controllo politico e professione forense

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1. Premessa La più recente e attenta storiografia ha unanimemente evidenziato la fase di decadenza dell’avvocatura lombarda nell’età della Restaurazione 1 . V ALERIA BELLONI PROFESSIONE FORENSE E CONTROLLO POLITICO NEL LOMBARDO-VENETO* * Il presente lavoro è stato realizzato con il contributo della borsa di studio po- st-dottorato della Fondazione Confalonieri A.A. 2009/2010. 1 Si vedano in particolare i contributi di N. RAPONI, Il Regno Lombardo-Veneto (1815-1859/66), in Amministrazione della giustizia e poteri di polizia dagli Stati preu- nitari alla caduta della Destra. Atti del LII congresso di storia del Risorgimento italiano (Pescara, 7-10 novembre 1984), Roma 1986, pp. 91-157; G. ACERBI, “Fare l’avvocato” nello “Stato di Milano” dall’Imperatrice Maria Teresa (1740) all’entrata in vigore dell’unificazione legislativa del Regno d’Italia (1° gennaio 1866) nel racconto di un avvo- cato milanese del tempo presente, “Storia in Lombardia”, I e II (2004), pp. 45-68 e F. TACCHI, Dalla Repubblica Cisalpina alla Repubblica Italiana, in Avvocati a Milano sei secoli di storia, Milano 2004, pp. 44-45; nonché i saggi contenuti in Figure del foro lombardo tra XVI e XIX secolo, a cura di C. Danusso e C. Storti Storchi, Milano 2006 e nella recentissima opera collettanea A. PADOA SCHIOPPA (a cura di), Avvocati e avvo- catura nell’Italia dell’Ottocento, Bologna 2009. Per uno sguardo più ampio sulla con- dizione dell’avvocatura nell’Italia preunitaria cfr. F. TACCHI, Gli avvocati italiani dall’unità alla Repubblica, Bologna 2002, pp. 31-43; G. ALPA e R. DANOVI (a cura di), Un progetto di ricerca sulla storia dell’avvocatura, Bologna 2003 (specialmente i se- guenti saggi: G.S. PENE VIDARI, L’attività dell’avvocato in campo civilistico, pp. 55-68; A. MAZZACANE, La cultura degli avvocati in Italia nell’età liberale, pp. 81-88; M. MA- LATESTA, Per la storia sociale dell’avvocatura: tradizione e trasmissione, pp. 89-110 ed E. DEZZA, L’avvocato nella storia del processo penale, pp. 111-134); C. CAVAGNARI - E. CAL- DARA, Avvocati e procuratori, a cura di G. Alpa, Bologna 2004, pp. 45-78 e F. COLAO, ASL10 - 00 Belloni:ASL08 - 0x 22-07-2010 14:15 Pagina 1

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1. Premessa

La più recente e attenta storiografia ha unanimemente evidenziato lafase di decadenza dell’avvocatura lombarda nell’età della Restaurazione1.

VALERIA BELLONI

PROFESSIONE FORENSE E CONTROLLO POLITICO NEL LOMBARDO-VENETO*

* Il presente lavoro è stato realizzato con il contributo della borsa di studio po-st-dottorato della Fondazione Confalonieri A.A. 2009/2010.

1 Si vedano in particolare i contributi di N. RAPONI, Il Regno Lombardo-Veneto(1815-1859/66), in Amministrazione della giustizia e poteri di polizia dagli Stati preu-nitari alla caduta della Destra. Atti del LII congresso di storia del Risorgimento italiano(Pescara, 7-10 novembre 1984), Roma 1986, pp. 91-157; G. ACERBI, “Fare l’avvocato”nello “Stato di Milano” dall’Imperatrice Maria Teresa (1740) all’entrata in vigoredell’unificazione legislativa del Regno d’Italia (1° gennaio 1866) nel racconto di un avvo-cato milanese del tempo presente, “Storia in Lombardia”, I e II (2004), pp. 45-68 e F.TACCHI, Dalla Repubblica Cisalpina alla Repubblica Italiana, in Avvocati a Milano seisecoli di storia, Milano 2004, pp. 44-45; nonché i saggi contenuti in Figure del forolombardo tra XVI e XIX secolo, a cura di C. Danusso e C. Storti Storchi, Milano 2006 enella recentissima opera collettanea A. PADOA SCHIOPPA (a cura di), Avvocati e avvo-catura nell’Italia dell’Ottocento, Bologna 2009. Per uno sguardo più ampio sulla con-dizione dell’avvocatura nell’Italia preunitaria cfr. F. TACCHI, Gli avvocati italianidall’unità alla Repubblica, Bologna 2002, pp. 31-43; G. ALPA e R. DANOVI (a curadi), Un progetto di ricerca sulla storia dell’avvocatura, Bologna 2003 (specialmente i se-guenti saggi: G.S. PENE VIDARI, L’attività dell’avvocato in campo civilistico, pp. 55-68;A. MAZZACANE, La cultura degli avvocati in Italia nell’età liberale, pp. 81-88; M. MA-LATESTA, Per la storia sociale dell’avvocatura: tradizione e trasmissione, pp. 89-110 ed E.DEZZA, L’avvocato nella storia del processo penale, pp. 111-134); C. CAVAGNARI - E. CAL-DARA, Avvocati e procuratori, a cura di G. Alpa, Bologna 2004, pp. 45-78 e F. COLAO,

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Particolarmente nocivi per la condizione dei professionisti lombardifurono quei paragrafi del XXXIX capitolo del Regolamento generale del pro-cesso civile pel Regno Lombardo-Veneto2, che disciplinavano ogni aspettodell’attività dell’avvocato e, soprattutto, attribuivano alla magistratura ilcontrollo sull’ingresso nella professione e un’autorità disciplinare spintaal punto di poter vagliare i comportamenti degli iscritti all’albo anche aldi fuori della stretta sfera lavorativa: non rimaneva alcuno spazio per unaforma di autoregolamentazione degli avvocati per gli avvocati.

A essi si aggiunsero, pochi anni dopo, le Sovrane Risoluzioni del 7

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Avvocati del Risorgimento nella Toscana della Restaurazione, Bologna 2006, pubblicatinella collana “Storia dell’avvocatura in Italia”, ed inoltre H. SIEGRIST, Gli avvocati ela borghesia. Germania, Svizzera e Italia nel XIX secolo, in Borghesie europee dell’Ottocento,Venezia 1989; ID., Gli avvocati nell’Italia del XIX secolo. Provenienza e matrimoni, titoloe prestigio, “Meridiana”, 14 (1992); J.L. HALPERIN, Avocats et notaires en Europe. Le pro-fessions judiciaires et juridiques dans l’histoire contemporaines, Parigi 1996, spec. pp. 37-41 e pp. 110-112; G. ALPA, La biblioteca dell’avvocato civilista nell’Ottocento, “Materia-li per una storia della cultura giuridica”, 31 (2001), pp. 233-262; F. AIMERITO, No-te per una storia delle professioni forensi: avvocati e causidici negli Stati sabaudi del periodopreunitario, “Rassegna forense”, XXXVII 2 (2004), pp. 379-412; M. MALATESTA, L’av-vocatura europea tra autonomia e regolazione statale (XIX-XX secolo), “Società e storia”,108 (2005), pp. 319-351, nonché gli scritti presenti in V. PIERGIOVANNI (a cura di),Sapere accademico e pratica legale fra Antico Regime e unificazione nazionale, Genova2009.

2 Il nuovo testo legislativo, entrato in vigore nel Regno il 1° gennaio 1816, al-tro non è che la versione italiana del Regolamento galiziano, che deriva, a sua volta, dauna complessa revisione migliorativa del Regolamento giuseppino. Il testo completodella norma è presente sia in Raccolta degli Atti del governo e delle disposizioni generaliemanate dalle diverse autorità in oggetti sia amministrativi che giudiziari, Milano 1814-1839, 1815, I, pp. 166-358, sia in edizioni separate, fra le quali si segnalano quel-le commentate di G.A. CASTELLI, Le disposizioni del Regolamento generale del processo ci-vile in armonia tra loro ed in riscontro con gli altri Codici, colle Patenti Sovrane, AulicheRisoluzioni, Notificazioni e Circolari governative e colle sentenze de’ Tribunali superiori,Milano 1832 e di G.N. GIORDANI, Illustrazione al Regolamento del processo civile vigen-te nel Regno Lombardo-Veneto, Venezia 1833. Di grande interesse per un approccio altesto è altresì L. GENNARI, Corso di procedura giudiziaria civile, Pavia 1844. Utile stru-mento per la comprensione dei §§ 527-551 è anche l’opera di A. LORENZONI, Insti-tuzioni del diritto pubblico interno pel Regno Lombardo-Veneto, I, Padova 1835, pp. 327-332, che propone un riassunto della normativa vigente nell’anno di pubblicazione.Si veda anche la recente ristampa anastatica M. TARUFFO, Regolamento generale del pro-cesso civile pel Regno Lombardo-Veneto 1815 (Testi e documenti per la storia del proces-so, a cura di N. PICARDI e A. GIULIANI) Milano 2003. Per un’analisi degli aspetti piùpropriamente processuali della norma in esame si rinvia alla nota 5.

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agosto 1818 e 21 settembre 1819, che imposero un numero chiuso di av-vocati nella regione3: si introdusse così il regime di monopolio in unaprofessione che ambiva ad essere libera ed autonoma, con tutte le conse-guenze negative di una tale scelta, a cominciare dalla mancanza di con-correnza4.

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3 Il contenuto delle citate Risoluzioni è riportato nella Circolare emessa il 25gennaio 1820 dall’I.R. Tribunale d’Appello generale veneto, pubblicata in Giuri-sprudenza pratica secondo la legislazione austriaca attivata nel Regno Lombardo-Veneto os-sia Collezione di decisioni sentenze e decreti in materia civile, commerciale criminale e di di-ritto pubblico aggiuntevi le Sovrane Patenti, Risoluzioni auliche, Encicliche, Editti e Decre-ti relativi all’amministrazione giudiziaria, non che le Notizie sulle legislazioni in corso ne-gli Stati circonvicini; e così pure le Notizie sulle opere di giurisprudenza che verranno d’orain avanti pubblicate, VIII, parte II, Milano 1817-1833, pp. 38-42, d’ora in poi Giuri-sprudenza pratica. Dal 1836, la stessa pubblicazione riprende come Giurisprudenzateorico-pratica. La vasta e preziosa compilazione, predisposta per i primi sette annidall’avvocato Pietro Parravicini e, successivamente, dall’avvocato Giovanni France-sco Zini, figura di primissimo piano all’interno dell’editoria milanese, era divisa indue parti: la prima, che maggiormente rileva in questa sede, raccoglie, similmentea quanto veniva fatto d’oltralpe dai giuristi Bavoux e Loiseaux, e da Sirey, le deci-sioni emanate nel Regno Lombardo-Veneto; la seconda riporta le norme emanatedai diversi organi di governo in materia di amministrazione giudiziaria. In argo-mento si rinvia a M. BERENGO, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione,Torino 1980, p. 106, con particolare riferimento al lavoro dell’avvocato Parravicini,e pp. 230-236, per l’intensa attività editoriale di Giovanni Francesco Zini. Su que-st’ultimo e la costituzione della Società degli Annali, cfr. S. LA SALVIA, Giornalismolombardo: gli annali universali di statistica (1824-1844), Roma 1977, spec. pp. 69-70e 78-80.

4 Significative in argomento, sono le considerazioni esposte da Luigi Dolci nel-la breve memoria pubblicata pochi anni dopo l’unione della Lombardia al Piemon-te: il monopolio dello stato sull’avvocatura non può che essere negativo poiché “ap-plicato a qualunque arte o mestiere fa che quelli che vi partecipano, abbiano malead esercitare le loro funzioni. Il che è incontrastabile: poiché la consapevolezza, chequell’esercizio è loro esclusivo, e che tutti debbono a loro ricorrere, li rende incu-ranti nell’addestrarsi e nel segnalarsi in ciò che li riguarda. Si applichi il monopolioall’avvocatura: questa sarà dominata dall’ignoranza e dall’accidia”. Cfr. L. DOLCI,Della libertà dell’avvocatura, Milano 1862, p. 12. Per un approfondimento sul pen-siero dell’avvocato Dolci, si vedano F. TACCHI, Dalla Repubblica Cisalpina alla Re-pubblica Italiana cit., p. 45 e C. STORTI, Avvocati milanesi tra Austria e Italia, in Sape-re accademico e pratica legale fra Antico Regime e unificazione nazionale cit., p. 387, oraanche in Avvocati e avvocatura cit., pp. 307-308. Considerazioni affini sono riporta-te nelle riflessioni di C. DANUSSO, La giustizia civile nel Lombardo-Veneto: analisi e pro-poste dell’avvocato Luigi Fantoni di Rovetta in Figure del foro lombardo cit., pp. 42-43, laquale richiama altresì il pensiero di Francesco Vigilio Barbacovi, e S. PARINI VIN-

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Se al quadro, già poco felice, che emerge da una disamina della nor-mativa dedicata alla professione forense nel Regno Lombardo-Veneto, siaccostano un insieme di norme processuali volte a limitare l’attività di-fensiva dell’avvocato5, non si possono non confermare le impressioni ne-gative adombrate.

Come già rilevato dal Raponi, gli effetti più evidenti dell’incidenzadi tutti i fattori ora menzionati fu la mancata formazione di un ceto de-gli avvocati nel Regno.

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CENTI, Ad auxilium vocatus. Studi sul “praticantato” da Napoleone alla Legge professio-nale del 1874: l’esperienza normativa, in Avvocati e avvocatura cit., pp. 79-81.

5 L’introduzione del Regolamento generale del processo civile pel Regno Lombardo-Ve-neto comportò un’enorme limitazione dell’attività del difensore legale, riducendolaad una mera trascrizione di fatti e di norme, senza alcuna possibilità di utilizzodell’eloquenza forense; mentre la parte processuale Codice dei delitti e delle gravi tra-sgressioni politiche pel Regno Lombardo-Veneto, entrato anch’esso in vigore a partire dal1° gennaio 1816, introdusse un processo inquisitorio, scritto e segreto, senza alcu-na concessione ai principi dell’oralità e del contraddittorio. Per quanto attieneall’influenza delle norme processuali civili austriache sull’esercizio della professioneavvocatesca si vedano PARINI VINCENTI, Ad auxilium vocatus. Studi sul “praticantato”cit., pp. 82-84 e STORTI, Avvocati milanesi tra Austria e Italia cit., pp. 284-286; peruno studio dedicato al diritto penale, processuale e sostanziale, introdotto in Lom-bardia si rinvia ai saggi contenuti in Codice penale universale austriaco (1803), Rist.anast., Casi, fonti e studi per il diritto penale raccolti da S. Vinciguerra, serie II Le fon-ti 18, Padova 2001, fra i quali meritano qui una particolare menzione E. DEZZA,L’impossibile conciliazione. Processo penale, assolutismo e garantismo nel codice asburgico del1803, pp. CLV-CLXXVIII, e A. CAVANNA, Ragioni del diritto e del potere nel Codice penaleaustriaco del 1803, pp. CCXL-CCXLII in quanto affrontano la problematica in esame,nonché agli scritti presenti in G. CHIODI e C. POVOLO (a cura di), Amministrazionedella giustizia penale e controllo sociale nel Regno Lombardo-Veneto, Verona 2007. Gli ef-fetti del mutamento normativo sull’esercizio della professione nel campo penale so-no approfonditi anche in A. CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa, le fonti e ilpensiero giuridico, II, Milano 2005, pp. 324-328; E. DEZZA, Un penalista scomodo. Ap-punti per una biografia di Giuseppe Marocco (1773-1829), in Codice dei delitti e delle pe-ne pel Regno d’Italia (1811), Rist. anast., Casi, fonti e studi per il diritto penale raccoltida S. Vinciguerra, Padova 2002, pp. CCLXIX-CCLXX; ID., L’avvocato nella storia del pro-cesso penale cit., p. 123; L. GARLATI GIUGNI, Nella disuguaglianza la giustizia. PietroMantegazza e il codice penale austriaco, Milano 2002, spec. pp. 41-46, ID., Il volto uma-no della giustizia. Omicidio e uccisione nella giurisprudenza del tribunale di Brescia, Mila-no 2008, pp. 37-47, che, unitamente al recentissimo articolo della stessa AutriceQuando il diritto si fa giustizia: il ruolo del magistrato penale nel Regno Lombardo-Veneto,“Acta Histriae”, 17 (2009), pp. 491-504, offre anche un interessante sguardo sullagiurisprudenza che si è formata sul codice e sul ruolo svolto dalla magistratura pe-nale.

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Di grande interesse è anche l’indagine sul contenuto dell’attività pro-fessionale svolta, compiuta in alcuni recenti saggi: diversamente da quan-to si poteva presagire dalla condizione di sudditanza a cui erano sottopo-sti i professionisti si è verificato infatti che, in caso di bisogno, anche neitardi anni trenta, gli avvocati lombardi erano in grado di utilizzare, oltrealla tipica metodologia esegetica delle codificazioni usuale all’epoca, an-che gli strumenti di ancien régime6.

L’analisi dei documenti del complesso archivistico Presidenza di Go-verno, presso l’Archivio di Stato di Milano, all’interno del quale è presen-te il carteggio intercorrente fra la Presidenza del Governo di Milano el’I.R. Direzione di polizia della stessa città, permette di allargare la pro-spettiva al rapporto intercorrente fra il ceto forense lombardo e il poterepolitico.

Quest’ulteriore ingerenza statale nella vita dei singoli avvocati è sta-ta indubbiamente una delle concause della condizione di soggezione delceto forense e senza dubbio contribuì alla formazione di una congiunturanegativa per la professione.

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6 Fondamentale per l’analisi dell’attività professionale degli avvocati lombardinel periodo della Restaurazione è il recente saggio di DI RENZO VILLATA, Un avvoca-to lombardo tra ancien régime e “modernità”: Giovanni Margarita, in Avvocati e avvocatu-ra cit., pp. 425-520, all’interno del quale l’Autrice non si limita ad esaminare gliatti processuali del noto professionista cuggionese, conservati nella Biblioteca delDipartimento di Diritto Privato e Storia del Diritto dell’Università degli Studi diMilano, Sezione di Storia del diritto (d’ora in poi DDPSDMi), ma offre anche unosguardo d’insieme sulla ricchissima collezione di allegationes iuris, di proprietà del-lo stesso, donata nel 1930 alla Facoltà giuridica dell’Università degli Studi di Mila-no. Per maggiori informazioni sulla Biblioteca del Margarita si vedano G. VISMARA,Introduzione a G. SAPORI, Antichi testi giuridici dell’Istituto di storia del diritto italiano,I, Milano 1977, p. XIV, ora anche in G. BUCCELLATI e A. MARCHI (a cura di), Bi-bliotheca Senatus Mediolanensis. I libri di un Grande Tribunale d’ancien régime, Milano2002, spec. pp. 1-12, e M.G. DI RENZO VILLATA, La Biblioteca dell’Istituto di Storia deldiritto medievale e moderno dell’Università degli Studi di Milano, “Annali di storia delleUniversità italiane”, IX (2005), pp. 291-294, spec. 291. Significative notizie sull’at-tività avvocatesca nella Lombardia dell’Ottocento si ricavano altresì dai saggi con-tenuti in M.G. DI RENZO VILLATA (a cura di), L’arte del difendere. Allegazioni avvocatie storie di vita a Milano tra Sette e Ottocento, Milano 2006, con particolare riferimentoallo scritto introduttivo della Curatrice.

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2. Il fondo Presidenza di Governo

Le carte della parte riservata dell’originario archivio della Presidenzadi Governo7 contengono essenzialmente relazioni di confidenti e noteinformative di polizia attinenti all’ordine pubblico, dedicate quindi allacensura della stampa, al controllo delle società segrete e alle notizie supersonaggi sospetti8: sono qui dunque conservate le informazioni chel’I.R. Direzione di polizia e la Presidenza di Governo, i due poteri piùforti all’interno della regione, ritenevano opportuno scambiarsi per ilmantenimento della sicurezza pubblica e del controllo statale.

Nel Governo di Milano, l’organo al vertice della gerarchia politico-

6 VALERIA BELLONI

7 Inizialmente esso conteneva anche una sezione denominata “affari generali”,costituita da corrispondenza diplomatica, relazioni per la polizia, atti amministra-tivi, etc., che ora sono in parte collocati nei fondi Atti di Governo del medesimo ar-chivio, in parte andati distrutti, in seguito ai bombardamenti che devastarono l’Ar-chivio di Stato di Milano nell’agosto del 1943. Le carte della sezione riservata eb-bero storia distinta: pervenute a Milano solo nel 1874, furono collocate da CesareCantù nell’Archivio riservato dell’ASMi, sezione di deposito, da lui stesso creataall’epoca della sua direzione (1873 - 1895). Secondo Luigi Fumi, direttoredell’ASMi fra il 1908 e il 1920, che riprende una nota autografa del Cantù, le bu-ste presentavano già numerose lacune in quanto “l’impiegato che le aveva in conse-gna e che, dopo essere stato de’ più zelanti nella polizia austriaca, era riuscito a far-si tener in servizio dal nuovo Governo italiano, non ebbe scrupolo di venderne par-te come carta straccia, facendo in tal modo sparire tutte le rubriche e i protocolli, ol-tre ad alcune cartelle ...” (cfr. L. FUMI, L’archivio di Stato in Milano al 31 dicembre1908. Notizie e proposte, in Archivi e archivisti milanesi, a cura di A.R. Natale, I, Mila-no 1975, p. 35 (già in “Archivio storico lombardo”, XXXIV (1908), p. 210). Non po-chi degli atti inoltre “andarono […] ad impinguare le diverse collezioni di autogra-fi, classificati magari sotto le voci più strane. Di altri si scorporarono le posizioni,adoperando magari il verso del foglio originale di protocollazione recante i numeri,le date e i riferimenti per altri usi” (cfr. ibid.). Sullo scorcio del 1917, si diede inizioalle operazioni di riordinamento del fondo. Per una ricostruzione completa del con-tenuto e delle vicende storiche del fondo in esame si rinvia ad A.R. NATALE, L’Ar-chivio di Stato di Milano: avviamento scolastico alle ricerche storiche. Dispense a cura diM.B., Milano 1974, pp. 89-90, FUMI, L’archivio di Stato in Milano al 31 dicembre1908 cit., pp. 35-39 e a N.G. GUASTELLA, L’archivio della cancelleria presidenziale inMilano (1814-1859), in Archivi e archivisti milanesi, a cura di A.R. Natale, II, Mila-no 1975, pp. 553-573 (già in “Archivi”, s. II, V (1938), pp. 157-178).

8 Specialmente per il primo quindicennio vi si ritrovano in realtà anche atti dicarattere eminentemente amministrativo, come ad esempio rendiconti di uffici fi-nanziari, provvedimenti di zecca e trattazione per la costruzione di strade. Cfr. FU-MI, L’archivio di Stato in Milano al 31 dicembre 1908 cit., p. 33.

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amministrativa della Lombardia austriaca9, vi è, infatti, un collegio go-vernativo, composto da dieci membri, definiti consiglieri, da cui dipen-dono altrettanti dipartimenti amministrativi, con a capo un presidentegenerale, il cui ufficio è denominato Presidenza generale di Governo10.

Ma, accanto alla gerarchia del potere esecutivo, si delinea nel RegnoLombardo-Veneto, indipendente da quest’ultima e globalmente dotatadi maggiori poteri discrezionali, tali da infastidire gli altri poteri dellostato, la rete di polizia11, articolata in una direzione generale per la Lom-bardia ed in una per il Veneto12, ed in unità periferiche ad esse subordi-nate a livello di provincia. Competenze propriamente dette della poliziaerano quelle di prevenire i delitti e mantenere l’ordine pubblico, ma, co-me emergerà chiaramente dai documenti qui tra poco analizzati, compi-to precipuo della polizia era la sorveglianza sulle persone in genere, al fi-

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9 Il 7 aprile del 1815 Francesco I emanò l’imperiale regia patente che fondavail Regno Lombardo-Veneto che, nella seconda parte, conteneva i punti fondamen-tali dell’organizzazione amministrativa e politica dei nuovi territori austriaci, in li-nea con quanto stabilito dalla Central-Organisierungs Hof Commission: l’Imperatore eRe è rappresentato dal Viceré, ma sia a Milano che a Venezia vi sono un governato-re militare ed uno civile, direttamente dipendenti dal Governo di Vienna, che sonoi capi effettivi dell’amministrazione, e un Governo, detto Collegio Governativo, di-viso in due rami: il Senato politico e quello finanziario. Sulla struttura costituzio-nale e l’ordinamento amministrativo dei domini austriaci italiani si vedano A. SAN-DONÀ, Il Regno Lombardo-Veneto 1814-1859. La Costituzione e l’amministrazione. Studidi storia e di diritto, con la scorta degli atti ufficiali dei dicasteri centrali di Vienna, Mila-no 1912; C. SPELLANZON, I primi anni della Restaurazione austriaca in Lombardia e ilmovimento politico e culturale a Milano, in Storia di Milano, XIV, Milano 1960, pp. 34-37; M. MERIGGI, Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto (1814-1848), Bo-logna 1983; ID., Il Regno Lombardo-Veneto, in Storia d’Italia diretta da G. Galasso,XVIII, Torino 1987, pp. 1-80; F. DELLA PERUTA, Milano nel Risorgimento: dall’età napo-leonica alle Cinque giornate, Milano 1992, pp. 13-15; ID., Il Veneto nel Risorgimento fi-no al 1848, in Venezia e l’Austria, a cura di G. Benzoni e G. Cozzi, Venezia 1999, pp.383-384; M.R. DI SIMONE, Istituzioni e fonti normative in Italia dall’antico Regimeall’Unità, Torino 1999, pp. 179-187.

10 Cfr. SANDONÀ, Il Regno Lombardo-Veneto 1814-1859 cit., pp. 96-110 e MERIG-GI, Il Regno Lombardo-Veneto cit., p. 36.

11 Per un’analisi del conflittuale rapporto intercorrente fra i poteri dello stato,ed in particolare fra magistratura e polizia, nel Regno, si vedano RAPONI, Il RegnoLombardo-Veneto (1815-1859/66) cit., spec. pp. 119 ss. e MERIGGI, Il Regno Lombar-do-Veneto cit., p. 311. L’argomento sarà ripreso in più punti del presente lavoro.

12 Le Direzioni generali di polizia erano costituite presso i rispettivi governinelle due capitali.

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ne di scoprire quelle pericolose alla sicurezza dello stato, e sulle societàsegrete13.

Tra gli atti trasmessi sono particolarmente numerosi i rapporti di po-lizia relativi ad avvocati, per la maggior parte attinenti all’attività politi-ca antiaustriaca, svolta da un gran numero di essi, come si ricava da unalettura delle opere dedicate al Risorgimento lombardo14, e risulta confer-

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13 In Lombardia la polizia si avvaleva, come forza militare, della gendarmeria,di origine napoleonica, mentre in veneto fu conservato il vecchio Satellizio fino al1832, quando furono istituite le Guardie militari di polizia. Cfr. SANDONÀ, Il RegnoLombardo-Veneto 1814-1859 cit. pp. 171-174; MERIGGI, Il Regno Lombardo-Venetocit., p. 37 e RAPONI, Il Regno Lombardo-Veneto (1815-1859/66) cit., pp. 120-128. Peruno studio sul ruolo e sulle funzioni della polizia nelle diverse regioni dell’Italiamoderna si rinvia ai saggi contenuti in La polizia in Italia nell’età moderna: seminariodi studi, Messina, 26-27 febbraio 1998, a cura di L. Antonielli, Soveria Mannelli2002. Interessanti riflessioni sulle competenze degli organi di polizia all’internodelle diverse forme di stato e sulle teorie intorno al concetto di polizia elaborate nelcorso dei secoli, si ritrovano in E. BUSSI, Evoluzione storica dei tipi di stato, Cagliari1954, pp. 188-216, una rielaborazione notevolmente accresciuta di un saggio pub-blicato dall’autore nel 1944: Dallo stato patrimoniale allo Stato di polizia, Como 1944.Alle citate opere fa ampiamente riferimento Raponi in A proposito di tipi di stato eStato di polizia, “Rivista di storia del diritto italiano”, XXIX (1956), pp. 185-196.

14 All’interno della vasta bibliografia in materia si segnalano, per la particolareattenzione dedicata ai singoli soggetti attivi contro la dominazione austriaca, C.SPELLANZON, Il decennio 1820-1830. Dalla cospirazione liberale ai processi Pellico, Ma-roncelli e Confalonieri. La vita economica e culturale, in Storia di Milano, XIV, Milano1960, spec. pp. 120-123 e F. CURATO, L’insurrezione e la guerra del milleottocentoqua-rantotto, in Storia di Milano, XIV, Milano 1960, spec. pp. 320-323. Per rendersi con-to della forte presenza di avvocati nelle file dei cospiratori è, altresì, utile scorrerel’indice dei nomi in appendice al volume di A. GRANDI, I processi politici del SenatoLombardo-Veneto, Roma 1976, pp. 745-777, nel quale sono indicati tutti coloro chesono menzionati nei documenti conservati all’Archivio di Stato di Milano nel fon-do Senato Lombardo Veneto del Supremo Tribunale di giustizia. Significativo a questoproposito è anche il numero di avvocati che partecipò in prima persona al governodella Lombardia nei mesi di indipendenza, seguiti alla rivoluzione del marzo del1848. Cfr. Raccolta dei decreti, avvisi, bollettini ec. ec. emanati dal Governo provvisorio, daidiversi comitati e da altri dal giorno 18 marzo in avanti, I, Milano 1848, spec. pp. 5-6,26-27, 29-30. Si vedano inoltre le ricerche specifiche contenute in C. STORTI, Avvo-cati milanesi tra Austria e Italia cit., pp. 302-308, G. ACERBI, Fare l’avvocato nello Sta-to di Milano dall’Imperatrice Maria Teresa (1740) all’entrata in vigore dell’unificazionelegislativa del Regno d’Italia cit., pp. 58-61 e, con particolare riferimento al territo-rio comasco, R. BIANCHI RIVA, Professione forense e impegno politico a Como fra Restaura-zione e Unità: l’avvocato Romualdo Caprani, in Figure del foro lombardo cit., pp. 121-122.

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mato da una rapida scorsa dei documenti del fondo, tesi a ragguagliare laPresidenza di Governo sui cospiratori attivi nelle diverse trame sovversi-ve15; ma non mancano informazioni su avvocati utilizzati dalla poliziaaustriaca come spie, nonché ispezioni che toccano aspetti assai diversidella vita lavorativa e privata di alcuni di loro.

A integrare la ricerca sul fondo Presidenza di Governo, sono inoltre uti-li i documenti del fondo Senato Lombardo-Veneto del Supremo Tribunale digiustizia presso il medesimo Archivio di Stato, che permettono di verifi-care le conseguenze dei controlli della polizia sull’abilitazione all’eserci-zio della professione16.

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15 Bastino a questo proposito alcuni esempi a campione: già nel 1814 fra i sor-vegliati speciali dell’Amministrazione di polizia del Dipartimento dell’Olona erapresente l’avvocato Giovanni Battista Sommariva, giunto a Milano con un poco cre-dibile passaporto della Direzione Generale di Polizia francese, in cui viene qualifi-cato come scudiere (cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 7. Per maggiori informa-zioni sull’avvocato Sommariva e il suo impegno negli anni della Repubblica Cisal-pina si rinvia a E. ROTA, Milano napoleonica, in Storia di Milano, XIII, Milano 1960,pp. 116-203; per un esame della sua attività professionale cfr. M.G. DI RENZO VIL-LATA, L’arte del difendere e l’allegare tra ancien régime ed età dei codici, pp. 29 e 38; C.STORTI STORCHI, Le code Napoleon a-t-il voulu déroger a ces principes? L’ancienne jurispru-dence e l’applicazione della disciplina del Code Napoléon in tema di domicilio, p. 87 e L.GARLATI GIUGNI, La parola alla difesa. Profili penalistici nelle allegationes lombarde traSette e Ottocento, p. 438, saggi contenuti in L’arte del difendere cit.); l’avvocato milane-se Giuseppe Vismara, definito “uomo arditissimo”, fu tra i primi ad associarsi allasetta dei federati; l’avvocato Carlo Marocco, su cui si veda infra, il testo relativo al-la nota 44 e il § 3, era stato designato dai cospiratori come vicepresidente di ungiunta che avrebbe dovuto guidare la città di Milano e, all’interno della stessa giun-ta, vi era posto anche per l’avvocato bresciano Tosi (cfr. ASMi, Presidenza di Governo,cart. 36); nella cart. 136, dedicata in gran parte alla diffusione della Giovane Italiain Lombardia, i riferimenti a membri del ceto forense locale sono assai numerosi, so-prattutto come persone incaricate di svolgere propaganda (Cfr. ASMi, Presidenza diGoverno, cart. 136).

16 Il § 11 della Costituzione del Senato Lombardo-Veneto dell’imp. Reg. Supremo Tri-bunale di Giustizia ed istruzione per il medesimo affidava al massimo organo di giustiziadei domini asburgici italiani la sorveglianza suprema sui Tribunali d’appello, i giu-dizi inferiori, gli avvocati, i patrocinatori e i notai (Cfr. GRANDI, I processi politici delSenato Lombardo-Veneto cit., pp. VII-XIX). Per quanto attiene all’avvocatura, a par-tire dalla pubblicazione della Circolare 9 giugno 1821 n. 5374 del Tribunale d’Ap-pello di Milano, in esecuzione degli Aulici Decreti del Senato Lombardo-Veneto 21febbraio 1821 n. 73 e 22 maggio 1821 n. 1123, l’esercizio della professione era per-messo solo a coloro che fossero stati espressamente approvati dal Senato Lombardo-

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3. Avvocati, attività politica e controllo

a. Avvocati controllatiI primi documenti dedicati ad un controllo specifico su membri del

ceto forense lombardo, presunti colpevoli di attività sovversive, risalgonoal 1822: riguardano gli avvocati Enrico Puerari di Mantova e Pietro Pon-zani, novarese di origine, ma residente a Milano, sospettati di essere coin-volti nelle trame dei rivoluzionari che complottano con i federati pie-montesi17.

L’avvocato mantovano aveva suscitato l’interesse del Governo di Mi-lano per “le passate vicende e per i rapporti suoi con persone di dichiara-ta animadversione all’attuale ordine di cose”18, ma, secondo l’agenteestensore del rapporto, datato 12 giugno 1822, egli non rappresentavapiù un pericolo per la società, sia per la sua condotta attuale, che “non of-fre motivo a particolari osservazioni vivendo egli intieramente a se stessoe sotto la vigilanza della polizia”, sia perché, come risultava dalla relazio-ne segreta inviata dal cardinale legato di Ferrara sui legami tra massone-ria e carboneria, nel territorio di quella città non erano nati rapporti fra isudditi e i membri delle nominate associazioni19.

Le parole utilizzate dall’agente per spiegare i motivi atti a scagionare

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Veneto del Supremo Tribunale di Giustizia. Cfr. Atti di Governo, 1821, I, parte II,p. 136. Per un commento positivo del provvedimento si veda LORENZONI, Institu-zioni del diritto pubblico interno pel Regno Lombardo-Veneto cit., p. 328, mentre una cri-tica è presente in GENNARI, Corso di procedura giudiziaria civile cit., p. 551. Sulle nu-merose prerogative dell’organo di vertice della giustizia lombardo-veneta cfr. SAN-DONÀ, Il Regno Lombardo-Veneto 1814-1859 cit., pp. 204-214 e DI SIMONE, Istituzio-ni e fonti normative in Italia dall’antico Regime all’Unità cit., pp. 183-185, spec. p.184.

17 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 46. Nella medesima cartella si trova ancheun ricco incartamento dedicato ad un membro del ceto avvocatesco subalpino, An-tonio Majoni di Borgomanero, sospettato di aver preso parte alla rivolta piemonte-se. In argomento si rinvia al recente saggio STORTI, Avvocati milanesi tra Austria e Ita-lia cit., pp. 297-300.

18 Attraverso un altro documento conservato nella pratica apprendiamo che egliera stato in contatto con alcuni dei fondatori della loggia massonica di Ferrara: Gio-vanni Carli, Don Francesco Savonazzi, il medico Sacchetti e Antonio Solera, cheavrebbe introdotto il Nostro nella loggia.

19 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 46, A sua eccellenza il Signor Conte di Stras-soldo presidente dell’I.R. Governo. C. di Torresani. In argomento si veda anche STORTI,Avvocati milanesi tra Austria e Italia cit., p. 295.

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Enrico Puerari lasciano intendere chiaramente quanto fosse invasivo ilcontrollo della polizia sui sorvegliati: la vigilanza è così rigida che non viè la possibilità per il soggetto controllato di intrattenere relazioni con al-tre persone, senza che la polizia ne venga a conoscenza. Si può facilmenteimmaginare quali conseguenze determinasse questa severa forma di sor-veglianza nella vita di una persona o, nel caso di specie, nello svolgimen-to di un’attività professionale.

Nonostante le espressioni rassicuranti contenute nella relazione, leautorità del Lombardo-Veneto dovevano nutrire ancora notevoli perples-sità sull’avvocato Puerari: con un Aulico Decreto, comunicato alla Com-missione speciale di II istanza in Milano20 il 24 aprile 1823, il Senato lainvitava a raccogliere informazioni su trentasette sudditi, fra avvocati easpiranti all’avvocatura21, e il Puerari è fra questi22. Il 24 giugno succes-sivo, nonostante l’opposizione del Consigliere Mazzetti23, il SupremoTribunale del Regno scelse di sospendere ogni deliberazione sull’avvoca-

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20 Con il principale obiettivo di chiarire la portata del movimento insurrezio-nale lombardo e di verificare lo stato delle sette segrete nel Regno, furono istituitenella regione una Commissione speciale di I istanza, all’interno della quale l’ele-mento di maggior rilievo era il Salvotti, ed una di II istanza, presieduta da France-sco degli Orefici. La Commissione di I istanza, organo della magistratura, giocò unimportante ruolo nel ridimensionamento dell’attività delle sette segrete nella re-gione, volto anche a diminuire il peso specifico della polizia. Cfr. ASMi, Senato lom-bardo veneto del supremo tribunale di giustizia, Atti presidenziali, cart. 5; SPELLANZON,Il decennio 1820-1830 cit., p. 101; GRANDI, I processi politici del Senato Lombardo-Vene-to cit., pp. 3-5 e SANDONÀ, Contributo alla storia dei processi del ventuno e dello Spielberg,Milano-Torino-Roma 1911, all’interno del quale sono riportati, con note dell’Au-tore, gli atti ufficiali segreti degli Archivi di Stato di Vienna e il carteggio dell’Im-peratore con i ministri e con il Presidente del Senato Lombardo-Veneto.

21 Il Supremo Tribunale del Regno aveva stabilito la necessità di chiedere unrapporto alla Commissione speciale sui membri del ceto forense nella seduta dell’11aprile. Cfr. GRANDI, I processi politici del Senato Lombardo-Veneto cit., p. 238.

22 L’elenco degli avvocati sospetti, con i suggerimenti della Commissione spe-ciale e le decisioni del Supremo Tribunale, è conservato in ASMi, Senato lombardo ve-neto del supremo tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart. 102, pp. 1961-1974. Alla seduta del Senato erano presenti i Consiglieri Aulici Mazzetti, Salvioli,Maffei, de Gognetti, Angeli, Pilgram, Agostani, Bonomi e Castellani.

23 Meritano di essere riportate le motivazioni del Consigliere, che spiegano, al-meno in parte, il rigido controllo che gli organi di governo e la magistratura appli-cavano al ceto avvocatesco: egli riteneva che, per lo speciale ruolo dei professionistilegali all’interno della società, doveva evitarsi in ogni modo l’esercizio dell’attivitàa persone avverse al Governo, ivi, p. 1971

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to mantovano fino a che non fossero arrivate nuove informazioni24 e sola-mente il 24 dicembre, in un’altra seduta dedicata ai professionisti foren-si sospettati di tramare contro lo stato25, il Senato accordò al Puerari ilpermesso di esercitare l’avvocatura in Mantova26. Ciò nonostante, il No-stro rientrerà nel novero delle persone che il Presidente del Governo chie-derà agli organi di polizia di sorvegliare strettamente, a partire dall’esta-te del 182427, come pure nell’elenco di ex-massoni lombardi, compilatodal direttore generale della polizia di Milano, Carlo Torresani, fra il 1829e il 183128, con l’invito alla polizia mantovana di vigilare attentamentesu di lui e sul fratello29.

Pietro Ponzani invece era stato segnalato agli organi di Governo dal

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24 Ibid. 25 In linea generale si può affermare che il 24 giugno 1823 il Supremo Tribu-

nale del Regno definì la posizione di diversi legali sui quali gravano solo vaghi so-spetti, mentre nel dicembre successivo risolse i casi più difficili.

26 ASMi, Senato lombardo veneto del supremo tribunale di giustizia, Protocolli diConsiglio, cart. 103, pp. 3124 e 3133. Nel Primo elenco di avvocati abilitati nellaprovincia di Mantova successivo agli eventi descritti nel testo, risalente al 1826,Enrico Puerari è presente ed eserciterà la professione fino al 1841. L’elenco ufficialedei professionisti lombardi, nel periodo della Restaurazione, venne sistematicamen-te pubblicato nell’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Venetosoggette al Governo di Milano, edito dal 1815 al 1843, a partire dal 1826; per gli an-ni dal 1818 al 1824 è possibile ritrovare l’elenco degli avvocati operanti a Milanonell’Almanacco e guida di Milano per l’anno … e nell’Interprete milanese ossia guida perl’anno … Attraverso la prefazione del volume dedicato al 1825 di quest’ultimo pe-riodico, sappiamo che dal 1824 fu proibita la pubblicazione dell’Elenco de’signori Av-vocati. L’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette alGoverno di Milano fu sostituito, senza cambiamenti di sostanza degni di nota, nel1844, dal Manuale provinciale della Lombardia, negli anni 1845 e 1846, dal Manualeper le provincie lombarde e, infine, dal Manuale del Regno Lombardo-Veneto dal 1847 fi-no al termine della dominazione austriaca.

27 In argomento si rinvia al testo relativo alle note 41 ss. 28 Il menzionato elenco è riportato in appendice al primo libro del lavoro di A.

LUZIO, La massoneria e il Risorgimento italiano, I, Bologna 1925, pp. 125-146. Comegià rilevato dal Luzio, nel breve commento che precede la riproduzione sintetica deldocumento originale, il Torresani “ama addentrarsi nelle condizioni famigliari edeconomiche de’ suoi vigilati speciali” e “si compiace in lunghe frasi stereotipe, ba-nali”. Nell’elenco sono particolarmente numerosi gli ex-massoni mantovani, fra cuialcuni avvocati che verranno ricordati nel proseguo del presente lavoro.

29 Il fratello dell’avvocato Puerari, già tenente a Mantova, viene definito “Diprincipi liberali, di moralità rilassata: dedito a Bacco e a Venere”.

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Generale conte di Lilienberg30 e da un confidente incaricato di svolgerel’inquisizione segreta sui lombardi presenti a Cassolo, sede del palazzodel Conte Giuseppe Arconati Visconti31, nei mesi della rivoluzione pie-montese32.

Nel 1822, a causa della scarsa credibilità dell’informatore agli occhidel Governo di Milano33, un agente venne incaricato di redigere un rap-porto sulle notizie raccolte che, significativamente, nel primo capoversocontiene le seguenti parole: “diedi mano all’opera per vedere se e quantosussistenti fossero le notizie stesse”34.

La prima parte della relazione mira a smontare la ricostruzionedell’informatore punto per punto35, mentre, nella seconda, viene sottoli-neato che l’avvocato novarese, nonostante la lunga sorveglianza a cui erastato sottoposto, non era mai stato notato in stretto contatto con personepericolose36; il possesso di ingenti proprietà in Piemonte era tale per al-tro da giustificare frequenti viaggi in quei luoghi.

Come nel rapporto sull’avvocato Puerari, anche in questa occasione,l’incaricato di polizia mostra di nutrire grande fiducia nelle capacità disorveglianza della polizia stessa, dando per scontato che nulla poteva es-sere sfuggito a chi doveva controllare.

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30 Il militare austriaco, che aveva guidato una parte delle truppe austriache in-viate a sedare l’insurrezione, aveva rassegnato alle autorità competenti un elenco deilombardi presenti in Piemonte durante la rivolta.

31 Sulla fede liberale dell’Arconati Visconti e sulla sua partecipazione ai motipiemontesi si veda SPELLANZON, Il decennio 1820-1830 cit., pp. 96 ss.

32 In argomento si rinvia a N. RAPONI, La scelta piemontese, un lento e contrastatoitinerario, in Il tramonto di un Regno, il Lombardo-Veneto dalla Restaurazione al Risorgi-mento (1814-1859), Milano 1988, pp. 89-137, spec. p. 93; N. NADA, Lineamenti del-la politica interna del governo sabaudo nell’età della Restaurazione, in Ombre e luci dellaRestaurazione. Trasformazioni e continuità istituzionali nel Regno di Sardegna,Torino1997, pp. 771-782 e ID., I liberali moderati, in Il Piemonte alle soglie del 1848, a curadi U. Levra, Torino 1999, pp. 341-360.

33 Per alcune interessanti riflessioni sulla presunta attività sovversiva dell’avvo-cato Ponzani e sull’attendibilità delle “spie” si rinvia a STORTI, Avvocati milanesi traAustria e Italia cit., pp. 295-297.

34 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 46.35 Si fa riferimento ai contrasti fra le informazioni del confidente e dei sorve-

glianti ufficiali, alla delicatezza delle informazioni che il confidente pretende di co-noscere, che non sembra verosimile che gli siano state comunicate, nonché ad alcu-ne incongruenze geografiche e temporali.

36 Ci si riferisce, in particolare, ad un certo Pietro Perelli, che risulta citato inmolti documenti del fondo archivistico in esame per la sua attività sovversiva.

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Alla luce degli avvenimenti successivi sembra più corretta la rico-struzione dell’attività di Pietro Ponzani svolta dall’informatore: nel 1823l’avvocato novarese fu arrestato e, nonostante le suppliche avanzate daifratelli37, fu rilasciato solo l’anno successivo, con una sentenza di sospen-sione del processo per mancanza di prove38 che, comunque, non lo svin-colò dal controllo poliziesco e dalla privazione dell’esercizio dei diritti ci-vili, come emerge da una serie di documenti del 182539.

Dall’anno dell’arresto, come pressoché scontato, Pietro Ponzani noncompare più negli elenchi degli avvocati abilitati nella regione, pubbli-cati sugli almanacchi cittadini40.

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37 Antonio e Teresa Ponzani nel corso del 1823 inoltrarono due suppliche af-finché il fratello fosse rimesso in libertà, ma vanamente: la prima fu restituita il 27agosto e la seconda il 2 dicembre. Cfr. ASMi, Senato lombardo veneto del supremo tribu-nale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart. 103, pp. 2982-2983.

38 La sentenza, emanata l’8 maggio 1824, sembrava prevedere anche il decadi-mento del Ponzani, Cavaliere, dalla nobiltà. Negli anni successivi egli si adoperòintensamente per dimostrare che le autorità austriache non potevano togliergli untitolo concesso ai suoi antenati dal Re di Sardegna e per essere ammesso al Casinodei nobili. Le prime tre suppliche, inoltrate da Pietro Ponzani nel 1830, furono ri-gettate con decisione del Governatore D’Adda del 1° dicembre 1830, mentre l’an-no successivo il Senato Lombardo-Veneto accolse la domanda, sostenendo che il di-sposto della Sentenza del 1824 era da intendersi nel senso che erano decaduti dai di-ritti di nobiltà solamente coloro che erano stati dichiarati colpevoli e, come tali,condannati. Dai documenti conservati emerge che, parallelamente al giudizio uffi-ciale, all’interno del Casino dei nobili ne proseguiva un altro, che portò il CavalierePonzani ad essere ammesso nella “nobile società” il 17 gennaio 1832: “La Direzio-ne della nobile società ha preso a considerare la di Lei istanza, onde essere ammessonella medesima, e i documenti che la corredano, ed ha riconosciuto comprovata lanobiltà di V.S., e non essere a questa di ostacolo la sentenza … per lo che ha la sod-disfazione di dichiararle che Ella è dal giorno d’oggi annoverato fra i membri dellasocietà stessa”. Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 160 e 172, nonché, per la let-tura della decisone del Supremo Tribunale del Regno, ASMi, Senato lombardo venetodel supremo tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart. 141, p. 1505. Permaggiori informazioni sul Casino dei nobili si rinvia a M. MERIGGI, Milano borghese,circoli ed èlites nell’Ottocento, Venezia 1992, passim.

39 In ASMi, Senato lombardo veneto del supremo tribunale di giustizia, Atti presi-denziali, cart. 5 è conservata la documentazione relativa alla “Supplica di Pietro Ca-valiere Ponzani tendente ad ottenere l’abolimento del Precetto politico e la ridona-zione di tutti i diritti civili”. Neanche in questa occasione l’avvocato novarese riu-scì a migliorare la sua posizione.

40 L’ultimo elenco in cui figura l’avvocato Pietro Ponzani è contenuto nell’In-terprete milanese ossia guida per l’anno 1823, p. 176. A questo proposito non si può

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Fondamentale, per comprendere il grado di coinvolgimento degliavvocati lombardi nelle cospirazioni antiaustriache, soprattutto nei pri-mi anni di dominazione, nonché la pressione del controllo politico, at-tuato concretamente attraverso gli organi della polizia, è pure un insie-me di documenti dell’estate del 1824. Il 30 giugno il Presidente del Go-verno inviò all’I.R. Direzione generale di polizia un elenco di trentaset-te persone fra avvocati e praticanti41 “per informazione e adempimentodegli ordini prescritti; contro restituzione delle carte”, con indicazionisulle rispettive “Risultanze processuali” e delle “Osservazioni”; il 12 lu-glio successivo, la Direzione generale della polizia rispose: “ho l’altoonore di assicurare, che ho disposto la ordinata sorveglianza politica su-gli avvocati indicati nell’elenco abbassatomi e che allo scadere di ognitrimestre sarà avanzato un rapporto complessivo sui risultamenti di que-sta sorveglianza”42.

Le informazioni riguardano personaggi assai distanti fra loro, pur seaccomunati da una fede politica analoga e dallo svolgimento della stessaattività lavorativa: si trovano qui riuniti luminari del foro milanese, poconoti avvocati cittadini e di provincia, e giovani praticanti, posti, in uncerto senso democraticamente, tutti sullo stesso livello dagli organi dipolizia, che da quel momento in poi dovranno applicare a ognuno di essiun rigido regime di vigilanza.

I sorvegliati sono divisi in base alla provincia di residenza, a partire daMilano. Ad aprire l’elenco è uno dei più noti civilisti dell’epoca, l’avvo-

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omettere che la posizione del Ponzani come avvocato è quantomeno dubbia già daqualche anno: egli risulta escluso dalla professione nel primo elenco ufficiale redat-to dagli austriaci in Lombardia, che, nonostante non riporti alcuna data, si ritieneche sia ragionevolmente collocabile nel 1820 in quanto contiene ancora la distin-zione fra avvocati e patrocinatori, che sarà, di li a breve, abolita. Questo dato risul-terebbe suffragato dalle informazioni contenute nelle “Osservazioni sopra PietroPonzani”, redatte in occasione della supplica del 1825 e conservate in ASMi, Senatolombardo veneto del supremo tribunale di giustizia, Atti presidenziali, cart. 5. La stampaufficiale con la lista degli avvocati e dei patrocinatori ammessi, nonché delle perso-ne escluse dalle citate professioni, è stata rinvenuta nei documenti conservatinell’Archivio privato della famiglia Orombelli, messi a mia disposizione dal Dotto-re Luigi Orombelli, discendente dell’avvocato Luigi Orombelli, attivo a Milano apartire dal 29 luglio 1811, che ringrazio ancora per la cordiale generosità. L’Archi-vio è collocato nella villa Orombelli a Fecchio di Cantù, in provincia di Como.

41 Si tratta delle stesse persone che il Senato Lombardo-Veneto aveva indicatoalla Commissione speciale di II istanza in Milano il 24 aprile 1823. Cfr. supra p. 9.

42 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 79.

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cato Carlo Marocco43 che, come apprendiamo dalle “Risultanze proces-suali”, fu indicato da “uno dei detenuti”44 come colui che era stato desi-

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43 Laureato a Pavia in utroque iure il 9 maggio 1788, Carlo Marocco divenne inbreve tempo uno dei civilisti più in vista della città. L’apice della carriera lo rag-giunse nella Milano napoleonica e, nel 1811, quando le professioni forensi videro laloro definitiva e originale sistemazione, con il Decreto portante il regolamento sulla di-sciplina degli avvocati (cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, 1811, parte II, Mila-no 1806-1814, pp. 813-829), che istituì un elenco ufficiale e un ordine degli avvo-cati in tutte le città che contavano più di venti avvocati, amministrato da un Con-siglio di disciplina, fu scelto come primo presidente del Consiglio di disciplina mi-lanese. Dopo l’insediamento degli austriaci attraversò anni difficili, in parte a causadella sua affiliazione alla carboneria, in parte per l’accusa di truffa nei confrontidell’I.R. gioco del lotto (in argomento si rinvia al paragrafo successivo), fino a esse-re radiato dall’albo degli avvocati nel 1823. Ha lasciato pareri e allegationes, nonchéuna breve, ma ricca e dotta Dissertazione per l’eseguimento del decreto di S. A. I. il Viceréd’Italia del 9 agosto 1811. La data di laurea, insieme ai puncta discussi, è riportata inM.C. ZORZOLI, Le tesi legali all’Università di Pavia nell’età delle riforme: 1772-1796,Pavia 1980, p. 282, mentre testimonianze della sua fama di principe del foro am-brosiano sono presenti sia in G. MAROCCO, Difese criminali e altri scritti inediti dell’av-vocato Giuseppe Marocco, seconda edizione milanese, colla biografia dell’autore e conaggiunte inedite, I, Milano 1851, p. 2, che in F. CORACCINI (rectius G. VALERIANI),Storia dell’amministrazione del Regno d’Italia durante il dominio francese, Lugano 1823,p. CXXXVIII, che, indirettamente, nell’insieme degli articoli presenti in L’arte del di-fendere. Allegazioni avvocati e storie di vita a Milano tra Settecento e Ottocento cit., attra-verso i quali si comprende in quale misura egli fu coinvolto nelle più importanticontroversie del periodo. Sull’evoluzione della professione forense negli anni del Re-gno d’Italia cfr. G. ACERBI, Fare l’avvocato nello Stato di Milano dall’Imperatrice MariaTeresa (1740) all’entrata in vigore dell’unificazione legislativa del Regno d’Italia cit., pp.40-42; L. TEDOLDI, “Occhiali pei litiganti”. Le professioni legali dagli antichi Stati ita-liani al Regno d’Italia napoleonico, “Le carte e la storia: rivista di storia delle istitu-zioni”, II (2001), pp. 46-47; TACCHI, Dalla Repubblica Cisalpina alla Repubblica Ita-liana cit., pp. 42-44; ID., Gli avvocati italiani dall’unità alla Repubblica cit., pp. 33-34 e G.S. PENE VIDARI, L’attività dell’avvocato in campo civilistico cit., pp. 55-68, spec.pp. 62-63, nonché i recenti saggi di DI RENZO VILLATA, Un avvocato lombardo tra an-cien régime e “modernità”: Giovanni Margarita cit., p. 448 e PARINI VINCENTI, Ad auxi-lium vocatus. Studi sul “praticantato” cit., pp. 45-49.

44 I numerosi processi intentati negli anni ’20 contro i cospiratori lombardi so-no stati oggetto di cospicui studi e ricerche documentarie, dando luogo a molte di-scussioni fra gli studiosi: risulta difficile comprendere il gran numero di confessionie di deposizioni rilasciate dagli indagati. Giova a questo proposito ricordare che laparte processuale del codice asburgico del 1803 prevede un giudice simultaneamen-te inquirente, difensore e giudicante e un imputato garantito dalla rigorosa logicadelle prove legali, entro le quali il magistrato è costretto a muoversi al fine di arriva-

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gnato dai cospiratori lombardi, riunitisi i primi di marzo del 182145, inattesa dell’invasione dei ribelli piemontesi, per il posto di Vice Presiden-te della giunta in predicato per guidare la città di Milano in seguito allaliberazione46, mentre da altri detenuti, come uno dei candidati “per gli

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re ad ottenere la “piena prova”, fra le quali la confessione continua ad occupare il ruo-lo di “prova regina”. Gran parte della storiografia ha concluso che gli imputati con-fessarono perché senza difensore e non edotti delle riserve garantistiche predispostedalla legge. Anche se quanto sopra è certamente vero, per spiegare le numerose am-missioni di colpa che seguirono agli arresti del 1821, sembra necessario tenere pre-sente anche la grande capacità professionale dei giudici, prevalentemente trentini,che condussero processi, nonché i paragrafi 363-365 della parte I del codice penaleaustriaco. È sufficiente riportare i testi di detti paragrafi per comprendere l’effettoche possono avere avuto sugli imputati: si legge al paragrafo 363 che se l’imputatoappare in preda a una “notabile alterazione di mente”, il giudice lo fa esaminare “dadue medici”; se si accerta la simulazione il carcerato, premessa un’opportuna ammo-nizione, è “posto a pane, ed acqua per tre giorni continui; indi dopo reiterata ammo-nizione è castigato con colpi di bastone di tre in tre giorni, cominciando con diecicolpi, ed accrescendo ogni volta il numero di cinque, finché si arrivi al numero ditrenta..”. Passando al paragrafo 364: “Se tanta è l’ostinazione di un carcerato, che nondia risposta alcuna alle propostegli interrogazioni, vien egli ammonito seriamentedell’obbligo che ha di rispondere al giudizio, e gli vien fatto presente che colla suaostinazione va ad attirarsi un castigo. Se ciò non fa effetto, vien egli trattato a causadell’ancora ostinato suo silenzio nel modo ch’è prescritto nel precedente paragrafoper simulata alterazione di mente”. E terminando con il § 365: “un proporzionato ca-stigo con colpi di bastone, o col digiuno, ha luogo in oltre quando l’interrogato siconduce maliziosamente durante il costituto con modi indecenti, ed offensivi, oquando coll’addurre una circostanza riconosciuta manifestatamene falsa ha studiatodi protrarre l’inquisizione, o d’indurre in errore il giudicio, e persiste nella menzognaanche dopo essersigli posta avanti agli occhi la chiara prova in contrario”. Cfr. Codicedei delitti e delle gravi trasgressioni politiche cit., §§ 363-365. Tra le molte opere in ma-teria, si segnalano SPELLANZON, Il decennio 1820-1830 cit., pp. 97 e 114; RAPONI, IlRegno Lombardo-Veneto cit., pp. 91-164, pp. 111-114; DEZZA, L’impossibile conciliazio-ne cit., spec. pp. CLXIX-CLXXI; ID., La legislazione penale asburgica e i processi politicidel Lombardo-Veneto, “Bollettino storico mantovano”, 2 (2003), pp. 195-213, spec.pp. 197-198; CAVANNA, Ragioni del diritto e del potere cit., pp. CCXLIII-CCL; ID., Storia deldiritto moderno cit., pp. 324-333; A.A. CASSI, Negare l’evidenza e aver salva la vita. Co-dice penale e tribunali speciali nei processi contro la carboneria bresciana, in L’ABGB e la co-dificazione asburgica in Italia e in Europa. Atti del Convegno Internazionale Pavia, 11-12ottobre 2002, a cura di P. Caroni ed E. Dezza, Padova 2006, pp. 317-338, spec. 323-329 e PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa cit., pp. 469-470.

45 Stando alla descrizione dei detenuti, la riunione si era tenuta a S. Siro, in pro-vincia di Milano.

46 In argomento si veda anche supra nota 15.

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affari interni”. L’Aulico Decreto 24 dicembre 1823 del Senato Lombardo-Veneto, citato nelle “Osservazioni” su Carlo Marocco, poste nella paginaa fianco del prezioso documento, lo escluse dall’esercizio della professio-ne47, insieme a numerosi altri avvocati lombardi.

Nonostante la riconosciuta pericolosità sociale dell’avvocato Maroccoe il rischio che egli non facesse rientro nel Regno, l’I.R. Delegazione dipolizia gli accordò, il 15 novembre 1823, il permesso di recarsi a Torino“per una causa del suo cliente Sig. Lorenzo Ubicini”48. L’elasticità degliorgani di polizia lombardi in quest’occasione, così distante dalla consue-ta fermezza, è certamente degna di essere sottolineata.

È interessante notare come l’esclusione del brillante civilista dal -l’esercizio dell’avvocatura non minò la fiducia in lui riposta da parte deicolleghi, o almeno di alcuni di essi: l’avvocato Margarita, nei primi mesidel 1832, gli richiese un parere nella delicata questione ereditaria di Giu-seppina Cotta Morandini49. Gli sforzi del Nostro furono però vani: la

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47 Il Decreto di esclusione è presente in ASMi, Senato lombardo veneto del supremotribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart. 103, p. 3129. Dalla lettura dellostesso, emerge come la radiazione del Marocco dall’avvocatura fu solo in parte det-tata da motivi politici: determinante fu anche il suo coinvolgimento nella truffaall’I.R. Lotto.

48 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 62.49 In due differenti tomi della raccolta Margarita di allegationes iuris (cfr. supra

nota 6) sono conservati i pareri inviati da noti civilisti dell’epoca all’avvocato Mar-garita, quale legale principale di Giuseppina Cotta Morandini, figlia di un consi-gliere dell’I.R. Tribunale di Appello di Milano. Attraverso le numerose testimo-nianze conservate possiamo agilmente ricomporre la particolare vicenda: a seguitodella morte della madre, avvenuta nel 1822, Giuseppina richiede al Margarita unparere “non già per promuovere formale pretesa, ma al puro oggetto di sottoporre alsavio giudizio dell’ottimo di lei padre Sig.re Dott.re Giuseppe Cotta Morandiniemerito I.R. Consigliere d’Appello in Milano quelle equitative considerazioni chepossano interessare il paterno benefico di lui animo”, come si legge nel parere re-datto da Carlo Marocco, relativamente all’imputabilità della dote, conferitale dallamadre in occasione delle nozze, alla sua quota di legittima nell’eredità della stessa,che con testamento aveva lasciato l’intera sua sostanza a nipoti e cugini tramite le-gati. Il Margarita e la Cliente decidono successivamente di rivolgersi ad altri due lu-minari del foro milanese, affinché redigano anch’essi una consulenza: Carlo Maroc-co e Matteo Biumi. I pareri pro veritate redatti dai tre civilisti, pur trattando dellastessa problematica e, per quanto possibile, tutti diretti a dimostrare la fondatezzadelle pretese di Giuseppina Cotta Morandini, si differenziano fra loro per alcuni ri-levanti profili. Il parere dell’avvocato Margarita, sicuramente il più completo e ilpiù dotto dei tre, parte dall’analisi letterale del testo della donazione materna per

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Cliente temeva che il solo nome di Carlo Marocco potesse infastidire ilpadre, come emerge da una missiva del 1° maggio 183250.

Le informazioni presenti sul secondo avvocato considerato, StefanoLuini, sono assai confuse: pare che, per la sua propensione per la Repub-blica Cisalpina, egli fosse già stato deportato durante il periodo napoleo-nico e, di conseguenza, avesse accolto con un certo favore il ritorno degliaustriaci, ma c’è anche il sospetto che egli abbia procurato a Carlo Ger-mani, un giovane condannato in contumacia per avere partecipato alla ri-volta piemontese, “lo scritto sedizioso di certo Benedetti di Pisa intitola-to Lamenti di un Italiano”51 e che, successivamente, lo abbia aiutato a fug-gire.

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arrivare a sostenere che non si tratta di dote vera e propria, ma di un atto di libera-lità, che non può in alcun modo pregiudicare i diritti successori della figlia, attra-verso un attento esame della disciplina dell’ABGB, numerosi richiami al Corpus iu-ris civilis e la menzione delle teorie di due illustri giuristi di ancien régime, AntoineFavre e Johannis Voet. Ne risulta una memoria particolarmente ricca di spunti col-ti, a differenza degli scritti di Matteo Biumi e di Carlo Marocco, che si caratterizza-no per la brevità e per il ricorso alle sole norme dell’ABGB. Nell’insieme di docu-menti relativi alla questione si è conservata anche la lettera con cui Carlo Maroccoinvia al collega Margarita il suo parere, dalla quale emerge un rapporto di stima eaffetto fra i due illustri avvocati. Cfr. per i pareri degli avvocati Margarita, Biumi eCarlo Marocco DDPSDMi, Segn. 67.XI.B.46.45-50; per altri documenti attinentialla controversia, DDPSDMi, Segn. 67.XI.B.46.bis.58-70. Per maggiori riflessionisulla problematica vicenda si veda DI RENZO VILLATA, Un avvocato lombardo tra ancienrégime e “modernità”: Giovanni Margarita cit., pp. 454-458, alla quale si rinvia ancheper un’approfondita ricerca sull’attività professionale del Margarita.

50 Non è qui indicato, purtroppo, il motivo per cui Giuseppina Cotta Moran-dini ritenne sconveniente presentare al padre un parere redatto dall’illustre civilista,ma è verosimile che i continui dissidi fra il Marocco e l’amministrazione austriacaabbiano influito nella scelta. Nella stessa lettera ella propone, come sostituto, l’av-vocato Luigi Gerardi. Se lo sforzo del Nostro fu vano per la risoluzione della que-stione, non lo fu per le sue finanze: in un’altra missiva della Cliente è indicato ilcompenso che propone per gli avvocati Marocco, Biumi e Gerardi per i rispettivipareri, indicato in £ 48 per il primo, £ 27 per il secondo e £ 24 per il terzo. Cfr. DD-PSDMi, Segn. 67.XI.B.46.bis.16-19.

51 Nonostante le numerose ricerche, non è stato possibile rinvenire una copiadell’opuscolo in questione. Si ritiene però di potere affermare che il Benedetti cita-to nel documento sia il poeta e drammaturgo risorgimentale Francesco Benedetti diCortona (1785-1821) autore, fra le altre opere, dell’ode Per la nascita del re di Roma(1811), premiata dall’accademia napoleonica di Lucca. In argomento cfr. G. CAME-RANI MARRI, voce Benedetti, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma,1966, VIII, pp. 253-255.

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Questi vaghi sospetti non vennero ritenuti sufficienti per escludere ilLuini dall’esercizio dell’avvocatura, professione che continuerà ad eserci-tare fino al 183952.

Allo stato attuale delle ricerche, non ho reperito tracce dell’ attivitàprofessionale di Stefano Luini: tanto nella collezione Margarita di allega-tiones iuris della ‘Statale’, che raccoglie principalmente lavori di avvocatiresidenti in Milano, quanto nelle decisioni riportate dalla Giurisprudenzapratica, non si conservano atti da lui sottoscritti, sì che si può supporreche non godesse di una particolare fama.

Di grandissimo interesse sono le indicazioni contenute subito dopo leinformazioni sul Luini: riguardano infatti uno dei membri più illustri delceto forense milanese di quegli anni, nonché uno dei più studiati, il pe-nalista Giuseppe Marocco53.

Le notizie ivi riportate dalle autorità austriache derivano tutte da con-

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52 Stefano Luini fu confermato nell’esercizio dell’avvocatura con l’Aulico De-creto 24 giugno 1823. Per quanto attiene agli anni di esercizio della professione cfr.i relativi volumi dell’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Vene-to soggette al Governo di Milano cit.

53 Avvocato penalista di grandissima fama, autore di non poche pubblicazionidi argomento giuridico, di numerosi opuscoli polemici, di altri scritti di varia na-tura e fondatore di una “Accademia estemporanea di eloquenza forense per eserciziodella gioventù legale”, collaboratore della commissione incaricata di preparare lanuova codificazione ticinese, Giuseppe Marocco è certamente uno dei giuristi più invista nella Milano napoleonica. Per maggiori informazioni sulla vita e sull’attivitàprofessionale si rinvia, innanzitutto, alle Notizie intorno alla vita e agli scritti dell’av-vocato Giuseppe Marocco, composte nel 1851 dall’avvocato Giuseppe Toccagni, in MA-ROCCO, Difese criminali e altri scritti inediti dell’avvocato Giuseppe Marocco cit., pp. IX-XXVIII e a F. CORACCINI (rectius G. VALERIANI), Storia dell’amministrazione cit., p. CIII.Si vedano, inoltre, i recenti lavori E. DEZZA, Un critico milanese della codificazione pe-nale napoleonica. Pietro Mantegazza e le Osservazioni sulla legislazione criminale delcessato Regno d’Italia (1814), in Ius Mediolani. Studi di storia del diritto milanese of-ferti dagli allievi a Giulio Vismara, Milano 1996, pp. 971-977; ID., Un penalista sco-modo. Appunti per una biografia di Giuseppe Marocco (1773-1829) cit., passim; ID., Giu-seppe Marocco e la codificazione penale ticinese, in Il Codice sgradito. Atti del convegno sulCodice penale della Repubblica e Cantone del Ticino (1816), Lugano, 17 novembre 2006,Bellinzona 2007, pp. 201-268; GARLATI GIUGNI, Nella disuguaglianza la giustiziacit., pp. 41-45; ACERBI, Fare l’avvocato nello Stato di Milano dall’Imperatrice Maria Te-resa (1740) all’entrata in vigore dell’unificazione legislativa del Regno d’Italia cit., pp.42-45 e DI RENZO VILLATA, L’arte del difendere cit., spec. p. 28. Per il lusinghiero giu-dizio del “padre” del codice penale del 1889 si veda G. ZANARDELLI, L’avvocatura.Discorsi di Giuseppe Zanardelli, Firenze 1879, p. 100.

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fessioni di detenuti e riguardano la presunta partecipazione del noto pe-nalista alle trame ordite dai federati: c’è chi riferisce che il Marocco nonaveva mostrato interesse a recarsi in Piemonte dopo i moti del ’21, chiinforma che i rivoluzionari avrebbero voluto usarlo come tramite perguadagnare alla causa l’assessore della Direzione Generale di polizia,Giulio Pagani, e chi asserisce di aver saputo che egli aveva parlato conl’appena menzionato assessore. Nell’insieme di queste deposizioni la piùrilevante è certamente quella del Pagani stesso, che conferma di avereavuto un colloquio con Giuseppe Marocco, il quale, “venuto da lui pas-sando da un discorso all’altro gli chiese se avesse molto da lavorare, ed al-la sua risposta affermativa soggiunse anche i liberali te ne daranno”, invi-tandolo, secondo l’espressione riferita dall’assessore di polizia, “a lasciarecorrere l’acqua al basso” nei loro confronti. Il Pagani sottolinea poi diaver riferito all’avvocato di essere già a conoscenza del compito affidato-gli dai cospiratori di testare la sua fedeltà agli austriaci e, soprattutto, diessere un “Impiegato d’Onore”54.

Giuseppe Marocco fu confermato nell’esercizio della professione conl’Aulico Decreto 24 dicembre 182355, nella medesima occasione in cuil’altro rinomato avvocato Marocco operante nel foro milanese fu costret-to ad abbandonare l’attività56, ma aveva già deciso di lasciare la carrieraforense da diversi anni, indignato dalla notevole riduzione del ruolo deldifensore nel processo penale introdotto dagli austriaci57.

Nonostante il non modesto spazio dedicato nel documento al penali-sta Marocco, non vi è alcuna traccia dei suoi scontri con la rigida censuraaustriaca, né dei suoi contatti con la Principessa di Galles che, evidente-

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54 Dalla lettura della deposizione del Pagani emerge abbastanza chiaramentecome il suo primo obiettivo fosse quello di non apparire connivente con i cospirato-ri. Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 79.

55 Cfr. Ibid. e, per una lettura completa della discussione al Senato, ASMi, Se-nato lombardo veneto del supremo tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart.103, p. 3130.

56 Nel Fondo Famiglie dell’Archivio Storico Civico di Milano, sulla camicia delfasc. “Famiglia Marocco” sono indicati due nomi in particolare: Carlo Marocco, fi-glio del fu Giuseppe Antonio “civilista celebre”, e Giuseppe Marocco “criminalistaceleberrimo”, ma non è possibile individuare il grado di parentela dei due avvocatimilanesi. In argomento cfr. anche DI RENZO VILLATA, L’arte del difendere cit., p. 39.

57 Per un approfondimento sui motivi che hanno indotto l’illustre penalista adabbandonare la carriera cfr. DEZZA, Un penalista scomodo cit., p. CCLXIX. Sul processopenale nel Regno Lombardo-Veneto si rinvia a supra nota 5.

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mente, venivano considerati come qualcosa di differente dalla sua, pre-sunta, attività sovversiva58.

Il quarto avvocato milanese a essere preso in considerazione è Gio-vanni Battista Ferrario, un professionista attivo a Milano già da diversianni59 che, in base alla deposizione rilasciata da un detenuto alla Com-missione speciale, risulta essere stato a conoscenza di una congiura orditafra Milano e Mantova nel 1815; nel momento di procedere contro i co-spiratori l’avvocato fu lasciato fuori dalle indagini perché non era suffi-cientemente coinvolto per aprire un procedimento nei suoi confronti.

Di grande rilievo sono le “Osservazioni” riportate di fianco all’avvo-cato Ferrario: da quanto vi è scritto si intuisce che, negli anni seguenti,gli organi di controllo politico presero informazioni su di lui sia in tri-bunale, sia presso i clienti, interferendo così, necessariamente, con losvolgimento della professione. Le notizie raccolte fornirono l’immaginedi una persona non pericolosa per l’ordine pubblico60, tanto che il SenatoLombardo-Veneto, con il già menzionato Aulico Decreto del 24 dicem-bre 1823, confermò il Ferrario nell’esercizio della professione, con resi-denza in Milano61.

Seguono negli stessi atti gli avvocati Giovanni Barozzi62 e Giuseppe

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58 In argomento si rinvia infra § 4.3.59 Tracce dell’attività dell’avvocato Ferrario si ritrovano nella raccolta Margari-

ta di allegationes iuris. In particolare il Nostro, insieme al collega Giovanni Marga-rita, redasse le “conclusioni motivate pelli signori Gio. Antonio Negroni qual padredel minorenne Giacomo Negroni, e Giuseppe e Pietro fratelli Negroni rei conve-nuti ed appellati contro la Signora Maria Malaspina de Conturbia in punto di uti-lizzo delle acque della roggia Rognana”, da presentare alla Regia Corte di Appellodi Milano nel 1813. Cfr. DDPSDMi, Segn. 67.XI.C.82.54-55 e 67.XI.B.45.27.

60 Più precisamente, nelle “Osservazioni” si legge: “essendo emerso da poste-riori informazioni, che l’avvocato Giò Battista Ferrario gode nel foro buona opinio-ne, che vive tutto alla propria famiglia, che non sentesi fra i clienti alcuna voce alsuo riguardo, che finalmente come Cittadino non offre alcun titolo di censura, il Se-nato con Aulico Decreto 24 Xmbre 1823 lo confermò nell’esercizio dell’Avvocatu-ra residenziandolo a Milano”. Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 79.

61 Il Ferrario eserciterà la professione a Milano fino al 1841, con residenza in Vi-colo Porlezza 2516. Cfr. i relativi anni dell’Almanacco imperiale reale per le province delRegno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano cit.

62 Dai documenti emerge che l’esistenza di un praticante avvocato di nomeMarsilio Barozzi a Sermide, provincia di Mantova, provocò non poca confusione ne-gli organi di polizia che cercavano di ricostruire le attività sovversive dell’omonimoprofessionista milanese. Marsilio Barozzi non ottenne mai il titolo di avvocato.

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Venturelli, sotto la sorveglianza della polizia austriaca per la loro suppo-sta partecipazione alle trame di una setta denominata “Congregazionecattolica apostolica romana”63, ma furono entrambi confermati nell’eser-cizio della professione, che continuarono ad esercitare, rispettivamente,fino al 182764 e fino al 184665. Non è stato possibile reperire traccedell’attività professionale di Giuseppe Venturelli, mentre l’avvocato Ba-rozzi compare più volte come difensore legale nelle allegationes iuris con-servate nella raccolta Margarita66.

Gli ultimi due avvocati milanesi contemplati nel documento sonoAntonio Bellani e Costantino Mantovani.

Il primo rappresenta un caso particolare, poiché la sua inclusione nelnovero degli avvocati meritevoli di sorveglianza speciale è frutto di un er-rore, determinato da una parziale omonimia: raccogliendo informazionipresso altri detenuti era emerso che un certo Bellani, già Regio Procura-tore della Corte di Giustizia dell’Olona negli anni di dominio napoleoni-co e, al momento della stesura della relazione, amministratore dell’Ospe-dale civico di Milano, era coinvolto nelle cospirazioni legate alla rivoltapiemontese, ma si tratta di Carlo Bellani, non dell’avvocato Antonio67.

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63 Originaria dell’Emilia Romagna, l’associazione segreta a cui appartenevanogli avvocati Barozzi e Venturelli si era diffusa nel Regno Lombardo-Veneto a parti-re dal 1817.

64 Cfr. i relativi anni dell’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lom-bardo-Veneto soggette al Governo di Milano cit.

65 L’avvocato Venturelli è presente in tutti gli elenchi disponibili dell’Almanac-co imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milanocit., nel Manuale provinciale della Lombardia cit. e nei due anni del Manuale per le pro-vincie lombarde cit.

66 Gli atti processuali redatti dal Nostro e conservati nella citata raccolta risal-gono tutti al periodo della dominazione francese e, più precisamente, si collocanofra il 1810 e il 1815. Per un approfondimento sull’attività professionale di questogiurista si rinvia ai saggi di C. DANUSSO, A. SANTANGELO CORDANI e S. SALVI conte-nuti in L’arte del difendere. Allegazioni avvocati e storie di vita a Milano tra Settecento eOttocento cit.

67 Fra gli studi dedicati al più noto Carlo Bellani, si segnalano, per una biogra-fia esaustiva, arricchita da un approfondimento dedicato ai discorsi tenuti dal ma-gistrato in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario nel 1811, 1812 e 1813, C.DANUSSO, Carlo Bellani: valori etici e pragmatismo di un magistrato al servizio della giu-stizia, in Ius Mediolani. Studi di storia del diritto milanese cit., pp. 761-907 (alcuneindicazioni anche in M.G. DI RENZO VILLATA, Gian Domenico Romagnosi e la pratica deldiritto. Riflessioni sparse, in Sapere accademico e pratica legale fra Antico Regime e unifica-zione nazionale cit., p. 9) e, con riferimento alla sua attività nell’Ospedale Maggiore

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L’errore era già stato rilevato prima dell’estate del 1824, con conse-guente richiesta di informazioni sull’atteggiamento di Antonio Bellani.Le notizie sul professionista milanese sono buone, così che “il Senato […]lo ha proposto a Sua M. come ammissibile all’Avvocatura, sulle quali pro-posizioni pendono le sovrane deliberazioni”. Nel documento non è indi-cato quale fu la decisione dell’Imperatore, ma attraverso gli elenchi uffi-ciali degli avvocati sappiamo che Antonio Bellani fu conservato fra gliesercenti la professione: egli è presente fino al 185968.

Costantino Mantovani è l’unico, fra gli avvocati milanesi sorvegliatidalla polizia, che figura fra i condannati in un giudizio aperto contro icospiratori: egli venne dichiarato colpevole di alto tradimento e condan-nato, in contumacia e con processo edittale, alla pena di morte, con con-seguente automatica radiazione dagli elenchi degli avvocati. Il codicepenale austriaco permetteva al giudice di celebrare il processo in contu-macia solo quando il fatto delittuoso aveva suscitato grande scalpore e viera il pericolo che il fuggiasco potesse nuovamente nuocere allo stato69,quindi la decisione del tribunale di procedere nei confronti del Manto-vani è una dimostrazione di quanto egli fosse implicato nelle trame dei

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di Milano, centro dell’assistenza e della beneficenza ambrosiana G. BASCAPÈ, L’assi-stenza e la beneficenza fino al termine delle dominazioni straniere, in Storia di Milano, XIV,Milano 1960, pp. 803-823 e ID., Carlo Bellani (1772-1838), Milano 1948. All’in-terno della raccolta Margarita è conservato uno scritto di Carlo Bellani nella sua ve-ste di magistrato: Conclusioni di merito state emesse dal sig. cavaliere Bellani regio Procu-ratore generale ... nella causa di falso incidente promossa dal segretario Giuseppe Annoni con-tro il sig. Paolo Parravicini, (DDPSDMi, Segn. 67.XI.C.58.10).

68 Cfr. i già citati elenchi ufficiali di avvocati della regione nell’Almanacco impe-riale reale per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano cit., fi-no al 1843, nel Manuale provinciale della Lombardia cit. per il 1844, nel Manuale perle provincie lombarde cit. per il 1845 e il 1846 e nel Manuale del Regno Lombardo-Vene-to cit. per gli ultimi anni di dominazione austriaca. Tracce dell’attività professiona-le di Antonio Bellani si trovano in Giurisprudenza pratica cit., XXIII, parte I, pp.92-116: l’avvocato milanese difende Maria Radaelli in una complessa causa di di-ritto successorio che, dopo essere stata discussa in tutti i gradi di giudizio, si chiu-de con un aulico decreto del Sovrano l’11 marzo 1834, favorevole alla Radaelli.

69 Più precisamente: i §§ 490 ss. della II sezione della parte I del Codice dei de-litti e delle gravi trasgressioni politiche cit., prevedevano la possibilità per il giudice diprocedere contro i fuggitivi senza differire la procedura fino all’arresto nei casi incui “il delitto avesse fatto una grande sensazione nel popolo, o l’intiera esenzione dalcastigo lasciasse temere ulteriore dannose conseguenze, e non soggiacesse ad alcundubbio la sussistenza del fatto, né la persona del malfattore”. In questi casi il fuggi-tivo veniva citato a presentarsi in giudizio per mezzo di editto.

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rivoluzionari e temuto dagli organi di governo70.Terminato l’elenco degli avvocati ambrosiani da sottoporre a stretta

sorveglianza, il documento prosegue con i professionisti residenti nellaprovincia di Brescia, che, dato notevole, sono più numerosi dei milanesi:si tratta di ben otto avvocati e quattro praticanti.

Il primo avvocato bresciano, su cui le autorità austriache nutrivanodei sospetti, era Giuseppe Andrea Giuliani che, stando alle confessioni dialcuni detenuti e alle informazioni di confidenti, avrebbe avuto un ruolodi primo piano nella carboneria locale71. Nonostante tali preoccupantinotizie, il Senato Lombardo-Veneto mantenne il Giuliani nell’esercizioforense con l’Aulico Decreto 24 giugno 1823, poiché la polizia non ave-va trovato alcuna prova a conferma dei dati ottenuti in via politica72.

Con il medesimo Aulico Decreto furono confermati nell’eserciziodell’avvocatura anche Giovanni Battista Barbaglio, Giuseppe Cocchi eGioacchino Basevi, soggetti che, pur reputati meritevoli di sorveglianzaper i loro stretti contatti con i membri delle cospirazioni bresciane e perle accuse promosse nei loro confronti da alcuni detenuti73, non avevano

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70 Ad ulteriore conferma della pericolosità dell’avvocato milanese si segnala chedei cinquantasette fuggiaschi politici, solo nove vennero processati in via edittale.Per maggiori informazioni sul processo all’avvocato Mantovani Cfr. A. GRANDI, Pro-cessi politici cit., pp. 17, 79, 100, 142-143, 238, 243-244, 293, 538 e SPELLANZON,Il decennio 1820-1830 cit., p. 120.

71 Secondo quanto riferito, dopo la rivoluzione napoletana, si sarebbe tenutauna riunione in un palazzo di sua proprietà per organizzare un’insurrezione nellaprovincia di Brescia.

72 Giuseppe Andrea Giuliani è presente negli elenchi degli avvocati attivi aBrescia fino al 1835. Cfr. i relativi anni dell’Almanacco imperiale reale per le province delRegno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano cit. Gli elementi raccolti permet-tono di affermare con ragionevole certezza che si tratta di persona diversa rispetto alcriminalista Giuseppe Giuliani, milanese di origine, ma attivo principalmente aMacerata, sul quale si veda M. SBRICCOLI, Giusseppe Giuliani, criminalista. Elementi peruna biografia, in I Regolamenti penali di Papa Gregorio XVI per lo Stato Pontificio(1832), rist. anast., Casi, fonti e studi per il diritto penale raccolti da S. Vinciguerra, se-rie II Le fonti 16, Padova 2000, pp. CCLIX-CCXCIII.

73 Più precisamente: l’avvocato Barbaglio era sospettato di essere addetto allasetta dei federati, il Cocchi di essere coinvolto sia nella setta dei federati che nellamassoneria e il Basevi di essere membro della loggia massonica di Mantova “degliamici della gloria e delle arti”. L’adesione dell’avvocato israelita ad una delle settesegrete attive a Mantova è confermata nel già menzionato elenco riportato da Ales-sandro Luzio, nel quale non si manca di sottolineare anche i suoi grandi talenti. Cfr.LUZIO, La massoneria e il Risorgimento italiano cit., p. 128.

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commesso alcun atto tale da poter essere processati o da essere considera-ti troppo pericolosi per svolgere la professione, almeno non in base alleconoscenze delle autorità.

Una particolare menzione merita l’israelita Gioacchino Basevi, pro-fessionista e pubblicista di grande fama, originario di Bozzolo, in provin-cia di Mantova74. Come avvocato egli ottenne ampia visibilità fin da gio-vane, grazie all’accorata difesa del patriota tirolese Andrea Hofer, mentrel’attività editoriale lo impegnò soprattutto nella seconda parte della suavita, congiuntamente a quella di consulente75. Le pubblicazioni lasciate-

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74 Non stupisce la presenza di uno stimato professionista di religione ebraicanella provincia di Mantova: a partire dall’ordine di espulsione dei giudei dal Duca-to di Milano, voluto da Filippo II, la comunità ebraica del mantovano divenne unadelle più ricche e popolose d’Italia. La condizione della minoranza ebraica nel Re-gno Lombardo-Veneto è generalmente considerata favorevole rispetto a quella pre-sente negli altri stati europei, nonostante le interdizioni che la colpivano, per unasostanziale benevolenza degli organi superiori. Il codice civile austriaco prevedevatre articoli restrittivi dei diritti degli ebrei: il loro giuramento non aveva valore insede giudiziaria contro un cristiano, non potevano fungere da testimoni nei testa-menti cristiani e i matrimoni tra ebrei dovevano preventivamente essere autorizza-ti dalle Delegazioni, in più, nel marzo del 1818, fu tolta loro la facoltà di coprirepubblici impieghi e il 16 maggio 1829 fu loro impedito l’esercizio dell’arte farma-ceutica. In argomento si rinvia a M. BENDISCIOLI, Politica, amministrazione e religionenell’età dei borromei, in Storia di Milano, X, Milano 1960, pp. 300-301; M. BERENGO,Gli ebrei dell’Italia asburgica nell’età della Restaurazione, “Italia: studi e ricerche sullacultura e sulla letteratura degli ebrei d’Italia”, VI (1987), pp. 62-103, nonché ai nu-merosi scritti dedicati ai molto più numerosi ebrei veneti, fra i quali si ricordanoID., Gli ebrei veneti nelle inchieste austriache della Restaurazione, “Michael”, I (1972), pp.9-37; G. LUZZATO VOGHERA, Cenni sulla presenza ebraica a Venezia durante la domina-zione austriaca, in Venezia e l’Austria, a cura di G. Benzoni e G. Cozzi, Venezia 1999,pp. 195-212 e ID., Gli ebrei, in Storia di Venezia, l’Ottocento e il Novecento, I, Roma2002, pp. 619-648.

75 Nel febbraio del 1810, a soli trentadue anni, Gioacchino Basevi fu nomina-to difensore d’ufficio del patriota tirolese, accusato di aver guidato la rivolta anti-francese del novembre precedente, e costruì in poco tempo una difesa che gli valse icomplimenti dei contemporanei e la gratitudine dell’Hofer. Ciononostante il pa-triota tirolese fu condannato a morte: prima ancora che il processo avesse inizio Na-poleone aveva ingiunto di procedere con la fucilazione. Con il ritorno della Lom-bardia all’Austria, l’avvocato di Bozzolo si trasferì a Milano ed abbandonò l’eserci-zio della professione. Cfr. F. LIOTTA, voce Basevi, Gioacchino, “Dizionario Biograficodegli Italiani”, VII (1965), pp. 69-70; P. BERNARDINI, La sfida dell’uguaglianza. Gliebrei a Mantova nell’età della rivoluzione francese, Roma 1996, spec. pp. 319-320 e L.BETTONI, La comunità ebraica di Bozzolo: la storia, le famiglie, i personaggi, in Il ‘giardi-

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ci dall’avvocato Basevi sono numerose e l’opera di maggiore successo so-no le Annotazioni pratiche al Codice Civile Austriaco che, dal 1845 al 1859,ebbero ben sette edizioni a Milano76. L’avvocato di Bozzolo merita di es-sere ricordato anche per la partecipazione al Risorgimento italiano, che loportò a essere nominato dal Governo provvisorio della Lombardia mem-bro di una commissione incaricata di raccogliere i fondi necessari a soste-nere le spese di guerra77 e ad ottenere, dopo l’annessione della regione alPiemonte, la nomina ad ufficiale dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro78.

Appare assai più complessa la posizione dei rimanenti quattro avvo-cati bresciani controllati dagli organi politici della regione, a cominciaredal secondo “sorvegliato speciale” indicato nel rapporto: Alessandro Dos-si. Egli era stato arrestato per alto tradimento e sospeso dall’avvocatura,per aver partecipato alle cospirazioni che miravano a unire la Lombardiaal Piemonte: solamente dopo che era stata pronunciata la sua assoluzione,con sentenza del 12 dicembre 182379, fu riammesso all’esercizio dellaprofessione, per intervento del Senato Lombardo-Veneto80. La presenza

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no’ degli ebrei. Cimiteri ebraici nel mantovano, a cura di A. Mortari e C. Bonora Previ-di, Firenze 2008, pp. 167-176. Gli ultimi due volumi citati offrono una panorami-ca completa sulla vita di Gioacchino Basevi non solo come giurista, ma anche comemembro di spicco della comunità ebraica locale. Per una riflessione coeva sulla vitae sull’attività professionale dell’avvocato israelita si veda il necrologio pubblicatosul “Monitore dei tribunali” del 16 febbraio 1867 n.7, pp. 167-168, estratto da “LaPerseveranza”.

76 In argomento, oltre agli appena citati lavori contenenti dati biograficidell’avvocato di Bozzolo, si veda S. SOLIMANO, ‘Il letto di procuste’. Diritto e politicanella formazione del codice civile unitario. I progetti Cassinis (1860-1861), Milano 2003,pp. 20-21. Fra gli altri scritti di Gioacchino Basevi si ricordano: Dello scioglimento de’feudi nel territorio che fu della Repubblica Cisalpina, Delle leggi attinenti il processo civile,la Proposta di una nuova legge ipotecaria fatta dalla commissione nell’assemblea legislativadi Francia, e la Spiegazione della legge generale di cambio promulgata con la Sovrana Pa-tente 25 gennaio 1850, tutti pubblicati fra il 1848 e il 1850.

77 Cfr. Raccolta dei decreti, avvisi, bollettini ec. ec. emanati dal Governo Provvisoriocit., II, p. 294.

78 Cfr. LIOTTA, voce Basevi, Gioacchino cit., p. 70. Solamente otto anni dopol’unione della Lombardia al Piemonte, l’avvocato mantovano morì e, stando a quan-to è riportato nel necrologio (cfr. supra nota 76), solamente l’età avanzata gli impedìdi sedere nei consigli legislativi.

79 Con riferimento alle vicende processuali dell’avvocato Dossi si vedano anchei documenti conservati in ASMi, Senato lombardo veneto del supremo tribunale di giusti-zia, Affari criminali, cart. 28.

80 Nonostante la decisione positiva del supremo tribunale del Regno, il Dossi

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dell’avvocato bresciano nel documento è indice del fatto che gli organi digoverno e di polizia nutrivano ancora forti sospetti sulla sua persona, no-nostante la vicenda giudiziaria si fosse conclusa positivamente.

Molto particolare è la posizione dell’avvocato Attilio Toccagni, figu-ra assai controversa, che da una lato viene accusato dall’autorità politicadi svolgere in maniera inopportuna la professione forense, nonostantepossieda notevoli capacità81, in quanto assume con facilità cause palese-mente ingiuste e le sostiene con “cavilli e maneggi”, particolarmenteodiosi agli austriaci82, dall’altro è osteggiato dai suoi concittadini, che so-spettano che abbia denunciato alcuni membri della carboneria per gua-dagnarsi la benevolenza dei nuovi dominatori83 e, infine, è sorvegliatodagli organi di polizia.

È interessante notare come, nel rapporto sull’avvocato Toccagni, icomportamenti inopportuni verso l’amministrazione della giustizia e lapresunta attività sovversiva non vengano scissi, come se l’atteggiamentoscorretto da lui tenuto verso il sistema giudiziario potesse in qualche mo-do attestare che era una persona poco affidabile e, quindi, verosimilmen-te pericolosa anche per il Governo.

Con l’Aulico Decreto 24 dicembre 1823, il Senato Lombardo-Venetoconfermò Attilio Toccagni nell’esercizio della professione, poiché la suacondotta negli ultimi tre anni era stata esente da censure “in modo da fa-

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non figura in nessuno degli elenchi di avvocati consultati. Vi è invece, sin dal 1826,un notaio di nome Alessandro Dossi attivo a Brescia (cfr. Almanacco imperiale reale perle province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano per l’anno 1826, p.387) che si può ragionevolmente ritenere sia la stessa persona, anche alla luce delleindicazioni che si ricavano dal lavoro di spoglio effettuato da GRANDI, Processi politi-ci cit., pp. 483-484.

81 Nelle prime righe del rapporto si legge: “Uomo di molto animo e vivacità dispirito, dedito alla satira e al sarcasmo, non gode concetto, giacché i suoi talenti, ele sue cognizioni legali non bastano a garantirlo …”. Cfr. ASMi, Presidenza di Go-verno, cart. 79.

82 I §§ 530 ss. del Regolamento generale del processo civile pel Regno Lombardo-Venetoimponevano agli avvocati di assumere gli incarichi professionali solo dopo essersiaccertati che la causa fosse giusta e il § 548 faceva rientrare nei comportamenti pu-nibili da parte della magistratura quelli volti a danneggiare il corretto svolgersidell’amministrazione della giustizia.

83 Nel documento in esame si legge addirittura che lo studio dell’avvocato Toc-cagni si svuotò completamente dopo che si sparse la voce di un suo tradimento e cheegli, che traeva la sua sussistenza dai guadagni professionali, non sapeva più comeprocurarsi il cibo.

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re dimenticare ogni pregiudizio”. Egli continuò ad esercitare l’avvocatu-ra a Brescia fino al 184684.

Gli avvocati Andrea Polotti e Giuseppe Franzinetti furono invece en-trambi accusati di appartenere alla setta dei federati. Il primo, sebbeneindiziato, non era stato arrestato, il secondo, maggiormente coinvolto85,era fuggiasco. Nelle “Osservazioni” presenti nel rapporto in esame si leg-ge che il Senato Lombardo-Veneto potrà prendere una posizione sulla lo-ro idoneità a proseguire la carriera forense solo dopo l’emanazione dellaSovrana Risoluzione sul processo dei federati. Come presumibile, daglielenchi ufficiali degli avvocati attivi a Brescia, emerge che il Polotti furiammesso all’avvocatura già dal 1826, mentre il Franzinetti non potépiù esercitare86.

Come già accennato, fra coloro dei quali si raccomandava una specia-le sorveglianza all’interno della provincia bresciana sono presenti anchequattro praticanti. Due di questi, Antonio Buccellani e Lorenzo Maceri,sono sospettati di appartenere alla carboneria; Giuseppe Nicolini sem-brerebbe uno dei membri più attivi delle cospirazioni della zona, ma vi èil dubbio che le lettere trovate con la firma “Giuseppe Niccolini” appar-tengano in realtà a un suo omonimo, professore di storia a Verona; Ange-lo Mazzoldi è accusato da un detenuto di appartenere alla setta dei fede-rati.

Dei quattro solamente il Buccellani, il Maceri e il Mazzoldi ottenne-ro l’abilitazione all’esercizio dell’avvocatura: il primo è presentenell’elenco degli avvocati esercenti in Brescia a partire dal 182687, il se-condo si ritrova fra quelli attivi a Salò dal 182888, il terzo, invece, figurafra coloro che sono abilitati a Leno dal 183089.

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84 Cfr. gli elenchi ufficiali di avvocati della regione nell’Almanacco imperiale rea-le per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano cit. fino al1843, nel Manuale provinciale della Lombardia cit. per il 1844, nel Manuale per le pro-vincie lombarde cit. per il 1845 e il 1846.

85 Il Franzinetti, considerato anche dagli austriaci un uomo di grandi talenti,era accusato di aver ricoperto la carica di capitano all’interno della setta.

86 Cfr., in particolare, l’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombar-do-Veneto soggette al Governo di Milano per l’anno 1826, p. 532.

87 Ibid.88 Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Go-

verno di Milano per l’anno 1828, p. 524.89 Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Go-

verno di Milano per l’anno 1831, p. 386.

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Allo stato delle ricerche non sono state individuate allegationes redat-te da alcuno dei professionisti bresciani presenti nel rapporto in esame.

Notevole è altresì il numero degli avvocati, o aspiranti avvocati, sog-getti a sorveglianza nella provincia di Mantova90, a conferma della note-vole pressione subita dal ceto forense lombardo in questi anni.

Figura, innanzitutto, nell’elenco l’avvocato Vincenzo Partesotti che,oltre ad essere stato un ardente giacobino, direttamente coinvoltonell’amministrazione nel periodo francese91, era anche stato indicato dapiù persone quale membro della carboneria. Egli è altresì accusato di averaiutato il nipote, Attilio Partesotti, a recarsi in Piemonte nel momentodella rivoluzione. Alla luce dell’oggetto specifico del presente lavoro, è diparticolare interesse la circostanza che l’avvocato Partesotti fosse stato de-nunciato tanto da alcuni detenuti, quanto da una cliente che, recatasi dalRegio Delegato di Mantova, aveva dichiarato di aver udito, mentre eranello studio professionale del suo procuratore, del progetto di costui perinviare il nipote in Piemonte e altri due giovani a Napoli.

Nonostante le numerose voci attestanti la partecipazione di VincenzoPartesotti ai moti del 1821, egli fu confermato nell’esercizio dell’avvoca-tura con l’Aulico Decreto 24 dicembre 182392.

Tutti gli altri avvocati mantovani, posti sotto la sorveglianza dellapolizia austriaca, Leandro Favagrossa, Luigi Panciera, Francesco Arriva-bene e Francesco Mosconi erano, secondo l’autorità politica, membri di

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90 Fra gli avvocati controllati in Mantova figura anche Enrico Puerari, ma nonemergono indicazioni nuove rispetto a quelle raccolte dagli organi di controllo po-litico nel 1822 e quelle che si erano già desunte dagli elenchi degli avvocati. Cfr. su-pra pp. 8-10.

91 Nel rapporto in esame si legge che il Partesotti era stato Primo Presidentedella Corte di Ancona negli anni del Regno d’Italia e da altre fonti sappiamo cheegli aveva già ricoperto la carica di commissario del potere esecutivo presso i tribu-nali durante la Repubblica Cisalpina e, dopo la riconquista francese del territorio,quella di giudice del Tribunale civile di Mantova. Nel 1801 l’avvocato mantovanoera stato rappresentante della magistratura ai comizi nazionali in Lione. Cfr. U. DA

COMO (a cura di), I Comizi nazionali in Lione per la Costituzione della Repubblica italia-na, I, Bologna 1934, p. 708 e F. ERCOLE, voce Partesotti Vincenzo, “Il Risorgimentoitaliano: gli uomini politici”, II (1941), p. 290 (fa parte di “Enciclopedia bio-bi-bliografica italiana”). L’avvocato Partesotti è presente nel già citato elenco di ex-mas-soni sotto l’Austria, in LUZIO, La massoneria e il Risorgimento italiano cit., pp. 139-140.

92 Nel documento in esame si legge che col medesimo Decreto l’avvocato Par-tesotti fu trasferito a Milano, ma nel 1826 egli risulta ancora attivo a Mantova. Cfr.l’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Governo diMilano per l’anno 1826, p. 531.

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una delle società segrete attive nel territorio93, ma le prove a loro caricoerano così leggere che, con l’Aulico Decreto 24 giugno 1823, furono con-fermati nell’esercizio della professione, pur rimanendo i loro nominativifra quelli di coloro che dovevano essere vigilati dagli organi di polizia.

Anche il praticante avvocato Giuseppe Veronesi rientrava fra i sog-getti controllati in Mantova, principalmente per “i suoi sospetti principjpolitici e il suo attaccamento al cessato ordine di cose”94. Grazie aglielenchi ufficiali degli avvocati della regione sappiamo che egli non ot-tenne mai l’abilitazione all’esercizio della professione: non ci è dato peròdi sapere se per motivi politici o per libera scelta.

Nella parte del rapporto dedicata alla provincia mantovana è presen-te altresì Marsilio Barozzi, ma si tratta di un errore, determinato da unaparziale omonimia con un avvocato milanese: come rilevato nelle “osser-vazioni” contenute nel documento stesso, Marsilio, che non fu mai ap-provato come avvocato dal Senato Lombardo-Veneto, fu ripetutamenteconfuso con il milanese Giovanni Barozzi95.

Di grande interesse, per comprendere meglio quale fosse il triplicecontrollo, effettuato da organi di governo, magistratura e polizia, neiconfronti degli avvocati nel Regno Lombardo-Veneto, sono le parole cheaprono il giudizio su Marsilio Barozzi, simili a quelle utilizzate control’avvocato Toccagni, tanto che si ritiene conveniente riportarle integral-mente: “l’autorità politica lo qualifica intrigante e Uomo che accetta ladifesa di qualunque causa anche meno appoggiata alla ragione, per cui simeritò più volte la riprensione dei Tribunali, ed anche la sospensionedall’esercizio dalla professione96, sembrando però che ora egli siasi cor-retto. S’aggiunse il sospetto insorto ch’egli nel 1818 e 1819 abbia ab-bracciata la carboneria, per cui viene sorvegliato”97.

L’identità di cognome causò notevoli fraintendimenti anche nel casodi Girolamo e Vincenzo Longaretti, il primo avvocato a Bozzolo e il se-condo attivo a Bergamo. Questa ulteriore ipotesi di omonimia creò parti-

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93 Gli avvocati Favagrossa e Arrivabene erano sospettati di appartenere alla car-boneria, mentre gli altri due alla massoneria. Il Favagrossa, che negli anni del Re-gno d’Italia si era distinto per il particolare attaccamento alla causa di Murat, mo-strando una notevole rapidità nel cambiare orientamento politico, nel 1815 era sta-to nominato delegato di polizia dal Governo provvisorio austriaco di Bologna.

94 Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 79.95 All’interno del documento in esame vi è proprio un rimando interno da un

avvocato Barozzi all’altro. Cfr. supra nota 63.96 Cfr supra nota 82.97 Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 79.

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colare confusione negli organi di controllo austriaci che, per diversi me-si, non seppero a quale dei due avvocati lombardi attribuire i sospettiemersi in diversi interrogatori, con la conseguenza che Vincenzo, “uomodi principi morali incensurabili, suddito onesto e fedele e senza taccia an-che in linea politica”98, fu sottoposto alla pressante vigilanza austriacasenza alcun motivo. Girolamo Longaretti, fervente sostenitore dei pie-montesi e antico massone, rimase sotto il controllo degli organi politicidella regione ancora per diversi anni99, benché entrambi gli avvocati por-tanti il cognome Longaretti fossero stati confermati nell’esercizio dellaprofessione nelle rispettive residenze fin dal dicembre del 1823.

Il pressappochismo dimostrato in queste due occasioni dagli organi dicontrollo austriaci, solitamente assai solerti, non può non essere sottoli-neato: in particolare si ritiene necessario rimarcare che Vincenzo Longa-retti fu, in conseguenza di ciò, sottoposto ad un regime di stretta sorve-glianza immotivato.

Oltre all’appena citato Vincenzo Longaretti, a Bergamo era posto sot-to controllo anche l’avvocato Lauro Pasinetti, che era stato indicato da undetenuto come un “antico massone”. Siffatta delazione non influì in alcunmodo sull’esercizio dell’attività lavorativa del Pasinetti: non essendo sta-ta trovata alcuna altra prova che confermasse la notizia, egli fu conferma-to nell’esercizio forense già il 24 giugno del 1823100.

Nella provincia di Cremona la Presidenza di Governo e la poliziaavevano individuato due avvocati da tenere sotto costante vigilanza:Giovanni Pietro Nardi e Angelo Mocchetti.

Nonostante le numerosissime confessioni di detenuti sull’apparte-

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98 Il primo documento dal quale traspare che gli austriaci hanno compreso qua-le sia il Longaretti pericoloso per il Regno risale al 24 dicembre 1823. Cfr. ASMi,Senato lombardo veneto del supremo tribunale di giustizia, Protocolli di Consiglio, cart.103, p. 3133.

99 L’avvocato di Bozzolo rientra nel novero degli ex-massoni presenti nel piùvolte menzionato elenco riportato in LUZIO, La massoneria e il Risorgimento cit., p.136. Nelle righe a lui dedicate si legge che “vive poveramente della sua professio-ne”, parole dalle quali possiamo dedurre che fosse un professionista con scarsa e po-co redditizia clientela.

100 Cfr. anche l’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombardo-Venetosoggette al Governo di Milano per l’anno 1826, p. 533. L’avvocato Pasinetti era attivogià da diversi anni e nel volume IV della Giurisprudenza pratica è riportata una suadifesa svolta per la contessa Anna Berlendis Contarini in una causa vertente sull’ap-plicabilità del § 431 dell’ABGB in pendenza dell’attivazione dei pubblici regola-menti di intavolazione. Cfr. Giurisprudenza pratica cit., IV, parte I, pp. 146-152.

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nenza dell’avvocato Nardi alla carboneria e alla massoneria, nonché leperplessità sulla sua condotta politica da parte della polizia di Milano edella pubblica autorità di Verona, egli fu confermato nell’avvocatura conl’Aulico Decreto 24 giugno 1823 e continuò ad esercitare in Cremona,anche se solo fino al 1826101. Angelo Mocchetti fu dichiarato inammissi-bile all’avvocatura con l’Aulico Decreto del 24 dicembre1823102.

Nelle rimanenti province lombarde il numero di avvocati sottopostia vigilanza è assai inferiore: nel comasco è sorvegliato solamente l’avvoca-to Antonio Bianconi, fra l’altro con accuse a suo carico talmente leggereche invitano a riflettere su quanto poco bastasse nel sistema vigente nelLombardo-Veneto per ricadere fra i controllati speciali103; nella sezionedel rapporto dedicata alla provincia di Lodi e Crema è presente l’avvoca-to Giovanni Mola ma, dalle “Osservazioni” poste a fianco al nome, si de-duce che è un ennesimo errore determinato da omonimia, perché il Gio-vanni Mola arrestato con l’accusa di alto tradimento è uno studente dilegge e non l’avvocato Mola; in provincia di Pavia sono controllati l’av-vocato Vincenzo Ubertoni e il praticante Tommaso Del Majno, che si so-spettava aver partecipato alle rivolte piemontesi, ma non vi erano provecerte104. L’avvocato Ubertoni fu conservato nell’esercizio dell’avvocaturacon l’Aulico Decreto del 24 giugno 1823105, mentre il Del Majno non ri-sulta aver mai conseguito l’abilitazione.

Sono fondamentalmente tre gli aspetti che maggiormente colpiscono,a mio avviso, dell’appena esaminato rapporto steso sugli avvocati lom-

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101 L’avvocato Nardi è presente solo nell’elenco dell’Almanacco imperiale reale perle province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano per l’anno 1826, p.533.

102 Sull’avvocato Angelo Mocchetti, una figura decisamente controversa nel pa-norama dell’avvocatura risorgimentale lombarda, si veda infra pp. 29 ss.

103 I sospetti su Antonio Bianconi nascevano dalla sua profonda amicizia conuno dei detenuti di Milano e da alcuni suoi “indiscreti ed impudenti” discorsi. Eglifu nominato avvocato con il decreto 24 giugno 1823, con residenza in Cantù.

104 Nel 1824 tutti e due i soggetti controllati della provincia di Pavia furonoprocessati per la loro partecipazione ai moti piemontesi, salvo poi essere assolti conDecisione Sovrana del 23 marzo 1825. Cfr. ASMi, Senato lombardo veneto del supremotribunale di giustizia, Atti presidenziali, cart. 23.

105 Tracce dell’attività professionale dell’Ubertoni si ritrovano sia nella raccoltaMargarita sia nella Giurisprudenza pratica da che se ne può dedurre che godesse diuna certa fama. Gli atti conservati si collocano fra il 1810 e il 1830. Cfr. DDPSD-Mi, segn. 67.XI.B.45.26-29 e 38 e Giurisprudenza pratica, V, parte I, pp. 300-343 eX, parte I, pp. 66-80.

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bardi dalle autorità politiche: il gran numero di professionisti coinvoltinelle cospirazioni dei primi anni venti, soprattutto nelle città di Milano,Brescia e Mantova, la pochezza delle prove raccolte contro gli avvocatieppure sufficiente per decidere di assoggettarli a un rigoroso controllo dipolizia e, parzialmente in contrasto con l’efficienza tipica dell’apparato,già qui ricordata, la facilità con cui gli organi di polizia si facevanoconfondere dai casi di omonimia. All’interno delle diverse situazioni esa-minate nel documento non mancano, inoltre, conferme della problemati-ca gestione del rapporto fra magistratura e organi di polizia nel Lombar-do-Veneto, già evidenziata da parte della storiografia più attenta106.

b. Avvocati ‘controllori’: i confidentiNel fondo Presidenza di Governo al centro della mia ricostruzione sono

assai numerosi i documenti relativi ai cosiddetti “confidenti”, cioè quegliindividui che le autorità politiche austriache pagavano perché fornisseroloro informazioni sulle persone sospette, fingendo di aderire alle trame ri-voluzionarie.

Pur rimanendo sostanzialmente confermato quanto detto fino ad orasu una tendenziale adesione collettiva del ceto forense lombardo agliideali liberali, non manca chi, mosso principalmente da motivi di carat-tere economico, offre i suoi servigi spionistici alla Presidenza di Governo.

Esempio paradigmatico di quanto appena scritto è la complessa vi-cenda dell’avvocato Angelo Mocchetti di Piadana, in provincia di Cre-mona che, escluso dall’avvocatura con l’Aulico Decreto 24 dicembre1823, a causa delle idee politiche sovversive, della scarsa professionalità edella dubbia moralità107, ritroviamo otto anni dopo108 a Parigi109, come

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106 Cfr. RAPONI, Il Regno Lombardo-Veneto (1815-1859/66) cit., spec. pp. 119 ss.e MERIGGI, Il Regno Lombardo-Veneto cit., p. 311.

107 Cfr. ASMi, Senato lombardo veneto del supremo tribunale di giustizia, Protocollidi Consiglio, cart. 103, p. 3134.

108 Nel medesimo anno si offrì come spia per il Governo di Milano anche un av-vocato genovese, Sisto Quaglia. Egli dichiarava di poter fornire informazioni su tut-te le operazioni del Marchese Raimondo Doria, sul quale la polizia lombarda stavaindagando per imbastire un processo per alto tradimento. Prima di decidere se ac-cettare il Quaglia come confidente, l’I.R. Direttore della Polizia raccolse numeroseinformazioni su di lui, riportate in un rapporto presente nella cartella in esame, dalquale emerge che versava in condizioni economiche assai infelici. Cfr. ASMi, Presi-denza di Governo, cart. 154.

109 L’emigrazione politica italiana, iniziata all’epoca delle prime congiure gia-cobine, aveva raggiunto momenti di grande estensione nel 1799, nel 1815 e dopo i

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confidente del Governo di Milano110, nel 1836 nuovamente in patria eriammesso all’esercizio dell’avvocatura111 e, infine, nel 1840, al centro diuna serrata corrispondenza fra la Direzione generale della polizia di Mila-no e quella parigina a proposito di un debito da lui contratto nella capi-tale francese112.

Dai documenti conservati risulta evidente come il denaro che riceve-va dal Governo di Milano fosse fondamentale per la sopravvivenza delMocchetti: fra le carte del 1831 è presente un rapporto dell’incaricato dipolizia al Governatore Hartig sui conteggi effettuati dal confidente, chel’estensore della relazione reputa non corretti, dal quale emerge che i de-nari inviati dal Governo al Mocchetti e alla moglie erano le uniche entra-te della famiglia113; ancora più esplicita in argomento è una lettera con laquale un agente, nei primi mesi del 1836, invita l’I.R. Presidenza d’Ap-pello a reintegrare il cremonese fra gli esercenti l’avvocatura114, là dove

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moti del 1820-21. I primi paesi in cui si formarono centri attivi di emigranti ita-liani furono l’Inghilterra, il Belgio e la Svizzera, poi divenne meta molto ambita laFrancia. All’interno della vasta bibliografia in argomento, si segnalano i lavori dicarattere generale di F. DELLA PERUTA, Mazzini, e i rivoluzionari italiani: il partitod’azione, 1830-1845, Milano 1974, pp. 27-33 e A.M. RAO, Esuli: l’emigrazione poli-tica italiana in Francia, 1792-1802, Napoli 1992, passim, nonché quelli di E. ARBO-RIO MELLA, Milanesi in Francia fra il 1796 e il 1814, “Archivio storico lombardo.Giornale della Società Storica Lombarda”, serie XIX, vol. IIX (1969), pp. 313-372 eSPELLANZON, Il decennio 1820-1830 cit., pp. 112-113, con particolare riferimento al-le fughe di patrioti milanesi.

110 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 152.111 Ivi, cart. 203.112 Ivi, cart. 236.113 La questione sorse perché Angelo Mocchetti sosteneva che era stato pattui-

to a suo favore un compenso di 12 franchi al giorno, mentre secondo l’incaricato dipolizia si trattava di 12 lire austriache al giorno, equivalenti a 10,44 franchi. Oltreal reddito percepito dal Mocchetti, il Governo versava 150 lire austriache al mesealla moglie per il suo sostentamento. La lettere dell’incaricato di polizia è datata 20luglio 1831. Cfr. ASMi, Presidenza di Governo, cart. 152. Per uno studio dedicato al-le valute utilizzate nel Lombardo-Veneto si rinvia a U. TUCCI, Le monete del RegnoLombardo-Veneto dal 1815 al 1866, “Archivio economico dell’unificazione italiana”,II (1956), fascicolo III.

114 Angelo Mocchetti fu riammesso nell’esercizio della professione con la So-vrana Risoluzione 1° marzo 1836. Egli esercita a Milano con residenza in Contradadi Santo Stefano in Borgogna 359. Cfr. GRANDI, I processi politici del Senato Lombardo-Veneto cit., p. 239 nt. 11 e l’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lombar-do-Veneto soggette al Governo di Milano per l’anno 1837, p. 543. Al suo rientro nel Re-gno appaiono migliorate anche le sue condizioni economiche: nel medesimo anno

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afferma che “nell’anno 1831 abbandonò la patria, recandosi senza per-messo in Francia e si ritiene che ciò debbasi attribuire alla sconcertata suaeconomia mancandogli ogni mezzo di sussistenza per sé e per la sua fa-miglia dopo che gli era stato vietato l’esercizio dell’avvocatura nel qualeavea più volte richiesto di poter continuare”115.

Nella lettera del 1836 manca qualsiasi riferimento all’attività di spio-naggio svolta da Angelo Moccheti: si sollecita il suo reintegro nei ranghidell’avvocatura solo alla luce di un comportamento corretto e tranquil-lo116. Questo elemento ci permette di affermare che la magistratura, no-nostante il pregnante controllo esercitato sul ceto forense, non solo nonera a conoscenza dei nominativi degli avvocati che rendevano i loro servi-gi al Governo in qualità di confidenti, ma non veniva informata neanchea posteriori, nel momento in cui si richiedeva il suo intervento per il ri-lascio dell’autorizzazione a svolgere la professione.

L’indicazione che perviene da questo caso concreto sui difficili rap-porti fra polizia, governo e magistratura all’interno del Regno Lombar-do-Veneto è certamente degna di essere sottolineata e conferma quantogià rilevato in diversi punti del presente lavoro117.

Gli ultimi documenti relativi ad Angelo Mocchetti hanno carattereprettamente economico: nel corso del 1839 l’avvocato aveva contratto undebito con un gioielliere di Parigi e, prima ancora dello scadere dellostesso anno, i massimi livelli della direzione della polizia lombarda e pa-rigina avevano fatto pressioni su di lui per costringerlo al pagamento del-le cambiali. Nonostante i continui solleciti, il 19 giugno 1840, il Moc-chetti rese noto al Governatore di Milano di trovarsi ancora in difficoltà,tanto da non potere corrispondere che trecento dei cinquecento franchinecessari al saldo118.

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egli iscrive il figlio Francesco alla Facoltà politico legale dell’Università di Pavia.Cfr. ANDREONI - DEMURU, La Facoltà politico-legale dell’Università di Pavia cit., pp.338-339.

115 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 203.116 Più precisamente nel documento si legge: “Le notizie posteriormente ed in

diversi incontri raccolte tornarono a lui più vantaggiose avendo egli date prove diravvedimento con un contegno incensurabile anche sotto i riguardi politici”. Cfr.Ibid.

117 Cfr. RAPONI, Il Regno Lombardo-Veneto (1815-1859/66) cit., spec. pp. 119 ss.e MERIGGI, Il Regno Lombardo-Veneto cit., p. 311. Si veda anche supra nota 21.

118 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 236. Su quest’ultima vicenda dell’avvoca-to di Piadana si veda anche il recente articolo STORTI, Avvocati milanesi tra Austria eItalia cit., pp. 294-295.

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L’indebitamento poteva costituire per un avvocato del Regno causa disospensione o di esclusione dall’esercizio della professione119, ma nessunprovvedimento fu adottato nei confronti di Angelo Mocchetti, anzi la Di-rezione di polizia saldò il debito: sembra a chi scrive che l’indulgenza de-gli organi politici possa essere giustificata solo se vista come una ricom-pensa per l’ottimo lavoro che l’avvocato Mocchetti aveva svolto comeconfidente del Governo negli anni di dimora a Parigi.

Non molto diversa da quella del professionista cremonese è la moti-vazione che spinse un altro avvocato residente a Parigi, di cui non ci è da-to di sapere il nome perché sono presenti solo dei documenti in cui si fir-ma “Nota manus”, che si offrì di collaborare con gli organi politici lom-bardi nel 1837120.

L’anonimo avvocato, l’11 dicembre 1837, in una lettera indirizzata alGovernatore della Lombardia, scrive: “la mia posizione a Parigi è moltoinfelice, poiché mi trovo aggravato di moglie e di un figlio in tenera età,che il Sussidio del Governo Francese non mi basta per l’alloggio, che inParigi tutto è estremamente caro, e che per poter io vivere colla mia fami-glia con certa ristrettezza vi vogliono almeno 300 franchi al mese”, per poiaggiungere che, se gliene verranno garantiti duecento dalle autorità au-striache121, lui si impegnerà ad essere “il più scrupoloso osservatore” degliordini che gli perverranno e il “mantenitore del più accurato segreto”.

Attraverso altri documenti presenti nella cartella apprendiamo chel’anonimo avvocato inoltrò la richiesta di denaro al Conte Hartig sola-mente nella quinta lettera che gli inviava, dopo aver cercato di dimostra-re che era in grado di accedere ad informazioni interessanti per le autoritàaustriache122.

Suo malgrado, figura fra i confidenti del Governo Lombardo-Veneto

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119 Il dicastero politico, qualora avesse accertato che un avvocato teneva unacondotta morale riprovevole o aveva contratto ingenti debiti, doveva comunicarlo alcompetente Tribunale d’Appello affinché provvedesse a sospendere o a escludere ilcolpevole dall’esercizio della professione. Cfr. Regolamento generale del processo civile pelRegno Lombardo-Veneto cit., § 550.

120 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 217.121 L’ignoto confidente informa il Conte di Hartig che i rimanenti cento fran-

chi provvederà a guadagnarli impartendo lezioni di italiano. Confrontando questasomma con quella percepita da Angelo Mocchetti se ne desume che l’anonimo av-vocato venisse considerato un confidente meno utile.

122 In base a quanto si è potuto dedurre dai documenti conservati, il nostro tra-smette principalmente informazioni sugli arrivi e sulle partenze di personaggi so-spetti dalla capitale francese e da quella belga.

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anche l’avvocato nobile Alessandro Mozzoni Frosconi123: nel 1833 unanonimo delatore diffuse una presunta lista di tutte le spie al soldo dellaPolizia nella quale era indicato anche il suo nome124.

La paura di perdere numerosi clienti e, quindi, la sua fonte di sosten-tamento125, indusse l’avvocato Mozzoni Frosconi ad inoltrare una suppli-ca alla Presidenza di Governo affinché gli fosse concesso di pubblicare, sianel Regno Lombardo-Veneto, che all’estero, un breve scritto in cui illu-strava i veri motivi per i quali si era recato in Francia nel 1830 e nel1831, tutti di carattere professionale126.

Si ritiene che, all’interno dello studio che si sta svolgendo, la suppli-ca appena esaminata abbia un valore duplice: da un lato infatti si inseri-sce nel filone di ricerca che si sta seguendo, dimostrando come gli organidi polizia e la Presidenza di Governo si ingerissero anche in questioni dipura e semplice censura, quando era coinvolto un avvocato da risolvere;dall’altro mette in luce come, già nella Lombardia della Restaurazione,fosse fondamentale per un professionista mantenere una buona reputazio-ne e le giuste conoscenze per riuscire a crearsi e a coltivare la clientela.

Oltre al ricorso dell’avvocato Mozzoni Frosconi, nella cartella è con-servato il parere della Direzione della polizia di Milano che, non venendo

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123 Attivo a Monza almeno dal 1826 e trasferito a Milano nell’anno successivo,l’avvocato Mozzoni Frosconi esercitò la professione con successo sino al 1840, cometestimoniato dal gran numero di cause in cui è coinvolto fra quelle riportate nellaGiurisprudenza pratica cit. In occasione di una complessa controversia successoria incui erano coinvolte le famiglie Guidoboni Visconti e Galvagna, l’avvocato Mozzonientrò in contatto con Balzac, con il quale intrattenne poi un lungo rapporto episto-lare. Cfr. R. DE CESARE, Une lettre inédite de Balzac a Alessandro Mozzoni-Frosconi,“Année Balzacienne”, VXIII (1978), pp. 49-52 e ID., Balzac e Manzoni e altri studi suBalzac e l’Italia, Milano 1993, pp. 193-197. Per maggiori informazioni sulla nobi-le famiglia lombarda dei Mozzoni Frosconi si rinvia a V. SPRETI, Mozzoni, in Enciclo-pedia storico-nobiliare italiana, IV, Milano 1931, pp. 737-738.

124 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 178.125 Assai significative sono le parole usate dall’avvocato milanese nell’introdur-

re la sua supplica: “come semplice cittadino mi basterebbe il testimonio della pro-pria coscienza, e la giustizia che spontanea mi rendono le persone che intimamentemi conoscono, ma come avvocato che dall’esercizio della professione ritrae i mezzidi sussistenza della propria famiglia debbo essere sollecito anche dell’opinione dichi non mi conosce che di nome”. Cfr. Ibid.

126 Il primo viaggio di Alessandro Mozzoni Frosconi, stando quanto indicatonel suo documento, fu intrapreso per curare gli affari della ditta bancaria Pietro efratelli Marietti, da trattare a Parigi con il Conte Sommariva, mentre il secondo perseguire delle attività di quest’ultimo.

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incontro alla primaria necessità del legale milanese di dimostrare ai con-cittadini, suoi potenziali clienti, la sua totale estraneità ai fatti, proponealla Presidenza di Governo di accordare il permesso di pubblicare lo scrit-to solamente all’estero.

Purtroppo non si sono ritrovate notizie sulla posizione adottata inquesta circostanza dalla Presidenza del Governo, certo è però che in que-st’occasione la Direzione di polizia dimostra un totale disinteresse a veni-re incontro alla concreta esigenza di lavorare di un membro del ceto fo-rense lombardo.

La rassegna sui documenti conservati nel fondo Presidenza di Governorelativi al controllo sull’attività politica degli avvocati lombardi, sia chesi trattasse di attività antigovernativa, sia che, al contrario, portasse gio-vamento al sistema austriaco, a mio giudizio, dà una ragione in più altendenziale degrado della professione, già accennato all’inizio di questepagine. In effetti la pressante forma di sorveglianza politica su un nume-ro così ampio di rappresentanti della categoria portò ulteriore nocumen-to al ceto forense lombardo della Restaurazione, già avvilito dai continuicontrolli della magistratura e limitato nell’esercizio della sua attività la-vorativa da un diritto processuale penalizzante, così da allontanarlo sem-pre di più da quell’ideale di professione libera ed indipendente, che l’av-vocatura insegue costantemente.

4. Le funzioni di controllo poliziesco nella vita professionale e privata del ceto forense lombardo

Alcuni avvocati lombardi subirono nel periodo della Restaurazione ilcontrollo degli organi politici della regione per motivi assai distanti fraloro, non riconducibili a un’unica categoria, se non attraverso una conno-tazione negativa: non si tratta di questioni di carattere politico.

La prima testimonianza di tale sorveglianza è offerta dal pressoché in-cessante controllo che subì l’avvocato penalista Giuseppe Marocco127, so-prattutto nel 1817, per il suo legame con una delle figure maggiormen-te controverse del romanticismo, la Principessa Carolina di Bruns -wick128, tenuta sotto stretta sorveglianza dalla polizia asburgica, e per gli

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127 Sull’attività professionale e la partecipazione del Marocco alle cospirazionidel 1820-1821 si rinvia a supra, testo corrispondente alle note 44 ss.

128 A causa dei dissidi con il marito, destinato ben presto ad essere incoronato

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opuscoli dati alle stampe in Svizzera129, in parte scritti su commissionedella Principessa stessa.

Nelle cartelle del fondo in esame sono numerose, in particolare, le co-pie della corrispondenza fra il Marocco e la Principessa di Galles, o alcu-na delle persone del suo seguito, e vi si ritrovano lettere che trattano de-gli argomenti più diversi: questioni di carattere personale, l’accoglienzariservata alla Principessa nei luoghi ove dimorava, i loro spostamenti,etc.130.

È ivi presente, inoltre, il parere della Direzione della polizia di Mila-no sulla punibilità o meno dell’avvocato per avere portato in Lombardiaalcune copie dell’opuscolo Considerazioni libere sulla revoca della decorazionedella Croce di Malta, intentata contro il barone B. Pergami, scritto per con-trobattere alle accuse rivolte ad un ex-ufficiale napoleonico, vicino inquegli anni alla vivace Principessa131. La Direzione di polizia escluse laperseguibilità dell’illustre avvocato milanese, mancando nella sua con-dotta i fini di commercio e di lucro132.

A partire dall’estate del 1822, tocca invece all’altro avvocato Maroc-co, già sottoposto a sorveglianza per la sua attiva partecipazione alle tra-me sovversive che miravano ad unire la Lombardia al Piemonte133, un ir-

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Re d’Inghilterra, la principessa di Galles soggiornò per qualche mese a Cernobbio,venendo in contatto con il Nostro.

129 Per uno studio sulle stamperie svizzere nell’età della Restaurazione e il lororapporto con l’autorità austriaca cfr. F. MENA, Stamperie ai margini d’Italia. Editori elibrai nella Svizzera italiana, 1746-1848, Bellinzona 2009, pp. 147 ss.

130 Si vedano in particolare ASMi, Presidenza di Governo, cartt. 12, 13 e 14.131 Attraverso siffatto parere sappiamo che Giuseppe Marocco fu interrogato

dalla polizia sulla questione e confessò sia di essere l’autore dell’opuscolo, sia diaverne portate in Italia alcune copie senza permesso. ASMi, Presidenza di Governo,cart. 13.

132 Nei medesimi mesi Giuseppe Marocco scrisse altri due opuscoli su invitodella Principessa, intitolati rispettivamente Giornale d’un viaggiatore inglese e Lamue-le ossia il libro del Signore. Nel primo è possibile scorgere una difesa della stessa Ca-rolina, mentre nel secondo si adombrano le vicende di Napoleone Bonaparte e diLuigi XVIII, profetizzando future rivoluzioni. Tutti e tre i volumetti ora menzio-nati furono oggetto di attenzione anche da parte della severa e precisa censuraasburgica, oltre che degli organi di polizia. Sulla vicenda si vedano gli approfondi-menti contenuti in E. DEZZA, Un penalista scomodo cit., pp. CCLXX-CCLXXII, in F. BER-TOLIATTI, La censura nel Lombardo-Veneto, “Archivio storico della Svizzera italiana”,XVII (1939), pp. 66-69, e in MENA, Stamperie ai margini d’Italia cit., pp. 160-165,nonché l’ampia documentazione conservata in ASMi, Studi, p.m., cart. 236.

133 Cfr. supra pp. 13-15.

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rigidimento del controllo per il suo coinvolgimento nella “grande truffacommessa a danno dell’I.R. lotto di Milano”134, sulla quale stava inda-gando il Tribunale Criminale di Venezia135.

I primi documenti, che attestano un maggiore controllo sugli sposta-menti dell’illustre civilista milanese, firmati da Carlo Torresani, risalgo-no al 16 agosto 1822 e invitano i poliziotti addetti alle diverse zone del-la città a prestare una particolare attenzione, perché si teme che l’avvoca-to fugga dai territori dell’Impero, spaventato dalla possibilità di esserearrestato136; l’innalzamento del livello di sorveglianza non fu sufficientead evitare l’espatrio del Marocco, che rientrò a Milano solo nei primi me-si del 1823, spontaneamente137.

La facilità con cui l’Avvocato eluse i controlli degli organi politici do-vette creare non poco scompiglio, tanto che in tutte le successive comuni-cazioni del Torresani ai suoi subordinati si raccomanda una maggiore at-tenzione, mentre in quelle indirizzate al Governatore ci si augura chel’I.R. Tribunale Criminale di Venezia si affretti a fornire delle prove che nepermettano l’arresto, sottolineando come, nonostante tutti gli sforzi fatti,non si può escludere che Carlo Marocco riesca a fuggire nuovamente, gra-

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134 Le espressioni assai enfatiche utilizzate dagli organi di polizia milanesi e dalTribunale veneziano nel riferirsi alla truffa in cui era coinvolto il noto professioni-sta, portano a ritenere che si trattasse di qualcosa di veramente notevole, quasi unoscandalo dell’epoca. I principali autori della truffa, già detenuti a Venezia, erano uncerto Perotti e un non meglio definito Consorti, ed era indiziato anche il milaneseFrancesco Azzimonti, che si riteneva fosse l’uomo di collegamento fra i due sogget-ti già condannati per il raggiro e l’avvocato Carlo Marocco.

135 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 54. 136 La lettera inviata dal Torresani al delegato di polizia per la Circoscrizione 3°

illustra molto chiaramente come si voleva che fosse condotta la sorveglianza sugliindagati, si ritiene quindi opportuno riportarne una parte, almeno in nota: “Saràquindi di Lei impegno, Sig. Delegato, di istituire possibilmente una rigorosa sor-veglianza, inosservata e però clandestina, sul Marocco suddetto facendomi avvertitoogni volta che si recasse fuori di città per recarsi altrove, e specialmente per deter-minare in prevenzione quelle più efficaci misure che si rendessero necessarie ove ilMarocco si lasciasse conoscere compreso da timore di nuovo arresto per nuove emer-genze che si manifestassero a di lui carico”.

137 Non appena rientrato a Milano l’avvocato fu sottoposto ad un interrogato-rio da parte della Direzione Generale di polizia, il cui verbale è tutt’ora conservatonella cartella in esame. Durante l’interrogatorio l’avvocato cercò di giustificare ilsuo espatrio clandestino con urgenze mediche e professionali. Grazie a questo docu-mento sappiamo che egli soggiornò in diversi stati, fra i quali il Ducato di ParmaPiacenza e Guastalla, lo Stato Pontificio, la Svizzera e la Francia.

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zie alle sue conoscenze e per “la posizione geografica di questi paesi”138. La forte pressione che gravava sugli organi politici milanesi dovette

essere percepita anche dalla magistratura veneziana che, in una missivadel 17 maggio 1823, raccomandò al Direttore generale della polizia dinon compiere alcun “altro passo, non permesso per avventura dall’impe-rante Codice Penale unica legge direttiva dei Tribunali di Giustizia”139.

Le espressioni usate in questo contesto dai magistrati veneziani rap-presentano un’ulteriore conferma del difficile rapporto esistente tra gliorgani giudiziari e quelli della polizia nel Regno Lombardo-Veneto: igiudici sembrano dubitare fortemente della volontà dei poliziotti di ri-spettare la legalità.

Il tanto atteso ordine di arresto per l’avvocato milanese è decretato aVenezia il 23 giugno 1823 e comunicato quattro giorni dopo agli organipolitici di Milano, che lo eseguono immediatamente e con notevole sod-disfazione.

Grazie all’ultimo rapporto inviato dal Torresani al Conte di Strassol-do sappiamo che il 1° luglio 1823 l’avvocato Marocco arriva a Venezia e,diciannove giorni dopo, sarà emessa nei suoi confronti una sentenza di as-soluzione per difetto di prove.

Tutti gli sforzi della polizia milanese per impedire all’illustre civili-sta di fuggire dallo Stato in vista del processo del Tribunale di Venezia sirivelano perciò alla fine inutili, mentre rimane nello studioso la curiositàdi sapere se Carlo Marocco non avesse tentato la fuga perché conscio del-la sorveglianza incombente su di lui e delle difficoltà opposte ad un suofelice esito o se, da ottimo avvocato quale era, perché era certo che i giu-dici veneziani non avessero sufficienti prove per condannarlo secondo ilrigido sistema di prove legali del Codice penale universale austriaco140.

Nonostante l’assoluzione, come già accennato141, Carlo Marocco fuescluso dall’avvocatura per volontà del Senato Lombardo-Veneto.

Negli stessi mesi gli organi politici di Milano seguono da vicino an-che le vicende dell’avvocato Pietro Cottalorda, ma per motivi assai diver-si: in aprile, trovandosi oberato dai debiti, egli tenta il suicidio bevendouna tazzina di caffè in cui aveva versato del mercurio142.

I motivi per cui la Presidenza di Governo e gli organi di polizia di

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138 Si veda in particolare il rapporto inviato in data 20 maggio 1823.139 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 54.140 Cfr. supra nota 44.141 Cfr. supra nota 27.142 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 58.

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Milano si occupano della questione sono due: innanzitutto il Codice pe-nale austriaco prevedeva per colui che aveva tentato l’omicidio ed era so-pravvissuto “per accidente o contro la volontà di chi agisce” la custodia“fino a tanto che con rimedi morali e fisici ricondotto sia all’uso della ra-gione, ed a riconoscere i suoi obblighi verso il Creatore verso lo stato everso sé stesso, si mostri pentito del passato e faccia sperare un durevolemiglioramento per l’avvenire”143; in secondo luogo perché, con una let-tera consegnata al figlio maggiore, l’avvocato aveva affidato i propri quat-tro figli al Conte Pachta, membro del Governo di Milano.

La grande cura con la quale gli organi di polizia aiutano la famiglia diPietro Cottalorda nei mesi in cui l’avvocato rimane in custodia, insiemealla curiosa soluzione che viene architettata non appena l’avvocato si ri-stabilisce, fanno supporre che egli avesse un qualche legame particolarecon gli organi politici cittadini. Il 22 luglio 1823 è infatti suggerito da-gli organi di polizia alla Presidenza di Governo di trasferire il Cottalordae la sua famiglia a Nizza, terra d’origine, a spese dell’erario pubblico, e laproposta viene rapidamente accettata144.

Nonostante non vi sia alcuna traccia nei documenti consultati, si ri-tiene verosimile che, come già gli avvocati Mocchetti e quello individua-to come “Nota manus”, anche il Cottalorda fosse un confidente della po-lizia austriaca: non si spiega altrimenti perché gli organi politici gli aves-sero donato un’ingente somma di denaro.

Peculiare è, altresì, la vicenda dell’ultimo avvocato che qui si men-

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143 Cfr. Codice dei delitti e delle gravi trasgressioni politiche cit., §§ 91. Per uno stu-dio sul trattamento riservato al suicidio e al tentato suicidio nel codice del 1803, in-serito in un più ampio contesto sullo stadio, assai arretrato, del processo di secola-rizzazione nel codice penale austriaco si veda VINCIGUERRA, Idee liberali per irrobusti-re l’assolutismo politico: il Codice Penale Austriaco del 1803 cit., pp. XXXVI-XXXVIII. Perun approfondimento sulla delicata questione del trattamento riservato al suicidionel corso dei secoli si segnalano, fra gli altri, G.P. MASSETTO, Il suicidio nella dottrinadell’età di mezzo, “Acta Histriae”, 12 (2004), pp. 139-176; P. BERNARDINI, Dal suici-dio come crimine al suicidio come malattia. Appunti sulla questione suicidologica nell’etica enell’esperienza europea tra Sei e Settecento, “Materiali per una storia della cultura giuri-dica”, XXIV, 2 (1994); R. MARRA, Suicidio, diritto e anomia: immagini della morte volon-taria nella civiltà occidentale, Napoli 1987 .

144 Attraverso l’ultimo rapporto rassegnato dagli organi della polizia di Milanoal Conte di Strassoldo, apprendiamo che gli organi politici di Milano versarono aPietro Cottalorda la notevole somma di 2.644,72 lire austriache e che, su indicazio-ne del Governatore, i soldi furono presi dai Conti delle spese segrete di Polizia.ASMi, Presidenza di Governo, cart. 58.

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ziona, Giuseppe Repossi, che suscitò l’interessamento degli organi poli-tici milanesi per motivi completamente nuovi rispetto a quelli visti finoad ora145.

L’avvocato Repossi, monaco Olivetano da prima del 1796, percepiva,in virtù della sua posizione di ex religioso146, la somma di 800 lire au-striache annue dall’I.R. Monte di Milano quale pensione, ma, nel 1824,gli organi di polizia scoprirono che nel 1801, “ad onta dei voti religiosida lui professati seppe all’ombra di false deposizioni, e colla produzionedi falsi documenti far constare che era di stato libero ed inducendo così inerrore la Curia Arcivescovile di Milano ottenne l’assenso di contrarre [..]matrimonio, con certa Teresa Borri, trovandosi però ora in istato vedovi-le senza prole”147.

La strana vicenda di Giuseppe Repossi creò notevole imbarazzo negliorgani di Governo di Milano che, mancando una norma che regolasse ilcaso o un precedente148, non sapevano se privare l’ex monaco della pen-sione, tanto che fu interpellato l’Arciduca Ranieri che, il 14 aprile 1824,domandò ulteriori informazioni.

Purtroppo la richiesta di maggiori notizie del Viceré è l’ultimo anel-lo della catena conservato nel fascicolo dell’Avvocato milanese: non ci èquindi dato di sapere quale soluzione fu adottata; è certo però che Giu-seppe Repossi figura come avvocato residente in Milano in tutti gli elen-chi fino al 1823 e manca in quelli successivi149.

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145 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 72.146 Le numerose soppressioni di monasteri operate in Lombardia a partire dal

regno di Maria Teresa provocarono notevoli disagi nel mondo del diritto, soprattut-to nel campo delle successioni. Cfr. E. PASSERIN D’ENTRÈVES, Le premesse del riformismodi Maria Teresa e di Giuseppe II nel campo ecclesiastico, in Austria e in Lombardia, in Eco-nomia, istituzioni, cultura in Lombarda nell’età di Maria Teresa, a cura di A. de Madda-lena - E. Rotelli - G. Barbarisi, II, pp. 729-740 e C. CAPRA, La Lombardia austriacanell’età delle riforme1706-1796, Milano 1987, pp. 230-251 per uno sguardo d’insie-me sui complessi rapporti fra stato e chiesa nella Lombardia della seconda metà delXVII secolo e DI RENZO VILLATA, L’arte del difendere e l’allegare cit., pp. 69-72 per irisvolti processuali delle soppressioni di istituti religiosi.

147 ASMi, Presidenza di Governo, cart. 58.148 L’unico precedente che viene reperito riguarda un ex monaco a cui il Gover-

no di Venezia ritenne giusto non togliere la pensione, nonostante fosse coinvolto inun furto, ma è chiaro agli stessi organi politici milanesi che si tratta di una questio-ne differente.

149 Cfr. i relativi anni dei già citati Almanacco e guida di Milano e Interprete mila-nese ossia guida per l’anno ... e l’Almanacco imperiale reale per le province del Regno Lom-bardo-Veneto soggette al Governo di Milano per l’anno 1826 cit., p. 530.

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Risulta chiaro, esaminate le fonti intorno ad avvocati lombardi sorve-gliati per motivi distinti da quelli politici, che l’attuazione di un regimedi vigilanza su un membro del ceto forense della regione poteva trarreorigine dalle cause più diverse ed era assai rigido in ogni occasione.

Se da un lato appare verosimile che sudditi, accusati di una truffa aidanni di un apparato statale, come l’avvocato Carlo Marocco, o colpevolidi aver tentato il suicidio, come Pietro Cottalorda, sarebbero stati tenutisotto controllo dalle autorità politiche a prescindere dalla professionesvolta, dall’altro rimane comunque il sospetto in chi scrive che l’apparte-nenza ad una classe, ritenuta pericolosa e sediziosa dalle autorità, abbiafavorito e reso più inflessibile la sorveglianza anche in queste circostanze.

5. Conclusioni

L’analisi dei documenti permette dunque di constatare che gli avvo-cati lombardi, oltre a dover subire una rigida vigilanza da parte della ma-gistratura, tale da non lasciare spazio ad alcuna forma di autogoverno incapo alla categoria150, furono sottoposti ad una stretta sorveglianza daparte degli organi politici della regione, soprattutto, ma non solo, perl’attività politica antigovernativa: le fonti, così ricche nell’attestarlo, so-no una precipua testimonianza.

Ci troviamo così di fronte ad un ceto forense sottoposto ad un tripli-ce controllo: gli organi di polizia e di governo, nonché la magistratura,hanno tutti la competenza per sottoporre alla loro sorveglianza gli avvo-cati e ne fanno uso ogni qual volta ne ravvisino la necessità.

Mi sembra anzi, alla luce delle ricerche svolte, di poter affermare chegli organi politici si attivino per vigilare sugli avvocati anche sulla basedi vaghissimi indizi di responsabilità151, indubbiamente più labili ri-spetto a quelli necessari per imbastire un processo. Talora poi l’approssi-mazione, che caratterizza i rapporti dei poliziotti e dei confidenti, portaaddirittura ad una sorveglianza su soggetti che non hanno altra colpa senon quella di condividere il cognome con persone pericolose per l’ordinepubblico, come nei casi di Antonio Bellani, Marsilio Barozzi e VincenzoLongaretti.

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150 Cfr. supra, pp. 1-4.151 Significativi a questo proposito i casi degli avvocati o praticanti Giuliani,

Barbaglio, Cocchi, Favagrossa, Panciera, Arrivabene e Mosconi. Cfr. supra il para-grafo 2.

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Il differente approccio verso gli indizi di pericolosità sociale dei sud-diti, proprio degli organi di polizia e di quelli dell’amministrazione giu-diziaria, si inserisce perfettamente in un discorso più ampio, già affronta-to da alcuni autori dedicatisi all’organizzazione statale dei domini asbur-gici italiani, che ponevano alla luce i conflitti di competenza e di potereesistenti fra i due poteri: la polizia, col fine di rafforzare la legittimazio-ne del proprio ruolo, tendeva a dilatare i contorni del fenomeno dell’as-sociazionismo clandestino, mentre la magistratura, che vedeva di maloc-chio la crescita del potere poliziesco, faceva spesso scarcerare gli inquisitiche la polizia le consegnava152.

Sintomatico della scarsa considerazione della magistratura nei con-fronti degli organi di polizia è l’invito, rivolto dall’I.R. Tribunale Crimi-nale di Venezia al Direttore generale della polizia di Milano di non pro-cedere contro Carlo Marocco in violazione del dettato del codice penale.

L’unione dei dati raccolti -norme processuali restrittive e stringentecontrollo degli organi della magistratura e di quelli propriamente politi-ci- porta a dipingere un quadro a tinte notevolmente fosche sulla condi-zione dell’avvocatura lombarda e mette in luce la strettissima connessio-ne fra i due aspetti: maggiore è l’insoddisfazione del ceto forense verso ilsistema di governo austriaco, più convinta e tenace sarà la sua adesione aitentativi si sovvertirlo, comportando, come necessaria conseguenza, unulteriore irrigidimento del potere politico, si da generare una sorta di cir-colo vizioso capace di spingere verso un continuo deterioramento dellostatus.

Ne offre una chiara dimostrazione la vastissima partecipazione del ce-to forense lombardo alle sommosse del 1848 e ai successivi tentativi dimodifica alla legislazione austriaca, nel campo dell’organizzazione dellaprofessione forense e della procedura penale, abbozzati dal Governo Prov-visorio e dagli altri organi che avevano assunto l’amministrazione dellaregione, nei pochi mesi di gestione della stessa, ma … questa è un’altrastoria.

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152 Cfr., in particolare, RAPONI, Il Regno Lombardo-Veneto (1815-1859/66) cit.,spec. pp. 119 ss. e MERIGGI, Il Regno Lombardo-Veneto cit., p. 311.

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ABSTRACT

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