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COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione(Piero Calamandrei, Capogruppo all'Assemblea Costituente del Partito d'Azione Discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria, Milano, 26 gennaio 1955)

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COSTITUZIONE

DELLA REPUBBLICA ITALIANA

“ Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione,

andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono

imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per

riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la

nostra Costituzione”

(Piero Calamandrei, Capogruppo all'Assemblea Costituente del Partito d'Azione “Discorso ai giovani tenuto alla

Società Umanitaria”, Milano, 26 gennaio 1955)

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La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato, fondativa della Repubblica italiana, che contiene i principi cardine su cui è costruita la nostra democrazia. LA FORMA DI STATO REPUBBLICANA VENNE SCELTA DAI CITTADINI NEL REFERENDUM DEL 2 GIUGNO 1946. Dopo i lavori dell’ASSEMBLEA COSTITUENTE, durati fino al dicembre 1947, la Costituzione entrò in vigore il 1 gennaio 1948.

Dopo sei anni dall'inizio della seconda guerra mondiale e venti anni dall'inizio della dittatura, il 2 giugno 1946 si svolsero contemporaneamente il

referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, con la partecipazione dell'89% degli aventi diritto.[7]

Il 54% dei voti (più di 12

milioni) fu per lo stato repubblicano, superando di 2 milioni i voti a favore dei monarchici (che contestarono l'esito[8]

).

L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi, distribuiti in 31 collegi elettorali.

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CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA: - SCRITTA; - RIGIDA: si indica che, in modo semplificato, le sue disposizioni non possono essere integrate, abrogate o riformulate se non attraverso modalità molto lunghe e complesse; - LUNGA: contiene disposizioni in molti settori del vivere civile, non limitandosi a indicare le norme sulle fonti del diritto; - VOTATA: rappresenta un patto tra i componenti del popolo italiano. - DEMOCRATICA: è dato particolare rilievo a sindacati e partiti politici e c'è la partecipazione del popolo.

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Prima della Costituzione attuale vigeva lo Statuto Albertino: carta costituzionale emanata dal re di Sardegna, Carlo Alberto (lo statuto prese il nome da re) il 4 marzo 1848 rimasta in vigore come legge fondamentale del Regno d'Italia fino al 1° gennaio 1948.

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Principio personalista

La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2: esso infatti sancisce che "la Repubblica riconosce e garantisce

i diritti inviolabili dell'uomo". Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato, ma ad esso preesistenti. Tale

interpretazione è riferita alla parola "riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa.[13]

Principio di laicità

Il principio di laicità è stato enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 203 del 1989; in base ad esso l'ordinamento italiano

attribuisce valore e tutela alla religiosità umana come comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza, senza alcuna preferenza per

qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "principio personalista", di cui all'articolo 2 e dal "principio di uguaglianza" (articolo 3). L'articolo 19,

enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, specifica il riconoscimento della libertà

religiosa come diritto inviolabile dell'uomo. Per la mediazione politica dell'Assemblea costituente, per la forte pressione della Chiesa cattolica

attraverso i deputati democristiani, si stabilì, all'articolo 7, che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e

indipendenti; all'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere e che a quelle diverse dalla cattolica veniva riconosciuto lo

stesso regime di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro specifiche esigenze, mediante accordi (le cd. "intese").

Ma anche le formazioni sociali a carattere religioso che non hanno il radicamento sociale vasto e la complessità organizzativa che fa attribuire la

qualifica di "confessione religiosa", godono dell'analoga specifica tutela precisata nell'articolo 20. Questo articolo pone limiti e divieti all'autorità

civile, volti ad impedire discriminazioni ed a garantire piena libertà a ogni forma organizzata della fede ("istituzioni o associazioni, a carattere

ecclesiastico o con fine di religione o di culto. La legislazione repubblicana e l'elaborazione della dottrina del diritto ecclesiastico italiano, stentano

ad adeguare i metodi al nuovo contesto democratico; così risulta ancora dominante la concezione che i diritti degli individui singoli e delle

organizzazioni religiose di qualsiasi tipo e natura, invece di godere di una tutela diretta dalla legge, possono trovare tutela solo attraverso

l'intermediazione di quei soggetti dominanti che vengono chiamati "confessioni religiose" contemplati nell'articolo 8 e selezionati politicamente dai

Governi, perpetuando così il modello del regime dittatoriale dei "diritti riflessi", per cui solo l'appartenenza agli enti riconosciuti dal fascismo

consentiva il godimento dei diritti, attribuiti agli enti e "riflessi" sulle persone che a questi obbedissero.[14]

Principio pluralista

È tipico degli stati democratici. Nella Repubblica è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (articolo 2), degli enti politici

territoriali (articolo 5), delle minoranze linguistiche (articolo 6), delle confessioni religiose (articolo 8), delle associazioni (articolo 18), di idee ed

espressioni (articolo 21), della cultura (articolo 33, comma 1), delle scuole (articolo 33, comma 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura

(articolo 33, comma 6), dei sindacati (articolo 39) e dei partiti politici (articolo 49). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni

intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di

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contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero

di uscirne.

I diritti inviolabili sono riconosciuti all'individuo sia considerato singolarmente sia nelle formazioni sociali adeguate allo sviluppo della personalità e

finalizzate alla tutela degli interessi diffusi (interessi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano in forma associata). Questi gruppi possono assumere

diversi aspetti e tipologie, ugualmente rilevanti e degni di tutela per l'ordinamento: associazioni politiche, sociali, religiose, culturali, familiari.

Principio lavorista

Ci sono riferimenti già agli articolo 188777comma 1 ed all'articolo 4, comma 2. Il lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore

sociale che nobilita l'uomo. Non è solo un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo. Non serve ad identificare una classe. Nello stato

liberale la proprietà aveva più importanza, il lavoro ne aveva meno. I disoccupati, senza colpa, non devono comunque essere discriminati.

Principio democratico

Già gli altri tre principi sono tipici degli stati democratici, ma ci sono anche altri elementi a caratterizzarli: la preponderanza di organi elettivi e

rappresentativi; il principio di maggioranza ma con tutela delle minoranze (anche politiche); processi decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e

aperti a tutti; ma soprattutto il principio di sovranità popolare (articolo 1, comma 2).

Principio di uguaglianza

Come è affermato con chiarezza nell'articolo 3 della costituzione italiana, tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,

di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito dello Stato

rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza e impedisce agli individui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano

economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2). Nello stesso primo comma dedicato all'eguaglianza dinanzi alla legge, la

Costituzione repubblicana richiama la "pari dignità sociale", andando dunque oltre la mera formulazione dell'eguaglianza liberale. Riguardo al

principio di uguaglianza in materia religiosa, l'articolo 8 dichiara che tutte le confessioni religiose, diverse da quella cattolica, sono egualmente

libere davanti alla legge.

Principio solidarista

Vuol dire che lo Stato ha il compito di aiutare le associazioni e le famiglie, attraverso la solidarietà politica, economica e sociale (art. 3 II comma,

art.2). Esso infatti deve rimuovere ogni ostacolo che impedisca la formazione della propria personalità.

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Principio dell'unità e indivisibilità della Repubblica

L'articolo 5 vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal sacro dovere di difendere la patria (sancito dall'articolo 52).

Principio autonomista

Sempre l'articolo 5 che assicura alle collettività territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni) una forte autonomia dallo Stato (con

conseguente attribuzione di poteri normativi e amministrativi propri), grazie alla quale i cittadini sono in grado di partecipare più da vicino e con

maggiore incisività alla vita politica del Paese. Da una prima lettura di questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva vissuto la

tragica esperienza dell'oppressione nazi-fascista e della guerra di liberazione, di prendere le distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal

precedente modello di Stato liberale, le cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l'instaurazione della dittatura. Il tipo d'organizzazione

statale tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per garantire eguali libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di

intervenire attivamente in prima persona nella società e nell'economia. Il principio è rafforzato dall'articolo 57 che prevede l'elezione del Senato su

base regionale.

Principio internazionalista

Come viene sancito dall'articolo 10, l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; ciò comporta

un "rinvio mobile" ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento. Inoltre l'articolo 11 consente, in condizioni di parità con

gli altri stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni.

Principio pacifista

Come viene sancito all'articolo 11, "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione

delle controversie internazionali (ovvero consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio in caso di attacco militare da parte di altri paesi,

ma non con intenti espansionisti) e accetta una limitazione alla propria sovranità nell'intento di promuovere gli organismi internazionali per

assicurare il mantenimento della pace e della giustizia fra le Nazioni".

Si intende comunemente che questa seconda parte consenta all'Italia di partecipare ad una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state

instaurate alleanze (ad esempio in caso di attacco armato ad un paese membro della NATO), e di ospitare truppe straniere sul proprio territorio. Allo

stato di guerra si ricollegano poi particolari eccezioni, come ad esempio l'art 27, che prevedeva la pena di morte in Italia in base al codice penale

militare di guerra (ora ergastolo),l'art 60, proroga la vigenza di ciascuna camera, in caso di guerra. L'art 78, in cui le camere decretano lo stato di

guerra, l'art 87, in cui è il Presidente della Repubblica a dichiarare lo stato di guerra, l'art 103, sulla giurisdizione dei tribunali militari in tempo di

guerra e l'art 111, in cui non viene ammesso ricorso per cassazione su sentenze emesse dai tribunali militari di guerra.[senza fonte]

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