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Page 1: Copyright © 2016 Simone S.p.A. · PARTE I FoNDAMENTI DELLA PSICoLoGIA DELLo SvILUPPo, DELLA PSICoLoGIA DELL’APPrENDIMENTo SCoLASTICo E DELL’EDUCAzIoNE Capitolo 1: Struttura del
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Copyright © 2016 Simone S.p.A.Via F. Russo, 33/D80123 Napoliwww.simone.it

La pubblicazione di questo volume, pur curato con scrupolosa attenzione dagli Autori e dalla redazione, non comporta alcuna assunzione di responsabilità da parte degli stes-si e della Casa editrice per eventuali errori, incongruenze o difformità dai contenuti delle prove effettivamente somministrate in sede di concorso.

Tutti i diritti riservati.È vietata la riproduzione anche parzialee con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazionescritta dell’Editore.

I tempi del concorso a cattedre 2016 sono molto stringati.Dal bando uscito in data 26 febbraio 2016 alle prove scritte del concorso previste da metà aprile, passeranno meno di due mesi.

Per realizzare in tempi utili ai fini delle esigenze dei candidati questo volume, è stato ne-cessario il lavoro di una squadra di collaboratori che ha cercato di coniugare sintesi e completezza, teoria e pratica, approfondimento e chiarezza, correttezza formale e grafica.Non sappiamo se ci siamo riusciti ma un doveroso ringraziamento va fatto ad alcuni in particolare (ognuno di loro conosce bene il motivo): Carmine Delpino e Dario di Majo, Pasquale Antignano, Salvatore Pagano e Roberto Lancia, Luisa Busiello, Roberto Pinto.

Hanno collaborato:Rossella Micillo (Parte I), Chiara Palladino (Parte II),Madga de Notariis e Maria Teresa Iacomino (Parte IV).

Questo volume è stato stampato presso:MultiMediaViale Ferrovie dello Stato (zona ASI) - Giugliano (NA)

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PREMESSA

Anche nel bando del concorso a cattedre 2016 (in G.U. 26 febbraio 2016, n. 16) le “Avvertenze generali” costituiscono parte integrante dei già vasti programmi di studio disciplinari. Quest’anno poi le Avvertenze generali sembrano avere una valenza maggiore, se è vero come il MIUR ha più volte annunciato che le prove di concorso più che nozionistiche, saranno tese a valutare le competenze oltre che disciplinari, anche culturali, professionali e soprattutto didattico-metodologiche dell’aspirante docente. Non a caso in sede di stesura definitiva del bando, il Miur è intervenuto a ridefinire in parte i punti delle Avvertenze generali, modificandole rispetto alle bozze circolate nei mesi precedenti, e aggiungendo nuovi argomenti.

Al concorso quindi, non basterà conoscere a perfezione le materie di insegnamen-to ma bisognerà dimostrare di essere capaci di insegnarle nel contesto scuo-la tenendo conto di tutte le sue innumerevoli variabili. Potremmo riassume-re il quadro delle competenze richieste in almeno tre ambiti:— aspetti pedagogici (con cenni alle neuroscienze, alla psicologia dello svilup-

po e alla pedagogia);— aspetti didattici (stili di apprendimento, didattica inclusiva per BES e DSA,

metodologie didattiche e nuove tecnologie a servizio dell’apprendimento ecc.);— aspetti normativi relativi sia all’organizzazione del sistema scuola in Italia,

sia alle norme specifiche italiane ed europee, che l’insegnante deve quotidia-namente applicare nell’ambito della sua autonomia didattica (come la nor-mativa sulla programmazione, la valutazione, la continuità didattica, l’orien-tamento, le stesse Indicazioni nazionali e le Linee guida, e le numerose Note ministeriali).

Si tratta peraltro di aspetti molto complessi e in stretta interrelazione tra loro: si pensi all’influenza che le varie teorie dell’educazione hanno avuto sulle stesse ri-forme legislative adottate nel corso degli anni. Alcune discipline come la pedagogia e la psicologia dell’età evolutiva presuppon-gono inoltre competenze scientifiche. La didattica, di matrice filosofica, nasce, in-vece, con un forte grado di astrazione ma deve poi essere declinata nella pratica adattandosi, nell’ottica della programmazione e didattica personalizzata, ai diver-si stili di apprendimento di bambini e ragazzi. Parlare quindi di didattica e delle sue metodologie in senso generale è una contraddizione in termini: ogni docen-te, infatti, deve nella pratica inventarsi il suo modello di insegnamento e utilizzare le tecniche didattiche più appropriate in funzione non solo della materia che in-segna, non solo della classe che ha dinanzi, ma addirittura del singolo studente.

Al concorso però tutte queste metodiche saranno oggetto di prova di esame. E l’aspirante docente dovrà dimostrare di avere dimestichezza con tutti i fondamen-ti teorici e normativi che poi dovrà applicare nella pratica.

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Questo Compendio fornisce, allora, a chi si prepara al concorso — e ha poco tem-po per farlo — tutti i fondamenti delle discipline richieste dalle Avvertenze gene-rali, senza inutili approfondimenti accademici e digressioni teoriche e senza so-vrabbondanza di nozioni giuridiche. Alla trattazione è stato dato un taglio sin-tetico ma esaustivo e dal forte impatto pratico: impatto pratico che è possibi-le riscontrare non solo nella parte sulle norme che regolano la scuola e le attivi-tà dell’insegnante, ma anche in quella sui metodi didattici che pure hanno matri-ce in correnti teoriche come l'attivismo, il cognitivismo ecc.

Il Compendio si struttura in quattro parti, in cui si riprendono fedelmente tutti i punti delle Avvertenze generali. Per dare un ordine logico e sistematico alla trattazione, non abbiamo seguito sempre l’ordine dei punti delle Avvertenze: ad esempio prima di trattare della “capacità di progettazione curricolare” e dei BES (punti 4 e 5) abbiamo ritenuto di dover illustrare la normativa scolastica (punto 10) che comprende alcuni argomenti preliminari (come autonomia didattica, PTOF, ordinamento didattico ecc.). Una tavola sinottica introduttiva farà facilmente in-dividuare i capitoli corrispondenti ai singoli punti delle Avvertenze.

Particolare risalto è stato dato ai metodi, alle tecniche e agli strumenti della di-dattica applicata: da quelli più tradizionali a quelli più innovativi, anche se an-cora poco utilizzati nelle nostre aule scolastiche.In Appendice un approfondimento sulle competenze linguistiche del docente e sul Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER) e un utile Glossario con i termi-ni essenziali e le più comuni sigle utilizzate nell’ambito della scuola.Il volume si arricchisce, infine, di una serie di espansioni online tra cui le Indi-cazioni nazionali e Linee guida e alcuni modelli di atto come progettazioni curri-colari, PTOF e altri materiali di approfondimento.

In ultimo i suoi destinatari. Un compendio è di per sé una sintesi; questo volu-me quindi è indirizzato a:— chi ha poco tempo per studiare;— chi, avendo approfondito lo studio su vari testi, appunti e materiali online vuo-

le una visione organica e sintetica di quanto studiato;— chi avendo già studiato in passato alcuni argomenti, ora vuole solo ripassarli

prima del concorso;— chi già insegna a scuola, ma in previsione delle prove di concorso, vuole dare

un inquadramento teorico alla sua esperienza didattica.

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PARTE IFoNDAMENTI DELLA PSICoLoGIA DELLo SvILUPPo,

DELLA PSICoLoGIA DELL’APPrENDIMENTo SCoLASTICo E DELL’EDUCAzIoNE

Capitolo 1: Struttura del cervello, processi cognitivi, linguaggio e comunicazione1. Il cervello e la sua struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 11

• Prima infanzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 13• Sviluppo del sistema nervoso nell’adulto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 13

2. I processi cognitivi e l’intelligenza: la percezione . . . . . . . . . . . . . . . . » 14• La prospettiva psicofisiologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 14• La prospettiva della Gestalt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 14• La prospettiva funzionalista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 15• La prospettiva cognitivista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16

3. L’attenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 164. La memoria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 17

• Il modello associativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 18• Il modello “pluri-componenti” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19• Il modello HIP (Human Information Processing) . . . . . . . . . . . . . . . » 19

5. Lo sviluppo del linguaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 20• Imparare a parlare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 22

6. Il rapporto tra linguaggio e pensiero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 247. La comunicazione non verbale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 25

• La prossemica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 26• La cinesica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27

Capitolo 2: Teorie della psicologia dello sviluppo e dell'apprendimento1. Le teorie dell'apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 29

• Il condizionamento classico di Pavlov . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 29• Il condizionamento “operante” (o “strumentale”) . . . . . . . . . . . . . » 29

2. Il Comportamentismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 313. L’apprendimento imitativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 324. Cognitivismo e Costruttivismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 325. Piaget e lo sviluppo mentale del bambino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 346. Lo sviluppo morale: L. Kohlberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 367. Istruzione e cultura dell’educazione per Bruner . . . . . . . . . . . . . . . . . » 38

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8. L'Attivismo: J. Dewey . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 399. Ambiente e sviluppo secondo Vygotskij . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 4110. Le teorie psicoanalitiche dello sviluppo: S. Freud, A. Freud, Winnicott . » 43

• L’approccio psicoanalitico di Freud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 43• Anna Freud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 44• Winnicott: dalla psicoanalisi infantile al concetto di Sé . . . . . . . . . » 44

11. Lo sviluppo psico-sociale di Erikson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 4512. La teoria dell’attaccamento di Bowlby . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 4713. Mary Ainsworth e la Strange Situation Procedure . . . . . . . . . . . . . . . » 4914. R. Selman e il role-taking . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 50

Capitolo 3: Sviluppo psicologico e apprendimento1. Età evolutiva e apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 53

• L'apprendimento di concetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 54• L'apprendimento di principi (o regole) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 55• Il problem solving (soluzione di problemi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 56

2. Lo sviluppo psicologico in età scolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 573. Pedagogia della preadolescenza e dell’adolescenza . . . . . . . . . . . . . . » 58

Capitolo 4: Stili di apprendimento e pratiche didattiche1. Stili di apprendimento e intelligenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 612. Stili cognitivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 623. I diversi stili cognitivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 644. Metodo Feuerstein e mediazione didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 67

• La modificabilità cognitiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 675. La teoria dei costrutti personali di Kelly . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 696. Costruttivismo e Sociocostruttivismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 697. L’intelligenza e le sue forme: gli studi di Gardner . . . . . . . . . . . . . . . . » 708. L’intelligenza emotiva di Goleman . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 729. Neuroscienze e apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7410. Neuroscienze e Cognitivismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 76

• I neuroni specchio e gli studi Rizzolatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 79

Capitolo 5: relazione educativa e apprendimento1. La relazione educativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 812. L’approccio sistemico e la prospettiva ecologica di Bronfenbrenner . » 823. Il pensiero complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 844. Il pensiero laterale e il pensiero verticale di de Bono . . . . . . . . . . . . . » 84

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5. Il pensiero convergente e il pensiero divergente . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 876. L’influenza dei modelli educativi sulla relazione educativa . . . . . . . . » 88

PARTE IILEGISLAzIoNE E NorMATIvA SCoLASTICA

Capitolo 1: Costituzione e scuola1. La Costituzione italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 932. Il ruolo dell’istruzione e della scuola nella Costituzione . . . . . . . . . . . » 933. Libertà di insegnamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 954. Autonomia didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 965. Libertà della scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 976. Diritto allo studio e libertà di istruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 977. Il diritto-dovere di istruzione e formazione (D.Lgs. 76/2005 e D.M.139/2007) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 98

Capitolo 2: ordinamento costituzionale: elementi fondamentali1. I principali organi costituzionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1012. Leggi, decreti e altre fonti giuridiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1053. Ordinamento amministrativo dello Stato: Pubblica Amministrazione ed enti locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1094. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca . . . . . . . . . . » 109

• Le competenze del Ministro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 110• Conferenza permanente dei capi Dipartimento e dei direttori generali » 111

5. Altri organismi collegati all’amministrazione centrale . . . . . . . . . . . . » 1116. Amministrazione scolastica periferica: gli Uffici scolastici regionali (USR) » 1127. Gli ambiti territoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1128. Regioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1139. Comuni, Province e Città metropolitane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 114

Capitolo 3: Le riforme della scuola e la legge 107/20151. Dalla legge Casati alla Riforma Gentile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1172. La Riforma Gentile (1923) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1183. La scuola democratica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1194. La scuola si rinnova negli anni Novanta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1205. Le Riforme degli anni 2000 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 121

• 2000 – Riforma dei cicli (L. 30/2000) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 121

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• 2003 – Riforma Moratti (L. 53/2003) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 121• 2008 – Riforma Gelmini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 122

6. La Riforma della cd. “Buona scuola” (L. 107/2015) . . . . . . . . . . . . . . . » 122• L’edilizia scolastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 125

Capitolo 4: L’autonomia scolastica e l’organizzazione del sistema edu- cativo di istruzione e formazione1. L’autonomia scolastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1272. L’autonomia organizzativa (D.P.R. 275/1999) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1293. L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (D.P.R. 275/1999) » 1304. L’autonomia finanziaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1315. L’autonomia didattica (D.P.R. 275/1999) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1326. Il Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1347. Il curricolo obbligatorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1368. Le reti di scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1379. I documenti della scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 139

• Il Programma annuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 139• La Carta dei servizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 139• Il PEI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 140• Il Regolamento d’istituto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 140• Il Patto educativo di corresponsabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 141• Il Sito web della scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 141

10. Il nuovo modello di insegnamento/apprendimento nella scuola del- l’Autonomia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 141

Capitolo 5. Gli ordinamenti didattici1. Scuola dell’Infanzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1432. Scuola Primaria del primo ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1443. Scuola secondaria di primo grado . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1464. Il secondo ciclo d’istruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1485. Il riordino dei licei (D.P.R. n. 89/2010) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 150

• Liceo artistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 152• Liceo classico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 153• Liceo linguistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 153• Liceo musicale e coreutico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 153• Liceo scientifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 154• Liceo delle scienze umane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 154

6. La riforma degli istituti professionali (D.P.R. n.87/2010) . . . . . . . . . . » 154

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7. La riforma degli istituti tecnici (D.P.R. n. 88/2010) . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 1568. Il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore regionale . . . » 1579. L’esame di Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 160

• L’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione . . . . . . . . » 160• L’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione . . . . . . » 161

10. L’insegnamento della Religione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16311. il CLIL nelle scuole secondarie di secondo grado: rinvio . . . . . . . . . . . » 16412. L’alternanza scuola-lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16413. Dai programmi ministeriali alle Indicazioni nazionali . . . . . . . . . . . . . » 166

Capitolo 6: La governance delle istituzioni scolastiche1. Comunità scolastica e organi collegiali territoriali. . . . . . . . . . . . . . . . » 1692. Organi collegiali a livello di circolo e di istituto . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1703. Consiglio di intersezione, di interclasse e di classe . . . . . . . . . . . . . . . » 1714. Collegio dei docenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1725. Consiglio di circolo o d’istituto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1736. Comitato per la valutazione degli insegnanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1757. Assemblee degli studenti e dei genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 176

• Assemblee degli studenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 176• Assemblee dei genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 177

8. Il dirigente scolastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 178

Capitolo 7: Lo stato giuridico del docente1. La funzione docente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1812. Il reclutamento del personale docente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1823. Il contratto di lavoro e il periodo di formazione e prova . . . . . . . . . . » 1834. La mobilità. Le novità introdotte dalla L. 107/2015 . . . . . . . . . . . . . . » 1845. La formazione in servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1866. L’orario lavorativo e la disciplina giuridica delle assenze . . . . . . . . . . » 1867. L’organizzazione del lavoro degli insegnanti e il conferimento degli incarichi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1878. La retribuzione. Il bonus per la valorizzazione del merito del docente » 1889. I diritti sindacali. Il diritto di sciopero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 18910. La cessazione del rapporto d’impiego . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19011. Le supplenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19012. La responsabilità civile e penale del personale docente . . . . . . . . . . » 192

• La responsabilità civile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 192• La responsabilità penale. La posizione di garanzia del personale scolastico » 194

13. La responsabilità disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 195

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indice440

Capitolo 8: Il Sistema Nazionale di valutazione1. Il Servizio nazionale per la valutazione del sistema educativo (D.P.R. n. 80/2013) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 1992. L’INVALSI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2003. L’INDIRE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2024. La valutazione esterna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2035. Il processo di valutazione e autovalutazione delle scuole . . . . . . . . . » 2036. L’autovalutazione delle scuole: il Rapporto di autovalutazione (RAV) » 2047. L’autovalutazione delle scuole: Il Piano di Miglioramento . . . . . . . . . » 205

Capitolo 9 La scuola italiana nell’ambito del contesto europeo1. La dimensione europea dell’autonomia scolastica . . . . . . . . . . . . . . . » 2072. Istruzione, cultura e formazione professionale in Europa . . . . . . . . . » 2083. La Strategia europea per la crescita e l’occupazione: Europa 2020 . . » 2094. L’istruzione nell’ambito dell’Unione europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2105. I programmi di scambi/mobilità di docenti e studenti . . . . . . . . . . . . » 2106. Il Programma Erasmus+ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2127. Il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF) per l’apprendimento per- manente (Racc. 23 aprile 2008) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2148. Le competenze chiave per l’apprendimento permanente (Racc. 18 dicembre 2006) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2199. La politica di formazione professionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 226

PARTE IIILA DISCIPLINA DELLA DIDATTICA E DELL’INSEGNAMENTo

Capitolo 1: Le attività di progettazione e programmazione1. La programmazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2292. Origini della programmazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2293. La pianificazione di un curricolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2304. Programmazione d’istituto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2325. Programmazione educativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2336. Programmazione didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2337. Individuazione degli obiettivi per la programmazione didattica . . . . » 2348. Attuazione della programmazione didattica: le Unità di Apprendi- mento (UdA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 235

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indice 441

Capitolo 2: La scuola dell’integrazione e dell’inclusione1. Gli alunni disabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 2392. L’insegnante di sostegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2413. I Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 241

• La dislessia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 242• La disgrafia e la disortografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 243• La discalculia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 243

4. Il diritto allo studio degli alunni con DSA e gli strumenti compensativi . » 2445. Approcci didattici e metodologici per DSA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2466. Bisogni Educativi Speciali (BES) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 247

• Gruppi di lavoro (GLI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 249• La scuola inclusiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 250

7. Il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (DDAI o ADHD) . . . . » 2518. Lo svantaggio socio-economico, linguistico e culturale: gli alunni stranieri (nota MIUR n. 4233/2014) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 254

• L’insegnamento dell’italiano come lingua seconda (L2) . . . . . . . . . » 2599. Gli alunni stranieri adottati (nota MIUR n. 7443/2014) . . . . . . . . . . . » 26010. Gli alunni ospedalizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 26211. La didattica inclusiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 263

Capitolo 3: La valutazione degli alunni 1. La valutazione nel sistema scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2652. La valutazione degli studenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2663. Verifica e valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2674. La valutazione degli apprendimenti e del comportamento (D.P.R. 122/2009) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2685. Il recupero dei debiti formativi nella scuola secondaria di secondo grado » 2696. La valutazione degli alunni stranieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2707. La valutazione degli alunni disabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2718. La valutazione degli alunni con PDP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2739. Il riconoscimento delle eccellenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27510. I criteri di attribuzione del credito scolastico nel triennio delle scuo le secondarie di secondo grado . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27611. La docimologia, scienza della valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27612. Verifica degli apprendimenti e tipologie di prove . . . . . . . . . . . . . . . . » 278

• Le prove scritte “tradizionali” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 279• Le prove strutturate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 280

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indice442

• Le prove semistrutturate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 280• Le prove grafiche e pratiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 280• La costruzione di un test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 280• Le interrogazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 281

13. L’era delle competenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 283

Capitolo 4: Continuità didattica e orientamento1. La continuità didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2872. La continuità verticale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2873. Continuità orizzontale con la famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2884. L’orientamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2895. L’orientamento nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2906. La didattica orientativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2937. Le Linee guida nazionali per l’orientamento permanente (nota MIUR 4232/2014) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 295

Capitolo 5: Pedagogia del disagio e della devianza1. Devianza e delinquenza minorile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2992. Bullismo a scuola (nota MIUR n. 2519/2015) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 300

• Cyberbullismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 302• Le azioni della scuola e del docente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 302

3. Consumo di droghe e tossicodipendenza come problema pedagogico » 3054. Istruzione domiciliare e ospedaliera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3085. Il gruppo dei pari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 310

PARTE IVMEToDoLoGIE DIDATTICHE E TECNICHE ATTIvE DI APPrENDIMENTo

Capitolo1Le competenze comunicativo-relazionali del docente1. La relazione insegnante-allievo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3152. La comunicazione nel sistema scolastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3163. Gli elementi della comunicazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3174. Modalità e linguaggi della comunicazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3185. La comunicazione didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3196. La comunicazione intersoggettiva (docente-allievo) . . . . . . . . . . . . . . » 321

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indice 443

7. Il docente leader e la relazione con la classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 3238. Leadership e dinamiche di gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 324Rapporti interpersonali e interazioni di gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3259. I gruppi di attività in classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32610. Emozioni e apprendimento: l’intelligenza emotiva . . . . . . . . . . . . . . . » 32711. Gli obiettivi educativi di Bloom . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32912. L’insegnamento centrato sullo studente di Rogers . . . . . . . . . . . . . . . » 33013. Ambienti e contesti di apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 33214. La famiglia e i suoi modelli educativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 33315. Scuola e famiglia per la costruzione di percorsi educativi condivisi . » 33416. La formazione extrascolastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 33517. I rapporti tra pari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 336

Capitolo 2: Metodi, metodologie e tecniche didattiche1. La ricerca didattica e l’elaborazione di nuove metodologie . . . . . . . . » 3392. Metodologia e metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 339Metodi di insegnamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 340Metodi di apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3413. I metodi pedagogici classici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 342Metodi analitici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 342Metodo globale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 342Metodo naturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 342Metodo direttivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3434. Strategie didattiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3435. Tecniche e metodologie dell’azione didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 344

Capitolo 3: Dalla teoria alla pratica della didattica1. La lezione frontale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3452. La didattica laboratoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3493. Segue: La didattica laboratoriale nelle Linee guida . . . . . . . . . . . . . . . » 3504. Apprendimento cooperativo (cooperative learning). . . . . . . . . . . . . . » 351

• Le varianti del cooperative learning . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3525. La ricerca-azione (RA) in classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3536. La ricerca sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3557. La didattica per progetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3568. La didattica per problemi (problem solving) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3579. Mastery learning . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 35810. La didattica metacognitiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 359

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indice444

11. Mappe concettuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 36012. La didattica ludica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 36113. Flip teaching: l’insegnamento capovolto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 36214. Microlearning e EAS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 36515. Peer education . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 36516. Tutoring o Mentoring . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 366

Capitolo 4: Tecniche didattiche1. Spazio comunicativo e role playing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3692. L’azione nel labirinto (Action Maze) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3713. Il brain-storming . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3714. Il circle time . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3725. Lo studio dei casi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3726. Apprendimento per outdooor training: viaggi di istruzione e visite guidate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3737. Il Content and Language Integrated Learning (CLIL) . . . . . . . . . . . . . . » 376

• La formazione dei docenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 378• Il CLIL nell’esame di Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 379• La progettazione di un modulo CLIL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 380

Capitolo 5: Gli strumenti didattici tradizionali e digitali1. I libri di testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3852. Comunicazione efficace con strumenti digitali e TIC . . . . . . . . . . . . . . » 3863. La Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3874. Blog . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3895. Wiki . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3906. Podcast . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3917. LMS (Learning Management System). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3928. I Social network per la didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 393

• Facebook . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 393• Twitter . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 393• GOOGLE+ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 394• Pinterest . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 394• Linkedin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 395

9. Lo strumento e-book . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 39510. Sitografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 39711. Le tecnologie informatiche come strumenti compensativi . . . . . . . . » 39712. Strumenti didattici e tecnologici per l’inclusione . . . . . . . . . . . . . . . . » 398

• Wordprocessor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 398

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indice 445

• Sintesi vocali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 399• Audiolibri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 399• Mappe concettuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 399• Scanner con software OCR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 400• Calcolatrice dotata di sintesi vocale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 400• Riconoscimento vocale (speech recognition) . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 400• La LIM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 401• I software compensativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 402• I dizionari di lingua straniera computerizzati, traduttori . . . . . . . . . » 402

13. Il Piano Nazionale Scuola Digitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 402• La digitalizzazione della scuola italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 403• Il Piano Nazionale della Scuola Digitale 2008 . . . . . . . . . . . . . . . . . » 403• Il Piano nazionale per la scuola digitale 2015 . . . . . . . . . . . . . . . . . » 404

APPENDICI

Appendice 1: La conoscenza delle lingue straniere nella formazione degli insegnanti1. Cittadinanza europea e conoscenza delle lingue. . . . . . . . . . . . . . . . . » 4112. Il Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER). . . . . . . . . . . . . . . » 4123. L’apprendimento multilinguistico nella scuola italiana . . . . . . . . . . . . » 4144. Le competenze linguistiche dei docenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 421

Appendice 2: Glossario essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 423

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FondamenTi della psicologiadello svilUppo, della psicolo-gia dell’apprendimenTo scola-sTico e dell’edUcazione

In questa Prima parte sono trattati i punti 2 e 3 delle Avvertenze generali, che riportiamo:

punto 2 • Conoscenza dei fondamenti della psicologia dello sviluppo, della psicologia dell’apprendimento scolastico e della psicologia dell’educazione.

punto 3 • conoscenze pedagogico-didattiche e competenze sociali finaliz-zate all’attivazione di una positiva relazione educativa e alla promozione di apprendimenti significativi e in contesti interattivi, in stretto coordinamento con gli altri docenti che operano nella classe, nella sezione, nel plesso scola-stico e con l’intera comunità professionale della scuola.

parte

i

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sTrUTTUra del cervello, processi cogniTivi, lingUaggio e comUnicazione

La scuola è un articolato sistema educativo. Per aiutare gli allievi ad intraprende-re un proprio percorso formativo e di sviluppo, il docente necessita di un sapere vastissimo che va molto oltre le tradizionali competenze disciplinari. Deve, infat-ti, possedere robuste conoscenze pedagogiche, psicologiche, metodologico-didat-tiche, normative, relazionali e comunicative, trasferendole in chiave pratica e sa-pendole empiricamente riadattare a seconda del contesto in cui opera e soprat-tutto degli allievi che si trova di fronte.In questa Prima Parte affronteremo gli elementi e le teorie fondamentali della psi-cologia dello sviluppo e dell'educazione. Tutte in qualche modo hanno influen-zato e influenzano l'impostazione strutturale e “normativa” del modello scuola e quindi anche la didattica applicata dei docenti.Ma prima ancora di tutto è importante capire quali sono i meccanismi del cervello e come questo si modifica nel corso della vita di un individuo.

1. il cervello e la sua struttura

Il cervello, evolutosi in milioni di anni, è l’organo fondamentale delle attivi-tà cognitive oltre che l’organizzazione biologica più complessa a noi nota: tutti i processi psichici dipendono dalle sue funzioni.Il cervello è composto da un numero smisurato di cellule nervose (o neuroni): circa 100 miliardi nell’uomo. Ciascun neurone comunica con un numero notevo-le di altri neuroni: da questi contatti si originano mediamente da 1.000 a 10.000 connessioni (o sinapsi). Nella corteccia sono presenti almeno 100.000 miliardi di sinapsi, continuamente attive e volte a regolare il nostro comportamento co-sciente e il nostro pensiero.Le funzioni della corteccia cerebrale sono molteplici:• controllo delle attività motorie dell’organismo;• produzione del linguaggio;• funzioni di attenzione;• elaborazione del pensiero e organizzazione della “mente” nel suo complesso.Nonostante le diverse aree della corteccia siano fortemente specializzate in ragione delle varie funzioni sensoriali, la struttura delle varie zone cerebrali risulta molto simile.Il sistema nervoso centrale (SNC) ha una struttura in larga parte simmetrica ed è composto dall’encefalo e dal midollo spinale. L’encefalo si divide, a sua volta, in molteplici strutture, corticali e sottocorticali. La corteccia cerebrale, composta dai due emisferi cerebrali, è suddivisa in quat-tro lobi: frontale, parietale, occipitale e temporale.

capitolo

1

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capitolo 1: struttura del cervello, processi cognitivi, linguaggio e comunicazione 11

sTrUTTUra del cervello, processi cogniTivi, lingUaggio e comUnicazione

La scuola è un articolato sistema educativo. Per aiutare gli allievi ad intraprende-re un proprio percorso formativo e di sviluppo, il docente necessita di un sapere vastissimo che va molto oltre le tradizionali competenze disciplinari. Deve, infat-ti, possedere robuste conoscenze pedagogiche, psicologiche, metodologico-didat-tiche, normative, relazionali e comunicative, trasferendole in chiave pratica e sa-pendole empiricamente riadattare a seconda del contesto in cui opera e soprat-tutto degli allievi che si trova di fronte.In questa Prima Parte affronteremo gli elementi e le teorie fondamentali della psi-cologia dello sviluppo e dell'educazione. Tutte in qualche modo hanno influen-zato e influenzano l'impostazione strutturale e “normativa” del modello scuola e quindi anche la didattica applicata dei docenti.Ma prima ancora di tutto è importante capire quali sono i meccanismi del cervello e come questo si modifica nel corso della vita di un individuo.

1. il cervello e la sua struttura

Il cervello, evolutosi in milioni di anni, è l’organo fondamentale delle attivi-tà cognitive oltre che l’organizzazione biologica più complessa a noi nota: tutti i processi psichici dipendono dalle sue funzioni.Il cervello è composto da un numero smisurato di cellule nervose (o neuroni): circa 100 miliardi nell’uomo. Ciascun neurone comunica con un numero notevo-le di altri neuroni: da questi contatti si originano mediamente da 1.000 a 10.000 connessioni (o sinapsi). Nella corteccia sono presenti almeno 100.000 miliardi di sinapsi, continuamente attive e volte a regolare il nostro comportamento co-sciente e il nostro pensiero.Le funzioni della corteccia cerebrale sono molteplici:• controllo delle attività motorie dell’organismo;• produzione del linguaggio;• funzioni di attenzione;• elaborazione del pensiero e organizzazione della “mente” nel suo complesso.Nonostante le diverse aree della corteccia siano fortemente specializzate in ragione delle varie funzioni sensoriali, la struttura delle varie zone cerebrali risulta molto simile.Il sistema nervoso centrale (SNC) ha una struttura in larga parte simmetrica ed è composto dall’encefalo e dal midollo spinale. L’encefalo si divide, a sua volta, in molteplici strutture, corticali e sottocorticali. La corteccia cerebrale, composta dai due emisferi cerebrali, è suddivisa in quat-tro lobi: frontale, parietale, occipitale e temporale.

capitolo

1

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parte i: Fondamenti della psicologia dello sviluppo, dell’apprendimento…12

Elaborazione delle azioni Controllo dei movimenti

Lobo frontale

StrUttUrA deL CerveLLo

Sensazioni somatiche Immagine corporea

Lobo parietale

Percezione visiva

Lobo occipitale

Fuzioni uditive Linguaggio/Emozioni

Lobo temporale

Apprendimento/Memoria

Localizzazione spaziale

La nozione di “plasticità” tipicamente riferita alla natura del sistema nervoso im-plica la capacità, tipica dei circuiti nervosi, di mutare le loro caratteristiche fun-zionali e strutturali in ragione delle stimolazioni sensoriali esterne, e di adat-tarsi progressivamente all’ambiente. Si tratta di una proprietà che riguarda sostanzialmente la corteccia cerebrale, ed è particolarmente feconda nella prima fase della vita neonatale, anche se, per altri versi, si estende per tutto il ciclo di vita.

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capitolo 1: struttura del cervello, processi cognitivi, linguaggio e comunicazione 13

• prima infanzia

Tra la nascita e l’inizio del funzionamento degli apparati sensoriali esiste un perio-do di particolare sensibilità del sistema nervoso centrale alle influenze del mon-do esterno, denominato periodo critico.A livello generale, si tratta di una capacità ben nota da tempo anche a tutti gli stu-diosi dell’apprendimento infantile, agli educatori in genere e studiata a fondo dagli psicopedagogisti che affronteremo più avanti (come L. Vygotskij e J. Piaget).Da un punto di vista concettuale, possiamo definire il periodo critico come un fe-nomeno di progressiva sintonizzazione tra mondo cerebrale e mondo ester-no. Si tratta di un evento complesso che implica forme di accomodamento e di se-lezione di determinati circuiti cerebrali al fine di generare un comportamento che garantisca la sopravvivenza dell’organismo in un certo ambiente. La riprova è che l’assenza di stimolazione nel periodo critico produce danni, spes-so irreversibili, nello sviluppo del bambino. Importanti sono in proposito gli stu-di dello psicologo René Spitz sulla deprivazione delle cure materne su bambini nei primi mesi di vita.L’impatto ambientale, in questo senso, serve ad attivare una serie di geni che, in assenza di stimoli, resterebbero latenti.

• sviluppo del sistema nervoso nell’adulto

Una teoria largamente diffusa sino a non molti anni fa riteneva che il cervello – terminate le acquisizioni del periodo critico – tendesse inesorabilmente a stabi-lizzarsi. Ricerche recenti mostrano invece che esistono, seppur in misura ridot-ta, zone di plasticità anche nel cervello adulto. Questo fenomeno è probabilmente alla base della capacità di apprendimento continuo (lifelong learning) che dura per tutta l’esistenza dell’essere umano.Anche il corpo si modifica ben oltre l’età dell’adolescenza; nelle persone che im-parano a leggere in Braille, ad esempio, si verifica un’espansione della rappresen-tazione della zona cutanea corrispondente al dito impiegato per la lettura.Studi ancora più recenti hanno mostrato la possibilità che anche in adulti soggetti a lesioni periferiche o amputazioni di arti è possibile una cospicua riorganizzazio-ne delle cortecce sensoriali. Si tratta di modificazioni plastiche rapide e preco-ci, probabilmente determinante da una ricomposizione delle connessioni corticali.Il fatto che il cervello rimanga plastico, sia cioè sensibile alle molteplici tipologie di input provenienti dall’esterno, pone naturalmente la questione dell’utilità di un esercizio cerebrale preventivo volto a migliorare, o garantire la stabilità nel tempo, delle nostre performance. La risposta delle neuroscienze, pur con molta cautela, è tendenzialmente afferma-tiva: circuiti neuronali tenuti inattivi per lungo tempo tendono a perdere in effi-cienza e funzionalità sinaptica.

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parte i: Fondamenti della psicologia dello sviluppo, dell’apprendimento…14

2. i processi cognitivi e l’intelligenza: la percezione

Senza la capacità di percepire non potremmo conoscere il mondo esterno. È solo in virtù di questo processo, infatti, che il nostro corpo e la nostra mente entrano in contatto con la realtà che ci circonda. Più precisamente, per percezione si intende il processo cognitivo che ci permet-te di trarre informazioni dal mondo in cui viviamo attraverso l’integrazione tra le sensazioni che raccogliamo mediante gli organi di senso e le nostre esperien-ze pregresse. Naturalmente l’atto di percepire non è un’operazione del tutto obiettiva; esso viene infatti influenzato da una serie di fattori, come il proprio bagaglio di espe-rienza, lo stato d’animo in quel dato momento, la presenza di altre persone ecc. Si tratta quindi di un fenomeno complesso che implica il concorso di elementi fi-siologici e condizioni soggettive che intervengono tra le informazioni sensoriali e la presa di coscienza di esse. È, quindi, impossibile una coincidenza piena tra la re-altà fisica e quello che noi percepiamo: esiste uno scarto dovuto all’intervento delle variabili soggettive durante i processi di elaborazione. Si tratta in ampia misura di processi inconsapevoli ma fondamentali per la costruzione del nostro mondo.Il processo percettivo è, dunque, un meccanismo complesso, in cui entrano in gio-co molti aspetti, che coinvolgono non solo l’elaborazione sensoriale, ma anche l’in-telligenza, l’affettività, ovvero l’intera personalità dell’individuo. La percezione è stata oggetto di ricerca delle principali scuole psicologiche. Na-turalmente, data la differenza tra i metodi di approccio, i risultati sono molto di-versi e talora divergenti.

Indichiamo qui di seguito le principali impostazioni di ricerca che si sono interessate di que-sto complesso fenomeno psicologico.

• la prospettiva psicofisiologica

Uno dei temi maggiormente affrontati dagli psicofisiologi è la capacità di discriminare i co-lori. La teoria sulla percezione dei colori fu formulata dal tedesco Hermann von Helmholtz (1821-1894) che sostenne l’esistenza, nell’uomo, di recettori differenti, sensibili agli spettri cromatici del rosso, dell’azzurro e del verde.A parte la specificità dello stimolo, Helmholtz considerava fondamentale per l’esperienza percettiva, l’attiva organizzazione dei dati sensoriali. Un oggetto non è solo il semplice ri-sultato di sensazioni, ma anche l’effetto implicito delle esperienze passate.Il cervello, secondo questa teoria, opererebbe delle inferenze inconsce, a partire dalle sensazioni elementari, componendo i dati semplici in una unità, grazie ai processi supe-riori del pensiero.

• la prospettiva della gestalt

Le teorie psicologiche dominanti nel primo decennio del Novecento sostenevano che la percezione di un oggetto fosse il prodotto dell’associazione e della combinazione di ele-menti sensoriali distinti. La teoria della Gestalt (o teoria della forma) sviluppatasi dopo le ricerche di Max Werthei-mer (1880-1943) sulla percezione del movimento apparente, sostenne, invece, che la per-

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legislazione e normaTiva scolasTica

In questa parte sono trattati i punti 8, 9, 10 e 11 delle Avvertenze generali che qui riportiamo:

punto 8 • Conoscenza dei principi dell’autovalutazione di istituto, con parti-colare riguardo all’area del miglioramento del sistema scolastico.

punto 9 • Conoscenza approfondita delle Indicazioni nazionali vigenti per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo, delle Indicazioni nazionali per i licei e delle Linee guida per gli istituti tecnici e professionali, anche in relazione al ruolo formativo attribuito ai singoli insegnamenti.

punto 10 • Conoscenza della legislazione e della normativa scolastica, con particolare riguardo a:a. Costituzione italiana;b. Legge 107/2015;c. autonomia scolastica e organizzazione del sistema educativo di istruzione

e formazione (con riferimento, in particolare, al dPR 275/1999, al d. lgs 15 aprile 2005, n. 76, al d.m. 22 agosto 2007, n. 139);

d. ordinamenti didattici: norme generali comuni e, relativamente alle procedu-re concorsuali, al relativo grado di istruzione (L. 107/2015, dPR 89/2009, dPR 87/2010, dPR 88/2010 e d.P.R. 89/2010, dPR 122/2009);

e. governance delle istituzioni scolastiche (Testo Unico, Titolo I capo I);f. stato giuridico del docente, contratto di lavoro, disciplina del periodo di

formazione e di prova;g. compiti e finalità degli organi tecnici di supporto: l’Invalsi e l’Indire;h. il sistema nazionale di valutazione (d.P.R. 80/2013); […]

punto 11 • Conoscenza dei seguenti documenti europei in materia educativa recepiti dall’ordinamento italiano:a. Quadro Europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente e relati-

ve definizioni di competenza, capacità e conoscenza (raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio 23 aprile 2008);

b. Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente;

c. Programmi di scambi/mobilità di docenti e studenti: programma Erasmus+.

parte

ii

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cosTiTUzione e scUola

Oltre ai fondamenti teorici di psicologia e pedagogia, il docente deve padroneg-giare anche il sistema di norme e direttive che regolano la scuola in cui opera.Autonomia didattica, libertà di insegnamento, diritto all'istruzione, progettazione didattica, sono locuzioni abusate ma assolutamente prive di significato se non si conoscono i “paletti” che le norme statali e spesso internazionali (si veda ad esem-pio quelle dell’Unione europea) impongono nella loro applicazione quotidiana.In questa Parte II, in perfetta aderenza con quanto richiesto dalle Avvertenze ge-nerali, daremo conto del contesto normativo che regola il “sistema scuola” italia-no. Nella successiva Parte III analizzeremo più nel dettaglio le leggi che incidono direttamente nella didattica dell’insegnante.

1. la costituzione italiana

La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato. Essa contiene le norme e i prin-cipi relativi all’organizzazione e al funzionamento degli organi dello Stato, nonché le norme riguardanti i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini.La Costituzione italiana fu approvata dall’Assemblea costituente il 22/12/1947 ed è entrata in vigore il 1 gennaio 1948. È una costituzione lunga perché, oltre alla norme sull’organizzazione statale, contiene i principi fondamentali che de-vono ispirare l’azione dei cittadini e dei pubblici poteri. È, inoltre, un costituzio-ne rigida, ossia non può essere modificata da una semplice legge ordinaria, ma solo attraverso un procedimento legislativo (detto aggravato) particolarmente lungo e articolato.

2. il ruolo dell’istruzione e della scuola nella costituzione

La nostra Costituzione dedica alcuni articoli all’istruzione, considerata come uno dei fini di cui ogni Stato deve farsi carico per procurare maggiore benessere alla collettività e per migliorare ed elevare le condizioni di vita dei cittadini.In particolare la scuola è considerata ponte di passaggio tra la famiglia, primigenio nucleo sociale e formativo della persona, e la società, luogo naturale di integrazio-ne con gli altri individui e di esplicazione della propria personalità.Relativamente al mondo dell’istruzione e della scuola, tre sono gli articoli più im-portanti: artt. 9, 33 e 34 Cost.

capitolo

1

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capitolo 1: costituzione e scuola 93

cosTiTUzione e scUola

Oltre ai fondamenti teorici di psicologia e pedagogia, il docente deve padroneg-giare anche il sistema di norme e direttive che regolano la scuola in cui opera.Autonomia didattica, libertà di insegnamento, diritto all'istruzione, progettazione didattica, sono locuzioni abusate ma assolutamente prive di significato se non si conoscono i “paletti” che le norme statali e spesso internazionali (si veda ad esem-pio quelle dell’Unione europea) impongono nella loro applicazione quotidiana.In questa Parte II, in perfetta aderenza con quanto richiesto dalle Avvertenze ge-nerali, daremo conto del contesto normativo che regola il “sistema scuola” italia-no. Nella successiva Parte III analizzeremo più nel dettaglio le leggi che incidono direttamente nella didattica dell’insegnante.

1. la costituzione italiana

La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato. Essa contiene le norme e i prin-cipi relativi all’organizzazione e al funzionamento degli organi dello Stato, nonché le norme riguardanti i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini.La Costituzione italiana fu approvata dall’Assemblea costituente il 22/12/1947 ed è entrata in vigore il 1 gennaio 1948. È una costituzione lunga perché, oltre alla norme sull’organizzazione statale, contiene i principi fondamentali che de-vono ispirare l’azione dei cittadini e dei pubblici poteri. È, inoltre, un costituzio-ne rigida, ossia non può essere modificata da una semplice legge ordinaria, ma solo attraverso un procedimento legislativo (detto aggravato) particolarmente lungo e articolato.

2. il ruolo dell’istruzione e della scuola nella costituzione

La nostra Costituzione dedica alcuni articoli all’istruzione, considerata come uno dei fini di cui ogni Stato deve farsi carico per procurare maggiore benessere alla collettività e per migliorare ed elevare le condizioni di vita dei cittadini.In particolare la scuola è considerata ponte di passaggio tra la famiglia, primigenio nucleo sociale e formativo della persona, e la società, luogo naturale di integrazio-ne con gli altri individui e di esplicazione della propria personalità.Relativamente al mondo dell’istruzione e della scuola, tre sono gli articoli più im-portanti: artt. 9, 33 e 34 Cost.

capitolo

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parte ii: legislazione e normativa scolastica94

Promozione del-la cultura e della scuola (art. 33)

Diritto alla scuola (art. 34)

Art. 9, comma 1: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica».Tale articolo consacra lo Stato italiano come Stato di cultura, col preciso compi-to di farsi carico della promozione culturale dei suoi cittadini, ovvero di forni-re le condizioni e i presupposti per il libero sviluppo della cultura e dell’istruzio-ne, considerate fra i più rilevanti parametri di crescita dell’individuo sotto il pro-filo personale e civile.Art. 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubbli-ca detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli or-dini e gradi.Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza one-ri per lo Stato.

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capitolo 1: costituzione e scuola 95

La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la pa-rità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolasti-co equipollente a quello degli alunni di scuole statali.È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordi-namenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.”Art. 34: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle fami-glie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”

Da quanto si è appena letto, gli artt. 33 e 34 disciplinano l’istruzione scolastica secondo i seguenti princìpi:— libertà di insegnamento (art. 33, comma 1 Cost.);— disponibilità di scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi di istruzione (art.

33, comma 2 Cost.);— libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna discriminazione (art. 34,

comma 1 Cost.);— obbligatorietà e gratuità dell’istruzione dell’obbligo (art. 34, comma 2 Cost.);— riconoscimento del diritto allo studio anche a coloro che sono privi di mezzi,

purché capaci e meritevoli, mediante borse di studio, assegni e altre provvi-denze da attribuirsi per concorso (art. 34, comma 3 Cost.);

— ammissione, per esami, ai vari gradi dell’istruzione scolastica e dell’abilitazio-ne professionale (art. 33, comma 5 Cost.);

— libera istituzione di scuole da parte di enti o privati (art. 33, comma 3 Cost.);— parificazione delle scuole private a quelle statali, quanto agli effetti legali e al

riconoscimento professionale del titolo di studio (art. 33, comma 4 Cost.).

Oltre che dallo Stato in prima persona, i compiti sopra indicati sono e devono es-sere espletati anche da altri soggetti: Regioni, Città metropolitane, Province, Co-muni, Comunità montane, Aziende/ASL etc.

3. libertà di insegnamento

Il comma 1 dell’art. 33 Cost. stabilisce che «L’arte e la scienza sono libere e libe-ro ne è l’insegnamento». I termini «arte» e «scienza» devono essere intesi nell’ac-cezione più ampia possibile, in modo da abbracciare qualunque manifestazione dello spirito compatibile con l’insegnamento. Secondo la comune accezione, la li-bertà di insegnamento dei docenti si specifica ulteriormente nella:— libertà di manifestare il proprio pensiero con ogni mezzo possibile di diffusione;

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parte ii: legislazione e normativa scolastica96

— libertà di professare qualunque tesi o teoria si ritenga degna di accettazione;— libertà di svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia op-

portuno adottare.

È, dunque, riconosciuta al docente la libertà di esercitare le proprie fun-zioni didattiche e di ricerca scientifi-ca senza vincoli di ordine politico, re-ligioso o comunque ideologico. Tut-tavia, la libertà di insegnamento tro-va dei contemperamenti allorquando si esplica nelle scuole private di tenden-za, ossia in quelle particolari organizzazioni scolastiche o universitarie finalizzate al raggiungimento di specifici scopi e portatrici di precise fedi religiose o di par-ticolari indirizzi culturali.

4. autonomia didattica

La libertà nell’insegnamento si estrinseca relativamente all’aspetto del metodo e dei contenuti, nella cosiddetta autonomia didattica.L’art. 1 del Testo unico Scuola (D.Lgs. n. 297/1994) stabilisce appunto che «ai do-centi è garantita la libertà d’insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente» e che «l’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena forma-zione della personalità degli alunni».L’insegnamento può essere impartito in qualsiasi luogo, anche isolatamente, sia ai gio-vani che agli adulti; non è neanche necessario che si rivolga ad una categoria differen-ziata di soggetti o che questi siano in rapporto di subordinazione rispetto al docente.La libertà di insegnamento, come tutte le libertà, ha dei limiti. Restano escluse da tutela tutte le manifestazioni propagandistiche di tesi o teorie che non ricevono alcuna garanzia costituzionale. Nell’area di garanzia della libertà d’insegnamento non può essere compresa neanche l’espressione di convinzioni personali opinabi-li e arbitrarie, bensì solo l’esposizione di argomenti attuata con metodo scientifico.L’insegnamento, inoltre, in qualunque ambito venga esercitato, deve sempre ri-spettare, quale limite alla sua libera esplicazione, il rispetto del buon costume, dell’ordine pubblico, della pubblica incolumità. Nell’ambito dei comportamenti contrari al buon costume vi si possono far rientra-re tutti quegli atti o fatti che in un dato momento storico suscitano scandalo o allar-me sociale, violando il comune senso del pudore o la coscienza collettiva. Il rispetto dell’ordine pubblico si traduce nel divieto di introdurre in aula elementi di turbati-va sociale e di propaganda sovversiva per le istituzioni dello Stato. Per quanto con-cerne invece il limite della pubblica incolumità, esso attiene a quelle attività pratiche tecniche o di laboratorio e che, nel momento in cui vengono svolte senza le normali cautele, possono essere pregiudizievoli per l’integrità fisica e la salute degli alunni.

Espansione WebLe libertà individuali nella Costituzione

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capitolo 1: costituzione e scuola 97

Il legislatore ha poi provveduto a identificare, quali ulteriori limiti alla libertà d’in-segnamento, il rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola, nonché il rispetto della coscienza morale e civile degli alunni.

5. libertà della scuola

Dal punto di vista strutturale, la libertà d’insegnamento si connota e si qualifica come libertà della scuola.In particolare il comma 2 dell’art. 33 Cost. afferma che «La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gra-di», cosicché allo Stato competono, in via generale, la predisposizione dei mezzi d’istruzione e la creazione delle norme generali in materia. Tuttavia l’istruzione non è monopolio dello Stato: sempre l’art. 33 Cost. continua «Enti e privati han-no il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».L’esistenza di due tipi di scuole (statali e non statali) è considerata, infatti, garan-zia di buon funzionamento per entrambi. Ciò discende, evidentemente, dal princi-pio costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà di ini-ziative tese a realizzare la diffusione dello stesso, anche mediante l’insegnamento, senza dimenticare che la libertà per enti e privati di creare istituti di insegnamento trova tutela anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 14).Lo Stato può quindi anche intervenire a finanziare scuole o istituti in difficoltà (anche perché ciò potrebbe addirittura giovare al mantenimento di un pluralismo della cultura), ovvero scuole private in luoghi nei quali non esistono scuole statali.La possibilità di parificare ed equiparare gli studi compiuti in istituti di istru-zione privati a quelli compiuti presso scuole statali è però legata a precise valu-tazioni tecniche: la parità con le scuole statali viene accordata, alle scuole che ne facciano richiesta, in base alla legge dello Stato che fissi «i diritti e gli obblighi» di esse (art. 33 co. 4 Cost.). Attualmente le scuole non statali possono ottenere la parità purché siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge n. 62/2000, cor-rispondano agli ordinamenti generali dell’istruzione, siano coerenti con l’offerta formativa proposta alle famiglie, accolgano chiunque richieda di iscriversi, com-presi alunni e studenti con handicap. Ciò al fine di assicurare agli alunni delle scuo-le private un trattamento equipollente a quello degli alunni delle scuole statali.

6. diritto allo studio e libertà di istruzione

Strettamente collegata alla libertà d’insegnamento è la libertà d’istruzione, nel sen-so che al dovere statale di istituire scuole di ogni ordine e grado fa fronte il diritto dei cittadini (compresi gli inabili e i minorati – art. 38 Cost.) ad accedere liberamente al sistema scolastico (l’art. 34, primo comma Cost., recita: «La scuola è aperta a tutti»).Il diritto all’istruzione si identifica come potere-dovere di ogni cittadino di fre-quentare i gradi dell’istruzione obbligatoria e gratuita, nonché di accedere ai gra-di più alti degli studi, anche se privo di mezzi, ma capace e meritevole.

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parte ii: legislazione e normativa scolastica98

Quest’ultima aspettativa si definisce diritto allo studio e si colloca, in una Costi-tuzione garantista e solidarista come la nostra, nel novero dei diritti fondamen-tali dell’uomo. È, quindi, compito della Repubblica garantire l’estensione a tutti dell’offerta d’istruzione, nonché la fruibilità di essa con una serie di provvidenze, elargizioni e aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi (borse di studio, assegni ecc.), realizzando così la vera eguaglianza sociale sancita dall’art. 3 Cost.

7. il diritto-dovere di istruzione e formazione (d.lgs. 76/2005 e d.m.139/2007)

In attuazione della cd. Riforma Moratti veniva ap provato il d.Lgs. n. 76 del 15 aprile 2005 per la disciplina degli interventi di orientamento contro la disper-sione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere di istru zione e formazione. Tale decreto partiva dal presupposto per il quale l’obbligo scola stico di cui all’art. 34 della Costituzione poteva essere ridefinito e ampliato come di-ritto all’istruzione e for mazione e correlativo dovere. La locuzione utilizzata dal legislatore va intesa nel senso che la fruizione dell’offerta di istru zione e for-mazione deve costituire per tutti i minori, compresi quelli stranieri pre senti nel territorio dello Stato, non solo un diritto soggettivo, ma anche, ai sensi dell’art. 4, comma 2 della Costituzione, un dovere sociale, appositamente sanzionato. È stato osservato che un diritto di formazione così concepito sopravanzava certa-mente il vecchio obbligo scolastico, divenendo una sorta di diritto di cittadinan-za sociale, per la realizzazione del quale si richiedeva l’azione di soggetti istitu-zionali diversi. Inoltre, la mu tata concezione dell’obbligo scolastico in diritto di formazione crea un legame significa tivo tra sistema formativo e sistema delle im-prese, dalle forme più antiche dell’apprendi stato a quelle più moderne dello sta-ge o dell’alternanza scuola/lavoro. Il D.Lgs. 76/2005 precisa che la Repubblica deve assicurare a tutti il diritto all’istru-zione e alla formazione per almeno dodici anni, o comunque sino al conseguimen-to di una qualifica entro il diciottesimo anno di età.

Il legislatore, all’art. 7 del decreto, predispone altresì un meccanismo sanziona-torio per gli eventuali inadempimenti al dovere di istruzione e formazione. Re-sponsabili dell’adempimen to vengono considerati i genitori dei minori o coloro che a qualsiasi titolo ne hanno fatto le veci, con l’obbligo per entrambi di iscrive-re i minori alle istituzioni scolastiche o formative. Alla vigilanza sull’adempimen-to del dovere di istruzione e formazione, così come previ sto dal decreto in ogget-to, devono provvedere: — il Comune, in particolare il Sindaco, in cui hanno la residenza i giovani sogget-

ti all’obbligo di istruzione; — i dirigenti scolastici o i responsabili, rispettivamente, delle istituzioni del si-

stema di istru zione (le scuole di ogni ordine e grado) o del sistema di istruzio-ne e formazione professionale presso le quali sono iscrit ti, ovvero hanno fat-to richiesta di iscrizione, gli studenti tenuti ad assolvere al predet to dovere;

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la governance delle isTiTUzioni scolasTicHe

A monte di tutte le istituzioni scolastiche l'ente di governo centrale è il Ministe-ro dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca ( Parte II, Cap. 2, par. 4) che è coadiuvato da altri organismi collegati all'amministrazione centrale. A livello pe-riferico la governance della scuola è invece affidata agli Uffici scolastici regio-nali (USr) che sostituiscono i precedenti Provveditorati agli studi ( Parte II, Cap. 2, par. 6) .Per la gestione amministrativa delle istituzioni scolastiche si rinvia, dunque, al Cap. 2 della Parte II. Qui invece, tratteremo degli organi collegiali cui è deman-dato il governo delle singole scuole.

1. comunità scolastica e organi collegiali territoriali

Come affermato dall’art. 3 del T.U. 297/1994, l’istituzione nella scuola degli orga-ni collegiali risponde all’intento di favorirne la gestione sociale, o meglio di non relegare in uno sterile isolamento l’istituzione scolastica e coloro che in essa vi operano, nel delicato compito di trasmissione della cultura e di elaborazione di essa e nel processo quotidiano di sviluppo della personalità dell’alunno.È parso, dunque, più che mai necessario il coinvolgimento nella gestione della scuo-la di tutte le componenti della società (famiglie, rappresentanti degli enti locali, or-ganizzazioni sindacali), al fine di consentirne l’adeguamento continuo alle mute-voli e contingenti esigenze sociali.In particolare sull’onda delle istanze politiche e partecipative sollecitate dai mo-vimenti studenteschi alla fine degli anni Sessanta nacque l’esigenza di dar vita ad organismi rappresentativi degli interessi non solo pedagogici, ma anche più squi-sitamente politici e sociali di cui si fa portatrice una collettività locale organizzata.Con la legge n. 477/1973 si sovvertì l’assetto piramidale originariamente struttu-rato in Ministero a livello nazionale, provveditorati agli studi a livello provinciale e presidi a livello scolastico, fino ad allora esistente e in cui i genitori e studenti non avevano alcun ruolo istituzionale. Furono così istituiti il Consiglio nazionale della Pubblica istruzione (C.N.P.I.) destinato ad affiancare il Ministro; il Consiglio scola-stico regionale (C.S.P.) che affiancava il provveditorato agli studi, il consiglio di cir-colo o di istituto che si affiancava, in ogni scuola, al direttore didattico o al preside.Successivamente anche il D.Lgs. 297/1994 si fece carico di siffatte istanze, provvedendo a suddividere il territorio regionale in comprensori, detti di-stretti scolastici (con estensione non superiore a quella provinciale), nell’am-bito dei quali doveva essere assicurata la compresenza di ogni ordine e gra-

capitolo

6

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parte ii: legislazione e normativa scolastica170

do di scuola (escluse le università, i conservatori di musica e le accademie di belle arti). Organo di governo del distretto scolastico è il Consiglio scolasti-co distrettuale.Qualche anno dopo in attuazione della delega di cui alla legge 59/1997, venne emanato il d.Lgs. n. 233 del 30 giugno 1999 per la Riforma degli organi colle-giali territoriali della scuola, che ne rinnovò appunto l’articolazione territoria-le, prevedendo che la rappresentanza e la partecipazione alla vita scolastica av-venissero, oltre che a livello di singola istituzione, anche a livello centrale, re-gionale e locale.

Gli organi collegiali previsti dal D.Lgs. 233/1999 sono:— a livello centrale, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, che fu

completamente riformato per tutto quanto concerneva il quadro delle com-petenze, il funzionamento, la struttura e la composizione ( Cap. 2, par. 5);

— a livello regionale, i Consigli regionali dell’istruzione;— a livello locale, i Consigli scolastici locali.

Il decreto di riforma è rimasto però solo un “progetto” in quanto non ha avuto an-cora attuazione pratica. Ad eccezione del C.S.P.I., nessuno degli organi sopra citati è stato istituito. La costituzione del CSPI avvenuta nell’aprile 2015 è solo un pri-mo passo verso la completa riforma degli organi collegiali della scuola, auspica-ta ma ancora di là da venire.Il termine del 31 dicembre 2002 per la costituzione dei nuovi organi collegiali ter-ritoriali fissato dal D.Lgs. 233/1999 è stato, quindi, completamente disatteso. Tut-tavia, il legislatore ha stabilito che fino all’insediamento dei suddetti organi col-legiali restano in carica quelli precedentemente insediati (Consiglio scolastico di-strettuale, Consiglio scolastico provinciale), così come si continuano ad applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 297/1994.

2. organi collegiali a livello di circolo e di istituto

La base della struttura partecipativa della scuola prima disegnata dal D.P.R. 416/1974, poi fatta propria dal Testo unico istruzione (D.Lgs. 297/1994), è rap-presentata dagli organi collegiali che operano a livello di circolo e di istituto.

A norma degli artt. 5 e ss. del T.U. essi sono:— il Consiglio di intersezione nella scuola materna;— il Consiglio di interclasse nelle scuole elementari;— il Consiglio di classe negli istituti di istruzione secondaria;— il Collegio dei docenti;— il Consiglio di circolo o d’istituto e la Giunta esecutiva;— il Comitato per la valutazione del servizio dei docenti;— le assemblee studentesche e dei genitori.

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capitolo 6: la governance delle istituzioni scolastiche 171

In caso di aggregazione di istituti di istruzione secondaria superiore, anche di di-verso ordine e tipo, l’istituzione scolastica unitaria che ne deriva dispone di:— un unico Collegio dei docenti, articolato in tante sezioni quante sono le scuo-

le aggregate;— un unico Consiglio di istituto, nel quale è riservato un seggio ad ognuna delle

componenti (docenti, genitori, alunni) di ciascuna delle scuole aggregate;— un unico Comitato per la valutazione del servizio, nel quale è assicurata la rap-

presentanza dei docenti appartenenti alle diverse tipologie scolastiche dell’ag-gregazione.

La disciplina degli organi collegiali della scuola è contenuta, come abbiamo visto, nel T.U. in materia di istruzione (D.Lgs. n. 297/1994 al Capo I del Titolo I).

3. consiglio di intersezione, di interclasse e di classe

Il Consiglio di intersezione, proprio della scuola dell’infanzia, è composto da-gli insegnanti delle sezioni dello stesso plesso e dai docenti di sostegno, se pre-senti, nonché da un rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti; è pre-sieduto dal direttore didattico.Il Consiglio di interclasse, proprio della scuola primaria, è composto dai docen-ti dei gruppi di classi parallele o dello stesso ciclo o dello stesso plesso. Ne fanno inoltre parte un rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti per ciascu-na delle classi interessate, e i docenti di sostegno.Il Consiglio di classe, proprio della scuola secondaria, è composto dai docen-ti di ogni singola classe (ivi compresi i docenti di sostegno): si occupa dell’anda-mento generale della classe. Siedono nel Consiglio di classe pure gli insegnanti te-orico-pratici, anche nel caso in cui il loro insegnamento si svolga in compresen-za. Essi hanno parte a pieno titolo e con pienezza di voto deliberativo. É presie-duto dal Dirigente scolastico.Invece fanno parte del Consiglio di classe solo a titolo consultivo gli assistenti addetti alle esercitazioni di laboratorio. Fanno inoltre parte del Consiglio: per la scuola secondaria di primo grado, quattro rappresentanti dei genitori; per la scuo-la secondaria superiore e artistica, due rappresentanti dei genitori e due rappre-sentanti degli studenti.I Consigli di intersezione, di interclasse e di classe hanno il compito di formulare al Collegio dei docenti proposte in ordine all’azione educativa e didattica e ad ini-ziative di sperimentazione, e di agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra do-centi, genitori e alunni.Le competenze riguardanti il coordinamento didattico, i rapporti interdisciplinari e, nella scuola secondaria e artistica, la valutazione periodica e finale degli alunni spettano ai Consigli in parola con la sola presenza dei docenti (per alcune com-petenze di carattere strettamente didattico viene dunque esclusa la partecipazio-

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parte ii: legislazione e normativa scolastica172

ne dei genitori e degli alunni). Si tratta, in sostanza, di organi a composizione dif-ferenziata, in relazione alle varie attribuzioni conferite dalla legge.

Spettano al Consiglio di classe anche altre competenze quali:— le deliberazioni sull’accoglimento delle domande degli alunni che chiedono di

trasferirsi all’istituto nel corso dell’anno scolastico;— le deliberazioni sulla possibilità di iscrizione nell’istituto degli alunni prove-

nienti da scuole italiane all’estero o da scuole estere;— la formulazione del giudizio analitico sul profitto conseguito dallo studente in

ciascuna delle materie studiate nell’ultimo anno di corso; il Consiglio delibe-ra a maggioranza l’ammissione agli esami di maturità;

— nella scuola secondaria il Consiglio di classe è competente anche a disporre le sanzioni disciplinari agli studenti (fino alla sospensione non superiore ai 15 giorni).

Le altre attribuzioni che possono rientrare fra i compiti di studio e di collaborazio-ne devono ricondursi all’attività tipicamente consultiva, ragion per cui non han-no autonomia e rilevanza esterna. La durata degli organi in oggetto è di un anno, sicché le componenti elettive van-no rinnovate all’inizio di ogni anno scolastico.

4. collegio dei docenti

Il Collegio dei docenti è un organo collegiale composto esclusivamente dal per-sonale insegnante, con esclusione di elementi estranei. La sua formazione è au-tomatica, poiché per rivestire la qualità di membro non è necessario alcun prov-vedimento di nomina, ma è sufficiente la qualifica di insegnante di ruolo e non di ruolo in servizio nel circolo o nell’istituto. Fanno parte del Collegio anche gli assi-stenti dei licei e degli istituti tecnici, gli insegnanti di arte applicata e gli assisten-ti dei licei artistici che svolgono attività d’insegnamento nelle classi funzionanti nell’istituto, nonché i docenti di sostegno che assumono la contitolarità delle clas-si del circolo o istituto.L’organo è presieduto dal dirigente: il suo voto prevale in caso di parità tra favo-revoli e contrari a una deliberazione.Il Collegio si insedia all’inizio di ogni anno scolastico e si riunisce ogni qual-volta che il direttore didattico o il preside ne ravvisino la necessità, oppure quan-do un terzo dei componenti ne faccia richiesta, comunque almeno una volta ogni trimestre o quadrimestre. Le riunioni hanno luogo durante l’orario di servizio, in ore non coincidenti con l’orario delle lezioni e compatibilmente con gli impegni di lavoro dei componenti.

Il Collegio esercita:— poteri deliberanti, nel senso che delibera su tutto quello che riguarda il funzio-

namento didattico del circolo o dell’istituto. In particolare, per quanto concer-

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capitolo 9: la scuola italiana nell’ambito del contesto europeo 209

— nell’ambito della cultura, favorisce la conoscenza e la diffusione tra i cittadi-ni del patrimonio culturale europeo, attraverso diverse azioni (restauro archi-tettonico, promozione dei libri e della lettura, incentivi alla diffusione di ope-re d’arte);

— nel settore delle telecomunicazioni e dell’audiovisivo, incentiva una mag-giore apertura e favorisce la cooperazione tra diversi operatori europei.

3. la strategia europea per la crescita e l’occupazione: europa 2020

Il 3 marzo 2010 la Commissione europea propose una nuova Strategia per l’Eu-ropa, denominata europa 2020 che, approvata formalmente nel giugno 2010, rappresentava la prosecuzione della Strategia di Lisbona (ormai giunta al termi-ne nel 2010), pur differenziandosi da quest’ultima in virtù delle nuove sfide che l’Unione era chiamata ad affrontare per uscire dalla crisi e per garantire una cre-scita sostenibile nel futuro.«Europa 2020» è concentrata, infatti, su quegli ambiti di intervento chiave che possono migliorare la collaborazione tra l’Unione e gli Stati membri e rilanciare l’economia dell’Unione. In particolare, al fine di promuovere la crescita per tutti i membri dell’UE, la nuova Strategia è modulata in funzione dei punti di partenza e delle specificità nazionali tenendo conto dei diversi livelli di sviluppo e delle di-verse esigenze degli Stati dell’Unione.

In tale nuovo quadro strategico, la Commissione ha individuato tre motori di crescita dell’europa, da realizzare mediante azioni concrete a livello europeo e nazionale: — crescita intelligente (promuovendo la conoscenza, l’innovazione, l’istruzio-

ne e la società digitale);— crescita sostenibile (rendendo la produzione dell’Europa più efficiente sot-

to il profilo delle risorse e rilanciando contemporaneamente la competitività dell’UE);

— crescita inclusiva (incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, l’ac-quisizione di competenze e la lotta alla povertà).

Al fine di raggiungere tali obiettivi la Commissione ha posto cinque traguardi da raggiungere entro il 2020:— il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;— il 3% del PIL dell’Unione deve essere investito in ricerca e sviluppo;— i traguardi «20-20-20» in materia di clima/energia devono essere raggiunti;— il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40%

dei giovani deve avere una laurea o un diploma;— il tasso di povertà deve essere ridotto del 25%, portando fuori dal rischio di

povertà più di 20 milioni di persone.

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parte ii: legislazione e normativa scolastica210

4. l’istruzione nell’ambito dell’Unione europea

La politica dell’istruzione ha trovato una specifica base giuridica solo con il Trat-tato di Maastricht; in precedenza la sua disciplina era dettata dalle disposizioni relative alla formazione professionale, e l’istruzione era considerata solo in ra-gione della sua incidenza sul mercato; essa, cioè, assumeva rilevanza per il dirit-to comunitario, in quanto comportava l’acquisizione di competenze che agevola-vano l’accesso dei giovani nel mondo del lavoro.Attualmente, la promozione dell’istruzione in ambito europeo trova il suo fon-damento giuridico nell’art. 165 tFUe (trattato sul funziomento dell’Unione europea), il quale, tenendo presente che l’istruzione ha un ruolo determinan-te nella valorizzazione del patrimonio culturale e nell’affermazione di un’econo-mia basata sulla conoscenza, prevede che l’Unione contribuisca allo sviluppo di un’istruzione di qualità nel pieno rispetto delle diversità linguistiche e cul-turali degli Stati membri, al di là della prospettiva di un’attività lavorativa (nel successivo art. 166 TFUE si ha invece un più specifico riferimento alla politica di formazione professionale).

Tale intervento mira al perseguimento dei seguenti obiettivi:— sviluppare la dimensione europea dell’istruzione, con particolare riguardo all’ap-

prendimento e alla diffusione delle lingue degli Stati membri;— incoraggiare la mobilità degli studenti e degli insegnanti, anche attraverso la

promozione del riconoscimento accademico delle lauree e dei diplomi;— favorire la cooperazione fra gli istituti di insegnamento;— agevolare lo scambio di informazioni e di esperienze fra gli Stati membri sui pro-

blemi inerenti i sistemi di insegnamento;— sostenere lo sviluppo dell’istruzione a distanza;— sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertu-

ra nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particola-re dei più giovani tra di essi.

5. i programmi di scambi/mobilità di docenti e studenti

Sebbene nella versione dei Trattati istitutivi precedente al Trattato di Maastricht mancassero specifiche disposizioni relative all’istruzione, già nel 1976 erano sta-ti istituiti i primi due strumenti di azione in questo settore: Eurydice, diretto a mi-gliorare la diffusione dell’informazione concernente lo sviluppo dell’istruzione nella Comunità attraverso l’impiego di una rete informatica europea, e Arion, per l’organizzazione di visite di studio per specialisti dell’istruzione.Negli anni successivi furono avviati i programmi Erasmus, volto ad incoraggiare la mobilità degli studenti, Lingua, per l’apprendimento delle lingue straniere, e Tempus, sulla mobilità transeuropea dei docenti.

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capitolo 9: la scuola italiana nell’ambito del contesto europeo 211

Una riorganizzazione sistematica degli interventi nel settore dell’istruzione, tut-tavia, si è avuta solo a partire dagli anni ’90.Nel settembre 1993, la Commissione ha provveduto alla redazione di un Libro ver-de sulla dimensione europea dell’istruzione, cui ha fatto seguito l’adozione di un Libro bianco con alcune linee di azione intitolato «Insegnare e apprendere: verso la società cognitiva», pubblicato in occasione dell’«Anno europeo dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco della vita» proclamato dal Consiglio per il 1996.Gli orientamenti del Libro bianco si sono in seguito tradotti in diversi program-mi europei.A partire dal 1995 furono così avviati sia il programma Socrate, in seguito sosti-tuito dal programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente, volto a sviluppare la dimensione europea e interculturale dell’istruzione, che il programma Gioventù per l’Europa, trasformato nel 2007 nel programma Gioven-tù in azione e valido fino al 2013. Scopo di quest’ultimo era quello di promuo-vere le conoscenze e l’apprendimento dei giovani attraverso uno spazio europeo della cooperazione basato sull’istruzione e sulla formazione. Nel 2003, con dec. 2317/2003/CE il Consiglio e il Parlamento hanno adottato il programma erasmus Mundus, con il quale si voleva contribuire a migliorare la qualità dell’istruzione in Europa anche mediante la cooperazione con i paesi terzi.Dal 2014, però, i suddetti programmi sono stati riuniti, insieme ad altri quattro (Tempus, Alfa, Edulink e il programma di cooperazione bilaterale con i paesi indu-strializzati) nel nuovo «erasmus +», il programma dell’Unione per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, adottato con il reg. (UE) 1288/2013 dell’11 dicembre 2013, ponendo così fine alla frammentazione dei programmi di coopera-zione internazionale nell’ambito dell’istruzione superiore. A tale scopo è stato, in-fatti, emanato il nuovo programma, incentrato sull’accessibilità dei finanziamenti e sulla trasparenza delle procedure amministrative e finanziarie. Lo snellimento e la semplificazione a livello organizzativo e gestionale nonché una costante atten-zione alla riduzione delle spese amministrative sono anch’essi elementi essenziali.

Altri programmi settoriali sono relativi all’insegnamento prescolastico e scola-stico fino al termine del secondo ciclo dell’insegnamento secondario (Comenius), all’insegnamento e alla formazione professionale non rientranti nel livello supe-riore (Leonardo da vinci), alle forme d’istruzione degli adulti (Grundtvig). Si differenzia dagli altri il programma Jean Monnet, che persegue l’integrazio-ne europea nella sfera universitaria e contribuisce in misura rilevante al bilancio degli istituti che perseguono finalità di interesse europeo nel settore dell’istru-zione e della formazione, quali il Collegio d’Europa di Bruges, l’Istituto universita-rio europeo di Firenze, l’Istituto europeo della pubblica amministrazione di Maa-stricht, l’Accademia di diritto europeo di Treviri, l’Agenzia europea per lo svilup-po dell’istruzione per gli alunni con esigenze specifiche di Middelfart, il Centro internazionale per la formazione europea di Nizza.

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parte ii: legislazione e normativa scolastica212

6. il programma erasmus+

erasmus+ è, come detto, il programma dell’Unione europea per l’istruzione, la for-mazione, la gioventù e lo sporto (2014-2020).Secondo l’UE i settori dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport possono fornire un prezioso contributo per aiutare ad affrontare i cambiamenti socio-economici, ovvero le sfide chiave di cui l’Europa si sta già occupando e che la attendono nel prossimo decennio e per sostenere l’attuazione dell’Agenda po-litica europea per la crescita, l’occupazione, l’equità e l’inclusione sociale. Com-battere i crescenti livelli di disoccupazione, specialmente tra i giovani, è diventato uno degli obiettivi più urgenti per i governi europei. Troppi giovani abbandonano la scuola prematuramente e corrono il rischio di ri-manere disoccupati e socialmente emarginati. Lo stesso rischio minaccia l’eleva-to numero di adulti poco qualificati. Le tecnologie cambiano rapidamente il modo di operare della società e occorre garantire che siano utilizzate nel migliore dei modi. Le imprese dell’Unione europea devono quindi diventare più competitive attraverso il talento e l’innovazione. Inoltre, esiste la necessità di offrire opportunità di formazione e cooperazio-ne alle organizzazioni e agli operatori nella scuola, al fine di sviluppare la loro professionalità e la dimensione europea dell’animazione socioeducativa. Sistemi d’istruzione e formazione e politiche per la gioventù di successo possono contri-buire ad affrontare tali sfide fornendo ai cittadini le competenze richieste dal mer-cato del lavoro e dall’economia, consentendo loro al tempo stesso di svolgere un ruolo attivo nella società e di raggiungere la soddisfazione personale. Il Programma Erasmus+ è concepito per sostenere tutto questo.

Grazie all’adesione a questo programma le scuole, di ogni ordine e grado posso-no ottenere finanziamenti per partecipare ad attività di respiro internazionale che coinvolgono studenti, tirocinanti, apprendisti, alunni, discenti adulti, giovani, volontari o professori, insegnanti, formatori, animatori giovanili, professionisti nel settore dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport, ecc. Ogni anno le organizzazioni scolastiche di tutta Europa presentano migliaia di pro-getti per ricevere un sostegno finanziario e portare avanti attività quali:— la mobilità del personale che consente ai docenti (compresi i tirocinanti) e

ad altro personale scolastico di partecipare ad attività di formazione o job sha-dowing in un altro paese o di tenere lezioni presso una scuola all’estero. In que-sto ambito, le scuole e altre organizzazioni possono prevedere le attività so-praelencate per gli insegnanti che partecipano all’iniziativa;

— i partenariati strategici che consentono alle scuole di collaborare con altri istituti e organizzazioni al fine di migliorare l’insegnamento e la didattica, non-ché la qualità e la rilevanza dell’istruzione e della formazione, ciò al fine di fa-vorire la cooperazione per innovare i sistemi di istruzione;

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la scUola dell’inTegrazione e dell’inclUsione

Parlando di disabilità, di BES e DSA spesso si tendono ad usare i termini integra-zione e inclusione come sinonimi. In realtà non è così.Volendo sintetizzare al massimo possiamo dire che l’integrazione è un concet-to che ormai potremmo definire superato: fa riferimento a un modello risalente agli anni ’70 (e innovatore rispetto all’impostazione originaria che riteneva che i disabili dovessero seguire percorsi di istruzione slegati da quelli ordinari), in cui si incentivava l’inserimento del disabile in una classe comune, in una classe però pensata per alunni normodotati.Dal 2009 in seguito ad alcuni interventi normativi che vedremo di seguito, si è passati al concetto di inclusione: non è l’alunno con problemi che deve integrar-si all’interno di una classe di normodotati, ma è la scuola, la classe che deve inclu-derlo, “accoglierlo”, rimodellando il suo stesso approccio didattico e valorizzando la diversità che diventa risorsa anche per il gruppo.

1. gli alunni disabili

Con la L. 517/1977 il principio costituzionale dell’eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost. trova riscontro concreto anche nell’ambito scolastico: in una scuo-la realmente democratica e, per volontà del Costituente, aperta a tutti, devono trovare posto anche alunni handicappati, accanto ad alunni normodotati, e la progettazione di attività scolastiche ed iniziative di sostegno a favore degli alun-ni portatori di handicap deve essere realizzata con appositi docenti in possesso di particolari titoli di specializzazione (cd. insegnanti di sostegno).Si rompe, così, l’impostazione didattica tradizionale per consentire l’apertura del-le classi e la collegialità dell’insegnamento.

La L. 104/1992 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) affronta la problematica dell’handicap anche a livello scola-stico: in particolare, l’art. 13 della legge quadro garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle scuole di ogni ordine e grado.La formazione educativa dell’handicappato diviene oggetto di un piano educativo individualizzato (PEI), alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la col-laborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle aziende sani-tarie locali e, per ciascun grado di istruzione, il personale specializzato della scuola.Nell’originaria formulazione della L. 104/1992 è considerata persona con han-dicap colui che presenta “una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabiliz-zata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di

capitolo

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parte iii: la disciplina della didattica e dell’insegnamento240

integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.In seguito alla classificazione ICF (International Classification of Functioning, Di-sability and Health) dell’Organizzazione mondiale della sanità, è scomparso il ter-mine handicap, sostituito dal termine disabilità.

Le Linee guida per l’integrazione degli alunni con disabilità sono state dedotte con Nota del MIUr 4-8-2009, n. 4274.Nella scuola italiana il diritto allo studio degli alunni disabili prevede, in primis, il loro diretto inserimento nella vita scolastica, stabilendo misure di accompagna-mento alle quali concorrono a livello territoriale, nel riparto di competenze, oltre allo Stato, anche gli enti locali e il Servizio sanitario nazionale.La scuola rappresenta, così, oggi uno dei principali contesti nei quali il diritto di cittadinanza dei disabili si realizza mediante l’integrazione all’interno del si-stema educativo, senza forme di esclusione.Il Ministero dell’Istruzione prevede varie misure di accompagnamento per favo-rire la piena integrazione scolastica degli alunni disabili: docenti di sostegno, fi-nanziamenti di progetti e attività per l’integrazione e così via. A livello nazionale è operativo l’Osservatorio per l’integrazione delle persone disabili.

Il d.p.C.M. 23-2-2006, n. 185 stabilisce che la condizione di disabilità deve esse-re definita da apposita certificazione rilasciata da una commissione medica col-legiale che, nell’identificazione della forma della disabilità, fa riferimento ai para-metri definiti dalla OMS (Organizzazione mondiale della sanità).Rientrano nell’ambito della disabilità certificata tutte le problematiche patolo-giche che derivano da deficit psicomotori, sensoriali (vista, udito ecc.) o psichi-ci (es. autismo).Si tenga presente che la classificazione delle problematiche psicopatologiche è stata oggetto di revisione nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi menta-li (DSM V) pubblicato in edizione italiana nell’aprile 2014.

La legge quadro individua alcuni strumenti di istruzione e formazione necessari alla effettiva integrazione degli alunni con disabilità:— la diagnosi Funzionale (dF);— il profilo dinamico Funzionale (pdF);— il piano educativo Individualizzato (peI).

Tali documenti sono redatti in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale con lo scopo di riscontrare le potenzialità funzionali dell’alunno con disabilità per costruire adeguati percorsi di autonomia, di socializzazione e di apprendimento.

Sulla base del peI, vengono realizzati progetti personalizzati a cura, rispettiva-mente, delle ASL, degli enti locali e delle istituzioni scolastiche:— il progetto riabilitativo (ASL);

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capitolo 2: la scuola dell’integrazione e dell’inclusione 241

— il progetto di socializzazione (enti locali);— il piano degli studi personalizzato (istituzioni scolastiche).

2. l’insegnante di sostegno

L’insegnante di sostegno è un docente in possesso di specializzazione per le at-tività di sostegno che viene assegnato alla classe (L. 104/1992) in cui è stato in-serito almeno un alunno con disabilità, per promuovere l’integrazione al suo in-terno. Pertanto, deve disporre del titolo conseguito mediante un percorso forma-tivo aggiuntivo.La L. 13-7-2015, n. 107 (cd. Buona scuola) ha previsto, tra le altre, una delega al Governo in materia di inclusione scolastica attraverso la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostengo, al fine di incrementare l’inclusione degli stu-denti disabili, con la previsione di appositi percorsi di formazione universitaria, e la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli del sostegno, diretti a garantire che l’alunno disabile abbia per l’intero percorso lo stesso insegnante di sostegno.Per la funzione che assume il docente di sostegno nei confronti dell’alunno disa-bile è essenziale il suo coinvolgimento nella stesura del Profilo dinamico funzio-nale (PDF) e soprattutto del PEI.In materia di valutazione degli alunni disabili, il D.P.R. n. 122/2009 di coordi-namento delle norme vigenti in materia di valutazione degli studenti, all’art. 9, nel precisare che nella valutazione degli alunni con disabilità si deve tener con-to del comportamento e delle discipline e attività svolte sulla base del piano edu-cativo individualizzato, ammette la possibilità di prove di esame differenzia-te con valore equivalente a quelle ordinarie, ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma di licenza, che possono essere sostenute anche con l’uso di attrezzature tecniche e sussidi didattici, nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico che sia ritenuta congrua alla disabilità. Per ragioni di pari oppor-tunità rispetto agli alunni normodotati, sui diplomi di licenza è riportato il voto finale in decimi, senza menzione delle modalità di svolgimento e di differenzia-zione delle prove ( Cap. 3, par. 7).

3. i disturbi specifici di apprendimento (dsa)

Con l’espressione disturbi dell’apprendimento (dSA) si usano indicare tutte quelle condizioni in cui l’individuo, in particolari situazioni, come ad esempio la scuola, non apprende in misura adeguata alla propria età.Sul piano legislativo, la L. 170/2010 (Nuove norme in materia di disturbi speci-fici di apprendimento in ambito scolastico) ha riconosciuto la dislessia, la disor-tografia, la disgrafia e la discalculia come disturbi specifici di apprendimento, che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di pato-logie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione

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capitolo 1: le competenze comunicativo-relazionali del docente 315

le compeTenze comUnicaTivo-relazionali del docenTe

Nel contesto scolastico la relazione educativa si presenta in tutta la sua com-plessità. Per aiutare gli allievi a sviluppare i propri processi cognitivi, il docen-te necessita di sapere pedagogico, metodologico-didattico, culturale e relazionale, e di competenze comunicative. Relativamente a queste ultime, il docente deve sia saper leggere tra le righe, interpretando silenzi, azioni e provocazioni attraverso l’ascolto e l’empatia, sia attivare comunicazioni consapevoli e intenzionali perché siano facilitate le acquisizioni delle finalità educative. Ne tratteremo più appro-fonditamente in questo Capitolo.

1. la relazione insegnante-allievo

La costruzione e la gestione della relazione insegnante-allievo rappresenta, come ab-biamo visto un obiettivo imprescindibile per la realizzazione del processo educativo e didattico. Per comprendere la dinamica interattiva che contraddistingue tale rela-zione è necessario far capo ancora alla teoria sistemica ( Parte I, Cap. 5, par. 2).Applicando questa teoria ai processi educativi ne consegue che l’individuo è con-siderato capace di interagire all’interno di un sistema dinamico, in cui una rete di fattori sociali e psicologici si mette in moto per creare le condizioni utili affinché si realizzi il processo didattico.Il punto nevralgico del rapporto insegnante-allievi è la comunicazione, che è sem-pre bidirezionale; il docente da stimolo può diventare reagente e l’allievo da reagente può diventare stimolo. Quindi, in tale rapporto si verifica di continuo una reversibili-tà dei ruoli. Inoltre, il sistema didattico non opera nel vuoto ma in contesti vivi, ossia in una situazione didattica che opera a sua volta all’interno della situazione sociale.Ciò che è importante comprendere della complicata professione dell’insegnante e della gestione della relazione con gli allievi è che il docente svolge due funzioni:— una propriamente didattica, che consiste nell’insegnare i fondamenti di una

disciplina;— l’altra educativa che consiste nell’accompagnare l’allievo attraverso la cono-

scenza verso una crescita non solo intellettuale, ma soprattutto umana.

L’autorevolezza si realizza se riconosciuta dagli allievi, che individuano nella per-sona dell’insegnante una serie di peculiarità: comportamenti adeguati, compe-tenza, capacità di comunicare efficacemente, equità nell’esigere dagli altri quan-to esigono da sé, equilibrio psichico che permette di evitare l’aggressività, di am-mettere i propri errori senza complessi e di saper gestire i conflitti al loro sorge-re senza timore e autocensura.

capitolo

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parte iv: metodologie didattiche e tecniche attive di apprendimento316

La comunicazione, come già sottolineato, è il fulcro di ogni rapporto e quindi an-che della relazione insegnante-allievo. L’atto educativo e didattico è un rappor-to di mediazione intenzionale, nel senso che il messaggio trasmesso è diretto verso un fine già determinato. Nell’insegnamento il fine è quello di promuovere l’apprendimento: in tal senso, l’insegnante deve comunicare rispettando la sem-plicità, l’ordine e la brevità del messaggio. La comunicazione, peraltro, è pregna di componenti psicologiche che non devono sfuggire all’attenzione del docente.Ovviamente ogni insegnante deve possedere in primis una solida formazione culturale e professionale acquisita attraverso specifici studi e abilitazioni, e poi quelle competenze sociali e psicologiche utili a gestire l’insegnamento come un pro-cesso innanzitutto relazionale. La realizzazione del processo didattico presup-pone che l’insegnante sappia strutturare il suo metodo di insegnamento e le sue procedure didattiche, che sappia mettere in campo, attraverso la sua mediazio-ne, tecniche, strategie e mezzi per realizzare il processo di apprendimento.La sua professionalità educativa è basata soprattutto sulla capacità di utilizzo di una molteplicità di procedure didattiche da adattare alle situazioni scolastiche e sull’acquisizione progressiva di un suo stile partendo dalle proprie esperienze oltre che dal proprio sapere. La professionalità dell’insegnante consiste nel pro-grammare le attività didattiche secondo un progetto educativo che rispetti le esi-genze e le motivazioni di ogni allievo.Gli atteggiamenti che il docente assume rappresentano l’espressione delle sue esperienze esistenziali, dei suoi valori, delle sue capacità, motivazioni e aspet-tative che influenzano l’educazione e l’apprendimento. Proprio per via di queste implicazioni, sono fattori di fondamentale importanza: la capacità di autoanalisi dell’insegnante; la consapevolezza della sua influenza sull’intero processo educa-tivo dell’allievo, ossia sull’incremento delle sue capacità di apprendimento, rifles-sione e critica, oltre che sulla promozione della sua personalità.Di questi aspetti tratteremo in questa Parte IV.

2. la comunicazione nel sistema scolastico

La capacità di rapportarsi agli altri attraverso una rete articolata e complessa di relazioni interpersonali rappresenta uno dei requisiti fondamentali della profes-sione docente e ha la comunicazione come elemento centrale.La relazionalità, cioè l’attitudine di un individuo a scambiare informazioni con i componenti del proprio gruppo di appartenenza, si basa sull’interazione e assume un ruolo sempre più rilevante nella personalità del docente che si trova al centro di un reticolo di relazioni comprendente non solo gli alunni, ma anche i genitori, i colleghi, i superiori, gli altri operatori scolastici etc. Per questo motivo le abilità comunicativo-relazionali sono ritenute sempre più importanti, tanto da essere in-serite, ormai da alcuni anni, anche nei programmi dei corsi di formazione per gli insegnanti nell’ambito della professione docente con lo scopo di insegnare a ge-stire i rapporti con alunni e colleghi, al fine di evitare conflitti.

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capitolo 1: le competenze comunicativo-relazionali del docente 317

Per un positivo adattamento all’ambiente e alle condizioni di apprendimento, è fon-damentale, inoltre, che il docente sia in grado di valutare la relazionalità dell’allie-vo, per individuarne in tempo eventuali difficoltà e intervenire in maniera efficace.Il comportamento sociale dell’individuo è orientato dai suoi tratti di risposta in-terpersonale (disposizioni relativamente coerenti e stabili a reagire nei confron-ti degli altri, in modi caratteristici).Inoltre, uno dei cambiamenti più importanti intercorsi nel sistema scolastico è la tendenza a sviluppare coerenza e sinergia tra comunicazione interna ed esterna, per avviare i cambiamenti necessari all’attuazione di un sistema comunicativo ef-ficace e di successo, collegato con i valori distintivi dell’organizzazione.La comunicazione rappresenta quindi una dimensione significativa per il raggiungi-mento della qualità, della flessibilità e dell’efficacia richieste dal sistema scolastico.

3. gli elementi della comunicazione

Comunicare vuol dire “mettere in comune”, attuare una forma di condivisione che si può realizzare con differenti modalità, di cui il linguaggio è forse la più importante.Com’è noto gli elementi fondamentali di ogni processo comunicativo sono:— un emittente: la “fonte”, il produttore di un messaggio (nel caso della lezione, l’in-

segnante);— un messaggio (una frase, un discorso, un segno, un testo ecc.): ossia il conte-

nuto di ciò che si comunica. Importante per la sua comprensione è che il ri-cevente abbia tutti gli elementi per decifrare il messaggio. Ciò è fondamenta-le per gli insegnanti che si rivolgono ad alunni che non hanno le sue stesse co-noscenze di base;

— un destinatario: il soggetto cui deve pervenire il messaggio, qualificato spes-so anche come ricevente. Le due definizioni non coincidono però totalmen-te, in quanto l’atto di ricezione del messaggio può effettivamente avvenire o, al contrario, fallire. Il destinatario diventa di fatto “ricevente” nel momento in cui effettivamente recepisce e comprende il messaggio: è possibile però che il messaggio ricevuto differisca da quello inviato, differenza che si determina in base al livello di attenzione ma soprattutto in rapporto ai criteri di selezione, decodifica e interpretazione usati, consapevolmente o meno, dal ricevente. Il processo della comunicazione comporta anche che il ricevente rimandi un al-tro segnale, con cui rende noto che il messaggio è stato (o non è stato) ricevu-to e compreso (feedback).

Questa configurazione minimale, a tre fattori, del processo comunicativo è spes-so approfondita mettendo in evidenza altri decisivi elementi:— un mezzo (medium) o canale: ciò entro cui e in virtù del quale viene trasmes-

so il messaggio. Un canale può essere la voce con la quale si inviano messag-gi verbali;

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parte iv: metodologie didattiche e tecniche attive di apprendimento318

— un codice. Il “codice” è un sistema di segni e regole di utilizzo dei segni usato nel processo comunicativo (sono codici un certo idioma, la lingua, un deter-minato gesto ecc.). Per l’effettiva riuscita dello scambio comunicativo, l’emit-tente e il destinatario devono condividere il medesimo codice. Quindi il mes-saggio della comunicazione, il suo contenuto, è elaborato dal lato dell’emitten-te mediante una codifica; all’emissione del messaggio corrisponde poi, come aspetto complementare della comunicazione, una (adeguata o meno) decodi-fica da parte del destinatario. L’insegnante, come detto, se vuole raggiungere l’obiettivo dell’apprendimento ed evitare fraintendimenti, deve badare ad uti-lizzare un codice che sia facilmente decodificabile dagli alunni in considerazio-ne dell’età e delle conoscenze di questi;

— un contesto o ambiente: è il “luogo”, fisico o sociale, dove avviene lo scambio comunicativo. A seconda delle situazioni può essere di aiuto per incentivare la comunicazione o, al contrario, può inibirla;

— il feedback: l’interscambio che avviene tra ricevente ed emittente e che per-mette all’emittente di capire se il messaggio è stato ricevuto e compreso nel-la maniera da lui desiderata (se emittente e ricevente sono presenti nello stes-so luogo basta un cenno della testa di quest’ultimo per fornire un feedback).

4. modalità e linguaggi della comunicazione

Per quanto rileva in questa trattazione, le diverse tipologie di comunicazione, in particolare dal punto di vista della specifica interazione che si configura nella co-municazione stessa, possono distinguersi in tre modalità:1) “faccia a faccia” (interpersonale): sua caratteristica fondamentale è la com-

presenza dei comunicanti nello stesso luogo e nello stesso momento (la lezio-ne in classe è sicuramente una forma di comunicazione interpersonale); la di-rezione è verso destinatari individuati;

2) interazione mediata: c’è separazione dei contesti, e non identità di luogo/spazio tra i soggetti coinvolti; l’emittente concepisce un messaggio che passa al destinatario attraverso un media (es. lettera, telefono, chat, email);

3) quando la comunicazione mediata è rivolta ad un vasto pubblico, quindi a de-stinatari non individuati, si ha la comunicazione di massa (stampa, internet, televisione).

La comunicazione interpersonale è una forma di comunicazione a carattere li-neare e simmetrico: una “linea diretta” che congiunge l’emittente al ricevente che possono comunicare attraverso:— il linguaggio del corpo mimico-gestuale; — il linguaggio puramente vocale consistente nell’emissione di suoni o segnali

sonori: — il linguaggio verbale orale o verbale scritto.

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capitolo 1: le competenze comunicativo-relazionali del docente 319

Nel caso del linguaggio gestuale e puramente vocale agisce in primo piano l’ele-mento della “fisicità”, e si delinea così una comunicazione di natura immediata che utilizza la dinamica espressiva del corpo medesimo. Nel quadro di una comu-nicazione “faccia a faccia”, è importante anche la prossemica, ossia l’analisi del-la disposizione dei corpi nello spazio, e la cinesica, cioè i movimenti che accom-pagnano e “potenziano” la comunicazione (il contatto visivo, la mimica facciale, i gesti delle mani e della testa, la postura): sono fattori non verbali molto rilevanti poiché interferiscono direttamente sui meccanismi di codifica e decodifica (e di feedback) ( Parte I, Cap. 1, par. 7).Tra le caratteristiche fondamentali o costanti della comunicazione e dell’intera-zione interpersonale “faccia a faccia” mediante qualsiasi forma di linguaggio, c’è l’identità di spazio e di tempo, vi è quindi condivisione di luogo e simultaneità tra i soggetti comunicanti.La comunicazione mediante il linguaggio verbale si configura essenzialmente come dialogo, come un discorso che si sviluppa attraverso la trasmissione di messaggi da un soggetto a un altro. Su questo piano emerge come fondamentale il fatto che i ruoli o le posizioni dell’emittente e del destinatario-ricevente sono interscam-biabili (di qui il senso della “simmetria”), e rivestono alternativamente i ruoli di emittente e destinatario.

Si può però pensare anche ad un tipo di comunicazione “faccia a faccia” unidi-rezionale, quindi, non in senso stretto dialogica, come, ad esempio, un comizio o appunto una lezione in cui i ruoli di emittente e destinatario-ricevente rimangono fissi e non interscambiabili. Nel caso della lezione, inoltre, c’è quella individuale, che prevede un docente e un discente o allievo, e quella collettiva, come le lezioni scolastiche e universitarie, con un insegnante che invece si rivolge a un pubblico di studenti. Questi sono quindi casi di comunicazione tradizionale interpersona-le, unidirezionale, rispettivamente del tipo da “uno a uno” (one-to-one) e da “uno a molti” (one-to-many).In più la comunicazione unidirezionale del docente è, come vedremo, quasi sem-pre “asimmetrica”.

5. la comunicazione didattica

Se la maggioranza delle forme di comunicazione vede emittente e ricevente allo stesso livello (si pensi a ciò che avviene tra amici, tra colleghi, tra coniugi ecc.), nella comunicazione didattica la interrelazione avviene tra soggetti che non sono “pari” e l’insegnante deve confrontarsi con le conoscenze e le competenze inevitabilmente lacunose dei ragazzi. Nell’ambito della comunicazione didattica vi è dunque un’asimmetria relazionale: non vi è identità nei codici comunicati-vi (quelli degli studenti sono parziali e ancora in evoluzione) mentre gli insegnan-ti si trovano in una posizione di oggettiva supremazia.

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parte iv: metodologie didattiche e tecniche attive di apprendimento320

In passato ciò determinava un processo di insegnamento-apprendimento che po-tremmo definire dirigistico: l’insegnamento era una forma di comunicazione uni-direzionale dall’insegnante allo studente in cui quest’ultimo assumeva un ruolo passivo (si pensi alla classica lezione frontale accademica).Oggi, invece, si tende sempre più a riferirsi a un modello di apprendimento più attivo, basato sul dialogo e l’interazione (anche emotiva) tra docente e allievo.

La comunicazione didattica è un tipo di comunicazione tipicamente verbale. Il docente dovrebbe dunque prestare particolare attenzione al canale (la sua voce) nonché alle notazioni della voce (il modo cioè in cui si dicono le cose): l’intona-zione, per esempio, nelle domande o nelle imposizioni, l’enfasi per sottolineare una frase particolarmente importante, il ritmo che va rallentato quando si vuole sottolineare un concetto, la ripetizione di una parola o di una frase anche con pa-role diverse (ridondanza) per favorire l’apprendimento di alcuni concetti fon-damentali. Tutti questi elementi sono indispensabili per tenere viva l’attenzio-ne dello studente.Anche il silenzio è una forma di comunicazione verbale e può essere in certi casi efficace per sottolineare il proprio pensiero.Nell’ambito della propria attività didattica, l’insegnante deve quindi tener ben presenti quelli che sono gli aspetti della comunicazione verbale, ma anche quelli non verbali in quanto, per evitare fraintendimenti, ciò che si lascia inten-dere con lo sguardo, i movimenti del corpo, la gestualità non deve contrastare con quanto detto a parole.

LA CoMUNICAzIoNE vErBALE E NoN vErBALE DEL DoCENTE

Comunicazione verbale

— La comunicazione verbale utilizza principalmente il linguaggio, che ovviamente deve poter essere inteso dall’interlocutore, nel nostro caso gli allievi.

— I discorsi troppo lunghi sono tipici della comunicazione unidirezionale e stanca-no presto il ricevente del messaggio. Meglio dunque lezioni brevi e interattive per evitare il calo di attenzione della classe.

— Attenersi all’argomento di cui si vuole parlare evitando excursus che possono distrar-re dal tema principale. Non trascurare i passaggi logici: non devono esserci vuoti nel di-scorso e nemmeno eccessi di parola; non si deve dire né troppo né poco.

— Evitare di leggere passi troppo lunghi dai libri di testo.— Cercare di coinvolgere anche emotivamente i ragazzi, con domande, citando loro

esperienze dirette, suscitando per quanto possibile anche reazioni emotive.— Ascoltare e prestare interesse alle domande che provengono dalla classe, in cer-

ti casi anche stimolandole.— Usare la voce per mantenere desta l’attenzione del gruppo classe: non usare mai

lo stesso volume, gli stessi toni e lo stesso timbro per l’intera lezione.

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dalla Teoria alla praTica della didaTTica

Nell’ambito della didattica la dicotomia tra teoria e pratica, tipica di molte scien-ze, è enorme. La necessità di adottare il proprio metodo di insegnamento allo sti-le di apprendimento proprio di ogni allievo inserito in un determinato gruppo, rende spesso le “teorie” di fatto inapplicabili.La consapevolezza del docente di dover adattare il proprio stile di insegnamen-to con la varietà degli stili di apprendimento è strettamente collegata alla promo-zione del successo formativo di ciascuno studente.Alcune metodologie e alcune tecniche, più di altre, si prestano a interpretare il metodo di una disciplina: il docente, in qualità di mediatore didattico, deve sa-perle scegliere. Per esempio lo studio del caso si adatta di più alla storia, al dirit-to e agli studi sociali, mentre altre metodologie come il brain storming si possono utilizzare per qualsiasi disciplina.Le varie tecniche non hanno confini ben delineati e non vanno comunque consi-derate come compartimenti stagni nei quali l’adozione dell’una esclude l’altra. Anzi spesso si sommano e si intersecano: all’interno di una scelta metodologica che impone il ricorso ad un’altra per il raggiungimento di obiettivi specifici. La di-dattica laboratoriale non può prescindere, ad esempio, dal lavoro a progetti, così come le tecniche di role playing possono essere svolte tanto nella didattica ludi-ca come in alcune attività esperenziali.Passeremo qui e nei prossimi capitoli, in rassegna, senza alcuna pretesa di esau-stività, una serie di tecniche didattiche (o metodologie che dir si voglia) più in uso.

1. la lezione frontale

La lezione frontale appartiene ai metodi denominati espositivi, ed è un tipico esem-pio di “comunicazione unidirezionale”, la cui principale caratteristica è un’esposizio-ne prevalentemente verbale. Questo tipo di strutturazione è considerata la più tradi-zionale, ma in realtà si diversifica persino dalla lezione classica, nata nel Medioevo.Nel tardo Medioevo, l’epoca in cui si sviluppò la filosofia scolastica, il docente (scholasticus) teneva le proprie lezioni nei chiostri e nelle università. La scuola si proponeva come nuovo metodo di studio distinto dalle accademie e dai licei dell’antichità, attraverso lo studio sistematico dei testi sacri cristiani e l’uso del-la lectio e della disputatio, ovvero del commento e della discussione del testo. La lezione, infatti, rappresentava una forma di reale confronto problematico e dia-lettico tra le opinioni degli allievi, i quali innanzi tutto studiavano accuratamente il testo del docente con il quale poi dibattevano nel corso della lezione per chia-rire eventuali dubbi.

capitolo

3

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parte iv: metodologie didattiche e tecniche attive di apprendimento346

Per quanto riguarda gli obiettivi formativi, possiamo affermare che, sebbene esi-stano diversi tipi di lezione, la lezione frontale, sia nella forma classica, sia in e forme più recenti, può essere impiegata efficacemente solo per il raggiungimen-to di obiettivi formativi di miglioramento di conoscenze teoriche.

I metodi di lezione utilizzati quotidianamente nelle aule sono fondamentalmen-te di tre tipi:— metodo puro: si basa su una concezione sostanzialmente ricettiva dell’ap-

prendimento. L’insegnante spiega e gli studenti ascoltano. Benché presuppon-ga l’ascolto attivo da parte dell’allievo, si riduce alla trasmissione unidirezio-nale dell’informazione;

— metodo interrogativo: detto anche attivo, si rifà in qualche modo al modello di apprendimento socratico, basato sul dialogo e sulla maieutica. In questo caso l’origine etimologica si può rintracciare nel termine latino quaestio (o disputa-tio), ovvero discussione tra il docente e gli allievi. Durante o dopo l’esposizio-ne il docente formula domande agli studenti. Lo scopo fondamentale dell’in-terrogazione è il feedback: verificare se il messaggio è stato compreso corret-tamente e, in caso negativo, modificarlo e riformularlo.

— metodo partecipativo: durante la lezione gli studenti possono porre doman-de e intervenire secondo modalità negoziate: periodi di ascolto (fase passiva) si alternano a periodi di intervento (fase attiva). La partecipazione degli stu-denti si completa con esercizi applicativi o altre attività comuni.

Come visto, l’unità di apprendimento costituisce un blocco unitario della progettazio-ne curricolare che conduce l’allievo ad acquisire una completa padronanza di un argo-mento sia dal punto di vista della comprensione logica, sia da quello della capacità di comunicazione (esposizione verbale o scritta). Per ottenere questi risultati si rendono necessarie numerose fasi sequenziali, ognuna delle quali corrisponde a una lezione.La lezione può essere definita come un settore dell’unità di apprendimen-to, la cui durata temporale è di circa un’ora. È possibile programmare il numero di lezioni necessarie per lo svolgimento di un’unità didattica, ma è bene che il do-cente dimostri una certa elasticità mentale, adattando i tempi programmati alle reali possibilità di apprendimento degli allievi.L’interrogazione tradizionale, considerata la logica conclusione della lezione ed intesa come verifica dell’apprendimento di ciò che è stato spiegato durante una o più lezioni, lascia oggi il posto alla verifica, che conclude l’iter dell’unità di ap-prendimento.

Nella lezione condotta con il metodo puro l’insegnante, “solo” di fronte alla clas-se, trasmette ex cathedra i saperi cercando di farsi comprendere e di mantenere alto l’interesse degli alunni. La lezione è cioè impostata su un modello unidirezio-nale, in cui vi è la trasmissione del sapere dal docente, che è l’attore principale, agli allievi che hanno un ruolo sostanzialmente passivo.

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capitolo 3: dalla teoria alla pratica della didattica 347

Le informazioni vengono trasferite attraverso la parola del docente, la lettura di un testo ma oggi sempre più anche attraverso l’uso di strumenti multimediali (LIM, software dedicati all’insegnamento della disciplina ecc.).

La lezione frontale, che recentemente sembra essere particolarmente invisa ai più evoluti didatticisti (anche se rimane l’attività d’aula preferita dagli insegnan-ti) presenta indubbi vantaggi:— permette, infatti, di trasferire i contenuti in maniera logica e consequenziale,

in un tempo variabile ma calibrato sulle esigenze della classe;— permette di mantenere un maggiore controllo degli allievi che tendenzialmen-

te sono costretti al silenzio;— per l’insegnante l’organizzazione della lezione è sicuramente più facile, in quan-

to il suo sforzo è limitato a “spiegare” determinati contenuti, limitandosi a indi-viduare solo le strategie utili per tenere viva la tensione d’apprendimento e cat-turare l’attenzione. Per far ciò, trattandosi di un modello comunicativo preva-lentemente verbale, l’insegnante in genere si affida a semplici mutazioni del re-gistro comunicativo, come l’inserimento di testi narrativi , la problematizzazione del contenuto proposto, l’interazione verbale con gli allievi. Possono essere mol-to utili anche alcuni supporti visivi come schemi, lucidi, schizzi sulla lavagna ecc.

Per poter realizzare un’efficace lezione frontale il docente deve avere dunque, ol-tre che competenze disciplinari, una buona competenza comunicativa, quasi quanto quella di un attore davanti al suo pubblico.

Lo svantaggio principale della lezione frontale è l’impossibilità di verificare il fe-edback dell’apprendimento da parte della classe, in quanto agli allievi non sem-pre è permesso di interagire.Essa è caratterizzata da uniformità della comunicazione didattica oltre che dalla verticalità della comunicazione (che è evidentemente asimmetrica: da un emit-tente a più destinatari); gli allievi/riceventi svolgono un ruolo prevalentemente passivo, secondo uno schema tradizionale in cui l’insegnamento era il semplice trasferimento di conoscenze da docente a studenti.La lezione frontale dunque, soffre il limite dell’eccessiva dipendenza della lezio-ne dalle competenze e dalla capacità comunicativa e didattica dell’insegnante.

Alcuni di questi limiti possono essere superati introducendo approcci più orien-tati al confronto, allo scambio e all’apprendimento cooperativo come nel caso del-la lezione dialogata.

La lezione dialogata, condotta con il metodo interrogativo, si potrebbe defini-re un’applicazione dell’antichissima maieutica socratica che usa il dialogo, come strumento per la trasmissione del sapere. È centrata sullo studente il quale ri-flettendo sulle domande e formulando le risposte a poco a poco conquista delle conoscenze. Nella lezione centrata sull’allievo l’elemento di riferimento non è la disciplina, bensì il soggetto che apprende (i suoi bisogni, i suoi interessi).

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parte iv: metodologie didattiche e tecniche attive di apprendimento348

Fondamento di questo tipo di lezione è la possibilità fornita agli studenti di con-frontarsi con un nuovo sapere partendo dalle proprie conoscenze pregresse (che devono essere ben acquisite), analizzandole e facendone sintesi: le nuove “cono-scenze” emergono infatti dal dibattito della classe provocato dal docente.Al contrario della lezione frontale, il suo obiettivo principale non è solo la tra-smissione di determinati contenuti, ma soprattutto lo sviluppo delle capacità di ragionamento e di analisi dei concetti, nonché lo sviluppo delle capacità espositi-ve e relazionali.Il ruolo e le capacità dell’insegnante sono determinanti per la buona riuscita del processo di apprendimento: il docente deve non solo stimolare le domande e le risposte degli studenti nonché l’interazione della classe, ma deve saper “improv-visare” e riprogettare in corsa il suo percorso didattico.L’insegnante deve, in particolare, preoccuparsi di garantire un costante coinvol-gimento del gruppo (attraverso discussioni, esercitazioni applicative) e l’intera-zione costante con gli allievi (sollecitando racconti di esperienze personali ecc.).

È innegabile che la lezione socratica sia un modello didattico affascinante e molto stimolante per gli studenti: essi sono incoraggiati a pensare e a esprimere il loro pensiero, mentre consapevolmente acquisiscono nuove conoscenze. Di fatto que-sto modello di lezione presenta però anche alcuni svantaggi: in primo luogo essa è concretamente applicabile solo per argomenti analizzabili in via logico-deduttiva (ne è un tipico esempio la filosofia). Il docente che progetta questo tipo di lezione deve avere inoltre ben chiari gli aspetti su cui i ragazzi dovranno focalizzarsi: la non linearità della lezione porta con sé il rischio di divagazioni e di generare dun-que confusione sui contenuti. Si tratta poi di un modello didattico che richiede un tempo per l’apprendimento “maggiore” rispetto a quello della lezione frontale.Senza contare che la buona riuscita di questo tipo di lezione dipende anche dal livello cognitivo e motivazionale della classe: non sempre allo stimolo del docen-te i ragazzi rispondono con domande utili per proseguire la discussione (a volte rispondono con il silenzio, spesso con battute) o al contrario, se fortemente inte-ressati può essere difficile controllare che il dialogo tra gli allievi si sviluppi con un ordine che favorisca la comprensione.

Per compensare vantaggi e svantaggi della lezione frontale e dialogata, normal-mente gli insegnanti ricorrono a un tipo di lezione “mista” che si basa sul meto-do partecipativo (cd. lezione partecipata). L’insegnante conduce una lezione di tipo “trasmissivo”, ma gli studenti di volta in volta sono sollecitati a risponde-re a domande specifiche, a porre interrogativi, a esporre idee. L’insegnante, che determina, come nella lezione tradizionale, tempi, argomenti a percorsi da svol-gere, apporta però dei correttivi alla rigidità dello schema della lezione frontale, stabilendo una interazione con gli studenti che quindi, in determinanti momen-ti, sono chiamati a partecipare.

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capitolo 3: dalla teoria alla pratica della didattica 349

Questo tipo di lezione è probabilmente il più efficace: il docente imposta il lavo-ro e gli studenti partecipano con i loro contributi; tutti collaborano alla costru-zione dei contenuti.

2. la didattica laboratoriale

La didattica laboratoriale, il problem solving e il lavoro per progetti sono metodo-logie che meritano una particolare attenzione poiché vengono indicati nel D.P.R. 88/2010 come metodologie «finalizzate a valorizzare il metodo scientifico e il pensiero operativo; analizzare e risolvere problemi; educare al lavoro coope-rativo per progetti; orientare a gestire processi in contesti organizzati».

Il termine laboratorio indica uno spazio attrezzato per il lavoro, per attività a scopo di ricerca ovvero di rielaborazione/reinvenzione delle conoscenze. In pe-dagogia, il laboratorio si connota come luogo di attività monodisciplinare: labo-ratorio linguistico, musicale, matematico etc., oppure pluridisciplinare o di servi-zio: laboratorio antropologico, fotografico etc.Nella scuola il laboratorio, come struttura di supporto all’aula, presenta notevoli van-taggi didattico/formativi in quanto luogo pedagogico dove è più facile risvegliare negli allievi la motivazione alla ricerca, il bisogno di comunicare, esplorare, costruire, dare libertà alla creatività, alla fantasia, al «fai da te». Con l’uso del laboratorio il sapere cessa di essere centralizzato e diffusivo per assumere la connotazione di un retico-lo di modelli mediante i quali la cultura si costruisce rielaborandola e producendola.Le metodologie educano, inoltre, all’uso di modelli di simulazione e di linguaggi specifici, strumenti essenziali per far acquisire agli studenti i risultati di appren-dimento attesi a conclusione del quinquennio. Tali metodologie richiedono un si-stematico ricorso alla didattica di laboratorio, in modo rispondente agli obiet-tivi, ai contenuti dell’apprendimento e alle esigenze degli studenti, per consenti-re loro di cogliere concretamente l’interdipendenza tra scienza, tecnologia e di-mensione operativa della conoscenza».La didattica laboratoriale, che trova la sua matrice teorica nel pensiero di Dewey ( Parte I, Cap. 2, par. 8), e Kilpatrick, si è sviluppata in Italia verso gli anni ’60.Si tratta di una metodologia che si base sull’apprendimento per scoperta, che in-coraggia la sperimentazione, la progettualità e la curiosità degli allievi.La didattica laboratoriale (che si inserisce nell’ambito delle tecniche operative del learning by doing) richiede tempi più lunghi rispetto a quelli di una lezione fron-tale: nel laboratorio i tempi sono scanditi dai ritmi di apprendimento degli alun-ni e quindi possono allungarsi imprevedibilmente.Ricordiamo che la didattica laboratoriale non va confusa con la didattica in labo-ratorio; essa non ha bisogno dell’ambiente “laboratorio” con le sue attrezzature e i suoi strumenti per le sperimentazioni, ma è una metodologia realizzabile ovun-que gli studenti possano fare esperienze dirette, mettendo in pratica i concetti ap-presi, con l’uso di vari materiali.