contesto scolastico e adolescenza oggi

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Contesto scolastico ed adolescenza oggi Leonardo Angelini, Parma, 6.3.04 1. Paidòs agogòs: accompagnatori di fanciulli. Invarianze ed adattamenti nel tempo 1.1 Poiché l’uomo, come diceva Bernfeld, è un animale nidicolo, il processo di inculturazione richiede in ogni società uno sforzo da parte della comunità degli adulti tendente a far si che la nuova generazione che emerge possa essere accolta dalla vecchia senza soverchi turbamenti. 1.2 La psicoanalisi e l’etnologia infatti su questo concordano: sul fatto che, come aveva già lucidamente messo in luce Van Gennep, se il processo di inculturazione non fosse guidato e, direi, sancito dalla vecchia generazione rappresenterebbe, di per sé, un pericoloso segnale di “discontinuità” che turberebbe fortemente la pace sociale e l’equilibrio intergenerazionionale. 1.3 Ciò era già vero in passato, a fronte di culture molto meno dinamiche della nostra. Ed è ancora più vero oggi, nell’epoca della globalizzazione, a fronte di una società complessa ed estremamente dinamica, dai confini incerti e tendenzialmente, ma confusamente, planetari, che perciò sedimentano identità deboli ed erratiche. Fin qui la riflessione etnologica.

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Nuovi adolescenti e nuova scuola

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Contesto scolastico ed adolescenza oggi

Leonardo Angelini, Parma, 6.3.04

1. Paids agogs: accompagnatori di fanciulli. Invarianze ed adattamenti nel tempo

1.1 Poich luomo, come diceva Bernfeld, un animale nidicolo, il processo di inculturazione richiede in ogni societ uno sforzo da parte della comunit degli adulti tendente a far si che la nuova generazione che emerge possa essere accolta dalla vecchia senza soverchi turbamenti.

1.2 La psicoanalisi e letnologia infatti su questo concordano: sul fatto che, come aveva gi lucidamente messo in luce Van Gennep, se il processo di inculturazione non fosse guidato e, direi, sancito dalla vecchia generazione rappresenterebbe, di per s, un pericoloso segnale di discontinuit che turberebbe fortemente la pace sociale e lequilibrio intergenerazionionale.

1.3 Ci era gi vero in passato, a fronte di culture molto meno dinamiche della nostra. Ed ancora pi vero oggi, nellepoca della globalizzazione, a fronte di una societ complessa ed estremamente dinamica, dai confini incerti e tendenzialmente, ma confusamente, planetari, che perci sedimentano identit deboli ed erratiche. Fin qui la riflessione etnologica.

1.4 Ma anche secondo la psicoanalisi - come hanno messo in evidenza Winnicott, Anzieu e Green - la cultura, cio linsieme degli usi e dei costumi di una societ, le sue credenze i suoi postulati di base, possono essere visti come un enorme apparato difensivo di tipo gruppale che permette ad un insieme discriminato di individui di dare un senso univoco alla propria esistenza, di governare il cambiamento, di costruire (e ricostruire) nel tempo una specie di oggetto transizionale collettivo (Green) che pu essere visto come il prodotto finale di un processo che inizia a partire dalla prima separazione dalla madre e continua per tutta lesistenza nel tentativo individuale e gruppale di ribadire ed espandere nel tempo la propria appartenenza.

1.5 E a partire da quella separazione primigenia e dal tentativo di vincere langoscia che deriva dalla constatazione che a quel punto lindividuo : solo indifeso nudo (Winnicott) che si innesca dentro di noi quel processo di in-lusione \ de-lusione che, nel tentativo di ribadire ed allargare la nostra appartenenza, ci porter dapprima ad istituire loggetto transizionale, poi il gioco ed il gioco condiviso, infine loperativit condivisa, letica del lavoro e pi in generale lappartenenza alla nostra specifica cultura.

1.6 Ed anche secondo la psicoanalisi la comunit degli adulti, al fine di assecondare tale processo di continua espansione della nostra appartenenza mano a mano che il processo maturativo va avanti, ed al fine di vincere le angoscie che derivano dalla vicinanza con la nuova generazione, istituisce un insieme di funzioni e delega qualcuno, in particolare, allesercizio di tali funzioni che in effetti sono presenti a livello potenziale in tutti i soggetti. Queste funzioni sono quelle educanti e coloro che, in nome della societ, le esercitano sono i genitori innanzitutto (Meltzer, Harris) ed i formatori di ogni ordine e grado (Kes).

1.7 I primi, a fronte di un desiderio filiale di continuare ad acquisire senso tramite loro, esercitano un insieme di funzioni che favoriscono la introiezione o la proiezione in base alle quali si determina un processo che, nel migliore dei casi porter nellet adulta allautonomia ed al progetto, altrimenti a vari stati di dipendenza e di spoliazione di s.

1.8 I secondi, e cio gli educatori - a fronte ad un discente che, come ci ricorda icasticamente la Dolto, chiede sempre ai propri maestri fammi qualcosa sul mio corpo, attraverso il desiderio di formare(Kes) attraverso la specificit di questo desiderio, che si coniuga diversamente in ciascuno di loro ed in ciascuna societ, esercitano, sempre in nome della societ, uninfluenza sul discente identica qualitativamente a quella esercitata dai genitori.

1.9 Ed anzi si pu dire che ogni societ istituisce un sistema educativo, cio: quel tessuto, fatto di pratiche educative, che comprende la scuola, ma non si esaurisce assolutamente in essa, e che si dirama all'interno di varie istituzioni, o in luoghi meno formali (Becchi, 1987), che hanno come fine pi o meno esclusivo, pi o meno marginale, pi o meno autocosciente, quello dell'educazione, secondo procedure che sono inscritte all'interno delle singole tradizioni istituzionali e non, e che sono soggette a pi o meno rapidi cambiamenti a seconda delle concrete condizioni storiche in cui concretamente operano i soggetti che a tali pratiche sono socialmente preposti (Angelini, 1998, pag. 184-185)

1.10 Quindi ogni societ istituisce un corpo speciale di accompagnatori di fanciulli da essa preposto allaccoglienza ed alla educazione della nuova generazione, di modo che questultima possa inculturarsi ed acquisire il carattere etnico (Devereux) della cultura di appartenenza e rimuovere linconscio etnico in un equilibrio dinamico che muta nel tempo in base alle mutevoli esigenze dordine strutturale e culturale di ogni societ. Nellesercizio di queste due funzioni possiamo notare alcune invarianze ed alcuni mutamenti nel tempo.

1.11 Le invarianze sono essenzialmente quelle presenti a livello strutturale che potremmo cos riassumere: ogni societ, indipendentemente dalle modalit specifiche, presenti a livello diacronico e sincronico, secondo le quali poi esse sono in effetti esercitate: -si d delle funzioni educanti miranti al controllo dei sistemi di inculturazione; -individua, distingue e prepone un insieme di sacerdoti del passaggio che guidano la nuova generazione lungo le varie fasi del processo maturativo; -istituisce una banda pi o meno ampia di comportamenti attesi o tollerati e di modelli di crescita e di adultizzazione; - mette fuori gioco, secondo una banda altrettanto oscillante, dei comportamenti disattesi e tabuizzati.

1.12 Ogni societ cio sente il bisogno di accompagnare la crescita della nuova generazione per esigenze che sono nel contempo difensive (Van Gennep) ed espansive. Weinstein e Platt hanno ben messo in evidenza, secondo un modello interpretativo che a met strada fra psicoanalisi e sociologia parsonsiana, le vicissitudini in base alle quali poi tali esigenze possono persistere nel tempo o cambiare. E nel far ci individuano un percorso che, anche in momenti di crisi, solitamente determina i pattern di cambiamento: 1. i modelli coatti di espressione sociale funzionano e tendono a stabilizzare linterazione sociale; 2. diventano inadeguati, di funzionali e distruttivi; 3. da questo stato di crisi nascono nuovi modelli coatti (o modellati socialmente, come essi dicono anche) di espressione che, alla fine, 4. vengono stabilizzati.

2. I Proff come sacerdoti del passaggio dalla fanciullezza alladolescenza e da questa allet adulta: la metafora del labirinto

2.1 Una volta inquadrato in questo modo tutto il percorso vediamo ora pi da vicino ci che accade in adolescenza. Se noi continuiamo a guardare alla scena in unottica funzionalistica ben presto ci accorgeremo che anche ladolescenza cos come tutto il resto del percorso che dallinfanzia conduce allet adulta, come abbiamo appena cercato di mettere in evidenza da una parte ci apparir in tutto il mondo come una terra di mezzo, separata e congiunta nello stesso tempo sia col passato che col futuro del soggetto, funzionalmente preposta a favorire quella vera e propria migrazione interna che dai comodi e domestici territori dellinfanzia e della dipendenza conduce il giovane verso gli aspri e impegnativi orizzonti dellautonomia[footnoteRef:-1]. Dallaltra, a fronte di questo elemento che potremo ritrovare identico a livello funzionale in ogni cultura, potremo riscontrare una infinita gamma di possibilit secondo le quali poi in ciascuna cultura si definiscono le modalit concrete attraverso le quali tale migrazione avviene. [-1: Essere autonomo etimologicamente significa avere acquisito la capacit di darsi da s la propria legge]

2.2 In questo modo ad una pluralit e ad una specificit delle modalit concrete con cui ciascuna cultura affronta e risolve il passaggio - alcune delle quali cos brevi che si esauriscono nellatto stesso del passaggio, altre, come la nostra, che sembrano tendere ad avere gli anni di Nestore e di Priamo e prolungarsi ben oltre la linea dombra oltre la quale ci si attende che cominci let adulta - corrisponder una unitariet a livello funzionale, riscontrabile in ogni cultura, e che potremmo cos riassumere.

2.3 Si tratta dovunque di funzioni inerenti il passaggio e la sua cerimonializzazione; di funzioni inerenti il processo maturativo ed i compiti di sviluppo propri di questa et della vita; di funzioni inerenti le modalit di aggregazione dellex adolescente nella comunit adulta, etc. - In una parola di funzioni inerenti nel contempo sia le esigenze universali, sia le modalit sociospecifiche di riproduzione sociale riscontrabili in ogni cultura.

2.4 E qui nellintrodurre la funzione che gli adulti, e la scuola in particolare, ricoprono lungo il percorso di passaggio, vorrei proporvi limmagine del labirinto. Non quella che solitamente abbiamo in mente allorch oggi pensiamo al labirinto: un luogo in cui facilmente ci si pu perdere. Ma quella, direi, pi archetipica, del labirinto come luogo in cui ci si perde e ci si ritrova: ci si perde come bambini e ci si ritrova come adulti. Infatti in tutto il bacino del Mediterraneo, cos come in molte altre parti dellEuropa, in epoca preistorica il labirinto era, come hanno dimostrato gli archeologi, il luogo principe dei riti di passaggio dallet infantile allet adulta: luogo elettivo di rinascita psicologica che veniva proposto, a cavallo della crisi puberale a ragazze e ragazzi al fine di aiutarli a ridefinirsi, a ricollocarsi nella gerarchia sociale, a reidentificarsi come adulti.

2.5 Rito di passaggio e di iniziazione allet adulta che veniva - come ogni rito e come avviene ancora oggi - cerimonializzato dalla comunit attraverso una procedura che consisteva nellingresso e nelluscita dal labirinto, che in questo modo era visto come una specie di utero sociale che aveva in s la possibilit di togliere il non pi bambino ed il non ancora adulto da una penosa e pericolosa condizione di assenza di significato e di ri-collocarlo allinterno del pi confortevole e meno angosciante universo di cose conosciute e definite. Condizione penosa per il soggetto appena pubere, ma pericolosa come ci ricorda Van Gennep - anche per la societ di cui quel soggetto faceva parte poich non definibile allinterno di codici certi che ne permettessero il riconoscimento e la discriminazione.

2.6 La mimesi della rinascita, rappresentata letteralmente attraverso lingresso e luscita, di fronte a tutta la comunit, del neo-pubere nel e dal labirinto permetteva un rapido ingresso nel mondo degli adulti, riducendo il momento di pericolosa discontinuit ed la conseguente situazione di liminariet ad un insieme di atti dovuti e cerimonializzati che favorivano la ricomposizione del corpo sociale come un tutto esplicato in ogni sua manifestazione, comprese quelle che, come la crisi puberale, altrimenti avrebbero minato alle fondamenta larmonia e la pace fra le generazioni.

2.7 Lingresso e luscita rituale nel labirinto infine veniva guidata cosa per noi importantissima da alcuni adulti preposti dalla comunit ad officiare la cerimonia, da alcuni sacerdoti del passaggio che accompagnavano il neopubere lungo il percorso che mimava la morte e la rinascita. Cio gli accompagnatori di fanciulli alle soglie della pubert si trasformavano in sacerdoti del passaggio.

2.8 Tornando con un salto di millenni alloggi, la domanda che mi pongo e vi pongo ora : la scuola uno dei labirinti odierni in cui i nostri giovani passano dallinfanzia allet adulta? Cui segue subito laltra: i proff rappresentano per noi, insieme, certo, ad altre componenti dellecosistema adulto, quei sacerdoti del passaggio che accompagnano il giovane lungo il tragitto verso let adulta?

2.9 La mia risposta si colloca ancora nel filone funzionalista e mi porta a dire che, se distinguiamo fra ci che effettivamente succede a livello funzionale e la coscienza che gli adulti che lavorano nella scuola media inferiore e superiore odierna hanno di svolgere queste funzioni, noi concluderemmo che la scuola un luogo di cerimonializzazione del passaggio e che essi svolgono nei fatti una funzione di sacerdoti del passaggio, che essi officiano la cerimonia del passaggio scandendo ad es. le tappe della crescita psicologica, ma in effetti essi siano spesso totalmente ignari di essere i sacerdoti officianti di un simile rito.

2.10 Le ragioni di questo scarto fra effettiva pratica quotidiana sul piano della ritualizzazione del passaggio e (mancata) coscienza adulta del significato, o del meta\significato di tale pratica sono nelle varie complicazioni che nella nostra societ complessa sono implicite nel passaggio allet adulta. Esigenze dordine materiale:- la estrema complessit che implicita nella formazione di una forza-lavoro adatta alle attuali esigenze produttive; e psicosociale: il fatto che la soggettivit nella societ complessa, per potersi dispiegare pienamente, implichi un rapporto fra le generazioni molto meno armonico ed organico di quello occorrente nelle societ pi semplici.

2.11 Entrambe queste esigenze sono allorigine stessa dei quel prolungamento del momento del passaggio, di quella vera e propria divaricazione fra fanciullezza ed et adulta che abbiamo chiamato adolescenza (adolesco = mi nutro) e che il tempo occorrente a nutrire il non pi fanciullo ed il non ancora adulto affinch possa giungere allet adulta ben forte e preparato a sostituire la precedente generazione

2.12 .In questo modo per ladolescenza diventa un lunghissimo momento liminare (per i post-adolescenti, cio gli universitari, praticamente interminabile) in cui il soggetto che si va formando si trova come sospeso in un Isola che non c , cio in un luogo a parte che ha tutto il fascino, ma anche tutte le illusioni dellIsola che non c.

2.13 La non coscienza da parte del mondo adulto della funzione cerimonializzante che molte azioni esercitate sui o dai giovani hanno (pensiamo ai passaggi da una classe allaltra, e da un ciclo scolastico ad un altro, pensiamo al significato della conquista della notte ed al fatto che ci sia fatto spesso in totale discrasia col mondo adulto, e, o con laiuto, sempre relativo, che pu derivare dal gruppo di pari) cos appare legata alla enorme dilatazione del cerimoniale, che diventa cos una componente del paesaggio abitato dalladolescente che risulta invisibile poich troppo incombente.

3. I perch di una scarsa autoconsapevolezza da parte del labirinto scuola

3.1 Cosa dicevano i sacerdoti del passaggio allorch nel cuore del labirinto (o, ancor prima,in fondo alla caverna) comunicavano agli iniziandi i segreti della vita? Nelle societ di cacciatori i segreti della caccia, in quella agricole quelli che potevano fare del giovane un buon contadino; e per le ragazze le attese di ruolo connesse con il loro ingresso nella casa come buone madri e buone custodi del focolare domestico.

3.2 Ma, a fianco di queste informazioni, ve nerano certo altre pi legate alla sessualit e quindi alla ri\definizione di quella che era lidentit pre-pubere in quella che stava per diventare lidentit pubere adulta.

3.3 Il labirinto, la caverna erano cio i luoghi della rivelazione dei misteri pi profondi inerenti il mondo della produzione e della riproduzione: misteri che, una volta rivelati, sancivano lingresso in una nuova dimensione sia del corpo che della psiche delliniziando, che veniva cos in\segnato delle stigmate (spesso reali, oltre che simboliche: pensiamo alla circoncisione) che attestavano la sua nuova appartenenza.

3.4 A ben vedere allora (e fino a qualche decennio fa in tutte le societ semplici) la simultaneit con cui scattavano dentro alliniziando i tre timer che ne permettevano laccesso allet adulta (1. Maturit biologica; 2. maturit emozionale; 3. autonomia) non permetteva al soggetto di dispiegarsi pienamente sul paino soggettivo, di individualizzarsi e di inserirsi in quanto individuo (nel senso letterale del termine) allinterno della societ adulta. La velocit con cui avveniva il passaggio non gliene lasciava il tempo. Ne derivava una identit adulta in cui lIo sociale, gruppale avevano nettamente il sopravvento su quello individuale.

3.5 Venne poi una lunga stagione, quella che parte alla fine e del Medioevo nella citt protoborghese, allinterno della quale lindividuo modernamente inteso andato incubandosi fino esplodere nella singolarit della individualit borghese: in questa societ i tempi della formazione cominciano ad allungarsi notevolmente e vede la luce dapprima la bottega artigiana e poi la scuola: cosicch, come si prolungano i tempi della maturazione e della individuazione, cos si prolungano nel tempo quelli delle cerimonie borghesi del passaggio: lapprendistato e la formazione scolastica, per lappunto.

3.6 Oggi invece il dilatarsi allinfinito dei tempi allorigine del misconoscimento da parte degli adulti dellimportanza e anche dellesistenza del labirinto iniziatico, la cui significazione, in termini di rito di passaggio, viene cos pressoch totalmente scaricata sulle spalle del giovane, ma la cui persistenza nel tempo permette a questultimo di costruirsi come una palestra: un ginnasio della maturit emozionale e dellautonomia, che poi la sua vita in questo luogo liminare che comprende la scuola, ma non si esaurisce in essa, che comprende gli adulti, ma ne pu fare anche a meno qualora essi non siano ricettivi nei confronti delle mille ansie che il lungo percorso sedimenta dentro alladolescente. Attraverso questo percorso alla fine egli diventer un soggetto adulto, dotato di una identit gruppale, ma anche ( questa la novit pi sconvolgente che la borghesia va lasciando in eredit alle generazioni che verranno) individuale, e perci potenzialmente eccentrica, rispetto a tutto luniverso adulto costituito.

3.7 Identit gruppale ed individuale si pongono cos in un equilibrio dinamico in cui il dato della sessualit e della riproduzione, ancora una volta, insieme a quello della produzione, lelemento centrale intorno al quale si definisce il mondo dei significati che in adolescenza vanno criticamente acquisiti in modo che il giovane possa ridisegnare e re\inventare il mondo in un rapporto di confronto \ scontro con la generazione precedente.

3.8 Gli adulti operanti nella scuola cos come tutto il resto dellecosistema adulto in questo modo non ha alcuna precisa sensazione del significato che il passaggio e la sua cerimonializzazione assumono per il giovane; non in grado di compiere alcuna riflessione sui risvolti inerenti la crescita psicologica impliciti nelle peripezie che lungo il tragitto il giovane ha modo di sperimentare; non ha alcuna coscienza di essere fra le poche entit sociali che concretamente svolgono la funzione di sacerdoti officianti il passaggio (Angelini, 2001). Per cui anche nei pur molti casi in cui intuitivamente i docenti che operano con gli adolescenti compiono passi significativi sul piano dellaiuto nel doloroso e luttuoso processo di passaggio, lo fanno senza rendersi pienamente conto di ci che fanno: non riescono cio a passare da una conoscenza intuitiva ad una appercezione piena e, direi, programmatoria su questo piano.

3.9 In secondo luogo, se noi tentiamo unanalisi delle ragioni di questo scarto fra effettiva pratica quotidiana sul piano della ritualizzazione del passaggio e mancata coscienza adulta dei significati, o dei meta\significati impliciti in tale pratica, emergono tutte le varie complicazioni che nella nostra societ complessa sono connesse al lungo passaggio delladolescente allet adulta.

3.10 Nella nostra societ infatti innanzitutto esistono da una parte esigenze dordine materiale, connesse alla estrema complessit dei processi formativi necessari al fine di forgiare una forza-lavoro adatta alle attuali (e future) esigenze produttive, che rendono il passaggio allet adulta lunghissimo, molto poco scandito sul piano delle sue tappe intermedie, insicuro nei tempi, nei modi e nellassunzione dei livelli di autonomia connessi al suo esito: lingresso nellet adulta (Laffi).

3.11 Dallaltra esigenze di tipo psicosociale che influiscono sulla definizione dellimmagine di s e sui livelli di autonomia e di originalit che ladolescente ha o aspira ad acquisire. Mi riferisco soprattutto alla profonda discrasia che si verifica nelladolescente che, per un verso sospinto in una societ complessa come la nostra ad espandere ed individualizzare oltremodo la propria soggettivit e ad assumere un atteggiamento nei confronti della generazione che lo precede molto meno armonico ed organico di quello occorrente a diventare adulto nelle societ pi semplici; per un altro verso - come giustamente hanno messo in evidenza la Scabini e la sua quipe di ricercatori della postadolescenza - ad assumere un atteggiamento conformista, a comprimere ed mettere tra parentesi la sua individualit poich, rimanendo in famiglia troppo a lungo, deve annegare la sua originalit e malgr soi rimanere in una posizione subordinata rispetto alluniverso genitoriale.

3.12 In questo modo lenorme dilatazione dei tempi del passaggio, lenorme diluizione nel tempo dei vari aspetti del cerimoniale appaiono come le cause prime di questa mancata coscienza da parte del mondo adulto della funzione cerimonializzante che pure assumono molte azioni esercitate dagli adulti, e dai docenti in particolare sui giovani: pensiamo ai passaggi da una classe allaltra, da un ciclo scolastico ad un altro; cos come dai giovani su se stessi e sul proprio corpo: pensiamo al significato della conquista di quel vero e proprio luogo liminare rappresentato dalla notte, al significato che assumono i tatuaggi, e tutti gli altri segni pi o meno rischiosi con i quali il giovane marca le varie fasi del passaggio in solitudine(Le Breton, Pietropolli e Marcazzan), in assenza di adulti che lo confortino e lo confermino nella sua crescita, ed anzi spesso in presenza di un mondo adulto che si presenta ai suoi occhi in totale discrasia con i suoi tentativi autoterapeutici, e con laiuto sempre relativo che pu derivare dal gruppo di pari.

3.13 In questo modo la dilatazione dei tempi in cui si esplica il cerimoniale semina lungo il tragitto di crescita tutto un insieme di segni che paradossalmente, pur diventando una componente evidente del paesaggio abitato dalladolescente, risultano per invisibili al mondo adulto poich troppo incombenti su di esso, troppo carichi di significati incomprensibili, che pure vedrebbero tutto lecosistema pronto a montar su in un modo o nellaltro, come dice Pietropolli, sul piano dellinterpretazione e dellazione se solo ci fosse a portata di mano qualcuno pronto allaiuto nellopera scoperta e di decifrazione.

4. Adolescenti e adulti nella scuola odierna: listerizzazione della scena scolastica

4.1 Nel ribadire che con il termine educatori non intendo solo riferirmi ai docenti che lavorano con gli adolescenti allinterno della scuola, ma anche a tutti coloro che, come dice Egle Becchi, a vario titolo operano allinterno del sistema educativo[footnoteRef:0] cercher ora di essere pi preciso e discriminato circa quanto detto prima a proposito della conoscenza intuitiva che nonostante tutto molti educatori oggi tendono ad avere dei significati psicosociali che sono impliciti nella loro consuetudine con i preadolescenti e gli adolescenti. E nel far questo partir dalle rappresentazioni sociali, cio dalle immagini che della scuola hanno gli adulti e in particolar modo gli operatori della scuola: e cio i proff. [0: Per sistema educativo Egle Becchi intende quel tessuto, fatto di pratiche educative, che comprende la scuola, ma non si esaurisce assolutamente in essa, e che si dirama all'interno di varie istituzioni, o in luoghi meno formali (Becchi, 1987), che hanno come fine pi o meno esclusivo, pi o meno marginale, pi o meno autocosciente, quello dell'educazione, secondo procedure che sono inscritte all'interno delle singole tradizioni istituzionali e non, e che sono soggette a pi o meno rapidi cambiamenti a seconda delle concrete condizioni storiche in cui concretamente operano i soggetti che a tali pratiche sono socialmente preposti.]

4.2 Nelle nostre citt (io mi riferisco alla realt reggiana, ma penso che lo stesso si possa dire di qualsiasi realt metropolitana italiana) non vi solo una immagine della scuola, bens un pluralit di immagini, che spesso vanno, al di l del tipo di funzioni da essa effettivamente svolte nella pratica educativa. Si va da un versante pi assistenziale, con attese di tipo suppletivo rispetto allattivit educativa svolta dalla famiglia, come avviene soprattutto nel caso della prescuola, ad un versante meno sussidiario rispetto allattivit educativa svolta dalla famiglia, e via via pi autonomo e professionalizzante. Come dire: dallassistenza allistruzione.

4.3 Ci non toglie che in una parte sempre pi ampia della scuola stia montando una grossa sensibilit fra gli addetti ai lavori circa i problemi relazionali che nascono in classe nella doppia dimensione del rapporto fra pari e fra docenti e discenti. Sensibilit circa la contiguit fra formazione ed educazione che, nel caso della prescuola una contiguit fra educazione ed accudimento (pensiamo a quanto ci dipenda dalla psicoanalisi infantile e dalletologia umana); contiguit fra leducazione e istruzione mano a mano che si passa dalle elementari alle medie ed alle superiori. Contiguit che riscontrata anche da una parte delle famiglie.

4.4 In questo modo, attraverso linfluenza esercitata da questo tipo di operatori e di genitori, si sta gradatamente diffondendo lidea che lobiettivo educativo riscontrabile sia nellapparente lavoro di accudimento svolto nei nidi e nelle materne, sia cosa che a noi interessa maggiormente - dentro gli obiettivi di istruzione apparentemente solo professionalizzanti presenti nelle scuole media inferiori e superiori.

4.5 Perci si pu tranquillamente dire che come c una crescente richiesta da parte delle famiglie di un nido pi educativo, di una materna pi educativa, c anche nelle nostre citt una parte consistente della scuola (maestre, proff) che non vivono bene la costrizione del loro mandato allinterno delle anguste stanze dellistruzione e che concretamente si pongono e si impongono, a fianco ai compiti di istruzione, obiettivi educativi, spesso intrecciati con i primi, in una situazione che potremmo definire di cogestione educativa con le famiglie.

4.6 in questa scuola che si a un passo dal passaggio dalla conoscenza intuitiva dei problemi del passaggio, come dicevamo prima, al una conoscenza pi razionale e trasformativa. E su questa scuola che, come vedremo meglio nellultimo paragrafo, sar possibile contare allorch i gi gravi problemi di integrazione dei migranti si accentueranno ancor di pi. E allinterno di questa scuola che il passaggio da un clima basato su difese di tipo ossessivo in cui vigevano rapporti centrati sulla formalit ad un clima pi informale pu sedimentare pratiche educative centrate su un accompagnamento allet adulta pi ponderato e autocosciente dei profondi significati che laccompagnamento stesso assume allinterno del processo maturativo delladolescente.

4.7 Per comprendere meglio la natura di questo cambiamento partiamo dallanalisi, direi classica, che Peter Frstenau, in un suo saggio apparso significativamente intorno al sessantotto, aveva fatto della scuola presessantottina. In quel lavoro Frstenau ci proponeva unimmagine della vecchia scuola in cui prevalevano la rinuncia allinformalit, la spersonalizzazione dei rapporti, laggressione contro le tendenze alla familiarit sia negli allievi, sia nel maestro, la presa di distanza dai problemi inerenti alla relazione, la conseguente tendenza ad assumere sulla scena scolastica difese incentrate sul rituale pedagogico, cio difese di tipo ossessivo, ed unanalisi del fallimento di questo tipo di difese a partire da una lettura dei contenuti aggressivi e erotici innescati nel docente dalla situazione di squilibrio di poteri presente in classe.

4.8 Ebbene, a partire dal 68, dalle spinte ad esso riconducibili circa la riduzione delle distanze fra generazioni e la opzione a favore dellinformalit che caratterizz quellepoca e che vide nella scuola il primo e pi significativo momento di sperimentazione di un rapporto pi ravvicinato e informale fra le generazioni, tutto questo praticamente non c pi: lopzione per la formalit e la distanza nei fatti stata abbandonata in direzione di una opposta opzione per linformalit e per la vicinanza sia nel rapporto verticale docente discente, sia in quelli orizzontali fra discenti e fra docenti. Invece a livello formale il quadro dellistituzione scuola rimasto ancorato alle vecchie regole della scuola tradizionale ingenerando no poche ambiguit aggiuntive ad una situazione che gi presenta in s, come vedremo, molti elementi di confusione e di malessere legati alla nuova situazione.

4.9 Ci ha provocato, a mio avviso, una isterizzazione della scena scolastica con conseguenti scelte sul piano difensivo che vanno sempre pi trasformando la classe da luogo liminare e nascosto in cui vigeva la tematica dellallontanamento e della dissimulazione dei sentimenti in un vero e proprio scenario in cui vengono previsti ed esaltati sia la teatralit ed i drammi legati ai vari problemi scolastici sia quelli originati nei docenti e nei discenti dalle problematiche relazionali inerenti la crescita ed i processi di identificazione che, in adolescenza, diventano anche, come dice Octave Mannoni, processi di pi o meno ostentata, ambivalente e sofferta disidentificazione.

4.10 In una situazione di questo genere indubbio che anche le modalit difensive prevalenti in tutti gli attori presenti su questo scenario siano molto diverse da quelle fobico-ossessive che contraddistinguevano la situazione precedente. Il quadro di fondo quello volto alla teatralizzazione, innescata dalla situazione di estrema vicinanza alloggetto. Teatralizzazione che, si badi bene, non la difesa presente nella scuola doggi (cos come la cerimonializzazione non era la difesa di quella di ieri), ma semplicemente, nellun caso e nellaltro, il timbro secondo il quale si esprimono le difese. Su questa modalit isterica, che fa da timbro, da canovaccio, si dispiegano varie strategie difensive, pi o meno efficaci ai fini del mantenimento di unatmosfera operativa.

4.11 Innanzitutto una tendenza ad assumere su di s la colpa derivante dai problemi della crescita, che ora, nella scena attuale B, i docenti vedono e nei quali ora si riflette con un dolore ed una sofferenza che sono pari a quelle da loro sperimentate nei luoghi A in cui per la prima volta lhanno provato come bambini e come discenti sulla propria pelle, in un tempo lontano che dai loro predecessori tendeva ad essere rimosso o agito nella fredda esecuzione del rituale pedagogico, e che loro ora, in base alla attualizzazione dei nodi problematici innescata dai processi di identificazione, non possono eludere.

4.12 Tale tendenza potrebbe essere definita da una parte come un rovesciamento adialettico della precedente concentrazione sul curricolo e sulle materie, rovesciamento centrato sul tema della assunzione, allinterno dei compiti che il docente deve svolgere in scuola, di tutti i problemi che la societ, la famiglia e il giovane stesso nella sua intierezza, ora che sono vicini, vicinissimi al docente, impongono in lui: per questa strada che nascono quegli atteggiamenti bulimici che portano i docenti ad interessarsi delluniverso mondo, alternando spesso a questi momenti di interesse e di entusiasmo, momenti di nausea e di rigetto.

4.13 Un altro elemento che emerge fin dalla scuola elementare, ma che diventa molto pi coinvolgente (ed anche usurante) in questo clima isterico un atteggiamento mirante a negare la presenza della distanza generazionale e dello squilibrio dei poteri e dei saperi in favore dellaffermazione di una vicinanza di interessi e di un iperdemocraticismo che esercita a volte la sua funzione non solo sul piano dei metodi di rapporto, ma anche nella fissazione dei contenuti e dellO.d.G. della classe. I rischi, allorch si esagera su questo piano specialmente in adolescenza, sono quelli di estendere larea della negoziazione che si instaura in questet anche fra docente e discenti fino alla messa in crisi degli elementi strutturali fondanti del fare operativo, e di definire il percorso di crescita come una strada lungo la quale il fare operativo emerge solo di tanto in tanto, in maniera quasi rapsodica, mentre la quotidianit intrisa di un volersi bene aspecifico, pre-operativo che ben presto fa slittare la classe verso quella dimensione di familiarit che era il babau della scuola vecchio stampo analizzata da Frstenau.

4.14 Una terza ed ultima strategia che ho riscontrato spesso in classe in questi ultimi anni - ma che sicuramente non esaurisce linsieme delle strategie possibili oggi - quella basata su una sorta di idealizzazione che ammette, sia nella dimensione verticale che orizzontale, solo la presenza di contenuti e stili di rapporto basati sui buoni sentimenti, su una sorta di storia edulcorata della crescita che lascia fuori dalluscio della classe i nuclei pi problematici. Si tratta di una strategia che presente spesso in tutto il sistema educativo, che comprende cio scenari quali loratorio, la squadra giovanile, etc., e non solo la classe. E per questa strada che spesso ed in maniera paradossale emergono poi in forma mitologica e angosciante tutte le dicerie sui giovani poi amplificate dai media.

4.15 Ma anche vero che in questo clima che docenti pi accorti alla loro mission disacerdoti del passaggio e pi sensibili ai temi educativi possono crescere, specie se supportati sul piano della consulenza e della supervisione, ed instaurare con la classe un dialogo per la crescita, in cui la vivacit dei vissuti e la vicinanza emozionale con i discenti, lungi dal bloccare la situazione un embrasson nous piacevole, ma sterile sul paino formativo, si risolva in termini costruttivi.

5. Autoctoni ed immigrati: le due adolescenze attuali

5.1 Ormai da vari anni, in maniera massiccia nella scuola dellobbligo, con proiezioni ormai geometriche anche alle superiori, a fianco al bambino ed alladolescente autoctono, vediamo sempre pi il bambino e ladolescente immigrato. Concluder il mio ragionamento sulladolescente e la scuola con un memento circa questa nuova e difficile convivenza.

5.2 Da una parte infatti, nel rispecchiarsi negli adolescenti autoctoni genitori e insegnanti ritrovano una parte di s pi domestica. Infatti la generazione degli adolescenti autoctoni rivive ed itera in maniera pi ampia per una seconda volta un percorso di crescita che molti genitori e tutti gli insegnanti hanno fatto, prolungando nel tempo rispetto alla generazione dei nonni la propria adolescenza. Eppure, nonostante questa domesticit vari problemi di rispecchiamento si pongono anche nei confronti di questa adolescenza pi domestica

5.3 Dallaltra gli adolescenti immigrati di prima e seconda generazione (come vedrete meglio con il prof. Beneduce) pone e si impone con problemi nuovi, nati dalla disculturazione cui sono andate incontro le loro famiglie nel processo migratorio, a partire dalle esigenze economiche e di sostegno che in adolescenza la famiglia immigrata impone, eccetera. Ci mobilita in tutti, e negli insegnanti delladolescenza in particolare, parti interne molto meno domestiche con le quali per occorrer fare i conti, se no si vuole lasciare questi i giovani alla cieca selezione sociale.

5.4 In questo modo ladolescenza attuale si biforca e presenta elementi problematici per la famiglia e per la scuola, sia nella sua componente autoctona che in quella immigrata. Gli adolescenti autoctoni, con i quali pure gli adulti dovrebbero avere pi confidenza, tendono ad assumere stili di vita basati, pi che su unetica del lavoro, su una estetica consumista che al centro della propria ideologia di vita non ha tanto la trimurti delle generazioni precedenti, lavoro risparmio - linvestimento, quanto altri valori che sono poco familiari rispetto alle consuetudini, ma soprattutto alle credenze, ai miti della generazione precedente. Ci determina ad una vera e propria svolta nei modi di vita, che implica uno s-centramento rispetto alla tradizione, una ricollocazione rispetto ai valori tradizionali, che sta andando avanti in maniera pericolosamente scissionale e che per la generazione precedente rappresenta una sfida quotidiana e dilacerante.

5.5 Daltro lato i giovani immigrati generano una serie di problemi che vanno la di l di quelli che pure nascono sul piano dei conflitti e della concorrenza per il lavoro. Problemi connessi al tema dellaccoglienza e dellintegrazione (intese sia in termini individuali, che sociali e culturali), con tutta lambivalenza e la scissionalit che in questi processi riscontrabile, soprattutto allinizio del percorso migratorio, sia in chi arriva, sia in chi accoglie. E sulle spalle di questa seconda giovent che alla fine confluisce buona parte delle problematiche che stoltamente a volte definiamo di "ordine pubblico", e che, invece, rappresentano - come la droga, la delinquenza ad esempio - un tentativo di risoluzione autoterapeutica di problemi che invece hanno una valenza psicologica e sociale.

5.6 La scuola, dopo il nido e la materna, il luogo in cui i figli degli immigrati tentano di metter in piedi strategie di affiliazione che spesso, come dice la Moro, sono dei dolorosi percorsi di meticciamento, che finiscono con tradire sia la linea di filiazione che li unisce ai propri genitori, sia quella di affiliazione che dovrebbe vederli integrati e inseriti in un processo di autentico meticciato sociale.

5.7 In adolescenza in questo modo viene a compimento provvisorio un processo che frutto di una disculturazione che ha colpito i genitori; di rapporti primari con una madre sola, deprivata del tessuto culturale che permette, insieme ad essa ed in profonda relazione con essa, il contenimento; di un impatto con la scuola elementare che lo ha visto gi perdente e ferito sul piano dellautostima. Ci che diventer poi questo adolescente come genitore, cos depauperato di modelli sentiti intimamente come proprie come degni di emulazione gi segnato in questo percorso che genera vulnerabilit psicologica fin dal momento della gestazione, come afferma la Moro.

5.8 Il fatto infine che la nostra sia una societ estremamente dinamica genera una serie di problemi a livello di politiche delleducazione che vero che trovano nella politica, pi che nella scuola, la loro sede pi naturale di discussione, di progettazione e di verifica, ma che poi si riflettono nella scuola e nella societ in maniera pesante. Il principale di questi problemi nello scarto che si ritrova ormai a livello di tutte le politiche scolastiche fra pianificazione dellintervento educativo in base ad unidea dello sviluppo sociale e ci che poi, dopo anni, effettivamente di dimostra realmente importante. Questo fa si che limpegno nella scuola sia soggetto a verifiche a posteriori che spesso risultano molto deludenti per i docenti. Ed inutile dire che questa delusione maggiore per i docenti delladolescenza che per quelli dellinfanzia e della fanciullezza, per il fatto che la vicinanza, in adolescenza, al mercato del lavoro evidenzia in maniera spesso lampante le carenze sul piano formativo.

5.9 A fronte di questa situazione problematica sul piano delle politiche scolastiche, a fronte di queste due adolescenze, anchesse, come abbiamo visto, entrambe problematiche, i docenti rischiano in ogni momento di perdere le loro disposizioni alla docenza e di andare in burn out.

5.10 A mio avviso lautoconsapevolezza dellimportanza che il fine educativo assume per i docenti, il loro impegno sul piano dellaccompagnamento nel passaggio dei loro allievi allet adulta fondamentale per evitare lappannamento e per rimanere coerenti rispetto alla grande richiesta che viene nella maggior parte di loro da quei fantasmi formativi che nella maggior parte di noi sonnecchiano, ma che in loro son ben svegli ed esigenti.

5.11 chiaro che per questo impegno non pu risolversi in unazione a lato della docenza, ma che deve essere mediato attraverso di essa. Non si tratta cio a mio avviso di un impegno di tipo declaratorio, ma di una modalit di dare (la materia) e di darsi in quanto docenti che pu essere appresa: io ritengo che noi psicoterapeuti laici possiamo, per questo compito uscire dai nostri ambulatori e contaminare il nostro sapere col loro per arricchirci a vicenda.

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