corte dei conti sezione regionale di controllo … · costi di funzionamento (cfr. tabelle 1.15.2 e...
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Lombardia/223/2016/PRSE
REPUBBLICA ITALIANA
CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO
PER LA LOMBARDIA
composta dai magistrati:
dott.ssa Simonetta Rosa Presidente
dott.ssa Laura De Rentiis Primo Referendario
dott. Donato Centrone Primo Referendario (relatore)
dott. Andrea Luberti Primo Referendario
dott. Paolo Bertozzi Primo Referendario
dott. Cristian Pettinari Referendario
dott. Giovanni Guida Referendario
dott.ssa Sara Raffaella Molinaro Referendario
nell’adunanza del 27 aprile 2016
visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio
1934, n. 1214;
viste le leggi 21 marzo 1953, n. 161, e 14 gennaio 1994, n. 20;
vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14 del 16 giugno 2000, che
ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo, modificata con le
deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali;
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
vista la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 166 e seguenti;
visto l’art. 3 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre
2012, n. 213;
udito il relatore, referendario dott. Donato Centrone
Premesso in fatto
In sede di esame dei questionari trasmessi dall’organo di revisione del Comune di Rozzano
(MI), relativi ai rendiconti 2013 e 2014, redatti ai sensi dell’articolo 1, commi 166 e seguenti,
della legge n. 266 del 2005, come integrato dall’art. 3 del decreto-legge n. 174 del 2012,
convertito dalla legge n. 213 del 2012, sono emerse le seguenti criticità, per le quali è stata
avanzata al Presidente di Sezione istanza di deferimento in adunanza collegiale:
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I. situazione economico-patrimoniale della società API srl, in liquidazione, partecipata
integralmente dal Comune, che ha registrato, nel 2013, una perdita d’esercizio pari ad
euro 3.757.680 (mentre, per il 2014, il questionario non riporta alcun dato). E’ stato
ritenuto necessario chiarire lo stato attuale della procedura di liquidazione, anche alla luce
di quanto comunicato in occasione dell’istruttoria sfociata nella deliberazione n.
234/2014/PRSE e nella risposta istruttoria del 20 luglio 2015. In particolare, in
quest’ultima è stata evidenziata una carente collaborazione informativa da parte del
liquidatore della società;
II. discordanze nella rappresentazione dei debiti e crediti reciproci intercorrenti fra Comune e
società partecipate (in particolare, API srl e AMA spa), già oggetto di attenzione, da parte
della scrivente Sezione regionale di controllo, nella deliberazione n. 234/2014/PRSE. Anche
la risposta istruttoria del 20 luglio 2015 (resa in relazione al questionario sul rendiconto
2013), ha evidenziato la perdurante mancata conciliazione di tali posizioni, con rischio di
emersione successiva di passività per il bilancio del Comune;
III. attribuzioni finanziarie effettuate, nel corso del 2014 e del 2015, a favore della società
AMA spa, aventi titolo, in base a quanto comunicato nella risposta istruttoria del 20 luglio
2015, nell’erogazione di un’anticipazione di cassa nel corso dell’esercizio 2014, in seguito
prorogata al giugno 2015;
IV. effettivo pagamento, da parte della società API srl, dei tributi comunali (ICI/IMU), alla luce
di quanto comunicato nella risposta istruttoria del 20 luglio 2015, dalla quale emerge
l’emissione, nel corso del 2015, di avvisi di accertamento, nei confronti della società API srl
per gli anni di imposta 2010 e 2011 (senza ulteriori ragguagli circa i successivi anni 2012,
2013 e 2014);
V. mancato conseguimento, nel 2013 e nel 2014, dell’obiettivo di riduzione complessiva dei
costi di funzionamento (cfr. tabelle 1.15.2 e seguenti) posto dagli artt. 6, commi da 7 a
10, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, art. 1,
comma 141, della legge n. 228 del 2012, art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 95 del
2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012. Il questionario per il 2014 riporta, infatti,
spese complessive per euro 74.009,82, a fronte di un obiettivo di euro 56.624,40. Allo
stesso modo, il questionario per il 2013 esponeva spese complessive per euro 72.438,60 a
fronte di un obiettivo di euro 68.843,11;
VI. mancato invio, in allegato al questionario sul rendiconto consuntivo 2014, delle delibere di
Giunta n. 46 del 29 aprile 2015 e n. 57 del 14 maggio 2015, di riaccertamento
straordinario dei residui attivi e passivi al 1° dicembre 2015, previsto dall’art. 3, commi 7
e seguenti, del d.lgs. n. 118 del 2011.
All’adunanza pubblica del 27 aprile 2016 sono intervenuti, in rappresentanza del Comune, il
Sindaco, sig.ra Agogliati Barbara, il segretario comunale, dott.ssa Martina Stefania ed un
funzionario comunale, dott.ssa Leggieri Teresa.
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Considerato in fatto e diritto
La legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 166, ha previsto che le Sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti svolgano verifiche ed accertamenti sulla gestione
finanziaria degli enti locali, esaminando, per il tramite delle relazioni trasmesse dagli organi di
revisione economico-finanziaria degli enti locali, i bilanci di previsione ed i rendiconti.
La magistratura contabile ha sviluppato le indicate verifiche in linea con le previsioni
contenute nell’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, quale controllo ascrivibile
alla categoria del riesame di legalità e regolarità, che ha la caratteristica di finalizzare le
verifiche all'adozione di effettive misure correttive da parte degli enti interessati.
L'art. 3, comma 1 lett. e) del d.l. n. 174 del 2012, convertito dalla legge n. 213 del 2012,
ha introdotto nel TUEL l'art. 148-bis (intitolato “Rafforzamento del controllo della Corte dei
conti sulla gestione finanziaria degli enti locali”), il quale prevede che la Sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti esaminino i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti
locali per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal Patto di stabilità interno,
dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'articolo 119, sesto comma,
della Costituzione, della sostenibilità dell'indebitamento, dell'assenza di irregolarità, suscettibili
di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti. Ai fini della
verifica in questione la magistratura contabile deve accertare che i rendiconti degli enti locali
tengano conto anche delle partecipazioni in società alle quali è affidata la gestione di servizi
pubblici locali e di servizi strumentali. In base all’art. 148-bis, comma 3, del TUEL, qualora le
Sezioni regionali della Corte accertino la sussistenza "di squilibri economico-finanziari, della
mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della
gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il Patto di stabilità interno”,
gli enti locali interessati sono tenuti ad adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione
della delibera di accertamento, “i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a
ripristinare gli equilibri di bilancio”, e a trasmettere alla Corte i provvedimenti adottati in modo
che la magistratura contabile possa verificare, nei successivi trenta giorni, se gli stessi sono
idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. In caso di mancata
trasmissione dei provvedimenti correttivi o di esito negativo della valutazione, “è preclusa
l'attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o
l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria”. Come precisato dalla Corte costituzionale
(sentenza n. 60/2013), l’art. 1, commi da 166 a 172, della legge n. 266 del 2005 e l’art. 148-
bis del d.lgs. n. 267 del 2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera e), del d.l. n. 174 del
2012, hanno istituito tipologie di controllo, estese alla generalità degli enti locali, finalizzate ad
evitare danni agli equilibri di bilancio. Tali controlli si collocano pertanto su un piano distinto
rispetto al controllo sulla gestione amministrativa e sono compatibili con l’autonomia di
Regioni, Province e Comuni, in forza del supremo interesse alla legalità costituzionale
finanziaria e alla tutela dell’unità economica della Repubblica (artt. 81, 119 e 120 Cost.).
Tali prerogative assumono ancora maggior rilievo nel quadro delineato dall’art. 2, comma
1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, nel comma premesso all’art. 97 Cost.,
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richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento
dell’Unione europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.
Qualora le irregolarità esaminate dalla Sezione regionale non siano così gravi da rendere
necessaria l’adozione della pronuncia di accertamento prevista dall’art. 148-bis, comma 3 del
TUEL, siffatta funzione del controllo sui bilanci suggerisce di segnalare agli enti anche
irregolarità contabili non gravi, specie se accompagnate da sintomi di criticità o da difficoltà
gestionali, al fine di prevenire l’insorgenza di situazioni di deficitarietà o di squilibrio, idonee a
pregiudicare la sana gestione finanziaria. In ogni caso, l’ente interessato è tenuto a valutare le
segnalazioni ricevute e a porre in essere interventi idonei per addivenire al loro superamento.
I. Situazione economico-patrimoniale della società partecipata API srl
La società API srl, partecipata integralmente dal Comune, ha registrato, nel 2013, esercizio
in cui è stata posta in liquidazione (in aderenza alla delibera di Consiglio n. 9/2012 ed al
deliberato dell’assemblea dei soci del 29 novembre 2013), una perdita pari ad euro 3.757.680
(che si somma a quella di euro 2.477.616, rilevata nel 2012). Per il 2014, invece, il
questionario redatto dal collegio dei revisori dei conti non riporta alcun dato.
Si è ritenuto necessario chiarire lo stato attuale della procedura di liquidazione, anche alla
luce di quanto riferito dal Comune in occasione dell’esame sfociato nella deliberazione n.
234/2014/PRSE e nella risposta istruttoria del 20 luglio 2015 (analisi del rendiconto del
Comune per il 2013). In particolare, in quest’ultima il collegio dei revisori dei conti aveva
evidenziato una carente collaborazione informativa da parte del liquidatore della società.
Dal piano di razionalizzazione delle società partecipate, adottato dal Sindaco, in aderenza
all’art. 1, commi 611 e seguenti della legge n. 190 del 2014, in data 31 marzo 2015,
emergerebbe anche nel 2014 (dati dichiarati di preconsuntivo) una cospicua perdita d’esercizio
(euro 2.171.727). In virtù dei disavanzi progressivamente registrati negli ultimi esercizi, il
patrimonio netto della società diminuisce dai 18,7 milioni di euro del 2011 ai 10,2 milioni di
euro del 2014. Notevole appare l’esposizione debitoria (oltre 37 milioni di euro), mentre il
valore della produzione scende dai 10,6 milioni di euro del 2011 ai 6 milioni di euro del 2014.
La memoria prodotta dal Comune di Rozzano
Nella memoria del 26 aprile 2016, il Sindaco ha riferito che la società API srl, in liquidazione,
ha depositato presso il Tribunale di Milano, in data 26 ottobre 2015, a seguito dell'aggravarsi
della crisi finanziaria e della presentazione di un’istanza di fallimento da parte di alcuni
dipendenti, una domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva
(art. 161, comma 6, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, c.d. legge fallimentare).
Il 29 ottobre 2015 il Tribunale ha ammesso API srl alla ridetta proceduta, concedendo
termine fino al 25 novembre 2015 per la presentazione di una proposta di concordato
preventivo ovvero di una domanda di omologa di accordo di ristrutturazione dei debiti. In
seguito, sulla base dei giustificati motivi previsti dall’art. 161, comma 10, della citata legge
fallimentare, la società ha chiesto al Tribunale una proroga del ridetto termine, accolta nei
limiti del massimo concedibile in presenza di istanze di fallimento (120 giorni dall'apertura
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della procedura, cioè sino al 23 febbraio 2016). Entro la nuova scadenza, la società API srl ha
depositato una proposta di concordato preventivo, unitamente al piano ed alla documentazione
prevista dall'articolo 161, commi 2 e 3, della legge fallimentare. Con decreto del 17 marzo
2016, il Tribunale di Milano ha dichiarato aperta la procedura di concordato, ordinando la
convocazione dei creditori dinanzi al giudice delegato in data 23 settembre 2016 e nominando i
commissari giudiziali.
Relativamente al personale in servizio presso la società, la memoria precisa che, in un primo
momento, sono state attivate le procedure di mobilità interaziendale previste dall'art. 1,
comma 564, della legge n. 147 del 2013, riguardanti n. 24 lavoratori in esubero (su 55 in forza
al dicembre 2014). Tale procedura, non essendosi raggiunto alcun accordo con le parti
sindacali, ha avuto esito negativo e, di conseguenza, la società ha dovuto avviare una
procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223 del 1991 (conclusa in data 21
luglio 2015). A seguito dell'ulteriore aggravamento della situazione economica della società,
che ha causato l'interruzione dello svolgimento dei servizi affidati dal Comune, in data 30
settembre 2015 è stata avviata una nuova procedura di licenziamento collettivo di personale,
conclusasi il 23 dicembre 2015.
La memoria riferisce, altresì, che, nell'ottica della predisposizione della proposta di
concordato preventivo, sono state svolte analisi sulla situazione della società API srl e delle
possibili alternative di risanamento, i cui esiti sono riportati nel piano di concordato.
Il Comune ha inviato, altresì, una “Relazione sulla situazione economico-patrimoniale al 31
dicembre 2015”, il “Ricorso ex art. 161 R.D. 267/1942 per l’ammissione alla procedura di
concordato preventivo” ed il “Piano di ristrutturazione dei debiti”, contenente la descrizione
analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.
La memoria si conclude confermando che il bilancio dell’esercizio 2014 non è stato
approvato dall'assemblea dei soci (per le motivazioni riportate nei due documenti sopra citati,
di cui si dirà più avanti) e che, in data 22 gennaio 2016, a seguito di selezione pubblica, è
stato individuato un nuovo liquidatore, nella persona del dott. Paolo Pulito.
La situazione economico-patrimoniale della società API srl al 31/12/2015
La citata situazione economico-patrimoniale della società al 31 dicembre 2015, allegata alla
memoria del 26 aprile 2016, evidenzia una perdita d’esercizio pari a euro 2.929.705 (che va
sommata ai circa 8,4 milioni di euro accumulatisi negli anni precedenti), che deriva da costi
complessivi pari a poco più di 7,8 milioni di euro e ricavi per 4,87 milioni di euro. I ricavi, in
particolare, traggono fonte, in misura quasi esclusiva, dagli affitti attivi della rete e degli
impianti del teleriscaldamento e del gas (a favore dell’altra società partecipata, che gestisce il
servizio di distribuzione, AMA spa), mentre solo 600 mila euro circa si riferiscono all’attività di
manutenzione di strade, immobili e verde pubblico espletata per conto del Comune.
Fra i costi, spiccano quelli per “spese generali” (711 mila euro), al cui interno preponderante
è la componente derivante da una penale risarcitoria, pari a 547 mila euro, richiesta dalla
società CRC srl di Rozzano. Altra componente rilevante attiene agli accantonamenti per rischi,
pari a oltre 1 milione di euro, nonché, in particolare, agli oneri finanziari, che sommano oltre
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2,5 milioni di euro (di cui 711 mila euro per “interessi passivi bancari”, 617 mila euro per
“interessi passivi su mutui” e ben 1,14 milioni di euro per “interessi su derivati”).
Il passivo della situazione patrimoniale esprime ancora meglio le cause della sofferenza
finanziaria della società. I debiti a lungo termine ammontano, infatti, a 26,7 milioni di euro, a
cui si affiancano 3,3 milioni di euro di debiti verso fornitori (di cui 1,39 verso la citata società
CRC srl, sita in Rozzano; 71 mila euro verso il medesimo Comune; 681 mila verso la società
AMA srl, anch’essa interamente partecipata dal Comune), ed a cui vanno sommati 1,65 milioni
derivanti da fatture da ricevere (imputati a “debiti commerciali”).
I debiti verso soci ammontano a 3,1 milioni di euro e traggono fonte da un’anticipazione
concessa dal Comune alla società nel 2006 e nel 2010. Nell’istruttoria sfociata nella
deliberazione n. 408/2012/PRSE, la Sezione aveva accertato la presenza di un primo prestito
soci, pari a 1 milione di euro, erogato nel 2006, ed un secondo, pari a 2 milioni di euro,
erogato nel 2010 (cfr. delibera di Consiglio comunale n. 40 del 26 ottobre 2009 e determina
dirigenziale n. 291 del 9 febbraio 2010), la cui restituzione era stata disciplinata da un piano di
rimborso, approvato con delibera di Giunta n. 112 del 16 giugno 2010. Quest’ultima prevede
un rimborso a rate a decorrere dal 2013 (con estinzione nel 2029).
Già nella deliberazione n. 408/2012/PRSE era stato appurato che, fino a quel momento, la
società non aveva restituito nulla dei due prestiti ricevuti, in particolare nemmeno di quello
concesso nel 2006, per il quale il differimento della restituzione viene pattuito in un
provvedimento di 4 anni successivo (la citata delibera di Giunta n. 112/2010).
Come risulta dalla situazione economico-patrimoniale in descrizione, nonché dal piano di
ristrutturazione dei debiti, facente parte della proposta di concordato preventivo, la società API
srl, anche a tutto il 31 dicembre 2015, non ha restituito nemmeno parzialmente il
finanziamento concesso dal Comune. Quest’ultimo, inoltre, essendo postergato rispetto alla
soddisfazione degli altri creditori sociali (art. 2647 cod. civ.), non trova soddisfazione nella
proposta di concordato (facendo divenire concreto quel rischio di mancato recupero delle
risorse finanziarie concesse dal Comune, già palesato dalla Sezione nelle deliberazioni n.
408/2012/PRSE e n. 234/2014/PRSE).
L’ormai probabile mancata restituzione, nemmeno parziale, del prestito soci, pari a
complessivi 3 milioni di euro, concesso dal Comune nel 2006 e nel 2010 (e che doveva essere
restituito, a rate, dal 2013), come sarà meglio evidenziato più avanti, comporta potenziali
responsabilità amministrative in capo agli organi comunali che non hanno proceduto
all’escussione delle rate di rimborso dovute dalla società.
Cospicua, altresì, la mole dei “debiti diversi” (5,56 milioni di euro), al cui interno trovano
allocazione i debiti verso il personale (pari a oltre 1 milione di euro), quelli verso enti e fondi
previdenziali (suddivisi in plurime posizioni), quelli fiscali verso Equitalia spa e l’Agenzia delle
Entrate (frutto anche di sanzioni per circa 660 mila euro), nonché, ancora una volta, verso il
Comune (sia a titolo di IMU/ICI, per 285 mila euro, che per interessi passivi, per 177 mila
euro). Chiudono il quadro 3,7 milioni di euro di debiti verso l’erario a titolo di IVA.
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Le principali cause della crisi finanziaria ed economica della società API srl
Dal citato ricorso, depositato ai sensi dell’art. 161 del RD n. 267 del 1942 per l’ammissione
alla procedura di concordato preventivo, si traggono alcuni elementi sulla genesi della società e
sulle attività da quest’ultima prestate nel decennio 2006-2015 (già oggetto, peraltro, di
parziale analisi nelle deliberazioni della Sezione n. 408/2012/PRSE e n. 234/2014/PRSE).
La società è stata costituita in data 22 marzo 2006 e, con atto pubblico del 24 maggio 2006,
ha acquistato dalla società “Azienda multiservizi ambientali di Rozzano spa” (AMA spa) il ramo
d'azienda avente ad oggetto le attività di manutenzione degli immobili comunali e del verde
cittadino. Con successivo atto pubblico del 21 dicembre 2006, API srl ha acquistato dalla
società CRC srl di Rozzano un ramo d'azienda, avente ad oggetto l’attività di costruzione edile.
Poco dopo, in esecuzione di un progetto approvato dall'assemblea dei soci (il Comune) il 26
marzo 2007, in data 21 giugno 2007 la società AMA spa è stata scissa parzialmente, mediante
trasferimento ad API srl del ramo d'azienda costituito da fabbricati, impianto di cogenerazione
energia e relativa rete, impianti, rete ed attrezzature gas, relativi mutui passivi, fondi rischi
rete gas e debiti commerciali gravanti sui beni oggetto di scissione.
In seguito, prosegue il ricorso, con delibera di Giunta comunale n. 45 del 14 ottobre 2013,
alla luce di quanto previsto dall’art. 14, comma 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che, in quel momento, prevedeva che i comuni
aventi popolazione inferiore ai 50 mila abitanti potessero detenere una sola società partecipata
(norma poi abrogata dalla legge n. 147 del 2013), il socio unico di API srl ha disposto la messa
in liquidazione volontaria della società.
La società, dal 25 gennaio 2016, è gestita dal liquidatore dott. Paolo Pulito, che risulta
sostituito, dal 14 luglio 2016, dal dott. Colavolpe Renato (in precedenza, dal 29 novembre
2013, liquidatore era il dott. Marco Gambato).
Dopo l’avvio delle procedure concorsuali è stato nominato un commissario giudiziale (che,
nel ricorso, risulta essere l’avv. Corrado Camisasca; dal registro delle imprese, invece, dal 4
aprile 2016, risultano nominati anche i dott.ri Zorloni Roberta e Merlo Andrea).
Il collegio sindacale (nelle persone dei dott.ri Ottavio Baldassare, Alessia Marchesi,
Alessandro De Martini, e relativi supplenti), in base a quanto riportato nel ricorso, risulta
nominato il 5 giugno 2009 e ancora in carica, in regime di prorogatio, pur avendo terminato il
mandato alla data di approvazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2011. Il ricorso precisa,
altresì, che, anche in precedenza (si suppone dal 2006, anno della costituzione della società), il
collegio sindacale era composto dai medesimi membri. La circostanza della presenza dell’ultima
nomina al 5 giugno 2009 risulta confermata dalla visura effettuata preso il registro delle
imprese.
La Sezione rileva la violazione dell’art. 2400 del codice civile, che prevede che il mandato
dell’organo collegiale di controllo abbia durata triennale. A ciò si aggiunga che, trattandosi di
società interamente partecipata da un ente pubblico, trova applicazione l’art. 3 del decreto-
legge n. 293 del 1994, convertito dalla legge n. 444 del 1994, che prevede che gli organi di
amministrazione attiva, consultiva e di controllo dello Stato e degli enti pubblici, “nonché delle
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persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica, quando alla nomina dei componenti di
tali organi concorrono lo Stato o gli enti pubblici” (cfr. art. 2 del medesimo decreto-legge), non
ricostituiti nel termine di scadenza del loro mandato, sono prorogati per non più di
quarantacinque giorni, decorrenti dal giorno della scadenza del termine medesimo.
La normativa in discorso dispone, altresì, all’art. 6, che, decorso il termine massimo di
proroga, gli organi amministrativi (fra i quali, ex art. 2, sono ricompresi anche quelli di
controllo) decadono e tutti gli atti eventualmente adottati sono nulli.
Una specifica sanzione è prevista, altresì, per gli organi a cui spetta il dovere di nomina e
ricostituzione, ritenuti responsabili dei danni conseguenti alla decadenza determinata dalla loro
condotta omissiva (fatta in ogni caso salva l’eventuale responsabilità penale). Nel caso di
specie, tale responsabilità ricade in capo all’assemblea della società, che, in quanto avente
socio unico, si identifica nel soggetto legittimato a rappresentarla, vale a dire il sindaco pro
tempore del Comune di Rozzano (cfr. art. 50 d.lgs. n. 267 del 2000).
La Sezione ritiene opportuna specifica segnalazione alla Procura regionale della Corte dei
conti al fine di accertare l’eventuale presenza di responsabilità per i danni arrecati alla società
API srl (interamente partecipata e affidataria diretta di servizi strumentali), o al Comune socio,
dalla ridetta condotta omissiva (per esempio, per l’erogazione di compensi all’organo sindacale
dopo la cessazione di efficacia ex lege della carica, prevista dalla norma sopra indicata).
Il ricorso ex art. 161 della legge fallimentare ricorda, altresì, che sino all'esercizio sociale
2013, la società API srl ha regolarmente e tempestivamente approvato i propri bilanci. Invece,
con riferimento al bilancio chiuso al 31 dicembre 2014, l'assemblea dei soci, in data 15 ottobre
2015, avendo riscontrato, anche con l'assistenza di consulenti esterni, la necessità di effettuare
ulteriori verifiche sulle poste del progetto di bilancio, ha preso atto dell’impossibilità di
approvarlo così come redatto (non viene specificato da quale organo, si immagina dal
precedente liquidatore, il cui comportamento poco collaborativo è stato evidenziato dal collegio
dei revisori dei conti del Comune nella risposta istruttoria del 20 luglio 2015).
La società API srl, già prima della messa in liquidazione (deliberata in data 29 novembre
2013), si trovava, secondo quanto emerge dal citato ricorso ex art. 161 legge fallimentare, in
una situazione di grave crisi finanziaria, dovuta, oltre alla congiuntura economica generale
negativa, ad una serie di fattori tra cui:
1) l'ingente importo del costo del personale (la cui eccedenza, in termini numerici e di costo,
viene evidenziata già dalla nota integrativa al bilancio 2012, che stima in 25 unità su 30
complessive quelle ritenute superflue in seguito all’interruzione dei lavori di ampliamento del
teleriscaldamento, di cui al punto successivo);
2) l'interruzione, da parte di alcuni istituti di credito, dell'erogazione del finanziamento
relativo all’ampliamento dell'impianto di teleriscaldamento di proprietà di API srl (si rinvia, per
maggiori dettagli alle deliberazioni della Sezione n. 408/2012/PRSE e n. 234/2014/PRSE),
nonostante la parziale prosecuzione dei lavori;
3) la diminuzione delle manutenzioni commissionate dal Comune di Rozzano, e dei
corrispondenti ricavi, anche quale conseguenza, precisa il ricorso, della impossibilità da parte
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della società di prestare le attività nei termini richiesti, a causa della persistente assenza di
disponibilità liquide.
Su quest’ultimo punto, può essere subito evidenziato come la diretta dipendenza,
economica e finanziaria, della società dalle commesse ricevute dal Comune socio (oltre che dal
noleggio di reti ed impianti di gas e teleriscaldamento all’altra società, AMA spa, che fino al
2007 ne era proprietaria) emerge chiara dalle note integrative ai bilanci susseguitesi nel corso
degli anni (nonché dalle relazioni del collegio sindacale). La società, in sostanza, non
costituisce uno strumento operativo a servizio del Comune, ma, viceversa, una struttura che,
in quanto esistente, l’Ente locale socio deve in qualche modo finanziare (direttamente o
mediante le altre società partecipate).
Il ricorso ricorda, altresì, come ulteriore tensione finanziaria è stata creata, nel 2015, dalla
notifica ad API srl dei seguenti atti di pignoramento presso terzi:
- da parte dell'ing. Vito Ancora, per un importo pari ad euro 2.046.488 (oltre imposta di
registro, interessi legali, IVA e CPA, nonché eventuali spese di procedura), per il mancato
pagamento di quanto dovuto sulla base di un decreto ingiuntivo e di un precedente precetto.
Non viene precisato a che tipo di prestazioni professionali si faccia riferimento e quando, e da
quale organo, sia stato formalmente attribuito un incarico (né se al decreto ingiuntivo sia
seguita formale opposizione);
- da parte del sig. Luigi Gianotti, per un importo pari ad euro 327.968 (oltre spese e
interessi), anche in questo caso per il mancato pagamento di quanto dovuto sulla base di un
precedente decreto ingiuntivo. Non viene specificata la fonte del debito, né se la società ha
proposto opposizione verso il decreto ingiuntivo in discorso.
La Sezione evidenzia che, in base alla visura effettuata sul registro storico di Infocamere, il
sig. Gianotti risultava essere socio della società CRC srl, di cui al punto seguente (mentre
attualmente risultano socie le sig.re Minini Maria, Gianotti Bianca e Gianotti Valentina,
quest’ultima avente anche la funzione di amministratore delegato). Il sig. Gianotti Luigi risulta,
inoltre, dal momento della costituzione, dirigente tecnico della società API srl (cfr. verbale CdA
del 28 marzo 2006);
- da parte della già citata società CRC srl, per un importo pari ad euro 391.463 (oltre spese
e interessi sino al saldo). Anche in questo caso non viene specificata la fonte del debito (né se
si sia fatta opposizione al decreto ingiuntivo). Si evidenzia che la predetta società, in base a
quanto emerge dal registro delle imprese, risultava controllata (98% delle quote), fino al 2006,
dalla sig.ra Lentati Emiliana, che, in seguito, è stata presidente del Cda di API srl (dal 2006
fino all’approvazione del bilancio 2012, cfr. verbale assemblea soci del 12 aprile 2013).
Il ricorso evidenzia che i primi due pignoramenti risultano sospesi, mentre per quello della
società CRC srl sono state pignorate le somme dovute ad API srl da parte del Comune di
Rozzano e della Banca Popolare di Milano. Il procedimento di esecuzione si è concluso con
l’assegnazione delle relative somme precedentemente alla domanda di concordato (in
particolare, in data 19 settembre 2015), con la conseguenza che, medio tempore, la Banca
Popolare di Milano ha provveduto al pagamento della somma assegnata.
10
In proposito va rilevato, che alla società API srl, già in precedenza (in data 10 agosto 2015)
era stata notificata istanza di fallimento da parte di alcuni dipendenti (per un preteso credito
pari a 111 mila euro). Pertanto, al momento del pagamento da parte del terzo pignorato Banca
Popolare di Milano, la società API srl era già in situazione di grave insolvenza finanziaria (come
desumibile anche da altri elementi esposti nella presente deliberazione), circostanza
probabilmente a conoscenza del creditore CRC srl, in virtù dei qualificati rapporti personali e
professionali sopra esposti. Spetterà al commissario giudiziale la valutazione della sussistenza
dei presupposti per chiedere la revoca del ridetto pagamento o avviare le altre azioni di tutela
del ceto creditorio previste dalla procedura concordataria (eventualmente, ex art. 173 della
legge fallimentare).
Oltre a quanto sopra, il ricorso evidenzia che API srl non era in regola con il documento
unico di regolarità contributiva (quantomeno dall’esercizio 2011, in base a quanto appurabile
dalla lettura dei bilanci), circostanza che ha comportato l'impossibilità per il Comune di
Rozzano, unico committente della società, di provvedere al pagamento dei corrispettivi dovuti
(come da disposizioni normative in vigore). La società, in base a quanto sarà precisato più
avanti, ha maturato, infatti, un notevole debito nei confronti degli istituti di previdenza.
Il ricorso ricorda, infine, che la citata istanza di fallimento, depositata da alcuni dipendenti in
data 10 agosto 2015 (per un credito complessivo di circa 111 mila euro) non ha avuto, per il
momento, seguito, posto che la procedura, per decisione del Tribunale di Milano, è confluita in
quella del concordato preventivo in bianco.
Il piano di ristrutturazione dei debiti e la proposta di concordato
Dal “Piano di ristrutturazione dei debiti”, redatto ai sensi dell’art. 160, comma 1, della legge
fallimentare, depositato presso il Tribunale di Milano, si traggono ulteriori profili di analisi, sia
in relazione alla genesi dell’esposta situazione di crisi finanziaria (il Piano riporta cifre
leggermente diverse rispetto alla situazione economico-patrimoniale al 31 dicembre 2015,
essendo redatto alla data del 29 ottobre 2015) che alle misure di (parziale) adempimento
prospettate dal liquidatore.
L'attivo concordatario immobilizzato risulta pari ad euro 44.465.934 ed è composto da beni
immobili (valore di euro 9.068.434), dall'impianto di teleriscaldamento (valore di euro
28.871.000), dall'impianto di rete gas (per un valore di euro 6.500.000) nonché da altri beni
(a cui non è stato assegnato valore, causa obsolescenza) e da autoveicoli (euro 26.500).
Fra i beni immobili, i “terreni e fabbricati”, valutati dal geom. Alessandro Zacchetti, insistono
tutti nel Comune di Rozzano e, in parte, costituiscono il conferimento operato dal socio unico al
momento della costituzione della società (cfr. delibere di Consiglio n. 66 e 67 del 2006):
1) Struttura polivalente di tipo scolastico (via monte Amiata) mq. 2.150 euro 2.579.400
2) Negozio adibito a farmacia (via Oleandri) mq. 103 euro 159.650
3) Negozio adibito a farmacia (via Arno) mq. 146 euro 248.200
4) Negozio adibito a farmacia (piazza Berlinguer) mq. 144 euro 244.800
5) Negozio adibito a farmacia (via Garofani) mq. 173 euro 302.750
6) Centro polifunzionale (via Maggi) mq. 2.267 euro 3.287.150
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7) Fabbricato industriale (via L. da Vinci n. 44) mq. 1.654 euro 1.240.500
8) Fabbricato adibito a uffici (viale Lombardia n. 105) mq. 669 euro 1.171.380
9) Centro sportivo (strada comunale Perseghetto) mq. 2.123 euro 2.914.500
10) Fabbricato adibito a mensa (via Buozzi) mq. 3.406 euro 1.668.940
Il piano precisa che il "centro cottura", sito in Via Buozzi, (punto 10) è stato oggetto di
trattative di vendita già prima dell’aggravarsi della crisi aziendale e, in virtù di ciò, il Tribunale,
con decreto del 7 gennaio 2016, ha autorizzato l’alienazione (poi effettuata in data 19 febbraio
2016) a favore della società Cir food s.c. “Cooperativa Italiana di Ristorazione società
cooperativa” (a fronte di un valore contabile pari a euro 1.746.305 e di un valore di perizia pari
a euro 1.668.940, il prezzo di vendita è stato pari a euro 1.670.609).
Per quanto concerne, invece, gli immobili rappresentati da c.d. centro sportivo (punto 9),
struttura polivalente (punto 1) e centro polifunzionale (punto 6), il piano precisa che, in
considerazione della peculiarità della loro destinazione (attività sociali e ricreative) e delle
difficoltà in cui versa il settore immobiliare, si è proceduto, prudenzialmente, ad abbattere la
valutazione peritale del 50%. Il piano non riporta ulteriori motivazioni in ordine alla ridetta
decurtazione, forse opportune visto che si tratta di immobili già valutati da un esperto solo
poco tempo prima, si suppone anche in ragione della concreta destinazione di questi ultimi e
della situazione del mercato. Con riferimento ai suddetti beni, il piano segnala che è pervenuta
una manifestazione di interesse da parte del socio unico Comune di Rozzano.
Sempre per il centro sportivo (punto 9), per i quattro negozi adibiti a farmacie (punti da 2 a
5), per il fabbricato adibito ad uffici di viale Lombardia (punto 8) e per il capannone sito in via
Leonardo da Vinci (punto 7) risulta pervenuta, altresì, una manifestazione di interesse da parte
della società Ama spa (interamente partecipata dal medesimo Comune).
Pertanto, con riferimento agli immobili di cui sopra il piano espone, prudenzialmente, il
valore di offerta proposto del possibile acquirente. Notevoli appaiono le decurtazioni (pari a
circa il 50%) per i beni di cui ai punti 1), 6) e 9). In sintesi, questo il valore finale attribuito: 1)
viale Monte Amiata, euro 1.289.700; 2) via Oleandri, euro 159.650; 3) via Arno, euro
204.400; 4) piazza Berlinguer, euro 210.000; 5) via Garofani, euro 250.000; 6) via Maggi,
euro 1.643.575; 7) via L. da Vinci, euro 1.240.500; 8) viale Lombardia, euro 900.000 9)
strada comunale Perseghetto, euro 1.500.000; 10) via Buozzi, euro 1.670.609.
Il totale risulta pari a euro 9.068.434 e, come si preciserà più avanti, la relativa
realizzazione dipende dall’effettiva capacità finanziaria, da parte del Comune e dell’altra società
interamente partecipata, AMA spa, di riacquistare parte dei beni conferiti a suo tempo nel
patrimonio sociale di API srl. Al netto, infatti, della vendita di un immobile alla società CIR food
(già avvenuto), per gli altri nove le manifestazioni di interesse risultano pervenute, al
momento della redazione del piano, solo da Comune ed AMA spa (anche perché trattasi di
immobili strumentali, e in parte già utilizzati, per l’erogazione di servizi pubblici).
Gli “impianti e macchinari”, esposti nell’attivo dal piano, comprendono il valore dell'impianto
di produzione di energia termica ed elettrica e della rete di teleriscaldamento, nonché della
rete e degli impianti di distribuzione del gas.
12
Per l’impianto di teleriscaldamento, la valutazione, affidata all'ing. Silvio Bosetti,
comprensiva di un giudizio sull'alienabilità del ridetto bene, è pari ad euro 28.871.000
(applicando il metodo reddituale ai flussi economici previsti in un arco temporale di 20 anni).
Per la rete gas, invece, tenuto conto che la valutazione, e l’alienabilità stessa, devono tener
conto di un contesto normativo instabile, la perizia giunge ad un valore di euro 7.000.000. Da
quest’ultimo deduce una quota di competenza dell'attuale gestore “Gas Più”, che stima in circa
euro 500.000 (a fronte di investimenti sostenuti per euro 627.000), arrivando ad un valore
finale di alienazione pari a euro 6.500.000.
Il piano precisa che, in ordine alla valutazione della legittima alienazione degli impianti di
teleriscaldamento e della rete gas, il liquidatore ha conferito specifico incarico di consulenza
anche allo studio “TLS - Associazione professionale di avvocati e commercialisti”. Le relative
conclusioni dovrebbero essere contenute nelle relazioni peritali dell’ing. Bosetti (allegati n. 6 e
n. 7 al piano di ristrutturazione dei debiti) e nella relazione legale dello studio TLS (allegato n.
2 al ricorso ex art. 161 legge fallimentare), ma non sono riportate, nemmeno per sintesi, né
nel ricorso né nel piano di ristrutturazione dei debiti. Pur non trattandosi di questione
strettamente attinente la presente delibera (e non potendo formulare un preciso giudizio senza
aver esaminato le relazioni peritali e legali indicate, non in possesso della scrivente Sezione), si
ricordano i limiti posti, dalla legislazione, all’alienazione delle reti e degli impianti funzionali
all’erogazione di servizi pubblici, in particolare di energia e gas, su cui la giurisprudenza ha
avuto modo di soffermarsi in varie occasioni (in sintesi, può farsi rinvio alle deliberazioni della
Sezione n. 141/2015/PAR, n. 295/2013/PAR e n. 61 e 66/2013/PAR, nonché ai precedenti ivi
richiamati).
L’operazione centrale della proposta di concordato preventivo attiene, infatti, al
conferimento del ramo d'azienda del teleriscaldamento, che, in esecuzione del piano, si
prevede sia conferito da API srl in una nuova società a responsabilità limitata (denominata
"Newco"), che sarà costituita dall’altra società partecipata dal Comune, AMA spa.
In particolare, il predetto “ramo d'azienda” sarebbe costituito dai seguenti elementi attivi e
passivi: l'impianto del teleriscaldamento al valore di perizia (euro 28.871.000); l'importo
complessivo, in linea capitale ed interessi (euro 28.862.560), del mutuo acceso per la
realizzazione (contratto del 3 febbraio 2010, in seguito meglio analizzato).
A fronte del suddetto conferimento, il piano prevede l’attribuzione ad API di una
partecipazione pari alla differenza tra il valore dell'asset trasferito e l'importo del debito.
Successivamente, programma un'operazione di aumento del capitale sociale della Newco,
mediante conferimento in natura (art. 2465 cod. civ.) dei seguenti beni: da parte di AMA, un
ramo d'azienda costituito da elementi dell'attivo e del passivo connessi al teleriscaldamento;
da parte di API, il ramo d'azienda, come sopra individuato.
Pertanto, dopo tale conferimento, il valore della quota di partecipazione che entrerebbe nel
patrimonio di API srl (e nel perimetro della garanzia patrimoniale, ex art. 2740 cod. civ.)
sarebbe pari ad euro 8.440 (differenza tra il valore dell'impianto di teleriscaldamento ed il
13
suddetto debito). Tale valore viene posto al servizio del pagamento di una parte del rimanente
del debito ipotecario non conferito, classificato come privilegiato.
Nel contesto della stessa operazione societaria, il piano ipotizza, altresì, l'ingresso
successivo di terzi investitori nel capitale sociale della Newco, con modalità da individuare. A
supporto dell'operazione prospettata, allega un’apposita dichiarazione di AMA spa, avente ad
oggetto l'impegno a costituire la Newco e ad inserire nello statuto le disposizioni funzionali alla
realizzazione dell’operazione. Il piano evidenzia, infine, che API srl ha già ricevuto una
manifestazione di interesse dalla società Siram spa (attiva nel mercato della gestione dei
servizi energetici) per investire nella Newco. La Sezione sottolinea, in proposito, come i termini
e le modalità di esecuzione del piano non potranno, naturalmente, non tener conto della
necessità di rispettare le procedure di evidenza pubblica preliminari alla selezione di un socio
privato (art. 5, comma 9, del d.lgs. 50 del 2016; si rinvia, altresì, all’emanando testo unico
sulle società partecipate, in attuazione dell’art. 18 della legge n. 124 del 2015).
L'attivo circolante netto risulta pari a euro 8.329.188 ed è composto principalmente da
crediti nei confronti dei clienti (euro 8.150.690) e disponibilità liquide (euro 92.120). Gli
importi più cospicui riguardano i crediti verso AMA spa (euro 6.857.486, a titolo di locazione
dell’impianto di teleriscaldamento) ed il socio unico Comune di Rozzano (euro 962.372 per
attività varie di manutenzione), dichiarati come maturati negli esercizi 2014 e 2015.
Per quanto riguarda le disponibilità liquide, viene precisato che i depositi bancari, pari a
euro 1.659.525, si riferiscono alle somme che, alla data di redazione del piano, risultavano
giacenti presso gli istituti di credito, principalmente presso il Monte dei Paschi di Siena (euro
1.569.488). Tuttavia, il deposito da ultimo citato è gravato da pegno, posto a garanzia
dell'adempimento delle obbligazioni assunte da API srl nel contratto di finanziamento stipulato
con detto istituto di credito (quello finalizzato all’ampliamento della rete di teleriscaldamento).
Pertanto, tali importi sono portati a deconto del relativo debito e le disponibilità liquide nette si
riducono a soli euro 92.120.
La descrizione delle “componenti del passivo concordatario” parte, sempre nel piano di
ristrutturazione, dai “fondi per rischi e oneri” e, in particolare, dagli “altri fondi rischi”, voce che
accoglie un fondo su contratti derivati, pari ad euro 1.113.277. Il piano precisa che la società,
nel contesto del finanziamento ipotecario finalizzato all’ampliamento dell’impianto di
teleriscaldamento, ha sottoscritto due contratti di copertura relativi a strumenti finanziari
derivati. Dall'analisi dei documenti contabili è risultato, tuttavia, che tale voce non rappresenta
un fondo rischi, ma riporta gli interessi passivi sui contratti derivati addebitati dai due istituti di
credito controparti (Monte dei Paschi e Monte dei Paschi Capital Service). Si tratta, quindi, di
un debito vero e proprio, incluso nel passivo concordatario. I contratti derivati stipulati nel
2010, inoltre, dovrebbero produrre ulteriori debiti, secondo il piano di ristrutturazione in
esame, a causa dell’istanza di risoluzione che sarà avanzata al giudice competente. Il costo
della relativa “chiusura” viene, infatti, stimato in euro 7.525.024 (si rinvia all’analisi che sarà
effettuata nel pertinente paragrafo).
14
Le spese di procedura vengono valutate in euro 1.292.720 e riguardano i compensi al
commissario giudiziale (euro 520.000), ai consulenti che devono prestare assistenza durante la
procedura (euro 185.120), per l’attestatore (euro 143.520), per il liquidatore giudiziale (euro
260.000), per l’avvocato giuslavorista (euro 4.160), per i periti (euro 55.120). Inoltre, sono
esposte spese per adempimenti amministrativi e societari per euro 124.800 e oneri di
liquidazione stimati in euro 332.276.
Dette spese sono dichiarate come quantificate sulla base delle tariffe professionali di
riferimento. Tuttavia, in base a quanto statuito dal DM Giustizia 25 gennaio 2012, n. 30
(“Regolamento concernente l'adeguamento dei compensi spettanti ai curatori fallimentari e la
determinazione dei compensi nelle procedure di concordato preventivo”), il compenso stimato,
per esempio, per il commissario giudiziale appare più elevato rispetto ai parametri, ancorati
all’attivo realizzato ed al passivo accertato, previsti dagli artt. 1 e 5 del citato decreto
ministeriale. Facendo uso dei programmi di calcolo disponibili sulla rete internet, infatti, un
compenso medio (considerando l’attivo iniziale, presumibilmente anche inferiore a quello
realizzato) risulterebbe pari a 340 mila euro e quello minimo a 197 mila euro (spetterà
comunque al Tribunale la liquidazione al termine della procedura).
In aggiunta, il piano ritiene opportuno accantonare un ulteriore “fondo imprevisti”, pari ad
euro 2.056.438, posto a copertura, in particolare, del rischio stimato dall'avvocato Delle Cave,
relativo all’impugnazione dei licenziamenti dei lavoratori dipendenti (stimato in euro
1.500.000).
I “debiti” (al netto del trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato, pari a euro
377.018) risultano complessivamente pari a 57.913.025, così dettagliati: verso soci, euro
3.177.455; verso banche, euro 39.096.651; verso fornitori, euro 5.455.607; verso l’erario,
euro 7.223.823; verso istituiti di previdenza, euro 1.113.985; altri debiti, euro 1.845.504.
Il piano ricorda, come accennato in precedenza, che il debito verso soci, avente titolo in un
pregresso finanziamento (pari a 3 milioni di euro), risulta postergato rispetto agli altri crediti.
I debiti verso banche (Monte dei Paschi, MPS capital service e Cassa Depositi e Prestiti spa)
traggono tutti origine dai mutui erogati per l’ampliamento dell’impianto di teleriscaldamento
(euro 31.484.251), di cui si dirà meglio nel successivo paragrafo.
Inoltre, per euro 7.035.070 afferiscono all'apertura di credito in conto corrente (di natura
chirografaria) effettuata dal Monte dei Paschi di Siena (ulteriore debito verso banche, non
compreso in tale voce, riguarda i contratti su strumenti derivati).
Il contratto di finanziamento del 3 febbraio 2010
Tale contratto è stato sottoscritto in data 3 febbraio 2010 con MPS Capital service ("MPS
CS") e Cassa Depositi e Prestiti (CDP) al fine di consentire ad API srl il potenziamento di una
centrale di cogenerazione di energia elettrica e termica, la realizzazione di una nuova centrale
di cogenerazione e l'estensione dell'esistente rete di teleriscaldamento nel Comune di Rozzano.
MPS CS e CDP, ciascuno per la propria quota (50% e 50%), hanno accordato ad API un
finanziamento, fino all'importo massimo di euro 45.000.000, da utilizzare secondo gli specifici
termini e modalità indicati nel contratto.
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In proposito, va evidenziato che il bilancio 2010 della società API srl espone “debiti verso
banche oltre i 12 mesi” per 28.656.526, aventi titolo nel predetto finanziamento. La prima
erogazione, tuttavia, come da nota integrativa, risulta utilizzata per sostituire altre linee di
credito fino a quel momento attive. In proposito, la relazione sulla gestione 2010 precisa che i
mutui pregressi, estinti con il nuovo finanziamento, si riferiscono, per euro 6 milioni, ad uno
concesso da Monte dei Paschi il 5 ottobre 2007 e, per 3 milioni, ad un altro, concesso nel luglio
2009, di cui non si riportano ulteriori informazioni. In base alla relazione del collegio sindacale,
il mutuo concesso nel 2010 risulta erogato in una prima rata (il 3 aprile 2010) di 19,5 milioni di
euro per lavori effettuati già in precedenza e, per ulteriori 9,1 milioni di euro (nel corso del
2010), per il pagamento di nuovi stati di avanzamento dei lavori. Il collegio sindacale
evidenzia, altresì, che, in concreto, la rata di mutuo erogata il 3 aprile 2010 (ridotta, al netto di
imposte, spese e commissioni bancarie, a 18,8 milioni di euro) è stata utilizzata per estinguere
mutui precedenti, nonché per pagare debiti pregressi verso fornitori, fisco ed istituti di
previdenza. L’importo di questi ultimi debiti si attesterebbe ad almeno 8 milioni di euro su 18,8
complessivi. La citata relazione sulla gestione riferisce, infatti, che i mutui pregressi estinti
ammontavano a 9 milioni di euro (anche se, in base a quanto verbalizzato dal collegio
sindacale, un mutuo pregresso di 3 milioni di euro, acceso con BNL, risulterebbe estinto con il
già esaminato finanziamento soci, di pari importo, concesso dal Comune, circostanza che, se
confermata, eleverebbe la quota di mutuo utilizzata per estinguere debiti correnti a oltre 12
milioni di euro). In sostanza, su un totale erogato, nel 2010, di circa 29 milioni di euro, solo
9,1 milioni risulterebbero finalizzati a nuovi investimenti (il residuo ad estinzione di precedenti
mutui o di altri debiti, fiscali, previdenziali e verso fornitori). Peraltro, la nota integrativa 2010
espone ricavi per immobilizzazioni in corso per lavori interni per soli 2,8 milioni di euro.
Nel bilancio 2011, i debiti “verso banche oltre 12 mesi” salgono a euro 32.804.265 e la nota
integrativa precisa che la società API ha ricevuto due erogazioni (in relazione ai SAL n. 5 e n. 6
dell’investimento), per complessivi 3,6 milioni di euro. Va rilevato che, sul punto, la relazione
sulla gestione parla di 3,8 milioni di euro, quella del collegio sindacale di 4,1 milioni di euro ed
il conto economico espone incrementi di immobilizzazioni per lavori interni e variazioni per
lavori in corso (riferiti al teleriscaldamento) per la minore cifra di 2,9 milioni di euro. La nota
integrativa precisa, altresì, che, pur avendo la società presentato il SAL n. 7 (di 1,5 milioni di
euro), gli istituti finanziatori non hanno erogato il finanziamento promesso (il cui residuo
complessivo da erogare viene riportato per 11,2 milioni di euro).
Nel bilancio 2012 l’indebitamento verso banche, discendente dal contratto sottoscritto nel
2010, rimane sostanzialmente inalterato (euro 32.278.265), in ragione del fatto che gli istituti
finanziatori non hanno erogato ulteriori rate, né quella relativa al 7° SAL, emesso nel 2011, né
altre (gli incrementi di immobilizzazioni per lavori interni si riducono, infatti, a 235 mila euro).
Medesimi i dati riportati nella Relazione sulla gestione.
Nel bilancio 2013, infine, ultimo formalmente approvato dalla società API srl (già in costanza
di procedura di liquidazione, deliberata il 29 novembre 2013), il debito verso banche oltre 12
mesi si riduce lievemente (ad euro 31.194.246, in ragione, si suppone, del rimborso della rata
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annuale). Anche in quest’esercizio, gli istituti finanziatori non hanno erogato ulteriori rate del
finanziamento, né API srl risulta aver rendicontato stati di avanzamento dei lavori.
Come esposto, il bilancio dell’esercizio 2014 non è stato approvato. Dalla situazione
economico-patrimoniale al 31 dicembre 2015 (allegata alla memoria del 26 aprile 2016) i
debiti a lungo termine (mutui verso CDP spa ed MPS spa) sembrano ridursi ad euro
26.708.639. Tuttavia, nella proposta di piano concordatario sono nuovamente indicati in euro
31.484.251 (a cui vanno sommati gli euro 7.035.070, aventi titolo nella citata anticipazione
bancaria, concessa sempre da Monte dei Paschi, attiva, in base a quanto desumibile dai bilanci
d’esercizio, sin dal 2007).
Volendo tirare le somme sulle modalità di utilizzo del mutuo stipulato in data 3 febbraio
2010, in base a quanto desumibile dai bilanci degli esercizi 2010-2013 (non sempre riportanti
per la verità, dati coincidenti fra loro), su un ammontare complessivo erogabile pari a 45
milioni di euro, risulta essere stato destinato per circa 13 milioni a nuove spese di investimento
(anche se i valori dei ricavi da immobilizzazioni in corso risultano inferiori), per circa 9 milioni
di euro all’estinzione di mutui contratti in precedenza, per ulteriori 8 milioni di euro al
pagamento di altri debiti (fiscali, previdenziali e verso fornitori) e per la restante quota
(stimata nella nota integrativa al bilancio 2011 in 11,2 milioni di euro) non erogato (il
complemento a 45 milioni di euro, somma massima concedibile, è presumibilmente assorbito
da commissioni e altre spese bancarie).
La suddetta operazione di indebitamento non risulta, pertanto, essere stata finalizzata a
finanziare esclusivamente spese di investimento, ma anche all’estinzione di debiti di natura
corrente, sia riferiti a pendenze tributarie o contributive che a meri debiti commerciali verso
fornitori. Inoltre, altra quota è stata destinata all’estinzione di precedenti mutui già contratti
dalla società (solo poco tempo prima), che, presumibilmente, non aveva sufficiente capacità
finanziaria per rimborsarli (come, in seguito, non ha avuto sufficienti risorse per onorare il
nuovo mutuo). Sul punto, va ricordato, che mentre il pagamento degli stati di avanzamento
lavori costituisce la “spesa di investimento” che l’indebitamento finanzia, il successivo rimborso
delle rate di ammortamento (sia nella parte capitale che per gli interessi) non costituiscono
spesa di investimento, ma corrente (aderente la definizione, pur ampia, di “spesa di
investimento” contenuta nell’art. 3, comma 18, della legge n. 350 del 2003).
Il precetto costituzionale, posto dall’art. 119, comma 6, della Carta fondamentale, rivolto
espressamente a regioni ed enti locali, si ritiene debba trovare applicazione anche alle società
interamente partecipate da enti locali, in particolare di quelle c.d. “strumentali” (che, in base a
quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 326/2008, espletano “attività
amministrativa in forma privatistica”; si rinvia, sul punto, anche a Consiglio di Stato, Ad.
Plenaria, n. 17 del 2011 e Sez. V, n. 1282/2010). Una conferma di tale assunto si trae dall’art.
3, comma 16, della legge n. 350 del 2013, che, nel definire le nozioni di “indebitamento” ed
“investimento”, ai fini dell’applicazione della citata regola costituzionale, esclude dall’ambito
soggettivo di diretta applicazione le sole società gerenti servizi pubblici locali, non quelle
strumentali (norma che ha trovato conferma nella sentenza della Consulta n. 425/2004).
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Di conseguenza, se le risorse ricavate da un mutuo non sono finalizzate solo al pagamento
di spese di investimento (gli stati di avanzamento dei lavori), ma a spesa corrente (come
appurato dai bilanci, e relative relazioni allegate, degli esercizi 2010-2013 della società API
srl), tutto il contratto può essere dichiarato nullo per contrasto con la regola costituzionale
(un’applicazione di tale precetto è costituita dall’art. 30, comma 15, della legge n. 289 del
2002, che sanziona con la nullità del contratto di mutuo, ed una specifica responsabilità a
carico degli organi procedenti, gli “enti territoriali”, non solo locali, che ricorrono ad
indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento). All’accertata nullità
conseguirebbe il venir meno del titolo in base al quale la società ha pagato interessi e
commissioni per tutto l’arco temporale del ridetto contratto di mutuo.
Inoltre, come sarà meglio specificato nel pertinente paragrafo il contratto di mutuo del 3
febbraio 2010 non risulta stipulato previo espletamento di apposita gara pubblica.
Dai bilanci esaminati, inoltre, non è possibile accertare se il Comune socio, nell’autorizzare
la stipula del contratto da parte della società API srl, abbia invitato ad osservare le procedure
di evidenza pubblica o, comunque, abbia fornito indicazione sui presupposti minimi di
convenienza finanziaria che l’operazione di mutuo doveva osservare. In proposito, va ricordato
che lo statuto di API srl attribuisce al socio (art. 9, comma 2, lett. l) la decisione sul ricorso a
finanziamenti superiori a 2 milioni di euro o se comportano il rilascio di garanzie reali.
La Sezione, pertanto, anche in relazione agli oneri, per interessi, spese e commissioni
bancarie, ritiene opportuno effettuare specifica segnalazione alla Procura della Corte dei conti
alla luce del potenziale danno, imputabile agli organi del Comune socio e/o della società in
house, derivante dal prospettato pagamento di interessi e oneri bancari in assenza di titolo (in
caso di ritenuta nullità del contratto) o in assenza del previo esperimento di gara pubblica (ove
sussistano i presupposti per l’emersione del c.d. “danno alla concorrenza”).
Le garanzie a tutela della restituzione delle rate e degli interessi di mutuo
In base a quanto illustrato nel piano di ristrutturazione dei debiti, la società API srl si era
impegnata a concedere, a tutela dell'adempimento di tutte le obbligazioni derivanti o connesse
al contratto di finanziamento del 3 febbraio 2010, le seguenti garanzie (per quelle concesse,
invece, dal Comune socio si rinvia alla deliberazione n. 408/2012/PRSE):
a) ipoteca sul diritto di superficie posseduto su vari terreni siti nel Comune di Rozzano, per
un importo complessivo di euro 90.000.000. Posto che il diritto di superficie si estende, in
conformità a quanto previsto all'articolo 2811 del cod. civ., ad ogni costruzione e accessione,
ad oggi l’ipoteca comprende il complesso dei beni facenti parte del c.d. teleriscaldamento
(oggetto della relazione peritale citata in precedenza);
b) due distinti pegni. Il primo contratto, sottoscritto tra AMA spa, API srl, Monte dei Paschi
Capital Service e CDP spa in data 1 dicembre 2011, a mezzo del quale API srl ha garantito i
crediti dei finanziatori mediante la costituzione di un pegno sul c.d. “conto AMA”, intestato a
quest'ultima, in cui confluiscono i pagamenti effettuati da AMA spa per la locazione degli
impianti e della rete di riscaldamento (oltre ad altri flussi finanziari di competenza del
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progetto). Il secondo contratto, sottoscritto tra API srl, MPS CS e CDP spa, a mezzo del quale
API srl ha costituito un pegno su n. 5 conti correnti ad essa intestati;
c) privilegio speciale. Con il contratto sottoscritto tra API srl, MPS CS e CDP, in data 3
febbraio 2010 è stato costituito privilegio speciale, ai sensi dell'art. 46 d.lgs. 385 del 1993, su
alcuni beni di proprietà di API srl (impianti, macchinari e altri beni mobili costituenti le
costruende centrali di energia termica), per un importo pari a 45 milioni di euro;
d) cessione dei crediti. Un primo contratto, sottoscritto tra API srl, MPS CS e CDP spa in
data 3 febbraio 2010, a mezzo del quale API si è impegnata a cedere in favore dei finanziatori
tutti i crediti IVA venuti ad esistenza dall'esercizio 2010 fino a quello di pagamento dell'ultima
rata di rimborso della linea IVA. Un secondo, sottoscritto tra le medesime parti nella stessa
data, a mezzo del quale API srl si è impegnata a cedere in favore dei finanziatori tutti i crediti,
anche futuri, derivanti dalla stipula di una serie di contratti funzionali alla realizzazione del
progetto di teleriscaldamento. Un terzo, sottoscritto dalle stesse parti in data 1° dicembre
2011, a mezzo del quale API srl ha ceduto in favore dei finanziatori tutti i crediti di qualsiasi
natura, anche futuri, di cui il cedente avrebbe potuto beneficiare sulla base dei contatti di
hedging conclusi con i medesimi istituti bancari (di cui al successivo paragrafo).
L’ipotesi di rimborso del mutuo prospettata dal piano concordatario
A fronte del ridetto contratto di finanziamento, API srl ha maturato, nei confronti di MPS CS
e CDP, un debito complessivo (di natura privilegiata) pari ad euro 32.061.581 (comprensivo
degli interessi). Per estinguerlo, il piano prevede, come già esposto, che API conferisca ad una
nuova società (“Newco”) il ramo d'azienda costituito dall'impianto di teleriscaldamento, con
conseguente trasferimento anche del debito de quo per un importo quasi corrispondente al
valore dell’asset trasferito. L'impianto di teleriscaldamento è stato valutato euro 28.871.000,
mentre il conferimento nella Newco del debito in argomento (unitamente a ramo d'azienda,
privilegio speciale ed ipoteca) avverrebbe per un valore di euro 28.862.560 (la differenza, pari
a euro 8.440, costituisce il valore netto della partecipazione di API srl nella Newco).
Per l'importo del debito che residua dopo la suddetta operazione di conferimento (circa 3,13
milioni di euro), il piano prevede una decurtazione pari al saldo del conto corrente attivo
presso Monte dei Paschi (euro 1.569.488), sottoposto a pegno a garanzia (come sopra
indicato) delle obbligazioni assunte da API per il suddetto finanziamento.
Dopo le esposte rettifiche, l'esposizione residua di API srl nei confronti di MPS CS e CDP, in
relazione al finanziamento concesso nel 2010, diverrebbe di euro 1.629.533, derubricata a
debito di natura chirografaria (come previsto dall'art. 160, comma 2, della legge fallimentare).
Parte del suddetto importo, inoltre, precisa il piano, va destinato alla società AMA spa (per
euro 656.935), avendo anche quest'ultima (come sopra esposto) costituito in pegno un proprio
conto corrente attivo a garanzia del finanziamento concesso da CDP ad API.
Le rettifiche illustrate possono essere così riassunte.
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Debito da finanziamento per progetto teleriscaldamento del 03/02/2010 € 32.061.581
Decremento per conferimento nella Newco (€ 28.862.560)
Decremento per utilizzo dei saldi attivi di conto corrente API (€ 1.569.488)
Importo residuo del debito, derubricato a chirografario € 1.629.533
di cui, debito verso AMA per pegno su proprio conto corrente € 656.935
di cui, debito residuo netto verso Monte dei Paschi e CDP € 972.598
I contratti di finanza derivata accessori al mutuo del 2010
Nel complesso degli accordi di cui al descritto contratto di finanziamento stipulato nel 2010,
la società API srl si è impegnata, altresì, alla sottoscrizione con Monte dei Paschi e Monte dei
Paschi Capital Service di contratti di copertura in derivati del rischio relativo alla variazione di
tassi di interesse (contratti di "interest rate swap" stipulati in data 4 e 10 maggio 2010).
Il piano di ristrutturazione evidenzia come tali derivati si siano rivelati una costante fonte di
costi per la società, senza ricevere, di contro, alcun vantaggio sotto il profilo finanziario. A
fronte di tale dichiarata non economicità ed onerosità, nel ricorso viene chiesto al giudice
delegato di poter procedere al relativo scioglimento, facoltà prevista dall’art. 169-bis della
legge fallimentare.
Quest’ultima norma subordina, tuttavia, la risoluzione alla corresponsione di “un indennizzo
equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento” e “tale credito è
soddisfatto come credito anteriore al concordato”. Pertanto, ai fini di quantificare il ridetto
indennizzo, il piano ritiene che possano trovare applicazione alcune disposizioni presenti nei
due contratti derivati, che produrrebbero un onere complessivo per API srl pari a euro
7.525.024 (credito chirografario, salvo il quantum maturato tra la data di deposito della
domanda di concordato preventivo e l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti derivati,
che dovrà esse riconosciuto in pre deduzione, pari a euro 15.050).
In proposito, la Sezione rileva che i bilanci 2010 e 2011 della società API srl non fanno alcun
riferimento alla stipula dei predetti contratti di finanza derivata, né ai relativi oneri. Il bilancio
2010, infatti, espone interessi passivi su mutui per 628 mila euro (in crescita di circa 200 mila
euro rispetto al 2009, in ragione del contratto stipulato il 3 febbraio 2010), nonché generici
“interessi passivi su finanziamento” per 420 mila euro (voce assente nel 2009), senza che la
nota integrativa riporti alcuna esplicitazione, neppure sintetica, circa la fonte di tale onere.
Il bilancio 2011, a sua volta, espone interessi passivi su mutui per poco più di un milione di
euro (in ulteriore crescita rispetto al 2010) e, nuovamente, “interessi passivi su finanziamento”
per 539 mila euro, anche in questo caso senza riportare alcuna esplicitazione circa la fonte di
tale onere (né elementi di chiarimento si traggono dalla relazione sulla gestione).
Solo nel bilancio 2012 la nota integrativa modifica la dicitura “interessi passivi su
finanziamento” in “derivati su contratto di finanziamento” ed espone, quali costi, per il
20
precedente esercizio 2011, la stessa cifra di 539 mila euro citata in precedenza (a
dimostrazione dell’identità delle due voci, anche nel bilancio 2010) e, per il 2012, l’importo
raddoppiato di 1,16 milioni di euro. Anche in questo caso, tuttavia, la nota integrativa non
riporta alcuna precisazione circa la fonte e le ragioni del notevole incremento di tale voce di
costo (anche in rapporto ai costi per “interessi passivi su mutui”, di cui dovrebbe garantire da
eventuali oscillazione, che, invece, nel 2012, rimangono stabili a poco più di un milione di
euro). Anche per questo esercizio non si traggono ulteriori elementi di chiarimento dalla
relazione sulla gestione.
Il bilancio 2013, predisposto dall’organo di liquidazione (che, dal 29 novembre 2013, ha
sostituito il consiglio d’amministrazione), riporta in nota integrativa costi per “derivati su
contratto di finanziamento” per 1,26 milioni di euro (in ulteriore crescita rispetto al 2012).
Anche in questo caso, però, non vengono fornite delucidazioni circa la fonte e le motivazioni
dei ridetti costi, né chiarimenti in merito si traggono dalla relazione sulla gestione e da quella
del collegio sindacale.
In seguito (in disparte il bilancio dell’esercizio 2014, mai approvato), il prospetto di conto
economico al 31 dicembre 2015 (allegato alla memoria comunale del 26 aprile 2016) espone
costi per “interessi su derivati mutuo” per 1,14 milioni di euro. Analoga la cifra riportata nel
piano di ristrutturazione dei debiti (euro 1.113.277), redatto alla data del 29 ottobre 2015,
che, tuttavia, come esposto dal nuovo liquidatore, risultava allocata fra gli accantonamenti.
La valutazione dell’operazione di finanziamento contratta da API srl
La Sezione ha già avuto modo di analizzare, anche se solo parzialmente, l’operazione di
contrazione di debito, effettuata dalla società API srl, previa autorizzazione del Comune socio,
nel 2010. In particolare, nella delibera n. 408/2012/PRSE era stato rilevato che, dal contratto
di finanziamento stipulato in data 3 febbraio 2010 e dalla delibera di Consiglio comunale n.
14/2009, non risultava espletata alcuna gara per l’assunzione dei mutui in discorso, nonché
degli accessori contratti derivati. Il contratto di mutuo era compreso fra quelli previsti
dall’Allegato II A (“servizi bancari e finanziari”) del d.lgs. n. 163 del 2006 (c.d. Codice dei
contratti pubblici), in quel momento vigente e, come tale, soggetto alla disciplina, in tema di
affidamento, prevista per gli appalti di servizi.
La società API srl, partecipata al 100% dal Comune di Rozzano, in virtù dell’assetto
societario predetto e della tipologia di attività esercitata (affidata direttamente secondo lo
schema del c.d. “in house”) è sottoposta, nel caso in cui intenda reperire beni e servizi
dall’esterno (o, eventualmente, realizzare opere), alle medesime regole a cui è tenuto il
Comune socio, anche a prescindere dalla ricorrenza dei presupposti per la qualificazione in
termini di organismo di diritto pubblico (che, comunque, applicando la definizione contenuta
nell’art. 3, comma 25, del d.lgs. 163 del 2006, apparivano già presenti).
Conferma di tale interpretazione era stata rinvenuta nell’art. 32 del d.lgs. 163 del 2006
che, nell’elencare gli “altri soggetti aggiudicatori”, tenuti all’osservanza del Codice dei contratti,
al comma 1 lett. c) menziona le “società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che
non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione
21
di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul
mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-
bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”.
Infatti, se lo schema del c.d. “in house” permette all’ente socio di procedere all’affidamento
diretto, ad una società interamente partecipata, di appalti di lavori, servizi o fornitura di beni,
tale modello trasferisce a quest’ultima l’obbligo di osservare la disciplina di evidenza pubblica
nel caso in cui intenda rivolgersi al mercato. La società in house, infatti, deve auto-produrre
all’interno ciò di cui l’ente socio affidante ha bisogno, dovendo, invece, nel caso in cui necessiti
di acquisire beni o servizi dall’esterno (inevitabile nel caso del reperimento di risorse finanziarie
mediante mutuo), procedere a gara. Nel caso contrario, oltre a evidenziarsi contrasti con le
regole nazionali e comunitarie in tema di appalti, si porrebbe anche un problema di valutazione
dell’utilità della partecipazione societaria, che si limiterebbe a fungere da mediatore per
l’acquisto di beni e servizi a favore della PA (compito proprio, invece, delle c.d. centrali di
committenza, che, come noto, devono anch’esse osservare le regole in tema di concorrenza).
Le argomentazioni riportate hanno trovato conferma, altresì, con l’art. 3-bis del decreto-
legge n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011, norma di carattere ricognitivo,
che, sulla base dell’elaborazione giurisprudenziale pregressa, ha previsto che “le società
affidatarie in house sono tenute all'acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui al
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”. Analoga l’impostazione del c.d. testo unico sulle
società partecipate, in fase di approvazione ai sensi dell’art. 18 della legge n. 124 del 2015.
Dai bilanci esaminati, inoltre, non è possibile accertare se il Comune socio, nell’atto di
autorizzazione alla stipula del contratto da parte della società API srl (necessario ai sensi
dell’art. 9 dello statuto), abbia invitato ad osservare le procedure di evidenza pubblica o,
comunque, fornito indicazione in merito ai presupposti minimi di convenienza finanziaria che
l’operazione di mutuo doveva osservare. In proposito, va ricordato che lo statuto di API srl
attribuisce al socio (art. 9, comma 2, lett. l) la decisione sul ricorso a finanziamenti superiori a
2 milioni di euro o se, comunque, comportano il rilascio di garanzie reali.
Anche i contratti di copertura in derivati del rischio relativo alla variazione dei tassi
d’interesse, stipulati sulla base degli obblighi assunti con il contratto di finanziamento del 3
febbraio 2010, sono stati assunti senza il previo sperimento di alcune procedura di gara (lo
stesso contratto principale di finanziamento prevedeva una preferenza, nella scelta del
contraente, a parità di condizioni, per gli stessi istituti finanziatori).
Va ricordato come la stipula di contratti di finanza derivata è stata vietata, salvo alcune
eccezioni, a regioni ed enti locali dall’art. 62, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 112 del 2008,
convertito dalla legge n. 133 del 2008. Tuttavia, trattandosi di contratto stipulato dalla società
API srl, soggetto avente autonomia patrimoniale perfetta, che dovrebbe rispondere solo con il
suo patrimonio delle obbligazioni e dei rischi assunti con il ridetto contratto, l’operazione non
era stata ritenuta rientrante nel divieto normativo (che, costituendo un limite alla capacità di
agire, altrimenti piena, non può essere esteso analogicamente).
22
La stipula di tale contratto particolarmente rischioso, tuttavia, proprio perché vietato all’ente
locale (socio unico) avrebbe dovuto consigliare a quest’ultimo particolare cautela nella relativa
autorizzazione (intervenuta con la citata delibera assembleare del 25 gennaio 2010, oltre che
con la delibera di Consiglio comunale n. 14/2009), anche in ragione del ruolo di fideiussore
dell’operazione complessiva che il Comune medesimo (assieme all’altra società interamente
partecipata, AMA spa) ha assunto (si rinvia a quanto esposto nella deliberazione n.
408/2012/PRSE).
La Sezione, pertanto, facendo seguito a quanto accertato con la citata deliberazione, preso
atto del notevole aggravio di oneri finanziari che il contratto di finanziamento ha prodotto per
la società API srl, in particolare a causa delle descritte clausole di garanzia (ipoteca, pegni e
privilegi speciali, concessi sia dal Comune che dalla società AMA spa), delle commissioni e
spese bancarie (si ricorda, per esempio, la differenza fra lordo erogabile e netto erogato della
prima rata di finanziamento, riportata nella relazione del collegio sindacale al bilancio 2010) e
dei contratti di finanza derivata (oltre tre milioni di euro per interessi passivi pagati fra il 2010
e il 2013; oltre un milione di euro non ancora pagati; 7,5 milioni di euro di costo stimato di
chiusura dei contratti), ritiene di effettuare specifica segnalazione alla competente Procura
della Corte dei conti per la valutazione dell’eventuale ricorrenza di un’ipotesi di danno erariale,
in particolare sub-specie del c.d. “danno alla concorrenza”. Per l’individuazione delle
motivazioni dei presupposti della responsabilità, delle potenziali voci di danno, nonché della
relativa quantificazione, si fa rinvio, oltre che ai precedenti paragrafi della presente
deliberazione, anche al piano di ristrutturazione dei debiti del 23 febbraio 2016, di cui alla
proposta di concordato, ed ai bilanci degli esercizi 2010-2013.
L’apertura di credito concessa da Monte dei Paschi
La società API srl, in base a quanto emerge dal piano di ristrutturazione dei debiti, risulta
esposta nei confronti della banca Monte dei Paschi anche per un’apertura di credito in conto
corrente (avente natura chirografaria), ammontante ad euro 7.035.070. Il piano, in proposito,
precisa soltanto che, su tale debito, in quanto chirografario, non sarà riconosciuto il pagamento
di interessi, ma non fornisce altre informazioni sulla relativa genesi.
In base all’esame dei bilanci d’esercizio della società API srl, la predetta apertura di credito
risulta attiva sin dall’esercizio 2007, con valori di utilizzo oscillanti fra i 3 ed i 5 milioni di euro
annui, e corrispondente maturazione di costi, per interessi e commissioni bancarie (si fa rinvio,
per gli importi puntuali, ai bilanci 2007-2013 della società).
Sia dal piano che dai bilanci d’esercizio non si riesce ad appurare, tuttavia, se la suddetta
operazione di indebitamento sia stata finalizzata a finanziare spese di investimento. Per le
motivazioni esposte nel paragrafo sulla valutazione dell’operazione di indebitamento contratta
dalla società il 3 febbraio 2010, il precetto costituzionale, posto dall’art. 119, comma 6, della
Carta fondamentale, rivolto espressamente a regioni ed enti locali, si ritiene debba trovare
applicazione anche alle società interamente partecipate da enti locali, in particolare di quelle
c.d. “strumentali” (che, in base a quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
326/2008, espletano “attività amministrativa in forma privatistica”). Infatti, tale apertura di
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credito essendo stata continuamente utilizzata, senza mai estinguerla, in un protratto arco
temporale (dal 2007 al 2015), non ha sopperito (come per le anticipazioni di cassa) a
momentanei squilibri di liquidità, ma è stato un mezzo per garantire, attraverso tale forma di
sostanziale indebitamento, le ordinarie esigenze di liquidità della società.
Pertanto, se le risorse ricavate dalla predetta apertura di credito (costituente debito in
aderenza all’orientamento assunto dalla magistratura contabile per il ricorso, reiterato,
cospicuo e strutturale, alle anticipazioni di cassa dal tesoriere), non sono state finalizzate al
pagamento di investimenti, ma a spesa corrente (come appurabile dai bilanci degli esercizi
2007-2013, esaminando le modalità, differenti, di finanziamento delle immobilizzazioni in
corso), tutto il contratto sarebbe affetto da nullità per contrasto con la regola costituzionale
(un’applicazione di tale precetto è costituito dal citato art. 30, comma 15, della legge n. 289
del 2002). A tale accertamento conseguirebbe il venir meno del titolo in base al quale la
società ha pagato interessi e commissioni per tutto l’arco temporale del ridetto contratto.
Dai bilanci esaminati, inoltre, non è possibile accertare se il Comune socio, nell’autorizzare
la stipula del contratto da parte della società API srl, abbia invitato ad osservare, altresì, i
presupposti ed i requisiti previsti dall’art. 205-bis del d.lgs. n. 267 del 2000 per le aperture di
credito sottoscrivibili dagli enti locali (finalizzabili anch’essi solo a spese di investimento e
assimilati alle altre operazioni di indebitamento). In proposito, va ricordato che lo statuto di
API srl attribuisce al socio (art. 9, comma 2, lett. l) la decisione sul ricorso a finanziamenti
superiori a 2 milioni di euro.
Infine, come già accertato per il contratto di mutuo del 3 febbraio 2010, nei bilanci (come
nel piano di ristrutturazione dei debiti) non viene fatto cenno all’espletamento di previa gara
pubblica per l’affidamento del ridetto contratto. Si rinvia, in proposito, a quanto già esposto.
La Sezione, pertanto, anche in relazione agli oneri, per interessi, spese e commissioni
bancarie derivanti dall’esposto contratto di apertura di credito, ritiene opportuno effettuare
specifica segnalazione alla Procura della Corte dei conti, alla luce del potenziale danno,
imputabile agli organi del Comune socio e/o della società in house, derivante dal prospettato
pagamento di interessi e oneri bancari in assenza di titolo (in caso di ritenuta nullità del
contratto) o in assenza del previo esperimento di gara pubblica (ove sussistano i presupposti
per l’emersione del c.d. “danno alla concorrenza”).
Debiti verso fornitori
La voce, pari a euro 5.455.607, accoglie l'importo complessivo dovuto a fornitori e
professionisti. Nel piano concordatario risulta inserito, altresì, l'importo fatturato dalla società
CRC srl in data 9 novembre 2015 (quindi successivamente alla proposizione della domanda di
concordato preventivo in bianco), pari a euro 547.500, relativo all'addebito di una penale
risarcitoria conseguente ad un contratto sottoscritto in data 22 gennaio 2010. Il piano precisa
che tale debito è stato, prudenzialmente, compreso nel passivo, ancorché lo stesso sia oggetto
di contestazione da parte di API srl.
Tale ultima precisazione appare particolarmente opportuna non solo in ragione del lasso
temporale trascorso (oltre 5 anni), che, anche ove si trattasse di pretesa fondata, potrebbe
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aver fatto scattare eventuali decadenze e prescrizioni, ma anche in ragione degli esposti
rapporti di natura personale e professionale esistenti fra la società API srl e la società CRC srl.
I soci di quest’ultima, infatti, come già esposto, risultavano i sig.ri Gianotti Luigi (anche
amministratore fino al 2006) e Lentati Emiliana, il primo dirigente tecnico della società API srl
(nominato con verbale Cda del 28 marzo 2006), la seconda presidente del consiglio
d’amministrazione di API srl (dal 2006 al 2013). In seguito, la composizione societaria della
CRC srl è mutata, ma, in base a quanto appurabile dal registro delle imprese, ancora facente
capo alla famiglia Gianotti (risultano socie le sig.re Minini Maria, Gianotti Bianca e Gianotti
Valentina, quest’ultima facente funzione di amministratore unico).
Fra i debiti verso fornitori, inoltre, risulta iscritta una posizione cospicua nei confronti
dell'ing. Ancora Vito (euro 2.046.488, oltre interessi legali, IVA e CPA, nonché eventuali spese
di procedura), già segnalata in precedenza. In proposito, il piano riferisce che API srl sta
attuando alcune verifiche in relazione alle attività effettivamente svolte dal professionista
citato, a giustificazione della pretesa creditoria ritenuta particolarmente rilevante. Anche in
questo caso, si ritiene particolarmente opportuna un’azione di verifica ed accertamento delle
effettive attività professionali espletate dall’ingegnere in discorso, soprattutto alla luce del
notevole ammontare della pretesa creditoria (che, fra l’altro, nell’ultimo bilancio approvato,
quello al 31 dicembre 2013, risulta esposta per l’inferiore importo di euro 1.157.496).
Debiti tributari, verso istituti di previdenza e altri debiti
I debiti tributari presenti nel piano di ristrutturazione ammontano a euro 7.223.823 e si
riferiscono, per euro 582.343, a mancati pagamenti, a favore del medesimo Comune (in
questo caso non in quanto socio né committente, ma come ente impositore), delle imposte
IMU e ICI. Si fa rinvio, sul punto, a quanto esposto in successivo paragrafo. Inoltre, in base a
quanto appurabile dai bilanci d’esercizio della società, quest’ultima non avrebbe correttamente
adempiuto al versamento delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente ed autonomo sin
dall’esercizio 2009 (con conseguente produzione di maggiori costi per oneri e sanzioni).
I debiti verso istituti di previdenza ammontano ad euro 1.113.985 e trovano fonte, anche in
questo caso, in base all’esame dei bilanci sociali, in mancati versamenti risalenti già al 2009
(sempre con conseguente produzione di maggiori costi per oneri e sanzioni).
Nella deliberazione n. 234/2014/PRSE, analizzando la situazione economico-patrimoniale
della società API srl al 31 dicembre 2012, era stato rilevato come la nota integrativa
riconduceva la situazione di tensione finanziaria, già grave in quel momento (producente, per
esempio, mancati versamenti fiscali e contributivi per oltre 2 milioni di euro), alla mancata
erogazione, ad inizio 2012, da parte degli istituti di credito finanziatori del progetto di
ampliamento del teleriscaldamento (contratto del 3 febbraio 2010), delle previste rate di
prestito. La nota integrativa specificava che l’inadempimento aveva anche creato ritardi nei
pagamenti ai fornitori (con avvio di alcune azioni legali), nonché il mancato parziale
versamento di ritenute fiscali e contributi previdenziali.
In disparte le ragioni dell’interruzione dell’erogazione delle rate di finanziamento del
contratto stipulato in data 3 febbraio 2010, da parte di Cassa Depositi e Presiti e Monte dei
25
Paschi (che, in base a quanto esaminato, nel pertinente paragrafo, risulta erogato per una cifra
sensibilmente inferiore a quella concordata), la situazione dei debiti tributari e contributivi
evidenzia, forse meglio di ogni altra (trattandosi, in gran parte, di trattenute effettuate sugli
emolumenti retributivi corrisposti ai dipendenti e che, per conto di questi ultimi, dovrebbero
tempestivamente essere versate all’erario o ai pertinenti istituti previdenziali), la criticità della
situazione finanziaria (discendente da un’altrettanto problematica situazione economica) in cui
la società versava già dal 2009 (o forse anche dal momento della sua stessa costituzione, nel
2006). Come risulta dai bilanci degli esercizi 2009 e 2010, già in quel periodo la società non
riusciva a far fronte correttamente ai propri impegni ordinari (pagamento ai creditori). La
successiva assunzione di ulteriore indebitamento (decisa dal Comune socio, in aderenza ai
poteri attribuiti dall’art. 9 dello statuto societario), che doveva essere finalizzata alla
realizzazione di una nuova centrale di cogenerazione e all’ampliamento della rete di
teleriscaldamento (cfr. delibera di Consiglio comunale n. 14/2009 e contratto di finanziamento
del 3 febbraio 2010), è servita, invece, ad alleggerire, solo momentaneamente, nel 2010, la
situazione finanziaria (utilizzando il mutuo contratto per estinguere precedenti finanziamenti
ricevuti e ordinari debiti di natura corrente), salvo ritornare in situazione di crisi nel successivo
esercizio 2011 (in cui gli istituti di credito, si suppone per il venir meno sostanziale delle
garanzie di restituzione, hanno interrotto l’erogazione delle rate di mutuo).
Anche in questo caso, la Sezione ritiene opportuna una segnalazione alla Procura della Corte
dei conti al fine di valutare la sussistenza di danni erariali discendenti, in primo luogo, allo
Stato ed agli enti di previdenza (INPS e INAIL) dal mancato versamento di tributi e contributi
e, in secondo luogo, alla medesima società (interamente partecipata e affidataria diretta di
servizi strumentali) per il maggior onere (quale quantificabile dai bilanci societari) derivante
dal pagamento di maggiorazioni e sanzioni.
Altri debiti
La voce, pari a euro 1.845.504, è rappresentata principalmente dal debito (806 mila euro)
verso il personale dipendente munito di causa di prelazione (privilegio generale mobiliare), da
depositi cauzionali, dal debito nei confronti del socio unico Comune di Rozzano (488 mila euro)
sia per i servizi resi ad API srl (tra cui, il comando di personale) che per l'utilizzo del terreno
sul quale è stata costruita la seconda centrale.
Infine, la voce accoglie un debito (stimato in 190 mila euro) nei confronti della citata società
CRC srl, inerente allo smaltimento di attrezzature obsolete di proprietà di API, da quest’ultima
abbandonate su un terreno che sarebbe stato concesso in comodato gratuito da CRC srl.
Anche su tale punto appaiono opportuni adeguati approfondimenti da parte degli organi
preposti alla procedura concordataria, alla luce delle qualificate relazioni di natura personale e
professionale (in sé considerate, non illegittime) fra dirigenti ed amministratori della società
API srl e soci della società CRC srl (illustrate in precedenza).
L’ultimo bilancio d’esercizio approvato (2013) non fa, infatti, menzione dell’utilizzo,
mediante contratto di comodato, da parte della società API srl, di un terreno di proprietà della
società CRC srl. Dal medesimo bilancio 2013 risultano, invece, costi per godimento di beni di
26
terzi, pari a euro 173.000, per l’affitto di una “unità locale” sita in Rozzano, via Conca del
Naviglio n. 2, dove è ubicata, altresì, la sede della società CRC srl.
Anche il bilancio dell’esercizio 2012 non fa menzione dell’utilizzo, mediante contratto di
comodato, di un terreno di proprietà della società CRC srl, ma sempre di costi, per euro
173.000, derivanti dall’affitto dell’unità locale sopra indicata. Medesime informazioni, ed
importi, si traggono dai bilanci degli esercizi 2011 e 2010.
Il bilancio dell’esercizio 2009, invece, sempre per la locazione della medesima unità
immobiliare dalla società CRC srl espone costi per la cifra inferiore di euro 130.757 (pari a circa
un meno 25%). Importo ancora inferiore espone, per il medesimo titolo, il bilancio 2008 (euro
120.000, meno 30% rispetto al quadriennio 2010-2013). Nel 2007 e nel 2006, invece, sono
esposti costi per godimento di beni di terzi (rispettivamente, euro 682.103 ed euro 264.406),
senza evidenziazione analitica delle pertinenti fonti.
I bilanci degli esercizi 2013, 2012, 2011 e 2010 (in particolare, quest’ultimo) non
espongono, in nota integrativa, le ragioni, del sensibile incremento di costo per la ridetta
locazione passiva rispetto all’esercizio 2009, né gli estremi dell’eventuale nuovo contratto
stipulato. Allo stesso modo, nemmeno il bilancio 2009 evidenzia le ragioni dell’incremento di
costo rispetto al 2008 (né gli estremi della formalizzazione del relativo atto).
La Sezione ritiene opportuno, anche in questo caso, effettuare specifica segnalazione alla
competente Procura della Corte dei conti al fine di valutare l’eventuale presenza di una
responsabilità degli organi di amministrazione della società API srl (o del socio Comune) per la
corresponsione di canoni di locazione a prezzi non congrui o sulla base di contratti non
formalmente stipulati e aggiornati.
Ratei e risconti passivi
Il piano precisa che i risconti passivi si riferiscono ai canoni di locazione della rete e degli
impianti, funzionali al servizio di distribuzione del gas, pari ad euro 4.500.000, corrisposti
anticipatamente ad API srl, nel 2011, da parte della società aggiudicataria del servizio per i
successivi 12 anni (GasPiù Distribuzione srl). La seconda classificata, infatti, la società Enel
Rete Gas spa, ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione ed il Consiglio di Stato, con
sentenza n. 3716 del 15 luglio 2014, ne ha disposto l'annullamento. Di conseguenza, API srl è
tenuta a restituire l'importo dei canoni riscossi anticipatamente.
La relazione del collegio sindacale al bilancio 2010 evidenzia che l’importo predetto è stato
già utilizzato da API, nell’esercizio 2011, per “ridurre e migliorare la situazione finanziaria
precedente” (in sostanza, per estinguere debiti pregressi), mentre l’iscrizione a bilancio come
ricavo sarà effettuata nel corso dei 12 anni di durata del contratto.
Anche in questo caso emerge un comportamento difforme da una sana gestione economico-
finanziaria da parte della società API srl, che, a fronte della decisione di riscuotere in un’unica
soluzione il canone di concessione degli impianti e della rete di distribuzione del gas (servizio
fino a quel momento gestito dall’altra società partecipata, AMA spa), utilizza immediatamente
questa entrata (che sarebbe di competenza dei dodici esercizi di durata del contratto) per
adempiere debiti pregressi, che trovano fonte in una strutturale incapacità (sin dalla
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costituzione) dei ricavi a far fronte agli eccessivi costi di struttura e finanziari (sul punto può
farsi rinvio, oltre che al ricorso ed al piano concordatario, anche alle note integrative ed alle
relazioni del collegio sindacale dei bilanci degli esercizi 2009-2013).
L’equilibrio economico-patrimoniale di società partecipate. Piano concordatario e
intervento del Comune socio
Per quanto riguarda le considerazioni generali sul necessario equilibrio economico-
patrimoniale che le società partecipate da enti locali devono perseguire, sulla congrua
definizione dei rapporti finanziari fra socio e società, e sul controllo che il primo deve esercitare
nei confronti della seconda, può farsi rinvio a quanto affermato in svariate precedenti pronunce
della magistratura contabile e, in particolare, di questa Sezione (per esempio, deliberazioni n.
260/2015/PRSE, n. 269/2015/PRSE e n. 481/2015/PRSE).
Nello specifico della situazione economico-patrimoniale della società API srl, oltre a quanto
accertato nelle deliberazioni n. 408/2012/PRSE e n. 234/2012/PRSE, incentrate sull’esame dei
questionari sui rendiconti consuntivi del Comune di Rozzano per gli esercizi 2010 e 2012, la
successiva attività istruttoria ha fatto emergere la mancata approvazione del bilancio societario
del 2014, nonché lo stato di definitiva insolvenza finanziaria verificatosi nella seconda metà del
2015, con un passivo, riportato nel piano concordatario (al netto delle rettifiche esposte nei
precedenti paragrafi), ammontante complessivamente ad euro 42.974.029.
In disparte i profili di potenziale responsabilità amministrativo-contabile, più volte
evidenziati nei precedenti paragrafi, quello che maggiormente interessa in questa sede attiene
all’eventuale presenza di un ulteriore intervento finanziario del Comune socio nella procedura
concordataria, azione che, in base alle pronunce della magistratura contabile (può farsi rinvio
ai precedenti citati nelle deliberazioni della Sezione sopra riportate), presuppone uno specifico
interesse dell’ente socio (che non può, de plano, accollarsi i debiti di una società partecipata,
rinunciando al limite dell’autonoma responsabilità patrimoniale di quest’ultima).
Nel caso specifico, il passivo concordatario ammonta a 42,9 milioni di euro, mentre l’attivo
risulta pari a 23,9 milioni di euro (e composto in prevalenza da immobilizzazioni e impianti,
mentre le disponibilità liquide non raggiungono i 200 mila euro).
La realizzazione dell’attivo concordatario dipende, in buona parte, oltre che dalla cessione
del ramo di azienda del teleriscaldamento (senza il quale non sarebbero soddisfatti gli istituti
bancari, principali creditori), dall’immissione di liquidità ad opera del medesimo Comune di
Rozzano e dell’altra società interamente partecipata, AMA spa. Il primo ha manifestato la
disponibilità di riacquistare alcuni immobili conferiti a suo tempo nella società, operazione che
richiede un impegno finanziario di quasi 9 milioni di euro (si rinvia a quanto esposto nel
pertinente precedente paragrafo). Inoltre, sempre il Comune risulta debitore verso la società
API srl di 962 mila euro, che sarà tenuto a pagare (mentre analoga certezza non vi è per la
realizzazione dei crediti, anche tributari). La società AMA spa, a sua volta, oltre ad impegnarsi
per circa 3 milioni di euro per l’acquisto di altri immobili facenti parte dell’attivo concordatario
(la stima è stata fatta al netto dell’immobile sito in “strada comunale Perseghetto”, per il quale
vi è parallela disponibilità del Comune), risulta debitrice verso API srl di una somma pari a 6,8
28
milioni di euro, che costituisce componente principale dei crediti da realizzare inseriti nel piano
concordatario (complessivi 8,2 milioni di euro).
In base a quanto riportato nel piano, pertanto, la realizzazione dell’attivo, pari
complessivamente a 23,9 milioni di euro, dipende, per circa 20 milioni di euro, dalla vendita di
immobili a Comune e AMA spa e dal (doveroso) pagamento di debiti da parte sempre di questi
ultimi.
Risulta, pertanto, necessario, anche alla luce della disciplina limitativa all’acquisto di
immobili da parte degli enti locali (cfr. art. 12, comma 1-ter del decreto-legge 6 luglio 2011, n.
98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), su cui la magistratura contabile si è più volte
pronunciata (può farsi rinvio, per esempio, alla deliberazione n. 310/2015/PAR, nonché ai
pareri ivi richiamati), che la decisione di acquistare beni del patrimonio sociale di API srl,
facenti parte dell’attivo concordatario, sia adeguatamente motivata in funzione delle esigenze
di interesse pubblico che questi immobili devono soddisfare (pena, in difetto, la corresponsione
di un ulteriore esborso finanziario da parte del Comune socio, o dell’altra società partecipata
AMA spa, in assenza della prescritta finalizzazione al soddisfacimento di funzioni o servizi
pubblici).
II. Rapporti debitori e creditori con società partecipate
L’esame del questionario sul rendiconto consuntivo 2014 del Comune ha evidenziato
discordanze nella rappresentazione dei debiti e crediti reciproci intercorrenti con le società
partecipate API srl ed AMA spa, già oggetto di accertamento, da parte della scrivente Sezione
regionale di controllo, nella deliberazione n. 234/2014/PRSE. Anche la risposta istruttoria del
20 luglio 2015 (resa in relazione al questionario sul rendiconto 2013), aveva riferito della
perdurante mancata conciliazione di tali posizioni, con rischio di emersione successiva di
passività per il bilancio del Comune.
Relativamente a questo argomento, la memoria del 26 aprile 2016 ha fatto presente che, in
fase di predisposizione del piano di concordato, il Comune e la società partecipata API srl
hanno cercato di conciliare i dati che non trovavano esatta corrispondenza. Tuttavia,
quest’ultima non è stata ancora possibile e le discordanze saranno definite in fase di attuazione
del piano concordatario.
Per quanto concerne, invece, i rapporti debitori e creditori con la società AMA spa, la
memoria precisa essere ancora in corso verifiche e riscontri, non essendo del tutto completata
la procedura di conciliazione.
La memoria non riporta ulteriori ragguagli, in particolare non fornisce elementi per
quantificare l’entità aggiornata delle rilevate discrasie.
Le posizioni creditorie e debitorie intercorrenti con AMA spa
Dalla nota informativa, redatta ai sensi dell’art. 6, comma 4, del decreto-legge n. 95 del
2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012, dal responsabile del servizio finanziario in data
1° aprile 2015, ed asseverata dal collegio dei revisori dei conti, emerge che la principale
differenza nelle posizioni creditorie del Comune verso AMA spa attiene alle somme incassate,
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da quest’ultima, per la tassa sui rifiuti. Infatti, in base alla propria contabilità, la società risulta
debitrice per euro 2.397.845, mentre, in base a quella comunale, l’Ente locale sarebbe
creditore per la minore cifra di euro 1.264.855 (nella nota si precisa che si tratterebbe di una
stima effettuata sulla base delle riscossioni degli anni precedenti). Altre differenze, ancora in
favore del Comune, attengono ad una serie di fatture da ricevere (per complessivi 90 mila euro
circa). Conciliato risulta, invece, il credito comunale, derivante dalla concessione di un
finanziamento soci (pari a euro 1.500.000), di cui si tratterà nel prossimo paragrafo.
Per quanto riguarda i debiti del Comune verso la società, le discrasie sono meno rilevanti. Al
netto dei casi in cui, a fronte di identità di importo nelle due contabilità, la nota informativa
evidenzia la necessità di controllare le prestazioni rese dalla società (al fine di far seguire
all’impegno assunto l’effettiva liquidazione e pagamento delle somme dovute), l’unica
differenza rilevante attiene al “saldo impianti sportivi comunali”, in cui la società AMA spa
espone un credito di circa 10 mila euro, non presente, invece, nella contabilità del Comune (e
la nota evidenzia, altresì, la completa assenza di impegno per tale posta).
Notevoli, invece, sono le passività che potrebbero emergere, a carico del Comune, in caso di
accertamento dell’effettiva sussistenza dei debiti verso la società aventi fonte in fatture ancora
da emettere. La nota espone, infatti, potenziali debiti in capo al Comune per circa 330 mila
euro (in particolare per “saldo raccolta rifiuti 2011”, euro 198 mila; per “migliorie beni di terzi”,
euro 115 mila), quasi integralmente contestati dall’Ente socio (che, per le due posizioni
principali, dichiara di non aver assunto alcun impegno).
Le posizioni creditorie e debitorie intercorrenti con API srl
Per quanto riguarda, invece, la società API srl, il prospetto sui crediti del Comune verso la
società evidenzia una discrasia pari a circa 60 mila euro (3,50 milioni di euro nella contabilità
della società; 3,56 milioni nella contabilità del Comune), che viene dichiarata come dovuta al
rimborso delle utenze (per euro 161 mila) di due immobili conferiti nel 2007 al patrimonio
sociale (siti in via Maggi e via monte Amiata, già citati in sede di esame dell’attivo
concordatario) ed alla mancata iscrizione, da parte dell’Ente socio, del credito derivante dalla
concessione alla società del diritto di superficie su un terreno (euro 100 mila). Anche in questo
caso risulta conciliato, invece, il credito per i due finanziamenti soci concessi (per complessivi 3
milioni di euro), salvo non esporre l’onere per interessi.
La Sezione rileva che il credito del Comune per il rimborso delle utenze delle strutture
conferite alla società nel 2007 (in un secondo momento rispetto alla costituzione, avvenuta nel
2006), pari a circa 190.000 euro (ai citati euro 161.212 vanno sommate posizioni minori per
quasi 30 mila euro) risulta derivare, in base alla nota informativa, dagli esercizi 2007-2011.
Pertanto, è rimasto nella contabilità del Comune per tutto il ridetto arco temporale senza
essere materialmente riscosso (non si desume, dalla nota informativa, se sono stati notificati
eventuali atti di interruzione della prescrizione).
Inoltre, salvo improbabile intervenuto incasso nel corso del 2015 (data l’aggravamento
proprio in quell’esercizio della situazione finanziaria della società), né tali crediti (pari a euro
190.000) né quello riferito alla concessione, da parte del Comune, di un diritto di superficie su
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un terreno (pari a euro 100.000) risultano inseriti fra i “debiti verso soci” del passivo
concordatario (esaminato nel precedente paragrafo). Quest’ultimo espone, infatti, solo il debito
(e relativi interessi) per il finanziamento concesso fra il 2006 e il 2010 (peraltro postergato,
come da codice civile, rispetto al soddisfacimento degli altri creditori sociali).
Anche per il potenziale danno alle casse comunali derivante dalla probabile mancata
riscossione di tali crediti, la Sezione ritiene opportuna una specifica segnalazione alla Procura
regionale della Corte dei conti. Per quanto riguarda, invece, la genesi e le cause della mancata
riscossione del finanziamento socio concesso dal Comune alla società, pari a complessivi 3,17
milioni di euro (3 milioni di parte capitale, oltre 117 mila euro di interessi), fonte anch’essa di
potenziale responsabilità per danno erariale, si rinvia a quanto esposto nel precedente
paragrafo sulla situazione economico-patrimoniale della società al 31 dicembre 2015 (nonché
alle deliberazioni della Sezione n. 408/2012/PRSE e n. 234/2014/PRSE).
Il prospetto relativo ai debiti del Comune verso la società API, meno rilevante dal punto di
vista quantitativo, evidenzia, tuttavia, discrasie percentualmente superiori (euro 137 mila
secondo il Comune; euro 265 mila secondo la società). La differenza principale attiene al
completamento di un programma di recupero urbano (PRU), il cui onere sostanziale, secondo
la nota, è in capo ad ALER Lombardia, e non al Comune.
La Sezione rileva, altresì, che i dati esposti nella nota informativa allegata al rendiconto
consuntivo 2014, attestante le reciproche posizioni creditorie e debitorie intercorrenti con API
srl, sono sensibilmente differenti da quelli riportati nella situazione patrimoniale al 31 dicembre
2015 (prodotta dal Comune in allegato alla memoria del 26 aprile 2016). Tale discrasia è
dovuta sia al diverso momento temporale preso in considerazione, ma anche alla mancata
approvazione del bilancio d’esercizio della società API srl per il 2014 (per le ragioni esposte nel
precedente paragrafo), che rende non pienamente affidabile la situazione debitoria e creditoria
rilevata al 31 dicembre 2014. Nella situazione patrimoniale al 31 dicembre 2015, infatti, i
crediti del Comune verso la società sono esposti per euro 71 mila quali crediti commerciali, per
euro 3,1 milioni per finanziamento soci, per euro 71 mila per rimborso del personale
comandato, per euro 285 mila per ICI/IMU e per euro 177 mila per interessi passivi sul
finanziamento soci. La cifra complessiva non dista molto da quella attestata al 31 dicembre
2014, ma la composizione delle poste appare (finanziamento soci a parte) molto differente.
Anche i crediti della società verso il Comune, attestati a fine 2014 per 265 mila euro,
salgono a 962 mila euro (nella stessa misura sono riportati nell’attivo concordatario).
La conciliazione delle posizioni debitorie e creditorie con le società partecipate
La Sezione regionale di controllo ha avuto modo di occuparsi in più occasioni (cfr.
deliberazioni n. 479/2013/PAR, n. 355/2013/PRSP, n. 156/2014/PAR e n. 426/2015/QMIG)
dell’obbligo di riconciliazione dei debiti e dei crediti intercorrenti fra ente locale e società
partecipate (oggetto dello specifico onere di evidenziazione e attestazione imposto, prima,
dall’art. 6, comma 4, del decreto-legge n. 95 del 2012 e, dopo, dall’art. 11, comma 6, lett. g),
del d.lgs. n. 118 del 2011, di riforma del sistema contabile degli enti locali).
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In linea generale (come evidenziato anche dalla Sezione Sicilia nella deliberazione n.
394/2013/PAR), il predetto obbligo di allineamento contabile mira a rafforzare i principi di
veridicità delle risultanze del bilancio dell’ente locale e, nell’ambito di una corretta attività di
corporate governance, postula quale obiettivo una simmetria delle reciproche poste creditorie e
debitorie tra l’ente e le proprie società partecipate. La corretta rilevazione delle ridette
posizioni mira, infatti, a salvaguardare gli equilibri di bilancio, posto che attenua il rischio di
emersione di passività latenti per l’ente locale, suscettibili di tradursi in un esborso finanziario
(come avviene nel caso di un debito sottostimato nella contabilità dell’ente e sovraesposto in
quello della società partecipata). La predetta operazione di riconciliazione è funzionale, infatti,
come emerge anche dal decreto-legge n. 174 del 2012, convertito dalla legge n. 213 del 2012,
di riforma dei controlli della Corte dei conti, ad anticipare la soglia di tutela del predetto bene,
la cui protezione è stata rafforzata dalla legge costituzionale n. 1 del 2012. In tale ottica, in
virtù del novellato art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000, le Sezioni regionali sono tenute ad
accertare che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società
controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici e di servizi strumentali.
La verifica della conciliazione delle posizioni debitorie e creditorie costituisce uno degli
elementi alla base dell’attività di controllo sulle società partecipate (cfr. art. 147-quater del
d.lgs. n. 267 del 2000), ai cui fini l’ente deve organizzare un idoneo sistema informativo
finalizzato a rilevare, da un lato, i rapporti finanziari con le società (che, a fine esercizio,
determinano i crediti ed i debiti reciprocamente iscritti nelle rispettive contabilità) e, dall’altro,
il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica (di cui l’abrogato art. 6, comma 4,
del decreto-legge n. 95 del 2012, come l’art. 11, comma 6, lett. g), del d.lgs. n. 118 del 2011
costituiscono espressione). Sotto quest’ultimo aspetto va sottolineato come il legislatore, pur
avendo imposto l’implementazione di uno specifico sistema di controllo sulle società
partecipate solo agli enti aventi popolazione superiore ai 15.000 abitanti (art. 147-quater,
comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000), ha comunque prescritto che il controllo interno sugli
equilibri finanziari (disciplinato dal successivo art. 147-quinquies) implichi, per tutti gli enti
locali (anche di ridotte dimensioni demografiche), la valutazione degli effetti che si
determinano per il bilancio finanziario dell'ente in relazione all'andamento economico-
finanziario degli organismi gestionali esterni (adempimento che presuppone di avere contezza,
e certezza, dei debiti e dei crediti iscritti nelle rispettive contabilità). Una corretta conciliazione
tra i reciproci appostamenti contabili di debiti e crediti, inoltre, ha una valenza preparatoria
rispetto alle prossime operazioni di consolidamento dei bilanci (da effettuare dall’esercizio
2016, in virtù dell’art. 11-bis del d.lgs. n. 118 del 2011), in quanto è funzionale all’operazione
di elisione dei rapporti infragruppo. La corretta procedura di eliminazione di tali poste
presuppone, infatti, la certezza delle reciproche partite debitorie e creditorie (si rinvia al
Principio contabile applicato sul bilancio consolidato, Allegato n. 4/4 al d.lgs. n. 118 del 2011).
Per ulteriori aspetti interpretativi e applicativi si rinvia alla deliberazione della Sezione delle
autonomie della Corte dei conti n. 2/SEZAUT/2016/QMIG del 20 gennaio 2016.
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Il procedimento per la corretta assunzione di obbligazioni
Sul punto, alla luce di quanto attestato nella nota informativa del 2 aprile 2015 (in cui per
alcuni crediti vantati, al 31 dicembre 2014, dalle società AMA spa e API srl non risultano
assunti impegni), appare necessario sottolineare come, in virtù dell’art. 191, comma 1, del
d.lgs. n. 267 del 2000, gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno
contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l'attestazione della
copertura finanziaria. Nel caso di spese riguardanti somministrazioni, forniture, appalti e
prestazioni professionali, inoltre, il responsabile del procedimento di spesa deve comunicare al
destinatario le informazioni relative all'impegno. La comunicazione dell'avvenuto impegno e
della relativa copertura finanziaria va effettuata contestualmente all'ordinazione della
prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi
della suddetta comunicazione. Il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha
facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i riferiti dati non gli vengano comunicati.
La particolare forza precettiva di tale disciplina, che non si limita a regolare il
comportamento interno all’amministrazione, ma estende i propri effetti anche sul rapporto
contrattuale eventualmente sorto in maniera non conforme a norma, appare evidente nel
successivo comma 4. Quest’ultima norma contiene, infatti, una specifica sanzione, di stampo
civilistico, per le ipotesi di violazione dei precetti posti dal comma 1 dell’art. 191 del d.lgs. n.
267 del 2000. Infatti, nel caso in cui vi sia stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione
dell'obbligo indicato nel comma 1, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della
controprestazione, e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera
e) del medesimo d.lgs. n. 267 del 2000, solo tra il privato fornitore e l'amministratore,
funzionario o dipendente, che hanno consentito la fornitura (per le esecuzioni reiterate o
continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni).
Pertanto, in virtù di tale specifica sanzione, i contratti stipulati dal dipendente o
amministratore che agisce per conto di un ente locale non producono effetti civilistici a carico
di quest’ultimo se non viene rispettata la procedura, di stampo amministrativo-contabile,
prevista dal comma 1 dell’art. 191 del TUEL. Si tratta di una normativa di protezione delle
finanze locali, che, a maggior ragione, deve valere nell’ipotesi in cui lavori, forniture e servizi
siano ordinati a terzi da parte di un soggetto privo di legittimazione ad operare per conto
dell’ente locale (nel caso di specie, una società partecipata di secondo livello).
Tale interpretazione è fatta propria, come noto, anche dalla Corte di Cassazione, per
esempio, nella sentenza n. 14785 del 4 settembre 2012 (alle cui motivazioni e conclusioni può
farsi rinvio). Inoltre, anche la recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 10798 del
14 aprile 2015, che si è pronunciata in linea generale circa i presupposti dell’azione di indebito
arricchimento verso la pubblica amministrazione, anche locale, ha confermato l’orientamento
sopra esposto, chiarendo in maniera esplicita come, nella fattispecie sottoposta ad esame nel
caso specifico, non fosse applicabile solo ratione temporis (si trattava di lavori espletati nel
1986) l’art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989, convertito dalla legge n. 144 del 1989, i cui
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contenuti precettivi (sopra esposti), transitando per il d.lgs. n. 77 del 1995, sono poi confluiti
nell’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000.
III. I rapporti finanziari con la società AMA spa
Il questionario sui rendiconti consuntivi del Comune per gli esercizi 2013 e 2014 ha
evidenziato la presenza di attribuzioni finanziarie effettuate a favore della società AMA spa,
aventi titolo, in base a quanto comunicato nella risposta istruttoria del 20 luglio 2015,
nell’erogazione di un’anticipazione di cassa avvenuta nel corso dell’esercizio 2014, in seguito
prorogata al giugno 2015. Il presidente del Collegio dei revisori dei conti, nella ridetta risposta
istruttoria, ha confermato che, nel 2014, con delibera di Giunta comunale n. 113 del 21
maggio, il Comune ha concesso un’anticipazione di cassa alla società, pari a 1,5 milioni di euro.
La delibera di Giunta è stata successivamente ratificata dal Consiglio comunale con
deliberazione n. 19 del 9 luglio 2014. In proposito, va subito rilevato che, medio tempore, si
sono tenute le elezioni amministrative del 25 giugno 2014. In sostanza, l’atto di giunta è stato
ratificato da un consiglio comunale differente da quello in carica al momento dell’adozione.
L’art. 42 del d.lgs. n. 267 del 2000 non elenca espressamente, fra le competenze del
consiglio comunale, quella relativa alla concessione di finanziamenti a terzi, mentre prevede
sia quella in materia di bilanci e relative variazioni (lett. b), che quella in materia di
contrazione di mutui e altre forme di indebitamento (lett. h). Tuttavia, già per il solo fatto che
la concessione di anticipazione comportava, nel caso di specie, una variazione del bilancio di
previsione, si tratta di atto che avrebbe dovuto essere approvato dal consiglio comunale. Va
ricordato, inoltre, che l’art. 207 del d.lgs. n. 267 2000 attribuisce al consiglio (e non alla
giunta) la decisione di prestare garanzie fideiussorie a favore di terzi (e di società partecipate,
in particolare). Pertanto, se la mera prestazione di una garanzia necessità della decisione
dell’organo rappresentativo sovrano, il medesimo principio deve valere per la concessione di un
finanziamento.
La stessa delibera di Giunta n. 113/2014 non appare redatta in maniera trasparente. Infatti,
dopo aver esposto nel corpo motivazionale le ragioni per le quali si rende necessaria
l’erogazione di un’anticipazione di cassa alla società AMA spa, nel dispositivo non si fa alcuna
menzione della concessione del finanziamento (né, tantomeno, dei capitoli di bilancio utilizzati
e della relativa copertura finanziaria).
Tale prestito, in base a quanto riportato nella delibera di Giunta n. 113/2014 (sempre nelle
motivazioni, non nel dispositivo), doveva essere restituito entro la fine di settembre dello
stesso anno. Tuttavia, in seguito, con la deliberazione di Giunta n. 206 del 11 dicembre 2014
(“Proroga dell’anticipazione di cassa concessa alla società AMA srl”), alla luce della protratta
mancata riscossione da parte della società AMA spa di crediti vantati verso terzi (per 2,5
milioni di euro), il Comune ne differisce la restituzione al mese di giugno 2015 (con
applicazione di un tasso attivo pari all’interesse legale e facoltà di richiedere anticipatamente la
somma in caso di carenza di liquidità).
34
Il Sindaco, nella memoria del 26 aprile 2016, ha precisato che il Comune non ha prorogato
né dilazionato l'anticipazione di cassa concessa alla società AMA spa con la delibera di Giunta
n. 113/2014, la cui restituzione doveva avvenire entro il mese di giugno 2015 (dalle delibere
sopra citate si traggono, invece, come esposto, elementi differenti).
La memoria ha precisato, altresì, che la società AMA spa ha provveduto al rimborso parziale
del prestito, mentre la somma ancora da corrispondere ammonta ad euro 676.476.
L’effettiva integrale riscossione del credito derivante dall’anticipazione concessa sarà
oggetto di analisi in sede di esame del rendiconto consuntivo per il 2015.
I finanziamenti dell’ente locale socio alla società partecipata
Anche tale argomento è stato oggetto di vari pronunciamenti da parte della scrivente
Sezione regionale di controllo. Si rinvia, per esempio, alla deliberazione n. 408/2012/PRSE,
resa proprio in sede di esame del rendiconto consuntivo 2010 del Comune di Rozzano, nel
corso del quale era stato concesso analogo finanziamento socio, del valore di 3 milioni di euro,
alla società API srl (fattispecie i cui successivi sviluppi sono stati già esaminati nel precedente
paragrafo, nonché nella deliberazione n. 234/2012/PRSE).
L’art. 2467 del codice civile disciplina i finanziamenti dei soci di una società a responsabilità
limitata ammettendoli nei casi in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata
dalla società, risulti un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto
oppure una situazione finanziaria per la quale sarebbe ragionevole un conferimento. La norma
distingue i finanziamenti dei soci dagli altri debiti a carico della società, postergando i primi alla
soddisfazione degli altri creditori, ma soprattutto prevede una revocabilità di tipo assoluto dei
rimborsi effettuati ai soci nell’anno che precede il fallimento (l’eventuale prova, da parte di
questi ultimi, di assenza di intento fraudolento, è esclusa).
La ratio della disposizione è sostanzialmente quella di contrastare la diffusa pratica (attuata
in particolar modo in contesti societari caratterizzati da ristrette compagini sociali) di sostituire
i versamenti in conto capitale con erogazioni a titolo di finanziamento, il cui vantaggio è
rappresentato, per i soci, dal fatto che la restituzione di un apporto effettuato a tale titolo è
insita nel contratto stesso (che crea un debito per la società).
I finanziamenti dei soci, tuttavia, vengono sostanzialmente avvicinati, dal codice civile, agli
apporti effettuati a titolo di conferimento o a fondo perduto, posto che, anche per essi,
vengano stabilite limitazioni alla restituzione. La norma codicistica si pone nel filone delle
disposizioni volte a contrastare la cosiddetta sottocapitalizzazione delle imprese. L’art. 2647
del codice civile, coordinato con il mantenimento della soglia minima del capitale sociale delle
società a responsabilità limitata a 10.000 euro e l'ampliamento delle forme mediante le quali è
possibile procedere alla relativa sottoscrizione, induce a ritenere che, per il legislatore, al
crescere del fabbisogno finanziario resta preferibile dotare la società di adeguate risorse
proprie, piuttosto che ricorrere all'apporto nella forma della concessione di finanziamenti.
Tale regola si applica, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2497-quinquies cod. civ., nei
casi di società soggette all’altrui direzione e coordinamento, anche ai finanziamenti effettuati a
favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti (cd.
35
“capogruppo”), indipendentemente dal tipo societario adottato. Trattasi di situazione che
ricorre, in virtù della presunzione posta dall’art. 2497-sexies, nel rapporto fra un ente locale e
la propria società interamente partecipata, in particolare se soggetta al c.d. controllo analogo
legittimante l’affidamento diretto di appalti e concessioni.
Per quanto riguarda genericamente le società per azioni, un primo orientamento, muovendo
dal dato normativo precedentemente illustrato, evidenzia che laddove il legislatore ha inteso
estendere l’ambito di operatività della norma in favore di qualsiasi tipo di società, vi ha
provveduto in maniera espressa (come dimostrato dalla disposizione dell’art. 2497-quinquies
cod. civ.). L’art. 2467 c.c. costituirebbe, dunque, una disposizione eccezionale in materia di
soddisfacimento dei creditori, non applicabile, in via analogica, nei confronti dei soci di spa.
In base ad un secondo orientamento, la postergazione costituirebbe, al contrario, un
principio generale di corretto funzionamento dell’impresa, il quale dovrebbe operare anche con
riferimento alle società per azioni se, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, il socio
finanziatore non può essere considerato un mero investitore, ma riveste una posizione assai
influente all’interno della società partecipata, che gli consente di condizionarne la politica
gestionale. Quest’ultimo orientamento ha trovato conferma in una recente pronuncia dei
giudici di legittimità (Cass., sez. I, 7 luglio 2015, n. 14056; seguita da Trib. Milano 28 luglio
2015), in cui è stato chiarito che la questione dell’applicabilità dell’art. 2467 cod. civ. alle
società per azioni non può essere risolta ponendo come riferimento astratti modelli di società,
poiché ad essi possono corrispondere realtà economiche molto diverse. È necessario, pertanto,
prendere in considerazione e valutare, in concreto, la conformazione effettiva di ciascuna
specifica compagine sociale. Conseguentemente, l’art. 2467 cod. civ. si applica anche ai
finanziamenti effettuati dai soci a favore di spa di modeste dimensioni o comunque con
compagine sociale ristretta (c.d. “chiuse”). Pertanto, è compito dell’interprete verificare, in
riferimento al caso concreto, se l’assetto dei rapporti sociali sia idoneo a giustificare
l'applicazione della regola della postergazione.
Sul piano delle regole di finanza pubblica, va tenuto presente, altresì, che, a differenza
dell’apporto in conto capitale, per l’ente locale la scelta fra l’effettuazione di un conferimento e
l’erogazione di un prestito impatta(va) anche sul conseguimento degli obiettivi posti dal Patto
di stabilità interno. Mentre le spese derivanti dalla concessione di crediti (così come le
correlative entrate) non sono rilevanti ai fini “patto”, quelle sostenute per effettuare eventuali
conferimenti (nella forma, di solito, dell’aumento di capitale) invece lo sono (cfr. art. 32,
comma 4, legge n. 183 del 2011).
Dal 2016, tale distinzione viene meno, posto che il nuovo “saldo di finanza pubblica”,
disciplinato dall’art. 1, commi 709 e seguenti, della legge n. 208 del 2015, prevede che gli enti
locali devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e
le spese finali (come eventualmente modificato ai sensi dei commi 728, 730, 731 e 732) e che,
a tali fini, le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio
previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili
ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio (limitatamente all'anno 2016, è considerato
36
anche il fondo pluriennale vincolato, al netto della quota riveniente dal ricorso
all'indebitamento). Il legislatore ha, pertanto, inserito, fra le entrate e le spese rilevanti ai fini
del nuovo saldo di finanza pubblica anche le “entrate da riduzione di attività finanziarie” (titolo
5), al cui interno sono comprese le tipologie 200 e 300, afferenti alla riscossione dei crediti a
breve e a medio-lungo termine. Allo stesso, fra le uscite finali sono comprese le “spese per
incremento di attività finanziarie” (titolo 3), al cui interno sono comprese le tipologie 302 e
303, relative alla concessione di finanziamenti a breve e a medio-lungo termine.
Di conseguenza, per l’ente locale non è (era) indifferente deliberare un aumento di capitale
piuttosto che un finanziamento, incidendo il primo sugli obiettivi posti dal Patto di stabilità (con
le conseguenti sanzioni, previste dalla legge, in caso di inadempimento).
Nel caso in cui, peraltro, l’opzione ricada, ricorrendo i presupposti previsti dall’art. 2647 del
codice civile (valevoli, come visto, anche per le spa con unico socio o, comunque, “chiuse”,
quali possono ritenersi le società pubbliche unipersonali affidatarie dirette di servizi), per
l’erogazione di un finanziamento, quest’ultimo deve essere trattato in maniera conforme alla
causa economica di attribuzione. Per esempio, non appare nella disponibilità degli
amministratori la possibilità di pattuire l’assenza di interessi (come possibile, invece, nella
prassi fra soci privati). Questi ultimi, inoltre, devono essere congrui al rischio che l’ente locale
assume e rispettare i parametri di mercato. Anche perché il socio, una volta concesso il
finanziamento, è posto in una posizione deteriore rispetto agli altri creditori (postergato ed
esposto al rischio di revoca del rimborso se la società fallisce entro un anno, cfr. art. 2647).
La mancata riscossione di crediti da società partecipate
Premesso quanto esposto, va ricordato, altresì, che la mancata esazione di crediti scaduti
costituisce un flusso finanziario, indiretto, che l’ente locale concede alla propria società
partecipata, elemento che produce, altresì, una non trasparente evidenza della situazione
finanziaria in cui versa la società (si rinvia, per maggiori dettagli, alle deliberazioni n.
272/2012/PRSE e n. 308/2012/PRSE, nonché a SRC Liguria, deliberazione n. 72/2015/PRSE).
Tale comportamento gestorio potrebbe integrare, nella ricorrenza dei relativi presupposti,
anche una modalità elusiva del precetto di finanza pubblica dettato dall’art. 6, comma 19, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che limita
il “soccorso finanziario” dell’ente locale verso le proprie società partecipate. La novella
normativa, a prescindere dalla ricorrenza concreta dei presupposti (che produrrebbe un divieto
di concessione, con le relative responsabilità) esprime un principio generale di trasparenza nei
rapporti finanziari fra ente socio e società, e di divieto di sovvenzionamento del primo nei
confronti della seconda. La mancata riscossione di un credito da parte dell’ente socio (nel caso
che sarà esaminato nel successivo paragrafo, anche tributario), in disparte gli eventuali
potenziali profili di responsabilità amministrativo-contabile, costituisce, infatti, una forma
indiretta, non trasparente, di finanziamento (si rinvia, per ulteriori profili di analisi, a SRC
Lombardia, deliberazioni n. 35/2014/PRSP e n. 435/2012/PRSE).
Inoltre, la mancata escussione del credito, anche in assenza di una rinuncia del sottostante
diritto, in presenza degli ulteriori presupposti normativi, può produrre responsabilità
37
amministrativa (come statuito, per esempio, dalla Sezione giurisdizionale per la Toscana nella
sentenza n. 2/2016).
IV. L’adempimento degli obblighi tributari da parte della società API srl
Il questionario sul rendiconto consuntivo 2013 ha evidenziato la necessità di approfondire
l’effettivo pagamento, da parte della società API srl, dei tributi comunali (per esempio,
ICI/IMU), alla luce di quanto comunicato nella risposta istruttoria del 20 luglio 2015, dalla
quale è emersa l’emissione, nel corso del 2015, di avvisi di accertamento ICI, nei confronti
della società, per gli anni di imposta 2010 (per euro 30.663) e 2011 (per euro 60.615). La
predetta risposta non ha fornito ragguagli circa i successivi anni 2012, 2013 e 2014.
La memoria comunale del 26 aprile 2016 ha riferito che gli avvisi di accertamento ICI
emessi nel corso del 2015, per gli anni di imposta 2010 e 2011, non sono stati ancora pagati
per effetto dell'ammissione della società API srl alla procedura di concordato preventivo, che
blocca le azioni esecutive. Il Sindaco ha precisato, altresì, che, in data 18 e 19 febbraio 2016,
l'Amministrazione ha emesso gli avvisi di accertamento IMU degli anni 2012-2015, per un
importo complessivo di euro 491.258.
La memoria si conclude evidenziando che il credito derivante da tali accertamenti, anch’esso
non riscosso, unitamente a quello derivante dagli atti adottati nel 2015, risulta nel piano
concordatario fra quelli privilegiati.
Il piano di ristrutturazione dei debiti, allegato al ricorso ex art. 161 della legge fallimentare,
riporta, effettivamente, fra i debiti tributari della società API srl per IMU/ICI la cifra di euro
582.343, frutto della somma del valore degli accertamenti emessi dal Comune negli anni 2015
e 2016 (riferiti ai periodi di imposta 2010-2015).
Tenuto conto che il passivo concordatario (come esposto nel pertinente paragrafo) ammonta
a 42,9 milioni di euro (di cui 8,2 di crediti chirogafari) e che l’attivo risulta pari a 23,9 milioni di
euro (e composto in prevalenza da immobilizzazioni e impianti, mentre le disponibilità liquide
non raggiungono i 200 mila euro), i predetti crediti tributari comunali difficilmente troveranno
piena soddisfazione nell’ambito della procedura di concordato preventivo.
In base a quanto riportato nel piano (ed esposto nel pertinente paragrafo), la realizzazione
dell’attivo concordatario, pari a 23,9 milioni di euro, dipende, per circa 20 milioni di euro, dalla
vendita di immobili al Comune ed all’altra società partecipata AMA spa, nonché dal (doveroso)
pagamento di debiti sempre da parte di questi ultimi. In sostanza, ammesso che il Comune di
Rozzano riesca a riscuotere i crediti tributari derivanti dal mancato pagamento di ICI e IMU, da
parte di API srl (dal 2010 al 2015), lo farà riprendendosi una (piccola) parte dell’immissione di
liquidità necessaria a monetizzare l’attivo concordatario.
In conclusione, il ritardo con il quale i competenti uffici comunali hanno emesso gli avvisi di
accertamento per il pagamento, da parte della società API srl, dei tributi comunali ICI ed IMU,
rischia di impedirne la riscossione da parte del Comune. Il concreto incasso, ammesso che le
risorse dell’attivo concordatario risultino sufficienti, dipende in gran parte dall’immissione di
risorse da parte del medesimo Comune o dell’altra società interamente partecipata, AMA spa.
38
La Sezione, alla luce delle potenziali responsabilità amministrative esistenti in capo ai
competenti uffici comunali per il mancato tempestivo accertamento delle imposte IMU e ICI
(oltre che delle azioni esecutive, in caso di inadempimento), ritiene di inviare specifica
segnalazione alla competente Procura regionale della Corte dei conti.
V. Contenimento delle spese di funzionamento
Il questionario redatto dal collegio dei revisori del Comune in relazione ai rendiconti degli
anni 2013 e 2104 (cfr. tabelle 1.15.2 e seguenti) ha evidenziato il mancato conseguimento, in
entrambi gli esercizi, dell’obiettivo di riduzione complessiva dei costi di funzionamento, posto
dall’art. 6, commi da 7 a 10, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122
del 2010, dall’art. art. 1, comma 141, della legge n. 228 del 2012 e dall’art. 5, comma 2, del
decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012.
Il questionario per il 2014 riporta, infatti, spese complessive per euro 74.009, a fronte di un
obiettivo di euro 56.624. Allo stesso modo, il questionario per il 2013 espone spese
complessive per euro 72.438, a fronte di un obiettivo di euro 68.843.
La memoria comunale del 26 aprile 2016 ha fatto presente che il superamento del limite,
come si evince dai questionario sui consuntivi 2013 e 2014, è dovuto alle spese di
manutenzione per le autovetture utilizzate per i servizi di tutela dell'ordine e della sicurezza
pubblica e per quelli sociali e sanitari volti a garantire livelli essenziali di assistenza. Per tali
fattispecie, ritiene il Comune, è prevista l'esclusione dai vincoli di spesa, come stabilito dall'art.
15, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito dalla legge n. 89 del 2014.
La norma indicata non appare tuttavia applicabile, ratione temporis, alle spese sostenute
nell’esercizio 2013 e solo in parte a quelle impegnate nel 2014, considerato che sia il nuovo
limite di finanza pubblica posto alle spese per autovetture (30 per cento di quanto sostenuto
nell'anno 2011) che le eccezioni prospettate dal Comune (servizi istituzionali di tutela
dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli
essenziali di assistenza) trovano applicazione “a decorrere dal 1° maggio 2014”. La norma
vigente fino al 30 aprile 2014 (l’art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito
dalla legge n. 135 del 2012) prescriveva una limitazione della spesa per autovetture entro il
50% di quella sostenuta (da intendersi, impegnata) nel 2011, senza prevedere le eccezioni
prospettate dal Comune. La Sezione prende atto, tuttavia, della ridotta dimensione dello
sforamento finanziario nel 2013 (pari a soli 4.000 euro), che, ove motivato, come evidenziato
dal Comune, dall’esigenza di erogare servizi ritenuti (anche se successivamente) meritevoli di
deroga da parte del legislatore, può far ritenere giustificato il mancato conseguimento
dell’obiettivo.
VI. Riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi
Il collegio dei revisori dei conti non ha allegato al questionario sul rendiconto consuntivo
2014, inviato mediante il sistema SIQUEL, le delibere di Giunta n. 46 del 29 aprile 2015 e n.
39
57 del 14 maggio 2015, di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi al 1°
dicembre 2015, effettuato ai sensi dell’art. 3, commi 7 e seguenti, del d.lgs. n. 118 del 2011.
Il Sindaco ha prodotto, unitamente alla memoria del 26 aprile 2016, le delibere di Giunta in
questione, non accluse al questionario del collegio dei revisori per mero errore materiale.
Nella delibera n. 46/2015 viene correttamente premesso che il riaccertamento straordinario
dei residui, prescritto dall'art. 3 comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011, è l'attività diretta ad
adeguare lo stock dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2014 alla nuova configurazione del
principio contabile della competenza finanziaria c.d. potenziata.
A conclusione del processo di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, la
ridetta delibera di Giunta evidenzia:
a) un totale di residui attivi reimputati ad esercizi successivi pari a euro 2.776.276, di cui
euro 942.560 per la parte corrente ed euro 1.833.716 per il conto capitale;
b) un totale di residui passivi reimputati di euro 2.708.007, di cui euro 1.621.603 di parte
corrente ed euro 1.086.403 in conto capitale;
c) un totale di residui attivi eliminati di euro 3.010.804;
d) un totale di residui passivi eliminati di euro 691.773.
La delibera, inoltre, provvede ad iscrivere nel fondo crediti di dubbia esigibilità il residuo
attivo di euro 3.000.000, discendente dalla più volte citata concessione di un finanziamento
alla società partecipata API srl.
La Sezione non esprime, in questa sede, alcun giudizio sull’operazione di riaccertamento,
non avendo il Comune inviato gli allegati indicati nella deliberazione di Giunta n. 46/2015.
Quest’ultima, infatti, fa riferimento agli allegati A (elenco dei residui attivi reimputati), B
(elenco dei residui passivi reimputati), C (elenco dei residui attivi eliminati), D (elenco dei
residui passivi eliminati), E (parere del collegio dei revisori dei conti), F (determinazione del
fondo pluriennale vincolato) e G (risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015).
Solo questi ultimi due allegati sono contenuti nella successiva delibera di Giunta n. 57/2014,
con la quale il Comune ha rivisto i valori del fondo pluriennale vincolato e del risultato
d’amministrazione al 1° gennaio 2015. Quest’ultimo, in particolare, in conseguenza
dell’operazione di adeguamento ai principi della contabilità finanziaria potenziata, passa da
euro 19.253.658 al 31 dicembre 2014 ad euro 16.866.357 al 1° dicembre 2015. Tuttavia, dopo
aver applicato le quote accantonate (fondo crediti di dubbia esigibilità) e quelle vincolate (in
particolare ad investimenti), la parte disponibile dell’avanzo si riduce a euro 737.936,
rimanendo comunque positiva. Il Comune, pertanto, non ha avuto la necessità di adottare le
misure di ripiano degli eventuali disavanzi generati dall’operazione di riaccertamento
straordinario (cfr. art. 3, commi 15 e 16, del d.lgs. n. 118 del 2011 e DM 2 aprile 2015).
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia
accerta
sulla base dell’esame delle relazioni inviate dal collegio dei revisori dei conti del Comune di
Rozzano, in relazione ai rendiconti 2013 e 2014, e della successiva attività istruttoria:
40
1) le protratte perdite d’esercizio registrate dalla società, interamente partecipata, API srl,
determinanti, nel 2015, l’insolvenza della società e l’avvio della procedura del concordato
preventivo;
2) la permanenza in carica, dal 2009, del collegio sindacale della società API srl, senza alcun
ulteriore deliberazione assembleare societaria di nomina;
3) la destinazione del mutuo ipotecario contratto dalla società API srl in data 3 febbraio 2010
anche all’estinzione di finanziamenti pregressi e di debiti di natura corrente;
4) la stipulazione del mutuo ipotecario di cui al punto precedente e di due contratti di finanza
derivata, accessori a quest’ultimo, in assenza del previo esperimento di una procedura di gara;
5) il protratto ricorso, nell’arco temporale 2007-2015, da parte della società API srl ad
un’apertura di credito, destinata alle ordinarie esigenze di liquidità;
6) il mancato tempestivo versamento, sin dall’esercizio 2009, da parte della società API srl,
delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali, con generazione di una cospicua mole di
debiti fiscali e previdenziali confluita nella proposta di concordato;
7) la mancata esplicitazione nelle note integrative dei bilanci societari di alcuni rilevanti dati
economici e patrimoniali (contratti di finanza derivata e relativi interessi passivi; informazione
sulle operazioni con parti correlate; motivazioni dell’incremento di alcune voci di costo, in
particolare con soggetti o società aventi relazioni personali o professionali con API srl);
8) l’utilizzo, da parte della società API srl, nell’esercizio 2011, dell’intero ammontare del
canone per la concessione della rete gas, corrisposto anticipatamente dalla società
aggiudicataria della relativa gara per i successivi dodici anni (e susseguente debito verso la
società subentrante, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione nel 2014);
9) la presenza di discrasie, non ancora conciliate, nella nota informativa allegata al rendiconto
consuntivo 2014 del Comune, attestante i crediti ed i debiti esistenti tra l'Ente socio e le
società partecipate API srl ed AMA spa;
10) la mancata riscossione, neppure parziale, del finanziamento soci, pari a 3 milioni di euro,
concesso dal Comune alla società partecipata API srl fra il 2006 e il 2010;
11) la ritardata emissione (nel 2015 e 2016), da parte dei competenti uffici comunali, degli
accertamenti per il pagamento, da parte della società API srl per gli immobili di sua proprietà,
delle imposte ICI e IMU relative agli anni 2010-2015
invita
l’Amministrazione comunale di Rozzano a:
1) proseguire l’azione di accertamento della reale sussistenza, e corretta quantificazione, delle
posizioni debitorie e creditorie verso terzi della società API srl, avviata dal liquidatore con il
piano di ristrutturazione dei debiti della procedura di concordato preventivo;
2) motivare adeguatamente, anche in relazione alla disciplina legislativa limitante l’acquisto da
parte di enti pubblici, la decisione di acquistare eventuali immobili del patrimonio sociale della
società, interamente partecipata, API srl, facenti parte dell’attivo concordatario;
41
3) autorizzare la società interamente partecipata AMA spa ad acquistare immobili della società
API srl, facenti parte dell’attivo concordatario, in presenza di accertata finalizzazione al
soddisfacimento dei servizi erogati dalla medesima società;
4) proseguire le azioni atte a permettere la conciliazione dei rapporti creditori e debitori con le
società partecipate AMA spa e API srl;
5) adottare le opportune iniziative tese a garantire la riscossione dei crediti vantati verso le
società partecipate, sia aventi titolo in finanziamento soci che nel contratto di servizio, che,
infine, in specifici obblighi tributari
dispone la pubblicazione della presente pronuncia di accertamento, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 33
del 2013, sul sito internet del Comune, nonché la trasmissione
1) al Sindaco del Comune di Rozzano, al Presidente del Consiglio comunale ed al Collegio dei
revisori dei conti;
2) alla Procura regionale della Corte dei conti ai fini dell’eventuale avvio di un giudizio di
responsabilità amministrativa in relazione alle ipotesi di danno prospettate alle pagine 6, 8, 17,
22, 23, 25, 26, 30, e 38 della presente pronuncia di accertamento.
Il magistrato relatore Il Presidente
(dott. Donato Centrone) (dott.ssa Simonetta Rosa)
Depositata in segreteria
11 AGOSTO 2016
Il Direttore della segreteria
(dott.ssa Daniela Parisini)