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134 5 Costruzioni complesse: infrastrutture, salute, attrezzature Rievocando lo slancio di Robert Venturi, tra i primi contemporanei a ridefinire la complessità, oggi si presentano per la ricerca nel campo dell’architettura e dell’ingegneria delle costruzioni nuove sfide af- fascinanti. 1 « L’architettura è inevitabilmente complessa e contraddittoria, nella misura in cui essa include i tradizionali criteri vitruviani di firmitas, utilitas, venustas ; oggi le esigenze di programma, struttura, impianti tecnici ed espressione sono differenti ed entrano in contrasto in modo imprevedibile persino in edifici singoli posti in contesti semplici; l’ampliarsi della scala e della dimensione degli interventi architettonici nella pianificazione urbana e territoriale aumenta le difficoltà. Accetto i problemi e sfrutto le incertezze; accogliendo sia la contraddizione che la complessità, punto sia sulla vitalità che sulla validità» . 2 1. Così dalla declaratoria costitutiva della linea di ricerca: « Il progetto per le ‘costruzioni complesse’ riguarda opere caratterizzate da attività e funzioni per lo sviluppo di una socie- tà in continua trasformazione. Tali manufatti si intendono ‘complessi’ e ‘strategici’ per il particolare ruolo che svolgono sia nello sviluppo della società integrata, sia per le partico- lari eccezionalità spaziali e funzionali che impongono sintesi e soluzioni innovative per le concezioni distributive, costruttive, materiali, strutturali, impiantistiche, igienico-sanitarie, gestionali, ecc2. R. Venturi, Complessità e contraddizioni nell’architettura, 1966, trad. it., Dedalo, Bari 1980, pp. 16. 05-20161123.indd 2 29/11/16 12.52

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5 Costruzioni complesse: infrastrutture, salute, attrezzature

Rievocando lo slancio di Robert Venturi, tra i primi contemporanei a ridefinire la complessità, oggi si presentano per la ricerca nel campo dell’architettura e dell’ingegneria delle costruzioni nuove sfide af-fascinanti.1

«L’architettura è inevitabilmente complessa e contraddittoria, nella misura in cui essa include i tradizionali criteri vitruviani di firmitas, utilitas, venustas; oggi le esigenze di programma, struttura, impianti tecnici ed espressione sono differenti ed entrano in contrasto in modo imprevedibile persino in edifici singoli posti in contesti semplici; l’ampliarsi della scala e della dimensione degli interventi architettonici nella pianificazione urbana e territoriale aumenta le difficoltà. Accetto i problemi e sfrutto le incertezze; accogliendo sia la contraddizione che la complessità, punto sia sulla vitalità che sulla validità».2

1. Così dalla declaratoria costitutiva della linea di ricerca: «Il progetto per le ‘costruzioni complesse’ riguarda opere caratterizzate da attività e funzioni per lo sviluppo di una socie-tà in continua trasformazione. Tali manufatti si intendono ‘complessi’ e ‘strategici’ per il particolare ruolo che svolgono sia nello sviluppo della società integrata, sia per le partico-lari eccezionalità spaziali e funzionali che impongono sintesi e soluzioni innovative per le concezioni distributive, costruttive, materiali, strutturali, impiantistiche, igienico-sanitarie, gestionali, ecc.»2. R. Venturi, Complessità e contraddizioni nell’architettura, 1966, trad. it., Dedalo, Bari 1980, pp. 16.

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In una prospettiva interdisciplinare, architettura e ingegneria possono affrontare una riflessione sui propri ruoli, sulle aspettative reciproche, domandandosi cioè cosa si aspettano le une dalle altre, fino a dove possono lavorare in modo autonomo e a che punto devono incontrarsi nel progetto. La ricerca dei fondamenti sui quali stabilire un terreno comune e necessari per comprendere le condizioni ope-rative attuali, è dunque indispensabile e ritorna inevitabilmente ai caratteri originari dell’arte del costruire.

Riguardare con rinnovato interesse a concetti antichi, ci mette in grado di distinguere l’autenticità di un approccio complesso nel progetto delle costruzioni, per esempio a partire dalla necessità della visione (vision), del colpo d’occhio sulla società (Ledoux) e che consentiva di rappresentare razio-nalmente le funzioni nelle architetture e nella città, o ancora dai principi di solidità, utilità e bellezza, ai quali si aggiungeva la convenienza (Vitruvio), fino agli aspetti più razionali della costruzione, nella scelta dei materiali e nella distribuzione (da Milizia in poi), o ancora nel riconoscimento dei valori di una identità figurativa e di una industria artistica, imprescindibile dall’appartenenza a una cultura e a un contesto moderno (Boito), o al salto di qualità dell’architettura degli ingegneri (Van de Velde) e del valore architettonico delle infrastrutture ferroviarie e degli impianti nel paesaggio della città moderna (Wagner), via via raffinando le analisi fino alle sofisticate avventure costruttive, strutturali del Razionalismo e delle avanguardie.

Per altro verso, il contesto stesso della città di Milano e delle sue trasformazioni, terreno privilegiato delle ricerche, è paradigmatico. Lo stesso ritornare sui grandi temi urbani irrisolti nel corpo della città, che consentono di racchiudere in sé temi costruttivi strategici, di grande portata funzionale e di inusuali dimensioni strutturali, dimostrano la necessità di insistere su risorse concrete, in attesa, vive e pulsanti nella città, che attendono una via d’uscita, ma che senza un progetto non possono essere comprese, immaginate e risolte.

Prendiamo ad esempio le aree dismesse strategiche della città, scali ferroviari, caserme, aree industriali abbandonate, eccetera, noteremo che su di esse si sono accumulate riflessioni, esperienze e progetti svolti da gruppi di ricerca del Dipartimento in grado di coinvolgere le molte scale della complessità del progetto di architettura e ingegneria.

Allo stesso modo guardiamo all’architettura e ingegneria dei trasporti non solo come risorsa di efficienza dinamica del rapporto tra città e territorio, ma anche nel tema delle stazioni, laddove non smettono di stupire le conquiste spaziali del lavoro combinato di architetti e ingegneri. Questo lo si vede oggi maggiormente nei Paesi con più alto tasso di sviluppo, ma per la vecchia Europa senz’altro è una continua ricerca di un bene comune, l’esatto contrario del non luogo antropologicamente disperso e irriconoscibile.

Così, anche il tema dell’architettura per l’industria e per la produzione oggi vede un nuovo ciclo ingenerato tra dismissione e rigenerazione potenzialmente virtuoso (nelle funzioni e nei temi costruttivi), soprattutto in Italia, in cui è molto stretto il legame tra città e campagna dello stesso concetto di paesaggio. E ancora dentro e oltre allo stesso contesto milanese e lombardo, in modi confrontabili e applicabili ad altri luoghi e città, anche il tema delle architetture per la salute non si sottrae al partecipare

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a questi processi, da sempre, come in una fabbrica continua. Gli ospedali sono un avvicendarsi di rigene-razioni costanti, per via dei progressi tecnici e delle specializzazioni, dove ancora sopravvivono impianti antichi con nuove strutture che richiedono attenzione alle tipologie e all’architettura per fare sì che il luogo della degenza sia uno spazio conosciuto.

Infine le architetture per la cultura, la formazione e lo sport, che come in quelli del sistema ospedaliero godono di uno statuto speciale all’interno della città, di una libertà di impianto e di sforzo costruttivo in forza della loro intrinseca necessità. Pensiamo, per esempio, agli edifici del sistema universitario, con stagioni cicliche di alterna fortuna, ma che oggi ritornano alla ribalta in virtù di un sempre vantato rapporto stretto e operativo con la produzione (per gli istituti tecnologici) o con il ramifi-cato e profondo sistema della cultura (per gli istituti umanistici).

Temi questi di grande attualità, basti pensare all’attuale dibattito sul destino di ricerca e formazione per l’area Expo di Milano (Workshop di progettazione Expo dopo Expo, 2016) o per l’area di Bovisa (con la partecipazione multidisciplinare alla Call for ideas Bovisa 2016), dove fin dagli anni Settanta si iniziava a proporre un sistema di rapporti tra ricerca e formazione tecnologica e produzione che allora non aveva ancora la terminologia attuale dei science park e dei distretti industriali, ma veniva descritto con le conquiste e i termini dell’architettura di sempre e più all’avanguardia disponibili.3

Complessità: la costruzione come architettura integrataSe assumiamo la definizione del termine complesso a partire dalla meccanica classica, come unione di più elementi concorrenti – le macchine semplici lo sono in quanto non scomponibili in macchine più ele-mentari – ne otteniamo una prima interpretazione sostanziale che si adatta alla complessità del progetto come processo, così come alla costruzione come prodotto.

Questa definizione implica la sostituibilità delle singole parti e il loro perfezionamento in un complesso. Se si vuole implica anche la costruzione intesa come macchina (machine-à-habiter), associata così al prodotto industriale per l’impersonalità sottesa alla terminologia. Da questa definizione ne derivano altre non necessariamente dedotte ma piuttosto concomitanti; sia per la relazione fra le parti per ideare e produrre l’edificio come intero integrato sia nella gestione e la vita della costruzione nell’uso, esse si situano tra processo d’ideazione e procedimenti di costruzione.

La complessità di processo rimanda alla produzione del progetto come rappresentazione dell’architettura, la sua natura di macchina di configurazione di una cosa che non c’è ancora. Non più la generale sostanza di cose sperate di Persico, ma più semplicemente la ragionevole e discutibile serie di operazioni concettuali di rappresentazione, che – dall’enunciazione di un programma d’idee e/o funzioni, attraverso diagrammi e dimensionamenti della sua forma, nell’accertamento della sua situazione culturale, fisica e giuridica, nell’identificazione dei suoi limiti e riferimenti – genera un progetto costruibile.

3. G. Canella, con A. Acuto, G. Fiorese, Progetto di Dipartimento tecnologico del Politecnico alla Bovisa, Milano, 1974,

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In questa deduzione s’intravvede il progetto come luogo di una possibile teoria dell’archi-tettura. Una sorta di filosofia della prassi del nostro mestiere, che non imponga una diversa ideologia ma innovi e renda critica l’attività di progettazione esistente, manifestando una complessità che esprima le rela-zioni di parti e fasi del progetto e, al tempo stesso, i nessi che intercorrono fra gli attori della progettazione.

I processi di generazione della forma architettonica, in ragione delle funzioni e dei pa-rametri sommariamente richiamati, fanno riferimento a geometrie di forma complessa; un mondo messo perennemente in tensione dall’incessante susseguirsi delle innovazioni. Si tratta di contraddizioni implicite, conseguenti alla non completa consapevolezza dei processi digitali, alla ricerca di una forma ormai com-pletamente parametrizzabile nella progettazione – razionale nella sua essenza dunque – ed esattamente modellabile in tutti i suoi aspetti ed elementi per la costruzione. Struttura, rivestimento, impianti, eccetera, tutto l’edificio e la sua architettura si confrontano ora volta per volta con geometrie euclidee e non, fluide e solide, in una crisi della tettonica che non è ancora arrivata a formulare pienamente una neo-tettonica, e nella cui identificazione si è smarrita un’attiva ricerca tipologica non dogmatica.

La complessità dell’insieme da produrre e/o del prodotto, nel nostro caso si riflette in primo luogo nell’analogia tra casa e città. Si può cogliere qui come l’immagine delle scale dell’architettura imponga una riflessione sulla complessità di sistema che questa genera nelle sue gamme essenziali. La natura intrinseca di un insediamento come sistema complesso sottostà alle relazioni fra le parti e i contesti richiamati. È elementare cogliere che esse s’influenzano reciprocamente e modificando l’insieme, le loro risposte all’ambiente, se lo preferiamo ai contesti, adattandosi dinamicamente ai mutamenti dei parametri in un comportamento che l’epistemologia della complessità ha chiamato adattivo. Se nel nostro caso la complessità viene fissata nella forma costruita, questa forma deve tener conto di relazioni azione-reazione permanenti. Nel processo di formazione di una configurazione esse sono simili alle modificazioni della crescita fissate nell’assetto portante delle fibre nelle ramificazioni vegetali o nello scheletro degli esseri viventi. Come sistemi successivi all’istaurazione di una forma, senza assimilarsi alla dinamica dei fluidi, gli edifici possono modificarsi in relazioni di natura più sottile, di natura isostatica, energetica, sociale, culturale, rispondendo alle diverse richieste di/a una forma architettonica.4

Complessità: il progetto dal punto di vista dell’architetturaDal punto di vista dell’architettura l’interesse è rivolto ai temi dell’organizzazione degli spazi, come di-stribuzione, come dispositivo comportamentale e dunque alla tipologia, organismo esteso alla dimensione spaziale (perciò costruttiva) e dunque espressiva. Possiamo ritenere che per noi gli albori di questi due

4. G. Barazzetta, Costruzione/Cantiere e Sport in M. Biraghi, A. Ferlenga, a cura di, Architet-tura del Novecento. Teorie, scuole, eventi, Einaudi, Torino 2012, vol. I, pp. 256-265/783-791; G. Barazzetta, a cura di, Digital Takes Command Orizzonti di progettazione e produzione digitale, Design horizons and digital fabrication, con contributi di G. Barazzetta, E. Morteo, S. Converso, L. Caneparo, I. Paoletti, P. Ruttico, A. Saibene, M. Introini, curatela del catalogo e della mostra, Triennale di Milano, 2015, Rubettino, Catanzaro 2015.

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orizzonti, razionale ed espressivo, dai quali inizierà la totale immedesimazione dell’architettura in un regime di moderna complessità, sia da farsi risalire all’origine del Politecnico di Milano, quando nel 1865 Camillo Boito fonda la sezione di Architettura Civile parallela alla scuola di Ingegneria Civile.

Boito, innestando gli studi di architettura dell’Accademia di Brera nel Politecnico, ri-cercava le oramai indispensabili conoscenze tecniche e soprattutto una disciplina razionale aperta alle problematiche della nuova città, nelle funzioni e nei tipi, còlti dalle tematiche dell’ingegneria civile, cercando di fissare i nuovi compiti e una nuova ragione sociale dell’architettura. La complessità di nuovi temi dominanti si affacciava allora (come altri oggi) nel paesaggio della nuova città industriale in cresci-ta: scuole, palazzi pubblici e per uffici, case albergo, ospedali, cimiteri, monumenti e la conservazione del patrimonio monumentale storico. Temi, questi, affrontati sia dal punto di vista dell’organismo, cioè dell’invenzione della sua logica funzionale e distributiva, sia dal punto di vista della costruzione, nella ricerca della verità nell’impiego della materia, onorata nelle sue tecniche vive (pietra, marmo, muratura, ferro), sia dal punto di vista della figurazione, rigenerata negli stilemi romantici municipalisti neome-dievali come caratteri materiali della città italiana. Una linea genealogica proseguita da Gaetano Moretti (allievo di Boito, autore dell’inedita Centrale elettrica di Trezzo d’Adda del 1906) primo preside nel 1934 della Facoltà di Architettura al Politecnico di Milano.

Ma per proseguire in questa ricerca, sulle sfide della complessità nei nuovi temi dominanti dell’architettura pubblica nella città attuale, è stato spesso necessario dover ribadire, anche e soprattutto attraverso un dibattito critico e teorico, lo sforzo dell’azione nel progetto di architettura. La ricostruzione della questione del progetto di architettura e della sua operatività nell’insegnamento al Politecnico, rico-mincia dal crogiuolo della scuola di E.N. Rogers, con la rivista “Casabella-continuità”, parallela alla scuola di Venezia di Giuseppe Samonà, e poi con il comune Gruppo Architettura.

Una tendenza sempre viva nel Politecnico, sostenuta dal lavoro di alcuni maestri (Canella, Rossi, Grassi, Monestiroli, Mantero, Viganò) e arricchita dalle esperienze dirette e indirette di chi ha lavo-rato con quei docenti architetti.5 Queste sono state certamente occasioni di impegno per ricerche, anche operative e applicate, su molteplici fronti (dalle ragioni urbane e sociali a quelle costruttive) tutte con il comune destino dell’approfondimento delle ragioni della composizione, anche con occasioni di riflessioni tutte interne alla stretta materia del lavoro.

Complessità: l’ingegneria dal punto di vista dell’architetturaI rapporti fra Architettura e Costruzione, due termini che talvolta coincidono fino a divenire quasi sinonimi, pongono un problema teorico molto importante al progetto di architettura.

5. Vale la pena di ricordare le stagioni delle due riviste dirette da G. Canella, “Hinterland” (1977-1985), poi “Zodiac” (1989-1999), fino alle ancora vive realtà alle quali concorrono diversi docenti impegnati nel progetto di architettura: la rivista “Ananke” (dal 1993), la rivista “Architettura Civile” (dal 2008), la collana “Teca. Teorie della composizione archi-tettonica” (dal 2007).

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139 Costruzioni complesse

La prima considerazione che si può fare è che ogni Architettura è una Costruzione, un manufatto prodotto dall’uomo, fondato sulla conoscenza delle leggi della natura. Ma le Costruzioni sono sempre Architetture? In altri termini, Architettura e Costruzione coincidono completamente o esiste una distanza tra le due, tale da garantire l’autonomia di entrambe le discipline cui fanno riferimento? Qual è la loro differenza e, soprattutto, di che natura è?

Se è vero che Architettura e Ingegneria sono due discipline distinte, in particolar modo per quel che riguarda la loro finalità, è anche vero che la costruzione fornisce il principio di definizione degli elementi dell’architettura. Ma non è possibile fare coincidere direttamente le forme dell’architettura con le forme dell’ingegneria, assimilando l’una disciplina all’altra, né far derivare le prime – le forme dell’architettura – dalle seconde – le forme della tecnica – pena la perdita di specificità di entrambe, pena il tradimento della finalità espressiva dell’architettura. In questo senso la costruzione diventa strumentale all’architettura: fornisce il mezzo espressivo, pur mantenendo, le forme dell’architettura, una distanza dalle forme della tecnica. Manca, alle forme della tecnica, l’intenzionalità rappresentativa: esiste uno scarto formale fra le due, compreso, in prima istanza, nella necessità di operare una scelta fra i modi della costruzione, in vista del fine espressivo che l’architettura ha il compito di assolvere. Chiameremo questo scarto, questa qualità aggiunta alla forma della tecnica, decorazione. La decorazione discende direttamente da un principio fondamentale della classicità, il principio del decoro: è il principio in base al quale vengono operate le scelte, tutte le scelte, del progetto, e stabilisce che ogni scelta deve essere subordinata a una idea di adeguatezza, di coerenza, di appropriatezza: appropriatezza tra le forme e il senso, o il carattere, se vogliamo dirlo con Boullée, degli edifici. È questo stesso principio che consente, già a partire dalla definizione tipologica, di scegliere il modo della costruzione più adeguato, il principio strutturale più appropriato a rappresentare un carattere: un sistema murario per delimitare, un grande tetto per coprire, un sistema trilitico di pilastri per ritmare, e così via.

Tuttavia il ruolo della costruzione non si esaurisce in un compito puramente strumentale, né è sufficiente operare una scelta fra un sistema costruttivo piuttosto che un altro. La finalità rappresen-tativa di cui si diceva prima comporta un’altra conseguenza: tra la definizione della forma degli elementi della costruzione e quella degli elementi dell’architettura esiste una differenza analoga a quella che esiste fra la cosa e il racconto di una cosa, fra un atto e la sua messa in scena. Questa distanza è misurata pro-priamente dall’intenzionalità rappresentativa.

In questo passaggio i criteri della scelta sono sottomessi a questo intento, a questa precisa finalità: principio strutturale ed elementi della costruzione, strumenti della rappresentazione, vengono scelti, selezionati, esaltati; la loro forma enfatizzata, estremizzata, resa magniloquente, oppure alcuni di essi vengono omessi, nascosti, mascherati. Sempre per assolvere a un compito rappresentativo: attraverso il principio del decoro, di adeguatezza, di corrispondenza delle forme al carattere degli edifici.

La decorazione è il prodotto di questo principio, la qualità aggiunta alle forme della tecnica, la qualità formale propria della rappresentazione. In questo modo la forma degli elementi dell’architettura dà forma ed evidenza a un principio strutturale, lo racconta ed esalta; e, attraverso questo racconto,

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rappresenta poeticamente, come voleva Boullée, il carattere degli edifici, il loro significato proprio, il loro valore più profondo.

Solo attraverso il progetto di architettura e, in modo particolare, in quei progetti dove il problema strutturale è particolarmente evidente, dove le costruzioni sono particolarmente complesse da questo punto di vista, il tema dei rapporti che intercorrono fra Architettura e Costruzione può essere messo alla prova.6

Quale ingegneria dunque per l’architettura? Dal punto di vista della cultura tecnica può essere vera l’affermazione che nel passaggio tra le strutture in ferro del Crystal Palace di Paxton del 1851 e la Galerie des Machines di Contamin e Dutert del 1889, avviene la separazione completa tra il ruolo dell’architetto e il ruolo dell’ingegnere.7 Fino al Crystal Palace ancora resiste un sistema strutturale sem-plice, intuitivo e facilmente calcolabile attraverso principi molto elementari di nodi strutturali ortogonali e controventati. Ma con la grande volta della Galerie des Machines viene introdotto il sistema dell’arco a due e tre cerniere, disegnato grazie agli sviluppi dell’analisi e del calcolo strutturale come conoscenza specifica della meccanica. A questo punto il disegno geometrico che ne deriva è veramente complesso, quasi assurdo figurativamente nel ridurre a zero i punti di appoggio e di giunzione dell’arco. Tuttavia tutto questo è pienamente visibile e ha prodotto una violenta trasformazione espressiva nell’idea di architettura moderna, forse anche inconsapevolmente, in quanto architettura degli ingegneri (secondo la fortunata definizione di Van de Velde). Conquiste tecniche nel calcolo delle grandi strutture, quali l’applicazione della statica grafica e dell’ellissi di elasticità, consentivano (e consentono ancora oggi) una forte espressività rendendo visibili le geometrie degli sforzi.

Naturalmente una tale tradizione costruttiva moderna, fondata sull’ingegneria meccanica, molto espressiva nelle sue forme esiste anche nelle figure di ingegneri strutturisti romantici che hanno reso celebre il Politecnico di Milano, e dei quali l’architettura, oggi come allora, ha estremo bisogno.8 Valga per tutti l’esperienza di ricerca e progettuale di Fabrizio de Miranda.

Complessità: ingegneria delle struttureIl tema degli edifici alti in ingegneria strutturale è senza dubbio esemplare tra le costruzioni complesse più significative sviluppate di recente nel Dipartimento.

6. R. Neri, The Architecture of Buildings, or the Representation, in Architecture, in AA.VV, Nauka, Obrazovanie i Eksperimental’noe Proektirovanie, MARHI, Mosca 2014, pp. 518-521; R. Neri, Fabbrica di turbine AEG, Berlino, di Peter Behrens, in in M. Biraghi, A. Fer-lenga, a cura di, Architettura del Novecento. Opere, progetti, luoghi, Einaudi, Torino 2013, vol. II, pp. 590-595.7. J. Schlaich, Delight in Construction: Platform Halls – Light, Wide, Bright, in Renaissance of Railway Stations. The city in the 21th Century, catalogo della mostra, 1996.8. L. Monica, Ponti e strade, in G. Bigatti, M. Canella, a cura di, Pagine politecniche. La biblioteca «Leo Finzi» del Collegio degli ingegneri e architetti di Milano, Skira, Milano 2015,

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Il progetto strutturale degli edifici alti, oggi caratterizzati da marcata libertà formale, richiede, quale prima prerogativa, un approccio concettuale che, saldamente sostenuto dalla conoscenza dei principi fondamentali della meccanica strutturale, sia comunque caratterizzato da forte volontà di affrontare, attraverso un costruttivo dialogo e confronto con i progettisti architettonici, tutti gli aspetti formali e compositivi che fanno della costruzione un oggetto di grande pregio e unicità espressiva. Da questo atteggiamento, che è guida essenziale per una fruttuosa collaborazione, traggono i loro presupposti le basi sulle quali si costruiscono le altre, altrettanto importanti interrelazioni, in particolare con le pro-fessionalità cui è demandato il progetto degli impianti e con quelle responsabili delle scelte riguardanti le tecnologie edilizie. All’interno di questo percorso, la progettazione strutturale trova piena estrinsecazione in uno scenario estremamente vasto e differenziato, dal quale emergono problemi di grande attualità per la cui risoluzione, è richiesto forte impegno in termini analitici, sperimentali e di ricerca verso concezioni innovative e originali. A questo riguardo si ricordano i progressi compiuti negli ultimi anni dalla tecnologia del calcestruzzo, che hanno portato questo materiale a rivestire un ruolo primario nella strutturistica degli edifici alti nonché lo studio della interazione fra le strutture portanti e quelle portate, in particolare le fac-ciate in vetro, la cui delicatezza di comportamento e l’elevato costo richiedono specifiche analisi e controlli.

Una menzione speciale meritano le problematiche relative all’assemblaggio di parti strutturali costituite da materiali differenti, in particolare il calcestruzzo armato e l’acciaio strutturale, utilizzati per la formazione dei complessi strutturali di tipo ibrido, il cui comportamento, caratterizzato da marcata efficienza statica e robustezza, risente tuttavia in modo determinante della reologia del calce-struzzo, i cui effetti sono oggetto di estesi e approfonditi programmi di ricerca. Sono infine da ricordare tutti gli aspetti dinamici e di interazione fra le strutture portanti e le azioni laterali di vento e sisma, delle quali la prima è essenziale per la definizione del livello di comfort degli occupanti.

Questi aspetti hanno rappresentato momento di raffinata analisi e ricerca mirata nella progettazione e nel controllo delle fasi di costruzione dei tre edifici alti di Palazzo Lombardia a Milano, Torre Allianz a Milano e nuova sede della Regione Piemonte a Torino, che hanno contribuito a modificare in maniera marcata il profilo delle città di Milano e Torino, fissando a 210m, con l’edificio della Regione Piemonte, l’altezza massima raggiunta in Italia.9

pp. 193-208; L. Monica, Ponti politecnici. Struttura infrastruttura architettura, in E. Prandi, a cura di, Architettura di rara bellezza, Festival Architettura Edizioni, Parma 2006, pp. 64-75.9. F. Mola, S. Cattaneo, F. Giussani, G. Rosati, Experimental investigation on the structural applications of self-compacting concrete: a review of Italian Research, in Proceedings of the 4th Concrete Future, International Conference, Coimbra 2009;F. Mola, E. Mola, L.M. Pellegrini, C. Pozzuoli, C. Segato, G. Stefopoulos, Analysis and design of tall buildings structures, Technical-scientific Seminar, University of Patras, Greece, 2014; F. Mola, C. Segato, G. Cesana, F. Bozza, P.U. Perucchini, F. Bianchi, M. Capè, R. Bertazzolo, Strutture a cavi scorrevoli per le piastre commerciali nella Torre Isozaki a Milano, in Atti del 27° Convegno Nazionale Aicap, Bergamo 2014.

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1. Progetto di costruzioni per i trasporti e la produzioneLa complessità delle funzioni, la loro presenza simultanea in un luogo, la flessibilità della loro occupa-zione degli spazi, la trasformazione d’uso di una costruzione, sono questioni che attengono alla natura dell’abitare. Un abitare che è sostanzialmente complesso nel caso della produzione industriale materiale e immateriale. A questi ultimi argomenti sollevati è sottesa la definizione dei tipi edilizi o funzionali e degli elementi dell’architettura. In una generale veduta contemporanea sono da citare, ad esempio illustrativo, le integrazioni di funzioni e forma, come in de la Sota, collegio Maravillas, e Saenz de Oiza, Torre Bvva a Madrid; associate anche alla programmatica flessibilità e trasformazione d’uso come nel Centre Pompi-dou di Piano e Rogers. Un insieme in cui si contrappongono lo spazio e il suo contenuto funzionale, come nel teatro e la sala (halle) per gli eventi pubblici, gli edifici per lo sport e gli spettacoli di massa, che sono accomunati dal problema costruttivo della copertura di grandi dimensioni e differiscono per i caratteri distributivi specifici oppure dalla loro assenza; come nel teatro di Dresda e il progetto di Bayeruth per Wagner di Semper, oppure nella Galerie des Machines di Contamin e Dutert. Nella produzione industriale e nel tipo della fabbrica lo spazio e il processo della produzione sono gli attori di questa dialettica, che si fissa in un tipo determinato dai flussi di energia per animare l’impianto industriale o nel flusso dei ma-teriali trasformati in merce in uno spazio permanentemente riconfigurabile. L’opera di Mattè Trucco nel Lingotto di Torino è opposta allo spazio mono-planare – organizzato sotto la campata massima disposta in serie, libero alla ri-configurazione degli elementi del processo e implementabile nella sua dimensione – di Albert Khan per Ford a River Rouge. L’opera di Zanuso e Vittoria per Olivetti aggiunge la complessità dei servizi impiantistici all’essenzialità della campata ripetibile. Quanto la campata sia sostanziale alla definizione del tipo edilizio, come essa stessa possa essere un tipo edilizio, è questione che ha investito la cultura del progetto con ricerche sulla forma dell’insediamento che ne deriva e sulla natura dell’architet-tura nella sua permanenza come supporto delle attività umane. Essa ci riporta alla ragione degli elementi semplici dell’architettura e alla loro elementare complessità di essere un intero governato dalle relazioni fisiche fra sue parti.

Nel caso della mobilità, la complessità architettura/contesto si esprime nella rappresenta-zione del percorso della regione d’attraversare: nel tracciato di un manufatto continuo. Questo manufatto è il diagramma dello spazio nel tempo di un attraversamento e risponde fisicamente alla necessità intrinseca dell’adattamento al suolo nel territorio, agli ostacoli da attraversare, al paesaggio da descrivere. Esempi di relazioni strada e paesaggio sono le opere di Carlo Donegani e Silvano Zorzi.10 Elementi e manufatti si confrontano e stabiliscono nei dispositivi e macchine la costruzione: rettifili, tornanti e terrapieni riportati, piastra a sbalzo su piloni e centina auto-varante.

10. G. Barazzetta, L’ingegneria italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta in B. Albrecht, M. Biraghi, A. Ferlenga, a cura di, L’architettura del mondo, infrastrutture, mobilità, nuovi paesaggi, Triennale di Milano, Compositori editrice, Bologna 2012, pp. 96-111.

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L’architettura delle infrastrutture ferroviarie a MilanoNel paesaggio della città, invece, il tema dell’architettura delle infrastrutture corrisponde in modo molto pertinente al tema delle stazioni ferroviarie. A partire dalle visioni degli architetti del Futurismo (Sant’Elia e Chiattone), la città di Milano ha poco alla volta stabilito il paradigma visionario della città futura, incar-nandone le risorse strutturali (dell’economia produttiva e del territorio) pur, paradossalmente, restando incompiuta. Basti pensare alla datazione anacronistica del linguaggio eclettico della Stazione Centrale, praticamente quasi coeva del capolavoro di architettura moderna rappresentato dalla Stazione di Santa Maria Novella a Firenze.

Ma mentre i grandi nodi ferroviari delle città europee hanno avuto, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso fino a un decennio fa circa, un profondo rinnovamento architettonico, un vero rinascimento nell’architettura delle grandi stazioni indotto dallo sviluppo della nuova rete di alta velocità-alta capacità innestata nuovamente nella città attraverso linee passanti, in Italia, e in particolare a Milano tutto sembra ancora in sospeso e irrisolto. Questo mentre altre città europee e mondiali proseguono nel loro sviluppo. Persino il noto tracciato passante di Bruxelles, la Jonction Nord-Midi, degli anni Cinquanta, oggi congestionato è attualmente oggetto di un ripensamento per il suo rafforzamento, con progetti anche architettonici (con concorsi e mostre). Altre città italiane hanno avuto un inizio di progetti e cantieri per nuove grandi stazioni (Torino, Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli), mentre a Milano il gros-so nodo tra il terminale di testa della Stazione Centrale, il sistema di cintura e le linee passanti relative alla Stazione Garibaldi determinano tuttora un conflitto non risolto. Questa ultima stazione, poi gode di opportunità di accessibilità del tutto eccezionali e fondamentali per Milano (connettendo rete metropoli-tana, passante suburbano, linee regionali, linee nazionali e alta velocità) e il suo assetto distributivo non rende agevole le molteplici interconnessioni e il potenziale di sviluppo. Le numerose ricerche svolte nel Dipartimento sugli aspetti urbanistici dell’accessibilità e dell’economia delle funzioni metropolitane, e sugli aspetti architettonici hanno indagato le opportunità di un ripensamento della Stazione Garibaldi connessa a una direttrice molto infrastrutturata e proiettata verso vicine aree strategiche (Garibaldi-Farini-Bovisa-Expo Fiera di Rho: nuova «città lineare» per la città policentrica lombarda) lungo una linea territoriale di enorme significato per i rapporti economici e insediativi-demografici metropolitani, i cui punti di stazione locale rappresentano ulteriori terminali.11

Sistemi energetici e paesaggi: linee guida per una progettazione eco-efficienteIl recente intensificarsi dell’impiego delle energie rinnovabili e il maggior controllo nell’uso delle risorse, in adesione ai principi della sostenibilità e in ottemperanza alle attuali normative, hanno esacerbato un già controverso e contrastato rapporto fra paesaggio e sistemi energetici, che, da componenti puntuali e

11. P. Bonaretti, M. Canesi, D. Chizzoniti, L. Monica, E. Manganaro, C. Pavesi, Garibaldi-Farini-Bovisa-Expo-Fiera di Rho: nuova «città lineare» per la città policentrica lombarda, in S. Protasoni, a cura di, Milano scali ferroviari, Libraccio Editore, Milano 2012, pp. 88-91.

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talora benefici, hanno invece assunto un ruolo e sono stati percepiti quali elementi disturbatori e nocivi nel territorio. L’accezione di dispositivo energetico include non solo le grandi infrastrutture di genera-zione e trasporto dell’energia, ma anche i sistemi alla scala dell’edificio, per il forte impatto che hanno sull’ambiente urbano. In questo quadro si colloca la ricerca MIUR PRIN 2010-11 dal titolo La difesa del paesaggio tra conservazione e trasformazione. Economia e bellezza per uno sviluppo sostenibile. Rapporto tra sistemi energetici e paesaggi.

La ricerca di carattere fortemente interdisciplinare, si focalizza sull’obiettivo generale di superare le apparenti conflittualità trasformandole in sinergie, travalicando un approccio settoriale e parcellizzato, basato unicamente sulle prestazioni energetiche offerte. Il risultato ultimo del lavoro con-siste nella predisposizione di uno strumento meta-progettuale, destinato alle pubbliche amministrazioni, applicabile a diversi contesti e tipologie di intervento per individuare procedure e standard di accettabilità replicabili per interventi diversificati, basato sull’analisi sistemica complessa di tipo meta-dimensionale.

Tale metodologia, si struttura, a partire dall’obiettivo madre di eco-efficienza, declinato nelle sue classi esigenziali, e da cinque dimensioni/articolazioni dello sviluppo sostenibile, attraverso la specificazione di sotto-obiettivi – non più tesi solo a minimizzare gli effetti negativi ma, soprattutto, a massimizzare le ricadute positive di specifiche scelte – dai quali emergono criteri che si articolano in fattori e relativi indicatori la cui importanza relativa può essere variata in funzione delle specificità del contesto.I risultati dello studio, inoltre, anche sulla scorta dei numerosi casi studio analizzati e classificati, aprono a futuri sviluppi e approfondimenti in merito a: – l’efficienza energetica declinata in termini di scala e densità dell’intervento; – la dimensione strutturale del sistema energetico, sia isolato che integrato nell’esistente; – il grado di multifunzionalità e il controllo figurativo del sistema nella sua integrazione con il contesto; – la definizione di sistemi e componenti per la produzione energetica; – la trasformazione dei sistemi energetici in relazione al paesaggio in prospettiva storica; – l’integrazione dei sistemi energetici nel paesaggio urbano (spazio pubblico fra percezione e fruibilità).12

2. Progetto di costruzioni per la SaluteTra i manufatti architettonici complessi e strategici l’ospedale svolge indubbiamente un ruolo determinante nello sviluppo della società integrata, per le particolari eccezionalità spaziali e funzionali che impongono

12. E. Ginelli, A. Bianchi, G. Pozzi, Renewable energies in between landscape and landmark. Case studies, in The Fifth Asian Conference on Sustainability, Energy and the Environment, Kobe 2015; E. Ginelli, L. Daglio, A multidimensional analysis to manage the relation between energy and landscape, in J. Kruis, Y. Tsompanakis, B.H.V. Topping, a cura di, Proceedings of the Fifteenth International Conference on Civil, Structural and Environmental Engineering Computing, Civil-Comp Press, Stirlingshire 2015; E. Ginelli, L. Daglio, Infrastructures for renewable energies in landscape. Design tools and innovation trends, in “Techne”, vol. 11 (2016), pp. 119-126.

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sintesi e innovazione alle concezioni distributive, costruttive, tecnologiche, igienico-sanitarie e gestionali. Negli ultimi anni si sono infatti consolidati nuovi concetti di salute e di benessere,

fortemente influenzati dai progressi scientifici in ambito medico, nonché da una maggiore attenzione alle relazioni tra malattia, contesto ambientale e sfera sociale. Nel quadro di questi nuovi orientamenti l’intero sistema socio-sanitario si colloca quindi al centro di un processo di trasformazione che riguarda sia gli aspetti gestionali che gli aspetti tecnologici e progettuali. Si va quindi sviluppando una crescente attenzione all’architettura ospedaliera, al rapporto fra servizi e il territorio e alla definizione di soluzioni progettuali incentrate sulla funzionalità e sull’efficienza, ma anche sull’umanizzazione e sul comfort, confermando l’importanza della centralità dell’utente nella progettazione dell’organismo edilizio e della rete del servizio offerto.

In un sintetico quadro generale è possibile individuare alcune principali tendenze dalla ricerca e dell’innovazione.

Ospedali di cura formazione e ricerca: le Città della Salute. Esiste una sempre più stretta interrelazione tra la ricerca nel campo biomedico e biotecnologico, l’introduzione di nuove tecnologie, la formazione e le pratiche diagnostico-assistenziali. Tali attività dovrebbero quindi sinergicamente interagire anche attraverso un rapporto di prossimità e appartenenza in un sistema unitario. L’efficienza e l’efficacia delle relazioni è strettamente connessa a un’attenta programmazione che definisca le specifiche superfici funzionali, i flussi e le relazioni prioritarie da sviluppare, come ad esempio effettuato nello studio di fatti-bilità della nuova Città della Salute di Torino svolto per ARESS Piemonte. Similarmente la ricerca diviene elemento prioritario per l’innovazione delle terapie e le aziende richiedono che le scelte progettuali degli spazi di ricerca rispecchino efficienza ed eccellenza, come infatti proposto per la nuova sede dell’azienda farmaceutica Chiesi, a Parma.

Ospedali per Acuti e Ospedali Specialistici (e IRCS). Le strutture sanitarie per acuti e/o specialistiche rappresentano il fulcro dell’assistenza sanitaria alla persona. Sono edifici altamente complessi per dimensione, funzione, organizzazione e tecnologia dove la qualità e l’appropriatezza delle aree e degli spazi divengono aspetti sempre più significativi, da ricercare attraverso una nuova concezione che abbia come principi ispiratori l’orientamento, l’accoglienza, la razionalizzazione della distribuzione funzionale, l’individuazione di percorsi personalizzati, la funzionalità, nonché la produttività degli spazi assistenziali. In tale contesto sono stati condotti dal Dipartimento diverse consulenze e ricerche legate sia alla scala edilizia (efficientamento energetico, sostenibilità ambientale, studi di fattibilità, ecc.) che alla scala della singola unità tecnologica-ambientale (riprogettazione di specifici reparti presso strutture sanitarie lombarde o di specifici aspetti legati ad arredi, segnaletica, percorsi, flussi funzionali o Soft Quality).

Case della salute e centri socio sanitari territoriali. Recentemente sono state introdotte nel nostro Paese diverse riforme sanitarie, anche finalizzate al riassetto dell’assistenza territoriale. I codici bianchi e altri servizi sanitari non acuti (ambulatori, prelievi, analisi, ecc.), dovrebbero essere prevalente-mente gestite a livello territoriale in strutture di piccole dimensioni distribuite a rete sul territorio: nelle Case della Salute, (o Centri Socio Sanitari Territoriali), lasciando agli ospedali per acuti le emergenze e le

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cure più high tech. Il modello proposto, già presente in alcune Regioni, va progressivamente espandendosi nelle altre, seppur con le inevitabili differenze dovute all’adattamento alle peculiarità territoriali. Anche in questo caso il Dipartimento ha attivato recenti ricerche in collaborazione con CNETO (Centro Nazio-nale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera) per la stesura di linee guida progettuali per tali nuovi presidi.

Centri termali, per il benessere e la riabilitazione. Considerando la nuova concezione di salute e benessere che è venuta a delinearsi negli ultimi anni, il tema della salute diffusa può diventare occasione di innovazione e recupero di alcuni elementi del patrimonio architettonico-culturale, attrattivo e turistico. È il caso dei centri termali che, potrebbero, se inseriti in una rete strutturata di nodi territoriali, supportare i sistemi sanitari nazionali in termini di promozione della salute, prevenzione e riabilitazione. In questo modo tali strutture diventerebbero, tra le trame consolidate delle città europee (ma non solo), presidi territoriali per la promozione e la diffusione della cura oltre che luoghi catalizzatori di meccanismi sociali ed economici.13 Il Dipartimento ha quindi da anni attivato diverse ricerche e progetti in tale ambito come dimostrano le diverse consulenze effettuate per le Terme di Salsomaggiore SpA.14

Dunque, i luoghi della salute per la loro complessità dimensionale, funzionale, orga-nizzativa e tecnologica richiedono un approccio progettuale complesso di carattere multidisciplinare. Per tale motivo il Dipartimento, del Politecnico di Milano attraverso una collaborazione attiva e sinergica tra docenti ha avviato diverse iniziative volte alla definizione di strategie progettuali e gestionali innovative. Tali iniziative riguardano sia ricerche scientifiche (PhD, Polisocial, tesi di Laurea, assegni di ricerca, con-venzioni), che incarichi di consulenza (Aziende Sanitarie Locali, aziende sanitarie pubbliche e private, pubbliche amministrazioni, enti di ricerca, case farmaceutiche e altri attori coinvolti a vario titolo nel settore delle architetture per la Sanità) e riguardano aspetti che partono dalla scala territoriale (studi di fattibilità, progetti di riorganizzazione della rete sanitaria territoriale…) per arrivare alla definizione dettagliata di alcuni aspetti specifici (progetto degli arredi, progetto della segnaletica e del way-finding, valutazione del livello di umanizzazione e comfort di specifici reparti, riorganizzazione funzionale di singoli reparti o singoli elementi tecnologici).

Tutte le tematiche richiamate sono oggetto, inoltre, di indagine ed approfondimento del Cluster Design of Healthcare Facilities, unità di ricerca operativa del Politecnico di Milano coordinata dal Dipartimento, alla quale fanno capo diversi docenti di settori disciplinari differenti e afferenti a diversi Dipartimenti del Politecnico di Milano.

All’interno delle attività dipartimentali risulta inoltre importante segnalare il Master congiunto (Politecnico di Milano, Università degli Studi di Milano e Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma) di II livello in Pianificazione, Programmazione e Progettazione dei Sistemi Ospedalieri e

13. E. Faroldi, Città Architettura Tecnologia. Il progetto e la costruzione della città sana, Unicopli, Milano 2000.14. E. Faroldi, Salsomaggiore Terme. Architetture tra progetto e realtà, Battei, Parma 1993;

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Socio-sanitari attivo dal 2008 e il Corso di formazione permanente Therapeutic Landscape Design.In riferimento a tutte le tipologie edilizie richiamate il Dipartimento ha quindi attivato

diverse ricerche e collaborazioni multidisciplinari orientate alla definizione di soluzioni strategicamente efficienti ed efficaci per rispondere alle nuove esigenze. Di seguito vengono quindi illustrate le principali aree di indagine dipartimentale oggetto di ricerca e applicazione al settore della sanità.

Localizzazione e rigenerazione urbanaLa localizzazione di servizi pubblici urbani è un tema cruciale nel processo di pianificazione, per i diversi effetti che produce e per i molteplici attori coinvolti. Le nuove strutture sanitarie infatti possono stimo-lare quantitativamente e qualitativamente l’offerta di servizi e contribuire a innescare un importante processo di rigenerazione urbana. L’ospedale può tuttavia acquisire questa valenza rigeneratrice solo se localizzato in coerenza con un preciso progetto di pianificazione urbana in accordo con le nuove esigenze della collettività.

Lo studio localizzativo più appropriato è quindi in grado di influenzare l’efficienza, l’efficacia e la sostenibilità economica, ambientale e sociale di un intervento, per tale motivo nel Diparti-mento è stato sviluppato un sistema di valutazione per la selezione delle aree più adatte SHOS (Selection Hospital Site Evaluation Tool) e lo stesso Dipartimento è stato chiamato più volte per studi di fattibilità a scala territoriale (Finaosta SpA, ARESS Piemonte).

Ospedale storico nella città antica. Limiti e prospettive. Nel caso di analisi e riqualifi-cazione di un ospedale storico ai prevedibili limiti della struttura rispetto alla funzione sanitaria (acces-sibilità, parcheggi, assenza di disegno organico, difficoltà di riuso e conservazione di fabbricati storici), si contrappongono aspetti qualitativi di pregio (valenza storico-architettonica, presenza di spazi aperti o giardini storici, ecc.) che si sommano alle relazioni che città e cittadinanza ha sedimentato rispetto alla funzione e alla sua configurazione. Questi temi divengono aspetti fondamentali da valutare nel progetto di riqualificazione e/o riuso di un ospedale storico, come infatti è stato in occasione del progetto per il monastero rinascimentale del S. Sepolcro interno all’Ospedale di Piacenza attivo dal 1472.

Flessibilità per un efficace adeguamento alle continue emergenti esigenze sanitarie. La flessibilità in architettura (capacità di un edificio di adattarsi a esigenze spaziali, gestionali e funzionali mutevoli nel breve, nel medio o nel lungo periodo) risulta particolarmente importante nel caso degli ospedali, edifici che necessitano di veloci e contini cambiamenti. Realizzare una struttura sanitaria altamente adattabile significa infatti assicurare un’adeguata e continua fruibilità dell’organismo edilizio nel tempo, evitando distruzioni e rifacimenti costruttivi onerosi e altamente impattanti sull’attività sanitaria. Da diversi anni il Dipartimento svolge quindi ricerche (finanziamento MIUR PRIN 2007 e ASP – Alta

E. Faroldi, F. Cipullo, M.P. Vettori, Terme e architettura. Progetti tecnologie strategie per una moderna cultura termale, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2007.

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Scuola Politecnica, 2007-09) e consulenze relative alla flessibilità sia tecnologico-spaziale, che funzionale-organizzativa, applicata alle diverse scale: sistema ospedaliero, edificio, unità funzionale, singolo ambiente, in merito alle quali ha pubblicato diversi testi e articoli scientifici di valenza internazionale.15

Sostenibilità ambientale ed efficienza energetica. Il funzionamento di una struttura sanitaria tradizionale provoca spesso diversi effetti negativi sull’ambiente (consumi di energia, inquinamento dell’aria, produzione di rifiuti, radiazioni, ecc.) che dovrebbero essere preventivamente valutati e mitigati. Orientarsi verso un ospedale sostenibile significa infatti realizzare un sistema edilizio che ponga realmente l’uomo al centro di qualsiasi attività assistenziale, in cui ogni scelta è pensata per migliorare le prestazioni di comfort e di qualità indoor, per ottimizzare i consumi energetici, per risparmiare e riciclare risorse, per limitare i rifiuti e le immissioni e per supportare l’efficienza e l’efficacia dell’assistenza. A tal fine il Dipartimento, ha prodotto numerosi contributi e ricerche scientifiche di rilievo presentate in diversi convegni internazionali: tra queste ricordiamo il progetto finanziato con il bando Prin 2009, il progetto finanziato ASP (Alta Scuola Politecnica) 2010-12 e l’elaborazione di un sistema di valutazione e implementazione della sostenibilità delle strutture sanitarie (SustHealth)16 applicato in diversi ospedali lombardi.17 Inoltre sono state svolte specifiche consulenze esterne (ASL Città di Milano, TECHINT SpA, GALA Spa) e sono stati redatti specifici testi in merito.

Soluzioni antisismiche efficienti. Gli ospedali rivestono un ruolo strategico nella gestione delle emergenze, e devono pertanto garantire la completa operatività anche dopo un evento catastrofico quale ad esempio un evento sismico. La tradizionale strategia progettuale basata sull’incremento della resistenza della componente strutturale non costituisce pertanto l’approccio corretto per gli edifici ospe-dalieri, che sono caratterizzati da una importante presenza di componenti non strutturali e di contenuti tecnologici di alto valore (le apparecchiature medicali) largamente vulnerabili nei confronti dei terremoti. In questo contesto si rivelano invece potenzialmente efficaci le moderne strategie di mitigazione sismica basate sull’isolamento alla base e sulla dissipazione di energia, che permettono di attenuare gli effetti del sisma non solamente sulla struttura ma anche sul suo contenuto. Esperienze recenti di strutture ospeda-liere sottoposte a eventi sismici anche di forte intensità hanno dimostrato la validità di questi approcci.

La ricerche condotte all’interno del Dipartimento hanno quindi come obiettivo la conce-zione progettuale del sistema di isolamento sismico, passando attraverso lo studio dei sistemi di isolamento oggi presenti sul mercato e l’ottimizzazione delle loro caratteristiche in funzione delle specificità della ap-plicazione per strutture ospedaliere. L’approccio proposto confronta gli effetti delle soluzioni alternative in funzione dell’operatività della struttura ospedaliera nell’immediato post-sisma, nonché della salvaguardia del suo contenuto tecnologico.

15. S. Capolongo, Architecture for flexibility in healthcare, Franco Angeli, Milano 2012.16. S. Capolongo, M.C. Bottero, M. Buffoli, E. Lettieri, Improving Sustainability During Hospital Design and Operation: A Multidisciplinary Evaluation Tool, Springer, Cham 2015.17. M. Buffoli, M. Gola, M. Rostagno, S. Capolongo, D. Nachiero, Making hospitals healthier:

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Inoltre, sul piano della gestione del sistema ospedaliero nella suo intero ciclo di vita e con particolare attenzione alle problematiche derivanti dall’evoluzione della domanda e delle tipologie di utenza, si individuano alcuni temi altrettanto cruciali e oggetto di pratiche innovative.

Innovazione e Information and Communications Technology. In risposta al radicale mu-tamento delle dinamiche di interazione tra utenza, enti territoriali e servizi erogati, le strutture sanitarie stanno progressivamente introducendo tecnologie e strategie di gestione, comunicazione e interoperabi-lità, basate su modelli smart (intelligenti), altamente efficienti e flessibili. L’integrazione sistemica è resa possibile dalla maturità ormai raggiunta dagli strumenti della ICT (Information and Communications Technology). Tutto coopera a favore dell’ottimizzazione delle risorse, della riduzione delle tempistiche, dell’interdisciplinarietà e delle sinergie operative, per offrire la migliore prestazione possibile ai pazienti, da un lato, e un ambiente di lavoro che riduca ai minimi termini il carico di lavoro, lo stress, le possibilità di errore per lo staff, dall’altro. Le tecnologie smart risultano infatti particolarmente adatte anche per limitare gli sprechi (oggi al centro di ogni dibattito in ambito sanitario) in un’ottica di maggiore efficienza e ottimizzazione dei processi.

Layout, progettazione e appropriatezza. Lo studio degli spazi, dei caratteri distributivi e delle funzioni nelle strutture ospedaliere ha evidenziato, nel tempo, la volontà di definire forme architet-toniche capaci non solo di ospitare le attività assistenziali e terapeutiche, ma di facilitarne l’esercizio e di esaltarne l’efficacia. Un adeguato studio finalizzato alla rapidità e alla differenziazione dei percorsi è infatti imprescindibile per un corretto funzionamento dell’intera struttura, così come l’adeguato dimensionamento degli spazi, la corretta predisposizione impiantistica, e i rapporti di prossimità funzionale.18 L’ospedale del futuro dovrà quindi essere appropriato all’utenza e caratterizzato da un’attenta progettazione che consideri sia gli aspetti funzionali (flussi informativi, sicurezza, efficienza, efficacia, ottimizzazione delle risorse e riduzione delle infezioni) che quelli territoriali, sociali e culturali. In tale contesto si annoverano progetti e ricerche realizzati sia in contesti in via di sviluppo (Healthcare for hall in India) che in ambito nazionale (meta-progetto per la Città della Salute di Torino per ARESS Piemonte, progetto nuovo ingresso e nuovo Reparto di dialisi per l’A.O. San Paolo di Milano, riorganizzazione funzionale ex ONP di Borgo Palazzo a Bergamo per A.O. Riuniti di Bergamo).

Igiene dei materiali. Il principale obiettivo degli ospedali è cercare di proteggere, rista-bilire e migliorare la salute dei pazienti e da ciò consegue che è fondamentale per le strutture sanitarie adottare un approccio che privilegi un ambiente salubre e sicuro, sia per chi lavora sia per la comunità ospitata. Il tema della qualità dell’aria interna diventa così centrale: se, come sancito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, respirare aria pulita è un diritto di tutti, a maggior ragione lo è per chi è immu-nodepresso e malato. Per garantire questo diritto, oltre al corretto progetto e all’idonea manutenzione

how to improve sustainability in healthcare facilities, in “Annali di Igiene”, vol. 26, n.5, (2014), pp. 418-425. 18. S. Capolongo, Edilizia ospedaliera. Approcci metodologici e progettuali, Hoepli, Milano 2006.

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degli impianti di ventilazione, è fondamentale porre attenzione alla scelta dei materiali da costruzione, e soprattutto ai prodotti di finitura degli ambienti, perché a più diretto contatto con l’indoor e causa di possibili emissioni di inquinanti chimici, come i VOC (composti organici volatili), i cui effetti sulla salute possono essere anche di elevata gravità per tutti gli utenti. La riduzione degli effetti negativi passa attra-verso azioni preventive sulla scelta dei prodotti che costituiscono la finitura di pareti, pavimenti e soffitti, preferendo prodotti certificati e orientando la scelta verso tecniche di posa e modalità di manutenzione e pulizia meno inquinanti possibili. Su tali tematiche sono state svolte diverse ricerche, e sono stati pubblicati testi per studenti e professionisti, oltre a essere attivo un protocollo per la valutazione della compatibilità ambientale dei prodotti/sistemi edilizi.19

Soft Quality e benessere degli utenti. L’umanizzazione e la qualità ambientale degli spazi ospedalieri sono argomenti molto attuali, il cui sviluppo e approfondimento vanno di pari passo con quelli delle discipline scientifiche che ruotano attorno alla salute delle persone. Tale qualità degli spazi gioca un ruolo prioritario nella percezione del servizio; inoltre contribuisce ai processi di diagnosi e cura e alla loro più rapida ed efficace conclusione. Attualmente esistono diverse normative legate alla funzionalità e all’igiene degli spazi ma esistono pochi riferimenti scientificamente consolidati in merito alla qualità ambientale. Per tale motivo il Dipartimento, si è attivato nella definizione e valutazione (attraverso ricerche di evidence based design) delle soft qualities per il raggiungimento di una efficiente qualità degli ambienti per tutte le diverse tipologie di utenti ospedalieri (pazienti, visitatori, operatori sanitari, ecc.).20

Forma, illuminazione, viste verso l’interno e l’esterno, materiali di finitura e scelte cromatiche, nonché decorazioni, arredi, ergonomia degli spazi, verde, ecc. sono infatti tutti aspetti che contribuiscono fortemente alla realizzazione di spazi più o meno accoglienti, efficienti e rassicuranti.21 Tutti aspetti considerati per il progetto per l’Umanizzazione del reparto di Chirurgia del presidio Ospeda-liero di Ivrea e nei progetti degli arredi non sanitari realizzati per: Infrastrutture SpA; Nuovo Ospedale Sant’Anna di Como, Nuovo Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Nuovo Avancorpo Ospedale San Gerardo di Monza.

Orientamento e wayfinding. Il tema dell’orientamento all’interno di un’architettura complessa quale l’ospedale, è un problema ricorrente in termini di razionalizzazione dei flussi dei pa-zienti, del personale medico-sanitario e dei visitatori, con finalità di ottimizzazione dei percorsi interni alla struttura sanitaria. Progettare la segnaletica consiste nella creazione di un sistema di orientamento

19. I. Oberti, Prodotti edilizi per edifici ecocompatibili. Uno strumento per orientare la scelta, Maggioli, Rimini 2014.20. M. Buffoli, E. Bellini, A. Bellagarda, M. di Noia, M. Nickolova, S. Capolongo. Listening to people to cure people: The LpCp – tool, an instrument to evaluate hospital humanization, in “Annali di Igiene”, vol.26 n.5 (2014), pp. 447-455. 21. S. Capolongo, E. Bellini, D. Nachiero, A. Rebecchi, M. Buffoli, Soft qualities in healthcare: Method and tools for soft qualities design in hospitals’ built environments, in “Annali di Igiene”, vol.26 n.4 (2014), pp. 391-399.

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e wayfinding, omogeneo e coordinato, capace di aiutare l’utente a riconoscere adeguatamente i percorsi e gli spazi ospedalieri, agevolando l’organizzazione dei flussi e gli accessi alle molteplici unità operative, mediante la definizione di una strategia comunicativa capace di semplificare e garantire facilità d’accesso ai fruitori. Obiettivo del progetto di wayfinding è quello di creare un’architettura informativa pervasiva capace di concretizzarsi in un modello di interazione dato dalla compresenza di tre tipologie d’informazioni: segnaletica di orientamento, avvicinamento e identificazione della meta. Il progetto della comunicazione per il pubblico è strettamente correlato al più generale ambito della immagine coordinata (detta anche grafica sistemica) intesa quale processo di sintesi info-grafica tra elementi quali alfabeti, pittogrammi, marchi, logotipi e colori. Si rivela di fondamentale importanza comunicare al fruitore dell’ospedale in funzione della continua evoluzione dimensionale delle strutture socio-assistenziali; delle nuove tipologie architettoniche integrate altamente complesse; dei nuovi concetti distributivi e relazionali tra le parti; del pubblico multi-etnico, con differenti capacità di lettura e comprensione. In questo contesto, il Dipartimento, ha svolto la progettazione e direzione artistica di progetti di wayfinding per vari ospedali lombardi, quali ad esempio Nuovo Ospedale Papa Giovanni XXIII – A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo, A.O. Sant’Anna di Como, Nuovo Policlinico San Matteo di Pavia, Nuovo Ospedale di Legnano e Nuovo Poliambulatorio – A.O. San Gerardo di Monza.

3. Progetto di costruzioni per attrezzature, cultura, istruzione e sportSe la complessità costruttiva rientra di necessità nel tema delle costruzioni laddove le attività, le funzio-ni, le distribuzioni e gli spazi si fanno maggiormente articolati, può dunque essere utile dimostrare la necessità di una ricerca operativa volta a quelle opere edilizie destinate a ruoli eccezionali nel formarsi del tessuto della città.

Le opere pubbliche in generale, le attrezzature di servizio e di equipaggiamento della città nelle sue funzioni collettive, prima ancora di essere oggetto di una economia di investimenti, ap-punto, pubblici, rientrano nella vita urbana sotto forma di bene comune, sia dal punto di vista della loro necessità collettiva, sia dal punto di vista del loro fondamentale ruolo di testimonianza di un paesaggio civile, reclamando una propria espressività e ragione architettonica. Estendere la necessità dell’architet-tura (come espressione di civiltà) al tema dei beni comuni non dovrebbe essere una forzatura concettuale.

Nel 2007 i lavori della Commissione Rodotà del Ministero di Giustizia per la modifica del Codice Civile in materia di beni pubblici hanno introdotto la necessità di definire nell’ordinamento italiano il concetto di beni comuni accanto alla dimensione privata e alla dimensione pubblica. Questo concetto, necessario a definire l’inalienabilità dei beni culturali (del paesaggio, ecc.), è naturalmente estensibile a quelle utilità funzionali all’esercizio di diritti fondamentali, quali appunto le attrezzature di servizio costitutive delle città e la loro espressione formale parlante a carattere pubblico.

In pratica una salvaguardia anche del nuovo, di una tradizione del nuovo, dove, almeno in questo caso, non è vero che olisticamente il tutto è superiore alla somma delle parti, ma anzi, l’archi-tettura degli edifici, punto a punto, fabbrica per fabbrica contribuisce dall’interno delle proprie risorse

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intrinseche a definire un paesaggio urbano. Così i singoli sistemi di servizio (scuole, università, ospedali, impianti per lo sport, eccetera) punto a punto sono formati dal valore delle proprie architetture.

Nelle aree urbane irrisolte, tra città e periferiaEsperienze recenti non mancano. Vale la pena, per esempio, citare due ricerche che hanno coinvolto di-versi gruppi del Dipartimento anche in rete con analoghe esperienze di altri gruppi di atenei con i quali esiste una maggiore consuetudine di collaborazione (IUAV di Venezia e Politecnico di Torino), in occasioni di confronto comune e in ricerche autonome finanziate (MIUR PRIN, convenzioni specifiche). I due temi riguardavano, uno il riutilizzo del patrimonio dismesso delle caserme militari (promosso con fondi di Ateneo per la ricerca di base), l’altro sul riutilizzo del sistema degli scali ferroviari a Milano, intesi sia come progetti di attività che come progetti di spazi e paesaggi urbani, su terreni e manufatti di indubbio valore fondiario, ma al tempo stesso di grande utilità pubblica. Temi attuali anche nel resto dell’Italia e dell’Europa, relativamente ai quali queste prime indagini hanno cercato in tutta autonomia di collegare diversi interlocutori cercando finanziamenti pubblici a sostegno della ricerca applicata. Caso ovviamente in itinere, non facile e complesso e aperto anche a collegamenti con esperienze europee, ma che hanno consentito di instaurare rapporti formalizzati (convenzioni e contratti di ricerca) con molteplici interlocutori pubblici (Comune di Milano, Ferrovie dello Stato, Ministero della Difesa, Accademia di Belle Arti di Brera, Expo Milano 2015)22. Caratteristica comune di queste esperienze è comunque la volontà di fare ricorso all’architettura, alla costruzione, nei suoi sforzi di complessità tipologica e strutturale (come all’inizio accennato) come strumento efficace al problema della crescita sostenibile della città. Più che cercare di ricucire frange urbane indistintamente disperse, queste ipotesi operative insistono sul concetto di perife-ria, cercando di mettere a punto modi di intervenire attraverso attrezzature pubbliche di servizio, beni comuni di tutta la città, individuate all’interno di quelle aree urbane irrisolte proprio perché strategiche e dense di valori confliggenti.

Nel caso del sistema delle caserme in dismissione (Milano. Caserme e aree militari, 2014), accanto al recupero del patrimonio e dei manufatti storici (nuclei edificati rilevanti nel tessuto della città), l’inserimento del nuovo ha significato anche uno sforzo di interlocuzione con le amministrazioni per stabilire un programma di funzioni compatibili (in questo caso orientate alla sfera pubblica, sociale, delle fasce deboli, eccetera). Gli spazi per l’accoglienza delle cosiddette fasce deboli della popolazione, residente o di recente inurbazione, richiede nuove tipologie, con residenze speciali, centri di assistenza, residenze universitarie23, scuole per la formazione di base, luoghi di mercato e spazi di vita.

22. S. Protasoni, a cura di, Milano scali ferroviari, Libraccio editore, Milano 2012; R. Neri, a cura di, Milano. Caserme e aree militari, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2014.23. O.E. Bellini, S. Bellintani, A. Ciaramella, M.L. Del Gatto, Learning and living. Abitare lo Student Housing, Franco Angeli, 2015; O.E. Bellini, Student Housing_1. Atlante contempo-raneo della residenza universitaria, Maggioli, Santarcngelo di Romagna, 2015.

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Tipologie nuove, innestate in complessi anche di grande interesse storico e adattabili solo in parte.24

Nel caso degli scali ferroviari in dismissione (Milano. Scali Ferroviari, 2009), primi fra tutti lo Scalo Farini, il compito riguardava la compatibilità e i limiti di uno sviluppo fondiario molto con-sistente e violento e la sua integrazione con funzioni di rango metropolitano (oltre alla residenza, quelle prevalentemente destinate a funzioni di alta formazione universitaria in stretta vicinanza con il polo della Bovisa). Tra queste ipotesi si sottolinea quella che vede lo Scalo Farini come deputato a ospitare sia attività di servizio pubblico ai comparti universitari vicini, sia l’espansione dell’Accademia di Brera (Per l’ampliamento dell’Accademia di Brera, 2015).

In quest’ultimo caso l’idea stessa di campus per la comunità degli artisti trasforma e incrementa il valore di bene comune dell’insediamento universitario, proprio nel richiamare il proble-ma della dislocazione in termini di politica territoriale di sviluppo metropolitano di infrastrutture per la comunicazione e la rete produttiva della conoscenza. Inoltre assolve a quelle esigenze funzionali più complesse dell’Accademia, quelle di grandi dimensioni, per laboratori didattici non altrimenti collocabili all’interno dell’insostituibile sede storica (scuola di scenografia, tecnologie della comunicazione, labora-tori di restauro, fonderia, depositi del patrimonio della collezione storica, esposizione temporanea, ecc.)25.

Inoltre, la conformazione stessa della direttrice Nord Ovest di Milano, portava a ricono-scere il favorevole assetto infrastrutturale e di alta accessibilità della proiezione disegnata unendo le aree di Garibaldi – Scalo Farini – Bovisa – Fiera Expo.

Su questo tema è stata svolta la ricerca Città Lombardia vs. Grande Milano per Ferrovie dello Stato e Sistemi Urbani, Regione Lombardia, 2011. In entrambi i casi, dunque, oltre al comparto edili-zio residenziale, andavano individuati impianti edilizi di eccezionale caratteristiche tipologiche e spaziali, costruzioni complesse (università e attrezzature collettive) con specifiche esigenze di tecnica costruttiva, volte a sostenere grandi spazi (laboratori, aule, auditorium, eccetera), dove la concezione strutturale avrebbe giocato un ruolo sostanziale nel paesaggio figurativo, nell’architettura.

Questi ambiti sono stati interpretati come vere e proprie zolle-acropoli (La «zolla» nel-la dispersione delle aree metropolitane, 2000), dotate di manufatti eccezionali per dimensione e sforzo costruttivo. Inoltre, la presenza di attrezzature ferroviarie e nodi di sistemi di trasporto interconnessi e integrati (strade, ferrovie, metropolitane) ha obbligato a fare i conti con questioni costruttive origi-nali, tra viadotti, interramenti e strutture sospese di indubbia consistenza tecnico-costruttiva anche nell’espressione formale.26

24. L. Monica, R. Canella, M. Dezzi Bardeschi, G.L. Ferreri, Asylum. Città rifugio, in Milano. Caserme e aree militari, cit., pp. 122-129.25. L. Monica, S. Scarrocchia, a cura di, Per l’ampliamento dell’Accademia di Brera, Mimesis, Milano 2015.26. S. Bisogni, Ricerche in architettura. La «zolla» nella dispersione delle aree metropolitane, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2011.

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Nei grandi impianti sportiviNell’ultimo decennio, data l’evoluzione e la complessità della realtà architettonica con i suoi processi ge-stionali, economici e sociali, è maturata la diffusione di una nuova generazione di impianti polifunzionali in grado di garantire qualità ambientale, sicurezza e multifunzionalità: il concetto di impianto sportivo contemporaneo, specie di evidenti dimensioni come – per l’Europa – lo stadio per il calcio, è sempre più assimilabile a quello di un sistema complesso. Nell’architettura contemporanea la progettazione d’infra-strutture sportive, e in particolare delle infrastrutture adibite per ospitare grandi eventi, offre un’occasione, spesso unica, di trasformazione e rivalutazione strategica della città e del territorio. Individuare queste nuove forme di sviluppo urbano polifunzionale è imprescindibile dalla necessità di delineare, attraverso una fase di paziente analisi e ricerca le caratteristiche e le potenzialità peculiari del tessuto territoriale nel quale si inseriscono.

L’infrastruttura sportiva costituisce oggi un’importante occasione di sperimentazione architettonica, progettuale e tecnologica.

La storia delle civiltà e dei luoghi da esse organizzati trasmette l’importanza del ruolo che la cultura dello sport e la gestione colta del tempo libero ha rivestito per la definizione dell’identità dei popoli e delle comunità. Eleggere tali ambiti a beni culturali da condividere e valorizzare, analizzando le ricadute che tale scenario esprime sulla trasformazione della città e del territorio, costituisce un’azione consapevole, necessaria ed eticamente corretta, all’interno di una visione che interpreta l’atto politico-decisionale come strumento culturale dalle elevate potenzialità socio-economiche.

Il contesto dell’architettura europea, esibisce operazioni di trasformazione e insediamento delle strutture polifunzionali sportive che assumono un ruolo determinante e strategico nella configurazione delle città e del territorio. Alla luce delle modificazioni introdotte dall’evoluzione dell’apparato normativo, dalla diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione e dalle rinnovate modalità di partecipazione pubblico-privato, le infrastrutture sportive polifunzionali costituiscono manufatti destinati ad accogliere, oltre all’evento sportivo, attività organizzate per lo scambio di beni o di servizi, traducendo anch’esse i temi espressi dalle strategie di controllo e organizzazione del ciclo di vita del manufatto edilizio.

L’attivazione di un processo di formazione, di base e permanente, costituisce, in questo scenario, un atto fondamentale e strategico per la credibilità e professionalità di un settore che esprime con forza l’esigenza di riammodernare e riqualificare i quadri tecnici, dirigenziali e manageriali che sto-ricamente lo caratterizzano.

L’impiantistica sportiva, esistente o da programmarsi ex novo, può a tutti gli effetti essere interpretata come bene culturale di una civiltà attraverso l’analisi dei suoi fattori fisici, di quelli immateriali e delle figure atte alla gestione della sua progettazione, costruzione, gestione. Ciascuna azio-ne strategica nell’ambito delle infrastrutture sportive intende infatti promuovere e realizzare interventi che consentano di strutturare il territorio, mirando alla qualificazione e al rafforzamento della maglia infrastrutturale esistente, migliorando i livelli di creazione di un’offerta sportiva di primo livello integrata con l’ambiente e con la cultura locale al fine di produrre una valorizzazione diffusa sia dello sport che del

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sistema-territorio, ha l’obiettivo di generare un cluster organico e funzionale, profondamente strutturato nella sua articolazione prestazionale, avviando determinate aree strategiche allo sviluppo di veri e propri nodi per lo sport e l’intrattenimento.27 In questo ambito si colloca la ricerca Milan stadium, per ARUP Milano e Associazione Calcio Milan, 2015.

Nell’architettura universitariaAnche oltre al tema specialistico dell’architettura per la sanità, nel quattrocentesco ospedale di Piacenza, la sua ancora ininterrotta attività clinica si è oggi incrementata con l’insegnamento universitario. L’antico complesso ha nel tempo visto l’aggiunta di nuovi edifici con acquisizioni e trasformazioni tuttora in corso. Il risultato è un vasto ed eterogeneo recinto interno al centro storico, in cui edifici d’interesse monu-mentale (chiostro e crociera del nucleo originario, due monasteri rinascimentali di cui uno con biblioteca storica, una chiesa cinquecentesca e alcuni fabbricati otto-novecenteschi) si alternano ad altri più recenti (il Polichirurgico degli anni Ottanta, il nuovo Pronto Soccorso del 2014). I limiti rispetto alla funzione ospedaliera sono diversi (dimensionamento e qualità degli spazi funzionali, assenza di un disegno orga-nico, accessibilità, parcheggi, degrado dei fabbricati più antichi e degli spazi aperti) ed evidenti le ragioni per una sua ricollocazione. Tuttavia il bilancio non è scontato se si considera il denso e secolare sistema di relazioni che il comparto ospedaliero ha allacciato con la città, soprattutto antica, e con la cittadinanza. Una configurazione complessa e per certi aspetti simbiotica che coinvolge una moltitudine di fattori e che registra oggi un momento di preoccupante crisi del centro storico, ma in cui si rileva pure un potenziale – reciproco – di resilienza che il progetto di riqualificazione si prefigge di innescare.

La scelta delle nuove funzioni da inserire appare determinante (Conservazione e riuso del comparto ospedaliero Guglielmo da Saliceto a Piacenza, ricerca per AUSL Piacenza, 2014) dovendo risultare compatibile con il monumento, considerare un ritorno – anche economico – per l’ente e realizzare un polo attrattivo, sia livello locale che extraterritoriale. La collocazione, in adiacenza alla Francigena, prospetta un uso prevalente legato al tema dell’ospitalità (per i famigliari dei degenti, o per moderni pellegrini) in-tegrato da servizi alle persone, ma anche da nuovi spazi per il consolidamento del polo universitario delle discipline mediche, ora presente solo come laurea triennale in Infermeria. Lo studio propone tre alternative (senza aumento di volume o con aumenti differenti nel completamento del chiostro) per l’insediamento di 240, 480, o 930 studenti. Parafrasando Mumford: «se il chiostro e la biblioteca del monastero possono essere definiti un’università passiva, così si può definire l’università un chiostro attivo… una delle attività indispensabili alla città».

Nell’architettura per la scuola dell’obbligoIl ventunesimo secolo secondo alcuni economisti sarà il Secolo della Conoscenza poiché proprio lo

27. E. Faroldi, D. Allegri, P. Chierici, M.P. Vettori, Progettare uno stadio. Architetture e tecno-logie per la costruzione e gestione del territorio, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2007.

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sviluppo e la condivisione del sapere costituiranno il fattore trainante della competitività europea, fondata sull’innovazione. Ma perché non diventi solo il secolo dell’informazione, occorrerà che quest’orizzonte includa anche il contesto di scambio, ripensando il ruolo dello spazio, degli edifici e della città stessa e potenzi gli investimenti nella scuola, dilatandone il regime di attività collettive e incentivando sempre più la sua integrazione e contaminazione con la struttura urbana.

L’obiettivo comporta, evidentemente, un’autentica rivoluzione dei valori nella società e una coerente politica d’investimenti a tutti i livelli dell’educazione. Nuove forme d’insegnamento rivolte al lavoro individuale o a gruppi, da affiancare all’insegnamento frontale, richiederanno configurazioni di maggiore complessità spaziale degli edifici scolastici, permettendo una loro evoluzione nel tempo. Lo spazio architettonico dovrà tornare a essere un ulteriore strumento pedagogico.

Le scuole dovranno diventare hub d’istruzione permanente, stimolanti non solo per gli allievi ma anche per gli adulti, per i docenti e per il personale, ospitando spazi ibridi per produrre, scam-biare, diffondere cultura, aprendosi anche all’esterno, al quartiere e alla città. Gli spazi esterni alle aule e alle sezioni dovranno saper accogliere e incoraggiare questo cambiamento.

La sfida della società multietnica impegna già la scuola come luogo in cui i futuri cit-tadini imparano a confrontarsi e a fare insieme, a negoziare la libertà individuale e la libertà collettiva.

Manifesti problemi di miglioramento sismico e auspicabili requisiti di efficienza energetica, collocano inoltre l’edificio scolastico tra le attuali emergenze del paese. A fronte di queste incontrovertibili esigenze si sapranno definire i necessari investimenti, come auspicato dall’Economia della Conoscenza, offrendo l’occasione di riprogettare – e non solo adeguare tecnologicamente – un ampio bacino di edilizia scolastica costruita secondo la logica della prefabbricazione, del modello-tipo e dei requisiti prestazionali che ne hanno banalizzato i valori d’uso e disinnescato il ruolo cruciale nell’insediamento?

È una triste società quella in cui spazi e architettura, a maggior ragione quelli della scuola, siano destinati a essere cristallizzati secondo performance puramente energetiche (un fattore di forma, ad esempio, che escluda a priori ogni ricchezza di articolazione tipologica) o secondo le mutevoli teorie pedagogiche e le variabili delle riforme scolastiche che, talvolta, seguono cicli storici molto brevi per dettare programmi funzionali e direttive fondanti per la progettazione. Dopo l’attivismo applicato alla scuola elementare, i nuovi spazi collettivi, laboratori, aule speciali, introdotti nella scuola media tra gli anni Sessanta e Ottanta sono stati perlopiù assunti come funzioni da sommare o equipaggiamenti tecnologici, senza dare luogo ad autentiche sperimentazioni dello spazio architettonico.

La ricerca intende rilanciare, per contro, il tema dell’architettura della scuola nel suo carattere autentico di edificio pubblico e parte di città, saggiando la ricchezza della sperimentazione ar-chitettonica a essa associata e le strategie sin qui sperimentate, al di fuori della pura logica prestazionale e manualistica. Il ruolo e il compito dell’architetto, infatti, non sono mai stati confinati alla subordinazione passiva a un programma dato né all’efficientismo tecnologico, solo apparentemente neutro.

L’orizzonte della Learning City o Knowledge City presuppone un ambiente favorevole al continuo sviluppo, condivisione, rinnovamento della conoscenza. La ricerca intorno alla configurazione

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degli spazi per l’istruzione dei giovani, e non solo, dovrebbe perciò rappresentare l’impegno centrale in una società della conoscenza.

Le sfide delle tecnologie digitali hanno infine prodotto il nuovo cliché delle scuole 2.0 (se non, addirittura, 3.0) dove l’istanza della partecipazione attiva degli allievi sembra focalizzarsi sulla interazione con l’oggetto feticcio tecnologico, sia esso un tablet o una LIM, quasi che per l’allievo il contenuto possa essere garantito dall’uso stesso del medium o che il sapere coincida con l’informazione e, ancora, l’esperienza dello spazio con quella di un nomade che vaga da laboratorio a laboratorio col tablet sottobraccio.

L’esplorazione tattile e dinamica dello spazio fisico, del modo in cui sono strutturate le attività e i confini tra spazio privato e spazio collettivo, cedono il posto alla seduzione (e sopravalutazione) di una realtà virtuale, simulata e presto, forse, aumentata, comunque dislocata e surrogata, da esperire in una visione da fermo all’interno di un contenitore indifferente e indifferenziato.

Il cooperative learning, si dice, destruttura l’intera scuola, giustificando il dispositi-vo informale con la rivoluzione apportata dall’elemento tecnologico. Ma se i diversi ambiti perdono il loro carattere distintivo e tutto diviene destrutturato e indefinito, non rimane più molto da esplorare, scambiare, riconoscere.

Lo spazio indeterminato, inoltre, ricalca il carattere informale e dissolutivo del sape-re contemporaneo socio-tecnico-scientifico che è il carattere informale della società liquida e dei suoi non-luoghi. Ma lo spazio educatore non dovrebbe accontentarsi si ricalcare lo status quo facendosi pura descrizione del presente. Il linguaggio architettonico non trascrive semplicemente il mondo esistente ma, al pari di altri linguaggi artistici, lo produce tramite il linguaggio stesso.

Costruiamo in quanto abitiamo, e reciprocamente «solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire». Il terzo educatore, quindi, gioca sempre un ruolo decisivo nel determinare la qualità dell’apprendimento e l’iniziazione all’esperienza estetica e del conoscere.

La scuola, edificio pubblico per eccellenza, deve aspirare ad essere architettura.Architettura educatrice.28

28. L.A. Pezzetti, Architetture per la scuola. Impianto, forma, idea, Clean, Napoli 2012; L.A. Pezzetti, Architettura educatrice. Ideologia del reale o utopia della realtà?, in G. Ca-nella, E. Manganaro, L. Locatelli, a cura di, Per una architettura realista, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 2015; L.A. Pezzetti, Storia e progetto dell’edificio scolastico. Architettura educatrice nella città della conoscenza, in C. Poli, a cura di, Rivoluzione scuola. Valori Spazi Metodi, Overvieweditore, Padova 2016.

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1. C. Boito, Ospedale di Gallarate, disegno del loggiato interno, 1869-1874.2-3. Chiesa di Nostra Signora della Misericordia, Baranzate, (MI) di B. Morassutti, A. Mangiarotti, A. Favini, 1958; progetto, direzione lavori e direzione artistica del restauro G. Barazzetta, S. Gianoli, SBG Architetti con la supervisione degli autori; tecnologie A. Mangiarotti, I. Paoletti; strutture T. Negri; impianti G. Chiesa, M. Maistrello.

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4. Progetto per il Ponte stradale e ferroviario sull’Adda a Paderno. F. de Miranda, M. Achilli, A. Acuto, G. Canella, 1980.5. Torre Allianz a Milano, A. Isozaki, F. Mola. 6. Torre della Regione Piemonte a Torino, M. Fuksas, F. Mola. 7. Garibaldi-Farini-Bovisa-Expo-Fiera Rho: Nuova città lineare per la città policentrica lombarda. Progetto per il Workshop Milano Scali Ferroviari. G. Canella, P. Bonaretti, M. Canesi, D. Chizzoniti, L. Monica, E. Manganaro, C. Pavesi, 2009.8. Mostra dei progetti per il Workshop Milano Scali Ferroviari all’Urban Center del Comune di Milano, 2010.

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9. P. Portaluppi, Centrale idroelettrica di Grosio, Sondrio, 1918-1920.10. FEEM, Parco tematico enerAGRIa, Val d’Agri, Potenza, 2011.11. Asylum. Città-rifugio. Progetto per il Workshop Milano. Caserme e aree militari. R. Canella, M. Dezzi Bardeschi, G.L. Ferreri, L. Monica, M. Bordin, A. Brusetti, S. Cusatelli, P. Galbiati, 2014.12. Progetto per il Workshop Padiglione di Milano Politecnica. L. Monica, M. Acito (strutture), S. Cusatelli, G.L. Ferreri, P. Galbiati, M. Manfredi.

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13. Metaprogetto per la città della salute di Torino. S. Capolongo, M. Buffoli.14. Progetto di wayfinding per il Nuovo Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. S. Capolongo, M. Buffoli.15. Progetto di wayfinding per il Nuovo Ospedale Sant’Anna di Como. S. Capolongo, M. Buffoli.

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16. La casa della ricerca, Centro Ricerche Chiesi Farmaceutici, Parma. E. Faroldi, M.P. Vettori, 2011.17. Mari d’oriente, centro benessere termale, stabilimento Lorenzo Berzieri, Salsomaggiore Terme, Parma. E. Faroldi, M. P. Vettori. 2009.18. Progetto di riorganizzazione reparto dialisi dell’Ospedale San Paolo di Milano. S. Capolongo, M. Buffoli.

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19. Progetto per la conservazione e il riuso del monastero rinascimentale del Santo Sepolcro interno al Presidio ospedaliero Guglielmo da Saliceto di Piacenza. P. Poggioli, 2009-2014.

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20-21-22. A.C. Milan Stadium, Milano. A.C. Milan, ARUP, E. Faroldi, 2015.

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23. Prototipo per l’ampliamento dell’Accademia di Belle Arti di Brera allo Scalo Farini, con laboratori pesanti, atelier, aule, dipartimenti e depositi-esposizione. L. Monica, 2015.24-25-26. Progetto per una scuola media secondaria di primo grado con sei sezioni in provincia di Lecco. Schema dell’impianto generale e spazio collettivo. L.A. Pezzetti con G. Piantato (strutture), C. Del Pero e M. Maistrello (analisi energetica e sistemi tecnologici), 2016.

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