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Itinerari da percorrere per gite in Piemonte

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Giaveno

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Giavenocentro della Val Sangone

Giaveno

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Salendo da Trana o da Avigliana ci si presenta uno scenario di grande forza emotiva e gli occhi

possono spaziare lungo la catena montuosa che ‘abbraccia’ la Val Sangone dal Monte Freidour fi no al Colle Braida, imbocco della vicina Valle di Susa, composta da montagne incantevoli sia dal punto di vista paesaggistico che escursionistico : Il Monte Rocciavrè, il ‘Robinet’, la ‘Punta dell’Aquila’ solo per citarne alcuni. E proprio quì, in questo contesto, nel cuore della Val Sangone, sorge una cittadina, capoluogo della valle, che negli anni ha avuto un considerevole incremento demografi co dovuto all’ottima qualità della vita e alla sua strategica posizione nel contesto locale.Giaveno che conta oggi 16.700 abitanti, ha origini molto antiche. Anno cruciale per la sua storia è il 1103 quando il Conte Umberto II di Moriana-Savoia dona questo territorio alla vicina Abbazia di San Mi-chele. Ma è soprattutto nel corso del ‘700, grazie ad una consistente attività produttiva e commerciale che il paese conosce un periodo di fi orente sviluppo.Oggi Giaveno, oltre ad essere un ottimo punto di partenza per passeggiate ed escursioni di uno o più giorni sulle montagne circostanti, permette al visita-tore di scoprire, passeggiando per le sue vie, angoli nascosti e solitari di una cittadina che nel passato è

stata insignita della Medaglia d’Argento al Valore Mi-litare per la sua lotta partigiana durante la Seconda Guerra Mondiale.Piazza San Lorenzo ne è il cuore nevralgico, con la Colleggiata iniziata a costruire a partire dall’anno 1622. La Chiesa di San Lorenzo offre un bellissimo portone d’ingresso scolpito con decorazioni fl oreali, mentre internamente da ammirare la Cappella del Battistero, dove troviamo l’opera pittorica di Ales-sandro Trono, che raffi gura Gesù Cristo nel gesto di offrire le chiavi a San Pietro, la cappella dei Re Magi in cui è possibile vedere la pregevole pala d’altare ed infi ne l’area absidale che custodisce un dipinto di Joseph Ouvertus raffi gurante San Lorenzo e sul fondale paesaggi del Borgo Medievale e dell’antico Castello Abbaziale. Di fronte alla Collegiata sorge il grande Campanile, conosciuto anche come ‘Torre degli Orologi’, ter-minato di costruire nel 1748 poco dopo la Pace di Acquisgrana. Dalla piazza prende vita l’arteria princi-pale del Paese, Via Roma, dove sono ancora visibili tre delle antiche torri della cinta muraria.

Si giunge quindi al monumento simbolo di Gia-veno, il ‘Mascherone’, fontana che si trova in Piazza Papa Giovanni XXIII raffi gurante una mas-chera grottesca dalla cui bocca zampilla acqua, opera realizzata nel 1622 dall’artista Giacomo Fontana. Da qui si ha accesso al Parco Storico di Palazzo Marchini, che ospita piante secolari, la Fontana della Venere, statua raffi gurante la di-vinità greca, riportata agli antichi splendori nella seconda metà degli anni ’90 e soprattutto Palazzo Marchini, oggi sede del comune.

Giaveno

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Non resta che perdersi per le stradine del centro storico verso Piazza San Rocco con la sua Chiesa e il luogo della ‘Gogna’, Piazza Sclopis, la cosiddetta piazza ‘del pozzo’ attorniata da bei palazzi fi no a giungere, passeg-giando su Via Umberto I, alla Chiesa della Confraternita del Gesù, nota anche come Chiesa dei Batù, ovvero dei ‘fl agellanti’, il luogo di culto più antico di Giaveno risalente al 1576. In questo tempio alla struttura gene-rale dai tratti classici e sobri si accavallano gli accenti più stravaganti delle tipiche decorazioni di gusto ba-rocco. La particolarità inoltre di questo luogo è quella da una parte di custodire al suo interno gli arredi ori-ginali, tra i quali spicca il pregiato organo risalente alla fi ne del XVIII secolo, dall’altra l’eccellente acustica degli ambienti che permettono tutt’ora di dare vita all’ormai trentennale manifestazione ‘I Concerti della Chiesa dei Batù’, con raffi nate e ricercate proposte di musica clas-sica e Jazz.

Tra le altre manifestazioni è bene soffermarsi su quelle dedicate al vero simbolo di Giaveno, il Fungo Porcino. La cittadina è nota per essere la capitale del fungo, pro-tagonista dei boschi circostanti. In stagione è presente quotidianamente il mercato dei funghi dove i ‘Boulajour’ propongono sulle bancarelle il frutto della loro ricerca. Al fungo, tra la fi ne di settembre e ottobre vengono de-dicate due manifestazioni, il ‘Fungo in festa’ e il concor-so enogastronomico ‘Fungo d’Oro’ in cui vengono proposte iniziative a tavola, spettacoli, premiazioni dei ricercatori e mostre micologiche.

Altri importanti appuntamenti nel panorama giavenese sono il ‘Mercato delle pulci che si snoda ogni quarta domenica del mese, escluso Dicembre, per le vie del centro, ‘Maggionatura’, mostra-mercato del naturale e dei prodotti artigianali, ’Cascine aperte’ occasione in cui viene data la possibilità di visitare le cascine e i labo-ratori da cui nascono i favolosi formaggi locali, la ‘Rie-vocazione Storica’ del gruppo Ottone III, dove per due giorni le vie del centro storico sono catapultate indietro di oltre mille anni, la ‘Città del buon pane’, iniziativa che si tiene a settembre e dedicata alla panifi cazione e per ultimo è bene ricordare il colorato e vivace mercato del sabato mattina.

Il nostro itinerario può a questo punto spaziare verso altri luoghi, luoghi che ci portano a realtà diverse, quelle centinaia di piccole realtà che sorgono intorno al Paese.

Tante sono infatti le borgate di Giaveno, alcune ormai abbandonate, altre, le più grandi, ancora bacino impor-tante per la collettività e testimonianza storica e cultu-rale di uno sviluppo che negli anni non si è concentrato solo ed esclusivamente sul capoluogo.Tra queste meritano una visita borgata ‘Villa’ dove tutt’ora è visibile una casa-fortezza del 1290 conosciuta come ‘Arco delle Streghe’ a causa delle urla e dei la-menti che i valligiani avrebbero sentito provenire dalla torre. Da ammirare inoltre, sempre nella medesima borgata, il ‘Santuario della Madonna del Bussone’. In frazione Selvaggio la ‘Lourdes delle Prealpi’ è il sim-bolo e centro dell’intera borgata (vedi articolo accanto), mentre in borgata ‘Sala’ sorge lo storico Castello degli Albezi (XIII secolo) ora residenza privata.

Giaveno è dunque meta ricca di attrattive e possibilità sia dal punto di vista storico-culturale, sia dal punto di vista gastronomico, dove trascorrere una o più giornate fra shopping, feste e natura e dove godersi il verde che copioso circonda la città con passeggiate ed escursioni a piedi o in bicicletta. Il ricordo che se ne avrà, sarà quello di una cittadina adagiata ai piedi dei monti capace di trasmettere arte, cultura territoriale, ma anche relax e serenità.E una volta lasciato il centro, mentre torniamo verso le nostre case, è bene voltare lo sguardo ancora una volta e rimanere incantati di fronte a quelle montagne che fanno da cornice a questa cittadina ‘capitale del fungo’ nella splendida e suggestiva Val Sangone.

Luca Bergeretti

Tratta dall’Archivio fotografi co della città di Giaveno.

Giaveno

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…se ti trovi alla Pradera e per un attimo chiudi gli occhi, oltre al silenzio e al continuo gocciolare della sorgente, si possono ancora udire i canti e il rumore

degli scalpellini…

Cento anni. Tanto ne sono passati da quando nel 1908 la piccola borgata di Selvaggio di Giaveno accolse come ‘Cappellano festivo’ il teologo Carlo Bovero. Cento anni in cui la piccola frazione, situata a 700 metri di altitu-dine sopra il livello del mare, e con quello strano nome (Selvaggio deriva dalla contrazione e italianizzazione dei nomi in dialetto franco provenzale Serre = altura e Vacho = mucche) ha assistito al formarsi di un pellegrinaggio lo-cale che è andato nel corso degli anni aumentando.

Fu proprio Carlo Bovero, natio di Borgomarengo e insegnante presso il semi-nario di Giaveno, a volere la costruzione di quello che oggi è conosciuto come il Santuario di ‘Nostra Signo-ra di Lourdes’ del Selvaggio o più semplicemente come ‘Lourdes delle Prealpi’. Famosa al suo interno la grotta, fedele riproduzione di quella di Massabielle.Ma ciò che incuriosisce nelle vicende che hanno portato alla realizzazione dell’attuale Santuario sta nel fatto che nonostante al progetto abbiano lavorato architetti, progettisti, geo-metri, scultori e pittori, è alle persone semplici che va attribuito parte del merito per la riuscita dell’opera.Basti pensare che l’intera comunità, uomini e donne di ogni età, negli anni Die-ci, dopo aver trascorso l’in-tera settimana a lavorare nei campi o nei pascoli, sacrifi -cava la domenica recandosi al piccolo rio Ollasio (il quale scorre a poche centi-naia di metri dal Santuario) portando pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. Pochi sanno però dell’esis-tenza di una vera e propria cava di pietra, che sorgeva a monte della borgata, ancora oggi raggiungibile.

Storie come questa vengo-no oggi spesso dimenticate, accantonate, storie di uomi-ni in un piccolo paesino di montagna, storie che però è interessante recuperare, in quanto permettono di rifl et-tere e soprattutto di far co-noscere alle future genera-zioni un patrimonio che ha l’esigenza e la necessità di essere salvaguardato, pro-tetto e amato.

Luca Bergeretti

Al Selvaggio di Giavenola Lourdes delle Prealpi

Giaveno

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Le montagne di Giaveno sono percorse da centinaia di sentieri che un tempo collegavano tra di loro le borgate, le prese (insediamenti abitati solo per alcuni periodi dell’an-no) ed i pascoli in quota. I Colli (come il Colle del Besso ed il Colletto del Forno) erano utilizzati come vie di co-municazione in alternativa ai fondovalle dove il tragitto era più agevole ma molto più lungo. Lungo i sentieri era frequente incontrare uomini e donne impegnati nei lavori tipici dell’economia di sussistenza di montagna: il taglio della legna, la castanicoltura, la produzione di carbone dal legno, l’orticoltura, la pastorizia e non ultimo la raccolta di fi nghi. Difatti fi no ai primi anni del ‘900 la Maddalena era il fulcro di diverse attività produttive e quindi il pae-saggio era molto diverso da quello che possiamo vedere oggi: campi coltivati, frutteti, castagneti, pascoli e solo al-cune aree lasciate a bosco ceduo oppure fustaia. Negli anni cinquanta, con l’avvio dell’industrializzazione e con la costruzione di nuove fabbriche in pianura si avviò quel processo di spopolamento che portò all’abbandono delle nostre montagne. Effetto di ciò fu il rimboschimento con il conseguente cambiamento del paesaggio: intere borgate furono sommerse dal bosco ed i sentieri scomparvero: i boschi oggi raggiungono un’estensione che non avevano più dal Settecento. Grazie a diversi progetti tra cuiVillaggio Educativo (Alcotra)e Piano di Sviluppo Ruralesostenuti dagli enti locali,

dalle associazioni e del CAI Sez. di Giaveno, oggi alcuni di questi sentieri sono tornati a vivere. Dopo un’opera di pulizia, messa in sicurezza e tracciatura è ora possibile percorrerli a piedi o in mountain bike, meglio se muniti di apposita cartina.I prodotti del bosco (castagne, legna, frutti di bosco) costi-tuiscono fonte di sostentamento per gli abitanti e per le at-tività agricole che insistono sul territorio stesso, così come i pascoli sono preziosi per l’allevamento di mucche, capre e pecore.Vi invitiamo inoltre nelle vostre gite a far visita alle atti-vità della zona presso le quali potrete gustare o acquis-tare i prodotti tipici del territorio. Se volete percorrere i sentieri accompagnati da una guida naturalistica abili-tata potete contattare l’Ass. ValSangone Turismo al num. 339/1792674.Tra le tante possibilità vi indichiamo il sentiero che parten-do da Frazione Maddalena arriva fi no al Colletto del Forno, punto panoramico sulla piana torinese e sulle montagne.

Rifugio la Madlena 770 m - Colle Colletto m 1138 s.l.m. 1 ora e 40 minuti

Parcheggiare l’auto nel piazzale adiacente alla Chiesa. In-camminarsi lungo la strada provinciale in direzione Alpe Colombino e seguirla per 500 metri. In prossimità del tor-nante imboccare la deviazione di Borgata Viretta. Percor-rere la strada asfaltata che entra nella borgata per altri 500 metri per poi tenersi sulla sinistra su di una strada sterrata (indicazioni). Freschi boschi “a galleria”, per la maggior parte castagneti da frutto accompagnano sino alla Borgata Savoia, un tempo densamente abitata ed oggi in progres-sivo recupero. Attraversata l’area comune della borgata e scegliendo il tracciato principale s’incontrano densi boschi di frassino e acero che oggi occupano prati e coltivi un tempo intensamente utilizzati. Superato il Rio Rusciasè, si sale verso Prese Gros, borgata ormai completamente di-roccata attorniata da castagni secolari. La sterrata sfuma nella secolare mulattiera che collegava le borgate del val-lone, entrando nella fascia dei faggi conimponenti boschi d’alto fusto.

Si raggiungecosì Prese Clun, borgata

costituita da numerose casesparse lungo il tracciato; al suo

ingresso si trova un pilone votivo affrescato dal noto pittore Guglielmino: oggi il pilone si presenta in precario stato di conservazione. Mentre compaiono i primi larici legati alla fascia del pascolo, di cui rimangono visibili gli “eroici spie-tramenti”, il sentiero si sviluppa con i suoi muri a monte e a valle verso la Boeria: l’insediamento temporaneo legato al pascolo dei bovini per storia e per nome viene superato passando a monte dei suoi ex prati. Il sentiero attraversa ora versanti più accidentati: il cam-mino rimane comunque confortevole e porta, con uno svi-luppo a pendenza maggiore, sino all’apertura dei pascoli del Colletto del Forno, la testa del vallone del Fronteglio che si apre alla stupenda cornice delle montagne dell’Alta Val Sangone, mentre volgendo lo sguardo verso la pianura si coglie in pieno il carattere prealpino della Valle. L’area è tutt’ora pascolata, e per il visitatore oltre allo stupendo pa-norama sono disponibili tavoli per una sosta e una fresca fontana perenne. Dal Colletto si diramano molti itinerari sentieristici, fra cui è possibile raggiungere la vetta del Monte Aquila o proseguire lungo il sentiero Quota 1000. Discesa dall’itinerario di salita.

Giaveno

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SHOPPINGGiaveno è città ricca di occasioni di shopping, in

quanto vi è una forte presenza di “Eccellenze Ar-tigiane” in diversi campi.

Tra i prodotti da forno si possono trovare i pani tipici della tradizione piemontese : micche e micconi, biove e biovette, fi no ai grissini stirati a mano.

Tra i prodotti dolciari eccelle una “torta” specialità della Pasticceria Franco, attiva dal 1960, oltre ad una gamma di biscotti come le caratteristiche “paste di meliga”. Qui possiamo trovare anche una gamma di pralinerie e soprattutto dell’ottimo cioccolato. Una sosta alla sua Pasticceria Bar ci permette di fare scorta di queste dolcezze …

Nei prodotti derivati dal latte troviamo alcune specia-lità locali come i famosi “cevrin” di capra, oltre a tome del Lait Brusc e formaggi freschi e stagionati.

Giaveno inoltre è un centro ricco di iniziative sociali e culturali e vanta la presenza di numerose Associa-zioni, nate per difendere e tramandare costumi e tra-dizioni.

Ne è un esempio la Scuola di Ricamo che ancora insegna l’Arte del Ricamo eseguita a mano con una cura imitabile ma non uguagliabile dalle moderne tecnologie.

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Prodotti tipici di Giaveno

Ruota ad acqua del mulino della Bernardina

Passeggiare per Caramagna vuol dire

immergersi in un ambiente storico che ha

conservato intatti gli edifi ci, i muri, gli archi,

le colonne e i porticati così come sono stati costruiti

nel Medio Evo.

L’atmosfera è veramente quella di un lontano pas-sato in quanto le sovrastrutture che negli anni sono state edifi cate non hanno interferito con quelle pree-sistenti. Questo è un po’ il miracolo di Caramagna : Antico e Moderno coesistono in armonia così come coesistono Sacro e Profano.

Sulla piazza Umberto I° possiamo ammirare la fac-ciata barocca della Arciconfraternita di Santa Croce con attrattive d’eccezione : l’altare in marmi vari, il coro ligneo e il crocefi sso del Plura. In questa Chiesa sostò la Sacra Sindone nell’Agosto del 1706.

Poco più avanti, ma già sulla Via Ornato, nella cap-pella dell’Ospedale una Pala d’altare recentemente restaurata, che è uno dei rari cimeli provenienti dall’antico Castello abbattuto nel 1810.La via principale, dedicata all’illustre concittadino Luigi Ornato fi losofo e patriota, è quella che conser-va il nucleo del centro storico sul quale si affaccia la torre del “Palazzo della Credenza” che risale al 1446 e che ospitava le riunioni del Consiglio Comunale.Sulla stessa via si trova la Casa della Beata Caterina che conserva mobili facenti parte dell’arredamento, oltre a numerose reliquie.

Caramagna

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La Beata Caterina, originaria di Racconigi, trovò ri-fugio in Caramagna dopo l’inquisizione e il processo subiti a Torino, processo che tuttavia si risolse con il suo più ampio proscioglimento.Di umili origini, priva di istruzione, portatrice delle Sacre Stigmate, era tuttavia dotata di grandi doti cari-tatevoli, taumaturgiche e mistiche, ma era soprattutto conosciuta per le sue capacità profetiche, doti che la portarono a frequentare illustri personaggi del tempo come Francesco Pico della Mirandola, autore di una sua biografi a.

Fu ospite anche dei Savoia e del Re Francesco I° di Francia e questo prova la fama delle sue eccezionali doti, ma anche l’invidia che gli valse l’accusa di Stre-goneria.Su tutto trionfò il riconoscimento della Chiesa che la proclamò Beata nel 1808.

In fondo alla via sulla Piazza Castello si trova la Casa dei Conti Varisella, oggi prestigiosa sede del Comune e la Parrocchiale del 1028 con l’attiguo oratorio nel quale si può vedere nella Galleria inferiore una parata di stemmi araldici, mentre nella Galleria superiore vengono allestite periodicamente interessanti mostre tematiche.

Caramagna

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Cavallermaggiore

Cavallermaggiore e i suoi tesori

Il suo nome deriva da Caballarium, che a sua volta deriva da

Caballum che secondo i Latini era il cavallo da tiro.

Il caballum , insieme al pio bove, fu tra i primi “trattori” della nostra civiltà.

Quando l’uomo non ce la faceva più a tirare carichi troppo faticosi o si attaccava un cavallo o si attaccava un bue.L’industria pesante, a quei tempi, non forniva altro.

Ma questo fatto diede subito alla località una importanza particolare e qui fiorì infatti uno dei principali centri abitati, come testimo-niano numerosi reperti archeologici risalenti appunto all’epoca ro-mana.

La città si estendeva in lunghezza e solo nel medio Evo fu divisa tra due fratelli di cui uno, il Maggiore, fondò Caval-lermaggiore e il Minore, di nome Leone, fondò Cavallerleone.

L’importanza della lo-calità è poi testimo-niata dalla presenza di una delle prime chiese “romaniche”, la Chiesa di San Pietro, a tre navate terminan-ti in abside, che già nel 969 d.C. risultava “donata” ai Benedettini della Novalesa.

Cavallermaggiore

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Cavallermaggiore fu poi sempre al centro di vicende storiche che l’hanno vista spesso cambiare di Signori, fi no al 1418 anno in cui divenne ter-ritorio dei Savoia e nel 1863 Vittorio Emanuele II, autentico “ Re galan-tuomo” concesse alla località il titolo di Città.La sua importanza è testimoniata dalla presenze di molte Chiese, alle quali lavorarono illustri artisti dei vari tempi.

La più importante è la Chiesa dei Battuti Bianchi, la cui cupola elicoidale fu opera dell’architetto Gallo di Mondovì, lo stesso che costruì il San-tuario di Vicoforte con la cupola elittica più grande del Mondo, e che quì edifi cò la sua sorella minore. Nella stessa Chiesa si può ammirare un Coro ligneo di pregevole fattura, particolare che, unito alla bellezza della cupola, fanno di questa chiesa un autentico “tesoro nascosto”.

Nel centro storico si trova il cin-quecentesco Palazzo Garneri nel cui cortile spicca il pozzo in pietra della Val Grana, mentre alle pa-reti campeggiano alcuni stemmi araldici.Nel salone al piano terreno, con soffi tto a grandi travature lavo-rate, un maestoso camino in bardiglio di Barge, marmo raro usato anche per il Santuario della Consolata di Torino.

Appena fuori la Torre Civica svetta per 28 metri ed è dotata di orologio sulla facciata e torre campanaria.Nei pressi la bella facciata di San-ta Maria della Pieve, ricostruita su edifi cio medievale, che conserva nel campanile gotico del ‘300 una serie di affreschi dell’epoca, dedi-cati alla vita di San Nicola.

Accanto ai capolavori di arte, Ca-vallermaggiore vanta eccellenze nel settore alimentare, a comin-ciare dal pane : il famoso “Pan ‘d Caulimur” il cui pregio principale consiste nella lavorazione con lievito madre, che deve essere rinnovato ogni giorno, rendendo impegnativo il procedimento.

I porticati di Via Roma. Palazzo Garneri (1581), dal 1817 sede del comune.

Il campanile trecentesco di Santa Maria della Pieve. I tetti del centro storico.