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CONTATTI COMMERCIALI E CULTURALI AD OTRANTO DAL IX AL XV SECOLO: L'EVIDENZA DELLA CERAMICA Gli scavi condotti dalla British School at Rome, in collaborazione con l'università di Lecce e la Soprintendenza della Puglia dal 1977 al 1379 confermano l'immagine di Otranto come punto chiave nelle complesse relazioni che hanno legato l'Italia meridionale a Bisanzio, al mondo Islamico ed ai centri dell'Adriatico nel medioevo. Otranto è situata sulla costa orientale della Puglia, in corrispondenza del più breve punto di attraversamento dell'Adriatico, a circa 80 chilometri dal porto di Avlona sui Balcani (Fig. 1). Lo studio delle fonti storiche è stato condotto da Tom Brown in occasione dell'imminente pubblicazione dello scavo (BROWN in stampa) ed il breve inquadramento storico che segue è largamente dipendente dal suo lavoro. La ricerca suggerisce che nel periodo Altomedievale e medievale Otranto raggiunse il culmine della sua importanza economica e strategica, strettamente legata alla posizione del porto, proteso verso l'Oriente. Dal V secolo fino al 1064 Otranto rimane pressoché costantemente in mano bizantina, servendo come porto destinato alle comunicazioni con l'est del Mediterraneo e come punto di sbarco per truppe inviate dall'Impero d'Oriente all'Italia. Nel IX secolo è nota I'importanza che assunse la presenza greca, che influenzò gli aspetti linguistici, religiosi, e politici della realtà locale. Nonostante alcuni attacchi musulmani fra il IX ed il X secolo Otranto continuò a costituire una testa di ponte del mondo bizantino in Italia fino alla conquista normanna nel 1068. L'epoca del dominio normanno è caratterizzata dal crescente impegno marittimo dell'Occidente cristiano: si sviluppò un più ampio e regolare volume di commerci e si moltiplicarono i contatti con I'Oriente anche in conseguenza delle Crociate. In questa fase Otranto appare meno importante delle vicine città costiere di Lecce, Bari e Taranto, tuttavia la presenza greca rimase consistente. I1 periodo di dominio degli Hohenstaufen dal 1194 al 1268 segna un [101] declino graduale del ruolo economico della città, che sembra proseguire anche in epoca Angioina (dal l268 fino al 1442), un periodo di disintegrazione politica e declino economico per l'Italia meridionale in generale. Otranto fu duramente colpita da epidemie nel XIV secolo e successivamente la conquista turca della sponda orientale dell'Adriatico limitò ulteriormente l'importanza del porto, che venne saccheggiato dagli stessi turchi nell'agosto del 1480. L'evidenza storica suggerisce che Otranto nel periodo medioevale fosse un porto più importante come base strategica che come centro commerciale. Non essendo tuttavia né numerosi né espliciti i riferimenti all'attività commerciale, a differenza di quanto avviene per Bari ed altri centri costieri della Puglia, si deve considerare con cautela la documentazione scritta. Ciò e vero in particolare per il periodo bizantino. Sono invece trasmesse maggiori informazioni circa i commerci dei veneziani, che avevano estesi collegamenti attraverso l'Adriatico con l'impero bizantino e per i quali, dall'XI secolo, lo stretto di Otranto ebbe grande importanza I1 materiale ceramico recuperato [102]

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CONTATTI COMMERCIALI E CULTURALI AD OTRANTO DAL IX AL XV SECOLO: L'EVIDENZA DELLA CERAMICA

Gli scavi condotti dalla British School at Rome, in collaborazione con l'università di Lecce e la Soprintendenza della Puglia dal 1977 al 1379 confermano l'immagine di Otranto come punto chiave nelle complesse relazioni che hanno legato l'Italia meridionale a Bisanzio, al mondo Islamico ed ai centri dell'Adriatico nel medioevo.

Otranto è situata sulla costa orientale della Puglia, in corrispondenza del più breve punto di attraversamento dell'Adriatico, a circa 80 chilometri dal porto di Avlona sui Balcani (Fig. 1). Lo studio delle fonti storiche è stato condotto da Tom Brown in occasione dell'imminente pubblicazione dello scavo (BROWN in stampa) ed il breve inquadramento storico che segue è largamente

dipendente dal suo lavoro. La ricerca suggerisce che nel periodo Altomedievale e medievale Otranto raggiunse il culmine della sua importanza economica e strategica, strettamente legata alla posizione del porto, proteso verso l'Oriente. Dal V secolo fino al 1064 Otranto rimane pressoché costantemente in mano bizantina, servendo come porto destinato alle comunicazioni con l'est del Mediterraneo e come punto di sbarco per truppe inviate dall'Impero d'Oriente all'Italia. Nel IX secolo è nota I'importanza che assunse la presenza greca, che influenzò gli aspetti linguistici, religiosi, e politici della realtà locale. Nonostante alcuni attacchi musulmani fra il IX ed il X secolo Otranto continuò a costituire una testa di ponte del mondo bizantino in Italia fino alla conquista normanna nel 1068.

L'epoca del dominio normanno è caratterizzata dal crescente impegno marittimo dell'Occidente cristiano: si sviluppò un più ampio e regolare volume di commerci e si moltiplicarono i contatti con I'Oriente anche in conseguenza delle Crociate. In questa fase Otranto appare meno importante delle vicine città costiere di Lecce, Bari e Taranto, tuttavia la presenza greca rimase consistente.

I1 periodo di dominio degli Hohenstaufen dal 1194 al 1268 segna un [101] declino graduale del ruolo economico della città, che sembra proseguire anche in epoca Angioina (dal l268 fino al 1442), un periodo di disintegrazione politica e declino economico per l'Italia meridionale in generale. Otranto fu duramente colpita da epidemie nel XIV secolo e successivamente la conquista turca della sponda orientale dell'Adriatico limitò ulteriormente l'importanza del porto, che venne saccheggiato dagli stessi turchi nell'agosto del 1480. L'evidenza storica suggerisce che Otranto nel periodo medioevale fosse un porto più importante come base strategica che come centro commerciale. Non essendo tuttavia né numerosi né espliciti i riferimenti all'attività commerciale, a differenza di quanto avviene per Bari ed altri centri costieri della Puglia, si deve considerare con cautela la documentazione scritta. Ciò e vero in particolare per il periodo bizantino. Sono invece trasmesse maggiori informazioni circa i commerci dei veneziani, che avevano estesi collegamenti attraverso l'Adriatico con l'impero bizantino e per i quali, dall'XI secolo, lo stretto di Otranto ebbe grande importanza I1 materiale ceramico recuperato [102]

ad Otranto proietta una nuove luce su questi collegamenti. Gli scavi diretti da Dimitri Michaeilides e Molly Cotton sono stati condotti dalla British School at Rome, allora diretta da David Whitehouse, in collaborazione con 1'Università di Lecce sotto la direzione del Prof. D'Andria, e la Soprintendenza della Puglia.

Lo studio della ceramica medievale è stato condotto da D. Whitehouse e da chi scrive (PATTERSON-WHITEHOUSE in stampa). L'edizione dello scavo e dei materiali (MICHAEILIDES-WILKINSON in stampa; D'ANDRIA-WHITEHOUSE in stampa) sono ormai di imminente pubblicazione.

I1 sito è posto al di fuori della porta settentrionale di Otranto e quindi fuori della città medievale. Nel 1977 lavori edili rivelarono la presenza di depositi archeologici della profondità di otto metri e si rese necessaria I'esecuzione di uno scavo preventivo, che ebbe tutte le caratteristiche dello scavo di emergenza.

I1 sito sembra essere stato occupato continuativamente dal 30 a.C. fino al VII secolo d.C. Rari i materiali del tardo VI e dell'inizio del VII, che costituiscono la più tarda attestazione di ceramica fine di importazione dall'Africa e dall'est Mediterraneo (GIANNOTTA in stampa), mentre non è stato recuperato alcun materiale sicuramente databile alla seconda metà del VII e dell'VIII secolo. Considerata la scarsa conoscenza della ceramica di questo periodo è possibile che non siamo in grado di riconoscere materiali di quest'epoca. Tuttavia è chiaro che se qualche tipo di occupazione è esistita in questo periodo era su scala molto ridotta e/o l'uso di ceramiche era minimo. La sequenza riprende chiaramente dal IX al XV secolo (fasi IV-VIII). La mancanza di materiale successivo al XV secolo costituisce una forte tentazione a collegare questo dato con I'attacco turco del 1480. Se questo legame è corretto sarebbe I'unico elemento noto dalle fonti scritte che ha lasciato tracce sul sito.

Benché la sequenza relativa sia certa, le datazioni assolute suggerite per le fasi sono basate sui materiali e sono perciò soggette a revisione con il progredire degli studi. La datazione delle ceramiche, e di conseguenza delle fasi, è basata infatti su confronti con altri siti. I1 rischio dell'argomentazione circolare esiste ed è stato tenuto presente specie sapendo che molti tipi ceramici sono stati altrove datati sulla base di poche monete associate. Il più grave motivo di

incertezza circa la datazione è causato dalla presenza di materiale residuo, che può aver suggerito un troppo ampio arco cronologico di uso di alcuni tipi.

Gli scavi hanno dunque restituito una sequenza stratigrafica continua dal [103] IX al XV secolo. La gamma di produzioni rinvenuta è notevole e comprende ceramiche importate dal mondo bizantino e islamico, in particolare dalla Sicilia e forse dal Maghreb, Egitto ed Asia occidentale, un più piccolo gruppo dalla Spagna e dall'Italia settentrionale, e un raro esempio di porcellana cinese (Tab. 1). La gamma di importazioni di Otranto può essere confrontata con le importazioni dalle città adriatiche, specialmente Brindisi, Spalato e Venezia. Se abbiamo identificato correttamente i materiali, le importazioni bizantine di Otranto costituiscono il più grande gruppo di ceramiche medievali provenienti dalla Grecia e dall'Egeo finora rinvenuto nell'Italia meridionale e uno dei più articolati insiemi rinvenuti nella penisola italiana. Sono state identificate cinque fasi principali (fasi IV-VIII). Le ceramiche della fase IV, datata dal IX fino al tardo XI secolo, costituiscono un gruppo caratteristico comprendente ceramica da cucina, ceramica dipinta tipo broad line, plain glazed white ware ed alcune ceramiche invetriate, attribuite a produzioni bizantina e locale. La ceramica da cucina è di notevole interesse (Fig. 2, nn. 1-2), comprendendo infatti olle biansate, identiche a quelle trovate nel nord della Grecia, a Corinto e ad Atene (FRANTZ 1938, fig. 10 e 20; MACKAY 1967). Sono stati rinvenuti in totale 23 frammenti di plain glazed white ware (Fig. 2, nn. 3-6), certamente bizantino, identico ai prodotti trovati a Corinto e Istanbul dai più antichi livelli bizantini del IX secolo fino al XIII (MORGAN 1942, pp. 53-57; STEVENSON 1947; PESCHLOW 1978, pp. 362-414; HAYES in stampa). Un'origine da Istanbul o dintorni è probabile (MEGAW-JONES 1983, pp. 236-237). Comprende tazze biansate, e scodelle in un impasto bianco e con vetrina trasparente di colore verde mela o giallastro. Un piccolo gruppo di vasi con spessa invetriatura marrone ricorda il plain brown glazed ware di Corinto, descritto da Morgan (MORGAN 1942, pp. 36-42), è probabilmente

di importazione. Consiste in scalda vivande e coperchi e comprende esemplari con decorazioni a rilievo e petali applicati; alcuni presenti in fasi più tarde sono residui (Fig. 3, nn. 7-9).

I1 panorama ceramico dei secoli IX-XI riflette dunque la ripresa dei contatti con il mondo orientale che ad Otranto raggiungerà il suo apice fra XII e l'inizio del XIII secolo. Le rimanenti ceramiche invetriate comprendono frammenti di probabile produzione locale appartenenti alla tradizione nota come ceramica a vetrina pesante. Fra questi si segnalano due esemplari con decorazione incisa, simile a quella di un esempio di plain brown glazed ware da Corinto (MORGAN 1942, pl. III.40) e un vaso di ceramica a vetrina pesante da Canosa di Puglia (CASSANO et al. 1985, fig. 5.3).

La fase V, attribuita al tardo XI-XII secolo, è caratterizzata dalla comparsa delle ceramiche invetriate da tavola, almeno il 40% delle quali è importata (vedi Tab. 1).

Fase IV (IX-tardo XI secolo)- 15 frammenti in totale

Importazioni 93.3% Bizantini 93,3% Locali 6,7%

-Fase V (tardo XI-XII secolo) - 117 frammenti in totale

Importazioni 41.0 % Siculo-Magrebina 16.2% Bizantini 21.4%

(escluso green and brown painted wares)

Islamici 3,4%

Locali 53.0% Incerti 6.0%

Fase VI (XII secolo)- 979 frammenti in totale

Importazioni 16.5% Bizantini Siculo-Magrebina Islamici

9,3% 5,8% 1,2%

Cinese 0,2% Locali 73.3% Incerti 9.6%

Fase VII (XIV secolo) - 117 frammenti in totale

Importazioni 3,6% Siculo-Magrebina 1,7% Bizantini 0,9%

Locali 97,4%

Fase VIII (XV secolo) - 2312 frammenti in totale

Importazioni 1.15% Spagnolo 0.8% Bizantina 0.2% Siculo-Magrebina 0.1% Islamici 0.05%

Locali 96.75% Incerti 2.1%

Tabella 1 - Percentuali di frammenti invetriati e smaltati.

Su queste ceramiche è basata la datazione della fase. Si tratta di ceramica siculo-magrebina, una varietà di prodotti bizantini (Measles ware, Spiral style graffita e ceramiche dipinte in bruno e verde) e pochi frammenti islamici. È ancora presente il plain glazed white ware, in parte residuo, ma almeno un esemplare è datato da John Hayes al XII - XIII secolo (informazione personale di J.Hayes). Queste ceramiche importate sono associate con [105] i primi esempi di ceramiche locali invetriate - invetriata verde e green splash wares.

La ceramica siculo-magrebina rappresenta per questa fase il più ampio gruppo di ceramica importata (16,2% della ceramica invetriata). Un'esempio, sfortunatamente residuo, trova confronto con un tipo datato a Pisa alla prima metà dell'XI secolo (BERTI-TONGIORGI 1981, pp. 186-190). Analisi petrologiche eseguite da Sergio Sfrecola della Società L.A.R.A. hanno rivelato che la gran parte sono di produzione siciliana. II Measles ware (Fig. 4, nn. 1316), la cui produzione a Corinto è stata datata alla prima metà del XII secolo (MORGAN 1942, p. 95), rappresenta il secondo gruppo di ceramiche di importazione (12 esempi che rappresentano il 10.3% della ceramica invetriata di questa fase). Ad Otranto compare subito dopo la ceramica siculo-magrebina e contemporaneamente ad alcuni cambiamenti nella ceramica dipinta e da cucina.

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Per la prima volta, accanto alla produzione da cucina di tipo corinzio, appaiono i primi esempi di ceramica da cucina con forme di tradizione locale, che progressivamente sostituiranno i tipi corinzi. Tale processo è completato alla fine del XII secolo. L'altra novità è l'emergere della ceramica dipinta tipo narrow line, inizialmente coesistente con la broad line. In questa fase la divisione fra le due è spesso incerta, ma durante il XII secolo la narrow line si impone chiaramente.

Questi primi esempi di narrow line, con motivi non chiaramente definiti, si sviluppano entro il XIII secolo nei più formali e standardizzati disegni, caratteristici della South Apulian painted ware (WHITEHOUSE 1986, pp. 567-578) o ceramica dipinta a uccelli (PATITUCCI UGGERI 1977, p. 90).

Ad un certo punto dopo la comparsa del Measles ware, nella seconda metà del XII secolo, se l'evidenza delle monete è corretta, incontriamo le prime importazioni di scodelle e ciotole di graffita identica a quella bizantina del tipo Spiral style nota a Corinto (MORGAN 1942, pp. 102-123, nn. 992-1049, figg. 95-38) e ad Atene (FRANTZ 1938, p. 436). I1 materiale da Otranto (Fig. 5, nn. 17-20; 6, nn. 21-23) comprende esempi di graffita dipinta (MORGAN l942, pp. 140-142, nn. 1374-1428) con striature e macchie di decorazione verde e più raramente bruna (Fig. 5, nn. 18-20). Cinque frammenti provengono da strati della fase V. E molto probabile che almeno alcuni, se non tutti, gli esempi di Otranto siano di importazione; in particolare i frammenti con decorazione eseguita finemente provengono probabilmente dall'est Mediterraneo, ma non si può escludere la possibilità di imitazioni locali ed alcuni esempi con decorazione corrente e macchie verdi irregolari possono essere di produzione locale. Frammenti simili di quest'ultimo gruppo sono stati rinvenuti a Brindisi (PATITUCCI UGGERI 1376, p. 52, fig. 13d). Altre ceramiche [108] invetriate che appaiono per la prima volta sono alcuni esempi di slip wares, vasi dipinti in bruno e verde e ceramica islamica. Le slip wares sono probabilmente importazioni dall'area bizantina, caratterizzate da decorazioni ingobbiate a striature o a punti sotto la vetrina: la gran parte provengono da contesti del tardo XII-inizio XIII secolo. Quattro esempi trovano confronto ad Istanbul e nella Turchia occidentale ed in particolare a Nicea e Ephesus (informazione di P. Arthur), due dei quali compaiono in contesti del tardo XII secolo. Vasi dipinti in bruno e verde rappresentano un gruppo misto per cui sembra improbabile un'origine comune. E probabile che almeno alcuni siano di importazione dalla Grecia o da una zona vicina (per es. Fig. 3, nn. 10-12). La ceramica islamica comprende 28 frammenti che provengono, invece, dall'Egitto e dall'Asia occidentale. Si tratta di vasi di porcellana a pasta morbida o frit e terracotta. Molte sono le forme aperte con invetriatura blu turchese o vetrina incolore. Quattro frammenti provengono da contesti del tardo XII secolo e la maggioranza sono del tardo XII - inizio XIII secolo. Accanto a queste importazioni troviamo una crescente quantità di invetriate verdi, attribuite a produzione italiana, probabilmente locale. Queste appaiono per la prima volta accanto alla ceramica siculo-magrebina nei più antichi livelli della fase V, datati fra la fine dell'XI secolo e l'inizio del XII secolo.

L'inizio della fase VI è segnata dalla comparsa della protomaiolica ed è principalmente su questa base che la fase è datata al XIII secolo. La ceramica invetriata adesso rappresenta il 26,3% del totale: più del doppio della fase V (10,3%). Le ceramiche invetriate di importazione sono principalmente della prima metà del XIII secolo, mentre verso la fine diventano molto rare, contestualmente ad un significativo aumento del numero e della varietà delle ceramiche fini locali quali la protomaiolica e poco dopo la ceramica con vetrina trasparente e con decorazione che comprende il rosso, tipo “RM”. Ciò suggerisce che i vasai locali riuscivano a far fronte alla domanda locale. Al massimo il 16.5% delle ceramiche invetriate di questa fase sono di importazione e quasi tutte si trovano nei più antichi livelli della fase VI datati all'inizio del XIII secolo. Al crescente carattere locale delle ceramiche fa riscontro un analogo fenomeno osservabile nelle monete (TRAVAGLINI in stampa). Le ceramiche importate, presenti principalmente all'inizio del XIII secolo, non differiscono tanto da quelle della fase V. Accanto alla siculo-magrebina, diventa più consistente la Spiral style graffita: tre esempi di questa produzione presentano decorazione incised graffita (Fig. 6, n. 23) come è stata definita da Frantz (FRANTZ 1938, P. 431) (si tratta di una tecnica che si trova sia a Corinto che ad Atene intorno alla metà del XII secolo) (MORGAN 1942, pp. 148-143; FRANTZ 1938, p. 436). [111]

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Appaiono adesso per la prima volta la gouged graffita e la gouged cups (Fig. 6, nn. 24-25). Queste tazze hanno un ingobbio bianco ed invetriatura su entrambe le superfici. La vetrina è normalmente giallo chiaro con striature di verde: tutti i vasi hanno una zona decorata con linee profonde linee incise verticali o pressoché verticali sotto l'orlo. Inoltre alcuni esempi hanno sull'orlo una decorazione incisa a spirale, molto simile a quelle della Spiral style graffita (Fig. 6, n. 24). Non sono stati identificati confronti italiani ma prodotti simili a quelli con decorazione graffita e gouged sono comuni ad Istanbul e si trovano ad Efeso; si tratta quindi probabilmente di importazioni (informazione P. Arthur). È possibile d'altra parte che le gouged cups senza la decorazione graffita (Fig. 6, n. 25) possano essere di produzione locale. Fra le slipped ware

bizantine due frammenti trovano paralleli con vasi dalla Turchia occidentale datati fra il XIII e il XV secolo (informazione P. Arthur) (Fig. 6, n. 26).

Fra i prodotti dell'oriente islamico segnaliamo un esempio di Raqqa ware , probabilmente del XIII secolo (un frammento simile rinvenuto a Pisa è della fine del XII o del XIII secolo) (BERTI-TONGIORGI 1981, P. 97, n. 306) e due frammenti da un vaso zoomorfico o figurina forse ricoperta di lustro dorato. È stato rinvenuto inoltre un raro esempio di porcellana cinese o porcellaneous stoneware.

La protomaiolica è tutta prodotta nell'impasto tipico di Brindisi, mentre la ceramica da cucina ormai appartiene quasi interamente al gruppo con forme locali, già apparso nel XII secolo. Quasi tutta la ceramica dipinta è del tipo narrow line, che diventa sempre più elaborata nel corso del XIII secolo. Nella seconda metà del XIII secolo segnaliamo una netta diminuzione nel numero di ceramiche importate, ormai 1imitate ad un piccolo insieme di ceramica siculo-magrebina, slip wares e un'importazione islamica. Da circa la metà del XIII secolo, forse un po' prima, per la prima volta individuiamo ceramiche con vetrina trasparente con decorazione che comprende il rosso (tipo "RMR"), mentre aumenta la protomaiolica. Benché sia la protomaiolica che il “RMR” siano prevalentemente di impasto brindisino, si nota per la prima volta la presenza di un altro impasto forse locale.

Fra il tardo XIII e I'inizio del XIV secolo i prodotti di importazione diventano ancora più rari ed i tre grandi depositi attribuiti a questo periodo sono caratterizzati da una gamma di prodotti locali, le cui forme e decorazioni appaiono altamente standardizzate. Sia la protomaiolica che la ceramica tipo “RMR” sono prodotte nello stesso impasto, forse locale, mentre l'impasto brindisino, caratteristico delle primi fasi, è praticamente scomparso. [112] Pochissimi contesti possono essere attribuiti alla fase VII del XIV secolo, quando appaiono in quantità significativa esempi di ceramiche con decorazione graffita, di probabile produzione locale. La loro comparsa corrisponde alla scomparsa della graffita bizantina tipo Spiral ware che predomina nella fase VI. Comprendono scodelle o piatti con decorazioni verde e giallo o verde e bruno simili alla graffita italiana dello stesso periodo. Si deve notare che nonostante la vasta quantità di materiale ceramico medievale recuperato non è stato identificato alcun esempio di ceramica graffita tipo Castrignano. L'evidenza di Otranto sembra contrastare con la cronologia proposta dalla Patitucci Uggeri che proponeva un inizio della produzione fra XIII e XIV secolo e che continuò nel XV secolo (PATITUCCI UGGERI 1977, p. 275). Sembra invece più probabile una datazione ad epoca successiva al XV secolo. Nel XV secolo, fase VIII, che finisce probabilmente con il sacco di Otranto nel 1480 ad opera dei Turchi, la produzione più attestata è l'invetriata verde che comprende 25% della ceramica invetriata e smaltata, seguita dalla “RMR” e dalla maiolica e graffita italiana. A parte la maiolica, che comprende esempi nord italiani, l'unica novità sono esempi di ciotole bichrome double dipped e la maiolica spagnola, generalmente decorata a lustro. Double dipped è il termine dato dal Buerger ad un gruppo di vasi rinvenuto a Spalato in Iugoslavia, invetriati in due colori, ciascuno coprente la metà del vaso (BUERGER 1978, p. 154). Questi prodotti sono stati trovati su siti della Puglia e Basilicata e rimasero in uso dal tardo medioevo fino ai nostri giorni. Gli esemplari recuperati ad Otranto sono principalmente invetriati in verde e bruno e la maggior parte sono probabilmente di produzione locale. Infine meritano un cenno due vasi provenienti da contesti di superficie, si tratta di un esempio di Roulette ware che come Sauro Gelichi ha mostrato era un prodotto nord italiano (GELICHI 1984a; IDEM 1984b, pp. 383-385), ed in secondo luogo una brocca invetriata con filtro. Nonostante la sua somiglianza con i vasi ampiamente diffusi nel mondo arabo, compresa la Sicilia,

è probabilmente di produzione locale, simile ad analoghi esempi, benché non invetriati, trovati a Lucera ed Ordona e discussi da David Whitehouse (WHITEHOUSE 1966, p. 176: fig. 29, nn. 4 e 5; IDEM 1384, n. 2). Esempi invetriati di queste forme sono più rari: le olle di questo tipo erano normalmente senza vetrina e la porosità della terracotta, con la continua evaporazione, manteneva fresco il contenuto. Non mancano tuttavia esempi con vetrina, documentati da Fustat in Egitto (SCANLON 1984, p. 21), ora nel museo islamico del Cairo, e a Roma (Teatro di Marcello) un vaso intero che Mazzucato ipotizza provenire dal Maghreb o dalla Sicilia (MAZZUCATO 1976, fig. 34, 38-33).[114]

Discussione

L'insieme delle ceramiche delle più antiche fasi identificate (datate dal IX al tardo XI secolo) riflette chiaramente gli stretti legami esistiti fra Otranto ed il mondo bizantino orientale in questo periodo, non solo a causa della presenza di tipi ceramici invetriati quasi sconosciuti altrove in Italia, ma in particolare per la presenza di ceramiche grezze in forme bizantine di tipo corinzio. È molto improbabile che tutta la ceramica grezza fosse importata e sembra piuttosto ipotizzabile la produzione locale ad opera di vasai orientali o la semplice imitazione delle forme o forse una combinazione delle due ipotesi. Le fonti scritte accreditano L'ipotesi dell'esistenza di qualche forma di colonizzazione bizantina della Terra d'Otranto alla fine del IX secolo (GUILLOU 1973, P. 25); è inoltre probabile lo stanziamento di militari greci da questo periodo (BROWN in stampa). La produzione di ceramiche da cucina in forme bizantine esisteva tuttavia già ad Otranto, come è chiaramente emerso dagli scavi diretti dal Prof. D'Andria dell'Università di Lecce. Gli scavi hanno rivelato l'esistenza di un complesso di fornaci in funzione in un'epoca non ben precisabile fra tardo VI ed VIII secolo, che produceva ceramica grezza ed anfore in forme bizantine (ARTHUR et al. in stampa).

Le ceramiche invetriate di importazione, in particolare il plain glazed white ware , eranoprobabilmente oggetti di lusso. È tuttavia impossibile dire in che misura il ritrovamento di questi oggetti ad Otranto rispecchi scambi commerciali o piuttosto doni, o forse beni di prestigio, o proprietà personale di mercanti. Essi formano una percentuale relativamente piccola dell'insieme e non trovano finora confronti in Puglia. Non esiste dunque evidenza per un'importazione e diffusione su larga scala di questi prodotti, nonostante gli intensi collegamenti. Sulla base delle fonti storiche T. Brown ha proposto che nel periodo bizantino la gran parte del movimento di beni era collegato allo spostamento di forze navali, missioni diplomatiche e agenti dello stato, piuttosto che da parte di mercanti (BROWN in stampa). L'evidenza ceramica sembrerebbe offrire qualche supporto a questa ipotesi.

Un'ulteriore problematica sulla quale le ceramiche invetriate presenti ad Otranto gettano luce è quella dell'origine della ceramica invetriata di produzione Altomedievale - la ceramica a vetrina pesante, che inizia a Roma dalla fine dell'VIII secolo (PAROLI 1986). Molti studiosi hanno sottolineato il ruolo giocato dai prodotti bizantini nello stimolare questa produzione di ceramica invetriata (WHITEHOUSE 1965; HODGES-PATTERSON 1386, pp. 24-25; PAROLI 1986, p. 80). Alla Crypta Balbi a Roma, i primi strati nei quali appare il Forum ware contenevano frammenti invetriati di produzione locale ma [115] chiaramente somiglianti a prodotti bizantini (PAROLI 1986, p. 80). Otranto dà supporto all'ipotesi dell'influenza bizantina: materiali importati sono qui associati con invetriate di manifattura locale. Ciononostante tutte queste premesse non hanno dato luogo allo sviluppo di una significativa produzione locale: esempi di ceramica locale invetriata sono infatti molto rari. L'evidenza di Otranto, dunque, suggerisce che la tradizione bizantina di ceramica invetriata ha certamente rappresentato uno stimolo iniziale per la produzione di ceramica invetriata in Italia ma che a successo di questa, come a Roma e dintorni, è probabilmente legata ad altri fattori. Tanto più se consideriamo che lo sviluppo avviene quando l'influenza politica di Bisanzio a Roma è definitivamente tramontato a vantaggio semmai del potere carolingio.

Ad Otranto, come in altre aree costiere italiane, è solo dal tardo XI al XII secolo che comincia affermarsi la produzione locale di ceramica invetriata, probabilmente sotto lo stimolo dell'importazione di prodotti da tavola invetriata dalla Sicilia, Maghreb e dall'est Mediterraneo.

Infatti, dalla fine dell'XI secolo, troviamo notevoli cambiamenti nel panorama ceramico. Con la conquista normanna, Otranto perse la sua tradizionale posizione di caposaldo bizantino; benchè I'elemento greco sia ancora fortemente presente in città, il mutamento politico ha riflessi sul panorama delle produzioni ceramiche. In particolare è significativo il cambiamento delle forme della ceramica da cucina dal tipo Corinto a quello di tradizione locale. L'apparire della ceramica fine invetriata, sia locale che di importazione, fra tardo XI ed inizio del XII secolo, è invece parte

dei più ampi cambiamenti che stanno avvenendo nell'area mediterranea in questo periodo. Analogamente a quanto osservato sulla costa tirrenica (Genova, Pisa, Roma e Napoli) con l'aumento del volume del traffico marittimo arriva materiale ceramico invetriato che sembra aver stimolato l'emergere della produzione locale.

Durante l'epoca normanna il commercio cadde nelle mani dei veneziani, che dall'XI secolo avevano collegamenti estensivi attraverso l'area adriatica e 1'impero bizantino.

La repubblica di Venezia era interessata all'esportazione di prodotti - specialmente agricoli - della Puglia, e nell'uso di Otranto come un punto di appoggio nei viaggi verso l'Oriente (BROWN in stampa). Nel 1104 c'è un riferimento ad un contratto commerciale, una societas fatta dai veneziani per trasportare derrate da Otranto ad Antiochia (MOROZZO DELLA ROCCA-LOMBARDO 1940, i, n. 31) e da allora il ruolo di Venezia crebbe con la creazione di una colonia di mercanti. Come Brown ha mostrato, un'analisi degli archivi di Venezia potrebbe fornire dettagliate informazioni sulla vita economica e sulla realtà sociale di Otranto dal 1100 al 1480. In questo contesto [116] l'ampia gamma di materiale di importazione databile dal tardo XI al XIII secolo presente ad Otranto non deve sorprendere. È invece interessante notare che la sola area in Italia dove sono stati trovati prodotti bizantini (specie graffita) in quantità significativa è quella veneta e l'alto adriatico (CANDIANI-COZZA-MUNARINI 1980; MAZZUCATO 1982; CALOGERO-LAZZARINI 1983; LAZZARINI-CANAL 1983).

Si deve sottolineare come la situazione riscontrata ad Otranto non sia tipica del resto della Puglia ma un caso eccezionale riflesso più della situazione politico-geografica che del risultato dell'impegno commerciale di mercanti. Altrove in Puglia la ceramica d'importazione è abbastanza rara, e concentrata nei porti e nei principali centri; non sembra che questi prodotti raggiungessero mai il territorio circostante. Gli scavi nell'area di San Pietro degli Schiavoni a Brindisi, uno dei principali porti della Puglia, hanno rivelato solo una piccola quantità di ceramica di importazione, nessuna databile ad epoca precedente all'XI secolo (PATITUCCI UGGERI 1976, pp. 148-152, 154, fig.l4 e 16; 1977, p. 256)1. Altrove in Puglia i soli ritrovamenti di importazioni bizantine sono pochi esempi di Spiral style graffita da scavi a Lucera, Salpi e Siponto (LAZZARINI-CANAL 1983, p. 27), mentre ceramiche dipinte in bruno e verde da scavi a Lucera, Salpi e Mesagne sono probabilmente di produzione locale, come infatti Patitucci Uggeri (PATITUCCI UGGERI 1977, pp. 105-106) suggerisce per i vasi di Mesagne. In questo quadro non sorprende che la distribuzione di questi prodotti non sembri aver coinvolto il territorio; le esplorazioni di scavo condotte a Mesagne (PATITUCCI UGGERI 1977, p. 257) dimostrano infatti che l'importazione non arriva a toccare questo piccolo centro dell'interno.

L'evidenza archeologica conferma sostanzialmente ciò che il modello storico aveva suggerito: Otranto, per la sua posizione strategica, assunse un ruolo che andò al di 1à del semplice scalo portuale. Dopo la metà del XIII secolo l'importazione è praticamente cessata ed è probabile che la produzione

Locale arrivò a soddisfare quasi l'intera domanda locale c on una gamma di prodotti invetriati e smaltati. Ciò non significa un calo nel commercio; si inferisce infatti dall'evidenza storica che Otranto continua ad avere un ruolo [117] importante per i veneziani e per i loro rapporti con il mondo bizantino. Piuttosto ciò riflette il successo delle produzioni locali che sono ormai non solo in grado di soddisfare i bisogni della popolazione locale ma esportano i loro manufatti in altre zone d'Italia e nel Mediterraneo. Infatti è proprio in questo periodo dal tardo XIII secolo che le

1 Dagli scavi di San Pietro degli Schiavoni, Brindisi, S. Patitucci Uggeri nota che il materiale comprende ceramica dipinta in bruno e verde in contesti attribuiti all'XI secolo, di possibile origine bizantina (PATITUCCI UGGERI 1976, PP. 148-152). Mentre i contesti piu tardi dell' XI/XII-XIII secolo hanno restituito alcuni esempi di graffita bizantina a spirali, slip painted ware ed un esempio di Measles ware (PATITUCCII UGGERI 1976, pp. 148-152, 154, figg. 14 e 16). I1 Measles Ware, comunque, Patitucci Uggeri ritiene che possa essere un' imitazione locale (PATITUCCI UGGERI 1977, p. 256).

ceramiche dell'Italia meridionale cominciano a raggiungere la Grecia in quantità notevole (SANDERS 1987, p. 132)2.

Otranto dimostra come l'archeologia possa contribuire a dare un maggiore spessore ed articolazione alla ricostruzione della storia delle relazioni fra la penisola italiana ed il mondo bizantino. Molto di più si potrà fare non solo ampliando Ie indagini sul terreno, come il professore F. D'Andria sta facendo nel Salento - ma con lo studio e la riflessione sul significato delle tracce archeologiche nel loro insieme, viste nel loro contesto storico.

HELEN PATTERSON

Catalogo

(alt. = altezza; d.m. = diametro massimo; d.O. = diametro orlo; d.f. = diametro fondo)

1. (Fig. 2) ceramica da cucina tipo Corinto, olla biansata.alt. 15.8 cm.; d.m. 18.2 cm.; d.O. 12.5 cm.Fase IV (IX-tardo XI sec.) (cat. 408)Per una forma simile da Corinto, attribuita al X secolo, vedi MACKAY 1967, p.

291, fig. 2, n. 93. (Fig. 2) ceramica da cucina tipo Corinto, olla biansata. d.m. 22.6 cm.; d.O. 14 cm.Fase IV (IX-tardo XI sec.) (cat. 413) Una forma simile da Corinto è attribuita al XII secolo, vedi MACKAY 1967, fig. 4,

n. 117.3. (Fig. 2) plain glazed white ware, tazza (?).

Invetriatura trasparente di colore verde mela sia all'esterno che I'interno; d. 8 cm. [118]

Fase IV (IX-tardo XI sec.) (cat. 704). Forme simili: da Corinto, vedi MORGAN 1942, pp. 54-55, fig. 36c; da Istanbul,

definita olla da cucina, vedi PESCHLOW 1978, tav. 138, 5, n. 86. 4. 4 (Fig. 2) plain glazed white ware, fondo.

All'interno, sottile invetriatura trasparente di colore giallastra con macchie marroni; sull'esterno, macchie di invetriatura gialla e verde intorno al fondo ed invetriatura parziale verde sotto al fondo; d. 5.8 cm.

Fase IV (IX-tardo XI sec.), associato con due monete de11'870-877 e del 913-919 (cat. 705).

Forme simili: da Corinto, vedi MORGAN 1942, fig. 36d; da Istanbul (con decorazione impressa) vedi PESCHLOW 1978, fig. 7, n. 52 e 54. 5.

5 (Fig. 2) plain glazed white ware, forma aperta. All'esterno e all'interno, invetriatura trasparente di colore verde mela; d. 22 cm. Fase VI (XIII secolo) (cat. 711). 6.

6 (Fig. 2) plain glazed white ware, scodella. All'esterno e all'interno, invetriatura trasparente di colore giallastro, con sfumature

verde mela e verde scuro; d. 20 cm. Fase VI (XIII secolo) (cat. 713).

7. (Fig. 3) plain brown glazed ware, scaldavivande.

G. Sanders nota che a Corinto, nell' early Frankish period la maggioranza dell'importazioni erano del Mediterraneo orientale o dall'area egea mentre le importazioni italiane erano limitate ai ritrovamenti sporadici di protomaiolica. Dal tardo XIII-inizio XIV secolo, comunque, la ceramica d'importazione a Corinto è quasi tutta di produzione dell'Italia meridionale (SANDERS 1987, p. 192).

2

All'esterno e all'interno invetriatura spessa e lucida, giallo marrone. Sull'esterno decorazione a rilievo; d. 27.5 cm.

Fase V (tardo XI-XII secolo) (cat. 699). Per forme simili da Corinto, vedi MORGAN 1942, fig. 24a-c.

8. (Fig. 3) plain brown glazed ware, coperchio. All'esterno e all'interno dell'orlo, invetriatura marrone, spessa e lucida; d. 24.5 cm.

circa. Fase IV (IX-tardo XI sec.) (cat. 638). Invetriature simili sono state notate su vasi della Turchia occidentale (informazione

P. Arthur).9. (Fig. 3) plain brown glazed ware, coperchio.

All'esterno invetriatura marrone, macchie di vetrina all'interno; alt. 12.2 cm.; d.O. 20 cm.

U.S. (cat. 700).Per una forma simile da Corinto, vedi MORGAN 1942, fig. 169, n. 43; da Istambul,

ma di plain glazed white ware, vedi PESCHLOW 1978, fig. 8, n. 65. 10. (Fig. 3) ceramica dipinta in bruno e verde, tazza (?).

Invetriatura all'esterno e all'interno. Decorata, specialmente all'interno, con verde e marrone; d. 4.5 cm.

Fase V (tardo XI-XII sec.) (cat. 595). Per esempi con forme e decorazione simili da Corinto, vedi MORGAN 1942, pp. 72-

75, fig. 5 1c (datati al tardo X-XI secolo). 11. (Fig. 3) ceramica dipinta in bruno e verde, ciotola.

Invetriatura all'esterno e all'interno; sull'interno decorata con bande concentriche, larghe in verde e strette in bruno; d. 21 cm. [119]

Fase VI (tardo XII-inizio XIII secolo) (cat. 599). Per una forma simile da Corinto datata al secondo quarto del XII secolo, vedi

MORGAN 1942, fig. 56c. 12 (Fig. 3) ceramica dipinta in bruno e verde, ciotola o scodella.

Invetriata all'esterno e all'interno; all'interno decorata con macchie di verde e marrone; d. 20.5 cm.

U.S. (cat. 602).Per una forma simile da Corinto, datata al primo quarto del XII secolo, vedi

MORGAN 1942, fig. 55c. 13 (Fig. 4) Measles ware, fondo.

All'interno, ingobbio bianco e invetriatura giallo chiara; all'interno decorazione graffita riempita con punti marrone giallastro; d. 11 cm.

Fase V (tardo XI-XII secolo) (cat. 718). 14 (Fig. 4) Measles ware, frammento.

All'interno, ingobbio bianco e invetriatura gialla; all'interno decorazione graffita riempita con punti marrone rossiccio.

Fase VI (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 726). 15 (Fig. 4) Measles ware, ciotola.

All'interno e intorno all'orlo, ingobbio bianco e invetriatura gialla chiara; sull'orlo, gruppi di strisce marroni radiali, all'interno decorazione graffita e punti marroni; d. 20 cm.

Fase VI (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 721). Per una forma simile da Corinto, vedi MORGAN 1942, fig. 68, n. 651.

16 (Fig. 4) Measles ware, ciotola. All'interno e intorno all'orlo ingobbio bianco e invetriatura verde chiara; sull'interno

decorazione graffita a punti marroni; alt. 4 cm.; d.O. 24 cm.; d.f. 8.5 cm. U.S. (cat. 728).

Per una forma simile da Corinto, vedi MORGAN 1942, fig. 68, n. 657; la decorazione assomiglia quella di due frammenti da Sparta, vedi DAWKINS DROOP 1910-11, pl. XVII, 54 e 55.

17 (Fig. 5) Spiral style graffita, ciotola. All'esterno e all'interno ingobbio bianco, sull'interno invetriatura gialla; decorata con

un cerchio riempito con spirali, una banda concentrica; d.f. 12 cm. Fase VI (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 605).

18 (Fig. 5) Spiral style graffita, ciotola. All'interno invetriatura trasparente a gialla; decorata con, al centro, cerchio riempito

con spirali. Macchie verdi; d.f. 10 cm. Fase VI (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 606).

19 (Fig. 5) Spiral style graffita, ciotola. All'interno e intorno l'orlo ingobbio bianco e invetriatura gialla; decorazione

comprende una banda concentrica di spirali. Macchie verdi; d. 22 cm. Fase VI (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 608).

Per una forma simile da Corinto, datata alla prima metà del XII secolo, vedi MORGAN 1942, fig. 95, n. 1007 e fig. 99, n. 1055. [120]

20. (Fig. 5) Spiral style graffita, ciotola. All'interno e intorno all'orlo, ingobbio bianco e invetriatura gialla chiara; una bande

concentrica di spirali. Macchie verdi; d. 30 cm. Fase VIII (XV sec. - residuo) (cat. 612). 21. (Fig. 6) Spiral style graffita, ciotola.

All'esterno e all'interno ingobbio bianco, all'interno invetriatura gialla chiara; una banda concentrica di spirali; d.f. 12 cm. U.S. (cat. 615).

Per decorazione simile su un vaso da Corinto, vedi MORGAN 1942, pl. XLI, n. 992 e 1004.

22. (Fig. 6) Graffita (developed style), forma aperta. All'interno ingobbio bianco e invetriatura trasparente; decorazione graffita. Fase VI

(tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 619). Questa decorazione graffita appartiene al Developed style, che sembra ad Atene e

Corinto di essere ampiamente diffusa entro la metà del XII secolo (FRANTZ 1938, 436; MORGAN 1942, 148-9).

23 All'interno e parte dell'esterno, ingobbio bianco, all'interno invetriatura gialla chiara; decorata con una banda concentrica di rinceau sul fondo imbricata.

Fase VI (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 621). Per decorazione identica da Corinto, vedi MORGAN 1942, fig. 125, n. 1436.

Morgan definisce questo tipo Medallion style incised graffita ware, e nota che è più comune intorno alla metà del XII secolo.

24. (Fig. 6) Gouged andgraffita cup, tazza. All'esterno e all'interno ingobbio bianco e invetriatura gialla chiara con striature di

verde all'esterno; all'esterno sull'orlo, decorazione incisa a spirali; sotto I'orlo, una zona di profonde linee incise verticali; d.O. 10 cm.

Fase IV (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 623). 25. (Fig. 6) Gouged cup, tazza ansata.

Ingobbio e invetriatura come n. 24, con striature di verde all'esterno. All'esterno sotto l'orlo, una zona di profonde linee incise verticali; d.O. 10.5 cm.

Fase VI (tardo XII-inizio XIII sec.) (cat. 625). 26. (Fig. 6) Slip ware, ciotola.

All'esterno e l'interno ingobbio bianco; all'interno, decorazione in ingobbio bianco che appare verde bluastro sotto la vetrina verde marrone; d. alla carena (approx.) 23.5 cm. (cat. 742).

Confronti stretti sono presenti in Turchia nei contesti del XIII-XV secolo (informazione P. Arthur). Ad Otranto un esempio simile è stato trovato in un contesto del Fase VI (XIII sec.)

Abbreviazioni bibliografiche

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