comunità aperta - novembre '14

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ANNO V NUMERO SECONDO NOVEMBRE 2014 C O M UN I T A’ A P ER T A C O M UN I T A’ A P ER T A NEWS PERIODICO DELLA COMUNITA’ PARROCCHIALE DI S. BENEDETTO

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Periodico della comunità parrocchiale San Benedetto di Milano - Numero secondo novembre 2014

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ANNO VNUMERO SECONDO

NOVEMBRE 2014

COMUNITA’APERTA

COMUNITA’APERTA

NEWS

PERIODICO DELLA COMUNITA’ PARROCCHIALE DI S. BENEDETTO

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COMUNITA’ APERTA NEWS

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Parrocchia S. Benedettovia Caterina da Forlì,19 20146 Milano

Segreteria: tel 02471554 fax 024223677

Orari S. Messe:

Feriali: ore 9.00 e 18.00

Festive: vigiliari ore 18.00

domenica ore 8.30/10.00/11.30/18.00

• Carissimi parrocchiani

• Obiettivosu!

• ALT

• VitadiComunità

• Flash

• Calciod’angolo

• Inbacheca

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Indice

Direttore:

Responsabile redazione:

Collaboratori

Coordinamento esecutivo:

Redazione:

Segreteria:

Distribuzione

Contatti

Don Ugo Dei Cas

Don Alessandro Digangi

Don Valeriano GiacomelliDon Paolo Clerici

Luciano AlippiDavide Cassinadri

Letizia AlippiLuca CeciCarla FerrariFederico LucreziSara SantusGiulia Soresini

Stefania De Mas

Luca Cartotto

[email protected]

Un’impresa impgegnativaCecilia Premoli

Santitàdon Francesco Mazzitelli

IN COPERTINA: Adorazione della Santissima Trinita, Albrecht Dürer 1511

LaRedazioneSolo insieme si può!Letizia Alippi

Educare è essercidon Ale

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Carissimi parrocchiani...Carissimi parrocchiani...Cari Parrocchiani,eccoci all’inizio di un cammino insieme, un cammino importante che ci vede tutti coinvolti nel fare la nostra parte affinché la nostra porzione di “campo” sia ben coltivata e, con l’aiuto di Dio, che non viene mai meno, porti i frutti sperati; per ottenere ciò si impone una riflessione sulla nostra identità.Una “comunità educante” è senz’altro costituita da persone che perseguono lo stesso ideale, che coltivano i medesimi valori, che sanno comunicare la propria esperienza di fede anche in un ambiente sociale ferito e frantumato che, purtroppo, si lascia ingannare da proposte ben “imballate”, “luccicanti”, ma vuote. Una “comunità educante” è fatta necessariamente di persone che credono fermamente nei valori proposti dal Vangelo e che si sforzano ogni giorno di incarnare tali valori, proprio perché loro per primi non riescono ancora a vivere in sintonia con questi valori. Il risultato di tali sforzi sarà quello di suscitare in alcuni stima, rispetto e desiderio di imitazione e in altri contrasto, opposizione e inimicizia. Un cristiano che si sforza di vivere secondo la proposta affascinante di Gesù non lascia sicuramente indifferenti le persone che incontra, se ciò accadesse starebbe a significare che quel cristiano è sì battezzato, ma non credente.Cari Amici, non voglio certo annoiarvi con delle riflessioni per certi versi scontate e che sanno di un certo “déjà vu”. Voglio semplicemente ricordare a me e a voi quanto sia pressante il “tener acceso” il lume della fede, lume che è alimentato: da una sempre maggior familiarità con la Parola di Dio trasmessa a noi tramite la Bibbia e la voce del “Povero”; con un lasciarci “riconciliare da Dio” riconoscendo i nostri peccati e chiedendo a Dio e al fratello “l’assoluzione”, il perdono; tramite il nutrirci del Pane Eucaristico e del Pane della Parola; tramite il “farsi carico” dei pesi e delle ferite gli uni degli altri.Visto che ho usato un francesismo mi permetto di usarne un altro: “noblesse oblige”! Cari fratelli, la nobiltà che ci viene dal nostro essere battezzati, dall’essere figli di Dio e fratelli in Cristo ci obbliga a prendere sul serio questa nostra appartenenza. Aiutiamoci quindi affinché, io come “pastore” e voi come fedeli a me affidati, possiamo essere: non luce fioca, ma viva; non lievito stantio, ma fresco; non sale insipido, ma saporito.Chiedo a Dio, per me e per voi, il dono di renderci conto sempre più e sempre meglio del cosa significhi essere battezzati in Cristo e di riuscire quindi a lasciarci sempre meno prendere dalla trappola del mercanteggiare, del compromesso, atteggiamenti questi che ci portano a rinnegare il nostro essere “famigliari di Dio e dei santi”.Concludo raccontandovi un dialogo significativo tra una persona costretta, come i suoi compaesani, a partecipare alle manifestazioni pro comuniste e atee durante il regime comunista romeno. Alla fine di uno degli ennesimi discorsi di un appartenente al regime, atto a convincere la gente sul fatto che Dio non esista, un signore attempato si alza in piedi e chiede la parola, gli viene concesso di parlare e rivolgendosi al conferenziere chiede: “mi scusi, ma lei chi è? Sono Giovanni Nistor. Non le ho chiesto come si chiama, le ho chiesto chi è? Come chi sono? Sono un membro del partito comunista romeno. Non le ho chiesto la sua appartenenza politica, le ho chiesto chi è? Bah, sono ingegnere. Non le ho chiesto che studi ha fatto, le ho chiesto chi è? Insomma! Sono nato a Suceava nel 1932 e... Non le ho chiesto dove è nato o cosa ha fatto, le ho chiesto chi è...”. Per farla breve, il signore alla fine, rivolgendosi con decisione al membro di partito, afferma: “Se non sa da dove viene e da chi viene, come fa a dire di essere qualcuno?”.Cari amici, noi non siamo “nessuno”, ma siamo tutti figli di un Dio che ci ama e fratelli in Cristo che è morto per darci la vita in pienezza, orgogliosi di ciò affermiamo con coraggio e orgoglio la nostra identità!Fede, Pace e salute! don Valeriano Giacomelli

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Obiettivo su! La Santità:

Quando si parla della santità, in genere, si pensa a qualcosa che non ci appartiene, di distante da noi, mentre la santità non solo ci riguarda, ma è il modo per realizzare pienamente se stessi, partecipando alla vita di Cristo, il cui mistero svela pienamente il mistero dell’uomo (cfr. Gs 22).Il termine qôdeš, santo, santità, infatti, deriva da una radice semitica che indica ciò che è “separato, riservato”. Questo significato suggerisce l’idea che la santità è la conseguenza della separazione da tutto ciò che è profano. È il totalmente altro. Per questo la santità di Dio nell’AT era inaccessibile all’uomo. Questa distanza avvolge il santo di un’aurea di mistero, che contemporaneamente affascina e incute timore. Le teofanie di Dio manifestano in modo sensibile e clamoroso quello che egli è: il santo. Questa santità è intesa come una potenza che è contemporaneamente misteriosa e spaventosa capace di benedire, come nel caso dell’Arca dell’Alleanza. La quale con la sua potenza benedisse la casa di Obed-Edom: “Allora fu detto al re Davide: «Il Signore ha benedetto la casa di Obed-Edom e tutto quel che gli appartiene, a motivo dell’arca di Dio» (2Sam 6, 12); ma nello stesso tempo maledisse facendo morire Uzza, uno di coloro che la trasportavano, perché vi si era appoggiato: “Quando giunsero all’aia di Nacon, Uzza stese la mano verso l’arca

di Dio per reggerla, perché i buoi la facevano inclinare. L’ira del Signore si accese contro Uzza; Dio lo colpì lì per la sua empietà ed egli morì in quel luogo vicino all’arca di Dio” (2Sam 6, 6-7). Di conseguenza le cose sante non si potevano toccare e per avvicinarle bisogna purificarsi.L’Idea della purificazione introduce l’idea di una santità frutto dello sforzo e dell’ascesi, poco corrispondente all’idea di edonismo che sta pervadendo la nostra società. Anche san Luigi Orione, che aveva uno sguardo profetico sulla società, affermava:

“Fratello mio, ci vuole santità e santità di opere, ed il raggiungere la santità senza aver il cuore infiammato di amore divino e senza camminare sulle orme di Cristo: è assolutamente impossibile. Né questo ti sgomenti; la santità non vive solo nei deserti né solo si acquista con grandi penitenze.Tu pure sarai santo qualora lo voglia e con ben poco. Sforzati di fare con perfezione anche i più minimi tuoi doveri e non di sembrar singolare, ma di esserlo: di fare cioè per Dio e con ogni perfezione ciò che suol farsi per abitudine; di far poco, ma di farlo bene. Per te, sta certo prego, non essere però avaro nel ricambiarmene”.

Il concetto santità nella bibbia non si riferisce solo alle reazioni dell’uomo davanti alle manifestazioni del divino o alla sua opposizione a ciò che è profano, ma rivela sopratutto ciò che è Dio: Amore. La santità quindi non s’identifica con la trascendenza di Dio ma con la sua misericordia e il suo perdono. Dio è il santo, la fonte della santità, che santifica, cioè che comunica la sua vita agli uomini, distruggendo l’egoismo e il peccato, che si annidano nel cuore dell’uomo.San Luigi Orione ha incarnato personalmente quest’aspetto della Santità. Infiammato dall’amore di Dio, volle donare la vita per i fratelli e scrivendo ai superiori e ai chierici, dall’Argentina nel 1922, li esorta con queste

totalmente altro o pienamente se stessi

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Obiettivo su!

parole infuocate di santità e di misericordia:

“E così daranno apostolicamente la vita, e dal loro olocausto e dal loro sangue uscirà una luce grande di misericordia, che sarà luce di Santità, - di redenzione e anche di verace progresso, di libertà e indipendenza di popoli.E tutto questo farà il Signore, - non noi peccatori, non noi così piccoli e così miserabili, che nulla possiamo da noi eccettoché storpiare le opere di Dio”.

Alla rivelazione dell’amore di predilezione Dio che vuole la sua santificazione, ciò che lo vuole partecipe della sua vita, il popolo eletto deve rispondere santificandosi:1. purificarsi da tutta l’immondezza incompatibile con la santità divina:

“Lavatevi, purificatevi,togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni;smettete di fare il male;imparate a fare il bene” (Is 1, 16-17);2. anteponendo la giustizia, l’obbedienza e l’amore al culto rituale e ai sacrifici:“Poiché io desidero bontà, non sacrifici,e la conoscenza di Dio più degli olocausti” (Os 6,6)3. la santificazione non è un atto ma un cammino di conversione.“Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi” (Dt 8, 2).

Che la santità sia un cammino in cui bisogna affrontare prove, combattimenti, aridità e abbandoni, ma anche consolazioni, gioie e pace dello spirito, era chiaro anche per Don Orione, il quale opponeva all’ignavia della rilassatezza lo zelo e la fame d’azione:

In Paradiso di gente ignava non ce ne va!I Santi ci hanno lasciato il più mirabile esempio di avere saputo trafficare, e come, tutti i loro talenti. Oh la si finisca dunque di rappresentarci una pietà, una santità poltrona o selvatica: sono queste monete false di santità.No, fratelli, i santi non erano così. Sempre dolci, ma sempre attivi: inerti o retrogradi mai e poi mai!Studiamoli bene, e vedremo che essi furono i più grandi, i più veri progressisti, perché vissero di Dio, che è vita e non morte.Niente inerzia nei santi e niente melanconia. Si sa che dicesse in proposito San Filippo Neri: si sa che Francesco di Sales lasciò scritto: “Santo ignavo, niente santo: santo triste, tristo santo!” In questa vita non c’è il riposo per chi ama Dio, e i Santi, i grandi amatori di Dio, sono sempre in attività di servizio per Dio, per la Chiesa, per le anime, per la Patria; per tutto che è bene!

In fine se Dio avesse dovuto aspettare che tutto il popolo fosse purificato e pronto ad accoglierlo alla sua venuta, Gesù Cristo, non si sarebbe ancora incarnato. Per questo l’annuncio Messianico inizia con l’invito:“Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1, 14-15). Cioè convertitevi perché colui che vi santifica, che dà senso alla vita aprendogli un orizzonte nuovo, è in mezzo a voi. Anzi con la grazia dello Spirito Santo è in voi, per santificarvi con il suo amore. Lasciamoci dunque contagiare dalla santità di Don Orione, per sperimentare la gioia di essere amati da Dio:

“Cari miei piccoli fratelli, cerchiamo la santità, ma subito non aspettiamo più: non tardiamo!La santità! il desiderio della santità! tutto verrà dietro a questo:i disegni di Dio si compiranno sopra di me e sopra di voi tutti.Ora la Chiesa ha bisogno di un gruppo di santi”.

don Francesco Mazzitelli

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ALT Aziona La

Testa

Procede con passo determinato, la testa china su se stessa persa nei milioni di pensieri che l’affollano, le orecchie occupate da alcuni prolungamenti di vita terrestre che trasmettono musica.Da lontano vede.Affretta il passo mentre la mano destra sfila l’auricolare ed un sorriso fa capolino sul suo viso. Allarga le braccia in prossimità di un enorme pancione e lo abbraccia dicendo: “Cavolo, don mi sei proprio mancato!”.Lei è un ragazza di circa 15 anni e il don panciuto sono io; la scena si è svolta un po’ di tempo fa davanti al cancello del nostro oratorio.Perché la racconto? Perché mi fa pensare al mio modo di educare.Spesso mi son chiesto quale sia l’ingrediente più importante per un’efficace educazione: le attività preparate bene e con creatività, la preparazione degli educatori, la capacità di cogliere al di là di ciò che è detto ecc… tutte cose vere ed importanti ma – direbbero i filosofi – non sufficienti. In questi anni in cui ho la fortuna di accompagnare nella crescita alcuni adolescenti m’accorgo che il fattore più importante dell’educare è la presenza. Lo “stare in mezzo” è l’occasione per dire

una parola buona, diversa, per cogliere le “tragedie” e le speranze che li abitano, per accogliere le lamentele nei confronti dei più grandi: professori, genitori, educatori…Ho da poco rivisto una vignetta di Charlie Brown che chiede al fido Linus quale sia il doppio di “sei” e questi risponde “siamo”. La filosofia dei Peanuts riesce ad esprimere bene quanto in qualche modo ho “sperimentato” con il caloroso abbraccio dell’adolescente davanti al cancello verde; in fondo non avevo fatto nulla per lei: non le avevo snocciolato consigli di alcun genere, neppure aiutata in stravaganti e complicate storie d’amore, nemmeno supportata in qualcosa di adolescenzialmente complicato, niente di tutto ciò! Semplicemente ogni pomeriggio, quando arrivava in oratorio mi trovava lì in ufficio, pronto ad ascoltarla se serviva, oppure banalmente disponibile al saluto e all’accoglienza.Facile? Da dire, sì, ma da fare non sempre, soprattutto quando l’adolescente è in gruppo e la presenza dell’educatore, per quanto giovane e simpatico, è vista comunque come elemento disturbante, a maggior ragione se l’argomento che si sta trattando è particolarmente piccante o imbarazzante. Oppure quando anche l’educatore ha la giornata no e la voglia di “stare in

mezzo” è meno di zero, ancora quando il ruolo richiede un intervento che non è di semplice accoglienza ma anche di correzione.Spesso vengono a parlarmi alcuni genitori di adolescenti che un po’ spaventati mi raccontano della trasformazione comportamentale ed esistenziale che accade nei loro figli: l’arroganza nel rispondere, il silenzio nel raccontarsi, l’isolamento di tutto se stessi… che fare don?“Niente, state lì ed accogliete in modo attivo”, mi trovo continuamente a rispondere, fate sentire che ci siete, senza dirglielo, prima poi si accorgerà che il doppio di “sei” è davvero “siamo”. La relazione ricomincerà con maggior facilità ed affiatamento.

Educare è esserci

don Ale

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Il ritorno di don Gianni

Don Orione amava ripetere “I Figli della Divina Provvidenza debbono avere sempre in mano o la corona del rosario o un libro, una vanga, una zappa, una scopa…” e Don Gianni Giarolo lo prende alla lettera.Incontriamo il nuovo direttore mentre, tra una riunione e l’altra, si aggira di corsa per i corridoi del Cottolengo spazzando per terra: “Decine di dipendenti e guarda cosa mi tocca fare” scherza sorridente.Per Don Gianni non è la prima esperienza nel capoluogo lombardo, dal 1990 al 1994 ha già ricoperto la carica di direttore: un bellissimo periodo che ricorda ancora oggi con affetto.In questi vent’anni ha avuto modo di fare molte esperienze, dalla carica di Superiore Provinciale della Congregazione ai sette anni vissuti in Romania, fino ai cinque anni presso il Santuario di Maria ausiliatrice di Seregno. Proprio questa ultima avventura, ci racconta, gli ha dato la possibilità di maturare molto vivendo a contatto con la vera sofferenza di oggi: la perdita del lavoro, la disgregazione delle famiglie, la povertà dilagante. Insomma può dire di aver toccato con mano le ferite di Gesù, per citare il pontefice.

Federico Lucrezi

TORTORA ROSANNA RITA 30/08/2014MANSI PIETRO 4/09/2014TRANI MARIA GIUSEPPA 12/09/2014De PASQUALe ADA TUmISINA AmALIA 14/09/2014GUARDAMAGNI GIOvANNINA 16/09/2014SULIC mASSImILIANA 17/09/2014PRATI MARGHERITA 22/09/2014VALASI eVLAIA 23/09/2014BUzzI CATERINA ESTER 26/09/2014CORRADI ILeANA ANNA mARIA 28/09/2014STUCCHI ROSA 3/10/2014FONSO ATTILIO 6/10/2014CORbeLLINI ADA 9/10/2014GIANNA ANACLeTO 10/10/2014eLLI FeRDINANDA 12/10/2014

TOmASSO JULIA CAmILLAChIeCO ChRISTIAN LUIGI AMATO MATTEO CANTALICe mARINA

Sono entrati a far parte della nostra comunità

Hanno lasciato la nostra comunità

Tornato a Milano, spiega, ha subito osservato quanto la maggiore attenzione verso gli ospiti e le maggiori risorse a disposizione rispetto a vent’anni fa possano rappresentare un importante strumento per raggiungere il suo obiettivo, come lui stesso ha spiegato durante la prima messa al Cottolengo: seguire le orme del buon samaritano, stare il più vicino possibile alle persone in un momento in cui più che mai è manifesto un grande bisogno di relazioni vere.Don Gianni indica il computer sulla sua scrivania: “Ormai riusciamo a parlare col mondo schiacciando un pulsante ma facciamo fatica a parlare con chi ci sta vicino”.Il lavoro da fare è tanto, conclude, ma la priorità è senza dubbio mantenere viva la relazione e l’attenzione alla persona per evitare, come troppo spesso accade, di perdere la sostanza per salvare l’apparenza.

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Vita di comunità

Un’impresa impegnativaDescrivere in poche righe cosa vuol dire essere per la prima volta Catechiste?Un’impresa impegnativa…quasi come iniziare a gestire gli adorabili cucciolotti oramai un po’ cresciuti che ci hanno affidato.Spiegare le motivazioni?Ancora più arduo! Forse si può riassumere tutto in: “ Spinte da una saggia incoscienza…”Si perché un po’ di incoscienza ci vuole a buttarsi in questa avventura. Riuscire a trovare il tempo a slalom tra lavoro, figli, casa. Soprattutto cercare di farlo al meglio, perché quello che comincia è uno dei percorsi più importanti della vita, per i bambini che conosceranno Gesù e riceveranno i Sacramenti e anche per noi che insieme a loro siamo chiamate a crescere, a capire, a studiare, a metterci in discussione. Soprattutto a trasmettere quella gioia che solo il vero Amore in Cristo porta nella vita di noi esseri umani.e’ una grande sfida, nella quale ci si sente a tratti un po’ inadeguati. Ma l’entusiasmo per ora ha superato i momenti di perplessità.Stiamo facendo corsi accelerati di creatività e animazione.

Ci siamo ritrovate a unire l’approfondimento dei contenuti, fondamentali perché colonne portanti di questo percorso. Ma anche a cercare sui siti e sui libri più disparati qualche inspirazione per comunicare

con giochi e lavoretti i messaggi di Gesù in maniera adatta agli otto anni dei partecipanti all’avventura.Per fortuna noi novelline abbiamo trovato ad accoglierci ed accompagnarci un bel gruppo di “veterani” che ci hanno indirizzato e ci stanno sostenendo nel cammino. Ci passano materiale per trasmettere a piccoli passi gli spunti religiosi, insieme a bigini di tattiche pratiche (come sopravvivere a un’orda di piccoli teneri Unni!). Insieme alle perle che l’esperienza sul campo ha regalato loro negli anni passati. Soprattutto grazie alla grande ricchezza che vivere con i bambini la scoperta di Gesù regala.La saggezza (quella della “Saggia incoscienza), invece la ricerchiamo ardentemente nell’inspirazione dello Spirito Santo, sperando che soffi con particolare intensità.Questi piccoli ancora sufficientemente innocenti e puri, per fortuna forse non si accorgono che noi siamo più emozionate di loro. Perché siamo consapevoli dell’importanza di questo cammino e di come siano fondamentali e irripetibili questi anni.Non dobbiamo perdere occasione per riuscire a stupirli. Loro sono pieni di desiderio di stupore e hanno fiducia di cominciare qualcosa di nuovo che in qualche modo

li incuriosisce. La sfida sta nel mantenere e soddisfare questa curiosità del loro cuore. Deve restare viva e per mantenerla è necessario che tutti noi, coinvolti nelle vite di questi bambini si collabori e si cammini verso la stessa meta.Sacerdoti, genitori, familiari, amici.Dopo anni di tifo nelle file dell’Orione calcio come mamma, posso dire che lo spirito di squadra e l’unione sono tutto per conquistare la vittoria in partita.Anche in questo frangente, dobbiamo essere tutti uniti, anzi di più, per accompagnare al meglio i bambini in questi anni insieme. Per essere davvero

Comunità da far respirare loro in questi anni di Catechesi.Ci affidiamo a Lui e cominciamo con entusiasmo questa grande avventura!

Cecilia Premoli

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Vita di comunità

Solo insieme si può!Forse non tutti sanno che lo slogan dell’anno oratoriano appena iniziato è “Solo insieme”. Scriverlo, raccontarvelo sarebbe stato utile, ma non nel nostro stile. Così i giovani dell’oratorio hanno pensato bene di mostrarvelo. Quale occasione migliore di una festa di apertura per salutare Don Renzo e dimostrare alla nostra comunità (e in primis a noi stessi) che il post-estate, gli impegni che ricominciano più numerosi di prima, studio e lavoro non ci hanno tolto l’entusiasmo e la voglia di fare cose grandi e farle insieme! E allora che il “Chi ben comincia…” abbia inizio: serate organizzate (tempo permettendo!), torneo di calcio, gioco pomeridiano che gli animatori del Grest hanno preparato per tutti i bambini del catechismo e, dulcis in fundo, l’immancabile griglia, operativa quasi ventiquattro ore su ventiquattro.Sono bastati tre giorni di semi convivenza per ricaricare le pile, per ricordarci ancora una volta di quanto un sorriso e un grazie siano più contagiosi di un raffreddore. A proposito di raffreddore… Anche quest’anno freddo e pioggia sono stati gli unici ospiti indesiderati della festa, ma il tempo tutto sommato è stato clemente. Non abbiamo fatto tutto quello che avevamo programmato, non abbiamo dato tutto quello che potevamo, ma la voglia di stare insieme, di fare gruppo, quella non manca mai.Organizzare giochi, preparare l’impianto e il palco per suonare e cantare, attrezzarsi con gazebo e sedie quando le famose “quattro gocce” si trasformano in un temporale, servire l’hamburger a chi aveva chiesto una salamella, ritrovarsi a metà serata senza pane e correre a ricomprarlo… Alt!, così si può uscirne matti e non la si vivrebbe neanche bene. Ma è proprio quando ci viene

chiesto sempre di più, quando stanchezza e limiti vengono fuori o si sbaglia, che s’impara a crescere e ci si accorge che chiedere aiuto è bello e aiutare ancora di più! L’aria che si respirava da quell’angolo di oratorio era davvero buona e non solo grazie al profumo di salamelle che usciva dal garage, ma perché chiunque arrivava, arrivava col sorriso e, almeno speriamo, col sorriso andava via.Questi sono i momenti che preferisco, quelli in cui hai modo di passare del tempo con chi vedi di meno, di ridere con chi giorno dopo giorno sta entrando a far parte della tua vita e di stupirti di quanto qualcuno sia disponibile e attento. e così ti ritrovi a parlare in cerchio davanti a quel cancello verde per non si sa quanto, dopo due, quattro o sei ore di turno, come due fidanzati che non riescono a salutarsi sotto al portone. Perché in fondo quello è un po’ il nostro portone. Sentire quel cancello verde come una casa e fare il possibile perché chiunque lo oltrepassi provi la stessa cosa. È una scommessa. A volte sembra impossibile. Ci sono giorni in cui sembra “così tanto casa” che diamo il peggio di noi, ce la prendiamo con chi ci capita a tiro, buttiamo fuori tutti i nostri malumori, che altro non sono che le nostre paure e insicurezze. Altre volte, per fortuna, al di là del cancello, i campi da calcio e da basket diventano l’open space dei nostri sogni, dove ogni persona che passa è di famiglia, dove ti senti libero di ballare con su il grembiule e in mano una vaschetta di patatine, dove per servire un panino ci vogliono dieci minuti, ma non perché si è lenti (anche, forse), ma perché quello è il momento giusto per parlare con chi si ha di fronte, conoscerlo, conoscersi...e ‘Solo insieme si può’!

Letizia Alippi

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Il Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) si è radunato all’Oasi Rosa Mistica di Borgo Priolo (Pv) nei giorni 20-21 settembre per vivere la “due giorni” di riflessione, lavoro e programmazione. L’incontro è stato occasione per una più approfondita conoscenza tra il CPP e il nuovo Parroco, nonché per una attenta revisione del percorso pastorale dell’ultimo anno. Si è quindi proceduto alla programmazione dell’anno pastorale, a partire dalla nota pastorale del cardinale Angelo Scola su La comunità educante.La nota, dedicata in particolare al cammino dell’Iniziazione cristiana, constata le difficoltà dell’azione educativa nell’attuale contesto sociale altamente frammentato e sottolinea la necessità di aiutare i ragazzi a trovare un centro di unificazione dell’io e delle proprie esperienze: per la Chiesa il criterio unificante è la persona di Gesù, è l’incontro con Lui che dà alla vita una direzione decisiva. Tale incontro deve avvenire all’interno di una comunità educante, ossia di un insieme di persone che vivono questo incontro come principio di unità dell’io e della realtà. molte figure educatrici ruotano attorno ai ragazzi,

ma di rado esse danno voce ad una proposta unitaria, presentandosi come parte di una singola comunità. La comunità educante è chiamata ad essere portatrice di un’unica proposta che riguarda tutte le dimensioni della vita. Il suo stile dev’essere il coinvolgimento reciproco, l’amicizia in Cristo tra tutti gli educatori, che suggerisca agli educati la bellezza di far parte di quella fraternità.Il CPP ha riflettuto su come promuovere uno stile educativo unitario, capace di incontrare e affascinare quanti entrano in rapporto con la comunità cristiana; ha inoltre riflettuto sui modi per raggiungere e incontrare i bisogni e le necessità delle persone che vivono nella Parrocchia. A seguito di una prolungata riflessione comunitaria sulla necessità e realizzabilità dei molti obiettivi proposti, il CPP ha convenuto di intraprendere le seguenti azioni nelle varie aree di intervento pastorale.

Ambito caritativoviene individuata come prioritaria l’esigenza di riprovare a costruire una rete di “sentinelle”, ossia di persone che si facciano carico di individuare e segnalare i bisogni

Documento finale CPP

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Vita di comunità

e le difficoltà delle persone che vivono nel quartiere. Occorre partire da una mappa di ciò che già si può sapere attraverso le persone che frequentano la parrocchia, per poi estendere la rilevazione attraverso la realizzazione di incontri personali. Occasione propizia può essere la comunicazione alle famiglie dell’arrivo di un nuovo parroco e della sua disponibilità a visitare le famiglie, anche in vista delle benedizioni natalizie. Si formerà una commissione dedicata a promuovere il progetto e verificarne l’andamento per riferire al CPP.

Ambito dell’iniziazione cristianaSi evidenzia la necessità urgente di coinvolgere i genitori, rendendoli parte integrante della comunità educante. Ciò potrà avvenire attraverso tre modalità: l’introduzione della prassi di coinvolgere i genitori in qualche piccolo lavoro da svolgere a casa con i propri figli; l’organizzazione di alcuni momenti di incontro con i genitori, sotto forma di aperitivo seguito da un breve momento di dialogo e corresponsabilizzazione; l’organizzazione di due-tre incontri di carattere più generale, dedicati ai temi dell’educazione dei figli, in cui coinvolgere anche i genitori dei ragazzi dei gruppi post-cresima. La commissione catechesi oratorio e quella catechesi adulti si incaricheranno di preparare questi momenti, riferendo poi al CPP.Inoltre, si evidenzia la necessità di promuovere l’unitarietà dello stile e della proposta catechistica, realizzando quattro incontri di formazione a livello parrocchiale per i catechisti.Infine, in vista del prossimo anno, quando si comincerà l’iniziazione cristiana dalla seconda elementare, si propone

di realizzare uno o due incontri con i genitori, che verranno contattati sulla base di conoscenze e dei registri dei battesimi, per sensibilizzarli al tema della formazione cristiana dei loro bambini, preparandoli all’impegno di partecipare agli incontri introduttivi del catechismo nei mesi da ottobre a dicembre prossimi.

Ambito liturgico e catechesi degli adultiPer rinsaldare la consapevolezza dell’appartenenza ad un’unica comunità educante, si propone la partecipazione di tutti gli operatori pastorali a una messa feriale

settimanale.Inoltre, si decide di reintrodurre la prassi del ritiro parrocchiale in una domenica di Avvento e Quaresima, di affidare l’animazione dell’adorazione mensile ogni volta ad un gruppo parrocchiale e di curare maggiormente la realizzazione delle Quarantore, facendovi partecipare i bambini del catechismo e i ragazzi dei gruppi post-cresima. Si affida alla commissione liturgia il coordinamento per l’organizzazione di questi momenti, nonché lo studio della possibilità – proposta lo scorso anno ma non realizzata – di porre un libro delle intenzioni all’ingresso della Chiesa per dare la possibilità a chi vuole di scrivere una preghiera da leggere eventualmente anche durante una messa.Si propongono poi cinque incontri di catechesi per gli adulti e lectio divina, con temi e modalità che vengono affidati alla riflessione della commissione catechesi adulti, che riferirà al CPP.Infine, si decide di reintrodurre la celebrazione della confessione comunitaria, da realizzare in Avvento e Quaresima.

Ambito oratorio-festeSi propone una sorta di campo-scuola di tre giorni per le famiglie dei ragazzi che frequentano l’oratorio e i gruppi, da realizzare d’inverno sulla neve, oppure durante le vacanze estive.Si propone di utilizzare meglio l’evento dell’O’rioneinfesta per far conoscere la Parrocchia, preparando delle brochure con la descrizione delle attività parrocchiali da consegnare a chi si avvicina solo in questa occasione.Si decide infine di ripristinare le cene comunitarie, con una cadenza approssimativa di una volta al mese.

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Calcio d’ango

lo

Cari lettori, questo mese ho trovato per voi una storia che ritengo molto attuale e che ho trovato piena di spunti su cui riflettere. ma prima di aggiungere la mia di riflessione vorrei che la leggeste con attenzione.

Mario era un allenatore a fine carriera. Come tutti nella vita aveva vissuto momenti di gloria ed attraversato stagioni tempestose.In ogni occasione, però, non aveva mai perso la dignità, poteva affermare di aver camminato a testa alta. Tutti i giocatori che aveva allenato ed allenava gli volevano bene, quel bene che si può volere solo ai padri. Mario non era uno di quelli allenatori alla moda. Era un tipo strano: non usava lavagne, non era schiavo degli schemi, parlava pochissimo, ma quel pochissimo era come una medicina miracolosa che arrivava al cuore dei suoi giocatori. Lui sapeva leggere nel cuore della gente, era un maestro di vita e di sport. Insegnava ai suoi ragazzi ad essere prima uomini e poi calciatori.Un tipo così, purtroppo, non poteva piacere a tutti, anzi alla maggioranza non piaceva. Troppo scomodo, poco amante della televisione e nemico delle chiacchiere inutili, Mario aveva molti nemici. In una delle ultime stagioni della sua carriera, alcuni decisero di istigargli contro la tifoseria.Il bastimento che pilotava lottava per non affogare nelle pericolose acque della retrocessione.Ma a quell’equipaggio non si poteva proprio chiedere di più. Capitò che, dopo una sconfitta rocambolesca ed immeritata, i suoi nemici architettarono un piano per farlo fuori. Decisero di accusarlo di una delle cose più ignobili che si possano dire ad un uomo onesto: di essere disonesto.I suoi squallidi detrattori s’inventarono che aveva convinto i giocatori a vendere quella gara persa nei giorni precedenti. La notizia fu gonfiata come un palloncino e come un palloncino che vola in alto fece alzare gli occhi al cielo di molte persone. Si sa, chi alza gli occhi al cielo, spesso non vede la realtà che gli si presenta davanti e così alcuni iniziarono a credere che Mario ed i suoi ragazzi fossero dei venduti. Accusa peggiore non ci poteva essere. Mario era amareggiato, disgustato, voleva mollare tutto, ma decise di andare, come sempre, avanti. Intanto la polemica si stava gonfiando e la domenica successiva esplose in pieno. Una parte della tifoseria lo fischiò e issò striscioni offensivi. La sfortuna volle che anche quella gara andasse male. I suoi detrattori stuzzicarono ancora di più i tifosi, che esplosero contro la squadra. Era diventato impossibile pure allenarsi, sui giornali continuavano le ingiurie su di lui.Mario era infuriato, stava quasi per mandare tutti a quel paese ed era quasi sul punto di farlo. In lui, però, scattò una molla: non poteva chiudere così, non poteva permettere che gettassero fango sul suo viso e su quello dei suoi ragazzi.Decise di rispondere all’odio con l’amore. Due giorni prima di una partita delicata, mentre i tifosi inveivano contro di lui e i ragazzi e mancava poco alla fine dell’allenamento, decise – tra lo stupore generale – di farsi portare un tavolo e due sedie in mezzo al campo. Dopodiché andò verso i tifosi e disse: “Parliamone. Chiariamoci. Potete venire qui, ad uno a uno, al centro del campo, sedervi a quel tavolino con me. Potete dirmi le offese peggiori, potete farmi le domande che volete, vi risponderò a tutto. Se questo non vi basta, potete venire a casa mia o andare a quella dei miei giocatori. Potete vedere cosa facciamo, come viviamo. Possiamo andarci a bere qualcosa insieme. Ricordatevi l’importante, tra le persone, è parlare, confrontarsi, chiarirsi.”Il pubblico restò in silenzio per qualche minuto, poi, un po’ per volta alcuni tifosi si presentarono e parlarono con il mister. La processione andò avanti per due ore. Con tutti Mario fu cordiale e franco nelle risposte. Ormai era scesa la notte ed il campo d’allenamento era ancora pieno di gente. Gli animi, però, si erano calmati ed anche i più

Il fango non può sporcare un viso pulito

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Calcio d’angolo

esagitati sembravano pecorelle impaurite. A quel punto Mario chiese: “Ci sono altre domande?” “No!” Rispose in coro il pubblico. “ Allora – esclamò Mario – ora torniamo tutti a casa e domenica voglio vedervi tutti a tifare per noi e condurci alla salvezza. Ricordatevi, però. Che la realtà non è per sempre quella che vi vogliono far credere e sappiate che c’è solo Uno che può giudicare e quello non sono di certo io, non siete voi, né qualcun altro che si diverte a parlar male di me.”I tifosi rimasero in silenzio, poi partì un grosso applauso accompagnato da cori di incitamento indirizzati alla squadra ed al suo allenatore. La domenica seguente tutto lo stadio trascinò con un tifo scatenato gli uomini di Mario dal primo all’ultimo minuto. Il risultato fu una vittoria fondamentale per la salvezza. Il giorno dopo, un giornalista, uno di quelli che aveva attaccato vigliaccamente Mario e che, invece, dopo l’ultimo successo l’aveva esaltato gli chiese: “Mister, grande partita non trova?” Mario lo guardò fisso negli occhi e, aspettando qualche secondo prima di rispondergli facendo così stemperare la rabbia che covava in corpo, rispose sorridendo: “Certo, ti ringrazio. Ma soprattutto abbiamo avuto un grande pubblico!”

Leggendo questa storia ho avuto modo di riflettere su vari aspetti che sono riuscito ad individuare all’interno di questo racconto, che semplicemente dal suo titolo ha suscitato in me un grande interesse: “Il fango non può sporcare un viso pulito”. ebbene sì, se una persona è corretta e si dimostrerà sempre come tale, niente e nessuno potrà rovinare la sua reputazione. L’essere onesti, sinceri e corretti come il nostro allenatore Mario è un dono, un dono molto particolare perché inevitabilmente la società di oggi ti porta a combattere da una parte “nemici invidiosi” e dall’altra brave persone che credono alla menzogna e distolgono lo sguardo dalla realtà, ma grazie al cielo questi ultimi prima o poi, di fronte all’onestà e alla capacità del nostro allenatore Mario di arrivare al cuore delle persone, devono aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà sostenendo ciò che è giusto. Insomma per vincere non si può giocare sporco e tutti quanti dovremmo stare attenti a quello che oggi ci fanno credere, perché i “franchi tiratori” sono sempre in agguato, non perdono tempo e alla prima occasione dipingono la realtà a loro piacimento. Ed è qua che dobbiamo prendere esempio dal nostro protagonista, nel testo c’è una frase che

Luca CeciTERZA CATEGORIA

1 Fatima 132 Forza e Coraggio 123 S.Rita vedetta 114 Red Devils 108 Orione 8

JUNIORES1 Sp. valleambrosia 162 Frog Milano 132 Basiglio Milano 3 132 Accademia Gaggiano 136 Orione 10

ALLIEVI A1 Triestina 152 Sempione Half 132 Barona 132 Iris 86 Orione 7

ALLIEVI B1 Travaglia 162 Accademia Gaggiano 152 Trezzano 132 Cesano Boscone 77 Orione 4

GIOVANISSIMI B1 Olmi Cesano 181 Alcione 183 Muggiano 123 Iris 126 Orione 3

www.usorionemilano.itGIOVANISSIMI A

1 Basiglio Milano 3 181 Rogoredo 123 Forza e Coraggio 93 Franco Scarioni 65 Orione 3

rappresenta uno degli insegnamenti di nostro Signore, Mario infatti: “decise di rispondere all’odio con l’amore”. Nonostante la rabbia riesce contrastare i suoi avversari con un gesto che fa riflettere sull’importanza che questo allenatore dà a tutti quelli che lo circondano, dai giocatori ai tifosi, evidenzia l’amore e l’interesse nei loro confronti. E sempre sulle orme del divino insegnamento ricorda a tutti un fattore importante e viene riportato in questa frase: “sappiate che c’è solo Uno che può giudicare e quello non sono di certo io, non siete voi, né qualcun altro che si diverte a parlar male di me.” Personalmente credo che ognuno di noi sia parte di questa storia, ognuno abbia il suo ruolo, sì perché ci sono “i nemici invidiosi”, così mi piace definire coloro che si credono abili pittori nel dipingere la realtà, ci sono poi i “tifosi” che rappresentano la grande maggioranza delle persone, categoria nella quale mi inserisco, e poi c’è Mario che è quello che vorrei diventare e che credo tutti dovrebbero diventare, come fa lui attraverso gli insegnamenti di Dio.Tutti dovrebbero riflettere attentamente sul significato di questa storia e tutti dovrebbero con umiltà e onesta guardarsi dentro per capire in quale figura si ritrovano.

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In

bacheca

Novembre20141 S

2 D

3 L Formazione educatori al S.Vito h.19.00 adorazione comunitaria h.21.00

4 M

5 M

6 G

7 V

9 D MGO Tortona

8 S MGO Tortona

10 L CPP h.21.00

12 M

13 G

14 V Lectio divina h.21.00

15 S

16 D

17 L Formazione catechiste h.20.45 Esercizi spirituali per giovani in Duomo h.21.00

18 M Esercizi spirituali per giovani in Duomo h.21.00

19 M Esercizi spirituali per giovani in Duomo h.21.00

20 G

21 V

D23 Ritiro Parrocchiale per l’Avvento h.9.00

22 S

L24 Scuola della Parola alla San Giovanni Battista la Creta h.20.45

M25

M26

G27

V28 Formazione catechiste h.20.45

11 MDomenica 30novembre

Battesimi comunitari

14 dicembre

Spettacolo coro10

sala Giambelli ore 11.30 29 S

D30 Battesimi comunitari h.10.00

ore 10.00

Cari ragazzi, e amici tutti della comunità,sento il desiderio di ringraziarvi per la vostra partecipazione al dolore di Mattia e della sua famiglia. Vi ho visti tutti belli, giovani e vigorosi. Ma la forza magica era nella vostra voce.Quell’ Ave Maria scandita con un ritmo forte e convinto! Pensavo a mio marito Alberto, sentivo con certezza che la sua anima volava, volava su quelle ali di canti e preghiera.Volava lontano su dal nostro Signore che desiderava ringraziare per tutto quello che dalla Vita ha ricevuto. Era una persona positiva, di fede. Tutto questo è stato molto bello.Mi sembra di sentirlo dire “ Ma che bella gioventù “ .Grazie ragazzi. Etelka

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