello stato liquido e solido sono influenzate dal differente livello di ordine dei loro atomi costituenti. Per esempio, un incremento di temperatura sia nel metallo solido che liquido implica un aumento dell’ampiezza e della frequenza di vibrazione degli atomi, che di conseguenza tendono ad occupare spazi più estesi, portando ad una riduzione di densità del materiale. La diffusione atomica aumenta significativamente in entrambi gli stati principalmente perché le strutture più ‘calde’ sono meno legate. Una caratteristica importante nella fusione di una lega è la fluidità o colabilità, misurata generalmente come percentuale di penetrazione del metallo liquido all’interno di uno stampo standard, come descritto in seguito. Questa proprietà di riempimento ha una natura molto complessa, a causa dell’elevato numero di variabili che possono influenzarne il valore. In generale, dipende direttamente dalla temperatura e inversamente dalla viscosità, dalla tensione superficiale, ma anche dall’aggiunta di elementi alliganti o dalla presenza di eterogeneità come film di ossido, gas, composti intermetallici e particelle refrattarie. La fluidità è più elevata per metalli puri e per leghe eutettiche. L’incremento di ordine strutturale durante la transizione tra liquido e solido provoca in ogni lega una brusca variazione di quasi tutte le sue proprietà, anche di quelle che non dipendono dalla aggregazione microstrutturale in cristalli singoli (grani), che, a sua volta, è connessa con il processo di solidificazione. Il volume specifico (1/densità) è un’altra importante proprietà che varia bruscamente durante la transizione di fase tra stato solido e liquido. In una situazione tipica, si riscontra una riduzione di volume nel passaggio dalla fase liquida alla solida, ma ci sono eccezioni a questo comportamento, come ad esempio per il gallio, il silicio, il germanio e alcuni altri elementi2. Con metalli puri come l’oro la riduzione di volume può essere suddivisa in tre parti. La prima è graduale durante il raffreddamento del liquido, la seconda si presenta all’improvviso durante la transizione liquido-solido, e l’ultima è il graduale ritiro

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della massa solida. La seconda parte, riguardante il ritiro da solidificazione da fase liquida a solida, è di estrema importanza perché si verifica un cambiamento da ordine a corto raggio ad ordine a lungo raggio, dove le forze di attrazione sono più forti di quelle esistenti nello stesso metallo liquido, causando una riduzione significativa della distanza interatomica.

I metalli e le leghe subiscono una decisa variazione dimensionale in risposta alle variazioni di temperatura, un fenomeno con implicazioni critiche per le industrie che processano questi materiali ad alte temperature. Pratiche particolari, come la microfusione e l’iniezione in stampo, possono essere significativamente influenzate dagli stress termici derivanti dalla variazione di temperatura. Questo può portare a prodotti di bassa qualità senza un adeguato controllo del processo. Parametri di processo inadeguati e leghe di composizione errata possono generare parti incomplete, microporosità, stress residui e distorsioni che possono portare alla formazione di cricche e rotture. Per questo, l’ottimizzazione dei processi richiede l’uso di sofisticati modelli informatici che necessitano di dati completi sulle caratteristiche di espansione termica del materiale. La disponibilità di dati per il coefficiente di espansione termica (CTE) ad elevate temperature diventa quindi una necessità3.

Lo scopo principale di questa ricerca è trovare una possibile correlazione tra le quantità termodinamiche e le proprietà tecnologiche di leghe d’oro in modo da fornire uno strumento pratico per stimare, almeno qualitativamente, il comportamento metallurgico delle leghe dalla sola considerazione della composizione di partenza. Questo utile strumento di previsione può portare un rimarchevole risparmio di tempo nella scelta e nella caratterizzazione delle leghe, riducendo o evitando lunghe e costose prove meccaniche e di fusione. Tra le svariate proprietà che influenzano il comportamento tecnologico delle leghe auree possiamo elencare l’intervallo di fusione, le trasformazioni allo stato solido, la variazione di densità in solidificazione e in raffreddamento, l’aggiunta di indurenti e la dimensione del grano.

PROCEDURA SPERIMENTALE  Le leghe metalliche impiegate per questa ricerca sono state realizzate con elementi di elevata purezza (99.99 p.%) e preparate mediante una doppia fusione per assicurare una migliore omogeneizzazione delle materie prime, la cui purezza originale è controllata mediante spettroscopia al plasma (ICP) e fluorescenza ai raggi x a dispersione di lunghezza d’onda (WDXRF). La preparazione delle leghe prevede un’alligazione primaria in atmosfera protetta da argon, poi una laminazione per migliorare ulteriormente la loro omogeneità allo stato solido e quindi la fusione finale in una staffa di ghisa per ottenere la coppia di campioni dilatometrici oppure la microfusione negli stampi refrattari tradizionali per le prove di riempimento, entrambe sempre in atmosfera protetta (Figura 1).La realizzazione dei campioni per la dilatometria (Netzsch DIL 402 Supreme Espedis®) e l’analisi calorimetrica differenziale (Netzsch DSC Jupiter® STA 449) è stata effettuata fondendo le graniglia in atmosfera protetta da argon in una staffa di ghisa opportunamente creata per la formatura simultanea di due cilindri in lega preziosa (Figura 2). Questi cilindri adeguatamente rettificati e lucidati sono la coppia dei campioni analitici per le misure dilatometriche. Il volume totale della forma interna alla

Figura 1 Diagramma di flusso generale delle operazioni di ricerca

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staffa in ghisa è di circa 10 cm3, il quale permette di realizzare una adeguata materozza capace di assorbire il ritiro della massa metallica e dei cilindri di lega compatta, esenti da pericolose porosità. I cilindri dilatometrici misurano in diametro 6,34 ± 0,10 mm e in altezza 12,00 ± 0,50 mm. Le due facce del cilindro devono essere il più complanari possibili, con una discrepanza massima ammissibile di 0,10 mm.

Le misure dilatometriche sono state effettuate in atmosfera protetta di argon (99.999%) e le leghe sono state ulteriormente protette tramite l’uso di un sistema di intrappolamento dell’ossigeno (OTS®) per l’assorbimento dell’ossigeno residuo nella camera di riscaldamento. La presenza di ossigeno residuo rappresenta una possibile criticità perché l’ossidazione dei campioni può causare risultati spurii ed interpretazioni errate. Il sistema OTS permette l’effettiva riduzione della pressione parziale di ossigeno in prossimità del campione tramite l’utilizzo di un supporto ceramico. L’ossigeno rimanente dopo l’evacuazione della camera di misura è così quasi interamente eliminato (O2 residuo vol.% < 1ppm). I cilindri metallici sono inseriti in una capsula di grafite sinterizzata munita di pistoni scorrevoli per acconsentire le variazioni di volume della lega ed impedire la fuoriuscita del materiale fuso nella camera riscaldante in allumina. L’intervallo di misura esaminato va da temperatura ambiente fino a 1200°C. La velocità di scansione utilizzata è stata di 10°C/min fino a 600°C e di 5°C/min a temperature maggiori. Per l’intervallo di temperature utilizzato il dilatometro è stato quindi impegnato per valutare il coefficiente di espansione termica (CTE) di metalli e leghe sia allo stato solido, che liquido, che nello stato bifasico. L’espansione di ogni materiale con la temperatura può essere quantificata in termini di incremento lineare di dimensione, come ad esempio della lunghezza del campione. La definizione più semplice del coefficiente di espansione lineare di un materiale è rappresentata dal rapporto tra l’incremento relativo in lunghezza e la variazione di temperatura. La sua unità di misura nel sistema internazionale è K-1, sebbene in ambito tecnologico sia utilizzato il suo equivalente μm/mK, e valori tipici per metalli e leghe sono compresi tra 10 e 30∙10−6 K−1. In generale materiali con temperatura di fusione più elevata presentano coefficienti di espansione termica inferiori. È da sottolineare come il coefficiente di espansione termica sia una proprietà dipendente dalla temperatura e può quindi variare con essa, per cui viene espresso come valore medio (CTEm) all’interno dell’intervallo di temperature esplorate. In questa ricerca è stata misurato il coefficiente di espansione lineare medio di un solido da temperatura ambiente a temperatura di solidus (CTEm(sol)) e dal liquidus a 1200°C (CTEm(liq)). Tuttavia, in alcuni casi, il verificarsi di transizioni di fase causa discontinuità nei valori del coefficiente.3Durante il riscaldamento e la fusione l’incremento volumetrico del materiale spinge il pistone verso il sensore dello strumento, e questo moto relativo viene registrato ed elaborato per ricavare il coefficiente di espansione termica. Per ottenere una elevata precisione nei valori di espansione volumetrica e di cambiamento di densità del materiale in analisi nell’intervallo di fusione e oltre la temperatura di liquidus è necessario considerare anche l’espansione del contenitore attraverso una calibrazione preliminare eseguita senza campione. L’errore sulla misura di densità alla temperatura di liquidus è in genere minore dell’1% rispetto ai valori di letteratura.4 Allo stesso modo, i valori ricavati da due campioni diversi dello stesso materiale, allo stato liquido, divergono di meno dell’1%. La variazione assoluta di densità nell’intervallo di fusione (Δdsol-liq)

Figura 2 Cilindri dilatometrici as cast e cilindri lucidati pronti per la misura

Figura 3 Struttura dell’albero di colata per le prove di riempimento

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è il parametro che può influenzare maggiormente la capacità di riempimento e la formazione di porosità all’interno degli oggetti microfusi.Per la misura del grado di riempimento della lega preziosa in microfusione sono stati utilizzati dei modelli in cera identici a forma a rete5,6, ricavati da un unico stampo in gomma ed aventi una trama quadrata di 1.80x1.80 mm ed uno spessore di 0.80 mm (Figura 3). La verifica dell’uniformità e della conformità composizionale è stata effettuata sugli alimentatori di colata nella testa e nella coda dell’albero. Gli alberi in cera per la verifica del grado di riempimento delle forme sono costituiti da tre livelli di provini distanti 23 mm, ciascun livello con tre pezzi disposti secondo una simmetria trigonale e inclinati verso la testa della struttura di 15° (Figura 3). Questa configurazione è stata scelta basandosi sulla letteratura7 e su esperienze precedenti con questa forma, che hanno dimostrato un alto grado di riproducibilità.

I test di fusione sono stati eseguiti con una macchina programmabile, in modo da limitare il numero di parametri che, a causa di fluttuazioni casuali o di incertezze di misurazione, possono influenzare in modo non controllabile i pezzi fusi. Per esempio, nella maggior parte delle prove è stata utilizzata solo la gravità, senza l’applicazione di pressioni aggiuntive in seguito allo svuotamento del crogiolo, per evitare l’effetto che variazioni nel momento di applicazione della pressione possono avere sul riempimento e la solidificazione delle reti. Inoltre, aumentare la pressione può favorire rotture del rivestimento che sono in seguito riempite dal metallo, provocando bave nel reticolo.Una delle prove più interessanti consiste nello studio della relazione tra le temperature caratteristiche di fusione di una lega metallica ed il grado di riempimento delle forme negli stampi refrattari. Questi test hanno evidenziato una correlazione tra la capacità di riempimento ed il tenore degli elementi in grado di modificare la variazione di densità nell’intervallo di fusione. Parametri addizionali della lega, come la viscosità e l’angolo di contatto allo stato liquido con il refrattario, potranno essere argomento di una futura attività di ricerca atta a migliorare ulteriormente la nostra conoscenza sui meccanismi alla base della capacità di riempimento. L’analisi termica è stata eseguita seguendo lo standard ASTM E793 con una velocità di 5°C/min e campioni di circa 20 mg in atmosfera protettiva di argon e l’utilizzo di sistema di intrappolamento dell’ossigeno (OTS®). Le misure di calore specifico sono state eseguite con una velocità di 20°C/min nelle stesse condizioni protettive e campioni più massivi (85 mg) per aumentare la sensibilità dell’analisi. Il calcolo del calore specifico è stato effettuato tramite il metodo dei rapporti, utilizzando un disco di zaffiro puro (85 mg) come materiale di riferimento. In ogni caso, tutte le misurazioni sperimentali (DIL, DSC, CTE) effettuate utilizzando materiali as-cast possono differire nel risultato da prove effettuate utilizzando campioni ricotti.

RISULTATI E DISCUSSIONEDilatometria 

La dilatometria è una tecnica in grado di restituire informazioni sia qualitative che quantitative sulle variazioni dimensionali di un materiale in funzione della temperatura. I parametri tipicamente usati in questo ambito tecnologico sono i coefficienti di espansione termica lineare e volumetrico e la variazione di

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densità sia allo stato solido che allo stato liquido. Queste caratteristiche sono estremamente importanti nella realizzazione di gioielli per stimare possibili stress meccanici, porosità da ritiro in fase di solidificazione e variazioni dimensionali durante il raffreddamento. Le analisi sono state mirate alla determinazione del coefficiente di espansione termica lineare medio (CTEm) nello stato solido, alla variazione relativa di volume (ΔV/V0) durante la solidificazione e alla variazione di densità in fase liquida.

Le variazioni di densità e volume di una lega ad alta temperatura durante la transizione tra stato liquido e solido sono evidenti dal ritiro che caratterizza ogni metallo puro o lega d’oro. Questo fenomeno può altresì influire sulla colabilità e, di conseguenza, sul grado di riempimento delle forme nello stampo refrattario, mentre le variazioni dimensionali allo stato solido durante il raffreddamento possono causare deformazioni nei gioielli assemblati e creare fratture nelle aree più deboli. D’altra parte, variazioni dimensionali che si verificano nell’intervallo di fusione possono influire sul grado di riempimento di una lega. Infatti, se il materiale tende a contrarre molto durante il processo di solidificazione per effetto dell’ordinamento cristallino, allora tende a produrre dei grani più densi, quindi meno voluminosi del liquido circostante favorendo il riempimento delle forme. Ad esempio, un semplice anello con incassatura può essere riempito meglio dalla lega liquida se i nuclei durante la cristallizzazione sono più densi rispetto al liquido originario permettendo ai canali di rimanere aperti al passaggio della massa fusa (Figura 4). Questo fenomeno è differente rispetto a quanto accade in presenza di affinatori di grano. Dai risultati ottenuti infatti sembra che gli affinatori di grano riducano solamente le dimensioni dei nuclei cristallini e ne aumentino il numero senza renderli significativamente più densi, per cui la capacità di riempimento può non essere aumentata in modo rilevante. Inoltre, il numero più elevato di piccoli nuclei può aumentare la velocità di solidificazione della massa fusa, motivo per cui la capacità di riempimento rimane simile a quella della lega senza affinatori e con grano cristallino più grande, con l’unico possibile vantaggio di un miglioramento nella risoluzione della fusione nei piccoli dettagli di un pezzo già riempito dal metallo.

Al contrario, se una lega durante la solidificazione tende ad espandere e a diminuire la sua densità, i nuclei cristallini saranno più voluminosi del liquido circostante ostacolando il flusso della massa metallica all’interno delle forme (Figura 4). Il ritiro dimensionale di una lega può essere comunque modulato da diversi fattori quali l’aggiunta di additivi, la conformazione degli alimentatori di colata e le condizioni di processo.

In genere, gli elementi metallici che hanno una struttura atomica compatta allo stato solido durante il processo di fusione tendono a perdere la regolarità cristallina per effetto dell’agitazione termica con conseguente aumento della distanza media degli atomi, causando una diminuzione della densità allo stato fuso. D’altra parte, elementi semimetallici usati in gioielleria come il silicio e il germanio, e metalli come il gallio sviluppano una struttura più aperta durante la solidificazione grazie ai legami covalenti tra i loro atomi, caratterizzati da direzioni preferenziali. In genere questi elementi non solo presentano una densità più elevata allo stato liquido (dliq) rispetto allo stato solido (dsol), ma hanno un comportamento più metallico nella loro condizione liquida (Tabella 1).

Figura 4 Elevato riempimento per formazione di cristalli più densi (in alto) in confronto a cristalli meno densi (in basso)

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Tabella 1. Densità a temperatura ambiente e al punto di fusione di elementi usati in gioielleria con i coefficienti di espansione termica lineare9,10,11

Elemento dRT[g.cm-3]

dmLIQ[g.cm-3]

CTEa[10-6 K-1]

Au 19.30 17.31 14.2

Ag 10.49 9.30 19.0

Cu 8.93 7.94 16.5

Pd 12.02 10.38 11.8

Ni 8.90 7.81 13.3

Si 2.33 2.57 2.6

Ge 5.32 5.60 6.0

Ga 5.91 6.09 21.5

Una analisi dilatometrica tipica può dare accesso diretto a dati importanti come il coefficiente di espansione lineare (CTEm), la variazione percentuale di volume (ΔV/V0(%)) e la variazione di densità in funzione dello stato fisico, come esemplificato nel caso di una lega di oro bianco al nichel 18K (Figura 5). In generale, le leghe d’oro presentano un andamento lineare della variazione di densità tra i 400°C e la temperatura di solidus, accompagnata da una corrispondente variazione lineare nel volume. Il comportamento lineare è interrotto dal brusco calo di densità e al rapido incremento di volume alla temperatura di solidus attorno ai 910°C, il punto di inizio della fusione. All’interno dell’intervallo di fusione questi parametri variano abbastanza linearmente fino alla temperatura di liquidus, dove avviene un altro brusco cambiamento dovuto al completamento della fusione. Al punto di liquidus la densità è diminuita di circa il 7,7% rispetto al valore a temperatura ambiente, mentre il volume è aumentato di circa l’8,4 %.

La lega allo stato fuso si comporta in modo analogo al solido con, di nuovo, modeste riduzioni di densità e aumento del volume relativo. A temperature inferiori ai 400°C la densità e il volume relativo possono presentare deviazioni dalla linearità a causa della transizione ordine/disordine che può portare ad un significativo aumento di densità temporaneo, specialmente nel caso di leghe d’oro rosso 18 K. I tre elementi metallici principali che costituiscono la maggior parte delle matrici preziose in uso nella gioielleria sono l’oro (Au), l’argento (Ag) ed il rame (Cu), ciascuno con un diverso comportamento volumetrico durante il riscaldamento e la fusione. Tre altri metalli comunemente utilizzati in leghe commerciali per gioielleria, il nickel (Ni), il palladio (Pd) e lo zinco (Zn) sono stati anch’essi inclusi in questo studio.Gli esperimenti sono cominciati con la dilatometria dei tre elementi principali e dei tre tipici elementi alliganti per comprendere il loro comportamento volumetrico in seguito a riscaldamento. L’influenza di piccole aggiunte di argento, zinco e dei metalloidi germanio (Ge) e silicio (Si) è stata poi valutata in una matrice Au-Cu a 18 K. Le dilatometrie sono state infine concluse con lo studio di alcune leghe simili a quelle disponibili sul mercato. La densità dei metalli principali Au, Ag e Cu in funzione della temperatura (Figura 6) mostra una lenta e costante diminuzione allo stato solido ed una brusca discesa al punto di fusione, specialmente per l’oro e per l’argento (Tabella 2). Nel caso dell’oro puro allo stato liquido, la struttura è ben conosciuta. Studi di diffrattometria a raggi X sulla fase liquida hanno rilevato come l’oro, insieme ad altri metalli, possa essere classificato

Figura 5 Dilatometria integrata con calorimetria a scansione differenziale di una lega d’oro bianco al nichel 18K

Figura 6 Densità dell’oro, argento e rame puri in funzione della temperatura

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come avente una struttura vicina all’impacchettamento compatto di atomi sferici8. Secondo questo modello, il liquido è essenzialmente la versione disordinata della struttura cristallina del metallo solido, anch’esso ad impacchettamento cubico compatto a facce centrate (FCC). Questo disordine, o assenza di ordine a lungo raggio, nel liquido comporta un cambiamento di densità. Comparando le densità della fase liquida e solida dell’oro al punto di solidificazione (1064°C) il valore più elevato del solido (18,3 g/cm3) rispetto al liquido (17.3 g/cm3) evidenzia che l’oro, come tipicamente i metalli, si contrae durante la solidificazione. La percentuale di variazione volumetrica dell’oro puro in seguito al passaggio allo stato solido è del 5.1%.8

Tabella 2 Variazione di densità nell’intorno del punto di fusione per alcuni elementi puri usati in oreficeria8

ELEMENTO dRT[g.cm-3]

∆d%RT-sol[g.cm-3]

∆d%sol-liq[g.cm-3]

∆d%RT-liq[g.cm-3]

Au 19.32 5.11 5.26 10.37

Ag 10.49 6.11 5.08 11.19

Cu 8.93 6.57 4.30 10.87

Ni 8.90 5.45 6.80 12.25

Zn 7.13 3.35 4.50 7.85

Pd 12.02 5.20 8.44 13.64

In altre parole, la variazione di densità sperimentale allo stato solido (ΔdRT-sol = 0,987 g/cm3) è praticamente uguale a quella a seguito della fusione (Δdsol-liq = 1,015 g/cm3), per una variazione assoluta complessiva di ΔdRT-liq = 2,002 g/cm3, pari a circa il 10% della densità a temperatura ambiente. Nel caso dell’argento e rame puri, la variazione di densità allo stato solido è invece maggiore nel suo complesso di quella al punto di fusione (Tabella 3), differendo quindi dal caso dell’oro.

Tabella 3. Variazione di densità al punto di fusione per alcuni elementi puri utilizzati in gioielleria8

ELEMENTOTm

[°C]rcovalente

[pm]dRT

[g.cm-3]CTEa(sol-liq)[10-6 K-1]

dsol[g.cm-3]

dliq[g.cm-3]

∆dRT-sol[g.cm-3]

∆dsol-liq[g.cm-3]

∆dRT-liq[g.cm-3]

Au 1064.4 136 19.32 17.25 – 64.73 18.313 17.298 0.987 1.015 2.002

Ag 961.9 145 10.49 23.16 – 94.15 9.849 9.316 0.641 0.533 1.174

Cu 1084.9 132 8.93 20.98 – 80.08 8.341 7.957 0.589 0.384 0.973

Ni 1453.0 124 8.90 13.30 – n.d. 8.415 7.810 0.485 0.605 1.090

Zn 420.0 122 7.13 39.70 – n.d. 6.891 6.570 0.239 0.321 0.560

Pd 1552.0 139 12.02 11.76 – n.d. 11.395 10.380 0.625 1.015 1.640

Le variazioni di densità relative a nichel, zinco e palladio sono state ricavate indirettamente e non misurate con il dilatometro per evitare possibili reazioni con il crogiolo (grafite) per Ni e Pd, e per l’elevata tensione di vapore allo stato liquido dello zinco. La densità del liquido al punto di fusione è un valore che può essere trovato in letteratura mentre la densità della lega appena prima della fusione può essere calcolata utilizzando il coefficiente di espansione termica medio. Utilizzando questi parametri, è possibile stimare la densità approssimativa della lega nell’istante successivo alla fusione.

Il coefficiente di dilatazione termica medio più alto allo stato solido (CTEm) appartiene all’argento, il quale ha una maggiore

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tendenza ad espandere le sue dimensioni sia allo stato solido, sia allo stato liquido rispetto ad Au e Cu alle stesse condizioni. L’oro, invece, ha fornito la maggiore stabilità dimensionale nelle medesime condizioni.

Le leghe di questi tre elementi mostrano già una riduzione sostanziale di questa variazione di densità (Tabella 4, 5 e 6) rispetto all’oro puro. Questo fenomeno può essere attribuito, almeno in parte, al mescolamento a livello atomico con il rame, un elemento con una variazione di densità decisamente inferiore (Tabella 2 e 3). L’elevata solubilità allo stato solido del Cu nelle leghe d’oro è possibile grazie al notevole grado di sostituibilità tra questi elementi grazie alla loro dimensione atomica simile ed una struttura cristallografica identica, essendo entrambi cubici a facce centrate (FCC).

Tabella 4 Composizioni utilizzate per la determinazione delle derivate parziali dei singoli additivi

LEGA Au[p.%– at.%]

Cu[p.%– at.%]

Ag[p.%– at.%]

Zn[p.%– at.%]

Ge[p.%– at.%]

Si[p.%– at.%]

A 100.0–100.0

B 75.00–49.18 25.00–50.82

C 75.00–49.21 23.99–48.79 1.01–2.00

D 75.00–49.33 23.89–48.68 1.12–2 .00

E 75.00–49.05 24.89–50.45 0.109–0.500

F 75.00–49.87 23.35 – 48.13 1.65–2.00

G 75.00–49.35 22.87–46.65 1.01–2.00 1.12–2.00

H 75.00–49.21 22.76–46.28 1.01–2.00 1.12–2.00 0.11–0.50

TTabella.5 Intervalli di fusione, coefficienti di espansione termica e variazione media di densità di leghe 18K sperimentali

LEGA TIPO dRT[g.cm-3]

CTEa(sol-liq)[10-6 K-1]

dsol[g.cm-3]

dliq[g.cm-3]

∆dRT-sol[g.cm-3]

∆dsol-liq[g.cm-3]

∆dRT-liq[g.cm-3]

A Au 19.32 17.25 –64.73 18.313 17.298 0.987 1.015 2.002

B AuCu 51 at.% 14.69 20.87 – 72.17 13.974 13.711 0.716 0.263 0.979

CAuCu

Zn 2 at.% 14.75 20.27 – 72.15 14.055 13.711 0.694 0.344 1.038

D AuCuGe 2 at.% 14.60 19.56 – 71.87 14.019 13.279 0.581 0.741 1.322

E AuCuSi 0.5 at.% 14.71 19.59– 74.64 14.063 13.160 0.647 0.903 1.550

F AuCuAg 2.0 at.% 14.81 20.04 – 72.78 14.114 13.671 0.696 0.443 1.139

GAuCu

Zn 2.0 at.%Ge 2.0 at.%

14.68 19.52 – 71.23 14.116 13.393 0.564 0.723 1.287

HAuCu

ZnGe2at.%Si 0,5%at

14.64 19.68 – 73.85 14.093 13.215 0.547 0.878 1.425

Tabella. 6 Variazione percentuale di densità di leghe sperimentali rispetto alla temperatura ambiente

LEGA dRT[g.cm-3]

∆d%RT-sol[g.cm-3]

∆d%sol-liq[g.cm-3]

∆d%RT-liq[g.cm-3]

Au 19.32 5.11 5.26 10.37

B 14.69 4.87 1.79 6.66

C 14.75 4.71 2.33 7.04

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D 14.60 3.98 5.07 9.05

E 14.71 4.40 6.14 10.54

F 14.81 4.70 3.00 7.69

G 14.68 3.84 4.93 8.77

H 14.64 3.84 6.00 9.84

Le leghe sperimentali sono state ricavate tramite l’addizione all’oro puro di rame (B) e di un singolo elemento modificante in una delle carature più comunemente usate (C-F, Au 18K) per studiare in modo sistematico l’effetto di ciascun elemento sulla capacità di riempimento e sulla variazione di densità nell’intervallo di fusione. Le composizioni sono state ottenute tramite l’aggiunta del 2% atomico degli elementi più solubili, Ag (F), Zn (C), Ge (D), e l’aggiunta dello 0,50% atomico nel caso dell’elemento meno solubile, Si (E), e alcune delle loro combinazioni (G-H).

La semplice matrice binaria (B) presenta una variazione di densità nell’intervallo di fusione distintamente inferiore (Δdsol-liq = 0,263 g/cm3) rispetto alla variazione registrata con il rame (Δdsol-liq = 0,384 g/cm3), che è l’elemento puro con il valore più basso. Questo fenomeno può essere dovuto ad una significativa distorsione del reticolo causata dalla presenza del rame ad alte temperature; la sua densità alla temperatura di solidus è infatti più bassa rispetto a quello di altre leghe sperimentali (dsol =13,974 g/cm3). La lega ternaria con il 2 % atomico di Ge (D) o con lo 0,5% atomico di Si (E) presentano la maggior variazione di densità durante la fusione, rispettivamente 0.741 g/cm3 e 0.903 g/cm3, seguite dalle leghe contenenti 2 % atomico di Ag (F) (0.443 g/cm3) e 2% atomico di Zn (C) (0.344 g/cm3). L’aggiunta di Si causa la maggior variazione in assoluto della densità rispetto allo stato liquido, sebbene la sua frazione atomica sia quattro volte inferiore. Le variazioni di densità da temperatura ambiente fino allo stato liquido seguono lo stesso andamento osservato all’interno dell’intervallo di fusione (Figura 7), mentre allo stato solido tutte le leghe hanno comportamenti simili.

Nelle leghe quaternarie e quinarie analizzate la variazione di densità all’interno dell’intervallo di fusione è mediamente più alta, pari a 0.723 g/cm3 per il la lega contenente Ge e Zn ed a 0.872 g/cm3 per la lega con Zn, Ge e Si. Questo comportamento rivela la possibile interazione tra questi elementi e l’effetto cumulativo in funzione della natura dei loro legami e della loro frazione atomica. È interessante notare come in presenza di Ge e Si i cambiamenti di densità all’interno dell’intervallo di fusione siano sempre maggiori di quelli registrati allo stato solido, contrariamente a quanto accade con le altre leghe (Figura 8).

Nelle curve dilatometriche è evidente lo spostamento della transizione ordine-disordine rispetto alla matrice oro-rame (Figura. 9). La presenza di Ge o Si (leghe D, E, G e H) sembra abbassare l’inizio della trasformazione di circa 80°C, mentre Ag e Zn hanno un effetto trascurabile. La transizione ordine-disordine consiste nella formazione o distruzione di fasi intermetalliche aventi una struttura più regolare e compatta (AuCu). Per questo, nell’intervallo di temperature in cui queste fasi si formano (230–410°C), avviene un temporaneo incremento di densità. A temperature più elevate questi composti intermetallici non sono più stabili e si dissolvono nella struttura della matrice metallica, causando il ritorno del comportamento lineare fino all’inizio della fusione.

Figura 7 Variazioni di densità parziali (Δd) e totale di alcuni elementi per oreficeria

Figura 8 variazione di densità di leghe sperimentali 18 K in funzione del loro stato

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Nelle curve dilatometriche è evidente lo spostamento della transizione ordine-disordine rispetto alla matrice oro-rame (Figura. 9). La presenza di Ge o Si (leghe D, E, G e H) sembra abbassare l’inizio della trasformazione di circa 80°C, mentre Ag e Zn hanno un effetto trascurabile. La transizione ordine-disordine consiste nella formazione o distruzione di fasi intermetalliche aventi una struttura più regolare e compatta (AuCu). Per questo, nell’intervallo di temperature in cui queste fasi si formano (230–410°C), avviene un temporaneo incremento di densità. A temperature più elevate questi composti intermetallici non sono più stabili e si dissolvono nella struttura della matrice metallica, causando il ritorno del comportamento lineare fino all’inizio della fusione.

Tabella 7 Composizioni ponderali ed atomiche delle leghe commerciali nei vari titoli

LEGAAu

[p.%][at.%]

Cu[p.%][at.%]

Ag[p.%][at.%]

Ni[p.%][at.%]

Pd[p.%][at.%]

Zn[p.%][at.%]

Deox Affinatore Altri

I 87.5070.93

10.1225.43

2.253.33

0.130.32 √

J 75.0054.55

12.7515.61

11.7528.75

0.501.10 √

K 75.0050.25

21.7545.17

2.503.06

0.751.51 √

L 75.0048.67

14.0028.16

7.5016.33

3.506.84 √ √

M 75.0055.99

9.8522.98

13.0718.06 √ Ga, In

N 58.5032.95

33.6058.66

7.507.71

0.400.68 √

O 58.5033.23

27.0047.55

8.308.61

6.2010.61 √

P 58.5032.47

34.8059.86

5.205.27

0.500.84 √ √ Ga

Q 41.7019.95

47.2070.01

10.509.17

0.600.86 √

Tabella 8 Intervallo di fusione, coefficiente di espansione termica medio e variazione media di densità in funzione dello stato fisico

LEGA TIPO ∆Tsol-liq[°C]

dRT[g.cm-3]

CTEa(sol-liq)[10-6 K-1]

dsol[g.cm-3]

dliq[g.cm-3]

∆dRT-sol[g.cm-3]

∆dsol-liq[g.cm-3]

∆dRT-liq[g.cm-3]

I RG 21KT 920-940 16.77 18.28–70.17 15.988 15.452 0.782 0.536 0.536

J YG 18KT 876-885 15.25 19.47–76.10 14.525 13.945 0.725 0.580 0.580

K RG 18KT 891-899 14.84 19.26–74.37 14.145 13.657 0.695 0.488 0.488

L WG 18KT 909-939 14.63 18.94–76.90 13.935 13.503 0.695 0.432 0.432

M WG 18KT 1009-1079 15.76 16.20–66.68 15.041 14.514 0.719 0.527 0.527

N RG 14KT 867-902 13.07 18.46–78.10 12.434 12.033 0.636 0.401 0.401

O YG 14KT 824-865 12.94 19.87–70.31 12.358 12.041 0.612 0.317 0.317

P RG 14KT 856-905 12.95 19.74–77.43 12.348 11.966 0.602 0.382 0.382

Q RG 10KT 838-922 11.64 22.07–78.75 11.049 10.609 0.591 0.440 0.440

Tabella 9 Variazione percentuale di densità di leghe commerciali rispetto alla temperatura ambiente

LEGA dRT[g.cm-3]

∆d%RT-sol[g.cm-3]

∆d%sol-liq[g.cm-3]

∆d%RT-liq[g.cm-3]

I 16,77 4,663 3,196 7,859

J 15,25 4,754 3,803 8,557

K 14,84 4,683 3,288 7,972

L 14,63 4,751 2,953 7,703

M 15,76 4,562 3,344 7,906

Figura 9 Densità in funzione della temperatura delle leghe ternarie sperimentali (18k) rispetto alla matrice (B)

Figura 10 Variazione di densità di alcune leghe commerciali in funzione del loro stato fisico

Figura. 11 Variazione di densità totale in funzione della temperatura e del titolo di oro per leghe commerciali

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N 13,07 4,866 3,068 7,934

O 12,94 4,497 2,450 7,179

P 12,95 4,649 2,950 6,510

Q 11,64 5,077 3,780 8,857

Nonostante la percentuale ponderale di oro sia notevolmente più elevata se comparata agli altri elementi per la maggiore densità di questo elemento (19.32 g/cm3), la sua concentrazione atomica, che determina il comportamento reale della lega, è significativamente più bassa e praticamente uguale alla concentrazione atomica del rame (Tabella 7). La lega d’oro bianco al palladio (M) ha indice di ritiro medio molto simile alla lega rossa (K) (Figura10).

Le leghe d’oro rosso 14K (N-P) hanno mostrato una variazione generale delle densità mediamente più bassa (ΔdRT-liq = 0,99 g/cm3) rispetto alle leghe con titolo aureo 750‰ (Figura 10), nonostante la loro densità di partenza sia più bassa. Questa minore variazione di densità complessiva è dovuta alla minore variazione media di densità allo stato solido (ΔdRT-sol = 0,62 g/cm3) ed alla minore variazione media nell’intervallo di fusione (Δdsol-liq = 0,37 g/cm3). La minore variazione di densità rispetto alle leghe a titolo più alto (18k) può implicare dei vantaggi in termini di minore variazione volumetrica per alcuni manufatti, una minore porosità da ritiro ed una riduzione degli sforzi interni residui a seguito della solidificazione e della compressione delle pietre incassate nei modelli in cera, le quali saranno meno soggette a rotture. Minori variazioni dimensionali tra la fase liquida e quella solida possono permettere quindi di ottenere una corrispondenza più diretta tra il progetto del gioiello ed il risultato della produzione, oltre che garantire una maggiore velocità di produzione e una maggiore robustezza dei gioielli finiti. La condizione ideale sarebbe una densità inalterata tra lo stato liquido e quello solido.

Inoltre, l’analisi dilatometrica di una lega 14k dotata di un elemento espansivo come il gallio, la cui densità allo stato liquido è più elevata di quella allo stato solido (P), e della sua omologa che ne è priva (P*) ha messo in luce la reale azione di questi additivi. La lega priva di gallio presenta una variazione di densità nell’intervallo di fusione circa 20 % maggiore rispetto alla lega con il gallio. Le variazioni allo stato solido sono pressoché identiche (Tabella 10).

Tabella 10 Intervallo di fusione, coefficiente dilatazione medio e variazione di densità di una lega 14k con e senza gallio

LEGA TIPO ∆Tsol-liq[°C]

dRT[g.cm-3]

CTEa(sol-liq)[10-6 K-1]

dsol[g.cm-3]

dliq[g.cm-3]

∆dRT-sol[g.cm-3]

∆dsol-liq[g.cm-3]

∆dRT-liq[g.cm-3]

P RG 14KT 856–905 12.95 19.36 – 77.53 12.348 11.966 0.602 0.382 0.984

P* RG 14KT 876–914 12.97 19.34 – 75.33 12.367 11.907 0.603 0.460 1.063

Una lega classica a titolo aureo ancora più basso (Q) ha evidenziato nuovamente una variazione complessiva di densità significativamente più alta (ΔdRT-liq = 1,03 g/cm3), molto simile a quella di leghe con titolo aureo molto alto (I), che presentano una variazione di densità pari a 1.32 g cm3 (Figura 11).

La lega d’oro (Q) a bassa caratura (10k) ha mostrato un incremento della variazione di densità nell’intervallo di fusione (Δdsol-liq = 0,44 g/cm3) rispetto alle leghe in 14K (Δdsol-liq = 0,40 g/cm3), no-nostante il maggiore contenuto in rame. Questo

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è in contrasto con il concetto per cui la variazione di densità dell’elemento maggioritario (Cu) tra la fase liquida e solida può spiegare la minore variazione di densità delle leghe d’oro a 14K rispetto a 18K.

Una possibile spiegazione per il cambiamento più elevato di densità nell’intervallo di fusione per la lega a bassa caratura (Q) è che questa presenta un intervallo di fusione più ampio rispetto alla lega a 14K (N). In pratica, siccome la lega meno nobile inizia a solidificare 20 °C prima e completa la solidificazione 30 °C dopo la lega (N), il materiale ha maggiori occasioni per cambiare la propria densità. Questo comportamento della lega a bassa caratura (Q) è controbilanciato dalla temperatura di solidificazione più vicina alla temperatura ambiente per cui la variazione di densità durante il completo raffreddamento è minore. Allo stato solido, comunque, si verifica il fenomeno opposto. Il cam-biamento di densità è più alto per la lega con caratura maggiore e la variazione totale di densità è identica per le due leghe.

Il coefficiente di dilatazione termica medio (CTEm) degli ori 18k è simile a quello del rame puro, eccetto per le leghe di oro bianco ad elevato tenore di palladio (M), per le quali questo coefficiente è molto prossimo a quello dell’oro puro. Infatti, il palladio puro ha una espansione termica quasi uguale a quella dell’oro puro. Questo significa che gli articoli in oro bianco ad elevato palladio tendono a preservare di più la loro geometria se sottoposti a riscaldamento. Inoltre, queste leghe sono meno propense a cambiare di densità. Se il ritiro complessivo della massa fusa è l’unico parametro considerato, è meno deleterio surriscaldare di più un oro bianco al palladio che uno giallo per migliorare il riempimento di canali sottili. In ogni caso, la temperatura più elevata aumenta il rischio di decomposizione termica dello stampo.

Un risultato interessante è emerso dal fatto che il coefficiente di espansione termica di una lega CTEmlega sembra essere una combinazione lineare dei coefficienti di espansione termica degli elementi costituenti, pesata secondo le loro frazioni atomiche (Tabella 11). In pratica è possibile predire quale sia il coefficiente di espansione termica di una lega qualsiasi CTEm(lega) a partire dalla sua composizione atomica (xi) e dai coefficienti di espansione termica degli elementi puri CTEm(i) con un errore minore del 10% (eqn. 1). La conoscenza del coefficiente di espansione termica medio è un fattore molto importante soprattutto nelle operazioni di saldatura, poiché permette di stimare lo sforzo a cui è soggetta la lega saldante dopo la giunzione, soprattutto nei bassi titoli dove possono essere innescati dei processi di tensocorrosione e di rottura.

(Eqn. 1)

Tabella 11 Coefficienti di espansione termica di leghe d’oro sperimentali e calcolati.

LEGA CTEa(sol-liq)[10-6 K-1]

CTEa(teor.)[10-6 K-1]

Ɛr [%]

I 18.28 18.46 1.01

J 19.47 19.78 1.58

K 19.26 19.45 1.00

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L 18.94 19.17 1.20

M 16.20 17.31 6.86

N 18.46 20.04 8.54

O 19.87 21.92 10.3

P 19.74 20.01 1.38

Q 22.07 20.58 6.76

Form-FillingLa colabilità di una lega preziosa è stata studiata non solo in funzione delle variazioni di densità dallo stato solido allo stato liquido, ma anche in rapporto alle sue temperature caratteristiche che ne determinano l’intervallo di fusione. In passato sono state effettuate delle ricerche volte ad esprimere analiticamente l’effetto della temperatura di colata (TC), della temperatura di solidus (TS) e della temperatura dello stampo (TM) sul riempimento indiretto delle forme (CV,t) negli stampi. Per tenere conto della diversità di una data lega rispetto ad un’altra, nelle equazioni sono state impiegate due costanti (a, b), specifiche per ogni lega (eqn. 2). Lo studio, comunque, era prevalentemente incentrato sulle leghe per odontoiatria 7. D’altra parte, questa ricerca è un primo tentativo di fornire agli operatori del settore orafo uno strumento più pratico e diretto capace di stimare, almeno qualitativamente, l’indice di colabilità di una data lega a partire solamente dal tenore degli elementi in grado di modificare in modo sostanziale le densità in funzione dello stato fisico e le temperature caratteristiche di fusione, in particolar modo la temperatura di solidus.

(Eqn. 2)

Per questo studio la temperatura di colata di una lega è stata fissata ad un valore di circa 100°C più alto della sua temperatura di liquidus, in modo da ridurre il numero di variabili del sistema. Questa approssimazione può essere accettabile considerando che nella realtà industriale la temperatura di colata subisce modifiche più lievi rispetto a quanto accade per la temperatura dello stampo. In generale, la temperatura di colata può oscillare di poco intorno al valore medio consigliato (TC = Tliq+100°C), mentre la temperatura degli stampi refrattari può oscillare anche di 100°C rispetto al valore medio suggerito di 650°C. La temperatura degli stampi è principalmente correlata con lo spessore dei pezzi e, nel nostro caso, è stata fissata al suo valore medio di 650°C. La massa metallica per le fusioni è stata tenuta costante a 175 g.

Lo studio è stato effettuato similarmente alla dilatometria, cioè a partire dalla matrice di oro puro (A in Tabella 4), alla quale sono stati aggiunti dapprima singoli elementi alliganti e poi alcune loro combinazioni. La prima aggiunta di rame (51% at.) è necessaria per raggiungere i 18K, ma questo non altera significativamente l’intervallo di fusione. Successivamente sono state aggiunte piccole percentuali di additivi in grado di modificare sostanzialmente l’intervallo di fusione. In questo modo è stato determinato il contributo di ciascun elemento al riempimento e al ritiro dimensionale prima di valutare gli effetti di interazione nelle leghe più complesse, che possono causare deviazioni dalla linearità. Le addizioni degli elementi sono state

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calcolate in percentuale atomica, poiché l’intensità dei loro effetti è legata alla concentrazione dei loro atomi dispersi nella matrice aurea.

In aggiunta, il grado di riempimento è stato studiato anche in funzione del livello di foratura dei cilindri d’acciaio che contengono lo stampo refrattario (Figura 13), poiché la presenza di una inadeguata porosità delle loro pareti laterali ostacola il deflusso dei gas di colata, impedendo il completamento delle forme. In questo modo è possibile discriminare il mancato riempimento dovuto alla scarsa foratura dei cilindri da quello dovuto alle altre variabili fondamentali, quali le temperature caratteristiche di fusione e colata delle leghe, le variazioni di densità durante la solidificazione, oltre a quello dovuto ad altre proprietà al momento non esaminate in questa prima fase di ricerca. A parità di condizioni e di lega metallica, l’uso di un cilindro a maggiore grado di foratura dovrebbe produrre un riempimento (CV) superiore e analogamente a parità di grado di foratura e di parametri di fusione, una lega con un intervallo di fusione più ampio dovrebbe fornire un riempimento maggiore. Il livello di foratura può variare da zero per cilindri con superfici laterali completamente occluse (f = 0,00%) ad un valore massimo ideale per cui ogni foro è tangente agli altri (f = 90,69%). In quest’ultimo caso, tuttavia, la resistenza meccanica del cilindro e la sua durata potrebbero risultare molto bassi, poiché l’esiguo spessore di materiale tra ogni foro, la dilatazione termica ciclica e la brusca contrazione termica in raffreddamento, uniti alla continua ossidazione nel tempo dell’acciaio e alla forza di chiusura delle pinze, ne potrebbero provocare una rapida rottura. In realtà, il valore massimo di foratura può essere stimato in base alla tipica porosità aperta assunta dagli stampi refrattari dopo la cottura, la quale è intorno al 50 %vol.12,13La foratura dei cilindri può essere considerata una forma di porosità e quindi è sufficiente ottenere un livello di foratura corrispondente all’incirca al valore di porosità degli stampi refrattari per evitare che la parete d’acciaio opponga una significativa resistenza al deflusso dei gas di colata. La presenza dei fori laterali in un cilindro assicura una più efficiente rimozione del gas intrappolato all’interno delle cavità dello stampo, migliorando la permeazione dei gas di colata ed evitando l’inconveniente noto nel settore metallurgico con il nome di effetto back-pressure. Questi gas derivano principalmente dal vuoto incompleto della camera di colata, dalla parziale decomposizione del refrattario, dal desorbimento di gas disciolti nella lega metallica in via di solidificazione e dalla permeazione dell’argon proveniente dal crogiolo di fusione.

Per definizione, il livello di foratura massimo ideale può essere considerato equivalente alla porosità degli stampi refrattari. Tuttavia, la porosità in volume e la porosità superficiale del medesimo materiale non sono numericamente uguali e bisogna applicare un fattore di conversione per passare dal parametro volumetrico a quello superficiale. Nell’ipotesi che la porosità sia perfettamente sferica, uniforme ed interconnessa, analogamente alla disposizione degli atomi in una struttura reticolare compatta (Figura 12), la porosità volumetrica massima corrisponde alla frazione in volume occupato dalle cavità sferiche inscritte in un cubo (74.0%), mentre la porosità superficiale massima equivale alla frazione di area occupata da un cerchio inscritto in un quadrato di eguale lato (78.5%). In altri termini, il valore massimo di porosità su una sezione di un solido è più alto numericamente del corrispondente valore di porosità nel suo volume. Nelle condizioni reali, la sezione di un solido non espone tutte le Figura 12 Schema della porosità teorica massima e tipica nello spazio e nel piano

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porosità interne perfettamente tagliate a metà e nemmeno tutte le porosità saranno connesse. Tuttavia, questa considerazione permette di stimare il valore massimo di porosità superficiale che è possibile avere alla superficie di un solido uniformemente poroso, quale il materiale ceramico per microfusione. Il valore massimo di porosità superficiale permette di conseguenza di avere anche il livello di foratura dei cilindri d’acciaio. Nell’ipotesi che la porosità dello stampo ottenuto con un tradizionale ciclo di calcinazione sia circa il 50%vol del materiale refrattario, il livello di foratura della parete dei cilindri deve essere circa il 61% per assicurare la massima capacità teorica di deflusso dei gas di colata.

Il grado di foratura dei cilindri è stato scelto in modo da includere nel gruppo dei cilindri anche quello con permeabilità simile a quella di rivestimento in refrattario dopo calcinazione (Figura 13).

L’area delle aperture causate dalla foratura dei cilindri d’acciaio è funzione del diametro dei fori e della loro struttura (Figura 14). Questa è la ragione per cui è stata scelta una struttura esagonale compatta per lo studio dell’influenza della perforazione del cilindro sulla colabilità di una lega. La simulazione è stata effettuata imponendo una distanza costante di 15 mm tra tutte le forature, un valore medio che è comunemente adoperato nella fabbricazione dei cilindri. La porosità in funzione del diametro dei fori dipende anch’essa da questo parametro.

Il fenomeno della retrocompressione dipende anche dal livello di porosità aperte nello stampo refrattario e non solo dal livello di foratura dei cilindri d’acciaio che lo contengono. In generale, il livello di porosità del refrattario dipende dal rapporto polvere:acqua impiegato durante l’impasto e dal ciclo termico di cottura. Una maggiore porosità aperta dello stampo refrattario comporta una ridotta resistenza all’espulsione dei gas di fusione, una minore opposizione al flusso del metallo fuso e quindi un migliore riempimento delle forme. L’unico metodo per modificare la permeabilità dei gas attraverso le pareti dello stampo, assumendo che le materie prime e le condizioni di processo siano le stesse, consiste nella variazione del grado di foratura dei cilindri.

Tuttavia, il grado di riempimento dei cilindri non dipende soltanto dalla resistenza impressa dalla retrocompressione dei gas di fusione, ma anche dalla composizione della lega, per cui l’utilizzo di certi cilindri a basso livello di foratura può essere compensato impiegando delle leghe ad elevato riempimento delle forme. A volte l’uso di cilindri a bassa foratura oppure addirittura senza fori può risultare vantaggioso per alcune applicazioni, per esempio nelle fusioni con pietre per le quali il raffreddamento deve essere effettuato lentamente in aria e in cui la mancanza di fori ostacola la permeazione inversa di aria verso l’alberino caldo e, di conseguenza, la sua ossidazione. In questi casi, una lega ad elevato grado di riempimento e con temperatura di fusione relativamente più bassa può essere la soluzione corretta.

La selezione dei cilindri per le prove è caduta su cinque tipi di foratura a struttura esagonale. Il diametro scelto per i fori è stato di quattro, otto, dodici e quattordici millimetri, oltre ad un cilindro pieno senza fori (Figura 15). Questi livelli di foratura corrispondono ad una porosità superficiale dei cilindri che spazia dallo 0% a circa l’80% dell’area laterale disponibile.

Figura 13 La serie cilindri a diverso grado di foratura per lo studio della colabilità

Figura 14 Grado di porosità in funzione del diametro dei fori

Figura 15 Strutture esagonali a diverso grado di foratura

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L’indice di colabilità oppure di riempimento diretto (Cv) è determinato dal rapporto in peso della massa totale delle reti metalliche (Figura 16 e 17) e la massa ideale delle reti se fossero state completamente riempite dalla lega fusa. Il peso medio di una singola rete è 0,2213 ± 0.0045 g in cera (dcera = 0.934 g/cm3). Le microfusioni sono state effettuate sia per semplice gravità, sia con l’ausilio della compressione ed aspirazione della massa colata nello stampo, al fine di valutare la differenza dei due metodi. La lega scelta per queste prime prove è un oro rosso 18K (K) (Tliq. = 899°C), colata a 1000°C, lavando con argon la camera di fusione per tre volte ed omogeneizzando la lega fusa per trenta secondi prima della colata. Nella prova assistita dalla pressione, il cilindro è stato posto a -1.0 bar, mentre la lega fusa è stata compressa subito dopo lo svuotamento del crogiolo a +0.5 bar dalla camera di fusione. La temperatura dei cilindri è stata fissata a 650°C.

Nel caso della fusione in gravità, il riempimento dei cilindri è stato pressoché identico (Tabella 12), indipendentemente dal grado di foratura dei cilindri (Figura 16) e pari mediamente a circa il 60% della massa potenzialmente disponibile per le reti complete. Le reti in cima agli alberi tendono ad essere più complete a causa della più alta energia fluido-dinamica della lega fusa, mentre le reti alla base sono sensibilmente meno complete. Il fatto che il livello di foratura non influenzi la colabilità della lega per semplice gravità, significa che l’energia della massa fusa non riesce in queste condizioni a vincere la retrocompressione dei gas di colata e la tensione superficiale della lega liquida.

Tabella 12 Pesi delle reti ottenute per microfusione in gravità della lega (K) in funzione del diametro dei fori del cilindro

POSIZIONE Ø 0 mm[g]

Ø 4 mm[g]

Ø 8 mm[g]

Ø 12 mm[g]

Ø 14 mm[g]

TESTA2.6532.3623.130

2.7182.6332.852

2.8062.7172.874

2.9322.8772.910

2.5502.7782.682

CENTRO2.6502.6772.779

2.6212.8802.683

2.3552.0822.311

2.2082.2012.378

2.7202.2721.874

CODA1.1831.1921.240

1.2081.7101.712

1.3020.7891.052

0.9511.1181.400

1.3751.0641.319

RIEMPIMENTO (%) 62.80 ±7.16 66.44 ±5.81 57.81 ±7.24 59.98 ±7.14 58.90 ±8.05

Tabella 13 Pesi delle reti ottenute per microfusione in vuoto della lega (K) in funzione del diametro dei fori del cilindro

POSIZIONE Ø 0 mm[g]

Ø 4 mm[g]

Ø 8 mm[g]

Ø 12 mm[g]

Ø 14 mm[g]

TESTA3.3423.1093.475

3.2283.2933.345

3.4353.3863.281

3.3213.3793.067

3.2993.2013.147

CENTRO3.0782.8552.882

3.1023.2613.037

3.3803.4323.325

3.2173.2603.114

3.4813.2883.194

CODA2.4042.2742.294

3.0283.0523.278

3.3543.3083.342

3.4093.2393.258

3.2813.3303.177

RIEMPIMENTO (%) 81.28 ±4.60 90.48 ±2.72 95.60 ±2.66 92.51 ±2.73 92.93 ±2.71

Nel caso del cilindro pieno (D = 0,00 mm) e di quello a minore foratura (D = 4,00 mm) è possibile dedurre una relazione empirica (eqn. 3) tra il grado di riempimento per semplice gravità (CV

g) e quello assistito dalla pressione (CVP). L’aspirazione (Pasp =

-1.0 bar) della lega fusa nel cilindro e la sua compressione con il

Figura 16 Aspetto degli alberi colati con lega (k) per semplice gravità e con diametro dei fori crescente.

Figura 17 Microfusioni con pressione delle reti di lega (K) in senso antiorario crescente nei diametri dei fori

Figura 18 Percentuali di riempimento in funzione del diametro dei fori e del tipo di colata

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gas inerte (Pcomp = +0,5 bar) dalla parte del crogiolo agiscono in modo contiguo nella scala dei tempi per una spinta complessiva di 1.5 bar. Infatti, l’aspirazione agisce sempre sin dai primi istanti della colata, mentre la compressione agisce solo al termine di essa, ma entrambe le azioni contribuiscono al riempimento dello stampo. La prima favorisce il completamento delle forme di testa, la seconda permette il completamento delle forme di coda, compensando la perdita complessiva di energia della lega fusa. L’effetto della pressione amplifica in questo caso l’effetto della gravità di circa il 30% (k = 1,33 ± 0,03), ma nel caso delle forature più grandi l’effetto di amplificazione della pressione è molto più elevato (k = 1,54 ± 0,06), sebbene difficile da determinare con accuratezza data la completezza pressoché completa delle reti. Il coefficiente di amplificazione del riempimento (k) non è costante in qualsiasi condizione, ma dipende dai valori delle pressioni impostate sulla macchina.

(Eqn. 3)

Nel caso delle leghe sperimentali, la microfusione dell’oro puro ha mostrato un elevato riempimento (72,56%), più alto della maggior parte delle leghe. L’aggiunta di altri elementi all’oro riduce la capacità di riempimento (Tabella 14). La capacità di riempimento di rame ed argento puri è stata altresì testata, facendo parte questi due elementi, insieme all’oro, della maggior parte delle leghe preziose. L’argento presenta una capacità di riempimento addirittura superiore all’oro, mentre il rame è caratterizzato dal riempimento più basso anche rispetto alle altre leghe. Il rame fuso ha una tensione superficiale più elevata dell’oro che, a sua volta, è più elevata di quella dell’argento. Questo andamento può spiegare i risultati di riempimento osservati per questi metalli.14

Lo scarso riempimento del rame puro potrebbe essere il motivo del basso riempimento della lega binaria oro rame (B, 67,01%). Questo valore sembra in linea con quello attendibile calcolando la variazione complessiva tra oro (A) e rame puri (Tabella 14). La capacità di riempimento più elevata sembra appartenere agli elementi con la più grande variazione di densità durante la solidificazione. Il confronto tra rame ed oro è immediato, perché le loro temperature di fusione sono praticamente identiche. Nel caso dell’argento, è da tenere in considerazione il suo punto di fusione più basso (961°C), quindi più vicino alla temperatura dello stampo (650°C) e, di conseguenza, la velocità di raffreddamento inferiore del materiale. Questo può superare l’effetto della minore variazione di densità al punto di fusione. Inoltre, leghe a matrice oro-rame (18K) con aggiunta di singoli elementi modificanti (C-E) in grado di aumentare l’intervallo di fusione nella concentrazione del 2% atomico per Zn e Ge e dello 0.5 % atomico per Si, hanno dimostrato riempimenti inaspettati, come evidenziato in lavori precedenti.

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Tabella 14. Pesi delle reti ottenute con fusione in gravità in funzione delle leghe sperimentali (A-H).

POSIZIONE A B C D E F G H Ag Cu

TESTA (g)4,2344,3544,396

2,6102,7062,696

2,4962,8392,787

2,5182,5652,560

2,4942,5462,451

2,5362,4582,727

2,7192,5243,037

3,1023,3223,332

2,1492,2772,114

1,5981,6311,522

CENTRO (g)3.0782.8552.882

2,3702,3012,463

2,5252,6552,476

2,1782,2462,193

2,0182,1442,496

2,7372,4942,472

2,6732,4972,353

2,7992,6832,951

2,1262,1612,140

1,2791,2991,500

CODA (g)2.4042.2742.294

2,1001,7531,986

1,5921,2471,241

1,9231,7772,028

1,0171,4251,170

2,3362,2282,169

1,6081,8432,084

1,8902,1051,591

1,8781,8501,749

0,8860,7720,828

RIEMPIMENTO (%)72,56 ±3,38

67,01 ±1,06

63,07±2,10

64,22 ±0,92

56,64±1,96

70,18 ±0,63

67,90±1,44

76,18±2,04

82,48±0,80

59,64±1,81

Allo stesso tempo, la lega ternaria contenente Ge (D) presenta la variazione di densità più alta nell’intervallo di fusione (0.741 g/cm3), quindi durante il passaggio da solido a liquido sperimenta una contrazione volumetrica più elevata. Questo è in linea con l’ipotesi iniziale per cui una variazione di densità maggiore comporta una capacità di riempimento maggiore (Figura 7). Questo dato iniziale è stato ulteriormente confermato dal comportamento delle leghe ternarie 18K contenenti zinco.

La lega ternaria contenente zinco presenta una variazione di densità minore nell’intervallo di fusione (0.344 g/cm3), e di conseguenza il riempimento risulta inferiore (63.07%) rispetto alla lega contenente Ge. La lega ternaria contenente Si (E) sembra rappresentare un’eccezione perché, data la sua elevata riduzione di densità nell’intervallo di fusione (0.903 g/cm3), dovrebbe essere caratterizzata da un liquido ad alta fluidità, ma il silicio da solo probabilmente aumenta altri fattori rilevanti come la viscosità e la tensione superficiale, portando ad una significativa riduzione nella capacità di riempimento (56.64%).

In queste concentrazioni, gli additivi non sembrano aumentare il riempimento, ma leghe che presentano variazioni maggiori nella densità nell’intervallo di fusione hanno una riduzione minore del riempimento se confrontate con l’oro puro. Di conseguenza, leghe ternarie contenenti Ge hanno una riduzione di riempimento minore delle leghe contenenti zinco, ma ci possono essere deviazioni sostanziali nel caso dell’argento (F), che presenta un riempimento relativamente alto (70.18%), sebbene la variazione di densità della lega nell’intervallo di fusione sia più piccola e la temperatura di fusione sia più elevata a parità di concentrazione atomica. Comunque, sembra esserci una connessione tra la variazione di densità nell’intervallo di fusione e la capacità di riempimento di una lega, indicata come colabilità negli stampi. Una ulteriore conferma di questa ipotesi è data degli alti riempimenti (76.18%) ottenuti con una lega quinaria complessa contenente zinco, germanio e silicio (H), che presenta anch’essa una elevata variazione di densità nell’intervallo di fusione.

Infine, è stata esaminata l’influenza degli affinatori di grano sul riempimento, dal momento che in letteratura sono state trovate poche informazioni oltre ad andamenti puramente ipotetici. Due leghe praticamente uguali, differenti solo per la presenza o l’assenza di un affinatore di grano, sono state fuse nelle stesse condizioni e utilizzando le stesse reti per comparare i riempimenti di entrambe le leghe. Utilizzando come riferimento il cilindro con aperture da 12 mm, la percentuale di riempimento per la lega senza affinatore (59.40 ±8.05%) è stata solo dello 0.60% in meno

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rispetto alla lega con affinatore (59.98 ±2.46%). Da un punto di vista tecnologico, quindi, è difficile affermare che in queste condizioni l’affinatore di grano giochi un ruolo significativo sulla capacità di riempimento delle forme.

CALORIMETRIA A SCANSIONE DIFFERENZIALE

L’energia richiesta per la fusione di un materiale solido è direttamente correlata alla quantità termodinamica chiamata entalpia di fusione (J/g). La fusione è un processo endotermico dal momento che deve essere fornita energia al materiale per rompere legami chimici stabili. Nel caso di un elemento puro, il processo di fusione è visibile come un netto picco nel segnale dell’energia (DSC), data la singola precisa temperatura a cui fonde un metallo puro. Nel processo di riscaldamento e fusione è altresì importante monitorare la variazione di massa del campione per controllare pericolosi cambiamenti di composizione, e questa informazione può essere fornita dal segnale termogravimetrico (TG). Una analisi termica tradizionale è presentata per la matrice oro-rame (B) e per la più complessa lega sperimentale (H) contenente zinco, germanio e silicio (Figura 19 e 20). Le curve termogravimetriche non mostrano nessuna variazione peculiare della massa del materiale, per cui è stato possibile esaminare il segnale di energia in modo più affidabile.

Tabella 15 Intervallo di fusione ed entalpia di trasformazione per leghe sperimentali

LEGA Tsol - Tliq[°C]

∆T[°C]

∆Hm [J/g]

∆Tsat [°C]

∆Hsat[J/g]

Ag 960,9 0,0 -101,6 n.d. n.d.

Au 1062,8 0,0 -64,46 n.d. n.d.

B 914,2 – 921,2 7,0 -76,53 269,0 – 420,8 -14,37 – -21,49

C 903,8 – 912,3 8,5 -73,46 283,8 – 414,2 -18,21 – -10,02

D 803,2 – 892,4 89,2 -64,72 209,1 – 370,3 -13,52 – -23,60

E 859,5 – 912,7 53,2 -72,92 263,0 – 416,0 -13,41 – -19,85

F 903,6 – 911,7 8,1 -74,40 268,4 – 394,2 -12,38 – -15,73

G 792,6 – 885,2 92,6 -64,43 210,7 – 358,4 -13,15 – -21,30

H 759,8 – 881,3 121,5 -58,11 214,4 – 346,9 -10,50 – -13,95

Gli esperimenti per la misurazione dell’entalpia sono complessi. Per controllare l’accuratezza del nostro sistema analitico, abbiamo confrontato i valori di entalpia di transizione ordine -disordine per una lega equimolare (Au 50 at.%, Cu 50 at.%) in letteratura con i dati ottenuti nel nostro laboratorio. Una pubblicazione molto specifica indica per la lega omogeneizzata un valore di entalpia della trasformazione ordine-disordine (ΔHtr) AuCu (II) – AuCu (α) oscillante tra 7.9 e 12.8 J/g,15,16 a seconda della tecnica utilizzata e dai parametri di misura. Il valore di entalpia di trasformazione per lo stesso processo di stato solido registrato nel nostro laboratorio per condizioni analoghe è stato di 13.30 J/g (Figura 21). I nostri dati sperimentali di entalpia possono quindi essere considerati validi. 

La lega di riferimento oro-rame (B) presenta l’intervallo di fusione più ridotto (7°C) e, quindi, basandosi sull’ipotesi iniziale, dovrebbe avere il riempimento peggiore della serie. I risultati delle fusioni, invece, hanno dimostrato l’opposto di quanto atteso, almeno per le leghe ternarie.

Figura 19 Rampa di riscaldamento e raffreddamento per una lega 18K (B)

Figura 20 Rampa di riscaldamento e raffreddamento per una lega 18 K (H)

Figura 21 DSC della lega AuCu equimolare (50% at Au, 50% at Cu)

Figura 22. Scansione termica differenziale (DSC) di leghe ternarie rispetto alla matrice AuCu

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Le leghe binarie (B) presentano un riempimento massimo delle reti del 67.01% mentre la lega con l’intervallo di fusione più ampio (D), che è quella contenente il 2 at.% di germanio, presenta il riempimento più basso (64.22%), comparabile con il rame. La semplice matrice binaria (B) è la lega che presenta comunque la più alta entalpia di fusione (-76.53 J/g), che comporta una maggiore energia rilasciata durante la solidificazione che può implicare, di conseguenza, una temperatura più alta sulle pareti del refrattario che può aiutare il riempimento.

La presenza di additivi semimetallici può allargare sensibilmente l’intervallo di fusione, con generale tendenza a far diminuire la temperatura di solidus (Tabella 15), come si può osservare dai diagrammi di fase. Un chiaro esempio è dato dal germanio, che, se presente al 2% atomico in una matrice AuCu 18K, causa un abbassamento di 30 °C nella temperatura di liquidus a di 110 °C nella temperatura di solidus. Di conseguenza, l’intervallo di fusione si allarga di circa 80°C. Il germanio inoltre riduce notevolmente l’energia richiesta per la fusione, è l’entalpia di fusione è la minore tra le leghe ternarie (-64.72 J/g) (Figura 22 e 23). Questo effetto è intensificato dalla presenza di silicio. I dati di analisi termica confermano inoltre lo spostamento verso temperature inferiori della trasformazione ordine-disordine nelle leghe con germanio (D).

D’altra parte, la caratteristica più importante osservata nelle leghe di tipo commerciale è la sparizione della trasformazione ordine-disordine nella maggioranza dei casi (Figura 24–26), ma questo comportamento è principalmente dovuto alla composizione fuori dal campo di stabilità della fase intermetallica (AuCu) per il contenuto di rame sia troppo alto che troppo basso nella composizione delle leghe (Tabella 16). In modo coerente alle leghe sperimentali, l’intervallo di fusione si allarga con la presenza di zinco e altri additivi bassofondenti ma in contemporanea si abbassa il titolo d’oro. Questo aspetto è dovuto all’aumento di altri elementi a basso punto di fusione e all’aumento del contenuto di rame. Le leghe a bassa caratura presentano inoltre una entalpia di fusione più elevata che da un lato le rende più difficili da liquefare ma, dall’altro lato, può aiutare a mantenere la temperatura nelle cavità dello stampo.

Tabella 16 Intervalli di fusione ed entalpie di trasformazione delle leghe commerciali

LEGA Tsol - Tliq[°C]

∆T[°C]

∆Hm [J/g]

∆Tsat [°C]

∆Hsat[J/g]

I 923,4 – 929,6 6,2 -65,68 n.d. n.d.

J 878,5 – 886,2 7,7 -66,8 n.d. n.d.

K 891,2 – 900,1 8,9 -72,59 258,1 – 380,6 -11,67

L 909,4 – 937,4 28,0 -73,12 n.d. n.d.

N 869,0 – 899,7 30,7 -86,49 n.d. n.d.

O 823,3 – 862,2 38,9 -72,70 n.d. n.d.

P 853,8 – 899,8 46,0 -85,88 n.d. n.d.

Q 841,2 – 922,8 81,6 -99,88 n.d. n.d.

Figura 23 Scansione termica differenziale (DSC) di leghe complesse confrontate con la matrice AuCu

Figura 24 Calorimetria a scansione differenziale delle leghe d’oro commerciali 18kt

Figura 25 Calorimetria a scansione differenziale delle leghe d’oro commerciali 14kt.

Figure 26 Calorimetria a scansione differenziale di una lega ad alto (21K) ed una a basso (10K) titolo aureo

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Calore specificoIl calore specifico dei metalli allo stato solido è tipicamente sempre più basso rispetto a quello allo stato fuso [Tabella 17]. Questo accade presumibilmente perché è richiesta una quantità di energia significativamente più alta per incrementare la temperatura di un materiale già caldo. In teoria, nei processi di colata, la determinazione del calore specifico deve essere effettuata in fase di raffreddamento per il metallo fuso e in fase di riscaldamento per il materiale dello stampo, il quale è il destinatario di tutta l’energia termica rilasciata dal solido in fase di solidificazione.17 A causa della vaporizzazione di alcuni dei componenti in lega e dalla piccola massa dei campioni (85 mg), è complesso ottenere una misurazione accurata durante la fase di raffreddamento. Avendo utilizzato lo stesso refrattario per tutte le prove di fusione, non sono state effettuate misure di calore specifico su questo materiale.

Tabella 17 Calore specifico dei principali elementi metallici15

ELEMENTO CpRT[J/gK]

Cpliq[J/gK]

Oro 0,13 0,15

Rame 0,39 0,49

Argento 0,23 0,28

Zinco 0,39 0,48

Stagno 0,21 0,24

Silicio 0,71 0,91

Nichel 0,44 0,73

Palladio 0,24 -

Gallio 0,37 -

Cobalto 0,42 0,69

Iridio 0,13 0,18

Rodio 0,24 0,39

Platino 0,13 0,18

Niobio 0,27 0,35

Titanio 0,54 0,79

Ferro 0,46 0,82

Alluminio 0,92 1,18

Berillio 1,82 3,27

Manganese 0,48 0,84

L’analisi del calore specifico è stata condotta con una velocità di riscaldamento relativamente rapida (20°/min), da una temperatura prossima alle condizioni ambientali fino a 1200 °C, per registrare un segmento abbastanza lineare per una migliore estrapolazione dei dati dopo fusione. Durante la transizione di fase, i valori di calore specifico non sono stati considerati perché non presentano un reale significato fisico. Il valore significativo del calore specifico è quello calcolato leggermente sopra la temperatura di liquidus perché questo è il punto con la minore alterazione composizionale.Il valore del calore specifico dipende non solo dall’abilità del materiale nell’incrementare la propria temperature ma anche dalla capacità potenziale di immagazzinare energia termica. In prima approssimazione, è possibile affermare che un valore più elevato di calore specifico allo stato fuso si traduce in una maggior durata della lega in questo stato. Le leghe sperimentali con i valori di calore specifico più alti sono state in molti casi quelle con elementi metalloidi (Figura 27 e 28), perché questi

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presentano un comportamento più refrattario (Tabella 18).

Tabella 18 Calore specifico delle leghe sperimentali 18k.

LEGA CpRT[J/gK]

Cpliq[J/gK]

A 0,132 0,293

B 0,130 0,192

C 0,200 0,367

D 0,145 0,241

E 0,119 0,277

F 0,180 0,143

G 0,163 0,319

H 0,109 0,238

CONCLUSIONI

È stato assunto in passato18 che il contributo di un singolo componente metallico alla densità di una lega fosse linearmente correlato alla sua densità e concentrazione, rendendo così possibile il calcolo del valore di densità complessivo di una lega. Deviazioni da questo comportamento si verificano in leghe costituite da metalli del gruppo del rame, significative quindi nello studio delle leghe d’oro. Sebbene gli elementi oro, argento e rame e le loro leghe binarie e ternarie cristallizzino principalmente in reticoli cubici a facce centrate, la densità di queste leghe non presenta una correlazione lineare con la composizione chimica (a.%). Questo è principalmente dovuto all’effetto di ordinamento e disordinamento delle leghe, come descritto in questo articolo. Non è quindi più necessario generare modelli e formule per calcolare queste proprietà avendo dimostrato che è sperimentalmente possibile ottenere questi parametri per ogni lega.

La capacità di riempimento e, di conseguenza, la colabilità di una lega sono fortemente influenzate dalla sua composizione chimica perché la varietà di elementi presenti in composizione agisce direttamente sulle proprietà termodinamiche e volumetriche. I metalloidi o gli elementi a basso punto di fusione possono incrementare la colabilità di una lega solo se presenti in certe concentrazioni e combinazioni. Una lega rossa 18K, per esempio, può mostrare un miglioramento nella colabilità solo se contiene 1% in peso di argento o se la combinazione di zinco e germanio e circa 1% in peso. L’eventuale aggiunta di silicio in quest’ultima composizione può incrementare ulteriormente la capacità di riempimento, ma a rischio di un aumento nei difetti da ritiro causati dalla maggiore variazione di densità nell’intervallo di fusione. L’aggiunta di altri elementi nella matrice aurea è praticamente inevitabile per conferire alla lega una adeguata resistenza meccanica, durezza e colore. Queste addizioni aiutano la colabilità solo se gli elementi incorporati raggiungono certe concentrazioni e hanno effetto sulla temperatura di fusione, sulla tensione superficiale allo stato liquido e alla variazione di densità nell’intervallo di fusione. La presenza di additivi disossidanti (Si, Ge) ha in aggiunta un ruolo protettivo allo stato liquido perché eliminano continuamente gli ossidi metallici, evitando in questo modo la formazione di punti duri e l’infragilimento.

La colabilità delle leghe preziose sembra anche dipendere dal cambiamento di densità nell’intervallo di fusione, oltre che da altre

Figura 27 Calore specifico in funzione della temperatura per leghe sperimentali ternarie a 18K

Figura 28 Calore specifico in funzione della temperatura per leghe sperimentali complesse a 18K

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proprietà fisiche come la temperatura di fusione caratteristica, la tensione superficiale e la viscosità allo stato liquido, aspetti conosciuti dalla letteratura7,19. Questo fenomeno sembra essere presente per la maggioranza delle leghe analizzate, con rare eccezioni.

In particolare, una variazione di densità più elevata nell’intervallo di fusione sembra corrispondere ad una capacità di riempimento maggiore. L’oro e l’argento puri presentano una grande variazione di densità (Δdsol-liq(Au) = 1.015 g/cm3, Δdsol-liq(Ag) = 0.533 g/cm3) passando dallo stato liquido (Tf(Au) = 1064°C, Tf(Ag) = 961°C) allo stato solido, e questo causa un riempimento più elevato (72.56% e 82.48%, rispettivamente). Il rame, d’altra parte, anche presentando una temperatura di fusione molto simile a quella dell’oro (Tliq = 1084°C), è caratterizzato da una minore variazione di densità (Δdsol-liq(Cu) = 0.384 g/cm3) e mostra uno riempimento inferiore (59.64%).

La capacità di riempimento di questi metalli (Au, Ag e Cu) è altresì influenzata dalla loro tensione superficiale allo stato liquido, che è una proprietà proporzionale all’intensità delle forze coesive interne al materiale. Una tensione superficiale maggiore corrisponde ad un forte legame tra gli atomi allo stato liquido con conseguente minore tendenza del liquido ad espandere la sua superficie. Questo fatto implica una minore capacità di riempimento. La tensione superficiale dell’argento (σliq = 910 mN/m) è la più bassa e di conseguenza il suo riempimento è il più elevato19,20, mentre la tensione superficiale dell’oro è intermedia (σliq = 1138 mN/m), così come la sua capacità di riempimento. Il rame è l’elemento che possiede la tensione superficiale più elevata (σliq = 1355 mN/m) dei tre metalli esaminati, e di conseguenza la sua capacità di riempimento è la minore.

L’aggiunta di elementi (2 at. % Zn) in grado di diminuire ulteriormente la tensione superficiale non ha dato però l’incremento aspettato nel riempimento e nella colabilità, dimostrando che la tensione superficiale della lega non è il solo fattore da cui dipendono queste caratteristiche metallurgiche. In aggiunta, la tensione superficiale inferiore delle leghe a bassa caratura (14K) o ad alta caratura (18K) con aggiunta di Zn non corrispondono necessariamente ad una variazione maggiore nella densità nell’intervallo di fusione, come nel caso delle leghe (C, O). È importante sottolineare di nuovo che il cambiamento di densità nell’intervallo di fusione può giocare un ruolo importante nella colabilità di una lega.

Questa proprietà dipende anche dalla differenza tra la temperatura dello stampo (650°C) e la temperatura caratteristica della lega, perché da questo dipende la velocità di raffreddamento del fuso. Leghe con temperature di fusione (Tsol, Tliq) vicine alla temperatura dello stampo dovrebbero assicurare un livello di riempimento più alto sebbene, basandosi sui dati ottenuti con alcune leghe (C, D, E), questo non è sempre vero perché il riempimento è risultato inferiore in questi rispetto alla matrice oro-rame (B). Solo quando vengono aggiunti elementi addizionali in quantità eccedenti una data percentuale atomica (G, H) la variazione di densità nell’intervallo di fusione combinata con l’abbassamento della temperatura di fusione permette il sorpasso dei risultati di colabilità della matrice.

Parallelamente all’aumento in colabilità, si osserva inoltre una

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maggiore uniformità del riempimento dell’alberino. Questo aumento di uniformità è addirittura superiore nel caso di fusioni aiutate dalla pressione (K), eccetto il caso del cilindro senza aperture. Una maggiore uniformità è ottenibile sia con metalli che presentano un basso punto di fusione che con leghe che presentano un ampio intervallo di fusione. Il grado di apertura dei cilindri sembra influenzare il riempimento solo nel caso di fusioni con pressione e vuoto e nel caso di piccole aperture (∅ < 4 mm). Nel caso di forature più larghe o di fusioni eseguite con la sola gravità, il grado di foratura non influenza significativamente il riempimento delle reti. La tecnica con pressione e vuoto amplifica il riempimento delle reti di circa il 30–50% rispetto ai valori ottenuti con la sola gravità.

Gli elementi aggiuntivi in grado di aumentare l’uniformità del riempimento sono germanio e argento. Nelle leghe di tipo commerciale l’effetto degli additivi è stato chiaramente dimostrato confrontando I risultati dei test di dilatometria su una lega contenente gallio (P) e sulla sua equivalente senza gallio (P*). La presenza di questo elemento ha diminuito la variazione di densità nell’intervallo di fusione del 20% circa. Questo perché gli elementi metalloidi forniscono una fase liquida più densa e una fase solida più voluminosa.

In modo analogo, l’effetto di un tipico affinatore di grano sul riempimento è stato studiato per una lega (K) e per la sua controparte senza affinatore, utilizzando gli stessi parametri di fusione. L’effetto dell’affinatore sembra sia di aumentare il riempimento (+0.60%), ma questo valore risiede all’interno dell’errore di misura e di conseguenza non è significativo.

Un risultato interessante è stata la conferma della correlazione tra la composizione della lega e il suo coefficiente di espansione termica medio (CTEm). In pratica, il CTEm della lega è una media, pesata sulla frazione atomica, dei coefficienti di espansione termica medi degli elementi puri (eqn 1), all’interno di un errore nella stima inferiore al 10%. Questa correlazione permette di stimare velocemente il CTEm di una lega preziosa, conoscendo la sua precisa composizione chimica.

Operazioni metallurgiche ad elevate temperature, come quelle che coinvolgono solidificazioni e/o deformazioni meccaniche, possono essere pesantemente influenzate degli stress termici e dalle deformazioni risultanti dall’espansione e dalla contrazione del materiale in funzione della temperatura. Con il crescente uso di modelli di processo basati su computer, nasce una maggiore necessità di dati quantitativi riguardanti i coefficienti di espansione termica delle leghe alle temperature coinvolte. In future, analisi dilatometriche, termiche e di riempimento saranno eseguite anche su leghe di argento per capire se gli additivi studiati hanno il medesimo effetto anche in queste leghe.

RINGRAZIAMENTI 

Sentiti ringraziamenti a Doreen Rapp, Appliations Laboratory del Gruppo Netzsch, per il supporto tecnico, la gentilezza e la disponibilità sul lungo periodo.

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