crisi composizione

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Sobre a crise desde 2008

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  • CWPress & Sfumature edizioniAll contents are released under Creative Commons licence. Marzo 2015

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  • La crisi messa a valoreScenari geopolitici della crisi e la

    composizione da costruire

    a cura di Commonware, Effimera, UNipop

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  • INDICE

    PREFAZIONE A COSA CI SERVE DISCUTERE .................................................10

    INTRODUZIONE ....................................................................................13

    PARTE 1 SCENARI GEOPOLITICI DELLA CRISI

    1. Paradigmi della governance imperiale (2008/2014) .................... 24Andrea Fumagalli

    2. Fascinazioni multipolariste e geopolitica delle lotte ........................40Raffaele Sciortino

    3. La dimensione costituente della crisi ................................................52Massimiliano Guareschi

    4. Reverse enginering in Cina ...............................................................70Gabriele Battaglia

    5. La misteriosa curva della retta lulista ...............................................77Bruno Cava

    6. Linee guida dellEuropa degli Hunger Games .................................84Orsola Costantini

    7. La guerra diffusa della crisi ..............................................................91Intervista a Christian Marazzi di Gigi Roggero

    PARTE 2 LA COMPOSIZIONE DA COSTRUIRE8. Composizione organica del capitale e composizione di classe ..104Carlo Vercellone9. Quali soggetti per i conflitti a venire?.............................................120

    Salvatore Cominu10. Empasse del divenire-Sud della politica ...................................132

    Giuseppe Cocco

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  • 11. Nella metropoli: alla ricerca del filo delle soggettivit .................141Centro sociale Cantiere12. Tecnologie e sintomi della soggettivazione precaria ...............148Paolo Vignola

    13. Soggettivit, riproduzione sociale, comune ..............................155Cristina Morini

    14. Sulle non lotte nei call center ................................................168Francesco Maria Pezzulli

    15. Aspettative e fratture nelle lotte della logistica .............................174Anna Curcio

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  • PREFAZIONE

    A cosa ci serve discutere?Abbiamo deciso di ospitare e collaborare ad uno spazio aperto didiscussione e ricerca teorica sulla crisi e la composizione di classe, nonsoltanto per la complicit e la vicinanza con i compagni che lo hannoproposto ma anche perch sapevamo che ci sarebbero stati interventiacuti, puntuali e interessanti.Abbiamo condiviso l'idea, contenuta nella proposta, che fossenecessario fare il punto sulla crisi per provare ad orientarsi in un mondoche procede sulla strada dell'aumento delle diseguaglianze, mentre ilcomando finanziario conferma e rafforza il suo ruolo apicale (ocentrale) nella gerarchia del capitale globale. Nel frattempo si procedea tappe serrate con l'espansione della guerra sia in termini geografici,sia in termini economici e quindi politici. Questo accade sia comeconseguenza delle divergenze tra gli interessi dei capitalisti, sia perchsi rafforza la necessit di soffocare le voci dissonanti le soggettivitpotenzialmente ribelli, nel vicolo cieco della guerra.Insomma se l'assurdit del neoliberismo e la sua inimicizia nei confrontidell'umanit risultata evidente, pure si sono prodotte lotte ai 4 angolidel globo, con una matrice insorgente, ma con esiti assai diversi, spessosegnati dalla violenza della reazione (si pensi alle differenze tra Tunisi,Raqqa, il Cairo e a Kobane, insorte in un breve arco di tempo nellamedesima area del globo). Quindi stato per noi importante ascoltarele opinioni dei compagni dentro le situazioni a proposito di ci che accaduto in Brasile con il movimento passe livre che ha messo indiscussione lo sviluppismo di Dilma, rendendo evidente la fine delciclo progressista a partire da una composizione complessa, ma ancheda una richiesta di radicalit democratica. Cos come conoscere di pisu un luogo che ci solitamente assai pi oscuro dell'America Latina: laCina che oggi affronta gigantesche sfide di urbanizzazione nel quadrodi un capitalismo autoritario e di stato che si scontra con un problema,non nuovo, e di difficile soluzione : l'incapacit di fare i conti con ladiversit della composizione sociale, l'ansia di armonizzare che ha

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  • come contropartita la riduzione delle possibilit di produrreinnovazione, sia economica, sia politica, sia sociale. Possiamo per direche anche per noi spesso non stato di facile soluzione il problemadellalleanza tra soggetti con bisogni e caratteristiche molto diverse.Abbiamo perci ritenuto interessante la seconda proposta didiscussione e di ricerca dei compagni di Commonware e Effimera checi hanno proposto con diversi relatori e differenti punti di vista unariflessione sulla composizione di classe. Tema fondamentale percomprendere le difficolt della nostra azione, ma soprattutto per cercaredi sbrogliare una matassa che renda possibile ricomporre lotte, puranimate da diverse soggettivit. Anche per questo abbiamo voluto ospitare la seconda giornata delseminario allo Spazio di Mutuo Soccorso che nasce proprio come luogodi incontro della societ meticcia e di riorganizzazione attorno aprogetti concreti che istituiscono immediatamente piccoli spazi delcomune: scambio di beni materiali, di saperi e competenze, spazi disocialit e di qualit della vita, accessibili a tutti su un principiomutualistico di solidariet. Proprio in opposizione alla temporalit e alcomando della finanza possibile ritrovare spazi, anche conviviali, incui ci si possa riconoscere diversi ma vincolati, non tanto da un comunenemico, ma da comuni desideri di libert ed eguaglianza, rifiuto dellaviolenza sui propri corpi e rivendicazione di diritti sociali.Il caso ha poi voluto che questo seminario, programmato da tempo, siinserisse nel cuore di un mese intenso di mobilitazioni in cui un pezzodel tessuto metropolitano nel quale interveniamo da anni, cercando diricomporre una moltitudine attaccata dallausterity, ha resistito consuccesso. Insieme abbiamo difeso i quartieri popolari da un attacco violentosferrato dalla corrottissima azienda che gestisce l'edilizia residenzialepubblica (Aler). Nello stesso periodo compagni erano impegnati afermare gli sgomberi a Bologna, Roma, Torino. E stata questa un'altraoccasione di respirare e concepire assieme la necessit di unire teoria eprassi e di accorciare il pi possibile le distanze tra la nostra riflessionee la nostra pratica quotidiana.

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  • Speriamo di averlo fatto, consapevoli ora, come all'inizio, che questosprazzo di discussione non ha la possibilit di essere risolutiva dinessuna questione, non soltanto per le ovvie ragioni legate ai nostrilimiti, ma perch siamo di fronte ad una realt che corre velocemente,trasforma le sfide e i paradigmi che abbiamo conosciuto. Siamosoddisfatti per di aver preso parte a questo pezzo di cammino.

    Cantiere Milano | UNIPOP Universit popolare dello Spazio diMutuo Soccorso

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  • INTRODUZIONEScenari della crisidi Commonware e Effimera

    Il 29 e 30 novembre 2014 presso il Centro sociale Cantiere e lo Spaziodi Mutuo Soccorso a Milano si svolto un convegno di due giorniorganizzato da Effimera, Commonware e UniPop per discuteredellevoluzione della crisi economica che ha investito il globo negliultimi anni e che in Europa ha assunto proporzioni socialmentepreoccupanti. Non solo: ci premeva anche analizzare limpatto delledinamiche della crisi sulla composizione sociale del lavoro e suimeccanismi di soggettivazione, cercando di allargare lo sguardo anche arealt extra-europee, con particolare riferimento al Brasile e alla Cina. Il convegno ha inteso fare il punto sulla situazione di crisi a sette annidal suo inizio. La riflessione faceva tesoro, per i temi, i contenuti e lametodologia utilizzata, dei due convegni organizzati dal collettivoUniNomade a cavallo del 2008-09. Il primo, svoltosi a Bologna il 12 e13 settembre 2008 (proprio due giorni prima del fallimento dellaLehman Brother, quasi a prefigurarlo), il secondo, svoltosi a Roma, il31 gennaio e 1 febbraio del 2009. Molti relatori di Milano eranopresenti anche in quelle passate occasioni.

    Le relazioni che presentiamo sono assai diverse per taglio di analisi escrittura. Essendo state riviste dagli autori, dopo la sbobinatura iniziale,alcune hanno assunto la forma di un vero e proprio saggio analitico,altre hanno mantenuto invece la forma della comunicazione. Per questae per altre caratteristiche il convegno, e conseguentemente questo libro,sono caratterizzati da contenuti estremamente eterogenei; riteniamotuttavia che si tratti di una ricchezza, che abbiamo anche cercato, conl'obiettivo di mettere a confronto esperienze, lotte, punti di vista teoricidifferenti tra loro.

    Nella prima giornata si fatto un primo bilancio dei sette anni di crisi,cercando di definire le differenti traiettorie che hanno innervato i diversi

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  • territori del globo. Se c un effetto che la pi grave crisi economicadellultimo secolo ha infatti evidenziato lesistenza di una strutturamulticentrica, non assimilabile ad un processo capitalistico divalorizzazione omogeneo e unicamente definito. La valorizzazionecapitalistica diventata flessibile ma, allo stesso tempo, ha confermatoil ruolo dei mercati finanziari come centro di comando e indirizzo dellastessa valorizzazione. Gli interventi di Raffaele Sciortino, Andrea Fumagalli, MassimilianoGuareschi, Christian Marazzi, Gabriele Battaglia, Bruno Cava, OrsolaCostantini, nella prima giornata, da diversi punti di vista, hannotracciato una linea danalisi comune ma allo stesso tempo eterogeneasulla dinamiche geopolitiche internazionali (Sciortino), sulle varie fasidellevoluzione della crisi con i diversi effetti sui processi diespropriazione della ricchezza (Fumagalli), sullevoluzionedelparadigma di accumulazione in Cina (Battaglia), sulle contraddizionie i nodi problematici dellAmerica Latina a fronte dellondata di lotte inBrasile nellultimo anno (Cava), sul ruolo biopolitico della gestionedella crisi come processo di assoggettamento del lavoro vivo(Guareschi), sulla crescente instabilit dei mercati finanziari sino apoter prefigurare una nuova crisi (Marazzi), sul pervicace quanto stoltoperseguimento delle politiche dausterity in Europa (Costantini).Si tratta di interventi, valorizzati da un ricco dibattito, che hannoconsentito di traghettarci alla seconda giornata del convegno, relativaallanalisi della nuova composizione sociale del lavoro, deformata eresa pi complessa dallincidere della crisi. A consentire questopassaggio, stato particolarmente utile lintervento di Carlo Vercelloneche ha richiamato e ridefinito, alla luce dellattualit del pensiero neo-operaista, alcuni concetti chiavi dellapproccio e della metodologia delmarxismo eterodosso che negli anni Sessanta aveva dato vita a quelfecondo pensiero che stato, appunto, loperaismo italiano.

    Gli interventi sono stati realizzati a partire dalle seguenti domande:1. Risulta confermata dopo 7 anni di crisi che nel mondo occidentaleanglo-sassone-europeo, pur con tutte le diversit tra le due spondedellAtlantico, la valorizzazione basata prevalentemente su un

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  • processo di espropriazione di una capacit di cooperazione socialeautonoma? Oppure la crisi, intesa come crisi della gestione di taleprocesso di espropriazione, ha rimesso in gioco processi di sfruttamentopi tradizionali, anche come esito dei processi di precarizzazione e digovernance del lavoro vivo?2. Nei paesi Brics, il processo di espropriazione delle risorse naturali halasciato il posto a forme di sussunzione reale o anche processi diespropriazione dellimmateriale? Pi in generale, laccumulazione perespropriazione riguarda solo i beni pubblici e i beni comuni o ha a chefare con il comune? E se riguarda il Comune si tratta diespropriazione, sfruttamento o di entrambi?3. Come si collocano gli Usa nella divisione cognitiva del lavoro? E inquali rapporti con la Cina?4. La Cina ha avuto unevoluzione molto rapida verso forme diorganizzazione della produzione via via sempre pi cognitiva.Contemporaneamente, stata teatro di unelevatissima conflittualitoperaia. Sono ravvisabili contraddizioni?5. Lorganizzazione dellimpresa multinazionale si modificata versoforme ibride di management e finanziarizzazione che ne hanno mutatola struttura di comando. ravvisabile un modello generale diorganizzazione di impresa? 6. Nelleterogeneit dei processi di sussunzioni, come si pone il temadella rappresentanza? possibile parlare di biosindacalismo, comeforma di resistenza alla sussunzione vitale? 7. ancora valida la seguente affermazione di qualche anno fa? in atto anche una crisi di valorizzazione capitalistica. Nonostante iprofondi processi di ristrutturazione organizzativa e tecnologica chehanno allargato la base dellaccumulazione, imponendo dietro ilricatto del bisogno la messa a valore della vita, del tempo di vita edella cooperazione sociale umana, la valorizzazione attuale, proprioperch si fonda solo sullespropriazione esterna della vita e delcomune umano senza essere in grado di organizzarli, non si trasformain crescita di plusvalore. Il processo di finanziarizzazione ha sconsentito una poderosa accumulazione originaria ma non stato ingrado di tradursi in valorizzazione diretta e reale. questa la

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  • contraddizione centrale che sta alla base della crisi attuale1(www.uninomade.org/bilancio-di-fine-anno-crisi-permanente/- gennaio2013).8. I movimenti europei sembrano soffrire pesantemente non solo dellacrisi economica ma paradossalmente proprio della assenza di solidiassetti politici istituzionali. Diciamola meglio: se il mercato ha preso ilposto dello Stato, ovvero se lo Stato si ridotto a essere portavoce delmercato, aumenta la difficolt a individuare una reale controparte. Chi il nostro nemico? E ancora: come ci poniamo, di fonte a esso? Qualistrumenti adeguati agitare e agire? Non materia di poco conto nelmomento in cui siamo tutti consapevoli, di per s, della fragilit delleforme delle coalizione e della riposta comune che, faticando a trovareun vero perno al proprio interno, sbandano.Quando quindi parliamo di crisi e nuove forme di valorizzazioneeconomica intendiamo discutere dei processi di soggettivazione dellavoro e dei processi di interdipendenza e compenetrazione tra i vari tipidi espropriazione e sfruttamento.E su questi punti ci siamo soffermati nella seconda giornata didiscussione.

    Il rompicapo della composizione di classeLa crisi giunta oramai al suo settimo anno e il suo approfondirsi halasciato dietro di s un corpo sociale in larghe fasce devastato. Lalettura della composizione di classe, gi assai complessa durante larestaurazione neoliberista dei decenni precedenti, si ulteriormenteaggrovigliata. Dentro la crisi, a partire dalla sponda sud delMediterraneo, si anche aperto un ciclo di lotte globali e insurrezionilocali, che ha attraversato il vecchio mare per espandersi dalla Spagnaalla Grecia, deflagrare nel ventre della bestia a Wall Street, esploderenel cuore dei Brics (in Brasile) e in altri paesi dal PIL galoppantecome la Turchia. Quando le lotte sono declinate hanno lasciato dietro di

    1 Si veda Andrea Fumagalli, Bilancio di fine anno: verso lo stato di crisi permanente, in UniNomade, 15 gennaio 2013, disponibile allindirizzo www.uninomade.org/bilancio-di-fine-anno-crisi-permanente/

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  • loro eredit diverse, come accade ad ogni ciclo di movimento e persinoa ogni insurrezione (tali sono state quelle tunisina ed egiziana). Cosahanno esattamente sedimentato, in termini di soggettivit einfrastrutture di movimento, resta una questione aperta, a cui talora nonsi presta sufficiente attenzione: uno sguardo rivolto solo allevento,infatti, trascura quello che c prima e quello che viene dopo,genealogie e accumuli. Il dato sicuro che una composizione simile aquella in varie forme insorta sulle due sponde del Mediterraneo non si sollevata in Italia. Non sono mancate le lotte (da quella della logistica aquella dellabitare, analizzate o accennate in questo volume); tuttavia,queste lotte hanno faticato a generalizzarsi e creare connessioni,incontrando limiti e problemi di cui utile discutere collettivamente.Inutile dire come nella crisi non manchino affatto rabbia e ragionioggettive per il conflitto: il punto capire perch abbiano spessoimboccato la forma della disperazione individuale o di azioni che nonriescono a ricomporsi. Le domande che ci attanagliano partono anche da questo dato, dallenostre difficolt e dalle battute darresto. Ci non significa tracciare unalettura incentrata sullItalia, al contrario abbiamo voluto confrontare ilimiti delle lotte che attraversiamo con lanalisi di quelle che accadonoin diversi luoghi del mondo e, contemporaneamente, comprendere leragioni strutturali di tali limiti per cercare la strada giusta daintraprendere per sfidarli e superarli. Per fare ci, questa una delleipotesi del seminario, riteniamo necessario riprendere in mano proprio ilconcetto di composizione di classe.Ben prima che la crisi avesse inizio abbiamo detto e ripetuto che ilrapporto tra composizione tecnica e composizione politica non si potevapi porre negli stessi termini in cui era stato forgiato nella conricerca enellintervento militante dentro e contro la fabbrica taylorista e lasociet fordista. Il punto, per, non limitarsi a ripetere questa veritdiventata ovvia, ma comprendere come si pu oggi reimmaginare ereinterpretare il rapporto tra articolazione capitalistica della forzalavoro, nella sua relazione con le macchine, e processi disoggettivazione. Per farlo, necessario fare tesoro delle ipotesi e deglisviluppi teorici compiuti nella lunga e irrisolta transizione

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  • postfordista, assumendone per al contempo i punti di blocco e i giria vuoto. Gli arnesi concettuali, infatti, non si costruiscono mai una voltaper sempre: da buoni materialisti, sappiamo che vanno continuamentemodificati, adattati o cambiati dentro le trasformazioni dei processistorici e del conflitto. In questi anni, nelle pratiche teorichesperimentate dentro le lotte e nellinchiesta militante, abbiamo potutoregistrare avanzamenti conquistati e necessit di verifica del discorsopolitico: lassorbimento nel lavoro vivo insieme alle macchine dellasofferenza e del comando capitalistico; una parziale autonomia dellacooperazione che funziona pi per laccumulazione che per le lotte; unacomposizione tecnica che fatica a diventare politica, ovvero la diventasoprattutto nei termini della soggettivazione operata dal potere. Il temadella composizione politica indica infatti un campo di tensione ebattaglia, al cui interno la soggettivazione capitalista pu confliggerecon la soggettivazione autonoma. Al contempo sappiamo che lacomposizione tecnica impregnata di lotte, cosa che ci ha sempreportato a guardare le nuove forme del lavoro senza le nostalgie per ilpassato tipiche della cultura sindacale e di sinistra.Per riprendere in mano questi fili interrotti o aggrovigliati, nellepremesse del seminario abbiamo aperto delle possibili piste di ricerca,che abbiamo cominciato ad affrontare nella discussione collettiva. Peresempio il concetto di sussunzione, nel suo classico rapporto tra reale eformale, va oggi probabilmente rivisitato, per qualcuno addiritturariformulato, alla luce delle nuove forme del lavoro e di organizzazionedella valorizzazione capitalistica. Mettendo in discussione unacontrapposizione tra unidea puramente estrattivista del capitale eunimmagine basata sulla sostanziale continuit dellimpresatayloristica, abbiamo poi posto il problema di indagare a fondo lemodalit e le variazioni dellarticolazione tra sfruttamento edespropriazione. Su questi e altri aspetti, dalla discussione seminarialeemergono punti di vista che interloquiscono con posizioni differenziate,allinterno per di una cornice e di unurgenza comune: la necessitcio che tale dibattito non rimanga vittima di una sorta di disputateologica dal sapore conciliare, per aprirsi invece alla materialit deiprocessi in cui siamo immersi.

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  • La crisi ha indubbiamente tolto alcune armi alle mani della macchina dicreazione del consenso del capitale, come per esempio levidenza dellacrescita perpetua e le promesse realizzate negli anni dello sviluppoeconomico foraggiato dal debito. Allo stesso tempo, tuttavia, ilpeggioramento delle condizioni materiali si traduce in un pi ampiomargine di ricatto sul lavoro vivo, mentre le aspettative decrescentipossono dare vita a una diffusa rassegnazione. Proprio la possibilit diricatto che accompagna il peggioramento generalizzato delle condizionidi vita tende a rompere i legami sociali e contribuisce allasegmentazione della classe, costituendo una delle pi potenti armi inmano ai nostri nemici. questo, in fondo, quello che possiamo definireuno degli usi capitalistici della crisi. Ecco alcuni dei problemi cui citroviamo di fronte nei tentativi, per esempio, di organizzazione deilavoratori cognitivi, perch allindividuazione della loro centralit nellegerarchie dellaccumulazione, non corrisponde in termini automatici laloro centralit nelle lotte. Proprio su questi segmenti della composizionedel lavoro hanno operato con pi forza dispositivi diindividualizzazione, segmentazione e disciplinarizzazione capaci di farfunzionare la loro parziale autonomia tecnica per e non contro ilcapitale. Non possiamo poi trascurare i cambiamenti e lulteriorestratificazione che hanno allungato e diviso il lavoro cognitivo,composto di net slave cos come di nuovi pionieri che propongono eimpongono un nuovo spirito del capitalismo. Sotto lo stesso tettocognitivo troviamo soggetti con un certo grado di autonomia(ancorch spesso precari) insieme a un vasto strato inferiore di lavororelativamente standardizzato o in via di standardizzazione; un nucleo disuper-creativi o soggetti in posizione di potere che hanno ancheformidabili possibilit di nuocere al sistema, come nel caso deiwisteblower, ma sono per la stragrande maggioranza completamentecoinvolti e soggettivati innanzitutto dal capitale. Arrivati a questo puntodella crisi, inoltre, a fronte di generalizzate dinamiche di declassamentoe impoverimento, le passioni del lavoro cognitivo sono innanzituttoquelle tristi e delloppressione, che talora sfociano in vere e propriepatologie e sofferenze psichiche. Passioni di cui disfarsi pi cheriappropriarsi. Dobbiamo allora comprendere come agire la tensione

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  • che si cela dietro allutilizzo capitalistico di alcune caratteristiche dellavoro cognitivo che contengono un certo potenziale di antagonismo eautonomia, il quale sembra essere ben neutralizzato dai processimeritocratici, illusionistici o ricattatori di creazione del consenso daparte del capitale. Anche a proposito dellautovalorizzazione, il prefissoauto pregno di ambivalenza, dentro il rapporto storicamentedeterminato tra retorica neoliberale e indipendenza della cooperazione,tra individualismo e comune. Dobbiamo collocarci allinterno di questaambivalenza, scioglierla dentro la formazione di autonomia, combinarerottura e processo costituente. Di recente Christian Marazzi ha sottolineato come uno dei tratti delciclo di lotte nella crisi che ha in occupy uno dei propri simboli sia larivendicazione di una nuova stanzialit contro i flussi deterritorilizzantidel capitale, ossia il ritorno di un rapporto dialettico antagonistico traspazio conquistato e despazializzazione. Ci significa che conquistare,occupare e quindi costituire degli spazi laddove tutto congiura contro lospazio, un presupposto importante per ragionare nel senso dellaricomposizione. Ricomposizione, appunto: ecco un concetto darileggere alla luce della potenza espressa dalle piazzeriterritorializzate (Tahrir, Zuccotti, Puerta del Sol), ma anche dallafragilit dei processi costituenti che hanno innescato. Per noiricomposizione non , e storicamente non mai stata, sinonimo diomogeneit e reductio ad unum: significa invece la costruzione di unalinea di forza che contiene, compatta, riassume e libera molte linee diforza, capace di determinare direzione. Dire ricomposizione significaporre il problema della rottura, in quanto la ricomposizione attorno allaproduzione del comune, come risultante dei processi diautovalorizzazione autonoma spacca la ricomposizione operata dalcapitale attorno alla propria valorizzazione e riproduzione. questa lastrada necessaria per distruggere i progetti di riterritorializzazionefascista, ponendosi allaltezza dello scontro con lausteritarismo delleistituzioni europee, a cominciare dalla BCE. Al contempo agire nelterritorio, nella metropoli come fabbrica delle relazioni, un altroprocesso in cui mettere a verifica la possibilit di connettere lotteportate avanti da figure molto diverse. Anche in questo caso la crescente

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  • disponibilit a lottare, conquistando laccesso a bisogni socialifondamentali come la casa oppure rifiutando le nuove schiavit sullavoro, porta con s molte sfide problematiche. Soltanto per citarnealcune, maggiormente sviluppate allinterno del volume, ci sono lanecessit di produrre solidariet (cosa non facile quando peggiorano lecondizioni materiali) per connettere materialmente soggetti differenti, ilrischio dello scatenarsi di guerre tra poveri, la vulnerabilit determinatadallisolamento, nel quadro di una tessuto sociale allarmato, scoraggiatoe dunque egoista.In questo groviglio di nodi irrisolti obiettivo del seminario non erascioglierli, ma cominciare a metterli in fila e porre ordine tra ledomande, poggiandole su solide piste e basi di analisi. Questa griglia diquestioni deve ovviamente essere messa a verifica e implementatadallinchiesta militante e dallintervento politico. Tuttavia, crediamo cheaver indicato questo obiettivo sia gi un passo importante dal punto divista del metodo. Nel porre laccento sui problemi delle categorie da noielaborate, sui loro giri a vuoto e limiti, abbiamo evitato di sostenere eribadire le buone ragioni che hanno portato alla loro elaborazione,alcune delle quali crediamo che permangano ai colpi della crisi e allamutazione dei contesti oggettivi e soggettivi. Lo abbiamo fatto perchdal nostro punto di vista dei concetti per noi sono arnesi per intervenirenel reale, per forzarlo, romperlo e trasformarlo. Per costruiresoggettivit, percorsi e prospettive rivoluzionarie.

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  • SCENARI GEOPOLITICI DELLA CRISI

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  • Paradigmi della governance imperiale(2008/2014)di Andrea Fumagalli

    IntroduzioneA sette anni dallinizio della crisi economica pi complessa e duraturadella storia del capitalismo ci troviamo in una situazione socio-economica che possiamo definire non risolta. Non pu stupire chi laosservi e la analizzi: si tratta, infatti, di una crisi che, per la prima voltanei tempi, ha assunto contorni globali, seppure diversi al suo interno. Enon pu essere altrimenti, poich essa esito di un processo pi chetrentennale di globalizzazione del sistema di produzione capitalisticoche ha interessato tutti i continenti, nessuno escluso. In passato, nei momenti di crisi, che vanno intesi anche come elementidi rottura dellordine preesistente, stato possibile individuare vieduscita, pi o meno accettabili, a seconda dei punti di vista. Nel 2011,nel saggio collettivo Nulla sar come prima. Dieci tesi sulla crisieconomica globale2, scrivevamo:

    Tradizionalmente i fenomeni di crisi del modo di produzionecapitalistico sono stati raggruppati in due categorie principali: le crisiche derivano dallesaurirsi di una fase storica e rappresentano lacondizione per aprire una potenziale prospettiva di cambiamento,oppure le crisi che intervengono come conseguenza di un cambiamentodella fase storica e del nuovo paradigma socio-economico che cercafaticosamente di imporsi. Nel primo caso, si parlato di crisi disaturazione, nel secondo di crisi di crescita. Seguendo questomodello, lattuale crisi potrebbe essere definita, a differenza di quelladegli anni Settanta e alla stregua di quella del 1929, come crisi dicrescita. Essa trova i suoi prodromi agli inizi degli anni Novanta,

    2 Andrea Fumagalli e Sandro Mezzadra (a cura di), collettivo UniNomade, Nulla sar come prima. Dieci tesi sulla crisi economica globale in Crisi delleconomia globale. Mercati finanziari, lotte sociali e nuovi scenari politici, ombre corte, Verona 2011, pagg. 209-228.

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  • quando iniziano a configurarsi le caratteristiche del capitalismocognitivo e ha termine la fase di fuoriuscita dalla crisi del paradigmafordista-taylorista (postfordismo come fase propedeutica albiocapitalismo-cognitivo)., infatti, a partire dalla seconda met degli anni Settanta che ha iniziola crisi irreversibile del paradigma taylorista-fordista fondato sulmodello produttivo della grande impresa e sulle politiche keynesianenate dalla crisi del 1929 e dalla Seconda guerra mondiale. Per tutti glianni Ottanta del secolo scorso, nel periodo cd. post-fordista, sonodiversi i modelli sociali e produttivi che preludono al superamento delfordismo, senza tuttavia che riesca a instaurarsi un paradigmadominante ed egemone. Nei primi anni Novanta, dopo il crackfinanziario del 1987 e la recessione economica del 1991-92 (intervallatadalla caduta del Muro di Berlino e dalla prima Guerra del Golfo), ilnuovo paradigma del capitalismo cognitivo inizia a dipanarsi in tutta lasua forza e contemporanea instabilit. Il ruolo dei mercati finanziari,insieme alle trasformazioni della produzione e del lavoro, si ridefiniscein questo contesto, mentre si modifica strutturalmente il ruolo delloStato-nazione e del welfare keynesiano. Mentre si consuma, cio, ildeclino dellintervento pubblico nelle forme in cui lo avevamoconosciuto nella precedente fase storica.La crisi finanziaria odierna, che segue altre crisi avvenute negli ultimitre lustri, evidenzia in modo sistemico e strutturale linconsistenza delmeccanismo regolatore dellaccumulazione e della distribuzione chesino a ora il capitalismo cognitivo aveva cercato di darsi. Sia chiaro,tuttavia, che parlare dellattuale crisi in termini di crisi di crescita nonsignifica in alcun modo sostenere il superamento automatico dellapresente fase in modo comunque positivo e socialmente soddisfacente.Possiamo oggi, a quasi quattro anni da questo testo, parlare di unacrisi di crescita? Credo di s, ma occorre un ripensamento. Unripensamento che nasce dalla constatazione che lattuale sistema divalorizzazione capitalistica ha assunto una forma poliedrica, eterogenea,multipolare. Ci significa che non ci troviamo di fronte a un sistemaomogeneo di sfruttamento ma a diversi sistemi di sfruttamento, i qualipresentano al loro interno difformi gradi di flessibilit, a seconda delle

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  • caratteristiche storiche e delle specificit territoriali. Di conseguenza, visono diverse modalit di uscita dalla crisi ipotizzabili. Anche ilcapitalismo diventato flessibile.Partendo da tale presupposto, in queste brevi note, si cercher diragionare su una complessa matassa. Per favorire lesposizione ritengoindispensabile cominciare con la presentazione di un tentativo (ancoraembrionale) di periodizzazione della crisi che ha attraverso il sistemaeconomico-finanziario dal 2007 a oggi. Il fine quello di consentire,per ci che possibile allinterno delle traiettorie geo-economiche chela dinamica della crisi ha delineato, di discutere le diverse forme dellavalorizzazione capitalistica, tra estrazione di ricchezza e captazione delcomune da un lato (dispossession/espropriazione/sussunzione vitale) edevoluzione delle forme di sfruttamento sempre pi riferite alla vita nelsuo complesso, dallaltro.

    Le traiettorie della crisiLa crisi, dunque, non la stessa che esplose nel 2007. Si possono oggiindividuare alcuni snodi fondamentali, che consentono di definirequattro fasi principali. Tali passaggi possono essere, in modo moltosommario, enucleati come segue:

    Fase 1. 2007-09: scoppio della bolla dei sub-prime e fine dellaconvenzione immobiliare la quale, dopo aver sostituito la convenzioneinternettiana dellultima decade dello scorso secolo, era diventata ilmotore dellaccumulazione finanziaria. Lepicentro della crisi negliUsa e raggiunge il suo culmine nel settembre 2008 con il fallimentodella Lehmann-Brothers. Inizia lera Obama con un deciso cambio dipolitica monetaria. Lortodossia neo-liberista (un ottuso laisser-faire,sostenuto dallideologia che i mercati - e in primo luogo il mercatofinanziario - siano in grado di autoregolarsi, selezionando le posizionimeno efficienti) lascia il campo a una politica monetaria espansiva(inizio del quantitative easing) accompagnata da una politica fiscaleaccomodante (aumento del debito Usa). Lintervento dello Stato nelsalvataggio delle banche in difficolt si estende anche a Gran Bretagna,Olanda, Francia e Germania.

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  • Fase 2. 2010-12: mentre gli effetti negativi sulleconomia reale,soprattutto europea, si intensificano, la speculazione finanziariainternazionale, favorita da un ulteriore processo di concentrazionebancaria e finanziaria, si indirizza verso due nuovi obiettivi: laspeculazione sulle commodities (derivati future sul petrolio, soia, grano)che sostiene la ripresa dei Paesi Brics (la speculazione sulle materieprime sempre un ottimo modo per ottenere facili e immediate plus-valenze) e la speculazione sui titoli di stato dei Paesi europei, chevedono aumentare il proprio debito soprattutto a causa della forterecessione del 2009 (mediamente il Pil diminuisce di quasi il 5 percento). Parallelamente aumenta linstabilit dei saldi commerciali, cheiniziano a presentare dinamiche sempre pi differenziate: Cina eGermania vedono aumentare il surplus, Usa e resto dEuropa vedonoaumentare il deficit commerciale. Iniziano cos a manifestarsi traiettorie geo-economiche diverse tra areedel pianeta:a. gli Usa sulla base della forte iniezione di liquidit della Fedpresentano una lieve ripresa, pi che altro drogata dalla politicamonetaria espansiva, anche in funzione della rielezione di Obama del2012;b. lEuropa entra nella spirale recessiva trainata dalle politiche diausterity imposte dalla Troika e procede a terminare il duplice progettodi smantellamento del welfare europeo verso forme sempre pi rigide diworkfare e di precarizzazione del mercato del lavoro;c. larea asiatica del sud-est (Cina in testa, India con pi difficolt)procede: i. al rafforzamento del controllo sulle rotte della logisticainternazionale e, ii. a rinsaldare la leadership tecnologica nei settori deibeni strumentali, pur in presenza (e a prezzo) di crescenti instabilit siasul fronte del mercato bancario interno che sul piano del conflittosociale;d. il continente sudamericano segnala un buon tasso di crescita, anchequi tuttavia caratterizzato da instabilit che cominciano a evidenziarsisoprattutto sul mercato delle valute e relativamente alla capacit politicadi far fronte alle aspettative di un ceto medio sempre pi desideroso didiritti sciali e reddito maggiore. Inizia farsi sentire la trappola del ceto

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  • medio (cfr. Gabriele Battaglia con riferimento alla Cina).

    Fase 3. 2013-2014: il 2013 a livello mondiale vede una forte crescitadegli indici azionari di tutto il mondo, a riprova che il processo difinanziarizzazione lungi dallessere controllato e dal presentaredifficolt. In uneconomia finanziaria di produzione ci non stupisce.Tale processo, tuttavia, non favorisce la stabilit internazionale verso unsentiero pi omogeneo di crescita. Siamo, infatti, in presenza di spintecentrifughe, che portano verso una decentralizzazione della struttura delpotere imperiale, sia a livello militare che economico e finanziario, eche prefigurano la possibilit di una nuova governance plurale, comedir pi avanti. LEuropa ancora impastoiata dagli effetti recessividelle politiche dausterity. Lelezione di Juncker come commissarioEuropeo ribadisce la linea continuista dellausterity. Pu darsi, anziappare sicuro, che si possano registrare degli allentamenti e unminimo di flessibilit nel vincoli posti dai patti di stabilit, ma lafilosofia economica di fondo non pare, almeno nel breve periodo,soggetta a mutamenti. La Germania stretta nella morsa tra gli effettinegativi della recessione europea del 2013 e della scarsa crescita nel2014, un tasso di cambio dellEuro sopravvalutato e la necessit dimantenere un surplus commerciale in grado di sostenere una minimacrescita. Ma i tassi dinteressi negativi e lo spettro della deflazione nonpromettono nulla di buono. La politica monetaria della Bce, pur nonconvenzionale non produce gli effetti desiderati in termini di crescitadella domanda aggregata (termine che nel discorso di insediamento diJuncker al Parlamento europeo non stato nominato neanche una voltamentre si parlato di deregolamentazione del mercato del lavoro percreare un clima imprenditoriale migliore!). Si enfatizza la necessit dipromuovere la crescita economica a livello europeo tramite un forteincremento degli investimenti, come il piano reso noto da Juncker il 25novembre scorso sembra far trapelare. Ma in realt i 315 miliardipromessi per il triennio 2015-2017 non sono altro che un altro tassellodelleconomia della promessa. Lesborso effettivo infatti solo di 5miliardi (e ci spiega perch la Germania non si oppone alla loro noncontabilizzazione nel calcolo del rapporto deficit/Pil , vista lesiguit

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  • della cifra) , a cui si aggiungono 16 miliardi, gi stanziati (e quindiprelevati) dal fondo Horizon 2020, per un totale di 21 miliardi chedovrebbero costituite il fondo di investimento base per la BancaEuropea degli Investimenti (BEI).

    Se i mercati finanziari si mostrano accondiscendenti e il clima difiducia (quale?) invoglia gli investimenti privati, si dovrebbe creare uneffetto leva pari a 15 miliardi (incredibile) ed ecco il risultato daprestigiatore: 21x15= 315 miliardi! Ancora una volta si fa esclusoaffidamento sulla dinamica speculativa dei mercati finanziari di creareliquidit (privata).

    Negli Usa, il quantitative easing di fatto imposto dalla necessit diassecondare le convenzioni speculative che l'oligarchia finanziariacontinuamente genera. Questo il primo obiettivo. Se poi c' anche unpo' di trickle down (sgocciolamento) sull'economia reale, meglio, manon l'aspetto importante. In tal modo si vuole ribadire che il cuoredella valorizzazione sono i mercati finanziari e una "politicakeynesiana" adeguata all'oggi per forza politica di sostegno allagrande finanza. Ci spiega il forte incremento dei titoli borsistici nel2013, anche a rischio di scatenare una nuova bolla immobiliaresoprattutto nel Sud America, in Cina, Filippine e Brics. Da qui lanecessit di evitare che la bolla speculativa si gonfi troppo rapidamentee di provvedere, ogni tanto, a un "raffreddamento". quello cheGreenspan negli anni 2000 chiamava "atterraggio sul morbido", con irisultati che si sono visti. in questo ambito che cominciata unapolitica di riduzione nella creazione di moneta (il famoso tapering) e sivocifera a inizio del prossimo anno di un possibile aumento dei tassidinteresse (anche in merito alla definizione del bilancio pubblico Usain un contesto politico che vede lintero congresso su posizionirepubblicana). E sappiamo che quando c' instabilit, sono i pi forti e ifree-rider a comandare.Tutto ci avviene nel momento in cui si registra anche una crescitadellinstabilit valutaria, innescata dalla politica di svalutazione delloyen giapponese (Abenomics), seguita da forti iniezioni di liquidit,

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  • politica che ha costretto sia la Fed che la Bce ad adeguarsi, con grandegioia della speculazione finanziaria. Lesito di questa politica statosoprattutto quello di minare la stabilit valutaria dei Paesi emergenti(dalla Turchia, India, Brasile, Argentina, ecc.) con effetti svalutativi einflattivi e conseguente aumento dei tassi dinteresse sul debito. in questo quadro che appare interessante la decisione presa dai Bricsnella riunione del 16 luglio 2014 di istituire per la prima voltaunistituzione finanziaria internazionale alternative a quelle, oramaidecotte, di Bretton Woods: una sorta di Banca Internazionali degliInvestimenti fuori dal controllo occidentale per finanziare infrastrutturecon una dote iniziale di 100 miliardi di dollari. Una notizia che non hafatto piacere ai principali quotidiani economici mainstream (che lhannodi fatto snobbata) perch pu segnare un cambio nella governancefinanziaria mondiale. La governance finanziaria occidentale (unita dalloslogan: Keynes in casa, Smith al di fuori dei confini) rischia cos divenire meno, dopo che stata gi persa la leadership economica.Allinterno di questo quadro, occorre poi prendere in considerazionelaumentata instabilit geopolitica, che interessa diverse areegeografiche. Facciamo riferimento al conflitto in corso in Ucraina,allindipendenza della Crimea sotto la guida russa (in grado cos diinterferire oggi in modo diretto sul 70 per cento del petrolio e del gasproveniente dal Mar Caspio), allIrak , dove in atto la possibile nascitadi un califfato che controlla parte dei pozzi petroliferi, alla Siria, alletensioni in Palestina.In particolare appaiono evidenti ed emblematiche (un possibilemodello?) le pressioni economiche sulla Russia di Putin di questi ultimimesi. La decisione dellOpec di non ridurre la produzione petroliferaanche a fronte di una diminuzione della domanda di greggio (a causadel rallentamento della domanda globale, sancito istituzionalmenteanche dallultimo G20: + 2,1 per cento nel 2016 rispetto al + 3,3 percento di oggi) favorisce il calo dei prezzi del greggio, un caloprobabilmente concordato anche alla luce della situazione geo-politicanel medio-oriente e funzionale pure alle economie del Golfo.Labbassamento del prezzo del petrolio al di sotto della soglia critica di70 dollari per barile ha per impatti pesanti sulleconomia russa, con

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  • perdite di quasi 100 miliardi di dollari stimati allanno e un calo del Pildello 0,8 per cento, con il rischio di scatenare un nuovo vulnus di crisi.La conseguente svalutazione del rublo non favorisce per lexportbloccato dalle sanzioni europee e Usa ma piuttosto una crescente fugadi capitali verso le piazze finanziarie occidentali (stimati in quasi 160miliardi di dollari) (e gli effetti sui tassi di interesse si sono fatti sentire,rinviando in avanti un loro possibile incremento da parte della Fed). Ildollaro si rafforza, il rublo crolla, leconomia russa rischia di andare inrecessione con effetti domino su tutti i Paesi Brics. Linstabilit che si cos generata ha al momento bloccato lascesa delle borse, anche perconsentire di capitalizzare i lauti guadagni del 2013 e presentarsi meglioattrezzati ad una nuova ondata speculativa di breve periodo.

    Fase 4. 2015, ovvero oggi: il IV trimestre 2014 lascia al nuovo announa pesante eredit, segnata da tanti focolai di instabilit. Il prezzo delpetrolio arrivato a sfiorare i 40 dollari al barile, accentuando in talmodo la crisi della Russia, che reagisce con la disdetta di Putindellaccordo con lEuropa relativo al gasdotto South Stream (checolpisce pesantemente la Saipem Italia). Tale mossa per il momentoappare ancora sulla carta e bisogner verificare se effettivamente sirealizzer, in quanto risposta contro lembargo europeo allexport russoma possibile boomerang per la stesa economia russa. La caduta del prezzo del petrolio ha anche ripercussioni sullaconvenienza di estrarre petrolio dalle sabbie bituminose. Vari studiconfermano che gli investimenti effettuati soprattutto negli ultimi dueanni per estrarre petrolio dalle riserve dette non convenzionaliprodurrebbero una perdita con un prezzo al barile inferiore ai 75$3. IPaesi pi colpiti sarebbero Canada, Argentina, Venezuela e in parteRussia (i cui giacimenti per, in Siberia, sono difficilmente utilizzabilial momento per difficolt estrattive), con ovvi vantaggi per i produttoridi petrolio tradizionale. Ci potrebbe spiegare il motivo per cuilOpec sinora non intervenuta per ridurre lofferta al fine di evitare la3 Si veda Redazione Qualenrgia.it, Petrolio da sabbie bituminose, a prezzi bassi a

    rischio 9 barili su 10, in Qualergia.it 2014, http://www.qualenergia.it/articoli/20141117-petrolio-da-sabbie-bituminose-con-barile-prezzi-bassi-rischio-investimenti

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  • caduta del prezzo del greggio in seguito alla stagnazione della domandacausa crisi economica. Il paese che al momento sembra approfittarne dipi sono gli Usa, che ottengono diversi vantaggi sia geopolitici chefinanziari. La crisi della Russia potrebbe indurre la Germania e i Paesieuropei a essere meno attratti dalle sirene dellEst e della Cina per gliscambi commerciali ma a guardare con pi favore laccordo di liberoscambio Trans-Atlantico (TTIP). Il TTIP un mercato unico propostotra Stati Uniti e Unione Europea, descritto come il pi grande trattatocommerciale del mondo: ha poco a che fare con la rimozione dei dazidoganali (tariffe) ma piuttosto ha lo scopo di ridefinire le regole di(libero) scambio relative ai diritti di propriet intellettuale (in sensorestrittivo, ovviamente) e alla possibilit delle multinazionali di potercitare presso terzi gli Stati che impongono loro controlli o pratiche cheesse ritengono lesive del libero commercio. Come candidamente haaffermato Kenneth Clarke, il ministro britannico promotore del TTIP: stato progettato per sostenere gli investimenti delle imprese in Paesidove il primato della legge imprevedibile, a voler dire il minimo. Inaltre parole, si tratta di sancire in modo istituzionale il primato degliinteressi multinazionali rispetto agli standard di garanzia e di controlloancora oggi vigenti in molti stati europei, in alcuni settori legatiallistruzione, alla salute e alla cura della persona (settore farmaceutico,della formazione, alimentare, ecc.). In tal modo gli Stati Uniti cercanodi recuperare il terreno perso sul piano dei rapporto commerciali etecnologici, oggi sempre pi a vantaggio dei Paesi Brics. Inutile poiaggiungere che un calo del prezzo del petrolio determina una riduzionenei costi di produzione e quindi, soprattutto per il settore manifatturiero(comunque assai ridotto rispetto al passato) , favorisce un potenzialeaumento dei profitti.

    Dal lato finanziario, la crisi russa e le difficolt di altri Paesi comelIndia favoriscono un aumento del flusso dei capitali internazionaliverso i mercati anglosassoni, alimentando un circolo virtuoso trarivalutazione della moneta americana e della sterlina inglese e avanzinei movimenti di capitale. Ne consegue un calo dello yen giapponese edelleuro. In Giappone la svalutazione controllata doveva essere, come

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  • abbiamo gi ricordato, lo strumento dellAbenomics per rilanciareleconomia giapponese. A due anni di distanza, possiamo registrarne ilfallimento completo, con leffetto di favorire ulteriormente laumentodei flussi di capitale verso gli Usa e solo limitatamente in Cina, visto larigida struttura del mercato cinese del credito. In tal modo gli Usacercano anche sul piano della finanza di recuperare parte diquellegemonia finanziaria che la crisi del 2008-09 aveva fortementescalfito. Difficile dire se questi sommovimenti saranno in grado di definire unanuova gerarchia pi stabile sia sul piano finanziario che geo-economico,vista la fluidit e la complessit dellodierno contesto internazionale. Disicuro ci si muove sulla lama del rasoio. E lo dimostra soprattutto lasituazione Europea, larea che maggiormente schiacciata tra le volontdi potenza dei Brics da un lato e dagli Usa dallaltro. Gli scenari che sipossono aprire con le prossime elezioni greche sono visti con crescentepreoccupazione dallestablishment europeo. La montante critica allepolitiche dausterity potrebbero coagularsi in un nuovo fronte che dallaGrecia (dopo la vittoria di Syriza) si muove verso la Spagna (Podemos)e lItalia, avanzando proposte di ristrutturazione del debito e di rilanciodei redditi da lavoro a danno delle rendite finanziarie. La BancaCentrale della Svizzera stata costretta, di fronte alla svalutazionedellEuro, ad abbandonare il rapporto di cambio fisso di 1,2 franchi perEuro. In entrambi i casi, le oligarchie finanziarie hanno reagitoscompostamente, preferendo capitalizzare subito il capitalizzabile. La stessa BCE, non a caso a pochi giorni dalle elezioni greche, haufficialmente varato, dopo numerosi tentennamenti e opposizionisoprattutto dal neo-ordoliberismo tedesco, il piano di QuantitativeEasing di 80 miliardi di euro al mese sino al settembre2016. Lintento,tramite liniezione di poderose dosi di moneta tramite lacquisto di titoli(prevalentemente pubblici), non tanto di ridurre il rischio di deflazione(comunque presente) ma di attivare un moltiplicatore finanziario ingrado di controllare i tassi dinteresse soprattutto dei titoli pubblici (marimane lincognita della Grecia), pompare le plusvalenze finanziarie ein tal modo garantire la stabilit dei mercati finanziari. Continua,tuttavia, ad aggirarsi lo spettro del peggioramento della distribuzione

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  • del reddito, che - bene ricordarlo - il primo fattore di crisi,soprattutto in Europa, dove tale tendenza acuita dalle politiche diausterity e dalla privatizzazione del welfare. Il QE della BCE, lungidallaffrontare questo aspetto, lo peggiora. I primi a essere beneficiatisaranno infatti proprio i mercati finanziari e solo poche briciole (se cene saranno) andranno ad appannaggio delle moltitudini europee. Ancorauna volta, se le politiche monetarie espansive non sarannoaccompagnate dallabbandono delle politiche di austerit edalladozione di politiche di redistribuzione del reddito, si rivelerannoper quello che sono: arricchire i pochi per impoverire i molti(http://quaderni.sanprecario.info/2015/01/quantitative-easing-e-elezioni-greche-un-cambio-in- europa-di-andea-fumagalli/).Diversa la situazione degli Usa, dove il calo del petrolio, la liquiditderivante dagli avanzi crescenti dei movimenti di capitale e laperdurante politica monetaria espansiva (quantitative easing) haconsentito nellultimo trimestre una crescita economica che tende adavvicinarsi a quella pre-crisi. Ma sar vera crescita o piuttosto un fuocodi paglia? Gli elementi di fragilit a livello globale infatti aumentano e i fattori distabilit crescono. Di fatto la Cina (e in subordine alcuni Paesi BricsdellAmerica Latina), finch siamo in presenza di elevati tassi dicrescita, a svolgere un ruolo di governance stabilizzatrice e acompensare gli effetti degenerativi (e destabilizzanti), a livellomacroeconomico, causati dalla crescente polarizzazione de redditiglobali e soprattutto allinterno delle singole aree geoeconomicheprincipali in seguito alla concentrazione delle plusvalenze maturate daimercati finanziari negli ultimi anni.In conclusione, a sette anni dallinizio della crisi, diversamente daquanto successo allindomani della crisi della net-economy delDuemila, non si ancora materializzata, anche figuratamente, unanuova convenzione finanziaria, in grado di individuare la traiettoriafutura della valorizzazione economica. La green-economy rimane alpalo, i processi di gentrification e di speculazione del territorio, seppurripresi in grande stile negli Usa (meno) in UK (di pi) e nel Sud-Estasiatico (Cina e Filippine, ancora di pi) non sembrano essere in grado

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  • di ridiventare forza trainante della valorizzazione finanziaria. Il recenteaccordo Cina-Usa sul clima potrebbe essere forse un primo passo nelladirezione della convenzione verde. Ma forse ancora pi di maggiorattualit lo sviluppo di una convenzione finanziaria che vedenellattivit bellica frammentata e diversificata la nuova possibile baseper la ricostruzione di un nuovo ordine imperiale che al momento, nelcontesto post-crisi, non riesce pi a darsi. Si naviga a vista.

    Le forme della valorizzazione capitalistica: espropriazione delcomune, composizione organica del capitale, sfruttamento del biosLevoluzione della crisi ha confermato alcune intuizioni che giavevamo avanzato negli anni precedenti, allinterno dellapproccio neo-operaista o marxista autonomo. Le riprendiamo in modo sommario:

    a. Con la fine del paradigma fordista-taylorista, il nuovo modello diaccumulazione tende sempre pi basarsi su due pilastri principali: da unlato la finanziarizzazione dellintero ciclo di valorizzazione, conleffetto del divenire rendita del profitto e di quote crescenti dei redditida lavoro (a prescindere dalla sua remunerazione: salariale, autonoma,di compartecipazione, gratuita, coercitiva) , dallaltro lacognitivizzazione della prestazione lavorativa a seguito della mutatagovernance proprietaria, meno rivolta alla propriet privata materiale(leggi mezzi di produzione) e sempre pi finalizzata al controllo deiflussi di sapere e di tecnologia di tipo immateriale, nonch allaconcentrazione del controllo dei flussi finanziari in poche mani. infatti da tali ambiti che si manifesta quella cooperazione sociale erelazionale e quella riproduzione sociale che sono oggi, pur in modidifferenti, la pi rilevante base (in termini di generazione di plusvalore)dellaccumulazione capitalistica.b. Se il processo di finanziarizzazione sino allinizio della crisi sottoil controllo delle potenze imperiali dellOccidente e ne rappresenta lasua fonte di valorizzazione principale, il processo di cognitivizzazionee di indirizzo del paradigma tecnologico tende sempre pi a divenirepolicentrico e non pi concentrato nel Nord-Ovest del globo. Si aprononuove direttrici tecnologiche che da Nord interessano sempre pi lEst e

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  • il Sud del mondo. Non stupisce che dal 2006 la Cina sia diventata lanazione con la pi elevata quota di export in prodotti high-tech e inbrevetti. Prima della crisi abbiamo quindi una governance finanziariaancora concentrata in mondo prevalentemente anglosassone, mente lagovernance dei saperi e della conoscenza tende a spostarsi a oriente equindi anche verso il Sud del mondo (Sudamerica e Sudafrica). c. Le diverse configurazione economiche attuali generate dalla crisi cidicono che anche la governance finanziaria diventata policentrica eimperiale su scala globale. in questo passaggio che si attua ci cheabbiamo definito la crisi della governance finanziaria cos come laavevamo ereditata da quasi trentanni di neoliberismo occidentale. Ed in questo passaggio che si registra la crisi del processo di valorizzazionein Europa e nei Paesi anglosassoni. solo il mantenimento unilateraledel potere militare e poliziesco su scala globale che consente agli Usa eai suoi alleati di poter ancora influenzare i conflitti in corso, ma semprecon minor efficacia e successo. d. Allinterno di questo quadro, il processo diaccumulazione/valorizzazione capitalistica varia da area ad areageografica perch diverse sono le caratteristiche e le soggettivit dellavoro vivo di volta in volta interessato. Una nuova divisioneinternazionale del lavoro si sta definendo, una divisione del lavoro che,a differenza del passato, non si basa sulla diversa specializzazione(mansione) del lavoro allinterno di un contesto produttivotendenzialmente omogeneo (quello manifatturiero-materiale) ma sunuovi elementi che prescindono la condizione lavorativa stessa mahanno che fare, da un lato, con il diverso grado di accesso allaconoscenza (divisione cognitiva del lavoro), dallaltro, con la messa avalore della vita (divisione vitale del lavoro) e del territorio(gentrification e spazio virtuale: divisione spaziale del lavoro). e. Il processo di valorizzazione si presenta oggi assai variegato eflessibile, pur se caratterizzato da alcuni elementi comuni:i. lestrazione di plus-valore avviene tramite forme di sussunzioneformale e non solo di sussunzione reale (come prevalentemente era nelfordismo). ii. siamo in presenza anche di una nuova forma di sussunzione, che

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  • possiamo definire sussunzione vitale, la cui intensit dipende dal gradodi divisione cognitiva e divisione vitale del lavoro. Per sussunzionevitale, intendiamo lo sfruttamento diretto della vita messa a lavoro (cheva oltre la semplice sussunzione reale, perch si modifica il rapportobios/macchinico) e non solo lo sfruttamento a valle dellacooperazione sociale e relazionale degli individui (sussunzioneformale). Il modo con cui la vita produce valore assume infatti diverseforme a seconda delle soggettivit e dei contesti socio-produttivi erelazionali. iii. lintensit dello sfruttamento nel bio-capitalismo cognitivorelazionale e finanziarizzato risulta di gran lunga superiore a quellapresente nel capitalismo fordista, ma assume modalit e combinazionidiverse tra i tre tipi di sussunzione test menzionati (reale, formale,vitale). In altre parole, siamo di fronte alla compresenza diespropriazione (dispossession) e sfruttamento (exploitation).iv. Laccumulazione per espropriazione pu essere letta in due diversimodi, alla Derrida o alla Harvey. Nel primo caso il fenomeno siriferisce essenzialmente ai processi di privatizzazione di beni pubblici ebeni comuni (ad esempio, lacqua), nel secondo caso si riferisce alsaccheggio che i Paesi occidentali compiono nei confronti di altri Paesi,ricchi di materie prime o nuovi ambiti di realizzazione, come strumentodi ridistribuzione del surplus produttivo che non riesce a essererealizzato dai Paesi pi ricchi, oggi in crisi. La crisi valutariainternazionale pu essere anche analizzata alla luce di questi processi.In entrambi i casi, si tratta di forme di accumulazione originaria equindi di sussunzione formale.

    La differenziazione di forme diverse di sussunzione evidenzia che lacomposizione organica del capitale non solo deve essere ridefinita inpresenza di prestazioni lavorative n cui prevale lantropogenizzazionedel macchinico (vedi il lavoro digitale, ad esempio) ma diventa a suavolta varia, a seconda del tipo di accumulazione prevalente in un datocontesto geo-economico. Non solo il lavoro si flessibilizza, ma anche ilcapitale. questo il principale lascito della crisi attuale ed anchequesto il nodo teorico da sciogliere.

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  • La crisi rende il capitale eterogeneo ma anche le modalit diestrinsecazione del comune (la sua composizione viva, si potrebbe dire)sono anchesse eterogenee. comunque possibile cercare di individuare una mappa dellavalorizzazione del capitale, a seconda del peso di alcune tipologie dilavoro, sulla base del contenuto di cognitivit/apprendimento,relazionalit e cura della prestazione lavorativa.Per esempio, il lavoro digitale pu essere soggetto sia a forme disfruttamento classiche, riconducibili a processi di sussunzione realedel lavoro al capitale, che a forme di spossessamento (per usare untermine caro a David Harvey: accumulation by dispossession),caratterizzate dalla cattura a valle dellattivit lavorativa autonoma dellacooperazione sociale e quindi pi riducibili a processi di sussunzioneformale. In effetti, come numerose ricerche evidenziano, il lavoro digitalefinalizzato a produzioni tendenzialmente immateriali (che comunquepossono essere parti di una filiera anche materiale) caratterizzato dallasimbiosi di processi di apprendimento e di rete, che acquistano valore(in senso capitalistico) solo nel momento stesso che si socializzano.Apprendimento e relazione sono i fattori costituenti della prestazionelavorativa, veri e propri fattori produttivi che si muovono sul crinale chevede da un lato il manifestarsi di un processo di autonomia e diautovalorizzazione, dallaltro lacuirsi di processi di controllo,governance (pi indiretta che indiretta) ed eterodirezone. Da questopunto di vista, il lavoro digitale espressione del comune(commonwealth), che gi di per se stesso valore duso potenziale manon per questo immediatamente valore duso effettivo. Laddove ci siverifica, siamo allora in presenza di processi di autovalorizzazione -come in alcuni casi nel lavoro artistico o nel lavoro affettivo o nellavoro simbolico quando viene svolto per la propria realizzazione (e qui corretto riferirsi al work) - e la traduzione in valore di scambio, seavviene, si attua principalmente tramite processi di espropriazione delcomune socializzato. Ma contemporaneamente, proprio per lintensit duso delle nuovetecnologie linguistico-comunicative, il lavoro digitale testimonia anche

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  • lesistenza di immediata valorizzazione capitalistica nel momento in cuisi svolge e non esclusivamente ex-post, a valle. Siamo, cio, in co-presenza di processi di sussunzione reale e formale, la cui linearitspesso si traduce in non-linearit e interdipendenza dinamica. Perquesto si pu parlare, sinteticamente di processi di sussunzione vitaledel lavoro digitale al capitale, intesa non semplicemente come somma, aseconda delle modalit e della tempistica, di sussunzione reale eformale, ma come fattore di cumulabilit, in cui non solo luno si fa indue, ma luno pi uno fa pi di due.Diverso contesto quello che caratterizza il lavoro di cura e diriproduzione sociale, dove il processo di estrazione/espropriazione(tramite salarizzazione) si verifica pi ex post che nel momento dellaprestazione e lo stesso si pu dire per il lavoro artistico. Spesso e volentieri le filiere di produzione anche su scalainternazionale sono costituite da una multiformit dei processi disussunzione. Su questi temi si dovr cominciare a interrogarsi. Ancheperch se vero che oggi la valorizzazione capitalistica si fonda su piparadigmi di accumulazione che rimandano a diverse modalit disussunzione e a composizioni organiche del capitale non pi definibiliin modo omogeneo, ci implica che siamo in presenza di composizionitecniche del lavoro altrettanto differenti, ancora oggi da indagare conpi precisione. E qui che interviene il tema delle soggettivit multipleche regolano pi sul piano micro che macro sul piano dellacontrattazione individuale.

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  • Fascinazioni multipolariste e geopoliticadelle lottedi Raffaele Sciortino

    Premessa: una geopolitica delle lotte in prospettiva anticapitalistasuona come un ossimoro suscitando sufficienza o fastidio. E invece lageopolitica un tempo si diceva Weltpolitik o imperialismo lotta diclasse in altra forma, non riconosciuta come tale. Lo aveva capito ungrande reazionario: La storia del mondo la storia della lotta dellepotenze marittime contro le potenze terrestri4, mimando e stravolgendoil vecchio adagio comunista... Gli ultimi mesi hanno segnalato un intreccio, un po disorientante, trarelativa impasse della situazione economica e smottamenti significativia livello geopolitico. La crisi globale tuttaltro che superata nonprecipita grazie a bolle finanziarie sempre pi grosse alimentate dapolitiche monetarie ultraccomodanti (neo-keynesiane). Sullaltroversante sotto gli occhi di tutti il ritorno aggressivo delliniziativainternazionale degli Stati Uniti a tutto tondo: dallUcraina al MedioOriente allEst asiatico. Tutto ci sembra a prima vista inquadrarsi benein quelle analisi che leggono loggi e ancor pi il domani delcapitalismo alla luce della contrapposizione tra la geopolitica del caosUsa, egemone globale in difficolt se non in declino, e il trendinarrestabile verso uneconomia globale di tipo multipolare incentratasu grandi poli e aree regionali.Questo tema, geopolitico e geoeconomico, chiaramente cruciale insenso analitico e politico e fa da sfondo, per lo pi implicito, odovrebbe fare da sfondo a ogni seria discussione sulla crisi in corso. Ilmodo migliore, anche se indiretto, per affrontarlo in prima battuta non di tracciare astratte previsioni, ma discutere i termini della questione,esplicitarne i nodi anche teorici e le implicazioni politiche. Qui misoffermo su due aspetti, e altrettanti rischi, delle rappresentazionicorrenti: il rischio di una lettura eccessivamente lineare dei trend in attocon esiti da fascinazione multipolarista; il rischio di fascinazioni

    4 Carl Schmitt, Terra e mare, Adelphi, Milano 2002, p. 18.

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  • geopolitiche senza lotta di classe.

    Status quaestionisSe volessimo fotografare con una battuta lattuale situazionegeopolitica potremmo forse parlare di una compresenza sempre pisofferta di due situazioni potenzialmente contraddittorie. Da un lato,linsofferenza di attori forti e/o rilevanti del sistema internazionale(Cina, Russia, Germania, gli altri Brics) verso il caos prodotto dagliUsa. Dallaltro, i timori nelle lites di questi stessi attori in rottura ofrizione con gli Stati Uniti per il possibile caos senza e controlegemone a stelle e strisce5.Lintera situazione internazionale si muove tra questi due policontraddittori. E si tratter di vedere come vengono a inserirsi in questole soggettivit potenzialmente antagoniste.

    InsofferenzeDunque, un quadro di insofferenza sempre pi ampia di importantiattori nazionali verso il prelievo che gli Stati Uniti operano sulle catenedel valore globale. Si tratta di un prelievo innanzitutto finanziariobasato sul dollaro come mezzo di pagamento e di riserva internazionale prelievo rafforzato dopo lo sganciamento dollaro-oro di Nixon e ilpassaggio al Treasury-bill Standard6 e sui prestiti e sui mille altridispositivi speculativi, nonch nella globalizzazione su quella tassa suiservizi commerciali essenziali che le economie soprattutto emergentidevono pagare per poter accedere ai mercati mondiali (di cui hannocomunque usufruito in questi decenni). Si tratta poi del quasimonopolio o comunque della leadership nei settori a tecnologia5 Non oggetto di questo contributo il nesso tra questa configurazione geopolitica e

    la crisi della valorizzazione capitalistica che fa da sfondo alla prima, nella forma della deflazione da debito (in termini marxiani: svalorizzazione del capitale fittizio).

    6 Per un primo approccio al concetto vedi An interview With Michael Hudson on Economic Violence by Greg McInerney (http://www.counterpunch.org/2003/04/21/an-interview-with-michael-hudson-author-of-super-imperialism/edi ). Da notare che Hudson non un marxista bens un neokeynesiano consapevolmente anti-imperiale (a differenza di molti neokeynesiani europei filo-imperiali).

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  • avanzata, strettamente intrecciati alla ricerca e produzione di guerra,dallinformatica alle tecnologie della comunicazione, alla industria dellasalute e dellagro-industriale, ai brevetti e diritti di proprietintellettuale7. Sono elementi che i declinisti (ovvero i teorici e/osponsor del declino statunitense) spesso e volentieri dimenticano anche al di l di una metafora naturalistica gi di per s discutibile.A fronte di questo prelievo i paesi emergenti e la capofila Cina, siaeconomicamente che politicamente, insieme con la Russia, vannomuovendosi verso una sempre maggiore autonomia. Non perch inassoluto non vogliano pi pagarlo, per. Tanto meno perch ci sia ingioco una qualche istanza antimperialista di vecchio tipo, come fu perle lotte anticoloniali o ancora negli anni Settanta con il tentativo di unNuovo Ordine Economico (terzomondismo). Rispetto a quelle fasi, ladistanza enorme: il percorso della Cina e degli altri paesi emergenti determinato dalla volont di proseguire semplicemente sul tracciatodi uno sviluppo capitalistico normale, senza incorrere in un prelievotroppo esoso e soprattutto nel caos prodotto da Washington8. Ora,proprio questa volont di semplice sviluppo9 che comunque cosadifferente dal growth del modello anglosassone, sia per oggettivedifferenze di percorso sia per la chiara percezione delle conseguenzepotenzialmente devastanti della finanziarizzazione, con importanti7 I dati e le valutazioni su shale gas e re-industrializzazione (in-shoring) sono

    invece molto pi controversi e discutibili.8 Nelle parole di Putin: divergenze negli approcci e negli interessi tra economie

    emergenti ed economie sviluppate. Mentre da una parte nasce uno squilibrio sul fronte del capitale, dall'altra parte spuntano squilibri sul fronte dei flussi commerciali. Nelle economie sviluppate c una grande quantit di capitale libero, e il problema distribuirlo in modo efficace e affidabile in regioni ed economie che garantiscano stabilit, che difendano la propriet e generino un profitto, che portino entrate alle economie sviluppate. Per questo esportano capitale, mentre i Paesi emergenti formano i flussi commerciali. I primi devono essere sicuri che i loro capitali vengano distribuiti in modo affidabile, mentre gli altri ricettori di questi capitali devono essere sicuri che le regole del gioco non vengano cambiatecome piace a quelli che esportano capitali, anche per ragioni politiche (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-14/putin-pronti-catastrofica-caduta-prezzi-energia--100121.shtml?rlabs=1).

    9 Si veda il progetto russo per un corridoio infrastrutturale euroasiatico Razvitie, dalchiaro approccio industriale piuttosto che postindustriale.

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  • implicazioni anche dal punto di vista del posizionamento delle classilavoratrici questa spinta dei poli non occidentali si fa forte non solodei tassi ancora notevoli di accumulazione ma anche della crescentetessitura di trame commerciali e di investimento che bypassano i circuitioccidentali. questa la novit, basta guardare alle intese sponsorizzateda Mosca e Pechino per aggirare luso del dollaro negli interscambicommerciali reciproci e con altri paesi, allo storico contratto di maggioper la vendita a Pechino del gas della Siberia orientale10, agli accordidello scorso luglio per la creazione di una banca dei paesi Brics e diottobre per una Banca Asiatica per le Infrastrutture incentrata suPechino, tutti passaggi che inquietano moltissimo Washington come ilrecente vertice pechinese dellApec ha messo in evidenza. allinterno di questo quadro che opera il trend di una possibile rotturadellasse transatlantico da parte della Germania (plausibilmente masenza poterlo approfondire qui: lEuropa o accentrata su Berlino o non). I segnali oramai ci sono e vanno accumulandosi: dallo scontrosulleuro11 e sulle diverse, fino a un certo punto, strategie delle BancheCentrali, allaffare Snowden (rilevante anche per gli umori dellapopolazione tedesca), dagli interventi in Libia e Siria alla questionedellUcraina (dove comunque la posizione tedesca non appiattita suquella americana non certamente pulita verso Mosca). In gioco laproiezione a Oriente della Germania e quindi dellEuropa. Che quelloche gli Stati Uniti vogliono e debbono bloccare. Per Washington la Cinadeve restare un produttore a basso costo sul margine inferiore del valoreaggiunto, la cui gran parte deve da un lato andare alle multinazionali edallaltro venir riciclato attraverso il dollaro, vuoi come valuta di riservadi fatto obbligatoria, vuoi come acquisto dei buoni del tesorostatunitensi, cos da sostenere lindebitamento e i consumi statunitensi. quello che stato definito Bretton Woods II, che peraltro ha permessoalla Cina negli ultimi decenni di accedere al mercato Usa e mondiale.Per la Germania, oggi, inizia ad aprirsi una divergente prospettivarispetto alla Cina, quella di contribuire con la propria tecnologia

    10 Replicato dallaccordo di novembre sul gas della Siberia occidentale da destinare alla Cina occidentale.

    11 Si veda http://insurgentnotes.com/2012/06/chicken-game-eurocrisis-again/.

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  • produttiva, con i propri capitali, e quindi con un prelievo imperialista inproprio, sia chiaro, al salto economico cercato dalla dirigenza cineseverso produzioni pi avanzate, il lancio delle nuove vie della seta e unparziale ribilanciamento da un modello incentrato sullexport a unobasato su consumi interni e urbanizzazione armoniosa (riformadellhukou e nuove norme sulla propriet della terra).Ma gli Stati Uniti non possono accettare uneconomia cinese che risalela catena del valore in direzione di una maggiore autonomia eprotagonismo sui mercati globali: questo che temono e non il tantostrombazzato superamento in termini di Pil a parit dacquisto. Nonpossono accettare neanche un ordine regionale asiatico a dominantecinese in senso geopolitico tradizionale. Di qui i tentativi di nuovocontenimento anti-cinese attraverso il rafforzamento delle alleanzebilaterali storiche (strategia del Pivot to Asia) e il tentativo economicodella Trans-Pacific Partnership (Tpp).Mente Berlino pu, ma siamo sempre nellordine delle possibilit,mettere in campo unopzione differente.

    e timori sistemiciE per attenzione a letture eccessivamente lineari di questi trend.Non solo n tanto che la Germania per restare al tema di unpossibile punto di rottura transatlantico ha comunque i suoi interessi.Nei confronti della Russia questo palese sia nella vicenda ucraina siasulla questione energetica (le imprese russe non debbono entrare comecompetitor nella distribuzione del gas in Europa ma solo fornire lamateria prima). Berlino, certo, stata scavalcata dallincursione diWashington a Kiev, ma punta di suo a tornare a un rapporto con unaRussia indebolita cui imporre il proprio di prelievo imperialista. Persistepoi una fortissima rete di legami politico-diplomatico-militari, noncheconomici, con gli Usa che al tempo stesso possono giocare sulleperiferie europee filoatlantiche (Est Europa e Italia). Inoltre lapopolazione tedesca, per quanto in parte dagli umori sempre menofiloatlantici, sarebbe impreparata a una vera rottura.Ma il vero punto un altro, e attiene a una considerazione sistemica.Gli Stati Uniti, comunque la si voglia vedere, continuano a tuttoggi a

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  • ricoprire un ruolo sistemico imperiale, per quanto producendo semprepi caos e di rimando insofferenze ai quattro angoli del globo. Un ruolosia geopolitico in senso stretto la schiacciante superiorit militare siae forse soprattutto di ordine globale. Dovesse scoppiare un motorivoluzionario destabilizzante, ovunque si desse, Washington sarebbelunico attore in grado di soffocarlo. Qualche segnale lo abbiamo giavuto con piazza Tahrir, dove Obama intervenuto a detournare12 lasollevazione araba, a partire dallintervento in Libia per poi passare altentativo di regime change in Siria fino alle recenti manovre intorno alfantomatico califfato13.Analogamente, sul piano economico, gli Stati Uniti sono a tuttoggi ilperno del sistema di riciclo della liquidit internazionale e dei surpluscommerciali di Cina e Germania oltre che della rendita petrolifera, cioquellelemento del sistema che finora ha per cos dire chiuso il cerchiodei circuiti globali rispetto ai quali non si torna impunemente indietro senon con sconquassi e disconnessioni che nessuno ovviamente almomento vuole.Insomma, la funzione imperiale scossa, in alcune parti inceppata,anche gravemente inceppata come negli States e, di rimando, in Europa,ma non facilmente sostituibile, perlomeno sul breve e medio periodo,anche per gli altri grandi attori capitalistici. Sia oggettivamente, perchnon facile mutare le relazioni strutturali tra i perni dellaglobalizzazione; sia soggettivamente per le reazioni statunitensi, comegi si pu largamente vedere, anche tenuto conto dei costi sociali interniche un cambiamento internazionale profondo avrebbe negli States.Certo, una funzione pagata sempre pi caramente in cambio di unprelievo sempre pi esoso e percepito sempre pi come tale. Ma nessuncompetitor globale anti-Usa in vista14. Ed proprio su questa rendita

    12 Si veda Raffaele Sciortino, Obama dopo Osama, in InfoAut, 2014, disponibile allindirizzo http://www.infoaut.org/index.php/blog/global-crisis/item/1581-obama-dopo-osama

    13 Si veda RK, Il Califfato non esiste..., in InfoAut, 2014, disponibile allindirizzo http://www.infoaut.org/index.php/blog/global-crisis/item/12839-il-califfato-non-esiste

    14 Si veda il pur duro discorso di Putin a Sochi il 24 ottobre scorso (http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=111457&typeb=0).

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  • di posizione sistemica, poggiante su un apparato finanziario ecognitivo ancora ineguagliato, che Washington pu permettersi di fareci che il suo indebitamento vieterebbe a qualunque altra potenza.Se cos, sono evidenti tutti i limiti, e la fascinazione, delle letturelineari incentrate sul multipolarismo15 e sulla creazione di grandi areeeconomiche regionali intorno a poli di riferimento egemonici. Sia nellevarianti armonicistiche: possibilit di un accomodamento generale sesolo gli Usa riconoscono il proprio declino relativo e/o la complessitdel mondo attuale (senza che entrino in gioco fattori di classe se non neitermini del buon governo delle popolazioni). Sia nelle varianticonflittuali: per esempio, quando si ragiona su un diverso ruolopossibile dellEuropa, su spinta dal basso, in un futuribile mondomultipolare senza mettere in conto sconquassi geopolitici.Per concludere su questa prima parte, abbiamo allora una concretapossibilit di sconvolgimento degli assetti geopolitici ed economiciinternazionali, ma al tempo stesso trend niente affatto lineari. N vaescluso un ricompattamento, almeno provvisorio, del blocco occidentalecomprensivo anche di una Germania neo-bismarckiana16.In una battuta: con gli Usa la globalizzazione rischia di incasinarsiprofondamente, senza gli Usa di rompersi e ci perderebbero tutti.Conseguenza: sempre pi caos, oggettivo e prodotto dallegemonia17,con lo scongelamento dei fronti geopolitici e la destrutturazione di

    15 Tipici di questa interpretazione i contributi sul sito asiatista di geopolitica Atimes.com. Si veda anche Pierluigi Fagan, Al margina del caos, in Globalist, 2014, disponibile allindirizzo http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108475. Spesso Arrighi, a torto o a ragione, viene letto in questo modo, soprattutto sulla scorta di Adam Smith a Pechino.

    16 Sul dibattito di politica estera interno allestablishment tedesco si veda per gli atlantisti lintervento su Internationale Politik sett-ott 2014 di J. Bittner; per i fautori di una posizione che senza rompere con Washington elabori una strategia eurasiatica pi indipendente, sulla linea multilateralizzare lAmerica, europeizzare la Russia, si veda il lavoro della Stiftung Wissenschaft e Politik e del German Marshall Fund, ottobre 2013.

    17 Di strategia del caos controllato da parte statunitense ha parlato Sergej Glazev, consigliere di Putin (si veda il manifesto, 10 agosto 2014), che contro di essa auspica una coalizione anti-guerra di nazioni in grado di stabilizzare leconomia mondiale e (si noti bene) ridurre le diseguaglianze sociali.

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  • intere entit statali, dal Medio Oriente ai confini cinesi, mentre nonsono previsti spazi di effettiva autonomia per nessun attore regionale.Il che ci lascia con due grosse questioni, entrambe non facilmenteinquadrabili allinterno di un approccio estrattivista18 che fatica a renderconto delle dinamiche inter-capitalistiche, nonch a tematizzare ilrapporto tra sfruttamento ed espropriazione. La prima: un ordineinternazionale non americano, o anche solo meno americano,dipende anche se non soprattutto dallinterrogativo se sia possibileallaltezza dellattuale rapporto di capitale una diversa articolazione traproduzione industriale e finanza come base di un rinnovato sviluppo,e relative geometrie sociali, non completamente sussunto allafinanziarizzazione (il rebalancing cinese si gioca anche intorno a questonodo). La seconda domanda se lattuale situazione ibrida fraconfigurazione imperiale e dinamica inter-capitalistica non possa inprospettiva aprire a un vero e proprio sfrangiamento, a unadisarticolazione del sistema internazionale nel suo insieme19, facendodefinitivamente saltare non solo la dinamica delle successioniegemoniche che il capitalismo storico ha tracciato fino a metNovecento, ma anche qualsivoglia prospettiva di transizionerelativamente tranquilla a un mondo multipolare.

    Rotture a freddo?!Se fin qui abbiamo provato a mettere sotto esame le fascinazionimultipolariste, passiamo ora al versante delle fascinazioni geopolitichesenza lotta di classe.Oggi si inizia a parlare qui e l di una possibile Europa tedesca intendenziale rottura rispetto allasse transatlantico cos come diuneffettiva alleanza Mosca-Pechino. Ma il punto che, qualunque siail trend che si considera pi probabile, quello che possiamo escludere che assisteremo a rotture a freddo. Che cosa significa a freddo?Significa che non possibile nessuna seria accelerazione delledinamiche di rottura inter-capitalistiche che pure si vanno delineando

    18 Si vedano i recenti lavori di David Harvey e, con differente curvatura, i contributi del sito Euronomade.info.

    19 Si veda Alessandro Colombo, La disunit del mondo, Feltrinelli, Milano 2010.

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  • senza una decisa attivizzazione proletaria e pi in generale sociale.Questo il punto cruciale di una geopolitica delle lotte. Che di per snon ci d per una soluzione antagonistica del problema perchquellattivizzazione pu anche rimanere interna al sistema e veicolo diuna sua rivitalizzazione.Al momento assistiamo, nelle relazioni tra grandi attori, a rotture e poicompromessi, minacce di guerra e promesse di pace, guerre sotterraneeper procura e poi tregue momentanee, insomma finora ci si fermatisempre sul limite dellabisso: il ritorno al major war. Questo perchsenza una decisa attivizzazione sociale contro le ricadute della crisieconomica o, fuori Occidente, per uninversione delle diseguaglianze,senza che dal basso si passi dunque a chiedere per davvero il conto alleproprie lites, queste non si vedranno costrette a recuperare margini diagibilit rispetto alle attuali geometrie internazionali fino a cambiareradicalmente alleanze o ad alzare il livello dello scontro. In questosenso solo lapertura di significative dinamiche di lotta di classe pu,per fermarci ai punti di frizione pi importanti, portare la Germania elEuropa alla rottura dellasse transatlantico o Cina e Russia allaformazione di unalleanza di controbilanciamento antiamericana.Ci comporta altres un problema scabroso che si pu cos formulare: aquali condizioni il precipitare dello scontro inter-capitalisticodeterminato dal riattivizzarsi del proletariato pu evitare che quelloscontro precipiti in guerra aperta e aprire invece a unalternativa disistema? Oggi questo nesso lo possiamo vedere per cos dire innegativo: la difficolt di reagire dal basso alla crisi, almeno inOccidente, anche determinata dalla percezione sotto traccia che unarisposta potrebbe appunto incasinare tutto il quadro e di questo si hapaura anche in basso. In altri termini, mentre si inizia ad avvertire chenon si pu pi vivere come prima, ancora si vorrebbe vivere comeprima. una contraddizione oggettiva che si tratta di mettere a fuoconelle diverse situazioni. Perch evidente che davanti a noi avremosituazioni di ripresa di mobilitazioni sociali in cui si tratter di tenereinsieme la risposta alla crisi, il no alla guerra nelle diverse forme incui questa si dar o, come dice Bergoglio, gi si sta dando e un

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  • programma sociale e politico anticapitalistico, non ideologico maespressione del movimento reale.Allora la domanda diventa: su quali terreni pu darsi la riattivizzazioneproletaria per chiedere il conto della crisi, con quali dinamiche ecomposizioni di tipo nuovo per condizionare il quadro geopolitico inuna determinata direzione piuttosto che in unaltra? Insomma, comeirrompe la lotta di classe dentro la geopolitica imperialista (e come puromperla)? Tutto un lavoro, di ricerca e politico, da fare (si potrebbeparlare di inchiesta geopolitica). Finora abbiamo avuto solo illaboratorio latinoamericano (ovviamente non generalizzabile)20 e, conesiti al momento non felicissimi, quello nordafricano; mentre dinamichedi classe contraddittorie si sono affacciate in Ucraina21. Per non parlare,tema ancora pi insidioso, delle rivestiture sociali che tensionigeopolitiche e risposte nazionalistiche assumono o assumeranno nellaRussia putiniana o nella Cina attuale.Qui accenniamo a tre nodi, con un focus orientato prevalentemente sulnostro quadrante ma dalla portata forse pi generale.Primo. Il percorso classico delle socialdemocrazie (o, cum grano salis,della sinistra) sembra a tutti gli effetti concluso, senza che cisignifichi che sono finite le istanze neoriformiste dal basso le quali anziriemergono dislocandosi su nuovi (o vecchi) terreni, lungo lineenazionali (e neo-nazionaliste), indipendentiste, subnazionali, territoriali,e altro o peggio ancora (v. opposizione alleuro). O per altri versi suterreni pi consoni a una ripresa potenzialmente anti-sistema ma chenon ci danno di per s la soluzione, come il cittadinismo degliindignados. Abbiamo e avremo a che fare con situazioni, percorsi,composizioni e programmi assai spuri. Secondo. Se si acuiscono le tensioni transatlantiche, dovremo aspettarciuna ripresa decisa dellantiamericanismo trasversalmente alle diverse

    20 Qui il riposizionamento internazionale di alcuni Stati stato il portato proprio della diffusione delle lotte: senza di esse non avremmo avuto Chavez, ma neanche Lula o Kirchner.

    21 Si veda Nicola Casale e Raffaele Sciortino, Ucraina: da periferia a frontiera diguerra, in InfoAut, 2014, disponibile all'indirizzo http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/10941-ucraina-da-%E2%80%9Cperiferia%E2%80%9D-a-frontiera-di-guerra

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  • classi? In tal caso, come attraversarlo in avanti da un punto di vistaantagonistico senza regalarlo a nazionalismi o, su un altro versante, anostalgie gauchiste? Del resto il tema gi aperto sul terreno dellepolitiche economiche anti