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Corso di continuità educativa 2013-2014. Report dei percorsi dei quartieri 2

Corso di formazione sulla continuità educativa 0- 6 3 Il percorso del Quartiere 1 4 Il percorso del Quartiere 2 10 Il percorso del Quartiere 3 21 Il percorso del Quartiere 4 30 Il percorso del Quartiere 5 36 Allegato: Schede delle attività 46

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Corso di continuità educativa 2013-2014. Report dei percorsi dei quartieri 3

Percorso di continuità educativa 0 – 6 a cura dell’Associazione CEMEA

Docenti : L. Collacchioni, G. Livi, M. Baretta, R. Nesti, P. Borin, G. Staccioli

Monitoraggio e documentazione a cura del coordinamento pedagogico nidi e scuole dell’infanzia

Destinatari : insegnanti delle scuole dell’infanzia ed educatrici dei nidi

Nuclei tematici : la comunicazione delle emozioni, il linguaggio del corpo, il segno e il colore, il gioco, la parola per esprimersi.

Metodologia: la metodologia adottata è quella che fa riferimento ai principi dell’educazione attiva, che offre ad ognuno la possibilità di confrontare le proprie esperienze ed il proprio vissuto emotivo con quello degli altri.

Obiettivi generali:

- introdurre la metodologia e le finalità del progetto di formazione di continuità 0 – 6;

- riconoscere e valorizzare le conoscenze acquisite e condividere il linguaggio professionale;

- far emergere le specificità dei singoli servizi e rendere visibile la continuità educativa nelle pratiche quotidiane;

- fare esperienza in prima persona per costruire le basi della discussione pedagogica;

- creare, nel gruppo di lavoro, un clima sereno e collaborativo;

- arricchire il bagaglio professionale e personale, attraverso l’acquisizione di tecniche didattiche specifiche;

- valorizzare le capacità individuali sul piano creativo ed espressivo.

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Corso di continuità educativa 2013-2014. Report dei percorsi dei quartieri 4

IL PERCORSO DEL QUARTIERE 1

Pedagogista di riferimento : G. Staccioli Monitoraggio e documentazione : E. Lepore, G. Malavolti Sede: Scuola dell’Infanzia Rucellai e nido Baloo

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PRIMO INCONTRO. IL GIOCATTOLO Docenti: G. Staccioli, G. Livi, Equipe CEMEA Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Staccioli affronta il tema portando il gruppo a riflettere su cosa sia il giocattolo, l’uso e il significato simbolico. Giocattolo significa “oggetto di gioco”. In passato solo i ricchi possedevano giocattoli, ora sono alla portata di tutti, ma spesso pensati dall’adulto. Il rischio è quello di perdere il giocattolo come oggetto di sperimentazione. Il gruppo viene diviso in due sottogruppi a cui vengono proposti sacchetti contenenti materiali da toccare (fagioli, riso, semola….); poi offerte scatoline di cartone in cui mettere semi a piacere e da decorare con carta a strappo e colla. Si chiede d’ascoltare il suono prodotto muovendo le scatoline. Il gruppo si riunisce per la condivisione.

Riflessioni dei partecipanti Alcuni materiali sono piacevoli da manipolare e altri di meno. Piacevolezza dei suoni. Molte/i si sono divertite/i, alcune inizialmente annoiate e allora hanno trovato una variante giocando con i vari semi in piccolo gruppo. Il gioco che procede lento restituisce il valore del tempo e la sua riappropriazione. Ricerca del suono e soddisfazione nell’essere osservato giocare: forse anche i bambini sono contenti di essere osservati dalle educatrici e insegnanti. Guardare ed essere guardato non ha creato condizionamento. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Staccioli afferma che giocare in un clima non giudicante, con qualcuno che ci osserva benevolmente, permette di sperimentare in modo piacevole e spontaneo. Il giocare ha anche una funzione evocativa, richiama ricordi, sensazioni, vissuti. Si sottolinea l’importanza, durante il gioco, di stare con ciò che proviamo, con le emozioni piacevoli o spiacevoli, anch’esse fonte d’informazione sull’esperienza che stiamo vivendo. Le modalità della proposta e le sensazioni provate e fanno riflettere sull’opportunità di verificare che ciò che si presenta ai bambini desti il loro interesse e permetta una fruizione creativa e personale dei materiali da parte loro.

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Corso di continuità educativa 2013-2014. Report dei percorsi dei quartieri 6

SECONDO INCONTRO. LABORATORIO GRAFICO PITTORICO Docenti: G. Staccioli, M. Baretta, R. Cometto, G. Mazza, N. Budini Gattai Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Staccioli apre riallacciandosi all’incontro precedente e a quanto era stato detto sulla ricerca rispetto alla manipolazione dei materiali e alla costruzione delle scatoline. Parla poi del significato del gioco e giocare come lo stare in situazione e non finalizzato al risultato, quindi mirato sul fare, sull’elaborazione, più che sul finire. Si parla ancora di lentezza, come risorsa. L’insegnante della scuola Torrigiani riferisce di aver riproposto con successo il gioco delle scatoline ai bambini della sua classe. Staccioli mostra un disegno di un bambino di 4 anni che ha rappresentato un dinosauro. Sul foglio si vedono più dinosauri, come fosse uno studio progressivo di un soggetto scelto e che voleva rappresentare nel modo più simile possibile a come se lo rappresentava mentalmente. Vengono poi proposte dai formatori varie attività:

• Cartoncino perforato su cui lasciare un segno col pennarello, legato poi cin spago e appeso al collo. Ogni partecipante si rivolge ad altri partecipanti, uno per volta, (gioco a coppie) che indossa un cartellino con un disegno che lo interessa e chiede informazioni

• Ogni partecipante disegna su un foglio con pennello o spugna o dito utilizzando tempera gialla, rossa, blu.

• Il gruppo viene diviso in 4 sottogruppi a cui vengono proposti un grande foglio, colori e materiali vari, per comporre un lavoro di gruppo.

Il gruppo si riunisce per la condivisione. Ne escono 4 lavori a cui vengono dati dei titoli, più o meno condivisi dai rispettivi gruppi: SOLE, NOTTE, FINESTRE, PUNTO.

Riflessioni dei partecipanti Vengono ripresi alcuni concetti espressi nell’introduzione, arricchiti con altri emersi grazie all’esperienza: tempo, lentezza, percorso individuale, percorso condiviso. TERZO INCONTRO. LE EMOZIONI Docenti: G. Staccioli, G. Livi, L. Collacchioni, Equipe CEMEA Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Staccioli introduce l’incontro riallacciandosi a quello precedente, un laboratorio grafico-pittorico in cui piccoli gruppi avevano lavorato sui colori rosso, giallo e blu. Gli elaborati prodotti denominati: sole, notte, punto, finestre vengono disposti in terra al centro del cerchio dei partecipanti, che condividono il percorso che dal lavoro individuale li ha portati a costruire un dipinto di gruppo e poi ad inventare una storia. Si riflette che quando siamo in gruppo non sempre è semplice decidere come muoversi e cosa fare insieme. Collacchioni introduce il laboratorio sulle emozioni,

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che esistono all’interno delle persone e a volte possono non essere visibili. L’intento è quello di riflettere insieme su come le emozioni incidono sulle relazioni. Negli adulti la dimensione razionale è solitamente molto forte; nei bambini la dimensione emotiva e corporea è molto evidente. Le emozioni a volte si manifestano, altre sono sopite. Non sempre è facile leggere e riconoscere le nostre emozioni. Imparare a leggere la corporeità dei bambini è molto importante. Il laboratorio proposto intreccia la dimensione corporea con quella della riflessione sulle proprie emozioni. Il gruppo viene suddiviso in due sottogruppi a ciascuno dei quali è proposto un lavoro d’auto-centratura, per “ritrovare” il proprio corpo. Poi, a gruppo riunito, i partecipanti condividono l’esperienza. Le tre dimensioni di razionalità, corporeità ed emozionalità s’intrecciano continuamente. Collacchioni propone un’attività per riflettere insieme sull’emozione del dolore, su come può essere riconosciuta nei bambini, e su come si può gestire. Suddivisi in piccolo gruppo, leggiamo e parliamo insieme del brano “il criceto d’Oliver: la gestione del dolore”, tratto da “Il quoziente emozionale” (2002) d’Isabelle Filliozat, psicoterapeuta francese. Oliver ha sette anni, ed il criceto a cui è molto affezionato muore improvvisamente. Il padre per alleviare la sofferenza del figlio lo sostituisce con un altro. Oliver non s’interessa più al criceto e suo padre pensa che il figlio abbia cambiato interessi.

Riflessioni dei partecipanti Spesso gli adulti cercano di evitare che il bambino entri in contatto con il dolore, evitando di parlarne e di esprimere le emozioni collegate. Così trasmettono implicitamente il messaggio che il dolore non può essere affrontato, e che le emozioni spiacevoli non possono essere espresse. Se l’adulto evita d’entrare in contatto con l’emozione del dolore, il bambino si troverà ad affrontarla da solo. Sostituendo il criceto il padre d’Oliver afferma implicitamente che gli affetti sono intercambiabili. Per il genitore può essere rassicurante pensare che il figlio non prova dolore. Se non sappiamo “leggere” il dolore del bambino, non comprendiamo il suo comportamento, che attribuiamo ad altre cause. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo - didattiche Il rischio maggiore è quello della svalorizzazione dei sentimenti del bambino. Per il bambino non è semplice decodificare i propri stati emotivi. Per imparare a farlo è fondamentale l’atteggiamento dell’adulto. Il bambino impara a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni attraverso la relazione con l’adulto. E’importante permettere al bambino di vivere anche le emozioni connesse ad esperienze dolorose, sostenendolo e aiutandolo a riconoscere le proprie emozioni e ad esprimerle. Si può imparare che si può entrare nell’emozione dolorosa senza esserne travolti, ci si può stare ed è poi possibile uscirne superandola.

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QUARTO INCONTRO. LA NARRAZIONE Docenti: G. Staccioli, P. Borin, G. Livi Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta G Staccioli e P. Borin introducono il tema della narrazione. Un interessante libro delle scuole di Reggio Emilia che tratta di questo tema. Nell’incontro di oggi ci occuperemo della narrazione e del suo utilizzo in ambito pedagogico Ci sono diverse agenzie che si occupano di narrazione, Il CEMEA tratta la narrazione da un punto di vista riflessivo. Fondamentale è interrogarsi sul significato della narrazione. La narrazione ha degli aspetti tecnici più tecnici: il ruolo dell’impostazione della voce, delle immagini, del contenuto. A Borin interessano soprattutto gli aspetti della narrazione che si riferiscono al “come” essa avviene, “cosa significa” per chi racconta narrare, “qual è l’esperienza” di famiglia del narratore. La narrazione che ciascuno propone è collegata anche alla sua immagine di famiglia e alla relazione con propri i genitori. E’ di fondamentale importanza prestare attenzione al modo in cui l’adulto parla e si rivolge ai bambini, a come usa la voce, il ritmo, il silenzio. Le consegne per la realizzazione delle attività sono illustrate dettagliatamente nelle schede riportate nell’allegato finale. G. Livi propone ai partecipanti la reciproca presentazione a coppie di cosa ciascuno ritiene significativo. Successivamente, nel gruppo al completo, ciascuno presenterà il compagno parlando in prima persona. In seguito si propone un’attività in piccolo gruppo, che partendo da un contenitore (borsa, scatola, zaino ecc.) contenente alcuni oggetti, deve narrare la storia della persona che possiede tali oggetti. Riflessioni dei partecipanti Il tempo è stato quasi interamente dedicato all’esperienza della presentazione e alla costruzione delle storie, con successiva narrazione, che non ne rimane molto per la riflessione in plenaria. Viene evidenziata la responsabilità di presentare, raccontare qualcuno ad altri, in modo che questi si riconosca e senta riconosciuto. Molte partecipanti mostrano apprezzamento e curiosità per l’inventiva dei colleghi e per le storie da loro narrate. Si riflette su come l’abilità narrativa sia connessa alla capacità di fare entrare l’ascoltatore nella storia, di coinvolgerlo, appassionarlo, commuoverlo. Anche con i bambini è necessario riuscire a creare uno scenario coinvolgente. Sorgono considerazioni su come, partendo da un medesimo materiale, possono svilupparsi storie differenti. Diversi interventi ruotano intorno alla domanda se la narrazione faccia riferimento ad un’oggettività o ad una soggettività.

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QUINTO INCONTRO. IL GIOCO Docenti: G. Staccioli, Equipe CEMEA Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Staccioli affronta il tema dell’incontro, portando il gruppo a riflettere sul significato del gioco con i bambini, che vengono accompagnati in questa esperienza e che, per giocare in autonomia, hanno bisogno di una specifica predisposizione del contesto. Riferendosi ad una visita fatta in un nido ha notato che i materiali predisposti erano materiali che i bambini potevano usare perché non ce n’era soltanto una copia, ma diverse, per soddisfare i bisogni di diversi bambini. Il materiale per il gioco deve essere abbondante per permettere l’attività in autonomia. Quando si fa un gioco siamo più leggeri. Per i bambini ci vuole una situazione di benessere, né troppo direttivi, né troppo lascivi. Ci vuole professionalità. Nella narrazione, c’è una responsabilità sia nei confronti delle cose che nei confronti delle persone del gruppo. C’è una continuità metodologica che è la stessa sia nella manipolazione che nella narrazione. Bisogna valorizzare il processo. Come si fa a leggere il processo per fare la proposta successiva? Io devo predisporre perché avvenga ciò che io penso debba avvenire.

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IL PERCORSO DEL QUARTIERE 2

Pedagogista di riferimento : L. Collacchioni Monitoraggio e documentazione : A. Zocchi e S. Sarti Sede: Scuola dell’Infanzia Andrea Del Sarto, Nido Strigonella

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PRIMO INCONTRO. LABORATORIO NARRAZIONE Docenti: Borin, Livi, Mazza Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta I lavori iniziano dopo una breve introduzione del corso da parte di Paolo Borin, dove viene illustrato il modulo dei cinque incontri che avverranno parallelamente in ognuno dei cinque quartieri, in modo da offrire una formazione equivalente a tutto il territorio cittadino coinvolto nella formazione sulla continuità nido/scuola dell'infanzia. Il filo rosso di quest’anno sarà la continuità tra nido e scuola dell’infanzia con la possibilità di conoscersi, di fare insieme e avviare una riflessione condivisa. Nido e Scuola dell’Infanzia appartengono a culture e storie diverse e questa formazione può favorire l’incontro tra queste due realtà. Anche quest'anno verrà utilizzata la metodologia attiva, così com'è insito nella metodologia stessa del Cemea (Centri di Esercitazione ai Metodi dell'Educazione Attiva) per cui l'obiettivo principale sarà quello di presentare contesti ove ogni partecipante possa fare un'esperienza in prima persona. Infatti non tutte le attività che andremo a fare saranno riproponibili nei contesti educativi, ma serviranno a noi adulti per mettersi in gioco. Le proposte di esperienze sono illustrate nella scheda in allegato (“Io mi presento te”. Riflessioni dei partecipanti Tutto il tempo a disposizione è stato impiegato per lo svolgimento delle attività proposte, per tanto non è stato possibile avviare la riflessione necessaria. Al termine della prima esperienza il docente ha messo in risalto alcuni aspetti significativi su cui riflettere

� Responsabilità che abbiamo quando raccontiamo qualcuno ad altri � L’opportunità di essere presenti quando qualcuno ci racconta ad altri

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SECONDO INCONTRO. LABORATORIO EMOZIONI Docenti: Collacchioni, Borin, Equipe Cemea Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Introduzione della formatrice Luana Collacchioni. Oggi nella scuola si valorizza molto la dimensione razionale, ma lavorare con la dimensione corporea e emozionale è indispensabile per noi e per i bambini. A fronte del concetto di Cartesio che diceva penso e dunque sono, oggi si potrebbe dire sento, penso e quindi sono. Valorizzare la dimensione corporea e le emozioni, non significa perdere l’aspetto razionale poiché le diverse dimensioni sono correlate tra loro. Le attività che proporremo oggi ci permetteranno di sperimentare la dimensione corporea e quella emozionale, esse vogliono incidere con un intento sensibilizzante sulla professionalità. La prima sarà un’attività legata alla corporeità e la seconda un attività di ascolto di una storia che ci farà riflettere sul tema del dolore. Si condivide infatti come l’alfabetizzazione emozionale sia un canale da coltivare con i bambini per il loro benessere. Non siamo abituati ad occuparci delle emozioni negative, che devono essere ascoltate, accolte e gestite con equilibrio. Ad esempio la manifestazione dell’ansia non è un’emozione di cui aver paura, ma è importante manifestarla con equilibrio (ne poca ne tanta), questo ci permette di avere una giusta dose di tensione emozionale. Le proposte di esperienze sono illustrate nelle schede attività in allegato. Riflessioni dei partecipanti Al termine della prima attività , in ciascuno dei due gruppi i partecipanti si confrontano e condividono le proprie considerazioni. A seguito riportiamo quanto emerso durante questo momento nei due gruppi: Primo gruppo:

- Imbarazzo. Qualcuno dei partecipanti esprime l’imbarazzo iniziale provato, assieme alla fatica ad entrare in contatto con lo sguardo delle persone non conosciute durante l’attività.

- Camminare. Un’altra difficoltà è stata per qualcuno quella di camminare senza una meta, una finalità, cosa che non siamo abituati a fare (“non camminiamo più per camminare e basta, ma sempre per andare da qualche parte o facendo qualcosa”). Sempre a proposito del camminare, i partecipanti discutono sulla tendenza ad assumere tutti lo stesso passo e la stessa direzione, per cui qualcuno si è imposto di andare in controtendenza, non senza imbarazzo. Rispetto alla consapevolezza corporea a cui le educatrici e le insegnanti sono state invitate, si riflette sul fatto che normalmente si fa poca attenzione a questo aspetto (“camminiamo sempre con la borsa, o con più borse essendo insegnanti, velocemente”). Il camminare richiama ad una

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sorta di metafora sul percorso, sulla vita: “camminare è continuamente perdere e ritrovare l’equilibrio. Sentire il nostro corpo ci fa sentire che ci siamo, qui ed ora, e che ci siamo, dentro il nostro corpo, a volte più comodi, a volte più scomodi”.

- Tendenza a razionalizzare. Interessanti le riflessioni di alcuni partecipanti, che riportano di aver iniziato ad un certo punto a razionalizzare l’attività che si stava facendo, per esempio concentrandosi per cercare di memorizzare i nomi di tutti i presenti.

- Rispetto del tempo e dello spazio altrui. Si riflette sul fatto che nei movimenti compiuti si è stati estremamente attenti a non entrare nello spazio altrui e si è lasciato il tempo ad ognuno di partecipare con un tempo e modo propri.

- Finalità. Il gruppo riflette poi sulle finalità di tale attività, che appare legata, nella fase iniziale a portare l’attenzione sull’importanza della consapevolezza del nostro corpo e dei nostri movimenti nello spazio in relazione agli altri, e nella fase finale, (durante la quale si è stati invitati ad assumere la posizione di un collega a scelta) legata al mettersi nei panni dell’altro.

Secondo gruppo:

- La stanza a disposizione per l’attività è molto piccola, camminare per qualcuno corrisponde alla metafora de l’ora d’aria in carcere, tutti intorno stessa direzione. Alcune persone inseriscono varianti di passo e di direzione per cambiare la situazione. Si riflette su quanti modi camminare esistono. Il fermarsi ha permesso di vedere sia lo spazio che le persone da punti di vista e prospettive diverse, con scoperte per alcuni sempre nuove.

- Dire il proprio nome ad alta voce, qualcuno ha percepito una modulazione di tonalità quasi un ritmo musicale. In altro caso la ripetizione continuata di un nome ha creato disagio, percepita come ossessione. La possibilità di ascoltare se stessi e ascoltare gli altri è una dimensione importante se se ne creano le condizioni (spazi, tempi, silenzi…).

- Mettersi accanto a una persona e assumere la sua posizione, fa riflettere sulla condizione di scegliere ed essere scelti, la scelta è vista come responsabilità, essere scelti come condizione gratificante.

Al termine della seconda attività proposta (ascolto della storia “Il criceto di Oliver: la gestione del dolore”, tratta da “Il Quoziente Emotivo”di Filliozat, vedi allegato), l’intero gruppo aula si ritrova in plenaria per riflettere insieme sulle esperienze svolte. Il confronto è ricco di spunti interessanti dal punto di vista professionale. Cerchiamo di sintetizzare i punti maggiormente condivisi:

- non si è abituati ad affrontare con i bambini temi relativi alle emozioni negative, ma se ne percepisce il bisogno: per poter reagire ed affrontare le situazioni dolorose, occorre avere il tempo ed il modo di poterlo fare, occorre che il bambino percepisca di avere la possibilità di esprimere le sue emozioni e che queste non siano negate, ma accolte ed ascoltate. Si condivide che è

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compito del professionista educatore ed insegnante preservare tempo e spazio di ascolto autentico ed accoglienza, del bambino e della famiglia.

- Il testo appare comunque giudicante nei confronti di questo padre (vengono usate parole etichettanti, che lasciano poco spazio ad una possibile evoluzione, ad un eventuale cambiamento, alla dinamicità che c’è sempre in una situazione): si riflette su come sia importante, per il ruolo che si ricopre, comprendere il perché un genitore si comporti in un certo modo. Questo ci aiuta a “metterci nei panni dell’altro” e a mantenere un approccio positivo nella relazione con le famiglie, necessario per poter intraprendere dei cambiamenti.

Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Le esperienze proposte, alla luce delle riflessioni emerse, hanno portato senza dubbio l’attenzione di educatrici ed insegnanti sull’importanza del lavorare sulla consapevolezza del proprio corpo, da un lato, e sulla conoscenza delle emozioni, dall’altro. Come professioniste, è necessario interrogarsi inoltre su quale ruolo, quale competenze e quali strumenti educativi occorre mettere in atto in alcune circostanze delicate. È importante capire cosa succede in una famiglia e nel contesto professionale, ricordandosi che non abbiamo un ruolo psicoterapeutico, ma necessariamente dobbiamo stabilire delle relazioni significative, ascoltare, accogliere con cura e attenzione, le difficoltà che le famiglie ci possono portare. La seconda esperienza (l’ascolto della storia) ha permesso appunto di fermarsi su questo aspetto. Nota: la ricchezza degli spunti emersi avrebbe bisogno di maggiore tempo, di più respiro per essere affrontati a fondo, tuttavia consentono alle coordinatrici che hanno partecipato di riprendere gli spunti nei gruppi di lavoro e nei collegi e di approfondire in maniera mirata e contestuale. Viene consegnato a ciascun partecipante un test di quoziente emotivo (Filliozat, 1997, trad. it. 2002) che ciascuno potrà elaborare per conto proprio per stabilire il termometro personale sulle emozioni (vedi allegato).

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TERZO INCONTRO. LABORATORIO GIOCO Docenti: Collacchioni, Nesti, Equipe Cemea Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta La formatrice Luana Collacchioni invita i partecipanti a riflettere su quanto avvenuto nel primo incontro di formazione, in quanto il tempo a disposizione non era stato sufficiente per la discussione finale sull’esperienza. Alcuni partecipanti riportano il piacere del raccontare e raccontarsi, ma al tempo stesso evidenziano la fatica: cosa scelgo di raccontare? Di me e dell’altro. L’attività ha aperto una riflessione sul come ascoltiamo l’altro e sulla responsabilità di raccontare se stessi e gli altri. Per quanto riguarda l’incontro odierno, verranno proposti una serie di giochi, come spunti per riflettere su che cosa si intenda per gioco ed attività ludica, che può essere concepito come uno dei fili rossi della continuità. Si inizia con il gioco dei Post-it: ogni partecipante deve scrivere con un pennarello colorato la prima parola che gli viene in mente pensando alla parola giocare e attaccare poi il post-it su un cartellone posto al centro della stanza. Formazione di due gruppi per attività: 1 gruppo attività al tavolo: Legnetti – Rotoli di cartone di varie dimensioni - Libri 2 gruppo filastrocche cantate e mimate con le mani, con i piedi e con il coinvolgimento di tutto il corpo I gruppi dopo aver sperimentato i vari giochi si scambiano le attività Riflessioni dei partecipanti Queste le considerazioni emerse dal confronto finale del gruppo:

- piacevolezza, rilassatezza e libertà nel gioco; - i giochi cantati uniscono le persone, anche attraverso il contatto fisico; - opportunità di accompagnare i bambini all’inizio di un gioco; - sperimentazione della creatività individuale ed apertura di nuove possibilità di

fronte agli stimoli che ci danno gli altri con la loro creatività; - necessità di uno spazio ed un tempo individuali, per giocare da soli, e di uno

spazio e di un tempo condivisi, per giocare insieme; - la sperimentazione dei libri come materiale per giocare apre riflessioni

contrastanti: per alcuni è opportuno aiutare i bambini a usare i libri nel modo per il quale i libri sono pensati, in considerazione del fatto che un bambino piccolo ha necessità di conoscere la realtà per come è, per poi con gli strumenti appresi poterla rielaborare per altri invece il libro può essere usato in diversi modi (impilati, usati come costruzioni) rispetto all’utilizzo per il quale il libro è progettato e questo permetterebbe di avvicinarsi al libro in maniera originale. Tutti condividono comunque il fatto che il libro sia un oggetto che vada sempre rispettato.

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QUARTO INCONTRO. LABORATORIO GIOCATTOLO Docenti: Collacchioni, Livi, Equipe Cemea Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Luana Collacchioni invita i partecipanti a condividere osservazioni e riflessioni sulle esperienze fatte finora. Nessuno dei partecipanti interviene. La docente chiede ai partecipanti quale sia la differenza tra gioco e giocattolo. Su questo interrogativo si introduce il tema di oggi: il giocattolo. Giacomo Livi presenta l’attività descrivendola come centrata sull’ascolto tattile, uditivo ed emozionale. Ci si divide in due gruppi. Le proposte di esperienza sono descritte nelle schede attività. Riflessioni dei partecipanti I partecipanti condividono la piacevolezza dello stare in ascolto attraverso i diversi sensi. Vengono raccontati in gruppo i passaggi che ciascuno ha fatto nell’esplorazione e nella scelta del materiale e nella realizzazione del proprio giocattolo. Si riflette sull’importanza di fermarsi e stare nella situazione, di entrare in contatto con il materiale per conoscerlo a fondo. Si valorizza l’importanza del messaggio che ci possono dare le piccole cose, decontestualizzare l’oggetto, per riscoprirlo in vesti nuove, ci apre un mondo. Esplorare a occhi chiusi ci permette di acutizzare gli altri sensi, riconoscendo l’invadenza di alcuni organi sensoriali, che sono predominanti nell’approccio alla conoscenza. E’ interessante notare come qualcuno abbia ricercato, attraverso diversi tentativi, il proprio suono e su tale ricerca abbia basato la scelta dei chicchi. Altri invece hanno scelto i materiali guidati dalla piacevolezza nella loro esplorazione attraverso il tatto. Per qualcuno l’esplorazione lenta e attenta dei chicchi ha evocato immagini e scene del passato, per cui la successiva scelta di quel materiale significativo è stata di carattere affettivo. Qualcuno riflette sull’affiancare al racconto di una storia un suono ricercato, che attira l’attenzione dei bambini. La conduttrice dell’esperienza, Nora, fa sintesi delle considerazioni emerse riportando il focus sul giocattolo. Qualche partecipante riporta la propria esperienza di giocattolo che si costruiva nel tempo (una casa per la bambola), attraverso materiali di recupero. Il giocattolo assume un maggior valore se è costruito dal bambino stesso, o dal bambino assieme ad un adulto significativo, e se gli viene dedicato del tempo. Il giocattolo permette di scoprire le potenzialità delle cose, di costruire (tra i giochi più apprezzati dai bambini stanno sempre le costruzioni). In generale ci affezioniamo agli oggetti che costruiamo da noi, gli diamo un valore perché ci dedichiamo un tempo, scegliamo degli oggetti invece di altri e questo ci da un potere di agire e di giocare il nostro giocattolo.

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Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche L’esperienza fatta e le riflessioni condivise suggeriscono alcune importanti considerazioni sul lavoro con i bambini al nido e a scuola, che si possono così a grandi linee sintetizzare:

- l’importanza del coltivare, e del continuare a coltivare, l’esplorazione delle cose attraverso i diversi sensi;

- il guidare i bambini in queste esplorazioni, predisponendo il contesto in modo appropriato;

- utilizzare i materiali e confezionarli per raccontare piccole storie - favorire la costruzione da parte del bambino stesso dei giocattoli

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QUINTO INCONTRO. LABORATORIO GRAFICO-PITTORICO Docenti: Collacchioni, Cometto, Equipe Cemea Introduzione Collacchioni introduce l’incontro conclusivo soffermandosi sul concetto di continuità. A quale continuità ci riferiamo in questo corso? Alla continuità tra nido e scuola dell’infanzia, tra scuola dell’infanzia e scuola primaria, tra scuola e famiglia e territorio, tra le insegnanti che partecipano al corso e le insegnanti dei collegi e dei gruppi di lavoro di appartenenza. Ma soprattutto, ci riferiamo alla continuità intesa come forma mentale, come modo di pensare, come approccio. Attraversiamo, come persone e come professionisti, un passaggio paradigmatico: da un paradigma di pensiero lineare ad un paradigma complesso, che permette di vedere la realtà in modo complesso, reticolare, da diversi punti di vista, di vedere nuove possibilità ed aperture. Incarnare questo paradigma implica un atteggiamento di apertura e di accoglienza. Ancora, parliamo di continuità come coerenza, che è uno degli aspetti fondamentali delle professioni educative. La coerenza è la continuità tra ciò il nostro pensiero e le nostre azioni, tra ciò che si dice ai genitori e ciò che si fa con i bambini.

Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Roberta Cometto introduce il laboratorio odierno, che sarà costituito da una parte di lavoro individuale ed una parte di lavoro gruppale. Si allega la scheda dell’attività. Riflessioni dei partecipanti Insegnanti ed educatrici si confrontano sull’esperienza individuale e collettiva, a partire dalla scelta del colore, per arrivare a riflettere su come si è integrata la propria esperienza pittorica individuale in quella successiva gruppale. La conduttrice del laboratorio, Cometto, invita a riflettere su che cosa significhi proporre un solo colore. Proporre un solo colore introduce un limite, ma si tratta, forse, di un limite che offre la possibilità di sperimentare con maggiore profondità il colore, di trovare modalità inusuali di utilizzarlo. La pedagogista Collacchioni chiede ai partecipanti di condividere le proprie considerazioni sul corso nel suo complesso. Risulta gradita la connotazione pratica del corso, che ha permesso di “mettersi nei panni dei bambini”: tale esercizio mentale consente di avviare una riflessione sugli atteggiamenti e sulle proposte adottate nei servizi coi bambini. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche

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Le considerazioni emerse dal “fare”, dall’essersi messi nei panni dei bambini, possono rappresentare per educatrici ed insegnanti degli stimoli per riflettere su alcuni aspetti del proprio lavoro:

- quale tipo di contesto predisporre per favorire il benessere dei bambini? - quali tipi di proposte fare ai bambini, così che possano sperimentare i

materiali ed esprimersi in modo originale e creativo? - quali condizioni permettono al bambino di esprimersi liberamente? Come

diamo lo spazio ed il tempo ai bambini di accogliere la proposta, di scegliere un modo per stare nell’attività e per svolgerla?

- È necessario ripartire dalla continuità dal corso di formazione al collegio docenti/al gruppo di lavoro, per condividere con le colleghe gli spunti di riflessione emersi, affinché possano essere poi coltivati nella quotidianità dei servizi.

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IL PERCORSO DEL QUARTIERE 3

Pedagogista di riferimento : M. Baretta Monitoraggio e documentazione : L. Boncristiani, S. Soverini Sede: Scuola dell’Infanzia Fortini, Nido Cucù

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PRIMO INCONTRO. LABORATORIO GRAFICO-PITTORICO Docenti: M. Baretta ed Equipe Cemea Introduzione La docente M. Baretta presenta i contenuti e le metodologie che saranno utilizzate nei cinque incontri programmati. Il filo conduttore di tutti gli incontri sarà la continuità tra Nido e Scuola dell’ Infanzia per favorire la conoscenza e lo scambio tra queste due realtà educative. Verrà utilizzata una metodologia attiva, tipica dell’ associazione Cemea, che proporre esperienze dirette con l’obiettivo di “mettersi in gioco”, condividere riflessioni e trarne linee pedagogiche e stimoli per crescere insieme. Le attività presentate sono rivolte a persone adulte, ma sarà interessante riflettere su come riproporle ai bambini. Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta M. Baretta introduce il laboratorio odierno, che sarà costituito da due momenti, il primo individuale e il secondo di gruppo. Vedi scheda CEMEA “Viaggio nel colore”. Riflessioni dei partecipanti I partecipanti si confrontano sull’esperienza fatta, partendo dal significato del segno grafico e dai contenuti che stanno dietro gli “scarabocchi dei bambini”. La discussione riprende dall’ osservazione di come un colore faccia risuonare sempre qualcosa di specifico dentro ciascuna persona. Tutte notano come ogni singolo colore richiami ricordi ed emozioni,. Infatti nel corso del Laboratorio la scelta del singolo colore è stata dettata da motivazioni ben precise e si osserva che anche i bambini esprimono, a volte, attente preferenze. Poi la discussione si sposta all’analisi di come l’attività individuale si sia integrata in quella di gruppo. Ci si chiede come riportare questa esperienza, giudicata piacevole e stimolante, ai bambini, perché i modi di utilizzare il colore sono davvero tanti. Si riflette sugli atteggiamenti e sulle proposte educative adottate nei Nidi e nelle Scuole dell’Infanzia. Emerge dal gruppo l’idea di riproporre questa attività così come è stato vissuta nel corso del Laboratorio odierno. La docente osserva che forse l’esperienza è piaciuta perché, nel corso del Laboratorio, i partecipanti si sono “messi in gioco” senza produrre stereotipie, quindi l’attività pittorica può essere presentata ai bambini anche senza “dirci” niente sopra, come momento di libera espressione. Permettendo ai bambini di sperimentare i materiali si offre loro un’ esperienza interessante, quella di giocare in libertà col colore.

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Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Le considerazioni emerse riguardano non solo le attività presentate, ma anche l’analisi del contesto:

- si può giocare col colore per favorire momenti di libera espressione dei bambini;

- non è necessario rappresentare sempre qualcosa, è importante anche permettere la libertà di sperimentare materiali e tecniche pittoriche, naturalmente in una cornice di regole di comportamento;

- è importante offrire l’ opportunità di scegliere colori, strumenti e supporti per favorire l’espressione personale dei bambini.

SECONDO INCONTRO. LABORATORIO EMOZIONI Docenti: M. Baretta, P. Borin, L. Collacchioni, R. Cometto, Equipe Cemea Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta P. Borin introduce l’incontro dicendo che sarà costituito da due momenti, uno esperienziale e l’altro riflessivo. La prima proposta avrà come obiettivo la sensibilizzazione all’ascolto del corpo, riguarderà la percezione di sé stessi come io corporeo per permettere ai partecipanti di sperimentare la dimensione corporea, la seconda proposta sarà costituita da una riflessione di gruppo sulla dimensione emozionale. Prima di iniziare, P. Borin chiede ai partecipanti se ci sono osservazioni sull’incontro precedente. Un’educatrice ha riflettuto sull’importanza di rispettare le preferenze espresse dai bambini durante per un determinato colore. P. Borin osserva che a volte le proposte degli adulti non sono congruenti, si chiede ai bambini di manifestare gusti e preferenze e poi non si dà loro possibilità di scelta. Su richiesta di una partecipante, assente la volta scorsa, viene fatto un breve riepilogo dell’esperienza del 29 Gennaio integrando i commenti dei partecipanti con le considerazioni di M. Baretta e L. Collacchioni. M. Baretta ribadisce l’importanza di far esplorare il colore ai bambini dedicando il tempo necessario a questa esperienza. L. Collacchioni osserva che quando i bambini sono lasciati liberi di esprimersi, il lavoro esce dagli stereotipi ed emergono significati originali. L. Collacchioni presenta l’incontro odierno dicendo che l’obiettivo del Laboratorio è quello di lavorare su sé stessi, perciò le esperienze avranno una dimensione corporea. Il corpo veicola le emozioni, e attraverso il corpo esprimiamo il nostro sentire emozionale e affettivo. Oggi nella scuola si valorizza molto la dimensione razionale, ma lavorare con la dimensione corporea ed emozionale è indispensabile sia per gli adulti che per i bambini. Vedi scheda allegata “Emozioni. Lo spazio: sé e gli altri”.

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Riflessioni dei partecipanti Al termine della prima attività , si condividono emozioni e considerazioni. Una partecipante si è sentita svuotata, stanca, parla del fastidio nel dover cambiare passo nella stanza ed incrociare durante il percorso altre persone, al contrario un’ altra partecipante si è rilassata. Una partecipante esprime il fastidio vissuto nel dover pronunciare il proprio nome, al contrario del piacere provato nello stare in silenzio ascoltando i rumori provenienti dal giardino, il canto di un merlo. Per una partecipante è stato bello mettersi in gioco dopo una giornata stressante. Qualcuna dice che aveva bisogno di un ritmo lento e un’altra di maggiore attività. Una partecipante ha ascoltato con piacere le voci degli altri. A qualcuna è piaciuto sentirsi chiamare, sentire pronunciare il proprio nome da un’altra persona. Si riflette sul fatto che nel pronunciare i rispettivi nomi, nessuno si è mai sovrapposto. Durante il “gioco” sono stati rispettati lo spazio e il tempo degli altri. L. Collacchioni presenta la seconda esperienza dicendo che per quante parole si usino, non è mai facile esprimere un’emozione e non è facile riconoscerla. E’ importante riflettere su quegli episodi nei quali pensiamo che sia giusto agire in un certo modo, ma poi non riusciamo a farlo. Gestire una perdita, un lutto, rientra tra le situazioni più difficili da affrontare. Di solito non siamo abituati ad occuparci delle emozioni negative, che invece devono essere ascoltate, accolte e gestite con equilibrio L. Collacchioni legge una breve storia “Il criceto di Oliver: la gestione del dolore” tratto dal libro di I. Filliozat “Il quoziente emotivo”. I partecipanti si dividono in due sottogruppi per commentare la storia. Poi tutti si ritrovano in plenaria. Un “portavoce” per ciascun sottogruppo riporta i contenuti emersi integrato dagli interventi degli altri partecipanti. La breve storia del criceto di Oliver ha innescato molti ricordi, sia personali che professionali, a volte molto toccanti. Si riflette sul tema della perdita e della gestione del dolore. Vengono riportati alcuni episodi vissuti con i bambini e con le famiglie. Il confronto è ricco di spunti:

- per poter reagire ed affrontare situazioni dolorose, occorre che il bambino senta di avere la possibilità di esprimere le proprie emozioni e che queste non verranno negate, ma accolte ed ascoltate. Si condivide che è compito dell’ educatrice e dell’ insegnante dedicare tempo e spazio all’ ascolto autentico ed all’ accoglienza sia del bambino che della famiglia.

- La storia del criceto di Oliver appare giudicante nei confronti del padre: si riflette su come sia importante, per il ruolo che si ricopre nel Nido e nella Scuola, comprendere le motivazioni che determinano i comportamenti delle famiglie. Questo ci aiuta a “metterci nei panni dell’altro” e a mantenere un approccio positivo nella relazione con i genitori.

- In conclusione si osserva che non si è abituati ad affrontare con i bambini i temi relativi alle emozioni negative.

Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Per quanto riguarda la prima esperienza si riflette sul fatto che si è verificata un’imprevedibile attenzione per i tempi di tutti, come se tutti rispettassero delle

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regole non scritte, così come avviene per il canto dove c’è bisogno di coralità, ma anche di pause e silenzi. Il chiamarsi, pronunciare il proprio nome, è stato vissuto con una certa titubanza, perché non si è soliti farlo. Si riflette come sia importante per ogni esperienza darsi tempo e dare tempo. I partecipanti osservano quanto sia piacevole dire il proprio nome senza sovrapporsi, come se si facesse parte di un gruppo già collaudato e si rispettassero regole non scritte. L. Boncristiani osserva che questo “clima” non sempre si ritrova nei gruppi di lavoro, dove accade che ci si parli addosso, senza attenzione per l’altro. R. Cometto dice che la situazione insolita, proposta nel Laboratorio, ha portato al rispetto delle regole e di conseguenza al non parlarsi addosso. P. Borin riflette sul commento di una partecipante “Mi è piaciuto sentirmi chiamare”, questo dipende dal contesto in cui ciò accade: come veniamo chiamati e da chi. L . Collacchioni interviene dicendo che nel modo in cui pronunciamo un nome ci sono tanti significati. Questo ci deve far riflettere sul fatto che chiamare i bambini in un modo, anziché in un altro, può provocare un effetto piacevole o spiacevole. Per quanto riguarda la seconda esperienza L. Collacchioni osserva che nella dimensione emozionale il lutto è molto difficile da gestire. In queste situazioni è preferibile accogliere la sofferenza altrui, anziché far finta di niente. Le emozioni devono essere comprese e accolte, senza sminuire il vissuto emozionale. In questi casi è molto importante l’accompagnamento, la vicinanza, la ritualità. Rifacendosi alle riflessioni dei partecipanti osserva che assistere ai funerali può essere un passaggio importante, perché la morte fa parte della vita. A volte gli adulti vogliono proteggere dal dolore i bambini, ma non serve “nascondere” e più importante accompagnare. M. Baretta interviene dicendo che quando si ha a che fare con emozioni così importanti non può esserci una ricetta applicabile in tutti i casi, è importante vivere con autenticità questi momenti, che fanno parte della storia personale di ognuno. L. Boncristiani osserva che per “accompagnare” un bambino o un genitore, che vivono un’emozione così intensa, è importante sospendere il giudizio. La sospensione del giudizio e la capacità di provare empatia vanno di pari passo. La sospensione del giudizio è un segno di rispetto per l’altro, per le sue capacità e per i suoi limiti. Anche il padre di Oliver avrà pensato di fare la cosa migliore per il suo bambino ed anche lui non va giudicato ma accompagnato. Alla fine dell’incontro, viene consegnato a ciascun partecipante un test di quoziente emotivo (Filliozat, 1997, trad. it. 2002) che ciascuno potrà elaborare per conto proprio per stabilire il termometro personale sulle emozioni.

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TERZO INCONTRO. LABORATORIO NARRAZIONE Docenti: P. Borin, M. Baretta

Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta L’incontro inizia con un giro di riflessioni sull’esperienza precedente. Un’educatrice racconta di aver condiviso con le colleghe ciò che è emerso dal Laboratorio sulle Emozioni e la riflessione su questi temi le ha rincuorate. I presenti si domandano come affrontare il vissuto emotivo dei bambini per poter lavorare in continuità tra i servizi utilizzando la comunicazione con le famiglie. Si lamenta una carenza di confronto tra famiglia e Nido/Scuola rispetto ai vissuti dei bambini. Si ritiene importante la collaborazione tra genitori e servizi educativi/scolastici per accogliere i bambini nel loro dolore, rispettando le emozioni e dando ad ognuno il tempo necessario. Viene messa in rilievo la necessità di utilizzare un atteggiamento empatico e un linguaggio adeguato sia sul piano verbale che non verbale. Alcuni partecipanti suggeriscono che sarebbe utile, in un prossimo incontro, approfondire il tema del sostegno ai genitori nel passaggio Nido-Scuola dell' Infanzia. In conclusione tutti sono concordi nel dire che i temi da approfondire sarebbero ancora molti. Vengono presentate le attività del Laboratorio sulla Narrazione. Per la prima proposta i partecipanti si dispongono a coppie: gioco di ascolto e racconto dell'altro. Per la seconda proposta è previsto un lavoro a piccoli gruppi: racconto del “profilo immaginario” di una persona partendo da oggetti contenuti in una scatola. Vedi schede allegate in fondo al documento: ”Io mi presento te” e “Le scatole della memoria”. Riflessioni dei partecipanti Si rileva che in merito alle “Storie in Scatola”, non c'è conoscenza da parte delle insegnanti del loro utilizzo al Nido, così le educatrici condividono le loro esperienze sull’uso delle scatole magiche. Le parole-chiave intorno alle quali il gruppo si confronta sono: ascolto, accoglienza, empatia e comunicazione. Tutte ritengono necessario lavorare in continuità sui bambini facendo riferimento ai progetti piuttosto che alle attività. Le insegnanti raccontano di utilizzare soprattutto il linguaggio verbale per aiutare i bambini ad elaborare i loro vissuti emotivi, e chiedono a quali strategie si ricorra al Nido. Le educatrici ed i docenti parlano dell’utilizzo del linguaggio non-verbale.

Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Ai partecipanti piace l’idea di utilizzare scatole narranti per raccontare storie attraverso gli oggetti. E’ condivisa la necessità di confrontarsi sulla continuità Nido/Scuola Infanzia per informare e preparare i genitori ai tempi e alle modalità diverse che incontreranno a Scuola, e individuare strumenti per aiutare i bambini ad affrontare situazioni di disagio e più in generale a sostenerli nel loro percorso di crescita.

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QUARTO INCONTRO. LABORATORIO SUL GIOCO Docenti: M. Baretta, E. Conti, Equipe Cemea Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta

L’incontro inizia con alcune riflessioni relative al Laboratorio precedente sulla Narrazione. Si invitano le partecipanti a riportare al gruppo osservazioni, riflessioni, ecc. sulle esperienze fatte al Nido e alla Scuola dell’Infanzia non solo sul tema della Narrazione, ma complessivamente sul percorso fatto fino ad oggi. I contributi sono vari:

- “l’ultimo incontro mi ha offerto meno stimoli rispetto ai precedenti; - è stato piacevole mettersi nei anni di un'altra persona; - ho proposto ai bambini il lavoro con i colori giallo, rosso e blu. I bambini hanno

scelto liberamente di utilizzare spugne, pennelli e/o le mani. L’esperienza è stata positiva, ma non sempre si può fare, perché il lavoro scolastico deve essere finalizzato;

- anche la sperimentazione dei colori è un lavoro finalizzato; - quella sul colore è un’esperienza più facile da riproporre ai bambini rispetto alle

altre.” Per quanto riguarda l’incontro odierno, i docenti spiegano che verranno proposti una serie di giochi, come spunti per riflettere su che cosa si intenda per gioco e per attività ludica, dato che il gioco può essere considerato come uno dei fili rossi della continuità educativa. Si inizia con il primo gioco: ogni partecipante deve scrivere su un foglietto la prima parola che gli viene in mente pensando al termine giocare e poi attaccare il foglietto su un cartellone posto al centro della stanza.

Per la seconda proposta i partecipanti si dispongono in cerchio, con la consegna di parlare il meno possibile, e si ridistribuiscono secondo le seguenti modalità:

- per ordine alfabetico cercando di ricordarsi i nomi; - per numero di scarpe; - per mese di nascita.

Poi vengono proposti una serie di giochi cantati e filastrocche con varie modalità di esecuzione: in cerchio con una persona al centro che fa da “cavaliere”, giochi e filastrocche da scandire con le mani, con i piedi, in braccio all’adulto, ecc. Infine le partecipanti si dividono in tre sottogruppi: il primo utilizza i legnetti, il secondo rondelle di cartone di grandezza diversa, l’ultimo i libri. In conclusione viene chiesto alle partecipanti di ripensare alle parole scritte inizialmente riferite al termine gioco. Riflessioni dei partecipanti Innanzitutto si osserva che uno stesso gioco assume significati diversi a seconda di come si presenti. Alle parole scritte in precedenza si aggiungono: sperimentare ed aggregarsi Alcune riflessioni dei partecipanti: “Il contesto fa la differenza, a seconda che si giochi da soli, parallelamente agli altri, oppure insieme agli altri. E’ importante il rispetto delle regole e delle altre persone.

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Quando un gioco piace non si vuole cedere il proprio posto. Con lo stesso materiale si possono sperimentare più possibilità di gioco. I libri si possono usare difficilmente in modo non strutturato, non hanno un risvolto ludico. All’inizio non era chiaro cosa fare con i rotoli, ma è nato un gioco condiviso. Volevamo utilizzare il libro giocando con le parole. C’è soggezione e rispetto per i libri. I libri sono vissuti come noia. Nel perdere il posto a sedere ci siamo sentite un po’ frustrate. E’ opportuno cambiare gioco quando non si hanno stimoli sufficienti, come è successo con i legnetti e / o con le rondelline. Un gruppo si è chiuso non accettando altri partecipanti. Si individuano modalità di approccio diverse a seconda che ci si confronti con il materiale o con i compagni. A volte si preferisce giocare da soli e gli altri ci danno fastidio. Il gioco della sedia è da proporre ai bambini, per dare loro la possibilità di correre in classe all’interno di un gioco strutturato, in una cornice di regole definite.” Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Nel gioco si esprimono anche emozioni negative, si corrono dei rischi, ci si confronta con la sconfitta, con la competizione, ci si sfida. E’ importante chiedersi. per ogni gioco proposto, che tipo di comportamenti e di emozioni stimoli, cosa mettiamo in campo: possibilità di conflitti, competizione, cooperazione, stare al centro, sperimentare gli spazi, sperimentare il senso del ritmo e del tempo e di conseguenza proporre giochi coerenti in cui si riflettono le opportune scelte pedagogiche. QUINTO INCONTRO. LABORATORIO GIOCATTOLO Data: 26 Marzo 2014 Sede: Scuola Fortini Docenti: M. Baretta, L. Landi, G. Livi

Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta M. Baretta introduce l’incontro facendo riferimento alle considerazioni emerse la volta precedente sul tema del gioco: come gli adulti utilizzano modalità e tempi diversi, così fanno i bambini. I partecipanti raccontano come hanno utilizzato le esperienze del corso CEMEA nel lavoro quotidiano. Un’insegnante ha riproposto la canzone del “Cavaliere” ed i bambini hanno risposto con la modalità anticipata dell’educatrice: “tutti vogliono stare al centro”. Un’insegnante ha sperimentato il lavoro con i colori (Laboratorio Grafico-Pittorico). I bambini di 3 e 4 anni si sono divertiti molto, anche se all’inizio si sono mostrati titubanti di fronte alla consegna di non dover far niente, ma solo di esplorare il colore. Ad un’educatrice è servito far riferimento al Laboratorio sulle Emozioni per affrontare con una collega il tema della gestione del lutto. M. Baretta interviene dicendo che l’esperienza deve diventare un terreno di confronto qualunque sia il settore di riferimento: gioco, emozione o colore. La formatrice nota come da ogni Laboratorio sia stato ricavato qualcosa da riportare nell’esperienza quotidiana. I partecipanti si dividono in due sottogruppi per il Laboratorio sul giocattolo.

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Vedi la scheda allegata: ”Le scatoline sonore”. Riflessioni dei partecipanti Gruppo 1: Al termine dell’esperienza G. Livi chiede ai partecipanti cosa ha suscitato in loro il rumore delle “scatole sonore” che hanno realizzato. A qualcuna il “suono” della scatola ricorda le onde del mare, mentre la sensazione tattile dell’orzo le ricorda la finezza della sabbia. Per la decorazione ha scelto carte morbide e una carta oleata che non è solita usare, ma di cui ha apprezzato la resa coloristica. Un’ educatrice è stata attratta dall’idea delle onde del mare e dal suono della risacca che le ricorda il sottofondo sonoro utilizzato per addormentare i bambini al Nido. Ha pensato anche al “bastone della pioggia”. Ha scelto couscous e riso per l’interno della scatola e per il rivestimento esterno ha utilizzato anche carta ondulata che “suona come un gabbiano arrabbiato”. Un’altra educatrice racconta che ha voluto riprodurre, con couscous e riso, il rumore delle onde che s’infrangono sulla spiaggia di S. Vincenzo. Ha confezionato la scatola come se fosse un regalo. Un’educatrice racconta che il contatto col couscous le ricorda la sabbia sottile che s’intrufola ovunque. Per l’interno della sua scatola ha scelto riso e lenticchie. Un’insegnante racconta che si è concentrata sul ritmo piuttosto che sulla situazione. Ha cercato di riprodurre un ritmo “circolare” come il suo ritmo vitale in questo momento della sua esistenza. Un’altra insegnante ha pensato alla spiaggia dei “Chicchi di Riso” di Is Arutas in Sardegna. Ha cercato di riprodurre un ritmo calmo, per far questo ha continuato a riempire la scatola di riso sperimentando che il suono diventava via via più tenue. Alla fine del giro G. Livi propone di mettere insieme tutti i suoni per evocare una “scena sonora” legata al mare. La coordinatrice L. Boncristiani osserva che durante il Laboratorio ha notato la lentezza dei gesti, il silenzio, la concentrazione, l’attenzione a ciò che è piccolo. Le è venuto in mente come sia bello, quando per pochi istanti si crea nelle classi qualche momento di “silenzio perfetto” non dovuto alla coercizione, ma al coinvolgimento nell’attività proposta. L. Boncristiani nota come quest’esperienza si presti molto bene ad un laboratorio per i genitori. Riunione plenaria: i partecipanti si riuniscono e vengono condivise le riflessioni emerse nei sottogruppi. Nel gruppo 2 i rumori sono stati collegati a ricordi piuttosto che ad esperienze tattili come nel Gruppo 1. Viene fatto un giro per sentire i suoni di tutte le scatole. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche M. Baretta ricorda come nell’incontro iniziale i partecipanti si sono presentati agli altri utilizzando dei segni, adesso chiede di concludere utilizzando le parole. Ogni partecipante ha a disposizione due fogli, la docente chiede di scrivere nel foglio bianco una breve riflessione su “cosa ognuno porta a casa”, qualcosa che possa servire come riflessione sul percorso fatto non solo per i partecipanti, ma anche per l’equipe Cemea; nel foglio colorato M. Baretta chiede di scrivere una sola parola da lasciare come segno alle compagne di “questo viaggio”. Al termine tutti i fogli vengono mescolati e poi letti dai presenti a voce alta.

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IL PERCORSO DEL QUARTIERE 4

Pedagogista di riferimento : R. Nesti Monitoraggio e documentazione : C. Marciano, L. Casini, L. Dainelli Sede: Scuola dell’Infanzia Pio Fedi, Nido Gallo Cristallo

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PRIMO INCONTRO. IL GIOCO Docenti: R. Nesti, R. Cometto Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta La docente chiede ai partecipanti che cosa ci viene in mente quando usiamo la parola gioco. Ognuna delle partecipanti scrive su un post-it la prima parola che viene in mente sul gioco. Le parole che maggiormente emergono sono: divertirsi, esprimersi, fantasia, ballare, conoscere, leggerezza, libertà, volare,risate, creare, ecc.). Il tema della serata, come spiega una delle conduttrici, è si il gioco in tutte le sue sfaccettature, dall’aspetto più propriamente ludico a quello con risvolti intenzionalmente educativi, ma tenendo presente che, comunque, la tematica introduce tutte le altre, come previste dal programma di formazione di quest’anno. Il gruppo viene suddiviso in due sottogruppi dove vengono proposti giochi della tradizione popolare; alcuni in gruppi, altri a coppie (es. il cavallo del bambino, filastrocche quali “andai alle fontane” e giochi con le mani per i più piccini). I giochi su cui si propone di sperimentare il piacere ed il divertimento di farli insieme, sono anche l’occasione di richiamare alla mente l’infanzia di ognuno. La pratica dei giochi proposti ha visto l’impegno, oltre che delle abilità linguistiche, anche degli arti e delle abilità motorie, cosa su cui riflettere affinché il gioco possa prestarsi come strumento di maturazione di altre abilità, oltre a quelle socio-relazionali e linguistiche. Le formatrici hanno chiesto alle/ai partecipanti di proporre giochi di loro conoscenza, sia di quelli praticati nella propria attività e sia quelli desunti dai ricordi dell’infanzia di ognuno, al fine di collegare all’esperienza forti connotazioni emozionali. Riflessioni dei partecipanti In plenaria vengono sollecitati i partecipanti con domande per riflettere sul significato del gioco. Quale è il ruolo dell’adulto nel gioco? Far giocare richiede delle competenze?

Riflessione del coordinamento Il tema si è rivelato sicuramente interessante, sia per il nido che per la scuola dell’infanzia, ma le riflessioni, anche se non numerose, e il tempo sia dell’introduzione che della discussione finale, benché non molto esteso, ha comunque consentito l’emergere di riflessioni sicuramente importanti, come l’utilità del gioco quale strumento facilitante il contatto, l’interazione e la conoscenza reciproca, la riscoperta della semplicità, del divertimento e dell’autenticità. Qualcuno ha fatto rilevare come il gioco possa prestarsi favorevolmente anche ad una più facile e leggera conduzione delle routine, dove ruoli e regole possono essere sperimentate e praticate in maniera più agevole e divertita. E poiché, secondo qualcuna delle partecipanti, il gioco consente la pratica ludica di ruoli e regole, esso dovrebbe rappresentare, nei contesti educativi dell’infanzia, la pratica

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educativa elettiva e lo sfondo necessario per ogni tipo di attività pensata ed organizzata. Ad un certo punto della plenaria di riflessione finale, la conduttrice Nesti pone ai/alle partecipanti la valutazione su cosa ci può essere del principio della continuità nel gioco. SECONDO INCONTRO. IL GIOCATTOLO Docenti: R. Nesti, G. Livi Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Il docente Giacomo Livi, che condurrà l’esperienza formativa, spiega come si svolgerà l’incontro: il gruppo si suddivide in piccoli gruppi laboratoriali e, alla fine dell’incontro, ci sarà una condivisione dell’esperienza in plenaria. Nei sottogruppi sono state allestiti, in angoli diversi, dei tavoli su cui sono stati posti dei sacchettini contenenti ognuno materiale vario: riso, couscous, lenticchie, ceci e fagioli. La prima proposta è stata quella di fare un esperienza ad occhi chiusi di tipo tattile e di manipolazione. Successivamente viene invitata ogni partecipante a scegliere una scatolina all’interno di un grande contenitore senza guardare, usando solo il tatto. Viene messo a disposizione dei partecipanti vario materiale (carta, cartone, colla, ecc.) per costruire con i semi, che sono stati precedentemente manipolati, il proprio giocattolo sonoro. Le insegnanti della scuola dell’infanzia hanno curato molto l’aspetto estetico del loro giocattolo. In plenaria ognuno ha presentato il giocattolo che ha realizzato e viene ascoltato con attenzione dal gruppo il suono che ogni oggetto emette. Successivamente, viene condivisa l’esperienza fatta a livello individuale da parte di ogni partecipante. Riflessioni dei partecipanti Le partecipanti hanno tutte condiviso l’esperienza proposta e tutte si sono espresse, con proprie valutazioni e riflessioni. L’esperienza, che è stata rilassante per la maggior parte di esse, ha suscitato molte emozioni ed evocato ricordi infantili grazie ai suoni del giocattolo da ognuno/a costruito (ad esempio un rumore ricordava ad una delle partecipanti il ticchettio della grandine sopra le grondaie nella propria casa d’infanzia a Napoli). Nella discussione sono emerse riflessioni sui comportamenti dei bambini con i giocattoli al nido, come il buttare tutti i giochi in terra come se non interessassero più. La domanda che ci si pone, allora, è “ perché questi comportamenti? Sono stanchi dei loro giochi?” Un’ educatrice ha rivelato tutta la propria contrarietà e stanchezza nei confronti dei giochi troppo strutturati che ci sono nei nidi, manifestando, talvolta, il desiderio di buttare via tutto!

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Le riflessioni e le domande sono rimaste, a volte, sospese nel vuoto. L’incontro si è interrotto, in un certo qual modo, senza avere una sua conclusione da parte del docente. Riflessione del Coordinamento Conclusivamente, si può sicuramente testimoniare che il clima, durante tutto l’incontro, è stato molto buono e le attività hanno registrato un buon livello di partecipazione, buono anche il livello di predisposizione all’ascolto tra le partecipanti e l’assenza di giudizio. L’esperienza proposta è stata intensa ed anche rilassante. TERZO INCONTRO. LABORATORIO GRAFICO PITTORICO Docenti: R. Nesti, N. Budini Gattai Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta

Il docente che guiderà il laboratorio grafico-pittorico si presenta brevemente ai/alle presenti. L’incontro si divide in due fasi: la prima nel grande gruppo, con una fase in sottogruppi e gli ultimi 20 minuti di riflessione collettiva. La prima esperienza proposta nel grande gruppo è di suddividersi in piccoli gruppi sulla base del colore preferito: giallo- rosso-blu. In seguito, ognuno realizza una presentazione di sé con un cartellino da appendersi al collo, dove disegnare un simbolo grafico che lo rappresenti. Si passa ad una suddivisione a coppie, secondo la scelta di un determinato simbolo e si spiega perché si è scelto un simbolo piuttosto che un altro. Vengono individuati tre laboratori, sulla base del colore, in tre spazi diversi, dove ognuno esplorerà un colore: il giallo, il rosso o il blu. In ogni sottogruppo, le partecipanti hanno a disposizione oltre al loro colore a tempera, acqua, pennelli vari e diversi per dimensione, spugnette e carta. Dapprima, l’esperienza sul colore viene vissuta a livello individuale su un proprio foglio e successivamente su un foglio condiviso. Le educatrici e le insegnanti esplorano le emozioni che si provano quando qualcuno ritiene che è stato invaso uno spazio personale o se il progetto che si aveva in mente viene, in un certo qual modo, distrutto dall’intervento dell’altro. Per alcune partecipanti è solo un gioco ma per altre si sperimentano emozioni forti. Successivamente i lavori realizzati nei sottogruppi vengono presentati e sottoposti a condivisione nel grande gruppo.

Riflessioni dei partecipanti Una delle riflessioni principali riguarda il posizione dell’adulto nei confronti della propria creatività. L’adulto spesso chiede ai bambini alla scuola dell’infanzia di essere creativi ma si pone la domanda se esso stesso è creativo? Su tale domanda si è sviluppato un confronto di riflessione che poteva essere anche più ricco.

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Riflessione del Coordinamento L’esperienza è nel complesso ha suscitato un buon gradimento, da parte delle/dei presenti e l’incontro con il colore è stato molto rilassante per tutti. Tuttavia, dopo l’invito a esprimersi, con proprie riflessioni, c’è stato un lungo silenzio, molto denso, prima che qualcuno esprimesse la propria riflessione. Il clima è stato molto buono durante l’incontro e c’è stata molta partecipazione. I momenti di riflessioni, però, inferiori rispetto alle attese.

QUARTO INCONTRO. LABORATORIO EMOZIONI

Docenti: P. Borin, L.. Collacchioni, R. Cometto Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Collacchioni introduce il tema dell’incontro sul ruolo dell’emozioni per i bambini nella fascia 0-6 e sull’importanza da parte dell’adulto di riconoscerle e di dare loro un nome. Prima esperienza proposta da Roberta Cometto: il lavoro sul corpo I partecipanti vengono divisi in due gruppi e invitati a levarsi le scarpe. Il gruppo viene invitato a liberare lo spazio dal materiale presente nelle stanze, sapendo che, alla fine dell’esperienza, insieme si sarebbe dovuto rimettere tutto com’era prima. Mentre si cammina, ognuno deve dire il proprio nome. Successivamente, ogni partecipante viene invitato ad assumere una posizione che preferisce nello spazio. Ognuno può scegliere e sperimentare la posizione dell’altro imitandola. Successivamente, l’esperienza è stata condivisa a coppie. Seconda esperienza: Lettura della breve storia del criceto di Oliver che ha per tema la gestione dell’emozione della sofferenza con i bambini. L’esperienza viene proposta e realizzate in piccoli gruppi dove, dopo la lettura della storia, si discute tutti insieme sugli aspetti ritenuti più rilevanti, dal punto di vista personale. Successivamente, ne viene proposta una condivisione nel grande gruppo. La storia ha richiamato esperienze personali, suscitando ricordi in cui erano coinvolti anche i propri figli. E’ stato utile sperimentare come sia difficile per l’adulto affrontare il tema della morte di un animale caro, oggetto di particolare affezione. Collacchioni sottolinea che è assolutamente importante affrontare con i bambini il tema del dolore, perché altrimenti mandiamo loro il messaggio che di certe cose non se ne può parlare. In un gruppo la discussione aveva quale oggetto il pianto dei bambini nel momento del distacco. E’ stato condiviso come è importante saper leggere il linguaggio del corpo. C’è un dolore che chiede di essere accolto, anche dal punto di vista corporeo. Anche una piccola paura ha bisogno di essere accolta. Spesso, invece, l’adulto tende a negare o a mentire. Si è parlato della ritualità della morte, delle veglie di un tempo e delle sensazioni che tali eventi esperienze suscitano.

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Riflessioni conclusive dei partecipanti E’ mancato il tempo necessario per una conclusione che meritava, forse, un maggiore approfondimento. Tuttavia, non sono mancati spunti di riflessione, dove hanno trovato posto, in particolare, gli aspetti emozionali. Riflessione del Coordinamento Dato che l’argomento si è rivelato molto forte e sentito, sul piano emozionale, esso ha offerto sicuramente uno spunto per una più approfondita riflessione anche nel privato di ognuno, ma un tempo più disteso e meno dispersivo dell’esperienza avrebbe forse prodotto un confronto delle rispettive emozioni e riflessioni sicuramente più ricco. QUINTO INCONTRO. NARRAZIONE Docenti: R. Nesti, P. Borin, G. Livi Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta La formatrice R. Nesti apre l’incontro, spiegando che si tratta dell’ultimo incontro di questa esperienza di formazione di continuità 0-6 che ha avuto come filo rosso quello di sperimentare il gioco nelle sue varietà. Riassume, inoltre, i temi centrali delle precedenti esperienze utili alla costruzione della continuità. Il docente P. Borin introduce l’esperienza sulla narrazione. Si veda scheda dell’attività allegata. Riflessioni conclusive dei partecipanti La riflessione è stata condotta non tanto sull’esperienza particolare della serata, quanto su tutto il percorso formativo. Alcune insegnanti hanno espresso il loro apprezzamento per le esperienze proposte. Una giovane insegnante, in particolare, ha testualmente riferito “ a partire dal primo incontro per me si è aperto un mondo, mi sono resa conto che non sapevo tante cose”. Altre hanno espresso come è stato emozionante sentirsi raccontare dagli altri. Ma c’è stato anche un intervento più critico rispetto agli altri, soprattutto” Secondo me ci sono stati tanti input, forse troppi e io ho avuto difficoltà rispetto a questa frammentazione che non mi ha permesso di approfondire e di sviscerare gli argomenti proposti tutti molto interessanti. Avevo anche la necessità di una maggiore condivisione con le colleghe”.

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IL PERCORSO DEL QUARTIERE 5

Pedagogista di riferimento : P. Borin Monitoraggio e documentazione : A. Caino, M. Manetti, G.Mazzoni Sede: Scuola dell’Infanzia Allori, Nido Arcobaleno

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PRIMO INCONTRO. LABORATORIO NARRAZIONE Docenti: Borin, Livi, Mazza Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Il filo conduttore del primo incontro è la voce e il suo utilizzo in ambito pedagogico: viene posto il focus dell'attenzione sul modo con cui l'adulto parla e si rivolge ai bambini, all'uso del silenzio, al modo di parlare dei bambini fra di loro, con se stessi e con gli adulti, al modo di parlare fra adulti in merito ai bambini. Le proposte di esperienze sono illustrate nelle schede allegate.

Riflessioni dei partecipanti Vengono riferiti molti commenti positivi, ma anche qualche perplessità sulla durata del primo lavoro di condivisione del “io mi presento te”, vissuto come momento molto intenso e carico di emozioni (per qualcuno troppe), per alcuni noioso. La maggior parte ritiene però, come ha sintetizzato poi il docente, di aver fatto un'esperienza caratterizzata da un senso di “giustizia” in quanto l'attenzione e il coinvolgimento non sono mai caduti o diminuiti, tutti hanno avuto lo stesso tempo e qualità di ascolto e di attenzione. E' emersa anche la difficoltà dell'ascolto: ci si è accorti quanto sia difficile riportare quello che si ascolta ed è interessante raccogliere quello che gli altri hanno ascoltato di quanto è stato loro raccontato e quante volte nel nostro lavoro possiamo cogliere questo sfasamento. Molti hanno sottolineato il piacere di essere ascoltati, sottolineando quanto manchi, nelle nostre vite, uno spazio per raccontarsi e per sentirsi ascoltati. Cosa che però abbiamo modo di vivere sperimentare e curare sicuramente nel nostro lavoro, con i bambini e con le loro famiglie. Qualcuno ha pensato di riproporre un'esperienza simile in una riunione con i genitori, chiedendo loro di raccontare i propri figli prima in coppia e poi far riportare ad uno della coppia in gruppo quanto ascoltato. Il docente fa notare la necessità di una buona conduzione in un tipo di proposta simile, perché può avere l'apparenza di un gioco, ma è un potente strumento, come è stato vissuto anche nel nostro gruppo, per sollecitare emozioni non sempre prevedibili. Bisogna saperlo presentare e avere la capacità di gestire quanto viene fuori. Per quanto riguarda la seconda esperienza sulla costruzione di una storia è stata condivisa la necessità di avere un maggior tempo di riflessione per elaborare veramente un'idea completa, per formulare un'ipotesi che si confà al proprio sentire: a questo proposito ci si interroga su quante volte chiediamo ai bambini delle risposte immediate senza lasciar loro il tempo necessario a metabolizzare un'esperienza e a formulare dei pensieri. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Dall'esperienza vissuta può emergere spontanea la domanda: “Come si racconta e cosa rende più fruibile il narrare?”

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Le risposte che sono emerse dalla restituzione dei docenti si possono sintetizzare come segue. Un aspetto importante è sicuramente da attribuire alla significatività emotiva che il testo da raccontare ha per il narratore: deve piacere, appassionare, commuovere. I docenti si soffermano, inoltre, sull’importanza del contatto visivo nel momento della lettura; infatti, con i bambini piccoli che hanno bisogno del libro, dell'immagine, si perde spesso il piacere del racconto a memoria fatto di voce e di incontro di sguardi. Ma il narrare può essere inteso in senso lato, non solo legato ad un testo da leggere e interpretare. Narrare è anche raccontarsi e raccontare di qualcuno ad altri. A questo riguardo è importante riflettere sulla responsabilità che abbiamo quando raccontiamo di qualcuno ad altri e dell’opportunità di essere attenti e presenti quando qualcuno si racconta a noi. Potremmo pensare ai colloqui con i genitori dei piccoli utenti dei nostri servizi: lì noi raccontiamo ai genitori quello che vediamo del loro bambino, ma per fare questo abbiamo prima osservato e ascoltato quello che il bambino ci ha proposto di sé, con i suoi racconti e i suoi comportamenti, con quello che sceglie o rifiuta di fare quotidianamente, così come ascoltiamo con cura e attenzione quanto i genitori ci riportano sul proprio bambino. Il narrare, quindi, è quell’atto che crea una storia che racchiude in sé una serie di esperienze diverse ma convergenti, che si intrecciano e arricchiscono vicendevolmente. SECONDO INCONTRO. LABORATORIO GIOCO Docenti: Paolo Borin, Emanuela Conti, Chiara Martino Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta E' fondamentale che le persone che si occupano di educazione si occupino in modo speciale del gioco, considerando quanto sia complessa la sua esplicazione. Per esempio se analizziamo un gioco banalissimo come il nascondino, quante emozioni si possono individuare in ognuno dei ruoli che sono previsti, quali e quante difficoltà possono più o meno integrarsi con il carattere di ogni partecipante, quali implicazioni emotive possono nascondersi in un gioco che quasi sempre viene proposto a cuor leggero? Vengono proposti dei giochi ai partecipanti divisi in due sottogruppi, come da schede allegate. Riflessioni dei partecipanti “Nella diversità ci siamo sentiti tutti uguali”, “ci siamo lasciati indietro l'imbarazzo”, “ho fatto cose che non avrei mai immaginato di fare”, “questi giochi sono stati un regalo per me: oggi ho giocato io, ribaltando il mio ruolo di ogni giorno”. Questi sono alcuni dei commenti successivi alle esperienze di gioco vissute durante l'incontro e verbalizzate poi in grande gruppo. Si rileva una complessiva e condivisa rivalutazione dell'importanza e del ruolo che i giochi più semplici possono rappresentare per il bambino.

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Sembra che anche nel nido, nonostante il contesto possa facilitare un rapporto individuale con il singolo bambino, anche in termini di tempo, in realtà si dedichi poco spazio a giochi individuali (es: filastrocche con le mani). In un'ottica che promuova la continuità, il nido è comunque il luogo dove sicuramente si possono preparare i bambini al contatto corporeo attraverso il gioco (favorito in questo da un rapporto numerico adulto/bambino più alto) così che quest'aspetto possa essere ripreso e implementato alla scuola dell'infanzia. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche Riprendendo il filo conduttore del percorso possiamo affermare che la voce, il suono, il canto rappresentano lo sfondo nel quale si gioca, si cresce, si educa, sfondo che connota anche la qualità della relazione. Sono, quindi, importanti aspetti quali la tonalità, il ritmo, la gradevolezza e l'adeguatezza della voce nel gioco (sia questo individuale che di gruppo). Riprendendo un concetto filosofico, P. Borin riferisce che quando l'essere umano nasce è un niente di realizzato, ma tutto in potenzialità: via via che cresce, invecchia, le scelte che fa chiudono alcune porte, che escludono delle possibilità. C'è invece una situazione dove torna tutto possibile: il GIOCO. Il gioco permette di essere liberi. Ma è importante anche salvaguardare il diritto del bambino a non giocare, che ha pari dignità del diritto complementare: il diritto al gioco. Il piacere del gioco dovrebbe trasparire quotidianamente nel nostro rapporto con i bambini. Attenzione a non diventare professionisti seri che non siano nel contempo giocosi. Se si riesce a trasferire un aspetto ludico a tutte le attività che si propongono, rendiamo queste più appetibili. Perciò è importante proporre solo cose che piacciano prima di tutto a noi (come avevamo detto la volta precedente in merito alla lettura di un libro o al racconto di una storia). Non saremo in grado di trasmettere un aspetto di piacevolezza se non ci divertiamo noi. Viene sottolineata, infine, la differenza fra le modalità del bambino di affrontare il gioco strutturato, proposto dall'adulto, e il gioco cosiddetto “libero”. Al contrario del primo, il gioco libero è vissuto dal bambino in maniera più responsabile e con la necessità della ricerca di un accordo con gli altri, perché più consono alle proprie esigenze e motivazioni più profondo. Si può evincere ciò dall'osservazione del bambino nella sua globalità: tono muscolare, livello di attenzione/attivazione, elaborazione di pensiero. Un' ultima riflessione è stata dedicata alla comunicazione con i genitori. Spesso si rileva, infatti, la richiesta da parte di questi ultimi di conoscere le attività del bambino, le proposte educative che le educatrici/insegnanti presentano, svalorizzando il tempo del gioco “libero”, dei giochi individuali, etc... A questo riguardo è importante che gli insegnanti/educatori, col sostegno del coordinamento pedagogico, sappiamo spiegare e presentare le specifiche modalità di lavoro, valorizzando pedagogicamente il gioco libero, così come quello strutturato, nelle loro differenze e peculiarità.

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Esempi di ricadute nei servizi Nell'incontro successivo a questo, P. Borin sollecitava eventuali commenti o riflessioni sul tema del giocare. Quasi tutte le insegnanti e le educatrici presenti dichiarano di aver riproposto ai bambini i giochi e le filastrocche imparate durante il laboratorio sul gioco, suscitando nei piccoli molta curiosità e interesse. Qui di seguito vengono riportate alcune esperienze raccontate da insegnanti ed educatrici. In particolare emerge il racconto di un'insegnante della scuola dell'infanzia che ha riferito l'utilità e l'efficacia nell'accogliere un bambino di 3 anni con qualche problema di inserimento attraverso la filastrocca con le dita della mano. Probabilmente l'effetto positivo è conseguenza, come esplicita al gruppo l'insegnante, di alcune caratteristiche del gioco, ovvero: il tono di voce narrante, un'atmosfera calma, serena, un rapporto individuale con un minimo di contatto fisico e tempo breve, ma “dilatato”, tranquillo, a disposizione. Gli altri bambini interessati al nuovo gioco hanno voluto anche loro provare o con l'insegnante o fra di loro... e il pomeriggio c'era di nuovo la fila dei bambini che voleva avere uno spazio proprio per riprovare il gioco. Viene naturale notare come i bambini, qualora siano soddisfatti dell'esperienza proposta, imparino ed accettino facilmente l'idea di dover fare la fila, di aspettare per ottenere qualcosa; e questo assume una grande valenza educativa. Inoltre, il racconto di una filastrocca o di una storia sembra suscitare nei bambini un senso di meraviglia, di stupore derivato proprio dalla scoperta che l'adulto sa usare le parole in rima, costruendo una musicalità e un'associazione fra suoni che affascina il bambino. Altra esperienza riportata riguardava un laboratorio con i genitori sul gioco. La referente della continuità, infatti, avendo sperimentato la piacevolezza e la forza di coinvolgimento del giocare insieme, ha pensato che un laboratorio di gioco con i genitori dei bambini frequentanti un nido d'infanzia avrebbe potuto essere l'occasione per creare quella continuità orizzontale che sta alla base dell'alleanza e della sinergia con la famiglia per favorire la crescita del bambino. In questo incontro tutte le educatrici e i genitori si sono messi in gioco, al di là del ruolo, come persone, creando un gruppo che fa esperienza, si diverte, si incontra e si conosce. TERZO INCONTRO. LABORATORIO GIOCATTOLO Docenti: P. Borin, G. Livi, Lando Landi Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta P. Borin apre l'incontro presentando i conduttori della proposta odierna: Giacomo Livi, già conosciuto dal gruppo, e Lando Landi (ex-insegnante e conduttore di laboratori sul gioco all'Università di Firenze). Quindi, P. Borin riporta l’attenzione al tema odierno e all’attività della costruzione del giocattolo, facendo un piccolissimo cappello sulla differenza tra il giocattolo preconfezionato, con cui oggi sempre più spesso si gioca da soli, portando all’isolamento del bambino, e il giocattolo costruito, in cui c’è un coinvolgimento emotivo e motivazionale ben diverso. Quindi si procede alla suddivisione in due

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gruppi per la costruzione del giocattolo; un gruppo viene condotto da G. Livi e l'altro da L. Landi. V. schede in allegato. Riflessioni dei partecipanti Le parole-chiave emerse dalle riflessioni nel piccolo gruppo sono “sensazione”, “ascolto”, “concentrazione”, “attenzione”, “cura”, “scelta”. Il sentire, tramite il tatto e l’ascolto, i vari elementi utilizzati nel laboratorio, l’ascoltare le sensazioni che questi danno al nostro corpo, oltre a provocare uno stato di rilassatezza e abbassamento di tensioni, ha fatto riflettere sull’importanza che ha il “darsi tempo” nell’ascoltare sé stessi, gli oggetti e/o materiali con cui veniamo in contatto e il piacere di fare/costruire/decorare. E’ emersa anche l’importanza della cura con cui si prepara il materiale da proporre: i bambini sono riconoscenti per quello che ha preparato per loro l’insegnante/educatrice, e lo dimostrano con la loro curiosità ed impazienza nel voler sperimentare i materiali preparati con tanta cura. Infine la scelta degli oggetti/materiali da utilizzare, dettata dalla piacevolezza percepita al tatto e/o al suono, la decorazione dell’oggetto costruito con le proprie mani, ha fatto porre l’attenzione sul fatto che il realizzare o costruire qualcosa con le propri mani, seguendo le proprie sensazioni e il proprio modo di essere, rende quell’oggetto o quel gioco molto più prezioso e ricco di significati e di modalità d’utilizzo di un gioco preconfezionato. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche La riflessione sull’ascolto e la concentrazione ha messo in risalto il fatto che il proporre un’attività che contempli questi aspetti può essere importante per stimolare l’attenzione – che sempre più spesso oggi manca – nei bambini, e, di conseguenza, la loro creatività. Ma non solo: quando un bambino gioca con la plastilina e non si annoia, vuol dire che sta attraversando tutto questo percorso (ascolto- attenzione-concentrazione) ma anche sta assaporando tutta una serie di sensazioni (caldo/freddo, duro/morbido, liscio/rugoso, ecc.) decidendo quali sono le cose o le azioni che preferisce rispetto a quelle che non desidera, e sperimentando sensazioni e azioni conseguenti a tali scelte che altrimenti rischiano di atrofizzarsi. Infine, il bambino apprezzerà sicuramente di più un gioco costruito con le proprie mani, con i propri materiali e colori preferiti, che gli permetta di raccontarne il percorso ai suoi compagni e di giocarci insieme, anziché un gioco preconfezionato che a volte lo mette anche in una situazione di isolamento. QUARTO INCONTRO. LABORATORIO GRAFICO-PITTORICO Docenti: P. Borin, N. Budini Gattai Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta

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Per introdurre questa attività, P. Borin lancia delle piccole riflessioni sul fatto che i giudizi che spesso vengono dati dagli adulti sul modo di colorare e di usare il colore possono essere negativi e creare atteggiamenti negativi verso il colore stesso: infatti, spesso si tende a guidare il modo di rappresentare dei bambini tarpando la loro creatività e il loro modo di vedere il mondo, aprendo la strada allo stereotipo. Il docente invita, pertanto, a riflettere sulle parole “segno”, “traccia” “rappresentare”, “forma” e a vivere questi imput, come sempre durante questo tipo di proposta formativa, in maniera assolutamente libera da giudizi e pregiudizi nei confronti di noi stessi e degli altri. La prima cosa cui vengono invitati i partecipanti è quella di fare un segno/disegno (quello che ciascuno preferisce) su dei pezzi di carta che poi metteranno al collo, un segno che venga fatto spontaneamente, senza ragionarci troppo su, e che in qualche modo li rappresenti. Quindi, inizieranno a camminare per la stanza e ad incontrarsi: ciascuno nell’incrociare il segno dell’altro che più lo colpisce, si fermerà a parlare con quella persona, del significato che per lei ha quel segno. Successivamente i partecipanti verranno invitati a dividersi in tre gruppi, uno per ciascun colore primario, in base alla scelta personale di ciascuno. Ogni gruppo così formato lavorerà su e con quello specifico colore, e le relative sfumature, riflettendo sui motivi e sulle sensazioni che li hanno spinti a scegliere quel colore specifico. Riflessioni dei partecipanti “Per me era un’angoscia sentirmi dire <devi fare la casina più piccola dell’albero>, per rispettare le proporzioni, oppure riprodurre sul foglio la solita natura morta; oggi, invece, mi sono divertita, mi sono sentita libera, e poi siamo state proprio brave!”. “E’ bello vedere anche gli effetti che fanno i vari colori e ciò che rispecchiano: il blu rilassato, il giallo schizzato, il rosso focoso/agitato”. “Finalmente un’attività da cui vai via con qualcosa di concreto!”. “Il lavoro di gruppo non è risultato difficile perché c’è stato ascolto reciproco, rilassatezza per il fatto che non c’erano consegne specifiche”. Questi alcuni dei commenti dei partecipanti. Si apre, a questo punto, una discussione su quali siano gli obiettivi nel lavoro di tutti i giorni con i bambini: stare attenti a non rendere l’attività (e la giornata scolastica) frenetica e mirata ad un prodotto finale, bensì favorire la libertà di espressione di ciascun bambino, rispettandone i tempi e le capacità o modalità di rappresentazione del mondo, senza stereotipi. In questo modo si contribuisce a migliorare l’autostima; si favoriscono le relazioni all’interno del gruppo e, di conseguenza, l’atteggiamento di ascolto reciproco e di collaborazione… Per raggiungere tali obiettivi sarebbe importante che gli educatori/insegnanti trasferissero l’atteggiamento di rilassatezza e il senso di libertà, sperimentato durante questa attività, nel lavoro di tutti i giorni, perché oltre a vivere meglio e con più gioia il proprio lavoro, si mettono i bambini nella condizione di divertirsi nel fare e nello sperimentare e di produrre elaborati più “belli” perché più spontanei. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche

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Corso di continuità educativa 2013-2014. Report dei percorsi dei quartieri 43

P. Borin, nella discussione nel grande gruppo, pone l’attenzione dei partecipanti sulla parola “limite”. Fino a 3 anni e mezzo per il bambino non è importante il colore o il disegno che può nascere dal suo uso, ma la traccia, quello che sperimenta col colore. La possibilità di usare anche un solo colore non è una limitazione, o comunque non è una limitazione così grande come si possa immaginare. Un’insegnante, a sostegno di ciò, riferisce di una sua esperienza in cui ai bambini avevano proposto solo oggetti in plastica bianca (tappini, bicchieri…) e i bambini, che all’inizio se ne lamentavano, erano riusciti a fare, alla fine della mattinata, tante cose e persino un castello, dimostrandosi entusiasti del lavoro fatto. Quindi, il “limite” va visto come una “opportunità”: più ce ne sono, più stimolano l’inventiva e la creatività. Spesso ci crediamo una scuola ricca se abbiamo molte cose da offrire, invece dovremmo avere molte possibilità di offrire delle cose! L’avere a disposizione più colori ci spinge a fare cose usuali che si possono fare con tutto, l’avere un solo colore (o un solo tipo di materiale) ci spinge a sperimentare quella cosa in tanti modi che possono risultare divertenti, e a goderne.

QUINTO INCONTRO. LABORATORIO EMOZIONI Docenti Paolo Borin, Giacomo Livi, Giampaolo Mazza Breve descrizione delle modalità dell’incontro e de ll’esperienza proposta Introduzione al tema delle emozioni: corporeità, sentimento, razionalità. Ogni persona è l’insieme di corporeità, emozionalità-sensorialità e razionalità, ma nell’età che va da zero a sei anni, i canali di espressione e comunicazione maggiormente usati sono quello percettivo-corporeo e quello sensoriale-emozionale, che lasciano segni indelebili nella costruzione dell’identità e che condizionano fortemente la crescita di ognuno in termini sia di apprendimento che di qualità della vita. In un primo momento viene proposta un’attività di conoscenza e di presa di coscienza del luogo in cui si lavora non solo attraverso un invito a guardare lo spazio circostante, ma anche e soprattutto, attraverso il movimento e la concentrazione su di sé. Ciascuno cammina liberamente nello spazio alla ricerca del proprio passo che vada bene in quel momento e viene invitato ad analizzare nei dettagli il movimento e l’impegno di tutto il corpo nel camminare. Successivamente l’attenzione si sposta sugli altri prima in una visione complessiva, poi più particolare verso ognuno degli altri con i quali si entra in contatto con lo sguardo. Dopo questa fase di rassicurazione i partecipanti sono invitati a dire il loro nome in modo che sia sentito da tutti. Affermazione di sé, della propria identità, del proprio timore e dell’eco interiore a questa affermazione, a questo timore. Ciascuno sceglie un proprio spazio ed una propria posizione in questo spazio. Si osservano attentamente le posizioni assunte dagli altri e, quando si vuole, si chiama una persona, le andiamo vicino e assumiamo la sua posizione. Si possono

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così scoprire le affinità, le diversità, l’empatia attraverso l’ascolto del proprio corpo che si mette “nei panni“ di un’altra persona. Segue uno scambio verbale sull’esperienza vissuta. Successivamente viene data lettura di un piccolo brano “Il criceto di Oliver” sulla gestione del dolore. In piccoli gruppi i partecipanti discutono sul contenuto del brano di cui hanno una copia. La conseguente discussione condivisa è finalizzata a fare emergere tematiche importanti, finalizzate a sensibilizzare all’ascolto della persona-bambina nella sua globalità, imparando ad affinare competenze emozionali e ad allenarsi per una sempre migliore alfabetizzazione emozionale. Il brano permette di riflettere sull’importanza di accogliere le emozioni, anche quelle più difficili da gestire, come il dolore e di quanto possa essere invece negativo sminuirle, non ascoltarle, “far finta di niente”. Le esperienze personali dei partecipanti entrano nel dialogo condiviso, permettendo di “sentire”, di “avvicinarsi” di “empatizzare” rispetto alla situazione proposta, evocativa di altre esperienze personali e professionali. Oltre alla condivisione dei lavori dei piccoli gruppi e una più ampia riflessione collettiva sull’intera esperienza, il laboratorio si conclude offrendo ad ogni partecipante un test di quoziente emotivo che ognuno potrà fare in autonomia, se è interessato a conoscersi meglio nella propria dimensione emozionale ed empatica.

Riflessioni dei partecipanti Rispetto alla prima attività, dagli scambi dei partecipanti emerge come il concentrarsi su di sé e sulle proprie sensazioni corporee aiuti effettivamente a prendere coscienza del proprio corpo nello spazio; e come anche il guardarsi attorno e il prendere contatto con lo spazio e con le persone che popolano questo spazio, favorisca un processo di empatia, di immedesimazione nell’altro o di riconoscimento di sé nell’altro. Rispetto alla seconda attività proposta, sia nel piccolo gruppo che nel grande gruppo emergono molti spunti di riflessione sul tema del dolore e della sua gestione, anche sul tema della morte, ma più in generale sull’importanza che rivestono le emozioni nella vita di ciascun individuo e sulla conseguente necessità della loro espressione, elaborazione e non negazione. Emerge come molto spesso per l’adulto risulta più comodo non affrontare determinati argomenti, soprattutto quando celano emozioni di dolore o paura, perché è difficile farlo, ma anche per il bisogno istintivo di difendere se stessi dalla sofferenza che può derivare dal vedere il proprio figlio soffrire o semplicemente da quell’istinto di protezione che porta i genitori a evitare sofferenze ai propri figli. O ancora, l’evitamento dell’adulto può essere dato dalla difficoltà a gestire il proprio dolore, difficoltà sicuramente maggiore quando affrontata insieme al proprio figlio. Ma atteggiamenti di evitamento nell’affrontare certi tipi di emozioni possono derivare anche dall’esigenza di giustificare le proprie azioni. Mentre tutti quasi “giustificano” questi tipi di atteggiamenti da parte dell’adulto, seppur riconoscendo l’importanza della necessità di un suo superamento, fa riflettere l’atteggiamento del bambino che colpisce perché sembra aver capito bene la regola secondo cui “di certe cose non si parla”, quasi a voler proteggere il padre (nella storia) perché intuisce che questi non ce la fa ad affrontare l’argomento della morte.

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E’, quindi, evidente come da entrambi i lati si agisce un distacco dalle emozioni: entrambi gli attori mettono in campo una serie di comportamenti di evitamento. Ma se il messaggio del padre, con questi comportamenti, risulta essere che “di certe cose non si parla e, se tu provi dolore, dovrai gestirlo da solo”, la risposta che può dare il bambino non è solo un comportamento che assecondi tale messaggio, ma anche l’assunzione di tutta una serie di blocchi, timori e paure che potrebbero ripercuotersi anche su altre situazioni della propria vita. Diventa, infatti, difficile esorcizzare quel dolore se non c’è un posto dove piangere, se non c’è una persona con cui piangere, se non esiste una ritualità che permetta di vivere ed elaborare qull’evento o di chiudere quella relazione: la sparizione di un affetto è devastante più che sapere della morte, che è pur sempre una cosa certa. Considerazioni conclusive sui nodi cruciali emersi e sulle possibili ricadute educativo- didattiche .La discussione sulle emozioni difficili da affrontare e da vivere ha fatto riflettere sull’importanza che riveste il riconoscere le proprie e le altrui emozioni e l’aiutare l’altro ad esprimere e riconoscere le proprie emozioni, soprattutto se si tratta di bambini (andrebbero evitate frasi del tipo: “ora non capisci”, “da grande capirai”, o supposizioni su quelli che possono essere i vissuti di un bambino). Un’altra riflessione ha riguardato il tema della morte a scuola: anche in questo caso l’istinto degli adulti (insegnanti e educatori) è spesso quello di evitare il tema in classe, ma ci siamo chiesti se, invece, la scuola non possa avere un ruolo importante nel supportare la famiglia colpita da un lutto e il bambino ad elaborare la perdita di una persona cara, come può essere un babbo o una mamma, ma anche di un animaletto a cui era molto affezionato. In questo senso, una modalità per affrontare il tema può essere intanto quella di parlare con la famiglia e capire se e in che modo viene affrontato in casa e se e in che modo la scuola può supportarla in un certo percorso, questo soprattutto quando è il bambino stesso che verbalizza o fa riferimenti precisi ad argomenti di questo genere.

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ALLEGATO

SCHEDE DELLE ATTIVITA’ PROPOSTE

a cura dell’Equipe CEMEA

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Io mi presento te (di Paolo Borin)

L'attività inizia: I partecipanti sono seduti in cerchio e chi conduce l'attività chiede di disporsi in modo che ciascuno abbia, come vicini, persone che non conosce o conosce poco. Perché questo possa accadere, ci si prende un po' di tempo, per muoversi ed operare gli spostamenti necessari.

Prima fase: A questo punto, sempre rimanendo sul cerchio, si formano delle coppie che, girando appena un po' le sedie, si troveranno viso a viso, nella condizione giusta per poter stabilre un dialogo. Il conduttore chiede, ora, che uno dei membri di ciascuna coppia inizi a raccontare all'altro quello che desidera fargli sapere della propria vita: l'altro lo ascolterà con attenzione. Il tempo per questa fase sarà di cinque minuti, trascorsi i quali, il conduttore darà lo stop.

Seconda fase: Si cambiano i ruoli e, adesso, chi aveva ascoltato racconterà di sé a chi, prima, aveva parlato: sempre per un tempo di cinque minuti.

Terza fase: Terminata anche questa seconda fase, si ritorna nella posizione "faccia al centro del cerchio" e, a turno, prima un membro, poi l'altro, di ciascuna coppia si alzerà, andrà a mettersi dietro la sedia del proprio compagno, gli poggerà le mani sulle spalle, e si presenterà come se fosse lui.

Fase conclusiva: Quando ciascuno ha presentato il compagno della propria coppia, occorre uno scambio verbale collettivo per comunicare sensazioni, emozioni e riflessioni sul proprio vissuto e sul valore dell'attività appena terminata.

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Le scatole della memoria (di Paolo Borin)

Questa è un'attività di invenzione e narrazione di una storia, che si sviluppa in situazione di piccolo gruppo, per rifluire, poi, nel grande gruppo dal quale aveva avuto origine la suggestione iniziale.

Tempo di svolgimento: un'ora, circa, più il tempo per una riflessione ed uno scambio verbale, nel grande gruppo. (10' per la presentazione dell'attività, a grande gruppo; 30' per il lavoro di conoscenza degli oggetti e accordo sulla storia del personaggio che li ha posseduti, da svolgersi in piccolo gruppo; 20' per la presentazione delle storie al grande gruppo da parte di ciascuno dei piccoli gruppi).

Numero dei partecipanti all'attività: da 15 a 30 persone

Materiale occorrente: alcuni contenitori, scatole, cestini, borse, valigette (dall'aspetto un po' datato), nei quali siano stati posti alcuni oggetti, meglio se incongruenti tra loro, e che siano in grado di evocare il passato di una qualche persona. Sei oggetti per ogni contenitore, tra i quali non dovrebbe mancare un libro.

Svolgimento dell'attività: Chi conduce l'attività propone una situazione verosimile nella quale, afferma, sono stati rinvenuti i contenitori, e chiede al gruppo di essere aiutato nel ricostruire, attraverso l'osservazione degli oggetti e della scatola che li contiene, l'età, il sesso, la personalità e la storia di colui o colei che l'ha posseduta.

Per far questo, si divide il grande gruppo in sottogruppi di cinque persone e, ad ogni gruppo, si affida una scatola perché la esamini e ricostruisca il ritratto del possessore. I sottogruppi trovano un luogo tranquillo nel quale elaborare tale ritratto e viene dato loro un tempo di trenta minuti, passati i quali, torneranno nel grande gruppo dove racconteranno, a turno, la storia che hanno saputo ricostruire della scatola che era stata loro affidata e della persona che vi ha riposto quegli oggetti. Si apre, poi, uno scambio verbale, sull'attività che si è sviluppata nel piccolo gruppo e sul senso globale della proposta.

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Emozioni. Lo spazio: sé e gli altri (di L. Collacchioni) Introduzione al tema delle emozioni: corporeità, sentimento, razionalità. Ogni persona è l’insieme di corporeità, emozionalità-sensorialità e razionalità, ma nell’età che va da zero a sei anni, i canali di espressione e comunicazione maggiormente usati sono quello percettivo-corporeo e quello sensoriale-emozionale, che lasciano segni indelebili nella costruzione dell’identità e che condizionano fortemente la crescita di ognuno in termini sia di apprendimento che di qualità della vita. In un primo momento viene proposta un’attività di conoscenza e di presa di coscienza del luogo in cui si lavora non solo attraverso un invito a guardare lo spazio circostante, ma e soprattutto, attraverso il movimento e la concentrazione su di sé. Ciascuno cammina liberamente nello spazio alla ricerca di un suo passo che vada bene in quel momento e viene invitato ad analizzare nei dettagli il movimento e l’impegno di tutto il corpo nel camminare. Successivamente l’attenzione si sposta sugli altri prima in una visione complessiva, poi più particolare verso ognuno degli altri con i quali si entra in contatto con lo sguardo. Dopo questa fase di rassicurazione i partecipanti sono invitati a dire il loro nome in modo che sia sentito da tutti. Affermazione di sé, della propria identità, del proprio timore e dell’eco interiore a questa affermazione, a questo timore. Ciascuno sceglie un proprio spazio ed una propria posizione in questo spazio. Si osservano attentamente le posizioni assunte dagli altri e, quando si vuole, si chiama una persona, le andiamo vicino e assumiamo la sua posizione. Si possono così scoprire le affinità, le diversità, l’empatia attraverso l’ascolto del proprio corpo che si mette “ nei panni “ di un’altra persona. Segue uno scambio verbale sull’esperienza vissuta. Viene data lettura di un piccolo brano “Il criceto di Oliver” sulla gestione del dolore. In piccoli gruppi i partecipanti discutono sul contenuto del brano di cui hanno una copia. La seguente discussione condivisa è finalizzata a fare emergere tematiche importanti, finalizzate a sensibilizzare all’ascolto della persona-bambina nella sua globalità, imparando ad affinare competenze emozionali e ad allenarsi per una sempre migliore alfabetizzazione emozionale. Il brano permette di riflettere sull’importanza di accogliere le emozioni, anche quelle più difficili da gestire, come il dolore e di quanto possa essere invece negativo sminuirle, non ascoltarle, “far finta di niente”. Le esperienze personali dei partecipanti entrano nel dialogo condiviso, permettendo di “sentire”, di “avvicinarsi” di “empatizzare” rispetto alla situazione proposta, evocativa di altre esperienze personali e professionali. Oltre alla condivisione dei lavori dei piccoli gruppi e una più ampia riflessione collettiva sull’intera esperienza, il laboratorio si conclude offrendo ad ogni partecipante un test di quoziente emotivo che ognuno potrà fare in autonomia, se è interessato a conoscersi meglio nella propria dimensione emozionale ed empatica.

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Emozioni. Lo spazio: sé e gli altri (di L. Collacchioni) Introduzione al tema delle emozioni: corporeità, sentimento, razionalità. Ogni persona è l’insieme di corporeità, emozionalità-sensorialità e razionalità, ma nell’età che va da zero a sei anni, i canali di espressione e comunicazione maggiormente usati sono quello percettivo-corporeo e quello sensoriale-emozionale, che lasciano segni indelebili nella costruzione dell’identità e che condizionano fortemente la crescita di ognuno in termini sia di apprendimento che di qualità della vita. In un primo momento viene proposta un’attività di conoscenza e di presa di coscienza del luogo in cui si lavora non solo attraverso un invito a guardare lo spazio circostante, ma e soprattutto, attraverso il movimento e la concentrazione su di sé. Ciascuno cammina liberamente nello spazio alla ricerca di un suo passo che vada bene in quel momento e viene invitato ad analizzare nei dettagli il movimento e l’impegno di tutto il corpo nel camminare. Successivamente l’attenzione si sposta sugli altri prima in una visione complessiva, poi più particolare verso ognuno degli altri con i quali si entra in contatto con lo sguardo. Dopo questa fase di rassicurazione i partecipanti sono invitati a dire il loro nome in modo che sia sentito da tutti. Affermazione di sé, della propria identità, del proprio timore e dell’eco interiore a questa affermazione, a questo timore. Ciascuno sceglie un proprio spazio ed una propria posizione in questo spazio. Si osservano attentamente le posizioni assunte dagli altri e, quando si vuole, si chiama una persona, le andiamo vicino e assumiamo la sua posizione. Si possono così scoprire le affinità, le diversità, l’empatia attraverso l’ascolto del proprio corpo che si mette “ nei panni “ di un’altra persona. Segue uno scambio verbale sull’esperienza vissuta. Viene data lettura di un piccolo brano “Il criceto di Oliver” sulla gestione del dolore. In piccoli gruppi i partecipanti discutono sul contenuto del brano di cui hanno una copia. La seguente discussione condivisa è finalizzata a fare emergere tematiche importanti, finalizzate a sensibilizzare all’ascolto della persona-bambina nella sua globalità, imparando ad affinare competenze emozionali e ad allenarsi per una sempre migliore alfabetizzazione emozionale. Il brano permette di riflettere sull’importanza di accogliere le emozioni, anche quelle più difficili da gestire, come il dolore e di quanto possa essere invece negativo sminuirle, non ascoltarle, “far finta di niente”. Le esperienze personali dei partecipanti entrano nel dialogo condiviso, permettendo di “sentire”, di “avvicinarsi” di “empatizzare” rispetto alla situazione proposta, evocativa di altre esperienze personali e professionali. Oltre alla condivisione dei lavori dei piccoli gruppi e una più ampia riflessione collettiva sull’intera esperienza, il laboratorio si conclude offrendo ad ogni partecipante un test di quoziente emotivo che ognuno potrà fare in autonomia, se è interessato a conoscersi meglio nella propria dimensione emozionale ed empatica.

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Le scatoline sonore (di Giacomo Livi)

materiali

Legumi, Cereali, Pastina (fagioli, ceci, lenticchie, farro, orzo, riso, couscous, tempestina)

Sacchetti di carta (quelli marroni dell'ortolano)

Scatoline di cartoncino (contenitori di the, cioccolata, medicinali..)

Scotch di carta

Colla stick

Diversi tipi di carta (pergamino, crespa, velina, vetrata, ondulata...)

Un grosso sacco (tipo nettezza o balla di yuta)

partecipanti

Da 15 a 30, divisi in piccoli gruppi di 5-6 persone

svolgimento

Vengono disposti al centro dei tavoli alcuni sacchetti (uno per ogni partecipante), ciascuno con un contenuto diverso. I sacchetti sono aperti con il bordo arrotolato (come quelli delle spezie). Dopo un primo libero approccio, si chiede a ciascuno di scegliere quello da cui si sente più “attratto”. I partecipanti sono invitati a introdurre una mano nel sacchetto (chi preferisce può chiudere gli occhi), per cominciare a “sentire” ciò che il materiale comunica. Dopo un certo tempo, chi conduce chiede di provare altri modi di esplorazione (le parole per dirlo sono poche e ben scandite): usare il dorso della mano; cercare di prendere un solo chicco tra pollice e indice ed esplorarne la superficie, fino a scoprirne tutte le parti; ripetere l'esperimento usando, ora, il pollice e un altro dito, (via via fino al mignolo); provare a introdurre nel sacchetto l'altra mano (con la quale si ripete l'esperienza precedente).

Al termine, ciascuno fa scorrere il sacchetto verso la persona che sta alla propria destra, e si ripete tutta la seduta precedente; così via, finchè tutti avranno fatto l'esperienza con tutti i sacchetti.

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Chi conduce, passa tra i tavoli con un sacco, all'interno del quale stanno in ordine sparso scatoline di varie forme, e chiede a ciascuno di pescarne una senza guardare, lasciandosi ispirare dalle forme a lui più suggestive. Una volta presa la scatolina, una delle due aperture viene chiusa con lo scotch di carta.

Chiediamo ai partecipanti di introdurre un solo chicco (a piacere) nella scatolina, e di sperimentarne le varie sonorità (ruotando, scuotendo, oscillando...). Ripetere con un altro chicco e così via, finché tutti i chicchi saranno stati provati. Sulla base delle risposte sonore, ciascuno cercherà di trovare il suono che più lo rappresenta in quel determinato momento, procedendo per piccole aggiunte o sottrazioni di materiale. Una volta trovato il suono, la scatolina viene sigillata con lo scotch.

Su un altro ripiano, precedentemente allestito, si trovano ordinati diversi tipi di carta. I partecipanti sono invitati ad esplorarne le peculiarità, a sceglierne alcune per decorare la propria scatolina sonora con la tecnica dello strappo.

Al termine, si forma un cerchio e si ascoltano i singoli suoni. Ciascuno racconterà agli altri come è arrivato a quel suono, qual è il contenuto della scatolina, che carte ha scelto, cosa ha provato durante l'esperienza, ecc.

E' possibile, a partire dalle suggestioni, riprodurre una scena sonora (il mare, la pioggia, il treno..), o lavorare sulle intensità (dai suoni gravi a quelli acuti), o sul ritmo..

tempi

Un'ora e poco più (a seconda del numero dei partecipanti)

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Corso di continuità educativa 2013-2014. Report dei percorsi dei quartieri 53

VIAGGIO NEL COLORE Preparazione spazio Preparare tre o sei tavoli con tre punti di colore separati Tavolo del colore giallo Tavolo del colore rosso Tavolo del colore blu A ogni tavolo verranno, inoltre, consegnanti i colori bianco e nero, fogli e pennelli di diverse misure, colla, cartoncino Prima fase I partecipanti muovendosi si avvicinano a un colore (si inviterà il gruppo a distribuirsi in modo equo tra i colori). Si invita ogni partecipante a riflettere sul colore scelto (perché, cosa mi evoca, sensazioni…) – attività individuale. Si invita ogni partecipante ad esprimere attraverso il colore le sensazioni avute (mani, spugne, pennelli…) Seconda fase Si invita ogni partecipante a comunicare agli altri del piccolo gruppo ciò che ha rappresentato. A questo punto il gruppo comincia a rappresentare il colore scelto a livello di gruppo e utilizzando carta, cartoncino, piccole scatole e colorando la rappresentazione. Terza fase Ogni gruppo presenta agli altri la rappresentazione realizzata. Quarta fase Condivisione nel grande gruppo. Trasferibilità e ricaduta Le età dei bambini e delle bambine che frequentano nido e scuola dell’infanzia consentono di realizzare lavori sui colori primari e provocare giochi e attività che permettano ai bambini l’immergersi nel colore giocando con le sfumature e cominciando a conoscere e a riconoscere i colori. La possibilità data ai bambini dovrebbe essere quella di usare forme e insieme colori senza dover determinare e collegare ai colori riconosciuti oggetti o simbologie stereotipiche.