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NUTRIZIONE, INSULINO RESISTENZA E DIABETE Stefania Agrigento
“CORSO AVANZATO SULLA GESTIONE DI UNO STUDIO NUTRIZIONALE” 7 MARZO 2015
FIRENZE
MICOM Comunicazione integrata
INSULINA L’Insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante , mentre
esistono molI ormoni iperglicemizzanI (glucagone, adrenalina, corIsolo, aldosterone ……) L’insulina è un ormone che viene sinteIzzato dalle beta cellule del pancreas in risposta alla glicemia che aumenta Agisce legandosi ai receQori di membrana dei tre tessuI
maggiormente coinvolI nel metabolismo energeIco: il fegato, il tessuto adiposo e il muscolo scheletrico
In quesI tessuI sImola i processi anabolici e blocca quelli catabolici
Meccanismo di azione dell’Insulina
NEL FEGATO STIMOLA: • GLICOGENOSINTESI • SINTESI DI TRIGLICERIDI
NEL MUSCOLO SCHELETRICO STIMOLA:
CAPTAZIONE DI aa SINTESI PROTEICA CAPTAZIONE DI GLU GLICOGENOSINTESI
NEL TESSUTO ADIPOSO STIMOLA
L’ACCUMULO DI TRIGLICERIDI BLOCCA LA LIPOLISI
INSULINORESISTENZA
IL TERMINE INSULINO RESISTENZA INDICA L’INCAPACITA’ DELL’INSULINA DI PROMUOVERE UNA NORMALE OMEOSTASI DEL GLUCOSIO
L’IPERINSULINEMIA COMPENSATORIA SPESSO ACCOMPAGNA L’INSULINORESISTENZA
Cosa si intende per Cosa si intende per insulinoinsulino--resistenza?resistenza?
Si tratta di uno stato Si tratta di uno stato metabolico in cui lmetabolico in cui l’’azione azione delldell’’insulina nei tessuti insulina nei tessuti periferici periferici èè meno efficiente meno efficiente del normale per cui del normale per cui èènecessaria unnecessaria un’’elevata elevata secrezione di insulina per secrezione di insulina per mantenere i normali livelli di mantenere i normali livelli di glucosio nel sangueglucosio nel sangue
Hurst Il Cuore, Capitolo 87, 11ª edizione, 2005
Meccanismi dell’insulino-‐resistenza
1. Anomalie del prodoQo di secrezione delle cellule β
-‐ Anomala molecola dell’insulina -‐ Conversione incompleta della proinsulina in insulina
2. AntagonisI dell’insulina in circolo
-‐ Elevata concentrazione emaIco degli ormoni antagonisI -‐ AnIcorpi anI-‐insulina -‐ AnIcorpi anI-‐receQori dell’insulina
3. Anomalie dei tessuI bersaglio
-‐ Diminuito numero dei receQori insulinici -‐ DifeQo post-‐receQoriale
I receQori dell’insulina I processi cellulari regolaI dall’insulina dipendono dal legame dell’ormone con i suoi receQori presenI sulle membrane cellulari degli organi bersaglio (fegato, cellule muscolari e tessuto adiposo). � Il numero di rece<ori di superficie può diminuire o per diminuita sintesi o per
aumentata demolizione, o ancora per internalizzazione. Questa possibilità di variazione del numero dei rece<ori di membrana con i quali interagisce l’insulina, cosMtuisce il fa<ore di controllo più importante della sensibilità delle cellule all’insulina. L’insulino-‐resistenza è infaR spesso determinata da una diminuzione del numero di rece<ori di membrana. Anche uno stato di iperinsulinemia può indurre una riduzione del numero di receQori di membrana senza tuQavia alterare il numero totale dei receQori cellulari. Si traQa del fenomeno della down regulaIon.
INSULINA
Traslocazione dei rece<ori dell’insulina dalla membrana all’interno della cellula in seguito ad una esposizione prolungata delle cellule all’insulina
COMPONENTI GENETICHE
AMBIENTE GENETICA
SRI E DM2
LA COMPONENETE GENETICA CONFERISCE SOLO UN AUMENTATO RISCHIO DI CONTRARRE LA MALATTIA (SUSCETTIBILITA’)
Neel JV. Diabetes mellitus: a "thri1y" genotype rendered detrimental by "progress"? Am J Hum Genet 1962, 14:353-‐62
Secondo la teoria dei "Geni risparmiatori” …….i geni della resistenza periferica all’ insulina si sarebbero selezionati negli uomini primitivi, per consentire la sopravvivenza in periodi di scarsità alimentare ….questo meccanismo avrebbe consentito di estrarre dal poco cibo il massimo dell’energia necessaria… oggi sarebbero inutili se non dannosi ….. almeno nei paesi ricchi, tali geni favorirebbero l'insorgenza di malafe come il il diabete e l’obesità.
Come si misura l’insulino resistenza
Il test considerato gold standard è il CLAMP EUGLICEMICO IPERINSULINEMICO
Il principio è quello di incrementare arIficiosamente i livelli circolanI di insulina mantenendo l'euglicemia con un'infusione costante di glucosio per 120’.
Una volta raggiunta una condizione stabile, negli ulImi 40’ minuI del test, la quanIta di glucosio infusa nell'unità di tempo corrisponde alla quanIta di glucosio uIlizzata dai tessuI periferici, con trasporto dipendente dall'azione dell'insulina e cosItuisce un indice della sensibilita dei tessuI all'azione stessa dell'ormone.
Il test è uIle per studi fisiologici approfondiI su un esiguo numero di pazienI e risulta di difficile uIlizzo nella praIca clinica corrente.
INDICE HOMA(Homeostasis Model Assessment). MaQhews e coll Diabetologia 1985 si basa su un modello omeostaIco matemaIco che considera le concentrazioni sieriche di
glucosio e insulina a digiuno
INSULINEMIA x GLICEMIA / 22.5
(µU/ml) (mmol/l)
SENSIBILITA’ 85% SPECIFICITA’ 50%
E. Bonora, Diabetes Care, 2000
SoggeR non insulino resistenM: < 2.5
Glicemia a digiuno (mg/100ml) x Insulinemia a digiuno (mUl/ml )/ 405 Soggef non insulino resistenI 0,23-‐2,5 adulI
0,23-‐3,6 bambini
risulta appropriato per grandi studi epidemiologici
SENSIBILITA’ 85% SPECIFICITA’ 50%
Curva glicemica e insulinemica con carico orale di glucosio 75gr 6 determinazioni ( T 0’,30’,60’,90’,120’,180’)
Tempo Glicemia mg/dl Insulina µU/ml
0 80 10,8
30’ 100 82
60’ 94 199
90’ 65 164
120’ 42 81
180’ 28 7,8
v.n. 4-‐23 µU/m microunità di insulina per ml
Health Professionals’ Follow-‐up Study 51.529 maschi seguiI per 6 anni eta’ 40-‐75
Ha evidenziato come distribuzione del grasso sia tra i principali indicatori di insulino resistenza e DM2
L’obesità addominale predice la comparsa di Sindrome Metabolica
HanTS et al.: Obes Res 2002, 10: 923-931
≥ 30 < 30
< 102 cm (uomini) < 88 cm (donne)
≥ 102 cm (uomini) ≥ 88 cm (donne)
BMI (kg/m2)
Inci
denz
a di
sin
drom
e m
etab
olic
a
in 8
ann
i
33
20
20 10
0
10
20
30
40
A parità di BMI, i soggetti con circonferenza addominale aumentata, in 8 anni sviluppano maggiormente SM
USA 36.9 55.1 46.0 Spagna 30.5 37.8 34.7 Italia 25.0 37.0 31.5 UK 29.0 26.0 27.5 Francia – – 26.3 Olanda 14.8 21.1 18.2 Germania 20.0 20.5 20.3
L’OBESITÀ ADDOMINALE ha raggiunto proporzioni epidemiche a livello globale
aFord et al 2003; bAlvarez-Leon et al 2003; cOECI 2004; dRuston et al 2004; eObepi 2003; fVisscher & Seidell 2004; gLiese et al 2001
Uomini (%) Donne (%) Totale (%)
Elevata circonferenza vita: >102 cm negli uomini o >88 cm nelle donne eccetto in Germania (>103 cm and >92 cm , rispettivamente)
GLOBESITY!
Che cosa è l’obesità addominale • Accumulo di tessuto adiposo viscerale
– Grasso mesenterico e omentale (viscerale)
• Indicato da circonferenza addominale >102 cm negli uomini e >88 cm nelle donne
• Il grasso viscerale è metabolicamente più attivo rispetto al grasso sottocutaneo – Maggiore attività endocrina
– Superiore effetto avverso sul metabolismo e superiore rischio cardiovascolare
Wajchenberg BL. Endocr Rev 2000;21:697-738.
l’IDF ( InternaIonal Diabetes FederaIon ) Ha indicato che l’obesità addominale quanIficabile misurando la circonferenza addominale
è di maggiore importanza clinica e diagnosIca , rispeQo al BMI, riguardo il rischio dell’insorgenza di malafe cronico degeneraIve
L’IDF ha definito i valori soglia inferiori rispeQo a quelli elaboraI nei criteri NCEP-‐ATPIII (NaConal Cholesterol EducaCon Program-‐ Adult Treatment Panel III)
rispefvamente non più 102 cm ma 94 cm per gli uomini e non più 88 cm ma 80 cm per le donne.
Gli adipociI ipertrofici e ipossici producono citochine proinfiammatorie (IL-‐6/ TNFa ) che
• Inducono la sintesi di fibrinogeno (nel fegato) favoriscono l’azione procoagulante, anIfibrinoliIca, e pro aggregante piastrinica.
• Disafvano il receQore insulinico (IRS1) promuovendo l’ insulino resistenza
• Aumento FFA in circolo • Riducono la produzione di adiponecIna* (*promuove l'ossidazione degli acidi grassi nei muscoli, né riduce l'apporto al fegato e
il contenuto di trigliceridi e diminuisce la produzione di glucosio a livello epaIco).
In sintesiIn sintesiobesità
viscerale
resistenza insulinicaiperinsulinemia
dislipidemia IGT / DM ipertensione
disfunzione endoteliale
fattorigenetici:
xgenotipo risparmiatore
fattoriambientali:x sovralimentazion
ex no attività fisica
ICTUS INFARTOaterosclerosi
Strategie per sindrome metabolica RIDURRE IL PESO CORPOREO
Per normalizzare e correggere gli altri faQori di rischio che si ritrovano nella sindrome plurimetabolica. L'obiefvo della riduzione del peso corporeo deve essere raggiunto mediante una revisione dello sIle di vita del paziente, modificando le abitudini alimentari e sImolando l'afvita fisica.
Modificazioni Modificazioni dello stile di vita:dello stile di vita:
AttivitAttivitàà fisicafisicaAlimentazione Alimentazione corretta e corretta e bilanciatabilanciata
ObiettivoObiettivoB.M.I. < 25B.M.I. < 25
EffeQo dell’allenamento sulla % di ossidazione di FA DaI medi ± SE. * P < 0.001 vs pre-‐allenamento.
Bruce et al. 2006
Esercizio fisico e insulino-‐resistenza
Esercizio fisico e aumento dell’ossidazione dei FA
L’esercizio fisico determina un aumento del trasporto del glucosio a livello della membrana del muscolo scheletrico tramite l’afvazione di un processo di traslocazione delle GLUT4 non insulino dipendente GLUT4
Sistemi non insulino dipendenI in grado di potenziare il trasporto e il metabolismo del glucosio nel muscolo scheletrico
(AMP Kinasi e MAP Kinasi)
• L’esercizio fisico determina un aumento del trasporto del glucosio a livello della membrana del muscolo scheletrico tramite l’afvazione di un processo di traslocazione delle GLUT4 non insulino dipendente.
• Così effef immediaI dell’esercizio fisico acuto sulla omeostasi glucidica avvengono primiIvamente a livello del traffico GLUT4 piuQosto che tramite un’elevata trasduzione mediata dal meccanismo insulinico (IRS1 e 2, PI 3-‐Kinasi). Gli effef dell’esercizio fisico sono osservabili anche fino a 16 ore dopo.
• I due sistemi, AMPK e MAPK, vengono afvaI nel muscolo scheletrico direQamente dalla contrazione
• l’AMP Kinasi è una proteina afvata dallo stress cellulare associato ad una deplezione di ATP
"DIABETES PREVENTION PROGRAM" conferma la superiorita degli intervenI sullo sIle di vita nei confronI dei traQamenI farmacologici: sopratuQo nei soggef in sovrappeso è possibile prevenire il diabete nel 58% dei casi riducendo l'apporto calorico con un'afvita fisica sefmanale superiore a 150 minuI.
3.234 partecipanI allo studio erano sovrappeso e avevano glicemie alterate IFT o IGT
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DIAGNOSI DM
In assenza di sintomi, riscontro in almeno due occasioni :
�� Glicemia a digiuno � 126 mg/dl
�� Glicemia � 200 mg/dl dopo OGTT con 75 g �� HbA1c � 6,5% In presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, calo ponderale), anche in
unica occasione :
�� Glicemia casuale � 200 mg/dl
ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO (Impaired Fasting Glucose, IFG)
glicemia a digiuno 100-125 mg/dl
RIDOTTA TOLLERANZA AI CARBOIDRATI
(Impaired Glucose Tolerance, IGT) Glicemia 2 ore dopo OGTT 140-199 mg/dl
Le diete fortemente ipocaloriche (<1000 kcal/die), DEVONO ESSERE EVITATE ! perché:
Ø Il calo ponderale avviene prevalentemente a carico della massa magra (FFM) Ø I deficit sono eccessivi e si possono verificare carenze nutrizionali
Ø È necessario fare ricorso a integratori di vitamine e Sali minerali
Ø Con le diete fortemente ipocaloriche è maggiore la perdita iniziale di peso, ma è maggiore anche il recupero Ø Inoltre, una riduzione rapida del peso non consente l’acquisizione graduale di nuove abitudini alimentari.
Quindi l’elemento centrale di una terapia dieteIca nei soggef in sovrappeso è una
DIETA IPOCALORICA >= 1200Kcal /die
carboidraI 45% a basso IG
No zuccheri semplici No grassi saturi
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DMT2 - PATOGENESI
Combinazione di insulinoresistenza e defict insulinico
DMT2- PATOGENESI
INSULINORESISTENZA
ridotta capacità di agire sui tessuti bersaglio (fegato, muscolo,
t.adiposo)
Aumento produzione epatica di glucosio
Iperglicemia post-prandiale Iperglicemia a digiuno
Ridotto utilizzo glucosio
età
obesità genetica
adipochine
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DIABETE MELLITO (DM)
un gruppo di disturbi metabolici che condividono il fenotipo dell'iperglicemia
- principale causa di insufficienza renale terminale,
amputazioni arti inferiori e cecità dell'adulto
- classificato sulla base del meccanismo patogenetico
Classificazione eziologica
�� 1. Diabete tipo 1 a. immunomediato
b. idiopatico
�� 2. Diabete tipo 2
�� Altri tipi specifici di diabete
�� Diabete mellito gestazionale
LADA (Latent Autoimmune Diabetes in adults) ( in adulI con apparente DM Ipo2 con autoanIcorpi ……… progredisce verso l’insulino dipendenza) MODY( Maturity Onset Diabetes) <25 anni non insulino dipendente assenza di autoanIcorpi
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DIAGNOSI DM
In assenza di sintomi, riscontro in almeno due occasioni :
�� Glicemia a digiuno � 126 mg/dl
�� Glicemia � 200 mg/dl dopo OGTT con 75 g �� HbA1c � 6,5% In presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, calo ponderale), anche in
unica occasione :
�� Glicemia casuale � 200 mg/dl
ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO (Impaired Fasting Glucose, IFG)
glicemia a digiuno 100-125 mg/dl
RIDOTTA TOLLERANZA AI CARBOIDRATI
(Impaired Glucose Tolerance, IGT) Glicemia 2 ore dopo OGTT 140-199 mg/dl
48 mmol/mol
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DM 2 - PATOGENESI Deficit della fase precoce della secrezione insulinica
DM 2 – COMPLICANZE ACUTE
stato iperosmolare iperglicemico
�� Confusione mentale, letargia, coma �� Disidratazione e iperosmolarità
hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf
Meccanismo di azione dell’Insulina nel fegato
IL DEFICIT PROVOCA • GLICOGENOLISI • GLUCONEOGENESI (da laQato e alanina del muscolo)
• CHETOGENESI (per accumulo di AceIlcoA si formano i corpi chetonoici : ac. IdrossibuIrrico . Ac acetoaceIco, acetone)
• si formano VLDL e aumentano i TRIGLICERIDI (per deficit della
lipoproteinlipasi)
Meccanismo di azione dell’Insulina
IL DEFICIT NEL MUSCOLO SCHELETRICO PROVOCA GLI aa NON SONO CAPTATI LA SINTESI PROTEICA È BLOCCATA E’ ATTIVATA LA PROTEOLISI IL BILANCIO AZOTATO E’ NEGATIVO
IL DEFICIT NEL TESSUTO ADIPOSO PROVOCA LA LIPOLISI E QUINDI AUMENTO DEGLI FFA LIBERI (ac. Grassi liberi che nel fegato in parte formeranno le VLDL e in parte verranno riesterificaI in trigliceridi)
IPERTRIGLICERIDEMIA
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
5
La Terapia Medica Nutrizionale (TMN) rappresenta un momento essenzialenella prevenzione e cura del Diabete Mellito, una delle malattia cronichepiù diffuse e sicuramente quella che trae i maggiori benefici da una cor-retta alimentazione.Numerosi studi, primo fra tutti lo studio americano Diabetes Control andComplication Trial (DCCT), hanno dimostrato che, accanto alla terapia far-macologia ed educazionale, un adeguato regime alimentare assume lavalenza di “vera e propria terapia”, rappresentando uno strumento es-senziale per ottenere e mantenere un compenso metabolico ottimale, perridurre il rischio cardiovascolare, per prevenire e trattare al meglio le com-plicanze micro- e macro-vascolari del paziente diabetico.La “cosiddetta dieta del diabetico”, impostata nel decennio scorso su pa-rametri rigidi per quanto riguarda l’apporto di carboidrati, oggi deve es-sere calibrata e individualizzata in base ad alcune esigenze come gliobiettivi glicemici, il grado di compenso glicometabolico, i valori dei lipidi,la funzione renale, la terapia farmacologia ipoglicemizzante, e non da ul-timo il contesto sociale nel quale si trova il paziente diabetico.La TMN deve rappresentare un elemento essenziale e irrinunciabile nellastrategia per ottenere il miglior controllo metabolico del paziente diabe-tico.Queste raccomandazioni rappresentano uno strumento fondamentale diquesta strategia, in quanto sono un riferimento scientifico solido, pre-ciso, condiviso dalle società scientifiche e di semplice consultazione. Esseconsiderano tutti gli aspetti nutrizionali della TMN, sia per il paziente dia-betico di tipo 1 che per il diabetico tipo 2, nel contesto domiciliare o in am-bito ospedaliero.
Questo documento vuole essere un completamento e un approfondimentodelle indicazioni contenute negli Standard Italiani per la Cura del Diabete2009-2010.Il gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e Diabete” ha ritenuto op-portuno rivisitare le precedenti raccomandazioni redatte nel 2004 dalGruppo di Studio ADI-AMD utilizzando una metodologia analoga a quelladegli Standard ed accettando quanto proposto dagli Standard stessi com-
Presentazione
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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La Terapia Medica Nutrizionale (TMN) rappresenta un momento essenzialenella prevenzione e cura del Diabete Mellito, una delle malattia cronichepiù diffuse e sicuramente quella che trae i maggiori benefici da una cor-retta alimentazione.Numerosi studi, primo fra tutti lo studio americano Diabetes Control andComplication Trial (DCCT), hanno dimostrato che, accanto alla terapia far-macologia ed educazionale, un adeguato regime alimentare assume lavalenza di “vera e propria terapia”, rappresentando uno strumento es-senziale per ottenere e mantenere un compenso metabolico ottimale, perridurre il rischio cardiovascolare, per prevenire e trattare al meglio le com-plicanze micro- e macro-vascolari del paziente diabetico.La “cosiddetta dieta del diabetico”, impostata nel decennio scorso su pa-rametri rigidi per quanto riguarda l’apporto di carboidrati, oggi deve es-sere calibrata e individualizzata in base ad alcune esigenze come gliobiettivi glicemici, il grado di compenso glicometabolico, i valori dei lipidi,la funzione renale, la terapia farmacologia ipoglicemizzante, e non da ul-timo il contesto sociale nel quale si trova il paziente diabetico.La TMN deve rappresentare un elemento essenziale e irrinunciabile nellastrategia per ottenere il miglior controllo metabolico del paziente diabe-tico.Queste raccomandazioni rappresentano uno strumento fondamentale diquesta strategia, in quanto sono un riferimento scientifico solido, pre-ciso, condiviso dalle società scientifiche e di semplice consultazione. Esseconsiderano tutti gli aspetti nutrizionali della TMN, sia per il paziente dia-betico di tipo 1 che per il diabetico tipo 2, nel contesto domiciliare o in am-bito ospedaliero.
Questo documento vuole essere un completamento e un approfondimentodelle indicazioni contenute negli Standard Italiani per la Cura del Diabete2009-2010.Il gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e Diabete” ha ritenuto op-portuno rivisitare le precedenti raccomandazioni redatte nel 2004 dalGruppo di Studio ADI-AMD utilizzando una metodologia analoga a quelladegli Standard ed accettando quanto proposto dagli Standard stessi com-
Presentazione
Diabetes Control and Complication Trial Relative Risk of Progression of
Diabetes Complications by Mean HbA1c
1
3
5
7
9
11
13
15
6 7 8 9 10 11 12
Retinop
Nefr
Neurop
Microalb
Ris
chio
rela
tivo
HbA1c Skyler: Endo Met Cl N Am 1996
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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Bilancio Energeticoe Peso Corporeo
Mario Parillo
STATEMENT 1
STATEMENT 2
STATEMENT 3
RACCOMANDAZIONI
Il trattamento dell’obesità è di grande importanza in tutta la popola-zione ed in modo particolare nei soggetti diabetici in quanto esiste unacorrelazione diretta tra Indice di Massa Corporeo (IMC) e patologie cor-relate all’obesità tra cui il DMT2.
Una modesta perdita di peso produce un miglioramento del controllometabolico, una riduzione dell’uso di farmaci ipoglicemizzanti e puòessere facilmente mantenuta a lungo termine.
La riduzione del peso corporeo porta ad un miglioramento di tutti i fat-tori di rischio cardiovascolare presenti nei pazienti diabetici.
In soggetto sovrappeso o obesi anche modeste perdite di peso por-tano ad un miglioramento dell’insulino resistenza.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)
Nei soggetti adulti con un IMC nei limiti della norma (18.5-24.9 kg/m2)non è necessario specificare l’apporto calorico.(Livello di prova III, Forza della raccomandazione A)
Nei soggetti in sovrappeso (IMC>25 kg/m2), l’apporto calorico deve es-sere ridotto e il dispendio energetico incrementato al fine di portarel’IMC nei limiti raccomandati.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)
L’approccio principale per ottenere e mantenere il calo ponderale è lamodificazione dello stile di vita che include una modesta riduzione del-l’apporto energetico (500-1000 Kcal/die) ed incremento del dispendioenergetico.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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Bilancio Energeticoe Peso Corporeo
Mario Parillo
STATEMENT 1
STATEMENT 2
STATEMENT 3
RACCOMANDAZIONI
Il trattamento dell’obesità è di grande importanza in tutta la popola-zione ed in modo particolare nei soggetti diabetici in quanto esiste unacorrelazione diretta tra Indice di Massa Corporeo (IMC) e patologie cor-relate all’obesità tra cui il DMT2.
Una modesta perdita di peso produce un miglioramento del controllometabolico, una riduzione dell’uso di farmaci ipoglicemizzanti e puòessere facilmente mantenuta a lungo termine.
La riduzione del peso corporeo porta ad un miglioramento di tutti i fat-tori di rischio cardiovascolare presenti nei pazienti diabetici.
In soggetto sovrappeso o obesi anche modeste perdite di peso por-tano ad un miglioramento dell’insulino resistenza.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)
Nei soggetti adulti con un IMC nei limiti della norma (18.5-24.9 kg/m2)non è necessario specificare l’apporto calorico.(Livello di prova III, Forza della raccomandazione A)
Nei soggetti in sovrappeso (IMC>25 kg/m2), l’apporto calorico deve es-sere ridotto e il dispendio energetico incrementato al fine di portarel’IMC nei limiti raccomandati.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)
L’approccio principale per ottenere e mantenere il calo ponderale è lamodificazione dello stile di vita che include una modesta riduzione del-l’apporto energetico (500-1000 Kcal/die) ed incremento del dispendioenergetico.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)
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È utile limitare il consumo di alimenti ad alta densità energetica, in par-ticolare di quelli ricchi in grassi e zuccheri semplici, per ridurre il pesocorporeo senza dover precisare la quota calorica. (Livello di prova II, Forza della raccomandazione B)
Il trattamento dell’obesità è di grande importanza in tutta la popolazioneed in modo particolare nei soggetti diabetici. Esiste una correlazione di-retta tra IMC e patologie correlate all’obesità tra cui il DMT2. Il rischio èaumentato già in presenza di sovrappeso (IMC> 25kg/m2). Negli individuiin sovrappeso o obesi, infatti, la sensibilità insulinica è ridotta e vi è un de-terioramento globale del controllo del diabete. In particolare la distribu-zione del grasso di tipo viscerale, aumento della circonferenzaaddominale, si associa ad un aumento dell’insulino resistenza. La mag-gior parte dei pazienti diabetici tipo 2 è in sovrappeso o obeso; in questipazienti la perdita di peso, rappresenta l’aspetto più importante della te-rapia dietetica. Diversi studi hanno dimostrato che anche modeste perditedi peso inducono riduzione dei livelli di glicemia grazie alla diminuzionedell’insulino resistenza periferica e della produzione epatica di glucosio.La riduzione del peso corporeo porta inoltre ad un miglioramento di tuttii fattori di rischio cardiovascolare presenti nei pazienti diabetici, in parti-colare iperlipidemia ed ipertensione arteriosa ed una significativa ridu-zione del fabbisogno di farmaci ipoglicemizzanti(1-7-14).Nella maggior parte dei soggetti obesi l’obiettivo del raggiungimento delpeso corporeo ideale ed il mantenimento a lungo termine della perdita dipeso è quasi sempre impossibile, è quindi importante non fornire ai pa-zienti traguardi poco realistici. Un target ragionevole, per riuscire ad averesignificativi effetti metabolici, può essere la perdita di peso di circa il 5-10% del peso corporeo in 3- 6 mesi. Questa modesta perdita di peso pro-duce un miglioramento del controllo metabolico, una riduzione dell’uso difarmaci ipoglicemizzanti e può essere facilmente mantenuta a lungo ter-mine. È chiaro che la dove sia possibile bisogna mirare ad una perdita dipeso maggiore. L’intervento psico- educazionale individuale o di gruppoè essenziale per ottenere risultati a lungo termine.Per i pazienti normopeso non è importante modificare l’apporto energe-tico giornaliero. Nei pazienti in sovrappeso o obesi, e in particolare neipazienti che presentano una distribuzione del grasso viscerale, è inveceimportante ridurre l’apporto energetico giornaliero La restrizione diete-
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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In generale il consumo calorico a riposo rappresenta il 50-70% del con-sumo calorico totale della maggior parte degli individui. Per calcolare ap-prossimativamente il consumo totale occorre aggiungere a quello basalecirca il 30% per le persone sedentarie, il 50% per le persone moderata-mente attive e anche il 100% per le persone fisicamente molto attive.Ulteriori aggiustamenti devono essere effettuati in condizioni particolari,ad esempio durante la gravidanza e l’allattamento il fabbisogno energe-tico è maggiore e vanno aggiunte altre 300-500 kcal die rispettivamentein gravidanza e allattamento.Nei pazienti allettati il fabbisogno calorico totale può essere calcolato sullabase del fabbisogno a riposo aumentato del 10% per la digestione deinutrienti somministrati per via enterale o parenterale e del 12.5% perogni grado di temperatura superiore a 37°C.
L’approccio principale per ottenere e mantenere il calo ponderale è la mo-dificazione dello stile di vita, che include una riduzione dell’apporto calo-rico e un aumento dell’attività fisica. Se il peso corporeo è costante neimesi precedenti ed è possibile avere una indagine alimentare affidabileuna moderata riduzione dell’apporto calorico abituale (300 500 kcal/die)e un modesto incremento del dispendio energetico (200 300 kcal/die)permettono un lento ma progressivo calo ponderale (0,45 0,90 kg/setti-mana). Se non si ha una valutazione accurata dell’apporto alimentare abi-tuale ci si può programmare il piano nutrizionale avendo come obiettivoun apporto calorico di 300-500 kcal/die inferiore al fabbisogno energe-tico totale calcolato.
1. Harris J, Benedict F. A biometric study of basal metabolism in man. Washington D.C.Carnegie Institute of Washington. 1919
2. Mifflin MD, St Jeor ST, Hill LA, Scott BJ, Daugherty SA, Koh YO. A new predictive equa-tion for resting energy expenditure in healthy individuals.Am J Clin Nutr 1990 Feb; 51(2): 241-7
3. Owen OE, Holup JL, D’Alessio DA, Craig ES, Polansky M, Smalley KJ, Kavle EC, Bush-man MC, Owen LR, Mozzoli MA, et al. A reappraisal of the caloric requirements ofmen. Am J Clin Nutr. 1987, 46: 875-85
4. Food and agricultural organization / World health Organization / United Nations Uni-versity. Energy and protein requirements. Report of a Joint WHO/FAO/UNU WorldHealth Organization Technical Report Series 724, Geneva, Switzerland: WHO, 1985
5. Frankenfield D, Roth-Yousey L, Compher C. Comparison of predictive equations forresting metabolic rate in healthy nonobese and obese adults: a systematic review. JAm Diet Assoc. 2005 May; 105 (5): 775-89. Review
6. Weijs PJ. Validity of predictive equations for resting energy expenditure in US andDutch overweight and obese class I and II adults aged 18-65 y. Am J Clin Nutr. 2008Oct; 88 (4): 959-70.
CALCOLO DELFABBISOGNOCALORICO TOTALE
DI QUANTO RIDURREL'INTROITO CALORICO
BIBLIOGRAFIA
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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In generale il consumo calorico a riposo rappresenta il 50-70% del con-sumo calorico totale della maggior parte degli individui. Per calcolare ap-prossimativamente il consumo totale occorre aggiungere a quello basalecirca il 30% per le persone sedentarie, il 50% per le persone moderata-mente attive e anche il 100% per le persone fisicamente molto attive.Ulteriori aggiustamenti devono essere effettuati in condizioni particolari,ad esempio durante la gravidanza e l’allattamento il fabbisogno energe-tico è maggiore e vanno aggiunte altre 300-500 kcal die rispettivamentein gravidanza e allattamento.Nei pazienti allettati il fabbisogno calorico totale può essere calcolato sullabase del fabbisogno a riposo aumentato del 10% per la digestione deinutrienti somministrati per via enterale o parenterale e del 12.5% perogni grado di temperatura superiore a 37°C.
L’approccio principale per ottenere e mantenere il calo ponderale è la mo-dificazione dello stile di vita, che include una riduzione dell’apporto calo-rico e un aumento dell’attività fisica. Se il peso corporeo è costante neimesi precedenti ed è possibile avere una indagine alimentare affidabileuna moderata riduzione dell’apporto calorico abituale (300 500 kcal/die)e un modesto incremento del dispendio energetico (200 300 kcal/die)permettono un lento ma progressivo calo ponderale (0,45 0,90 kg/setti-mana). Se non si ha una valutazione accurata dell’apporto alimentare abi-tuale ci si può programmare il piano nutrizionale avendo come obiettivoun apporto calorico di 300-500 kcal/die inferiore al fabbisogno energe-tico totale calcolato.
1. Harris J, Benedict F. A biometric study of basal metabolism in man. Washington D.C.Carnegie Institute of Washington. 1919
2. Mifflin MD, St Jeor ST, Hill LA, Scott BJ, Daugherty SA, Koh YO. A new predictive equa-tion for resting energy expenditure in healthy individuals.Am J Clin Nutr 1990 Feb; 51(2): 241-7
3. Owen OE, Holup JL, D’Alessio DA, Craig ES, Polansky M, Smalley KJ, Kavle EC, Bush-man MC, Owen LR, Mozzoli MA, et al. A reappraisal of the caloric requirements ofmen. Am J Clin Nutr. 1987, 46: 875-85
4. Food and agricultural organization / World health Organization / United Nations Uni-versity. Energy and protein requirements. Report of a Joint WHO/FAO/UNU WorldHealth Organization Technical Report Series 724, Geneva, Switzerland: WHO, 1985
5. Frankenfield D, Roth-Yousey L, Compher C. Comparison of predictive equations forresting metabolic rate in healthy nonobese and obese adults: a systematic review. JAm Diet Assoc. 2005 May; 105 (5): 775-89. Review
6. Weijs PJ. Validity of predictive equations for resting energy expenditure in US andDutch overweight and obese class I and II adults aged 18-65 y. Am J Clin Nutr. 2008Oct; 88 (4): 959-70.
CALCOLO DELFABBISOGNOCALORICO TOTALE
DI QUANTO RIDURREL'INTROITO CALORICO
BIBLIOGRAFIAGruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
Associazione Medici Diabetologi -‐ Società Italiana di Diabetologia Standard italiani per la cura del diabete mellito 2009-‐2010
CARBOIDRATI
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La quantità ed il tipo di carboidrati (CHO) ingeriti sono il principale de-terminante della glicemia postprandiale.
L’assunzione di carboidrati può variare tra il 45% e il 60% dell’energiatotale. L’apporto più appropriato nell’ambito di questo intervallo, per isoggetti con diabete tipo 1 e 2, dipende dalle loro caratteristiche me-taboliche.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)
Al momento non esistono evidenze per suggerire l’uso di diete a bassocontenuto di carboidrati, ovvero con una restrizione al di sotto dei 130g/die, nelle persone con diabete.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione D)
I vegetali, i legumi, la frutta ed i cereali integrali devono far parte inte-grante della dieta dei pazienti con diabete tipo 1 e tipo 2. Quando l’ap-porto dei carboidrati è al limite superiore delle raccomandazioni èparticolarmente importante consigliare cibi ricchi in fibre e con bassoindice glicemico.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
Nei pazienti trattati con insulina o ipoglicemizzanti orali il numero disomministrazioni ed il dosaggio dei farmaci dovrebbero essere ade-guati alla quantità e qualità dei carboidrati.(Livello della prova III Forza della raccomandazione C)
Macronutrienti
CARBOIDRATI, INDICE GLICEMICOE CARICO GLUCIDICO Mario Parillo
Silvia Carletti
STATEMENT 1
RACCOMANDAZIONI
Se desiderato e se in buon compenso glicemico una piccola quota disaccarosio e altri zuccheri aggiunti (non più del 10% dell’energia to-tale) può sostituire altri alimenti ad alto indice glicemico.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
L’indice glicemico deve essere considerato nella scelta degli alimentida introdurre nella dieta delle persone con il diabete. Una dieta conbasso indice glicemico determina un miglioramento del controllo gli-cemico.(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
La quantità ed il tipo di carboidrati (CHO) ingeriti sono il principale deter-minante della glicemia postprandiale. Non ci sono, però, evidenze scien-tifiche che permettano di consigliare una quantità ideale di CHO daconsigliare a tutti i pazienti diabetici. La quantità di carboidrati può variarein base alle abitudini individuali e locali, ed in maniera complementarecon il consumo di grassi e proteine nell’intervallo tra il 45-60% del-l’energia totale, ma mai inferiori a 130 g/die(1-3). La quota del 60% del-l’energia totale può essere consigliata a patto che il consumo dicarboidrati derivi principalmente da alimenti ricchi in fibre idrosolubili(frutta, vegetali, legumi) e/o alimenti a basso indice glicemico (pasta, le-gumi, riso parboiled). La dieta ricca in fibre idrosolubili e/o con basso in-dice glicemico si è dimostrata efficace nel migliorare il controllo glicemicoe lipidico dei pazienti con Diabete Mellito, e utile nella prevenzione deldiabete. In particolare pazienti in sovrappeso od obesi possono benefi-ciare dell’effetto saziante di alti apporti di carboidrati e fibre.L’apporto di carboidrati dovrebbe essere ridotto in pazienti con controlloglicemico non ottimale e/o ipertrigliceridemici o, se non è possibile, uti-lizzare in quantità significative alimenti ricchi in fibre idrosolubili e conbasso indice glicemico, in questi casi è consigliabile ridurre l’apporto dicarboidrati fino al 45% dell’energia totale giornaliera ed aumentare inmaniera isoenergetica l’apporto di grassi cis-monoinsaturi. Va comunqueposta particolare attenzione ad aumentare la quota totale di grassi a piùdel 35% dell’energia totale, in quanto una dieta troppo ricca in grassi pre-senta una densità energetica elevata è può quindi facilitare l’insorgenzadi obesità. Nei pazienti con diabete di tipo 1 o insulino trattati la terapiainsulinica pre prandiale andrà modificata sulla base della quantità e qua-lità dei CHO assunti per evitare rischio di iperglicemie o ipoglicemie, uti-lizzando la tecnica del counting dei carboidrati.
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
glucidi 46
Indice glicemico Si definisce facendo il rapporto tra
l’area della curva glicemica dopo l’ingestione dell’alimento in esame e la glicemia dopo l’ingestione di una quantità di glucosio pari a quella del glucide contenuto nell’alimento
In altre parole, si tratta di un indicatore di quanto velocemente il carboidrato in questione viene demolito, smontato negli zuccheri semplici di cui è composto (se non è un monosaccaride); "assorbito" e immesso nella circolazione sanguigna sotto forma di glucosio per essere disponibile come fonte energetica per le cellule.
LIPIDI
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Numerose evidenze documentano che la riduzione dell’apporto digrassi saturi con la dieta è efficace sulla riduzione del rischio cardio-vascolare nella popolazione generale.
Nella popolazione diabetica la riduzione dei livelli plasmatici di cole-sterolo ha ottenuto una risposta sulla riduzione degli eventi cardiova-scolari superiore rispetto a quella ottenuta nella popolazione generale.
L’apporto calorico dei grassi totali deve essere inferiore al 35% del-l’apporto calorico totale giornaliero.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)
L’apporto di colesterolo con la dieta deve essere inferiore a 300 mg/diee deve essere ridotto ulteriormente (<200 mg/die) se i livelli plasma-tici sono elevati.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)
L’apporto di grassi saturi deve essere < 10% dell’apporto calorico gior-naliero e un’ulteriore riduzione si raccomanda a pazienti che hannovalori elevati di colesterolo LDL (< 8%).(Livello della prova I, Forza della raccomandazione A)
Gli acidi grassi trans devono essere drasticamente ridotti.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
È possibile ottenere un apporto adeguato di acidi grassi polinsaturiomega 3 consumando pesce almeno tre volte la settimana e due por-zioni di verdure a foglie verdi quotidianamente.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione B)
LIPIDI Ivana Zavaroni
STATEMENT 1
STATEMENT 2
RACCOMANDAZIONI
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
Dietary Fat Acutely Increases Glucose Concentrations and Insulin Requirements in Patients With Type 1 Diabetes: Implications for carbohydrate-based bolus dose calculation and intensive diabetes management. Diabetes Care. 2012 Nov 27. Wolpert HA, Atakov-Castillo A, Smith SA, Steil GM
Questo lavoro dimostra che pazienti con diabete di tipo 1 richiedono più insulina per pasti ricchi in grassi rispetto a pasti con basso contenuto di grassi e contenuto di carboidrati identico .
C'è una forte evidenza che gli acidi grassi liberi compromeQano la sensibilità all'insulina
Metabolismo dei lipidi e Insulino-‐resistenza
Potenziali interazioni tra intermedi lipidici e segnale dell’insulina
+ Uptake FA
-‐ Ossidazione
FA
PROTEINE
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LE PROTEINE DELLA DIETANEL DIABETE Paolo Tessari
STATEMENT 1
RACCOMANDAZIONI
Il contenuto proteico raccomandato nella dieta nel paziente diabeticosenza nefropatia conclamata è simile a quelle della popolazione ge-nerale.
Un introito proteico effettivo tra gli 0.8 e i 1.0 g/kg è consigliato neipazienti diabetici con grado iniziale di nefropatia, mentre in pazienticon nefropatia conclamata è indicato un introito proteico non supe-riore a 0.8 g/kg al di.(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B)
Nel Diabete Mellito tipo 1 con nefropatia conclamata, le proteine do-vrebbero essere assunte nella quantità di 0.8 g/kg di peso al dì, cioèal limite inferiore del valore normale raccomandato.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)
Una riduzione dell’apporto proteico fino a 0.6 g/kg di peso al dì puòessere consigliato in pazienti nei quali vi è una progressione nel de-cremento della velocità di filtrazione glomerulare (VFG) nonostante l’ot-timizzazione del controllo metabolico e della pressione arteriosa e l’usodi ACE inibitori e di ARB.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)
Le raccomandazioni nutrizionali correnti riguardanti il contenuto proteicodella dieta nel paziente diabetico senza nefropatia conclamata sono, se-condo le maggiori società scientifiche nazionali ed internazionali, simili aquelle della popolazione generale. Il fabbisogno minimo essenziale di pro-Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
FIBRE , ALCOL, MICRONUTRIENTI E MINERALI
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Fibre, alcool,micronutrienti e minerali
Gabriele ForlaniSivia Di Domizio
FIBRA
STATEMENT 1
STATEMENT 2
STATEMENT 3
RACCOMANDAZIONI
L’intervento sullo stile di vita (riduzione del consumo di grassi, aumentodelle fibre vegetali e aumento dell’attività fisica) riduce il rischio di con-trarre il diabete tipo 2.
Una dieta ridotta in grassi e ad elevato apporto di fibre induce unamaggiore riduzione ponderale e una minore incidenza di diabete ri-spetto a una dieta più ricca in grassi e povera di fibre.
Un elevato consumo di fibre (intorno ai 50 g/die) riduce la glicemia insoggetti con diabete tipo 1 e riduce glicemia, insulinemia e lipemia insoggetti con diabete tipo 2.
Nelle persone ad alto rischio di sviluppare DMT2 il consumo di unadieta ricca in fibre e povera in grassi riduce il rischio.(Livello di evidenza I, Forza della raccomandazione A)
Nelle persone con diabete è raccomandata una assunzione di fibra >40 g/die (o > 20 g/1000 kcal/die) di tipo soprattutto solubile. In casodi scarsa tolleranza all’assunzione di simili quantità di fibra, l’apportodi fibra non dovrebbe comunque essere inferiore a quello raccoman-dato per la popolazione generale (14 g/1000 kcal).(Livello di evidenza I, Forza della raccomandazione A)
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
SODIO
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SODIO
STATEMENT 1
STATEMENT 2
RACCOMANDAZIONI
In soggetti non diabetici i valori di pressione arteriosa si riducono inmodo significativo quando l’assunzione di sodio passa da 3450 mg/diea 2.300 mg/die (PAS - 2.1 mmHg,) e maggiormente quando l’assun-zione di sodio viene portata a 1.200 mg/die (PAS - 6.7 mmHg).
La restrizione dell’apporto alimentare di sale induce nei soggetti condiabete una riduzione della pressione arteriosa simile a quella che siottiene con una monoterapia farmacologica (PAS - 7 mmHg, PAD - 3mmHg).
I soggetti ipertesi diabetici dovrebbero ridurre l’apporto di sodio ali-mentare a 2400 mg/die (corrispondenti a 6 g di sale), in linea con le at-tuali raccomandazioni per la popolazione generale.(Livello di evidenza II, Forza della raccomandazione A)
Una restrizione di sodio maggiore di quella raccomandata per la po-polazione generale (fino a 1.500 - 1600 mg/die) deve essere presa inconsiderazione in paziente ipertesi o con malattia renale quando i tar-get terapeutici non vengano raggiunti.(Livello di evidenza II, Forza della raccomandazione B)
Esistono chiare evidenze riguardo al fatto che il consumo di sale influenzai livelli di pressione arteriosa e che una riduzione della sua assunzione ri-duce la pressione arteriosa sistolica (PAS) e diastolica (PAD) sia in soggettinormotesi che in soggetti ipertesi. Nel DASH-Sodium trial (Dietary Ap-proaches to Stop Hypertension) i valori di pressione arteriosa si riducevanoin modo significativo quando l’assunzione di sodio passava da 3450 mg/die
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2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
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ALCOOL
STATEMENT 1
STATEMENT 2
RACCOMANDAZIONI
Studi osservazionali suggeriscono che il consumo moderato di alcoolpuò ridurre il rischio per il diabete. In uno studio prospettico condottosu adulti non diabetici è stata osservata un’incidenza minore di diabetedi tipo 2 nelle sole donne che consumavano alcool rispetto alle nonconsumatrici sebbene la relazione dose-risposta fosse debole e nonfosse confermata per i maschi.
Studi osservazionali condotti sulla popolazione generale hanno mostratoche un moderato consumo di alcool è associato alla riduzione della mor-talità totale e per cause cardiovascolari, rispetto al non consumo. Unostudio di coorte ha mostrato che il consumo abituale di alcool in quan-tità ≤ 20/die, quando comparato con nessun consumo, riduce del 25%il rischio per mortalità totale, del 57% per sole cause cerebro-vascolariescluso l'ictus emorragico e del 30% per cause cardio-vascolari.
I dati a disposizione non permettono di raccomandare un consumo mo-derato di alcool nei soggetti ad elevato rischio di diventare diabetici. (Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B)
Un moderata introduzione di alcool, fino a 10 g/die nelle femmine e 20g/die nei maschi è accettabile se la persona desidera bere alcolici.(Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B)
L’assunzione di alcool deve essere limitata nei soggetti obesi o conipertrigliceridemia e sconsigliata nelle donne in gravidanza e nei pazi-enti con storia di pancreatite.(Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B)
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1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
ALCOOL
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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L’assunzione di alcool nei pazienti trattati con insulina deve avvenirenel contesto dei pasti che comprendono cibi contenenti glucidi, perprevenire, soprattutto durante la notte, il rischio di pericolose prolun-gate ipoglicemie.(Opinione del gruppo, Forza della raccomandazione B)
Nelle persone con diabete un’introduzione moderata di alcool non haeffetti acuti sulla glicemia, ma i carboidrati contenuti nella bevanda al-colica possono avere un effetto negativo sul compenso glicemico.(Opinione del gruppo, Forza della raccomandazione B)
Esistono evidenze che suggeriscono che un consumo moderato di alcool(e di vino in particolare) possa esplicare effetti benefici sulla salute, sianella popolazione generale che in alcune popolazioni ad elevato rischio,ma si tratta di studi osservazionali o retrospettivi mancando sull’argo-mento trial controllati e revisioni sistematiche.Studi osservazionali condotti sulla popolazione generale hanno mostratoche un moderato consumo di alcool è associato alla riduzione della mor-talità totale e per cause cardiovascolari, rispetto al non consumo(1). La re-lazione è espressa da una curva ad U o J, in cui il livello di rischio piùbasso è associato al consumo di quantità di alcool moderate. L’effettoprotettivo potrebbe essere dovuto all’incremento del colesterolo HDL ealla ridotta aggregazione piastrinica. Uno studio di coorte recentementepubblicato(2) ha mostrato che il consumo abituale di alcool in quantità ≤a g.20/die, quando comparato con nessun consumo, riduce del 25% il ri-schio per mortalità totale, del 57% per le sole cause cerebro-vascolari(escluso l'ictus emorragico) e del 30% la mortalità cardio-vascolare. Lamoderazione del consumo è un elemento comune agli studi osservazio-nali, anche se sulla quantità esiste variabilità in relazione al metodo di in-dagine e di raccolta dati. Un altro studio recente svolto su pazienti anzianidi età > 65 anni ha mostrato che la riduzione della mortalità cardiova-scolare si ha per consumi da 1 a max 4 dosi di alcool/die (ciascuna doseequivaleva a g. 10 di alcool), e i valori minimi di rischio si hanno per con-sumi di 1-2 dosi per 5-6 giorni a settimana(3).Diversi studi di coorte suggeriscono per il vino vantaggi superiori rispettoad altre bevande alcoliche, come birra o liquori. Uno studio recente supopolazione sana(4) ha mostrato che rispetto ai bevitori di liquori, i soggetti
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
Diabetes and the vitamin D connecMon. Holick MF.
Department of Medicine, SecIon of Endocrinology, NutriIon, and Diabetes, Boston
University School of Medicine,2008
Il controllo glicemico e l'insulino-‐resistenza sono migliorate quando la carenza di vitamina D è stata corre<a.
La 1,25-‐diidrossivitamina D è implicata nella produzione e la secrezione di diversi ormoni, inclusa l'insulina ( inoltre la vit D ha effeR sul sistema immunitario (linfociM B e T e sulla linea monociM-‐macrofagica) e potrebbe influire sul rischio di sviluppare malaRe autoimmuni tra cui il DM Mpo 1.
Hypovitaminosis D is associated with insulin resistance and beta cell dysfunc-‐ Con. Chiu KC, Chu A, Go VL, Saad MF. Am J Clin Nutr 2004)
La vit D sembra uno dei faQori in grado di controllare la secrezione insulinica
Livelli ematici di vitamina D
“Alimentazione e decadimento cogniAvo”
V. Marigliano
Le Giornate di “Carlo Cannella” 2^ Edizione Dieta Mediterranea: sostenibilità di un modello Sapienza, Università
di Roma 2013
> 65 anni
5
Modifiche costi globali dopo 2 anni
-60
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0 1-10 11-20 21-30 31-40 >40
%
GRUPPI
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*
** *
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Di Loreto et al. Diabetes Care 2005
I METs-ora/sett. sono risultati inversamente correlati ai costi per farmaci prescritti (r-0.51, -18 euro) e per altre spese sanitarie (r-0.33, -23 euro), ai costi sociali indiretti (r-0.40, -36 euro) e ai costi totali (r-0.60, -66 euro) e positivamente correlati ai costi sociali diretti (r=0.44, 13 euro).
E' stato stimato che, in due anni, camminare 5 km al giorno riduce i costi per farmaci di 550 euro, i costi per altre spese sanitarie di 700 euro, i costi sociali indiretti di 110 euro, i costi totali di 2000 euro, con un incremento dei costi sociali diretti di 400 euro.
Conclusione 2L’attività fisica è uno strumento economicamente vantaggioso per il trattamento del diabete mellito di tipo 2Sebbene anche un modesto incremento inferiore a 10 METs-ora/settimana sia utile per la riduzione dei costi dei farmaci, un effetto significativo si ottiene con un aumento del dispendio ad almeno 10 METs-ora/settimanaLa quasi totalità dei benefici economici si raggiunge con un incremento di 25-35 METs-ora/settimana (camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni)Investire su operatori che promuovono l’attività fisica è economicamente vantaggioso, anche nella ipotesi di basse percentuali di adesione.
Diabetes Care 28: 1295-1302, 2005
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Di Loreto et al. Diabetes Care 2005
I METs-ora/sett. sono risultati inversamente correlati ai costi per farmaci prescritti (r-0.51, -18 euro) e per altre spese sanitarie (r-0.33, -23 euro), ai costi sociali indiretti (r-0.40, -36 euro) e ai costi totali (r-0.60, -66 euro) e positivamente correlati ai costi sociali diretti (r=0.44, 13 euro).
E' stato stimato che, in due anni, camminare 5 km al giorno riduce i costi per farmaci di 550 euro, i costi per altre spese sanitarie di 700 euro, i costi sociali indiretti di 110 euro, i costi totali di 2000 euro, con un incremento dei costi sociali diretti di 400 euro.
Conclusione 2L’attività fisica è uno strumento economicamente vantaggioso per il trattamento del diabete mellito di tipo 2Sebbene anche un modesto incremento inferiore a 10 METs-ora/settimana sia utile per la riduzione dei costi dei farmaci, un effetto significativo si ottiene con un aumento del dispendio ad almeno 10 METs-ora/settimanaLa quasi totalità dei benefici economici si raggiunge con un incremento di 25-35 METs-ora/settimana (camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni)Investire su operatori che promuovono l’attività fisica è economicamente vantaggioso, anche nella ipotesi di basse percentuali di adesione.
Diabetes Care 28: 1295-1302, 2005
ESERCIZIO FISICO COME PARTE DELLO STILE DI VITA
Frazionamento delle calorie nella giornata
3 PASTI 5 PASTI
COLAZIONE 20% 20%
SPUNTINO MATT. 10%
PRANZO 50% 30%
MERENDA 10%
CENA 30% 30%
Le sosItuzioni isoglucidiche
100gr pasta o riso contengono 80% di CHO 100 gr di Pane 00 contiene 67% di CHO 100gr pane integrale contiene 48,5 % di CHO 100 gr di patate crude contengono 17,9% di CHO Quindi circa : gr 80 pasta gr 80 riso
gr 220 di gnocchi di patate gr 240 di polenta coQa (gr 80 di farina di mais)
gr 100 pane gr 120 di pane integrale
gr 200 di patate + 50 gr di pane
Le sosItuzioni isoglucidiche 150 gr di Mele corrispondono a:
Ø Arance 195 gr. Ø Ananas 150 gr.
Ø Albicocche 225gr
Ø Cocomero 450 gr.
Ø Fragole 280 gr.
Ø Melone 200 gr. Ø Pere 170 gr.
Ø Pompelmo 250 gr.
Ø Kiwi 170 gr
Ø Banane 100gr
Ø Castagne 45 gr Ø Fichi 135 gr Ø Cachi 100 gr
Le sosItuzioni isoglucidiche
3 FETTE BISCOTTATE EQUIVALGONO (circa 21 gr)
Ø 3 biscof secchi (21gr)
Ø 3 crakers (21gr) Ø 4 feQe biscoQate integrali (31gr) Ø 1/4 di roseQa (23 gr) Ø pane integrale (40gr)
Le porzioni isoglucidiche ( 65 gr di CHO)
80 gr di pasta al sugo
400gr di lasagne
160 gr di tortellini
140 gr di pizza margherita
110 gr di paneQone
150… gr di gelato alla vaniglia
GRAMMI ALIMENTO PROTEINE GRASSI CHO FIBRE Kcal
30 Fette biscottate integrali 4,3 3,0 18,6 1,6 113,7
200 Latte p. scremato 7,0 3,0 10,0 92,0
70 Pasta di semola 7,6 1,0 55,4 1,9 247,1
10 Parmigiano 3,4 2,8 38,7
200 Bovino adulto (media) 42,6 6,8 232,0
250 Ortaggi (media) 4,3 0,6 5,5 4,8 43,8
20 Olio 20,0 179,8
300 Frutta fresca (media) 0,6 0,3 33,3 4,5 129,0
80 Pane integrale 6,0 1,0 38,8 5,2 193,6
GR 75,7 38,5 161,6 18,0 1269,7
CAL 302,8 346,8 605,9 % 23,85% 27,32% 47,72%
Validazione di un metodo di counseling per moIvare persone con DM2 alla praIca regolare di afvità fisica aerobica
1
ATTIVITÀ FISICA E DIABETEPierpaolo De Feo
Università di Perugia
Questo studio è servito a validare un metodo di counseling per motivare persone con diabete di tipo 2 alla pratica regolare dell’attività fisica aerobica. Il follow-up è durato 2 anni
Inositolo
↑sensibilita insulinica
(↓ HOMA IR; ↓ glicemia, ↓ insulinemia)
↓colesterolo totale ed LDL • ↓trigliceridi
Gli inositoli agiscono da precursori di numerose molecole che entrano afvamente nei processi metabolici dell’organismo. Nello specifico il D-‐Chiro-‐Inositolo è un importante secondo messaggero dell’insulina per
questo, situazioni carenziali di questo principio afvo sono connesse ad alcune importanI patologie quali: lo sviluppo d’insulino-‐resistenza, il diabete mellito di Ipo II e la policistosi ovarica.
Santamaria A, Giordano D, Corrado F, Pintaudi B, Interdonato ML, Di Vieste G et al.
One-‐year effects of myo-‐inositol supplementaCon in postmenopausal women with metabolic syndrome. Climacteric 2012;15:490-‐5.
Giordano D, Corrado F, Santamaria A, QuaQrone S, Pintaudi B, Di BenedeQo A et al.
Effects of myo-‐inositol supplementaCon in postmenopausal women with metabolic syndrome: A perspec-‐ Cve, randomized, placebo-‐controlled study. Menopause 2011; 18:102-‐4.
L’inositolo è una molecola presente in natura soQo molteplici forme ma la conformazione più comune è quella del mioinositolo, è classificabile come carboidrato, anche se in realtà il potere dolcificante è quasi nullo. L’inositolo sembra inoltre che possa essere prodoQo autonomamente dal corpo umano a parIre dal glucosio, ma si trova anche in molI alimenI (cereali, noci, nella fruQa come meloni ed arance, oltre che nelle carni).
• Non bisogna peraltro dimenIcare nella terapia della sindrome metabolica, soQo il cui teQo convivano l'associazione obesita-‐diabete, la correzione degli altri faQori di rischio come in parIcolare l'iperlipidemia e l'ipertensione arteriosa. Proprio la riduzione dei lipidi e in parIcolare del colesterolo e dei valori pressori, ha oQenuto i risultaI piu probanI nella prevenzione delle complicanze cardiovascolari nella popolazione diabeIca. La prevenzione del diabete nei soggef in sovrappeso o affef da obesita dovra comunque essere aQuata mediante la modificazione dello sIle di vita imperniata nell'afvita fisica, nella riduzione dell'introito calorico e sopraQuQo dei grassi.
Esercizio e sensibilità all’insulina
Effef dell'esercizio fisico sul metabolismo del glucosio:
Ø Trasporto del glucosio mediato dalla contrazione
Ø Maggiore massa muscolare
Ø Aumento capillarizzazione muscolare
Ø Maggiore capacità mitocondriale
Ø Correzione di un mismatch tra uptake ed ossidazione di FA
Ø Maggiore afvità e/o quanItà di proteine chiave nel segnale dell'insulina.
Aumento della sensibilità all’insulina post-‐esercizio
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13
DIABETE MELLITO TIPO 2 -90% di tutti i casi di diabete -più frequente negli adulti (> 30 aa)
DMT2 – EPIDEMIOLOGIA
Prevalenza (%) per classi di età
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hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf
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DIABETE MELLITO TIPO 2 -90% di tutti i casi di diabete -più frequente negli adulti (> 30 aa)
DMT2 – EPIDEMIOLOGIA
Prevalenza (%) per classi di età
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DMT2 – EPIDEMIOLOGIA
Prevalenza per aree geografiche
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Incidenza per età
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DMT2 – EPIDEMIOLOGIA
Prevalenza per aree geografiche
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DM 2 - PATOGENESI
RIDOTTA SECREZIONE INSULINICA
glucotossicità
lipotossicità
genetica
DM 2 - PATOGENESI
Declino funzione ß cellulare
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Carico Glicemico
• Il Carico Glicemico si calcola moltiplicando l’Indice Glicemico di un alimento per il suo contenuto in carboidrati.
• Esempio: Carote: – IG = 131 – Carico glicemico molto basso in quanto nelle
carote ci sono in media 7 g di carboidrati per porzione
Indice Insulinemico
• Similmente, l’ Indice Insulinemico di un dato alimento è definito come l’area incrementale sottesa dalla curva insulinemica causata dalla assunzione di una porzione di 50 g di carboidrati dell’alimento espressa come percentuale dell’area incrementale sottesa dalla curva insulinemica causata dalla assunzione di 50 g di glucosio dallo stesso soggetto.
Diviso 100
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DMT2 - PATOGENESI
Combinazione di insulinoresistenza e defict insulinico
DMT2- PATOGENESI
INSULINORESISTENZA
ridotta capacità di agire sui tessuti bersaglio (fegato, muscolo,
t.adiposo)
Aumento produzione epatica di glucosio
Iperglicemia post-prandiale Iperglicemia a digiuno
Ridotto utilizzo glucosio
età
obesità genetica
adipochine
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ALCOOL
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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ALCOOL
STATEMENT 1
STATEMENT 2
RACCOMANDAZIONI
Studi osservazionali suggeriscono che il consumo moderato di alcoolpuò ridurre il rischio per il diabete. In uno studio prospettico condottosu adulti non diabetici è stata osservata un’incidenza minore di diabetedi tipo 2 nelle sole donne che consumavano alcool rispetto alle nonconsumatrici sebbene la relazione dose-risposta fosse debole e nonfosse confermata per i maschi.
Studi osservazionali condotti sulla popolazione generale hanno mostratoche un moderato consumo di alcool è associato alla riduzione della mor-talità totale e per cause cardiovascolari, rispetto al non consumo. Unostudio di coorte ha mostrato che il consumo abituale di alcool in quan-tità ≤ 20/die, quando comparato con nessun consumo, riduce del 25%il rischio per mortalità totale, del 57% per sole cause cerebro-vascolariescluso l'ictus emorragico e del 30% per cause cardio-vascolari.
I dati a disposizione non permettono di raccomandare un consumo mo-derato di alcool nei soggetti ad elevato rischio di diventare diabetici. (Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B)
Un moderata introduzione di alcool, fino a 10 g/die nelle femmine e 20g/die nei maschi è accettabile se la persona desidera bere alcolici.(Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B)
L’assunzione di alcool deve essere limitata nei soggetti obesi o conipertrigliceridemia e sconsigliata nelle donne in gravidanza e nei pazi-enti con storia di pancreatite.(Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B)
Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014
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Figura 3. Mini Nutritional Assessment Short Form or Initial Mini Nutritional Assessment (MNA)
1. Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica: Prevenzione e tratta-mento della malnutrizione ospedaliera. In: Presentazione e report 2008. RegionePiemonte 2010.
2. Cynober L: Nutritional support at the hospital: diagnosis of malnutrition and its asso-ciated risks for better prevention and treatment. Bull Acad Natl Med. 2011 Mar; 195(3): 645-56.
3. Dzieniszewski J, Jarosz M, Szczygieł B, Długosz J, Marlicz K, Linke K, Lachowicz A,Ryzko-Skiba M, Orzeszko M. Nutritional status of patients hospitalised in Poland. EurJ Clin Nutr. 2005; 59: 552-60
4. Pirlich M, Schütz T, Norman K, Gastell S, Lübke HJ, Bischoff SC, Bolder U, Frieling T,Güldenzoph H, Hahn K, Jauch KW, Schindler K, Stein J, Volkert D, Weimann A, WernerH, Wolf C, Zürcher G, Bauer P, Lochs H.The German hospital malnutrition study. ClinNutr. 2006 Aug; 25 (4): 563-72. Epub 2006 May 15.
5. Comi D, Palmo A, Brugnani m, D’Amicis A, Costa A: Clin Nutr 1998; 17S: 52.
BIBLIOGRAFIA
Le sostituzioni isoglucidiche
50 gr di pasta equivalgono Ø 50 gr riso parboiled Ø 50gr di pasta all’uovo Ø 50 gr di polenta (farina di mais) Ø 70gr di pane Ø 80gr di pane integrale Ø 70 gr di pane all’olio Ø 55 gr di pizza bianca Ø 80 gr di pizza con il pomodoro Ø 60 gr di pizza con il pomodoro e la mozzarella Ø 200gr di patate Ø 180 gr di legumi freschi Ø 90 gr di legumi secchi