concerti dell'auditorio 2013

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Maestro, poeta, cantanti ed orchestra Orchestra della Svizzera italiana Coro della Radiotelevisione svizzera Concerti dell’Auditorio, Lugano 1 1 gennaio – 29 marzo 2013

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Page 1: Concerti dell'Auditorio 2013

Maestro, poeta, cantanti ed orchestra

Orchestra della Svizzera italianaCoro della Radiotelevisione svizzera

Concerti dell’Auditorio, Lugano1 1 gennaio – 29 marzo 2013

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INDICE

5 INTRODUZIONE AI CONCERTI

7 CALENDARIO

9 ABBONAMENTI E BIGLIETTI LUGANO

15 OSI

17 I FANTASMI DELL’OPERA

85 DIREZIONE E STAFF

87 CONTATTI

AUDITORIO RSI

LUGANO

23 VENERDÌ 1 1 GENNAIO

27 GIOVEDÌ 24 GENNAIO

VENERDÌ 25 GENNAIO

3 1 VENERDÌ 1. FEBBRAIO

35 VENERDÌ 8 FEBBRAIO

39 VENERDÌ 1 5 FEBBRAIO

43 VENERDÌ 22 FEBBRAIO

47 VENERDÌ 1. MARZO

51 VENERDÌ 8 MARZO

55 SABATO 9 MARZO

59 DOMENICA 10 MARZO

63 GIOVEDÌ 14 MARZO

VENERDÌ 1 5 MARZO

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TEATRO SOCIALE

BELLINZONA

43 SABATO 23 FEBBRAIO

COLLEGIATA

BELLINZONA

7 1 VENERDÌ 29 MARZO

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CHRISTIAN GILARDI

RESPONSABILE SETTORE MUSICALE

DIPARTIMENTO CULTURA RSI

“Maestro, poeta, cantanti ed orchestraLevate le vele, la sorte vi è destra.Con tante d’orecchie, v’aspetta Damasco;Urlando, suonando farete furor.”

Se anche questi versi – frutto della collaborazione tra Carlo Pedrotti e Marco Marcellia-no Marcello per il Tutti in maschera andato in scena al Teatro Nuovo di Verona il 4 novembre 1856 – non sono passati alla storia grazie ai particolari meriti artistici, assai significativi sono nel rappresentare quel grumo di umanità e di energie che da sempre si è connaturato all’opera lirica. Sapori forti, esistenze dinamiche, storie travolgenti, scandali e lacrime che hanno contrappuntato quattro secoli di cultura italiana unifican-do il colto e il popolare, il ricco e il povero, il professore e l’analfabeta come nient’altro ha saputo fare. Inutile poi dire dell’influenza che la musica operistica italiana ha avuto in tutta Europa. E di questo indescrivibile vigore vogliono essere specchio i Concerti dell’Auditorio 2013, in una forma sublimata che porterà il mondo dell’opera a riconden-sarsi nella sala da concerto degli studi RSI a Besso. Niente palcoscenico e quinte, perciò: l’intenso sapore del melodramma rivivrà attraverso il respiro sinfonico di celeberrime ouvertures, suites o di irresistibili intermezzi danzanti. Verdi (del quale assieme a Wagner si festeggia nel 2013 il duecentenario dalla nascita), Rossini, Mozart, Mascagni, Puccini troveranno quindi un insolito posto sui leggii dell’Orchestra della Svizzera italiana, anche grazie a pagine strumentali di rara esecuzione pubblica, come il Divertimento per due clarinetti di Amilcare Ponchielli o il Concerto a fagotto principale di Gioachino Rossini. La figura e l’opera del massimo pesarese faranno da introduzione ad un altro anniver-sario di questo 2013: il centenario dalla nascita di Benjamin Britten, il compositore britannico che su materiali rossiniani compose le Soirées Musicales op. 9.Nella nuova edizione dei Concerti dell’Auditorio si rinnova anche l’apprezzato appunta-mento con i tre concerti “carta bianca” e, dato questo tema generale, non si poteva che offrire la scelta dei programmi ad uno dei massimi custodi dell’arte lirica italiana: il direttore d’orchestra Nello Santi che proporrà tre programmi insoliti nell’impaginazione, frutto di un lungo lavoro di ricerca su Verdi e il Verismo italiano. Si rinnova anche l’appuntamento con Primo Piano Ashkenazy che propone due concerti di musica da camera con il grande pianista.Per il bicentenario dalla nascita del grande operista bussetano, il Venerdì Santo, propor-remo la Messa da Requiem con l’OSI e il Coro RSI diretti da Diego Fasolis.In collaborazione con Lugano Festival, i Vesperali - Amici della Musica in Cattedrale e il Municipio di Bellinzona saremo proprio nella Capitale ticinese, in Collegiata, per proporvi il grande affresco musicale di Verdi.Per realizzare questa stagione concertistica abbiamo chiamato direttori d’orchestra e solisti che frequentano abitualmente questo repertorio, cercando di diversificare le proposte con alcune novità che andrete scoprendo leggendo il programma.

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FEBBRAIO 201 3

Venerdì 1 ore 20.30 p. 3 1Orchestra della Svizzera italianaDirettore Alain LombardSolista Raphael Wallfisch violoncelloMusiche di Mozart, Haydn, Schubert

Venerdì 8 ore 20.30 p. 35Orchestra della Svizzera italianaDirettore Daniele RustioniSolista Pavel Berman violinoMusiche di Rossini, Prokof’ev, Beethoven

Venerdì 15 ore 20.30 p. 39Orchestra di fiati della Svizzera italianaDirettore Angelo BolciaghiMusiche di Mercadante, Ponchielli, Verdi, Respighi, Reed

Venerdì 22 ore 20.30 p. 43Orchestra della Svizzera italianaDirettore Donato RenzettiSolista Vincent Godel fagottoMusiche di Rossini, Britten

Sabato 23 febbraio ore 20.45 p. 43Teatro Sociale BellinzonaOrchestra della Svizzera italianaDirettore Donato RenzettiSolista Vincent Godel fagottoMusiche di Rossini

GENNAIO 201 3

Venerdì 1 1 ore 20.30 p. 23Orchestra della Svizzera italianaDirettore Alain LombardSolista Benedetto Lupo pianoforteMusiche di Mozart, Sibelius, Bizet

Giovedì 24 e Venerdì 25 ore 20.30 p. 27Orchestra della Svizzera italianaDirettore Nello SantiMusiche di Verdi

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MARZO 201 3

Venerdì 1 ore 20.30 p. 47Orchestra della Svizzera italianaDirettore Nello SantiSolisti Corrado Giuffredi, Paolo Beltramini clarinettoMusiche di Mascagni, Wolf-Ferrari, Cilea, Puccini, Catalani, Ponchielli

Venerdì 8 ore 20.30 p. 51Orchestra della Svizzera italianaDirettore Markus PoschnerSolista Cédric Pescia pianoforteMusiche di Mozart, Schubert, Beethoven

Sabato 9 ore 20.30 p. 55Primo Piano AshkenazySolisti Vladimir Ashkenazy, Vovka Ashkenazy pianoforte, Dimitri Ashkenazy clarinetto, Daniel Dodds violino, Antonio Lysy violoncelloMusiche di Blake, Šostakovi, Musorgskij

Domenica 10 ore 17.00 p. 59Primo Piano AshkenazySolisti Vovka Ashkenazy pianoforte, Dimitri Ashkenazy clarinetto, Daniel Dodds violino, Antonio Lysy violoncelloMusiche di Beethoven, Stravinskij, Schickele

Giovedì 14 e Venerdì 15 ore 20.30 p. 63Orchestra della Svizzera italianaDirettore Juraj ValuhaSolista Detlef Roth baritonoMusiche di Wagner, Martin, Beethoven

Venerdì 22 ore 20.30 p. 67Orchestra della Svizzera italianaDirettore Nello SantiSolista Adriana Marfisi sopranoMusiche di Verdi

Venerdì 29 ore 20.40 p. 7 1Collegiata BellinzonaConcerto del Venerdì SantoOrchestra della Svizzera italianaCoro e solisti della Radiotelevisione svizzeraDirettore Diego FasolisMusiche di Verdi

Sito webrsi.ch/concertiauditorio

Con riserva di modificheStampato in novembre 2012

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ABBONAMENTI E BIGLIETTI

Media Partner

Abbonamenti a 12 concerti

Club Rete DueAmici OSI

AVS e abbonati CdT

*Abbonamenti a 2 concerti

Club Rete DueAmici OSI

AVS e abbonati CdT

Biglietti

Club Rete DueAmici OSI

AVS e abbonati CdTStudenti (da 19 anni)

Fino a 18 anni

Centrali Laterali

CHF 420.– 360.–

CHF 340.– 280.–CHF 400.– 340.–

Centrali Laterali

CHF 70.– 60.–

CHF 50.– 40.–CHF 60.– 50.–

CHF 40.– 35.–

CHF 30.– 25.–CHF 35.– 30.–CHF 5.–

biglietto gratuito

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La prevendita per i nuovi abbonamenti avrà luogo da lunedì 10 a venerdì 14 dicembre alla RSI, Via Canevascini, Lugano, negli orari 9.00–1 1.30/13.30–16.30 oppure telefonando allo 091 803 95 49.

In occasione dei Concerti dell’Auditorio 2013 verranno raddoppiati 2 concerti* il giovedì 24 gennaio e 14 marzo, con la possibilità di acquistare un mini abbonamento per le due serate.

Prevendita biglietti da mercoledì 19 dicembre in tutti i punti vendita Ticketcorner (uffici postali, Manor, stazioni FFS) e online www.ticketcorner.com.I biglietti saranno pure in vendita alla cassa dell’Auditorio RSI la sera dei concerti dalle 19.00.

I biglietti gratuiti destinati ai giovani fino a 18 anni, sono disponibili solo alla cassa dell’Auditorio RSI la sera dei concerti dalle 19.00 (previa disponibilità dei posti in sala).

Il concerto di sabato 23 febbraio è fuori abbonamento. I biglietti sono acquistabili online www.ticketcorner.com.

Il concerto di venerdì 29 marzo è fuori abbonamento. I biglietti saranno acquistabili all’inizio della prevendita di Lugano Festival.

Con riserva di modifiche

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AUDITORIO STELIO MOLO

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VIOLINI

Robert Kowalski SpallaTamás Major Spalla Walter Zagato Sostituto spallaAndreas Laake 1a parteHans Liviabella 1a parteBarbara Ciannamea–Monté Rizzi Sostituto 1a parteMaria Cristina Andreae–FerrariniChun He GaoCristina Tavazzi–SavoldoIrina Roukavitsina-BellisarioDuilio GalfettiFabio ArnaboldiKatie VitalieDenis MonighettiPiotr Nikiforoff

VIOLE

Monica Benda 1a parteIvan Vukevic 1a parteMatthias Müller Sostituto 1a parteAurélie Adolphe Andriy Burko

VIOLONCELLI

Taisuke Yamashita 1a parteJohann Sebastian Paetsch 1a parteFelix Vogelsang Sostituto 1a parteBeat Helfenberger

CONTRABBASSI

Ermanno Ferrari 1a parteEnrico Fagone 1a parteAnton Uhle

FLAUTI

Alfred Rutz 1a parteBruno Grossi 1a parte

OBOI

Marco Schiavon 1a parteFederico Cicoria 1a parte

CLARINETTI

Paolo Beltramini 1a parteCorrado Giuffredi 1a parte

FAGOTTI

Vincent Godel 1a parteAlberto Biano 1a parte

CORNI

Zora Slokar 1a parteGeorges Alvarez 1a parte

TROMBE

Sébastien Galley 1a parteMilko Raspanti 1a parte

TIMPANI

Louis Sauvêtre 1a parte

DIRETTORI TITOLARI

Alain Lombarddal 2005 direttore onorario1999–2005 direttore principaleMikhail Pletnev 2008–2010 primo direttore ospiteSerge Baudo 1997–2000 primo direttore ospiteNicholas Carthy 1993–1996 direttore stabileMarc Andreae 1969–1991 direttore stabileOtmar Nussio 1938–1968 direttore stabileLeopoldo Casella 1935–1938 direttore stabile

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ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA

L’Orchestra della Svizzera italiana è una delle 13 formazioni a livello professionale attive in Svizzera. Composta da 41 musicisti stabili, è finanziata dal Cantone Ticino e dalla Radiotelevisione svizzera. Dà vita annualmente alle due stagioni musicali di Rete Due (Concerti d’autunno al Palazzo dei Congressi di Lugano e Concerti dell’Auditorio RSI) e partecipa regolarmente alle Settimane Musicali di Ascona, a Lugano Festival e al Progetto Martha Argerich. Si esibisce nei maggiori centri nazionali ed internazionali. Effettua numerose registrazioni in studio, finalizzate all’emissione radiofonica o alla produzione discografica. Per mantenere e consolidare il proprio impegno con la regione, offre un’ampia serie di concerti rivolti alla popolazione: dai concerti estivi nelle località più discoste della Svizzera italiana ai concerti per famiglie; dai concerti per le scuole alle collaborazioni su più fronti con il Conservatorio della Svizzera italiana. Nel 2010 l’OSI si è esibita al Parco della Musica di Roma con Lorin Maazel, a Costanza e Milano con Rudolf Buchbinder, in Tournée per tutta la Svizzera con Vadim Repin. Nel settembre 201 1 è stata protagonista al Teatro degli Arcimboldi a Milano di un impor- tante concerto con il noto gruppo rock italiano PFM. Il 2012 l’ha vista protagonista al Teatro alla Scala di Milano nel cartellone ufficiale della stagione con Salvatore Accardo e in tournée nei maggiori Teatri del Brasile con John Neschling.

LA STORIA

Nata come Orchestra di Radio Monte Ceneri nel 1935 a Lugano, ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo musicale del territorio. Ha dato avvio ad importanti Festival a Lugano, Locarno e Ascona fin dagli anni ‘40, ed è stata diretta da grandi personalità musicali quali Ansermet, Stravinskij, Stokowsky, Celibidache, Scherchen. Ha collaborato con innumerevoli compositori quali Mascagni, R. Strauss, Honegger, Milhaud, Martin, Hindemith e, in tempi più vicini, Berio, Henze e Penderecki. Direttore stabile tra il 1938 ed il 1968 è stato Otmar Nussio, di origini grigionesi, che ha dato grande sviluppo all’attività concertistica, aprendola a collaborazioni internazio-nali. Con Marc Andreae, direttore stabile dal 1969 al 1991, la Radiorchestra ha conso-lidato il proprio ruolo, ampliando la programmazione musicale e promuovendo prime esecuzioni dei maggiori compositori viventi. Nel 1991 l’Orchestra prende il nome attuale e inizia a mettersi in luce a livello internazionale, esibendosi nelle più prestigiose sale di città come Vienna, Amsterdam, San Pietroburgo, Parigi, Milano e Salisburgo. Nel 1999 avvia un’intensa collaborazione con Alain Lombard, che dapprima ricopre il ruolo di direttore principale e nel 2005 è nominato direttore onorario. Dal 2008 al 2010 si avvale anche della prestigiosa collaborazione di Mikhail Pletnev in qualità di Primo direttore ospite. Attualmente l’Orchestra della Svizzera italiana attira a Lugano i grandi nomi del pano-rama direttoriale e i più celebri solisti del momento, alcuni dei quali sono divenuti ospiti ricorrenti come Martha Argerich, Alexander Vedernikov e Heinz Holliger.

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I FANTASMI DELL’OPERA

ENZO RESTAGNO

Una stagione sinfonica costruita sul paradosso che spesso siano protagonisti in campo sinfonico i compositori che dedicarono la maggior parte delle loro energie al teatro musicale non può non suscitare curiosità e qualche divagazione leggermente surreale sul destino della musica e dei musicisti. Proviamo dunque ad abbandonarci a qualche ipotesi apparentemente bizzarra.

Che Bach avesse un talento drammatico di prim’ordine è un fatto che non può essere messo in dubbio; basta ascoltare le sue Passioni per rendersene conto; eppure il Kantor non scrisse mai un’opera, né si vede come avrebbe potuto farlo nella severa e mori-gerata Lipsia in cui visse per molti anni. Il suo coetaneo Georg Friedrich Händel ebbe una sorte tutta diversa; venne presto in Italia dove imparò il mestiere in maniera incomparabile sparpagliando le sue opere “italiane” nei teatri di mezza Europa ma alla fine, nell’Inghilterra che lo aveva adottato, finì anche lui con lo scrivere oratori.

Per l’opera tedesca bisognava ancora aspettare a lungo ma quando alla fine Wagner decise di farla nascere si trovò tra le mani, ed ebbe l’intelligenza di appropriarsene, l’eredità del vecchio Kantor. Che cosa mai meglio dei recitativi delle Passioni del vecchio Bach avrebbe potuto convenire ai lunghi racconti dei personaggi che popolano le sue opere e che ogni tanto si fermano a raccontarsi la storia del mondo? Le parole tedesche musicate in quelle partiture, che proprio allora stavano tornando prepotentemente di moda, essendo mutuate dalle Scritture evangeliche, risuonavano con una forza sacra e solenne. Avevano qualcosa di scultoreo che andava ben al di là del tono del racconto e Wagner, determinato a lasciarsi dietro le spalle le scorie di banalità che, secondo lui, affliggevano le opere degli altri compositori, scelse la sonorità di quelle parole, la fece sua e diede alle sue opere un tono inconfondibile.

Wagner possedeva un talento per l’orchestrazione che non ha mai smesso di affascina-re gli ascoltatori ed è normale, anche se un po’ ingenuo, che, ascoltando il Preludio del Tristano o quello del Lohengrin, uno finisca col chiedersi come mai un simile mago dell’orchestra non abbia (salvo qualche trascurabile tentativo giovanile) mai scritto una sinfonia.

Nel mondo della musica contraddizioni del genere sono frequenti e la fantasia degli ascoltatori non si stanca mai di rimodellare l’universo acustico seguendo il suo capriccio: Bach che scrive delle bellissime opere e Wagner che compone delle splendide sinfonie sono classiche manifestazioni di questo capriccio. Senza nulla togliere alla poeticità dei sogni, è bello ricordare che la realtà, a osservarla un po’ in profondità, è in grado di rivelare delle sorprese che a volte oltrepassano l’orizzonte dei sogni. Prendiamo l’esem-pio di Wagner che non compone delle sinfonie: non poteva farlo perché avrebbe negato il principio su cui si regge la costruzione delle sue opere. Una sinfonia presuppone una visione dialettica dell’esistenza (temi, sviluppi, riprese disposti ordinatamente come un’architettura che è metafora di una ben ordinata visione del mondo) non più accetta-

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ta dall’autore del Tristano per il quale la musica è un fluire ininterrotto come la vita stessa nella quale possono anche verificarsi ritorni e ripetizioni ma non certo in maniera sistematica, poiché i fili della vita senza troppa armonia li muove il destino o, volendo, le tre parche che vediamo all’opera all’inizio del Crepuscolo degli Dei. Una sinfonia, anche se assumesse il destino come tema, è una creazione filosoficamente molto orgogliosa che presume di organizzare dialetticamente l’esistenza e, in tal senso, rivela la sua origi-ne illuministica. E tuttavia il destino si insinua anche nei disegni della musica: quando abbiamo notato che Wagner raccoglie l’eredità dei recitativi delle Passioni di Bach, abbiamo rivelato solo una parte della verità. Per costruire il suo nuovo linguaggio l’opera tedesca aveva anche bisogno di momenti lirici, e la parola tedesca dove aveva trovato i suoi accenti lirici più persuasivi se non nell’atmosfera magica del Lied? Ecco quindi l’eredità di Schubert, che da ragazzo faceva arrabbiare Salieri perché preferiva mettere in musica insipidi versi tedeschi invece di quelli così ben sonanti del Metastasio, intrec-ciarsi a quella di Bach. Che cosa sia scaturito dalla confluenza di tali fonti lo scopriamo ascoltando il primo atto di La Valchiria nel cui finale Siegmund canta alla sua Siglinde “Folge mir nun, fort in des Lenzes lachendes Haus” (Seguimi ora nella ridente casa della primavera).

Il Wagner di cui si è parlato fin qui compare nel nostro cartellone con L’Idillio di Sigfrido che in nessun modo è riconducibile all’eroe della Tetralogia. L’origine di questo minu-scolo e delizioso poema sinfonico è invece affettuosamente borghese giacché il Maestro lo scrisse come omaggio alla moglie che aveva dato alla luce un figliolo cui fu imposto il nome di Sigfrido, nome faticoso da portare, soprattutto per un uomo dal carattere mite qual era Siegfried Wagner, accompagnato per tutta la vita da una madre e da una moglie particolarmente autoritarie.

Anche il timido Schubert fu vittima di paradossi ormai dimenticati: delle sue meraviglio-se sinfonie, salvo le primissime scritte per l’orchestra del Real Convitto, non ebbe occasione di ascoltarne nessuna. Anche dopo la sua morte l’umanità impiegò un certo tempo a liberarsi del pregiudizio che il grande compositore di Lieder fosse un mediocre sinfonista e questa valutazione la si doveva specialmente a coloro che erano stati i suoi amici più cari. Il pensiero che Huttenbrenner, uno di questi amici, abbia per una serie di frustrazioni e gelosie sconfinanti nella patologia (anche lui era un musicista!)tenuta nascosta in un cassetto L’Incompiuta e che il mondo poté conoscerla solonel 1865, quasi quarant’anni dopo la morte dell’autore, è di quelli che fanno rabbrividire!Anche la Sinfonia in do maggiore D.944, detta La Grande, era finita in un mucchio di carte da musica dopo la morte dell’autore ma in questo caso la scoperta del capolavoro avvenne nel segno della fraterna nobiltà di un artista come Robert Schumann. La storia è piuttosto nota ma è così bella che val la pena di rievocarla fuggevolmente. In visita a Vienna, Schumann va a far visita a Ferdinand, il fratello di Franz, che gli mostra di buon grado tutte quelle carte da musica ammassate su un tavolo:

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La ricchezza che ivi giaceva ammucchiata mi fece tremare di gioia; dove mettere

prima le mani, dove fermarsi? Fra l’altro, mi vennero mostrate le partiture di parecchie

sinfonie, molte delle quali non sono ancora state eseguite, anzi spesso furono messe

da parte, dopo ritoccate, perché troppo difficili o troppo ampollose. È necessario

conoscere Vienna, le particolari condizioni dei concerti, le difficoltà di riunire i mezzi

per allestire grandi esecuzioni, per scusare il fatto che qui, dove Schubert è vissuto

e ha scritto, all’infuori dei suoi Lieder, accade di sentir poco o nulla delle sue maggiori

opere strumentali. Chi sa quanto tempo anche la sinfonia, della quale oggi parliamo,

sarebbe rimasta coperta di polvere e nell’oscurità, s’io non mi fossi tosto inteso con

Ferdinand Schubert d’inviarla a Lipsia alla direzione del Gewandhaus ed all’artista

stesso che lo dirige, al cui acuto sguardo difficilmente sfugge la più timida bellezza

sbocciante e perciò tanto meno quella splendida e magistralmente abbagliante.1

Che lo stato di compositore di opere fosse quello capace di procurare a un musicista notorietà e magari anche ricchezza, furono in tanti a sperimentarlo a cominciare da Beethoven. I viennesi erano fieri di aver coltivato come nessun altro la musica strumen-tale e di aver fatto nascere con Haydn, Mozart e Beethoven la sinfonia, ma bastava che arrivasse in città una troupe di cantanti italiani diretta da Rossini, perché il pubblico si precipitasse ad ascoltarli lasciando nella più nera delusione colui che fino al giorno prima veniva definito “Il re dei musicanti”. Rossini però non era solo l’incomparabile tuto-re del Belcanto; era anche un musicista capace di far danzare gli strumenti dell’orche-stra con un brio che ancor oggi prorompe incontenibile, oserei dire, perfino da esecuzio-ni mediocri. Quella che dopo tanto tempo avremmo cominciato a chiamare “gestualità strumentale” l’ha inventata lui con le sue ouvertures e le sue sonate e il messaggio è ancora così vivo e vibrante che hanno potuto accoglierlo e svilupparlo perfino composi-tori del nostro tempo come Benjamin Britten, Luciano Berio e Franco Donatoni.Gestualità e humor, concisione e brillantezza, tenerezza e grandiosità… fare l’elenco degli attributi della ouverture rossiniana equivale a descrivere il disegno delle foglie di un intero albero; è così sterminato quell’elenco che tutti i compositori italiani di opere ne hanno tratto qualcosa, a cominciare dal Verdi non solo delle ouvertures ma forse ancor più dei “ballabili” che comportavano gli allestimenti francesi delle sue opere. Mascagni, Cilea, Ponchielli e il suo allievo Puccini continuarono ad alimentare il parados-so dell’operista che cede, talora squisitamente, alle lusinghe sinfoniche; dell’esordiente Puccini si arrivò addirittura a dire che forse con lui era nato un sinfonista!

Il punto in cui contraddizioni e paradossi cessano di esistere è Mozart. Dire, come si sente ripetere da ogni parte, che ciò accade perché lui è l’unico compositore in grado di affrontare con uguale bravura il teatro musicale e la musica strumentale non è altro che una petizione di principio. Uno dei numerosi componimenti di Mozart che figurano in questo cartellone riesce, a mio avviso, meglio di tutti gli altri a spiegare non solo

1 Ovviamente l’artista al quale Schumann si riferisce è Felix Mendelssohn, all’epoca direttore dei

concerti del Gewandhaus.

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l’affermazione della superiorità di Mozart ma anche alcuni dei problemi in cui ci siamo imbattuti fino qui; mi riferisco all’Ouverture da Il ratto dal serraglio.

Secondo una giusta convinzione di Carl Maria von Weber, che diresse l’Opera a Dresda nel 1818, col Ratto Mozart entra nella sua piena maturità conservando tuttavia gli irripetibili charme della gioventù:

Oso esprimere la convinzione che nel Ratto dal serraglio l’esperienza artistica

di Mozart fosse già giunta a maturazione, il resto lo fece poi l’esperienza delle cose

del mondo. Di opere come Le Nozze di Figaro e Don Giovanni, il mondo poteva

ragionevolmente aspettarsene altre da lui. Un secondo Ratto dal serraglio, con tutta

la buona volontà, non avrebbe invece potuto scriverlo. In esso credo di scorgere

ciò che per ciascuno di noi rappresentano i primi anni della giovinezza, il cui splen-

dore si sa di non poter mai più rivivere nello stesso modo.

Notoriamente Il ratto dal serraglio occupa nella produzione di Mozart un ruolo privile-giato dovuto al fatto che possiamo leggere le lettere in cui il compositore rivela al padre, durante la composizione, la sua concezione drammaturgica. In una lettera del 13 ottobre 1781 Mozart scrive:

In un’opera la poesia deve assolutamente essere la figlia ubbidiente della musica.

Perché mai le opere italiane (comiche) piacciono ovunque? Perché la musica vi regna

sovrana e fa dimenticare tutto il resto […]. Le parole devono essere scritte unicamen-

te in funzione della musica, senza mettere qua e là, per amore di qualche miserabile

rima […] parole o intere strofe che rovinano tutto il disegno del compositore […].

Il principio fondamentale che emerge dalle considerazioni di Mozart è che la struttura musicale è portatrice di significato; investe il testo e lo plasma drammaturgicamente. In questo spostamento della struttura musicale da un contesto all’altro, che abbiamo visto impraticabile per Wagner, risiede la superiorità di Mozart. E per struttura musicale non si intende l’applicazione di uno schema formale del tipo forma sonata ma la musi-ca con tutte i suoi estri, umori e sottigliezze che penetra per infusione nel testo conferendogli il suo vero significato.

Della sua Ouverture Mozart scrive: “Sarà molto breve e passerà continuamente dal ‘forte’ al ‘piano’. La musica turca ritorna con tutti i ‘forte’ modulando così da una tonalità all’altra e nessuno potrebbe ascoltandola addormentarsi, nemmeno dopo una notte insonne”. Come al solito Mozart racconta le cose con piglio scherzoso, ma quel “passare continuamente dal ‘piano’ al ‘forte’” produce nell’ascoltatore una sensazione di miste-rioso spaesamento nel tempo e nello spazio e in questo andare e venire di frasi che si ripetono spunta all’improvviso, in tempo “Andante”, una melodia un po’ esitante e malin-

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conica in cui riconosciamo l’aria di Belmonte “Hier soll ich dich denn sehen, Konstanze” che riascolteremo al termine dell’Ouverture. La melodia risuona malinconica nella tonalità di do minore in mezzo all’Ouverture; poche battute dopo, sulla bocca di Belmonte pas-sa in do maggiore e tutto diviene più concreto e nitido, come nel passaggio dal pensiero alla realtà: ecco la musica che struttura le parole del dramma conferendo loro il vero significato! A questo punto, ma solo a questo punto, tra un’opera, un concerto per piano-forte e orchestra o un quartetto può non esserci più alcuna differenza e di questa azione plasmatrice svolta dalle sue note Mozart era perfettamente conscio, come dimostra l’indimenticabile scambio di battute fra lui e l’imperatore al Burgtheater alla fine della prima esecuzione dell’opera:

– Troppo bello per le nostre orecchie e troppe note, mio caro Mozart!

– Solo quelle necessarie, Sire!

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IL RIMEDIO STA NELL’ARTE E NELLA MUSICA

Se è vero che la vita è un calvario di dolori e delusioni, un rimedio ideale potreb-be essere, secondo Schopenhauer, l’arte e soprattutto la musica. La Marcia funebre massonica di Mozart deve la sua composizione alla morte, a poca distanza tra loro, dei confratelli massoni Georg August von Mecklenburg-Strelitz e Franz Esterházy von Galantha, avvenuta a Vienna ai primi del novembre 1785. Insieme a Mozart i due nobili facevano parte della loggia massonica Zur gekrönten Hoffnung, luogo dove si tenne anche la cerimonia funebre in loro onore. Mentre la Marcia funebre di Mozart accompagna dunque un avvenimento doloroso ben preciso, il suo ultimo Concerto per pianoforte e orchestra in si bemolle maggiore invece è musica autonoma, “assoluta”, che si presta a varie interpretazioni. Il suo carattere intimo, con la rinuncia al virtuosismo del solista, con i numerosi passaggi in minore e con l’utilizzo, nel movimento finale, di un tema che sarebbe diventato la canzonetta Komm, lieber Mai (Sehnsucht nach dem Frühling, KV 596), ha indotto i suoi esegeti a vedervi tratti di rassegnazione e di nostalgia, sublimati tuttavia da una bellezza matura. Poiché l’autografo reca la data del 5 gennaio 1791, questo concerto potrebbe essere letto come un presentimento del compositore per l’ultima sua primavera. Ma più della musica assoluta è forse la cosidetta “musica funzionale” la più efficace per riferirsi ad eventi dolorosi concreti, anche quando questi si svolgono nello spazio immaginario del palcosce-nico. Spesso tali composizioni sopravvivono alla pièce per la quale furono composti. Georges Bizet scrisse una serie di brani orchestrali per la tragedia L’Arlésienne (1872) di Alphonse Daudet. Si tratta di una novella che narra del folle amore di un giovane per la figura centrale dell’opera, una giovane di Arles. L’amore lo porterà al suicidio. Mentre Bizet diede alle stampe una prima suite con pezzi tratti dalle sue musiche di scena, una seconda suite fu pubblicata solo quattro anni dopo la morte del compositore ed è, sostanzialmente, opera di Ernest Guiraud. In origine, anche la Valse triste op. 44 di Jean Sibelius faceva parte di sei composizioni per il teatro che il compositore aveva scritto nel 1903 per la prima del dramma Kuolema di Arvid Järnefeldt. La Valse triste accompagna la scena introduttiva: una madre, gravemente ammalata, racconta un suo sogno al figlio che l’accudisce. Nei suoi ricordi vi è un ballo, che viene interrotto dall’arrivo della Morte, con la quale la madre alla fine ballerà. Un valzer in minore, che – volendo nuovamente citare Schopenhauer – “pare racconti la perdita di una felicità frivola che sarebbe meglio disprezzare e sembra ricordare che, dopo tante fatiche e strapazzi, il fine raggiunto è ben misero”.

NICOLA SCHNEIDER

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

ALAIN LOMBARD

SOLISTA

BENEDETTO LUPO PIANOFORTE

Venerdì 1 1 gennaioore 20.30Auditorio RSILugano

WOLFGANG AMADEUS MOZART

1756–1791

Marcia funebre massonica in do minore KV 477 (1785) 8’ Adagio

Concerto per pianoforte e orchestra n. 27 in si bemolle maggiore KV 595 (1791) 30’ Allegro Larghetto Allegro

JEAN SIBELIUS

1865–1957

Valse triste per orchestra, dalla musica di scena per Kuolema, dramma di A. Järnefelt op. 44 (1903) 6’

GEORGES BIZET

1838–1875

L’Arlésienne per orchestra (1872) 35’Suite n. 1 Prélude Minuetto Adagietto Carillon

Suite n. 2 Menuet Farandole

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ALAIN LOMBARD

Nel 1966 ha ottenuto la medaglia d’oro al Concorso Dimitri Mitropoulos, divenendo subito dopo l’assistente di Karajan a Salisburgo e di Bernstein a New York. Ha avviato un’intensa attività quale direttore ospite di importanti orchestre come la New York Philharmonic, la Philadelphia Orchestra, la Chicago Symphony, la London Symphony e i Berliner Philharmoniker. È stato direttore stabile del Metropolitan di New York, dell’Orchestra Filarmonica di Strasburgo e dell’Opera di Rhin. Dal 1981 al 1983 ha assun-to la direzione dell’Opera di Parigi e successivamente è stato direttore dell’Opera di Bordeaux, dirigendo circa 200 spettacoli all’anno fra opere e concerti. Nel 1999 ha iniziato una stretta collaborazione con l’Orchestra della Svizzera italiana nel ruolo di direttore principale e nell’autunno 2005 gli è stata conferita la carica di direttore onorario. Ha inciso numerosi dischi che hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali, alcuni dei quali con l’OSI.

BENEDETTO LUPO

Considerato dalla critica internazionale come uno dei talenti più interessanti e completi della sua generazione, ha debuttato a tredici anni con il Concerto n. 1 di Beethoven, imponendosi subito in numerosi concorsi internazionali, tra i quali il Cortot ed il Ciudad de Jaén in Europa, il Robert Casadesus, Gina Bachauer e Van Cliburn negli Stati Uniti. Nel 1992, quando la sua intensa attività concertistica lo vedeva già impegnato nelle Americhe, in Giappone ed in Europa, ha vinto a Londra il Premio Terence Judd. Ha al suo attivo anche un’importante attività cameristica e didattica: insegna al Conservatorio Nino Rota di Monopoli, tiene masterclasses presso importanti istituzioni internazionali ed è spesso invitato nelle giurie di concorsi internazionali. Ha inciso per Teldec, BMG, VAI, Nuova Era, Harmonia Mundi e Arts; nel 201 1 ha vinto il Diapason d’Or. Nato a Bari, dopo un’audizione con Nino Rota, ha iniziato gli studi con Michele Marvulli presso il Conserva-torio Piccinni, per poi proseguire con Pierluigi Camicia, Marisa Somma, Sergio Perticaroli, Aldo Ciccolini. Ha frequentato le masterclasses di Carlo Zecchi, Nikita Magaloff, Jorge Bolet e Murray Perahia.

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L’ALTRO VERDI

È pressoché inevitabile che il nome di Verdi evochi in noi l’immagine di Alfredo nella scena del brindisi o quella di Violetta in Sempre libera degg’io, oppure la celebre romanza di Radames Celeste Aida, o la ballata del Duca di Mantova Questa o quella per me pari sono, per non parlare dell’intramontabile quartetto Bella figlia dell’amore in Rigoletto, o il duetto tra Otello e Desdemona. Nessuna meraviglia. Adesso alzi la mano chi si ricorda dei ballabili di Otello. Ma ci sono davvero questi ballabili in Otello? Sì e no: di Otello, scritto per Milano nel 1887, Verdi preparò anche una versione francese, alla quale aggiunse i balli Danse Turque, Chanson Arabe, Chanson Grecque, La Muranese, Chant de Guerre, prima del finale dell’Atto III. Ma perché il buon Verdi avrebbe deciso di aggiun-gere dei numeri di danza nel momento di massima tensione drammatica di tutta l’opera? Proprio quando il Leone di Venezia sta per soccombere intrappolato nel gioco mortifero in cui lo ha tratto l’onesto Iago, ci facciamo due balli? Fu nel 1847 che Verdi si trovò per la prima volta confrontato con il problema del balletto: dopo I Masnadieri, scritto per Londra, gli si chiedeva un’opera per Parigi e non c’era tempo per mettere le mani su un nuovo libretto. Verdi decise di adattare I Lombardi alla prima crociata e farne un grand-opéra secondo il gusto del pubblico francese. Il balletto, che normalmente non trovava posto nell’opera italiana, era particolarmente amato dai parigini, insieme a tutto ciò che contri-buisse alla massima spettacolarità operistica: grandi cori e scenari imponenti. Così I Lombardi divenne Jérusalem, praticamente una nuova opera, con non meno di 12 scene corali ed un terzo atto per metà occupato da un Choeur dansé e da Quatre Airs de Ballet (Pas de quatre, Pas de deux, Pas solo, Pas d’ensemble). Qualcosa del genere accadde con Macbeth composto per il teatro La Pergola di Firenze nel 1847 e poi ripreso per Parigi (1865), con l’aggiunta, tra l’altro, dei balletti delle streghe nell’Atto III (l’idea delle streghe danzanti appare però già nella prima versione). Anche il Trovatore (1853) include una serie di ballabili (Pas de Bohemiens, Gitanilla, Seviliana, La Bohémienne, Galop, Sortie de la danse), ma solo nell’Atto III della versione francese Le Trouvère. La maturazione del gusto francese per il grand-opéra in Verdi sarebbe poi passata attraverso Les Vêpres siciliennes (1855), e Don Carlos (1867), scritti esplicitamente per Parigi. Noblesse oblige? Forse. Ma allora aggiungerei anche pecunia non olet. Agli italianissimi anni di galera, invece, risalgono Luisa Miller (1849) e Stiffelio (1850), due lavori in cui la sinfonia introduttiva, chiamata ad anticipare la qualità drammatica dell’intero lavoro, o anche di un singolo atto, rappresenta l’unico momento puramente strumentale dell’intera opera.

MASSIMO ZICARI

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GIUSEPPE VERDI

18 1 3–1901

Stiffelio, sinfonia (1850) 7 ’ Andante. Allegro brillante

Ballabili Le quattro stagioni dall’opera Les Vêpres siciliennes (1855) 17 ’ Inverno Primavera Estate Autunno

Ballabili Atto III dall’opera Il Trovatore (1853) 16’

Luisa Miller, sinfonia (1849) Allegro. Poco più mosso 7 ’

Ballo della Regina, dall’opera Don Carlos (1867) 17 ’

Ballabili Atto III dall’opera Macbeth (1847) 10’ Ballo I. Allegro vivacissimo Ballo II. Allegro. Andante Ballo III. Allegro vivacissimo

Ballabili Atto III dall’opera Otello (1894) 7 ’ Allegro vivace Canzone araba Invocazione di Allah Canzone greca Danza La Muranese

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

NELLO SANTI

Carta bianca a Nello Santi

Giovedì 24 e Venerdì 25 gennaioore 20.30Auditorio RSILugano

Concerto ripreso da

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NELLO SANTI

Direttore tra i più richiesti a livello internazionale, si pone all’interno della grande tra-dizione come successore di Furtwängler e Toscanini. Nel 2001 ha festeggiato il Giubileo dei 50 anni di direzione. Per i suoi meriti gli sono stati conferiti la medaglia Hans Georg Nägeli, il premio STAB ed il titolo di Cavaliere dello Stato italiano. Dirige nei più importanti teatri d’opera e sale da concerto di Vienna, Londra, Parigi, New York, Buenos Aires, Monaco, Amburgo, Oslo, Venezia, Milano, Roma, Verona, Tokyo. Per 10 anni direttore principale della Radio-Sinfonieorchester Basel, dal 1958 è sul podio dell’Opern-haus di Zurigo. Dal 1962 e per oltre 30 anni è stato acclamato direttore della Metro-politan Opera di New York. Lavora regolarmente con le Orchestre Sinfoniche della NHK e Yomiuri di Tokyo, con la London Philharmonic Orchestra, con le Filarmoniche di Oslo e di Monte Carlo. Nel 2005 è stato direttore principale dell’importante Pacific Music Festival di Sapporo, mentre a breve sono previsti impegni a Mosca, Napoli, Tokyo e Barcellona. Il suo repertorio operistico contempla più di 60 titoli, mentre quello sin-fonico spazia dai classici, ai romantici, fino agli inizi del Novecento. Numerose le produ-zioni operistiche da lui dirette disponibili su DVD (I due Foscari registrato a Napoli e Andrea Chénier alla Staatsoper di Vienna).

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SULLE NOTE DI VIENNA

Nella Vienna di Giuseppe II ebbe luogo la prima rappresentazione de Il ratto dal serraglio. Mozart si era trasferito nella capitale asburgica nel 1781 e con la compo-sizione dell’Entführung partecipava ai tentativi dell’Imperatore di far nascere uno specifico teatro musicale nazionale in lingua tedesca. Ma Mozart, genio nato troppo presto, stava in realtà perseguendo la definizione di un proprio linguaggio drammaturgico innovativo, che risentiva positivamente dell’opéra-comique fran-cese e soprattutto dell’opera buffa italiana. La vivacità del Ratto è chiara all’ascol-tatore già dall’ouverture che anticipa una vicenda tanto intrigante, che – a dirla con le parole di Mozart – “sarebbe impossibile addormentarcisi sopra anche avendo trascorso tutta una notte in bianco”. Nello splendore della Vienna classica occupa un posto di primo piano anche la produzione di concerti per strumento solista ed orchestra. Franz Joseph Haydn cavalcò la moda e ne scrisse parecchi, alcuni per violoncello. Due soltanto ci sono pervenuti autentici, tra questi il Con-certo in do maggiore: strutturato nei canonici tre movimenti, la composizione presenta nel Moderato iniziale una struttura in cui il violoncello sostiene un dialo-go alla pari con la compagine orchestrale e presenta alcuni elementi dal gusto arcaico, soprattutto barocco. Nell’Adagio centrale lo strumento solista mette in mostra tutta la sua splendida cantabilità. La forma sonata, così tipica del pen-siero compositivo del periodo classico, compare nel primo e poi nel movimento finale, Allegro molto, decisamente più virtuosistico. Vienna continuò ad essere la capitale indiscussa della musica anche durante l’Ottocento e vide nascere alcuni capolavori oggi – ma non al tempo – indiscussi. La Sinfonia n. 9 di Schubert, detta La Grande per le sue proporzioni, è l’ultima sinfonia completa composta da Schubert e il lavoro orchestrale al quale dedicò più tempo. I contemporanei di Schubert la giudicarono troppo difficile e venne rifiutata. La partitura fu ritro-vata da Schumann qualche anno dopo la morte dell’autore e conobbe la sua prima esecuzione nel 1839, sotto la direzione di Felix Mendelssohn-Bartholdy. La Grande è il risultato di un intenso studio della tradizione classica e della volon-tà di una realizzazione stilistica e formale che tendeva verso le nuove possibilità sinfoniche aperte da Beethoven e ancora tutte da fissare. Ecco perché Schumann scrisse: “Essa ci conduce in una regione dove non possiamo ricordare d’essere già stati prima”.

GIADA MARSADRI

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

ALAIN LOMBARD

SOLISTA

RAPHAEL WALLFISCH VIOLONCELLO

Venerdì 1. febbraioore 20.30Auditorio RSILugano

WOLFGANG AMADEUS MOZART

1756–1791

Il ratto dal serraglio, ouverture KV 384 (1782) 5’ Presto

FRANZ JOSEPH HAYDN

1732–1809

Concerto per violoncello e orchestra n. 1 in do maggiore Hob. VIIb:1 (1765) 24’ Moderato Adagio Finale. Allegro molto

FRANZ SCHUBERT

1797–1828

Sinfonia n. 9 in do maggiore D. 944 La Grande (1828) 55’ Andante. Allegro ma non troppo Andante con moto Scherzo. Allegro vivace Finale. Allegro vivace

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ALAIN LOMBARD

Nel 1966 ha ottenuto la medaglia d’oro al Concorso Dimitri Mitropoulos, divenendo subito dopo l’assistente di Karajan a Salisburgo e di Bernstein a New York. Ha avviato un’intensa attività quale direttore ospite di importanti orchestre come la New York Philharmonic, la Philadelphia Orchestra, la Chicago Symphony, la London Symphony e i Berliner Philharmoniker. È stato direttore stabile del Metropolitan di New York, dell’Orchestra Filarmonica di Strasburgo e dell’Opera di Rhin. Dal 1981 al 1983 ha assun-to la direzione dell’Opera di Parigi e successivamente è stato direttore dell’Opera di Bordeaux, dirigendo circa 200 spettacoli all’anno fra opere e concerti. Nel 1999 ha iniziato una stretta collaborazione con l’Orchestra della Svizzera italiana nel ruolo di direttore principale e nell’autunno 2005 gli è stata conferita la carica di direttore onorario. Ha inciso numerosi dischi che hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali, alcuni dei quali con l’OSI.

RAPHAEL WALLFISCH

È attualmente tra i più acclamati violoncellisti a livello internazionale. Vive a Londra, dove è nato da una famiglia di illustri musicisti. Ha studiato con Amaryllis Fleming, Amadeo Baldovino, Derek Simpson e in California con il violoncellista russo Gregor Piatigorsky. Inizia la sua straordinaria carriera a 24 anni vincendo il Concorso Interna-zionale Gaspar Cassadò di Firenze. Ha suonato con le maggiori orchestre inglesi, tedesche, cecoslovacche ed americane. Ha partecipato ai festivals di Edimburgo, Aldeburgh, Spoleto, Prades, Oslo, Schleswig-Holstein e ai Proms della BBC. È professore di violoncello ai Conservatori di Zurigo e Winterthur e al Royal Northern College of Music a Manchester. Ha registrato tutti i più importanti concerti per violoncello con EMI, Chandos, Black Box, ASV, Naxos e Nimbus, oltre che repertori meno conosciuti di Dohnányi, Respighi, Barber, Hindemith, Martinu, Richard Strauss, Dvoák, Kabalevskij, Khahaturjan e un’ampia scelta di opere per violoncello di compositori inglesi, in parte a lui dedicate. Suona un violoncello di Gennaro Gagliano del 1760.

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“CLASSICISMO” TRA OTTO- E NOVECENTO

L’aggettivo “classico” potrebbe essere il denominatore comune delle tre com-posizioni in programma, nonostante appartengano a periodi e stili diversi. Tra le più note ouvertures di Rossini, la sinfonia dell’opera L’Italiana in Algeri – rappresentata a Venezia nel 1813 al Teatro San Benedetto – è “classica” nella struttura bipartita: movimento lento-movimento veloce. L’Ouverture si apre con un Andante caratterizzato da pizzicati degli archi, cui fa seguito un Allegro vivacissimo. Vi si trovano condensati quegli elementi caratteristici dello stile di Rossini che lo rendono inconfondibile e che hanno contribuito alla sua fama: fraseggio chiaro, orchestrazione limpida, ritmi pungenti, flusso melodico inar-restabile, armonie non complesse ma originali e – soprattutto – il crescendo, ottenuto per mezzo di frasi ripetute più volte con sempre maggiore intensità. Composto più di un secolo dopo, nel 1935, anche il Concerto n. 2 per violino e orchestra op. 63 di Prokof’ev può definirsi “classico”, poiché risente di un’idea di “classicità” contrassegnata da chiarezza di linee e di struttura. Rispetto al suo Primo Concerto per violino e orchestra op. 19 del 1917, il Con-certo n. 2 per violino è di una scrittura meno innovativa, più leggera, forse più spensierata, privo di armonie e ritmi audaci. Sono passati quasi vent’anni anche da quella personale visione “neoclassica” che aveva portato Prokof’ev a comporre la sua opera più famosa: la Sinfonia Classica, nello stile di Haydn. Qualcuno, nell’Andante assai del Concerto op. 63, ha intravisto una somiglian-za con il primo movimento della Sonata Al chiaro di luna di Beethoven, in particolare nell’accompagnamento orchestrale, che emana una serenità quasi rassegnata. A differenza però della Sonata per pianoforte, la lunga melodia del primo tema esposta dal violino è in ritmo binario, che conferisce ampiezza ed espansività. Con la Sinfonia n. 2 in re maggiore, eseguita per la prima volta a Vienna nel 1803, Beethoven ha ancora ben presente il Classicismo di Haydn e Mozart, ma le ampie dimensioni, fino ad allora sconosciute nella musi-ca sinfonica, preludono a futuri sviluppi che trascendono i canoni tradizionali. Lo si ravvisa per esempio nella lunga coda alla fine del primo movimento e nel movimento finale, scritto in una forma sonata ampliata, simile al rondò. Evoluzioni che vanno oltre le aspettative del periodo: se Rossini, ancora in vita, depone la penna e non scriverà più se non per suo personale diletto, Beethoven inizia a comporre opere che – una volta di più – ci ricordano quanto fragili e indefinibili siano i confini entro i quali si muove il termine “classico”.

TIMOTEO MORRESI

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

DANIELE RUSTIONI

SOLISTA

PAVEL BERMAN VIOLINO

Venerdì 8 febbraioore 20.30Auditorio RSILugano

GIOACHINO ROSSINI

1792–1868

L’Italiana in Algeri, ouverture (1813) 9’ Andante. Allegro vivacissimo

SERGEJ PROKOF’EV

1891–1953

Concerto per violino e orchestra n. 2 in sol minore op. 63 (1935) 24’ Allegro moderato Andante assai Allegro ben marcato

LUDWIG VAN BEETHOVEN

1770–1827

Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 36 (1802) 30’ Adagio molto. Allegro con brio Larghetto Scherzo. Allegro Allegro molto

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Mercoledì 6 febbraio 2013ore 21.00Teatro Fraschini, Pavia

Giovedì 7 febbraio 2013ore 20.30Teatro Ponchielli, Cremona

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DANIELE RUSTIONI

A meno di 30 anni Daniele Rustioni è già una consolidata realtà nel panorama musi-cale internazionale; il critico del The Times ha detto di lui: “Chiaramente un altro talento in ascesa destinato a grandi cose”. Nel settembre 2010 ha debuttato al Teatro alla Scala mentre nel marzo 201 1 ha diretto per la prima volta alla Royal Opera House, Covent Garden di Londra, dove tornerà nel 2014. Dal giugno 201 1 è direttore ospite principale dell’Orchestra della Toscana. Dirige regolarmente nei maggiori teatri e festi-vals italiani, dalla Fenice di Venezia, al Teatro Regio di Torino, al Maggio Musicale Fiorentino, al Rossini Opera Festival fino al Teatro alla Scala. Nel 201 1 ha debuttato al Festival di Glimmerglass negli Stati Uniti, dove tornerà per la Washington National Opera. Nel giugno 2014 debutterà all’Opera Nazionale di Monaco. Intensa l’attività sinfonica con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Italia, mentre in Europa ha diretto la Filarmonica di Helsinki e la BBC Philharmonic.

PAVEL BERMAN

Nasce e studia a Mosca, dove debutta a sette anni. Vince nel 1987, a 17 anni, il secondo premio al Concorso Paganini di Genova. Nel 1990 è vincitore e medaglia d’oro del Concorso Internazionale di Indianapolis. Nel 1992 si trasferisce a New York dove prose-gue gli studi con Dorothy DeLay alla Juilliard School e con Isaac Stern. Accanto alla lunga collaborazione cameristica con suo padre Lazar Berman e ad altri eccellenti artisti, ha collaborato con le più importanti orchestre e nelle sale da concerto più prestigiose. Dal 1998 al 2006 è stato direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica di Kaunas in Lituania. Si esibisce sia come solista sia come direttore. Tra le sue registrazioni vi è l’opera completa di Prokof’ev per violino e pianoforte (Dynamic 2010) e i due Concerti per violino con l’OSI diretta da Andrey Boreyko. Ha inciso inoltre per Koch International, Audiofon, Discover, Supraphon e Phoenix Classics. Dal settembre 2012 è docente di violino al Conservatorio della Svizzera italiana. Suona il violino di Antonio Stradivari “Maréchal Berthier”, 17 16, della Fondazione Pro Canale di Milano.

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GLI OPERISTI INCONTRANO L’ORCHESTRA DI FIATI

In epoche sconosciute alla multimedialità un vettore utile alla divulgazione popolare di ciò che avveniva nel teatro musicale era la trascrizione per banda dell’opera stessa. Fu allora che la trasposizione per organici di strumenti a fiato delle opere diventò prassi avallata dagli stessi autori o editori, conquistando funzione di divulgazione. Nacque un repertorio di selezioni e di fantasie su temi da opere d’italiani e non, che la stessa Casa Ricordi per prima stampò e distri-buì con successo vista la frequenza con cui le bande amatoriali e professionali le proponevano nei loro concerti. La trascrizione per banda contribuì a far cono-scere acclamati capolavori a molte persone, più lontane dal teatro geografica-mente e socialmente. Essenziale è inoltre ricordare che alcuni dei maggiori autori d’opera ebbero contatti diretti con le bande e lasciarono dei lavori d’occasione espressamente scritti per tale organico. E si instaurò anche la prassi di comporre, per orchestra o banda, Fantasie e Parafrasi come rielaborazione di composizioni di altro autore, svolgendo così funzione divulgativa a beneficio di un destina-tario diverso dall’originale. S’inseriscono così i lavori degli operisti Mercadante e Ponchielli: il primo – Omaggio a Bellini – nel filone della Fantasia che riprende temi diventati popolari come il bellissimo Ah non credea mirarti dalla Sonnam-bula; il secondo invece – la Sinfonia per fiati in si bemolle op. 153 – come lavoro originale per l’orchestra di fiati, contenente evidenti reminiscenze stilistiche di autori come Verdi, soprattutto nel trattamento dei temi e nell’orchestrazione che si è ulteriormente avvantaggiata dalla recente revisione di Franco Cesarini. Il 2013, in cui ricorre il comune bicentenario verdiano e wagneriano, diventa anche occasione per proporre e cogliere come “una ricchezza” le differenze di gesto, forme e ispirazione tra i due autori: ecco proporre il Verdi insolito dei ballabili, dall’Otello parigino, e il Wagner dell’ultimo frammento musicale, quel tema Porazzi dato in estremo dono d’amore a Cosima Listz e di cui si trova traccia nel Tristano; tema che Alfred Reed riprende in forma di variazioni nel movimento centrale della sua “hindemithiana” sinfonia. Anche l’operista Respighi non si sottrasse, invitato, ad incontrare l’orchestra di fiati. Lo fece con grande successo una sola volta, nel 1932, componendo la Ballata per banda Huntingtower, considerata ora pietra miliare della letteratura per orchestra di fiati.

ANGELO BOLCIAGHI

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ORCHESTRA DI FIATI

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

ANGELO BOLCIAGHI

Venerdì 15 febbraioore 20.30Auditorio RSILugano

SAVERIO MERCADANTE

1795–1870

Omaggio a Bellini, sinfonia (1860) 12’Trascrizione di F. Cesarini Allegro risoluto Andante Allegro

AMILCARE PONCHIELLI

1834–1886

Sinfonia per fiati in si bemolle maggiore op. 153 (1872) 9’Revisione di F. Cesarini

GIUSEPPE VERDI

18 1 3–1901

Ballabili Atto III dall’opera Otello (1894) 6’Trascrizione di C. Pirola Allegro vivace Canzone araba Invocazione di Allah Canzone greca Danza La Muranese

OTTORINO RESPIGHI

1879–1936

Huntingtower, ballata per banda (1932) 7 ’Revisione di F. Cesarini

ALFRED REED

192 1–2005

Sinfonia n. 3 (1988) 23’ Pesante e molto sostenuto Variazioni sul tema Porazzi di R. Wagner Allegro deciso

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ANGELO BOLCIAGHI

Nasce a Milano, studia in Italia, Olanda e con borse di studio tre anni negli Stati Uniti, approfondendo il repertorio per orchestra di fiati. Significativo per la sua formazione l’incontro con il maestro Thomas Briccetti (già candidato Pulitzer) e con Claudio Mandonico. Ha diretto in Italia, Europa, Usa e all’American Bandmasters Association, con prime esecuzioni. Primo premio in massima categoria con l’Orchestra di Fiati Accademia al Concorso Internazionale di Kerkrade. Collabora anche con il mondo ama-toriale come direttore, orchestratore ed educatore, accoglie inviti per seminari, giurie, festivals e concorsi in Italia. Dal 2002 è direttore dell’Orchestra Fiati - Ensemble Strumentale Fermano. Nel 201 1 è invitato alla direzione stabile del SaxEnsemble al Conservatorio di Foggia. Orchestratore per gli Ottoni della Scala e per Bruno Casoni, direttore del Coro del Teatro, i suoi lavori sono in Cartellone alla Scala (2009, 201 1, 2012, 2013) e Pomeriggi Musicali (2013). Ricco a oggi il repertorio di trascrizioni per varie formazioni.

ORCHESTRA DI FIATI DELLA SVIZZERA ITALIANA

Dal 1991 promuove e divulga la musica per orchestra di fiati ad alto livello. È la prima e unica orchestra nel suo genere in Ticino e dopo essersi esibita nelle più prestigiose sale della Svizzera, quali il Casinò di Berna, la Tonhalle di Zurigo e il KKL di Lucerna, è considerata un punto di riferimento a livello nazionale. L’OFSI è conosciuta anche all’estero avendo tenuto concerti in Italia, Olanda, Austria e Francia. Il repertorio comprende più di 130 brani fra cui diverse opere di compositori svizzeri contemporanei e una decina di prime esecuzioni mondiali. Nei vent’anni d’attività sono stati realizzati 4 CD e diverse registrazioni radiofoniche. L’Orchestra ha partecipato a festivals inter-nazionali, tra i quali i Festivals di Schladming, Interlaken e Saas Fee. Nel 2003 ha accompagnato musicalmente i festeggiamenti ufficiali per i 200 anni della Repubblica e Cantone Ticino a Bellinzona. I musicisti provengono principalmente dal Ticino, dal Moesano e dall’Italia. Si tratta di musicisti di mestiere, studenti di conservatorio o di ottimi dilettanti, che si esibiscono a titolo di volontariato.

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ROSSINI E ROSSINISMI PIù O MENO D’AUTORE

Prima d’entrare nell’Olimpo dei più celebrati compositori, anche Rossini patì le lune avverse del pubblico. Nel caso del Signor Bruschino, però, allestito a Venezia nel 1813, il ventenne Gioachino la combinò davvero grossa: corredò la sinfonia con percussioni inaudite, prescrivendo ai violini di battere l’archetto contro i coprilampada dei leggii. Dapprima gli orchestrali si rifiutarono, ma alla seconda recita l’ebbe vinta Rossini. Ahi lui, perché il pubblico, credendosi preso in giro, reagì fischiando e suggellò il fiasco dell’opera. Ben altra accoglienza ebbe alla Scala nel ’17 La gazza ladra, opera dall’inesauribile vena musicale, la cui sinfonia, col Maestoso solennemente introdotto dai rulli di tamburo, l’accattivante Allegro e il travolgente “crescendo”, suscitò e suscita sempre l’entusiasmo in sala. Col Concerto a fagotto principale ci addentriamo nel campo delle ipotesi. Secondo alcune fonti Rossini l’avrebbe composto a Bologna per il fagottista Nazzareno Gatti, che frequentò il Liceo musicale della città dal ’45. Il Concerto risalirebbe quindi a quegli anni, dato che nel ’48, scosso dai moti rivoluzionari, il maestro fuggì Bologna per Firenze. Benché manchino le prove che Rossini ne sia l’autore, questa pagina seduce per il suo indiscutibile charme ros-siniano. Assolutamente d’autore sono invece le Soirées Musicales op. 9 che Britten ricavò orchestrando cinque ariette da camera dell’omonima raccolta che Rossini stampò nel 1835. Nate nel 1936 come musiche per un film-documentario della GPO Film Unit, furono poi rielaborate dall’autore ed eseguite nel ’38 a Londra co-me suite da balletto. Britten vi ammiccherà nel ’41, componendo stavolta delle Matinées Musicales sempre ispirate a temi rossiniani. Nell’Olimpo dei grandi Rossi-ni sedeva già da tempo quando, il 3 agosto 1829, presentò a Parigi il Guillaume Tell, in cui emerge forte la presenza della natura e del colore locale. L’Ouverture è quasi musica a programma: violoncelli soli e timpani evocano la serena maestosità del paesaggio alpino che di colpo è sconvolta da una drammati-ca tempesta a piena orchestra. Torna il sereno e s’ode un pastorale ranz des vaches al corno inglese prima che nelle vallate irrompano gli indomiti svizzeri nella galoppata vittoriosa sull’oppressore asburgico. “Il Tell – scriveva Fétis – apre una nuova via all’arte rossiniana”. Quella via Rossini decise di non percorrerla e a soli 37 anni, esaurito, cessò di comporre per un teatro musicale che a suo pa-rere era ormai “da barricate”.

GIULIANO CASTELLANI

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

DONATO RENZETTI

SOLISTA

VINCENT GODEL FAGOTTO

Venerdì 22 febbraioore 20.30Auditorio RSILugano

Sabato 23 febbraioore 20.45Teatro SocialeBellinzona

GIOACHINO ROSSINI

1792–1868

Il signor Bruschino, ouverture (1813) 4’ Allegro

Concerto a fagotto principale (1845) 22’ Allegro Largo Rondo

GIOACHINO ROSSINI

1792–1868

La gazza ladra, ouverture (1817) 10’ Maestoso marziale. Allegro

BENJAMIN BRITTEN

19 1 3–1976

Soirées Musicales op. 9 (1938) 1 1’ Marcia Canzonetta Tirolese Bolero Tarantella

GIOACHINO ROSSINI

1792–1868

Guillaume Tell, ouverture (1829) 12’ Andante. Allegro

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DONATO RENZETTI

Studia Composizione e direzione d’orchestra al Conservatorio G. Verdi di Milano e ottie-ne numerosi riconoscimenti: nel 1980 è proclamato vincitore assoluto del X Concorso Guido Cantelli del Teatro alla Scala di Milano. Da allora la sua carriera non ha avuto soste, alternando l’attività sinfonica con produzioni d’opera lirica e registrazioni discografiche. Ha collaborato con le orchestre più prestigiose ed è stato invitato nei maggiori Teatri Lirici del mondo. È stato direttore principale dell’Orchestra Internazionale d’Italia, dell’Or-chestra della Toscana e dell’Orchestra Stabile di Bergamo e per 9 anni consecutivi di Macerata Opera. Nel 1994 è stato nominato direttore principale dell’Orchestra Stabile di Bergamo e della Filarmonica Veneta, nonché consulente artistico del Teatro Comu-nale di Treviso. Dal 2005 al maggio 2007 è stato direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Portoghese del Teatro S. Carlo di Lisbona. Dal 2007 è direttore principale ed artistico della FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana.

VINCENT GODEL

Nasce a Ginevra nel 1977, consegue la maturità e studia all’Indiana University School of Music di Blomington con K. Walker (Performer Diploma in bassoon). Secondo premio al Concours national d’exécution musicale pour la Jeunesse, prosegue gli studi al Conservatorio di Ginevra con D. Damiano (1er Prix de Virtuosité) e A. Venturieri (diploma d’orchestra). Primo fagottista dell’Orchestra della Svizzera italiana dal 2003, collabora anche con prestigiose orchestre quali la Tonhalle di Zurigo, l’Orchestre de la Suisse Romande, l’Orchestre de Chambre de Lausanne, l’Orchestre de l’Opéra de Lyon, l’Orchestra del Teatro la Fenice di Venezia e con maestri di fama internazionale quali L. Maazel, A. Lombard, C. Dutoit, M. T. Thomas. Come solista ha inciso per la RSI con l’OSI. Nel 2008 con Martha Argerich esegue e registra per la EMI il Concertino di Janacek. Dal 2007 insegna controfagotto alla Hochschule der Künste a Berna e dal 2008 è invitato a tenere masterclasses e concerti al prestigioso Festival di Campos do Jordão (Brasile). Nel 2003 ha ottenuto un Master in Economia all’Università di Ginevra.

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“PEL SOL PIACERE DI FAR BALLARE L’ORCHESTRA”

“Ho sentito a dir molto bene del musicista Puccini. Pare però che predomini in lui l’elemento sinfonico! Niente di male. Soltanto bisogna andar cauti in questo. Non credo che in un’opera sia bello fare uno squarcio sinfonico, pel sol piacere di far ballare l’orchestra”. Così scriveva Verdi nel 1884 dopo la prima dell’opera Le Villi di Puccini, facendo riferimento alla nuova moda della giovane scuola italiana di farcire le opere con pagine strumentali, sul modello dei grand-opéra francesi. Quello che Verdi considerava un abuso del sinfonismo era in realtà un desiderio dei compositori suoi contemporanei di esprimere il melodramma non solo con arie e cori, ma anche con la forza espressiva della musica strumenta-le, con cullanti barcarole, adagi riflessivi, danze giocose. L’incisività di quelle pagine era grande: spesso furono proprio i brani strumentali a entrare nella me-moria degli spettatori e a essere canticchiati per strada. Se l’opera I quattro rusteghi di Wolf-Ferrari è poco conosciuta, l’intermezzo dell’Atto II, leggerissimo walzer-barcarola, è tutt’oggi celebre. Anche la Danza delle ore dalla Gioconda di Ponchielli batte per fama tutte le altre pagine dell’opera. La vena cantabile di Ponchielli rese famosi molti suoi brani strumentali anche all’infuori della sua produzione operistica, tra cui Il Convegno per due clarinetti e orchestra. Nelle opere del secondo Ottocento i momenti sinfonici non si limitano a essere semplici stacchi strumentali o divertissements avulsi dal contesto, ma sono parte integrante dell’azione. Accompagnano i protagonisti e i loro umori, segnano l’arrivo di un temporale, il calare del sole, i cambi di scena. Ricordiamo la barca-rola dell’Atto II del Silvano di Mascagni, che descrive musicalmente un romantico tramonto, o il preludio all’Atto III dell’opera La Wally di Catalani (A sera), che sottolinea con grande liricità e dolcezza il calare della notte. Oppure la citata Danza delle ore, che mette in musica tutte le ore del giorno, dall’aurora alla notte, con dodici ballerine che rappresentano le ore e due ballerini che danzano nel mezzo a mo’ di lancette. Infine, l’intermezzo La Tregenda da Le Villi di Puccini, che fa da sfondo a un paesaggio notturno e invernale un po’ inquietante e accompa-gna con una grottesca tarantella l’entrata in scena delle streghe. Tutti gioielli sinfonici dalle memorabili melodie che vanno ben oltre il “piacere di far ballare l’orchestra”, ma aggiungono significato al melodramma e commuovono lo spetta-tore, anche senza parole.

ROBERTA GANDOLFI VELLUCCI

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

NELLO SANTI

SOLISTI

CORRADO GIUFFREDI CLARINETTO

PAOLO BELTRAMINI CLARINETTO

Carta bianca a Nello Santi

Venerdì 1. marzoore 20.30Auditorio RSILugano

PIETRO MASCAGNI

1863–1945

Le Maschere, sinfonia (1901) 9’ Allegro moderato. Vivace

Barcarola dall’opera Silvano (1895) 6’ Andantino con moto

ERMANNO WOLF-FERRARI

1876–1948

Intermezzo Atto II dall’opera I quattro rusteghi (1906) 3’

Il segreto di Susanna, ouverture (1909) 4’

FRANCESCO CILEA

1866–1950

Intermezzo Atto II dall’opera Adriana Lecouvreur (1902) 4’

GIACOMO PUCCINI

1858–1924

La Tregenda, intermezzo sinfonico dall’opera Le Villi (1883) 4’ Allegro non troppo

ALFREDO CATALANI

1854–1893

A sera, preludio Atto III dall’opera La Wally (1888) 4’ Andante mesto

AMILCARE PONCHIELLI

1834–1886

Il Convegno, divertimento per due clarinetti e orchestra in mi bemolle maggiore op. 76 (1865) 10’ Allegro Andante sostenuto

Allegretto scherzando

Danza delle ore Atto III dall’opera La Gioconda (1876) 9’ Allegro brillante

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Sabato 2 marzo 2013ore 19.30Musiksaal, Stadt-Casino, Basilea

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NELLO SANTI

Direttore tra i più richiesti a livello internazionale, si pone all’interno della grande tra-dizione come successore di Furtwängler e Toscanini. Nel 2001 ha festeggiato il Giubileo dei 50 anni di direzione. Per i suoi meriti gli sono stati conferiti la medaglia Hans Georg Nägeli, il premio STAB ed il titolo di Cavaliere dello Stato italiano. Dirige nei più importanti teatri d’opera e sale da concerto di Vienna, Londra, Parigi, New York, Buenos Aires, Monaco, Amburgo, Oslo, Venezia, Milano, Roma, Verona, Tokyo. Per 10 anni direttore principale della Radio-Sinfonieorchester Basel, dal 1958 è sul podio dell’Opern-haus di Zurigo. Dal 1962 e per oltre 30 anni è stato acclamato direttore della Metro-politan Opera di New York. Lavora regolarmente con le Orchestre Sinfoniche della NHK e Yomiuri di Tokyo, con la London Philharmonic Orchestra, con le Filarmoniche di Oslo e di Monte Carlo. Nel 2005 è stato direttore principale dell’importante Pacific Music Festival di Sapporo, mentre a breve sono previsti impegni a Mosca, Napoli, Tokyo e Barcellona. Il suo repertorio operistico contempla più di 60 titoli, mentre quello sin-fonico spazia dai classici, ai romantici, fino agli inizi del Novecento. Numerose le produ-zioni operistiche da lui dirette disponibili su DVD (I due Foscari registrato a Napoli e Andrea Chénier alla Staatsoper di Vienna).

PAOLO BELTRAMINI

Primo clarinetto nell’Orchestra della Svizzera italiana e dal 2009 titolare della cattedra di clarinetto presso la Hochschule di Luzern, si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica come uno dei più interessanti virtuosi di strumento a fiato. Ha ottenuto importanti riconoscimenti e primi premi assoluti a concorsi internazionali. È ospite delle più rinomate istituzioni concertistiche d’Europa, Africa, Asia e America. Incide per Chandos, Ricordi, Fonit Cetra, Stradivarius, AS disc, RS, Rainbow ed ha effettuato regi-strazioni radiofoniche e televisive per la Rai ed altre emittenti europee. Come primo clarinetto collabora con l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, la Filarmonica della Scala, l’Orchestra di Santa Cecilia a Roma, la Mahler Chamber Orchestra, con importanti direttori quali B. Haitink, M. Jansson, N. Jarvii, M. Wung Chung, G. Sinopoli, A. Lombard, M. Pletnev, D. Gatti. È regolarmente invitato a tenere masterclasses internazionali in Usa, Portogallo, Slovenia, Francia e Italia.

CORRADO GIUFFREDI

Diplomato al Conservatorio di Parma con il massimo dei voti e la lode, è primo clarinetto solista dell’Orchestra della Svizzera italiana. È docente di clarinetto all’Istituto Musicale Superiore di Modena e ai corsi di perfezionamento di Città di Castello. Con la Filarmonica della Scala ha partecipato a numerosi concerti nei festivals più prestigiosi sotto la direzione di Riccardo Muti e Daniel Baremboim. Nel 2010 si è esibito per la prima volta in Israele su invito di Giora Feidman al Festival Klezmer in Galilea. Ha riscosso uno strepitoso successo alle edizioni del ClarinetFest di Los Angeles 201 1 e Lincoln 2012 in duo con Cesare Chiacchiaretta e con la partecipazione di Eddie Daniels, Ricardo Morales e David Krakauer. Ha eseguito in prima esecuzione italiana il Concerto per clarinetto e orchestra di Penderecki. Nel repertorio cameristico vanta importanti collaborazioni con musicisti di fama internazionale. Ha registrato per Emi, Decca, Brilliant, Arts, Aura, Tactus, Foné e RaiTrade. Suona un clarinetto progettato per lui da Morrie Backun.

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LE PARTI DI UN TUTTO

Due ouvertures d’opera, in un solo movimento, un concerto per pianoforte nei suoi tre movimenti e una sinfonia nei suoi quattro movimenti. Qualcuno po-trebbe chiedersi: è corretto estrapolare un’ouverture dall’opera intera? Oppure: perché non un singolo movimento di concerto o di sinfonia? È lunga, ormai, la tradizione di suonare in concerto un’ouverture staccata dall’opera per la quale funge da preludio. Leonora n. 3 è una delle quattro (!) ouvertures concepite per l’unica opera scritta da Beethoven, Fidelio. Esistono molte altre ouvertures firmate dal genio di Bonn, scritte però per spettacoli di altra natura e, di fatto, eseguite esclusivamente come brani da concerto. Ma anche nel caso di Idomeneo di Mozart l’ouverture può essere eseguita senza l’opera intera. E questo è possibile grazie all’architettura formale delle ouvertures classiche, scritte in forma sonata, per usare un termine tecnico. Si tratta di una forma simmetrica: esposizione dei temi, esplorazione e drammatizzazione degli stessi e, per finire, la riesposizione come per ricordare all’ascoltatore qual era il punto di partenza. L’ouverture è dunque una parte di un tutto, che può stare senza il tutto, poiché è di senso compiuto. Storicamente l’ouverture, o sinfonia all’opera, costituisce addirittura l’antecedente di un genere nuovo, la sinfonia classica. Sammartini e Stamitz furono tra i primi a scrivere brevissime sinfonie già in età preclassica; Haydn definì e sviluppò il genere che Beethoven fece poi evolvere ulteriormente. La sinfonia n. 5 di Schubert è per molti versi la più classica di tutte le sinfonie di questo compositore, sia per l’architettura, sia per lo spirito, quasi mozartiano. Ma che ne è dell’autonomia dei singoli movimenti di una sinfonia o di un concerto classico? Oggigiorno siamo abituati a concepire tali lavori come un tutto indivisibile. E se un ascoltatore entusiasta applaude tra un movimento e l’altro può facilmente diventare oggetto di occhiate maligne. Tutt’al più troviamo accettabile ascoltare un primo movimento di concerto in un saggio di allievi. Ma ottant’anni fa alla radio era del tutto normale che un interprete suonasse in diretta un singolo movimento di concerto. Formalmente, del resto, il primo movimento di sinfonia o di concerto dell’epoca classica è scritto come un’ouverture, in forma sonata. E se torniamo alla Vienna della fine del Settecento, il pubblico applaudiva calorosamente dopo qualunque movimento particolarmente apprezzato per ottenerne l’immediata ripetizione, ovvero il bis. Anche qui, dunque, esiste una certa autonomia di una parte del tutto. Questa sera, tuttavia, aspetteremo la fine del concerto di Mozart per applaudire il solista poiché oggi si usa così…

SILVIA MEIER CAMPONOVO

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

MARKUS POSCHNER

SOLISTA

CÉDRIC PESCIA PIANOFORTE

Venerdì 8 marzoore 20.30Auditorio RSILugano

WOLFGANG AMADEUS MOZART

1756–1791

Idomeneo, ouverture KV 366 (1781) 6’ Allegro

Concerto per pianoforte e orchestra n. 17 in sol maggiore KV 453 (1784) 30’ Allegro Andante Allegretto. Presto

FRANZ SCHUBERT

1797–1828

Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D. 485 (1816) 28’ Allegro Andante con moto Minuetto Allegro vivace

LUDWIG VAN BEETHOVEN

1770–1827

Leonore, ouverture n. 3 in do maggiore op. 72a (1806) 12’ Adagio. Allegro

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MARKUS POSCHNER

Si è affermato negli ultimi anni per le sue particolari doti interpretative, attirando l’at-tenzione della critica e appassionando il pubblico soprattutto con opere di Beethoven, Brahms e Strauss. Eccellente pianista jazz, è attratto da tutto ciò che è nuovo e tocca confini stilistici diversi. Nasce nel 197 1 a Monaco, dove frequenta il conservatorio. Si distingue inizialmente come assistente di grandi personalità quali Sir Roger Norrington e Sir Colin Davis. Nel 2000 è direttore principale della Georgischen Kammerorchester a Ingolstadt, e – dopo aver vinto nel 2004 il Deutsche Dirigentenpreis – viene chiamato alla Komische Oper di Berlino. Nel 2007 viene nominato direttore musicale generale dei Bremer Philharmoniker e del Teatro di Brema; nel 2010 l’Università di Brema lo nomi-na professore onorario della facoltà di musicologia. Come direttore ospite ha collabo-rato con le più importanti orchestre sinfoniche e teatri d’opera tedeschi, con l’Orchestra Sinfonica della NHK e del Metropolitan di Tokyo. È primo direttore ospite della Deutsche Kammerorchestra di Berlino e dei Dresdner Philharmoniker, con i quali ha intrapreso un nuovo ciclo di concerti dedicati a Beethoven.

CÉDRIC PESCIA

Nasce a Losanna, dove studia pianoforte con Christian Favre al Conservatorio. Prosegue gli studi a Ginevra con Dominique Merlet e li completa alla Universität der Künste di Berlino nella classe di Klaus Hellwig. Parallelamente si perfeziona sotto la guida di Pierre-Laurent Aimard, Daniel Barenboim, Ivan Klansky, Irwin Gage, Christian Zacharias, Ilan Gronich e con il Quartetto Alban Berg. Dal 2003 al 2006, invitato all’International Piano Academy Lake Como, studia con Dimitri Bashkirov, Leon Fleisher, Andreas Staier, William G. Naboré e in particolare con Fou T’song. È detentore del primo premio, me-daglia d’oro, della Gina Bachauer International Artists Piano Competition 2002 a Salt Lake City, USA. Si esibisce in numerosi concerti e récitals a livello internazionale; è invitato a prestigiosi festivals e a tenere masterclasses. Nel 2012 è nominato professore di piano-forte alla Haute École de Musique de Genève. Per Claves Records ha registrato sei CD. Per AEON verrà pubblicato John Cage: Sonatas and Interludes for prepared piano.

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PRIMA, DOPO E DURANTE IL CINEMA

“Da lungo tempo intorno alla musica per film svolazzano come corvacci due sinistri paradossi. Il primo proclama: una buona musica per film non si deve sentire. E il secondo: non esistono buone musiche per film”. A proferire un simile giudizio non è, purtroppo, un parvenu quanto piuttosto Gianfranco Plenizio, compositore e direttore d’orchestra per il cinema che ha collaborato con registi quali Billy Wilder, Germi, Rosi, Monicelli, Risi, Scola e Fellini. E il suo paradosso è presto spiegato: se guardando un film esclamiamo “senti che bella musica!” vuol dire che in realtà non si tratta di una buona musica per film, essendosi fatta notare sopra le immagini e i dialoghi. Se invece una musica da film non viene rimarcata, significa che ha asservito a dovere le immagini, ma che proprio per questo non merita di essere ascoltata in quanto “pura musica”. Chissà cosa ne deve pensare Howard Blake di questo punto di vista. Proprio lui che grazie alle musiche per film – si ricordino ad esempio Flash Gordon o l’animazione The Snowman – è assurto a notorietà globale, senza tuttavia mai abbandonare la scrittura concertistica e cameristica: in quale delle due è davvero autore? In quale delle due Blake è davvero musicista? In entrambe, verrebbe da dire, anche in considerazione del fatto che nella sua musica più pura, quella da con-certo, è conservata l’abilità descrittiva e comunicativa che lo ha reso una celebrità in ambito cinematografico. Con un tipo di scrittura diatonica e spesso tonale che, lungi dall’essere retrò, costituisce una rappresentazione nitida della nostra complessità contemporanea. Del dilemma attorno alla musica per film Modest Musorgskij non avrebbe nemmeno potuto capire il senso, essendo vissuto diversi decenni prima che il cinema fosse inventato. Ma probabilmente non ne avrebbe avuto a male sapendo che buona parte della sua celebrità novecentesca sarebbe stata generata proprio da una pellicola d’animazione, quel Fantasia di Walt Disney che nel 1940 diede colore e anima ad alcune delle più belle pagine classiche, con i più tetri demoni a rappresentare il sabba di streghe evocato nel suo poema sinfonico Una notte sul Monte Calvo. Dmitrij Šostakovi, invece, non amava il cinema. Anzi: proprio lo disprezzava, stando a quanto ebbe occasio-ne di raccontare nelle sue memorie. Un disprezzo che stupisce, se si pensa alle trentasei partiture per cinema che ebbe a comporre durante tutta la sua carriera. Non è però difficile da immaginare che al ruolo subalterno della musica nel film Šostakovi preferisse la libertà espressiva garantita dalla musica pura. Una libertà espressiva che, nel Trio n. 2 op. 67, ebbe ad inneggiare alla libertà reale, ricon-quistata nel 1944 con la capitolazione dell’esercito tedesco. Libertà che però portò con sé la drammatica conta delle vittime tra gli amici e l’infausta scoperta dell’olocausto perpetrato dai nazisti. Ed è proprio come tributo alla memoria che in quest’opera venne inserito un tema popolare della tradizione ebraica.

ZENO GABAGLIO

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VLADIMIR ASHKENAZY PIANOFORTE

VOVKA ASHKENAZY PIANOFORTE

DIMITRI ASHKENAZY CLARINETTO

DANIEL DODDS VIOLINO

ANTONIO LYSY VIOLONCELLO

Primo Piano Ashkenazy

Sabato 9 marzoore 20.30Auditorio RSILugano

HOWARD BLAKE

1938*

Trio per violino, violoncello e pianoforte op. 524 (1962) 8‘ Allegro Andante Allegro

DMITRIJ ŠOSTAKOVI

1906–1975

Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 2 in mi minore op. 67 (1944) 26’ Andante Allegro con brio Largo Allegretto

MODEST MUSORGSKIJ

1839–188 1

Una notte sul Monte Calvo (1867) 1 1’ Arr. per due pianoforti di Vovka Ashkenazy

HOWARD BLAKE

1938*

Danze per due pianoforti. Suite da concerto in nove movimenti op. 217 (2001) 13’ Parade Slow Ragtime Jump Medion Rock Folk Ballad Boogie Jazz Waltz Cha-Cha Galop

Sonata per due pianoforti in quattro movimenti op. 130 (1995) 12’ Allegro Lento Scherzando Presto

In collaborazione con

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VLADIMIR ASHKENAZY

Si è imposto sulla scena musicale mondiale con il Concorso Chopin di Varsavia del 1955: è oggi uno dei pianisti e direttori d’orchestra più rinomati e riveriti, un artista d’ispira-zione continua, la cui vita creativa comprende una vasta gamma di attività. Direttore principale dell’Orchestra Filarmonica Ceca dal 1998 al 2003, è direttore mu-sicale dell’Orchestra Sinfonica della NHK di Tokyo dal 2004. È stato nominato Conductor Laureate dalla Philharmonia Orchestra (dal 2000) e dalla Iceland Symphony Orchestra. Dal gennaio 2009 è direttore principale e consigliere artistico della Sydney Symphony Orchestra. Mantiene contatti regolari con la Cleveland Orchestra (di cui è stato direttore principale ospite), la San Francisco Symphony e la Deutsche Symphonie Orchester di Berlino (direttore principale e musicale 1988-1996). È direttore musicale della European Union Youth Orchestra. Continua a dedicarsi al pianoforte, arricchendo costantemente il suo catalogo straordinariamente completo di incisioni. Con il figlio Vovka è costante-mente impegnato in registrazioni e recitals per due pianoforti.

VOVKA ASHKENAZY

Nato a Mosca, primogenito di due grandi musicisti, inizia precocemente lo studio del pianoforte con Sigurjónsson a Reykjavík (Islanda). In Inghilterra entra al Royal Northern College of Music, dove segue i corsi di M.me Aronovsky, oltre a quelli di Leon Fleisher e Peter Frankl. Debutta a Londra con il Concerto n. 1 di ajkovskij e la London Symphony Orchestra diretta da Richard Hickox. Da allora suona in prestigiosi teatri in Europa, Australia, Nuova Zelanda, Giappone e nelle due Americhe. Partecipa a numerosi festivals internazionali ed è ospite delle maggiori orchestre. Suona spesso con il Quintetto di fiati di Reykjavík, con il fratello, clarinettista, ed il padre, con il quale è spesso impegnato in tournées e registrazioni. Risiede in Ticino dove tiene un corso “post graduate” presso il Conservatorio della Svizzera italiana e dal 201 1 è professore presso la prestigiosa Accademia Pianistica di Imola.

DIMITRI ASHKENAZY

Nato nel 1969 a New York, dal 1978 vive in Svizzera. Studia clarinetto con Giambattista Sisini e consegue nel 1993 il diploma al Conservatorio di Lucerna. Si laurea in diversi concorsi per la gioventù e fa parte della Schweizerische Jugend-Sinfonie-Orchester e dell’Orchestra Gustav Mahler. Viene invitato da prestigiose istituzioni e suona con impor-tanti orchestre europee. In ambito cameristico collabora con i Quartetti Kodály, Carmina e Brodsky, con i pianisti Cristina Ortiz, Helmut Deutsch e Ariane Haering, i violoncellisti Antonio Meneses e Christoph Richter, le cantanti Edita Gruberová e Barbara Bonney, con suo fratello e suo padre. Dal 2007 si esibisce con orchestre internazionali, tiene concerti da camera e corsi di perfezionamento in Europa, negli Stati Uniti e in Australia. Suona in prima esecuzione il Concerto per clarinetto e orchestra Piano Americano di Marco Tutino alla Scala di Milano, e Passages di Filippo del Corno con l’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano. Ha inciso CD e registrato produzione televisive.

DANIEL DODDS

ANTONIO LYSY

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LA MUSICA POPOLARE COME FULCRO D’ISPIRAZIONE

Quando Joseph Haydn ascoltò alcune delle prime composizioni di Ludwig van Beethoven a Bonn nel 1792 ne restò colpito e invitò il giovane compositore a Vienna. Beethoven vi si recò, conscio della brillante vita musicale viennese e della propria fama di pianista e improvvisatore. Nel Settecento, come succede oggi nei concerti di musica jazz, era alla moda sfidarsi tra pianisti virtuosi. Un duello d’improvvisazione epocale ebbe luogo nel 1800 nella casa del Conte Moritz von Fries tra Beethoven – che vinse la gara – e Daniel Steibelt. Beethoven suonò il suo Trio op. 1 1, detto Gassenhauer, di cui l’ultimo movimento è un Tema con Variazione derivato dall’aria Pria ch’io l’impegno, un brano popolare dall’opera L’amor marinaro di Joseph Weigl. In questo ultimo movimento del Trio, Beethoven trasforma il brano operistico in variazioni strumentali, senza parole, in stile quasi “galante”, alla moda, dove l’improvvisazione evidenzia l’indi-vidualità dell’espressione musicale. Un diverso tipo di utilizzo del materiale musicale popolare lo si trova in Igor Stravinskij: L’histoire du soldat nasce nel 1918 a Losanna, alla fine della Grande Guerra e agli inizi della Rivoluzione Russa, eventi che segnarono profondamente il compositore emigrato. Si tratta di un brano teatrale scritto da Charles-Ferdinand Ramuz ispirato alle fiabe tradizionali russe. Stravinskij affianca al racconto balli popolari russi e parodie di composi-zioni diverse, anche moderne: un corale, una marcia, un valzer, un tango e un ragtime. Per questa favola “faustiana” il compositore crea un’opera del tutto nuova, dove il testo viene “letto, suonato e danzato”. In opposizione al “wag-nerismo” e alla musica a cavallo del secolo, Stravinskij aspirava piuttosto ad “oggettivare” la musica, a renderla non romantica. La voleva più chiara, più incisiva, senza complicazioni intellettuali. L’impatto musicale di Stravinskij fu talmente forte, da indurre il grande compositore Pierre Boulez ad affermare nel 1952, riferendosi alla musica atonale e dodecafonica ed al panorama musicale che albergava: “Schönberg est mort, Stravinskij demeure”. Spostandoci crono-logicamente al 1982 troviamo un particolare mago della trasformazione stilistica satirica: Peter Schickele. Le sue composizioni sono spesso caratterizzate dall’ac-costamento di elementi provenienti dalla musica classica con altri di provenienza popolare. Il compositore americano è conosciuto soprattutto come umorista nonché creatore del compositore P. D. Q. Bach, l’immaginario ultimo figlio del grande J. S. Bach, l’alter ego di Schickele, che scrive opere parodiche nello stile del XVIII e XIX secolo. Con il Quartetto per clarinetto Schickele si scopre invece compositore “serio”, regalando all’ascoltatore atmosfere briose con sorprendenti combinazioni di sonorità strumentali.

FEDERICA THOENI

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VOVKA ASHKENAZY PIANOFORTE

DIMITRI ASHKENAZY CLARINETTO

DANIEL DODDS VIOLINO

ANTONIO LYSY VIOLONCELLO

Primo Piano Ashkenazy

Domenica 10 marzoore 17.00Auditorio RSILugano

LUDWIG VAN BEETHOVEN

1770–1827

Trio n. 1 1 per clarinetto, violoncello e pianoforte in si bemolle maggiore op. 1 1 (1798) 25’ Allegro con brio Adagio Tema: Pria ch’io l’impegno.

Allegretto var. I-IX

IGOR STRAVINSKIJ

1882–197 1

L’histoire du soldat per pianoforte, violino e clarinetto (1919) 1 1’ La marcia del soldato Il violino del soldato Piccolo concerto Tre danze: Tango, Valzer, Ragtime Danza del Diavolo

PETER SCHICKELE

1935*

Quartetto per clarinetto, violino, violoncello e pianoforte (1982) 20’ Moderate. Flowing Fast. Driving Slow. Elegiac Quite fast. Dancing

In collaborazione con

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DANIEL DODDS

Il violinista australiano, di madre cinese, debutta a cinque anni e decide di dedicarsi alla musica a 14 anni a Linz, dove frequenta per un anno il Musikgymnasium. A 17 anni si trasferisce in Svizzera dove studia al Conservatorio di Lucerna con Gunars Larsens e si diploma con lode. Approfondisce la sua formazioni nelle masterclasses di Rudolf Baumgartner, Franco Gulli e Nathan Milstein. Ottiene premi e riconoscenti a livello internazionale. Attualmente è primo Konzertmeister dei Festival Strings di Lucerna. Dal 2008, su invito di Abbado, è membro dell’Orchestra del Festival di Lucerna, della quale è anche solista. Si esibisce inoltre a livello internazionale con le più impor-tanti orchestre, musicisti e direttori; suona in formazioni cameristiche diverse. Il suo vasto repertorio si estende dai concerti per violino di Bach e Vivaldi, a Brahms, ajkovskij, Sibelius, fino a Hartmann, Piazzolla e Pe–teris Vasks. Suona un violino Stradivari “ex Baumgartner” del 17 17 della Fondazione Festival Strings di Lucerna.

ANTONIO LYSY

Violoncellista di fama internazionale, si è esibito come solista nelle più importanti sale da concerto e con orchestre di prestigio quali la Royal Philharmonic e la Philharmonia Orchestra di Londra, la Camerata Academica di Salisburgo, la Tonhalle di Zurigo, i Solisti della Zagabria, l’Orchestra di Padova e del Veneto, la Sinfonietta israeliana di Beersheva, e in Canada con le Orchestre Sinfoniche di Montreal, Toronto e con Les Violons du Roi. Ha collaborato con affermati direttori, tra questi Yuri Temirkanov, Charles Dutoit, Sir Yehudi Menuhin e Sándor Végh. Si esibisce regolarmente in recitals da solista o in formazioni cameristiche. È impegnato in particolari progetti che toccano i suoi svariati interessi musicali. Tra questi: un nuovo album dedicato alle opere per violoncello dell’Argentina e l’incisione – vincitrice del Latin Grammy – della Pampas compostaper lui da Lalo Schifrin, e realizzata nel 2010 per l’etichetta Yarlung Records.

VLADIMIR ASHKENAZY

DIMITRI ASHKENAZY

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TRA MOGLIE E MARITO…

Non sono mai stati fatti studi sistematici e approfonditi sull’apporto dato alla storia della musica dalla presenza o dall’assenza di un partner accanto ai celebra-tissimi autori. Molto più serie sono infatti sempre sembrate – per gli studiosi – le tematiche formali, le dispute estetiche, gli intrighi politici, le evoluzioni socio-culturali. Ci sono tuttavia diverse opere la cui natura – quando non addirittura l’esistenza – sarebbe inspiegabile senza prendere in considerazione la persona affettivamente legata al rispettivo autore. L’Idillio di Sigfrido è una di queste: un omaggio di Richard Wagner alla moglie Cosima per il trentatreesimo comple-anno che nemmeno sarebbe dovuto uscire dalle mura domestiche. Fu infatti sulle scale della villa lucernese di Tribschen che la mattina del 25 dicembre 1870 un piccolo ensemble ne diede la prima esecuzione, come regalo e inaspettata sorpresa per Cosima che proprio in quel momento stava uscendo accompagnata da Sigfrido, il primogenito della coppia. L’Idillio di Sigfrido è quindi nel nome e nella struttura una pagina eminentemente domestica, un poema sinfonico senza testo, espressione del massimo stato di grazia e di felicità raggiunto dall’autore. Anche Ludwig van Beethoven nel 1806 viveva uno dei rari momenti di tranquillità affettiva di tutta la sua esistenza. La tormentata relazione con Teresa von Brunswick gli stava infatti concedendo un periodo di particolare distensione, così la Quarta Sinfonia – scritta quasi di getto nel corso dell’estate – non poté che riverberare lo stato d’animo riappacificato dell’autore. E forse proprio la sospen-sione da atteggiamenti compositivi di carattere tragico o intellettualmente molto impegnativi relegò nel giudizio dei commentatori questa sinfonia a un livello inferiore rispetto a quella precedente e a quella successiva (“una slanciata fanciulla mediterranea fra due giganti nordici” ebbe a dire Robert Schumann) con un’ingiusta svalutazione dei contenuti intimamente apollinei in essa presenti. Il ricco ed egoista Jedermann – descritto da Hugo von Hofmannsthal nell’omoni-ma opera teatrale e preso a spunto da Frank Martin nel ciclo liederistico per baritono e orchestra – non aveva invece nessuna moglie al proprio fianco, figu-riamoci! La sua unica preoccupazione era quella di accumulare sempre maggiori ricchezze e crescere nella considerazione sociale. Mai, però, avrebbe pensato che proprio in quella festa, proprio in quella sera, un uomo gli sarebbe venuto incontro annunciandogli la prossima morte. Nessuno, a quel punto, tra i suoi amici e i suoi servitori si dichiarò pronto ad accompagnarlo fino al luogo del giudizio finale: il ricco Jedermann rimase irrimediabilmente solo. E da solo si incamminò verso l’aldilà, salvo esser raggiunto dopo pochi passi da qualcuno. Debole e traballante, una donna.

ZENO GABAGLIO

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

JURAJ VALUHA

SOLISTA

DETLEF ROTH BARITONO

Giovedì 14 e Venerdì 15 marzoore 20.30Auditorio RSILugano

RICHARD WAGNER

18 1 3–1883

Siegfried-Idyll (1870) 19’ Ruhig bewegt Immer langsamer werdend Leicht bewegt Lebhaft Sehr ruhig Bedeutend langsamer

FRANK MARTIN

1890–1974

Sechs Monologe aus Jedermann, trascrizione per baritono e orchestra (1949) 17‘ Ist alles zu End das Freudenmahl Ach Gott, wie graust mir vor dem Tod Ist als wenn eins gerufen hätt So wollt ich ganz zernichtet sein Ja! ich glaub: solches hat er vollbracht O ewiger Gott! o göttliches Gesicht!

LUDWIG VAN BEETHOVEN

1770–1827

Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore op. 60 (1806) 34’ Adagio. Allegro vivace Adagio Allegro vivace Allegro ma non troppo

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JURAJ VALUHA

È direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dal 2009. Nato nel 1976 a Bratislava, vi studia composizione e direzione; prosegue a San Pietroburgo con Ilya Musin e a Parigi. Nel 2006 debutta con l’Orchestre National de France e al Comu-nale di Bologna con La Bohème. Seguono inviti dalle maggiori compagine internazionali: Münchner Philharmoniker, Philharmonia di Londra, Filarmonica di Oslo, DSO di Berlino, Orchestra del Gewandhaus di Lipsia, Orchestra della Radio svedese, Staatskapelle di Dresda, Pittsburgh Symphony, Los Angeles Philarmonic e National Symphony di Washington. Nel 201 1 e 2012 debutta con i Berliner Philharmoniker, l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam e la Boston Symphony e ritrova la Pittsburgh Symphony, i Münchner Philharmoniker, la Staatskapelle di Dresda e la Philharmonia. Dirige una nuova produzio-ne di La Bohème alla Fenice nonché le Orchestre del Maggio Musicale Fiorentino e dell’Accademia di Santa Cecilia. Con l’Orchestra Sinfonica della Rai effettua una tour-née al Musikverein di Vienna, alla Philharmonie di Berlino e nella stagione di Abu Dhabi Classics. All’inizio della stagione 2012/2013 debutta con la New York Philharmonic, la Filarmonica della Scala e la San Francisco Symphony.

DETLEF ROTH

Considerato tra i maggiori talenti della scena internazionale, il giovane baritono tedesco si è imposto nell’ultimo decennio nelle sale da concerto e nei teatri più prestigiosi. Si esibisce in lingua inglese, francese, tedesca, italiana, in latino ed in russo. Ha studiato a Stoccarda e si è subito distinto con importanti premi e riconoscimenti. Collabora con le più rinomate orchestre, musicisti e direttori. È invitato nei maggiori festivals internazio-nali. In campo operistico ha affrontato ruoli diversi, tra questi: Dulcamare nell’Elisir d’amore, Papageno nel Flauto magico, Gunther nel Crepuscolo degli dei, Escamillo nella Carmen, Marcello nella Bohème, Wolfram nei Tannhäuser, Evgenij Onegin nell’omonima opera di ajkovskij, il principe Eleckij nella Dama di picche, il Conte nelle Nozze di Figaro, e Amfortas nel Parsifal al prestigioso Festival di Bayreuth sotto la direzione di Daniele Gatti (2008-1 1) e Philippe Jordan (2012). In campo concertistico, sacro e profano, si è distinto nei Carmina Burana di Orff, nel Messiah di Händel, in opere di Beethoven, Haydn, Mahler, Mendelssohn, Schubert, Schumann, Brahms, Fauré e Bach. Ha registrato per DG, ERATO, Arte Nova e Naxos.

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“LA SOLITA FORMA”

Quando si va all’opera ci si predispone ad assistere ad uno spettacolo spesso diseguale, capace di regalarci attimi di grande emozione, ma anche di infliggerci lunghi momenti di insopportabile tedio. Un musicologo diagnosticherebbe il fenomeno spiegandoci che, specialmente nel caso di un’opera del ’700, ciò dipenderà con tutta probabilità dalla tipica scansione drammaturgica composta da recitativo ed aria: laddove il primo è funzionale allo svolgimento dell’azione, la seconda fornisce la tinta emotiva e lascia libero sfogo all’espressività del canto. Uno spettatore non informato potrebbe ribattere che trattasi di una strana, seppur irresistibile combinazione di incomprensibili quanto noiosi declamati, finalmente seguiti dalla tanto agognata aria; quest’ultima sarà tanto più agogna-ta quanto più lungo ed incomprensibile sarà stato il recitativo che la precede. Quanto poi a descrivere un’opera nel suo complesso, probabilmente ne sentiremo raccontare la trama immaginando che la musica segua il suo svolgimento in maniera semispontanea. Forse le cose non stanno sempre così. Nelle opere di Verdi la distanza tra recitativi e arie va accorciandosi a tal punto che non sempre siamo in grado di capire se l’aria è già iniziata o se il recitativo non è più tale (Otello docet): l’interprete passa dalla declamazione al canto spesso senza appa-rente soluzione di continuità, con l’orchestra che non cessa mai di sostenere la voce. Ma anche dietro questa apparente fluidità si cela un contenitore formale molto ben delineato, che già nel 1959 il critico Abramo Basevi definiva “la solita forma” dal momento che, da Rossini in poi, gli operisti italiani se ne servivano soli-tamente come modello. La Cavatina di Lida Quante volte come un dono ce ne fornisce un esempio: essa introduce il personaggio – vocalmente ma anche dram-maturgicamente –, è preceduta da una scena (momento d’azione), è seguita da un tempo di mezzo (altro momento d’azione) e si conclude con la cabaletta A frenarti, o cor, nel petto, momento lirico conclusivo, eventualmente collettivo. Lo stesso si può dire per Tacea la notte placida, seconda cavatina di Leonora in Il Trovatore, anch’essa preceduta da una scena iniziale per proseguire con un tempo di mezzo e concludere con la cabaletta Di tale amor, che dirsi. In estrema sintesi, qualcuno potrebbe avere l’ardire di sostenere che, nell’Ottocento, la successione di tempo d’attacco (scena) – cavatina – tempo di mezzo – cabaletta sta all’opera come la forma esposizione – sviluppo – ripresa sta alla sinfonia tedesca.

MASSIMO ZICARI

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

DIRETTORE

NELLO SANTI

SOLISTA

ADRIANA MARFISI SOPRANO

Carta bianca a Nello Santi

Venerdì 22 marzoore 20.30Auditorio RSILugano

GIUSEPPE VERDI

18 1 3–1901

Giovanna d’Arco, sinfonia (1845) 7 ’ Allegro. Andante pastorale Allegro

O fatidica foresta, romanza Atto I dall’opera Giovanna d’Arco (1845) 5’ Andantino

La Battaglia di Legnano, sinfonia (1849) 8’ Allegro marziale. Maestoso

Quante volte come un dono, scena e cavatina di Lida dall’opera La Battaglia di Legnano (1849) 8’ Andante

Ballabili Atto III dall’opera Jérusalem (1847) 10’

Tacea la notte placida, aria e cavatina di Leonora Atto I dall’opera Il Trovatore (1853) 5’ Andantino

Aida, sinfonia (1872) 9’

Ritorna vincitor, aria e cabaletta Atto II dall’opera Aida (1872) 4’

Ernani, preludio (1844) 3’ Adagio

Attila, preludio (1846) 4’ Largo

Macbeth, preludio Atto I (1847) 3’

Les Vêpres siciliennes, sinfonia (1855) 9’ Largo. Allegro agitato. Prestissimo

Mercé dilette amiche, siciliana dall’operaLes Vêpres siciliennes (1855) 4’

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NELLO SANTI

Direttore tra i più richiesti a livello internazionale, si pone all’interno della grande tra-dizione come successore di Furtwängler e Toscanini. Nel 2001 ha festeggiato il Giubileo dei 50 anni di direzione. Per i suoi meriti gli sono stati conferiti la medaglia Hans Georg Nägeli, il premio STAB ed il titolo di Cavaliere dello Stato italiano. Dirige nei più importanti teatri d’opera e sale da concerto di Vienna, Londra, Parigi, New York, Buenos Aires, Monaco, Amburgo, Oslo, Venezia, Milano, Roma, Verona, Tokyo. Per 10 anni direttore principale della Radio-Sinfonieorchester Basel, dal 1958 è sul podio dell’Opern-haus di Zurigo. Dal 1962 e per oltre 30 anni è stato acclamato direttore della Metro-politan Opera di New York. Lavora regolarmente con le Orchestre Sinfoniche della NHK e Yomiuri di Tokyo, con la London Philharmonic Orchestra, con le Filarmoniche di Oslo e di Monte Carlo. Nel 2005 è stato direttore principale dell’importante Pacific Music Festival di Sapporo, mentre a breve sono previsti impegni a Mosca, Napoli, Tokyo e Barcellona. Il suo repertorio operistico contempla più di 60 titoli, mentre quello sin-fonico spazia dai classici, ai romantici, fino agli inizi del Novecento. Numerose le produ-zioni operistiche da lui dirette disponibili su DVD (I due Foscari registrato a Napoli e Andrea Chénier alla Staatsoper di Vienna).

ADRIANA MARFISI

Il soprano nasce a Zurigo, dove studia musica, pianoforte e violino al Conservatorio. Segue la formazione vocale a Zurigo con Anna Alexieva e a New York con Lorraine Nubar. Studia in Italia con Margherita Rinaldi e con Valentino Barcellesi e si laurea al Conserva-torio Luigi Cherubini. Vince importanti Concorsi e debutta nel 1998 nel ruolo di Gilda in Rigoletto. Inizia una veloce carriera nei più prestigiosi teatri internazionali, con i più importanti artisti e direttori. Tra i suoi ruoli: Traviata, Manon, Alice in Falstaff, Giovanna D’Arco, Leonora nel Trovatore, Matilde nel Guglielmo Tell, Pamina nel Flauto Magico, Aida, Liù in Turandot, Mimì nella Bohème, Giulietta nei Capuleti e Montecchi, Susanna nel Segreto di Susanna, Lauretta in Gianni Schicchi, e altri. Conduce parallelamente un’impor-tante attività concertistica in Italia, Norvegia, Olanda, Svizzera, Monaco, Spagna e Giap-pone. Oltre al repertorio italiano, esegue quello classico, sacro e profano, tedesco, francese e spagnolo (Schubert, Beethoven, Schumann, Mahler, Brahms, Wolf, Ravel, De Falla, Debussy, Poulenc).

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UN OPERISTA DAVANTI ALLA MORTE

“Si schiude il ciel” e “Pace t’imploro” sono i versi con i quali Verdi rappresenta sulla scena la morte di Aida e Radames: ripetuti quasi ossessivamente dai prota-gonisti fino allo spegnersi dell’opera, rimangono fortemente ancorati nella memoria emotiva dello spettatore. I due amanti, sepolti vivi, muoiono nel sepol-cro inghiottiti dalla terra, ma guardano al cielo, mentre Amneris, l’antagonista distrutta dai rimorsi, implora la pace per sé. Siamo nel 1871 e per Verdi sta per iniziare un periodo di “morte creativa”, che verrà superato solo con Otello nel 1887. Un dramma nel dramma per un compositore che fu estremamente fecondo e che fu capace di lunghi periodi di duro lavoro, quelli da lui stesso definiti “gli anni di galera”. La morte lo aveva già colpito duramente negli affetti più intimi: neppure il successo fu d’aiuto a Verdi nel mitigare quell’insostenibile dolore causatogli dalla morte dei due piccoli figli e della moglie tra il 1938 e il 1940. Mentre Otello contempla Desdemona che ha appena soffocato e sta morendo, canta “calma come una tomba”. Il successivo suicidio di Otello termina invece con le terribili parole rivolte al corpo inerme dell’amata “Un bacio... un bacio ancora… ah!… un altro bacio”, poi la morte lo coglie. L’opera non rac-conta gli eventi, l’opera rappresenta il dramma con la musica e lo fa attraverso quei forti sentimenti che muovono le azioni umane. Il culmine è la morte. Verdi lo aveva profondamente capito e vissuto, ma i tempi stavano mutando e il verismo, ormai alle porte, portava con sé rappresentazioni sempre più reali-stiche e morti “vere”, quelle che durano l’attimo del distacco. Tra Aida e Otello, prima del verismo, nasce la Messa da Requiem di Verdi (1874). Le circostanze vanno ricordate: la morte di Alessandro Manzoni. Il progetto di scrivere un requiem risale però al 1868 e alla morte di Rossini. Di questo primo tentativo rimane solo il “Libera me domine”, ripreso da Verdi per Manzoni, poiché il resto della partitura – pensata per diversi compositori italiani – non fu mai realizzata. La struttura di questa messa ricalca in generale la tradizione e ne rispetta le parti liturgiche con l’aggiunta del “Libera me domine”, in origine legato all’ufficio della sepoltura. Una struttura di tradizione sacra, che però esprime innegabil-mente contenuti drammatici e umani che travalicano la fede religiosa e che – con la musica – ripercorrono intensamente e dolorosamente l’esperienza di un operista che troppo spesso si trovò davanti alla morte.

ANNA CIOCCA-ROSSI

La Messa da Requiem di Verdi in un’importante ed inedita coproduzione, con direttatelevisiva, all’interno della splendida Collegiata di Bellinzona, vede impegnati la RSI, Rete Due, Lugano Festival che eccezionalmente offre uno dei suoi concerti alla capitale del Cantone, i Vesperali – Amici della Musica in Cattedrale ed il Municipio di Bellinzona. Per il bicentenario dalla nascita del grande operista, il Concerto del Venerdì Santo viene così portato a Bellinzona ed affidato ad affermate e prestigiose Istituzioni musicali del territorio.

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ORCHESTRA

DELLA SVIZZERA ITALIANA

CORO E SOLISTI

DELLA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA

DIRETTORE

DIEGO FASOLIS

Concerto del Venerdì Santo

Venerdì 29 marzoore 20.40CollegiataBellinzona

GIUSEPPE VERDI

18 1 3–1901

Messa da Requiem per soli, coro e orchestra (1874) 90’ Requiem e Kyrie Dies irae Offertorio Sanctus Agnus Dei Lux aeterna Libera me

In coproduzione con

Concerto ripreso da

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DIEGO FASOLIS

Formatosi a Zurigo in organo, pianoforte, canto e direzione, è titolare di diversi premi e lauree internazionali (Stresa, Migros-Göhner, Hegar Preis, Concorso di Ginevra). Come organista ha studiato con i maggiori didatti (Eric Vollenwyder, Gaston Litaize e Michael Radulescu) conducendo una ricca attività che lo ha portato ad eseguire più volte le integrali di Bach, Buxtehude, Mozart, Mendelssohn, Franck e Liszt. Dal 1993 è maestro stabile del Coro della RSI e nel 1998 ha fondato I Barocchisti, di cui è direttore stabile. Con questi due gruppi ha prodotto una notevole discografia (più di 80) insigni-ta dei più ambiti riconoscimenti della stampa specializzata. In ambito concertistico sono numerosi i riscontri ottenuti su scala internazionale anche come direttore ospite, presso istituzioni quali RIAS Kammerchor Berlin, Sonatori de la Gioiosa Marca, Concerto Palatino, Orchestra Sinfonica e Orchestra Barocca di Siviglia, Orchestre e Cori dei Teatri La Scala Milano, Opera di Roma, Carlo Felice di Genova, Arena di Verona, Comunale di Bologna e le maggiori orchestre svizzere. “In ragione della sua eccellenza di artista” gli è stato attribuito dal Pontificio Istituto di Musica Sacra il dottorato honoris causa.

CORO DELLA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA

Fondato nel 1936 da Edwin Loehrer ha raggiunto rinomanza mondiale con registrazioni radiofoniche e discografiche relative al repertorio italiano tra Cinque e Settecento ed è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei migliori complessi vocali a livello internazionale. Dopo Edwin Loehrer, Francis Travis e André Ducret, dal 1993 il Coro è stato affidato alla cura di Diego Fasolis con cui si è sviluppata un’ulteriormente ricca attività concertistica e discografica. Disco d’oro, Grand Prix du Disque, Diapason d’or, Stella di Fonoforum, Disco del Mese Alte Musik Aktuell, 5Diapason, Nomination Grammy Award e A di Amadeus sono alcuni dei riconoscimenti assegnati al Coro RSI dalla stampa specializzata per i dischi pubblicati con le etichette Accord, Arts, Chandos, Decca, EMI, Naxos, Virgin e RSI-Multimedia. Claudio Abbado, René Clemencic, Michel Corboz, Ton Koopman, Robert King, Gustav Leonhardt, Alain Lombard, Andrew Parrott e Michael Radulescu sono infine alcuni dei prestigiosi direttori ospiti che hanno lodato le qualità musicali e tecniche del Coro RSI, che grazie alla propria struttura flessibile risulta appropriato ed efficace in repertori che vanno dal madrigale fino alle partiture contem-poranee.

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Per seguire passo a passo tutti gli appuntamenti della stagione

dei Concerti dell’Auditorio 2013 scarica l’APP del programma generale

in iBazaarretedue.rsi.ch

Rinuncia a tutto,ma non al concerto!

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Museo d’ArteRiva Caccia 5, Lugano Dal 17 marzo al 30 giugno 2013Martedì–domenica 10–18, venerdì 10–21 lunedì chiuso, tranne festivi

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LA VOLUTA D’ORO, Mirto Mattei – OrafoPiazza Cioccaro 11, Via Cattedrale, 6900 Lugano, 091 922 76 25

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LA VOLUTA D’ORO, Mirto Mattei – OrafoPiazza Cioccaro 11, Via Cattedrale, 6900 Lugano, 091 922 76 25

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RSI RETE DUE

DIRETTORE DINO BALESTRA A.I. RESPONSABILE DIPARTIMENTO CULTURA

CHRISTIAN GILARDI RESPONSABILE SETTORE MUSICALE

ALISSA PEDOTTI-NEMBRINI PRODUTTORE MUSICA SINFONICA

MAURO RAVARELLI PRODUTTORE RETE DUE

GIOVANNI CONTI PRODUTTORE TELEVISIVO

CLAUDE HAURI PRODUTTORE MUSICA CORALE

KATIA BIANCHI ASSISTENTE DI PRODUZIONE

MARCELLA MANTOVANI ASSISTENTE DI PRODUZIONE

ADAY HOBIL ASSISTENTE

LOREDANA BOTTA ARCHIVISTA

FOSI

DENISE FEDELI DIRETTORE ARTISTICO-AMMINISTRATIVO

CARLA SCHEFFLER RESPONSABILE AMMINISTRATIVA

STEFANIA PIANCA ASSISTENTE AMMINISTRATIVA

BARBARA WIDMER ASSISTENTE ARTISTICA

ANNA CIOCCA-ROSSI UFFICIO STAMPA E COMUNICAZIONE

MAURIZIO GILARDI WEBMASTER E SEGRETARIATO

REMO MESSI ISPETTORE D’ORCHESTRA

DIREZIONE E STAFF

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RSI Rete DueCasella postaleCH–6903 LuganoT +41 91 803 95 49F +41 91 803 90 [email protected]

Orchestra della Svizzera italianaVia Canevascini 5CH–6903 LuganoT +41 91 803 93 19F +41 91 968 27 73 [email protected]

CONTATTI

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REDAZIONE BARBARA WIDMER

COORDINAZIONE TESTI ANNA CIOCCA-ROSSI

ART DIRECTOR GIANNI BARDELLI

PROGETTO GRAFICO ACKERMANN DAL BEN

IMPAGINAZIONE E FOTOLITO PRESTAMPA TAIANA SA

FOTOGRAFIA OSI MARCO D’ANNA

FOTOGRAFIE DÁNIEL VASS E PRESS AGENCY

STAMPA TIPO–OFFSET AURORA SA

LEGATURA SCHUMACHER AG

COPYRIGHT 2012 RSI RETE DUE