crowdsourcing urbano

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Marabini Francesca [email protected] Architetto www.progettiarchandco.com Montali Federica [email protected] Architetto www.progettiarchandco.com Montevidoni Toni [email protected] Team Coach www.tonimontevidoni.com www.coho.it

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Cosa ci si può fare di una vecchia scuola inutilizzata, di una fabbrica dismessa, di aree abbandonate o di spazi pubblici dimenticati? Come trasformarle in attivi community asset? Come costruire e condividere le informazioni, stimolare la partecipazione civica, sperimentare e fertilizzare le pratiche della scoperta, riappropriazione e cura degli spazi? Quali sono le esperienze più interessanti? Come agiscono, quali politiche pubbliche costruiscono, come cambia la partecipazione, quali i rapporti con le amministrazioni, quali effetti ed esiti producono? Qual è il nesso che lega la comunità, il dimorare, gli hackerspaces, il riuso dello spazio urbano dismesso, il crowdsourcing, la funzione sociale della proprietà privata, i nuovi modelli di business e l'innovazione sociale?

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Page 1: Crowdsourcing urbano

Marabini

Francesca

[email protected] Architetto www.progettiarchandco.com

Montali

Federica

[email protected] Architetto www.progettiarchandco.com

Montevidoni

Toni

[email protected] Team

Coach www.tonimontevidoni.com

www.coho.it

Page 2: Crowdsourcing urbano

1-QUADRO ECONOMICO E SOCIALE

• La società contemporanea

La popolazione italiana è stata a lungo caratterizzata da un orientamento al risparmio, da

un contenuto ricorso all’indebitamento e da una moderata diseguaglianza sociale.

In questo contesto la famiglia ha giocato il ruolo fondamentale di ammortizzatore sociale

per i suoi componenti più deboli, soprattutto per gli anziani e i giovani. Ma la crisi

economica ha messo in difficoltà questo sistema e se per il momento le famiglie hanno

fatto ricorso ai risparmi di una vita, sempre più ora tendono a indebitarsi.

La famiglia e le relazioni che da essa scaturiscono, parenti non conviventi e amici, è il

connettivo alla base della rete sociale su cui si poggia il nostro paese: “nel 2009, quasi il

76% della popolazione ha dichiarato di avere parenti, amici o vicini su cui contare e il 30%

ha fornito aiuti gratuiti” 1

Al di fuori del tessuto familiare c’è la società verso la quale gran parte delle persone

nutrono ancora una grande diffidenza :“nel 2012 solo il 20% delle persone di 14 anni e più

ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia, dato in calo rispetto al 2010

(21,7%) e tale quota scende al 15,2% nel Mezzogiorno” 1

Il volontariato e il tessuto familiare non saranno più in grado di garantire una futura

stabilità sociale anche alla luce dei processi evolutivi in atto.

Infatti sta venendo meno il modello di famiglia tradizionale italiano e sono in continuo

aumento le famiglie monoreddito, la famiglia monogenitore, i single tra i 25 e i 40 anni, i

single over 60 e le famiglie extracomunitarie.

Questi modelli di famiglia manifestano nuove e differenti esigenze a cui le P.A. stanno

cercando di rispondere ma con grande difficoltà.

Prima che l’attuale sistema sociale collassi occorre individuare soluzioni alternative, nuovi

ammortizzatori sociali che ricoprano il ruolo finora svolto dal nucleo familiare tradizionale.

• La città contemporanea

Fino a pochi decenni fa le città erano costituite per parti omogenee, da un insieme di spazi

circoscritti e facilmente riconoscibili anche per le funzioni a cui erano destinati- il centro

della città con i servizi principali, i quartieri residenziali con i loro isolati regolari, la

periferia con il suo spazio indefinito, la zona industriale all’esterno della città abitata –

riflesso di una società omogenea, strutturata e “gerarchica”.

Oggi invece ci troviamo di fronte a città eterogenee in cui negli stessi spazi si svolgono

funzioni differenti, specchio di una società costituta da una moltitudine di minoranze

diverse tra loro per etnia, per estrazione economica, sociale e culturale, con esigenze e

necessità differenti. Girando per le città è facile infatti incontrare luoghi in cui, nello stesso

1 Rapporto BESS 2013

Page 3: Crowdsourcing urbano

spazio, coesistono palazzi residenziali, capannoni industriali, centri commerciali, quartieri

di villette residenziali, edifici dismessi e fatiscenti, etc.

Se da un lato la città moderna riflette la struttura della società attuale, dall’altro non è in

grado di fornire risposte alle esigenze dei suoi abitanti e quindi di far sì che i suoi cittadini

si identifichino completamente in essa. La mancanza di luoghi intesi non solo come casa

ma nella più ampia accezione di luoghi di lavoro propri ed esclusivi e di aree urbane per la

socializzazione, deriva sia dalla quasi assenza di dialogo tra i cittadini e le P.A. sia

dall’incapacità del sistema edilizio di saper evolvere rapidamente adeguandosi ai

cambiamenti socio economici.

• Il settore immobiliare

La crisi economica degli ultimi anni ha dato il colpo di grazia a un sistema immobiliare

malato e agonizzante che non ha saputo adeguarsi alle necessità del vivere

contemporaneo, alle trasformazioni sociali e demografiche e alle dinamiche urbane della

città.

Il settore immobiliare è uno dei comparti più importanti per l’economia italiana in quanto

investe circa un quinto del Pil ed il patrimonio delle famiglie italiane è costituito per oltre il

60 per cento da attività immobiliari. Dopo la crescita del decennio 1997-2006 nel quale le

abitazioni compravendute si sono incrementate quasi dell’80%, e la sostanziale tenuta del

mercato nel biennio 2010-2011, il 2012 ha registrato un vero crollo per il mercato

immobiliare che ha perso circa 150 mila compravendite rispetto all’anno precedente.

Gli stessi dati del settore residenziale possono essere estesi anche al mercato non

residenziale (uffici, capannoni industriali e per attività produttive ecc..) .

Dopo decenni di cultura di risparmio e di acquisto del mattone come bene rifugio (più

dell’80% degli italiani detiene il titolo di proprietà ) oggi l’accesso alla casa per i giovani, le

famiglie monoreddito, le giovani coppie, gli anziani e gli extracomunitari vista la stretta

creditizia e le difficoltà a trovare o mantenere una fonte di reddito, si è drasticamente

ridotto, favorendo un aumento degli affitti.

Ci troviamo quindi di fronte a un vasto parco d’immobili invenduti, inutilizzati e superflui in

quanto inaccessibili agli utenti che necessitano non solo di una prima abitazione ma anche

di luoghi di lavoro e di socializzazione; inoltre le attuali caratteristiche spaziali di detti

immobili non risultano idonee alle esigenze dei nuovi modi di abitare.

Questo patrimonio, nonostante i limiti sopra descritti, è una fonte di ricchezza che deve

essere riutilizzata attraverso una riconversione idonea alle nuove esigenze sociali.

Page 4: Crowdsourcing urbano

2-LO SGUARDO TECNICO

• COHO

COHO è un team di professionisti con di

abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del

patrimonio immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e

ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle

relazioni sociali. Nello specifico COHO tenta di

abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del

patrimonio pubblico e privato in disuso.

COHO lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari

degradate, casolari abbandonati, edifi

di rivitalizzazione mixando gli attori sociali e assegna

edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in m

ascoltando direttamente gli abitanti e le loro richieste ed esigenze

Le competenze eterogenee dei professionisti che cooperano a

spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di

prospettare modelli di business creativi e sostenibili

facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione.

un team di professionisti con diverse competenze che studia i nuovi modi di

abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del

immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e

ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle

Nello specifico COHO tenta di dare una risposta tecnica

abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del

patrimonio pubblico e privato in disuso.

lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari

degradate, casolari abbandonati, edifici e aree pubbliche, etc ), tenta di innescare processi

e mixando gli attori sociali e assegnando nuove funzioni alle aree e agli

edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in m

gli abitanti e le loro richieste ed esigenze.

Le competenze eterogenee dei professionisti che cooperano a questa ricerca

spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di

modelli di business creativi e sostenibili, analisi di impatto sociologico e

facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione.

competenze che studia i nuovi modi di

abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del

immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e

ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle

dare una risposta tecnica all’assenza di

abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del

lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari

tenta di innescare processi

nuove funzioni alle aree e agli

edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in maniera partecipata,

questa ricerca permette di

spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di

, analisi di impatto sociologico e

facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione.

Page 5: Crowdsourcing urbano

• Nuovi modi di abitare il mq felice

Per noi abitare non indica soltanto essere alloggiati ma soprattutto esistere, stare al

mondo con una determinata tendenza progettuale, con una specifica prospettiva sulle cose

del mondo; non come singoli automatizzati bensì in quanto esseri relazionali e comunitari.

Di fronte a una società che tende all’emarginazione del singolo e in cui sta venendo meno

il nucleo familiare tradizionale, COHO promuove una riattualizzazione del modello di vita

comunitario, recuperando quei valori intrinseci di solidarietà, di condivisione e facilitando

l’aggregazione di persone con esigenze differenti ma accumunate dalla ricerca di una vita

qualitativamente migliore, di un “metro quadro felice” socialmente e ambientalmente

positivo. I valori che trasformano il metro quadro da semplice unità di misura spaziale a

unità di misura di qualità della vita sono: la condivisione, la collaborazione, la solidarietà,

la socializzazione, il reciproco sostegno, un facile accesso ai servizi, il rispetto

dell’ambiente e il risparmio energetico.

• Costruire sul costruito

Negli ultimi decenni, si è assistito ad un consumo eccessivo del suolo, ovvero ad un

processo di trasformazione di superfici naturali e agricole mediante la realizzazione di

costruzioni ed infrastrutture.

Occorre invertire questa tendenza riutilizzando il patrimonio edilizio esistente, costruendo

nel costruito al fine di arrivare a un “consumo zero”del suolo.

All’interno di molte città sono presenti edifici e aree dismesse, sia pubbliche che private.

Si tratta di edifici industriali di varie dimensione con le loro aree di pertinenza, di stazioni,

vecchi ospedali, caserme, monasteri, scuole, che spesso sono ubicati in aree strategiche e

centrali per le città e che rappresentano un problema concreto e di difficile risoluzione per

la P.A.

COHO tenta di recuperare questi edifici reintegrandoli nella città, individuandone nuove

possibili destinazioni d’uso in linea con le esigenze degli abitanti contemporanei,

migliorando la qualità dell’ambiente urbano o rurale in cui sono inseriti.

Dal punto di vista prettamente tecnico si progettano interventi puntuali e mirati, anche di

riqualificazione energetica, nel rispetto delle caratteristiche architettoniche e della

vocazione dei luoghi in cui sono inseriti.

Questi strutture ospiteranno modelli di cohousing, coworking e nuovi spazi di aggregazione

che favoriscano le relazioni e le interazioni sociali; saranno inoltre luoghi di incontro tra

privato e pubblico attraverso la compresenza di spazi propri del singolo, di spazi condivisi

dalla comunità formata e di spazi aperti al pubblico ovvero a tutti i cittadini.

Page 6: Crowdsourcing urbano

“Tutto ciò che siamo è un riflesso di

quello che abbiamo pensato.

La mente è tutto.

Quello che pensiamo diventiamo.”

Buddha 3–MODELLI PER GENERARE LAVORO

Il valore sociale ed il corrispettivo riflesso

economico di questa rinnovata concezione

del dimorare appare subito evidente, anche

se, trattandosi di valori riconosciuti e vissuti

collettivamente, non è immediatamente

definibile chi dovrebbe assumersi la

responsabilità di favorire questi processi

aggregativi, né chi dovrebbe sostenerne gli

eventuali costi. Più in generale, questo

team interdisciplinare si è posto nell’ottica

di verificare le condizioni di avvio di una

start up che fornisse i servizi integrati

necessari e il modello di business che

poteva starne alla base.

Una delle premesse che ha istruito questo

lavoro è stata sicuramente la

consapevolezza che le nostre competenze

così diverse, esattamente nel momento in

cui avevano iniziato ad interagire, avevano

di fatto messo in discussione i modelli

mentali ed i riferimenti classici di ciascuno.

Avevamo, pertanto, le condizioni di un

pensiero laterale che si faceva strada attraverso la continua messa in discussione dei

paradigmi di ciascuno e, dunque, anche delle convinzioni limitanti che, ad esempio, portavano

alcuni di noi a percepire la condivisione di spazi e servizi solo all’interno della struttura

abitativa e non anche di quella lavorativa, né tantomeno territoriale. Questa rielaborazione

profonda delle convinzioni di base, a cui queste nostre società in crisi sono già abituate da

anni, in un team di professionisti che interagisce ricorrentemente non trova più alibi sufficienti

a mantenere le proprie zone di comfort. L’aver portato il livello del confronto dalle competenze

alle convinzioni di base, e da queste ai relativi modelli di pensiero, ha consentito al gruppo di

prendere consapevolezza della portata delle riflessioni ed a riconoscere le varie possibilità a

disposizione per creare ampio e nuovo valore aggiunto nell’ambito delle soluzioni creative al

processo edilizio e sociale.

L’altra premessa, che discende dalla consapevolezza della prima, è che per innovare in questo

ambito, e forse più in generale, è necessario un approccio sistemico, ovvero una percezione

differente e contestuale dei fatti ed, in questo caso, delle necessità e dei bisogni, impliciti ed

IL TEAM

Rosita Baldassarri Architetta

Francesca Marabini Architetta

Federica Montali Architetta

Angelica Capriotti Ingegnere

Roberto Alessandrini Architetto

Rosanna Campellone Architetta

Moira Giusepponi Architetta

Mattia Borraccetti Ingegnere

Maurizio Marcelletti Imprenditore edile

Alessandro Rossi Consulente Finanziario

Francesco Orazi Sociologo ricercatore Univpm

Richard Dernowsky Progettista bandi UE

Mauro Peroni Consulente filosofico

Andrea Rosini Marketing e comunicazione

Mauro Cimini Consumatore critico, GAS

Leonardo Marotta Ambientologo

Alessandro Brodolini Ingegnere

Diego Peverelli Imprenditore edile

Sandro Pennacchioli Imprenditore edile

Tommaso Sorichetti Facilitatore

Beatrice Corvatta Agronoma

Toni Montevidoni Team Coach, Facilitatore

Page 7: Crowdsourcing urbano

espliciti, del nuovo dimorare. Nel lavoro comune hanno, quindi, trovato spazio alcune delle

classiche leggi del pensiero sistemico, come ad esempio “ i problemi di oggi derivano dalle

<soluzioni> di ieri, oppure “la facile via d’uscita di solito riporta all’interno del problema”.

Sulla base di queste consapevolezze e con il supporto della business model generation2, ci

siamo divisi in 4 gruppi di lavoro, ciascuno con il compito di approfondire il contesto, le linee

guida ed i vincoli per la progettazione del business o dell’attività di impresa, polarizzate in 4

aree:

1. Tendenze chiave 2. Forze del mercato

3. Forze Macro-economiche

4. Forze del settore

I gruppi di lavoro hanno

individuato un referente, degli

spazi di lavoro condivisi, in modo

da poter lavorare anche a

distanza e in maniera asincrona.

La riflessione che ne è scaturita ci ha aiutato a mettere in relazione i vari fattori esterni tra

loro, e questi con l’idea di business che abbiamo ipotizzato. La tradizionale analisi competitiva

nel nostro caso ha lasciato spazio ad un approccio collaborativo; mettendola in relazione con le

2 “Creare modelli di business” pag. 201 di Osterwalder e Pigneur

Page 8: Crowdsourcing urbano

tendenze normative e del mercato, all’interno dei livelli di crisi attualmente presenti, ci siamo

focalizzati prevalentemente sui seguenti focus:

Grandi stabili: tra invendibilità e ripensamento profondo, soprattutto quelli delle P.A.

• Target: soggetti economicamente fragili

• Diritto di proprietà o valore d’uso delle abitazioni/luoghi di lavoro?

• Posizionamento strategico delle strutture del dimorare (abitativo /

lavorativo/ricreativo).

• Rapporto vendibilità-socialità-sistema reputazionale

La prima versione del canvas elaborato e condiviso aveva questo livello di sintesi:

Successivamente ci siamo resi conto che quanto avevamo individuato non era semplicemente

un modello di business ma più modelli di business ciascuno con un proprio valore offerto, con il

segmento specifico di clientela, i suoi partners etc….

Page 9: Crowdsourcing urbano

4-CO-DESIGN: COHOUSING, COWORKING E VIVERE URBANO

Il cohousing, per COHO, è una delle possibili risposte aalle attuali problematiche sociali ed

economiche, alle differenti esigenze, alle difficoltà che i nuovi modelli familiari incontrano

nell’accesso alla prima casa. Il cohousing è sia uno strumento attraverso il quale ottenere

una casa a basso costo sia un mezzo per avere una vita qualitativamente migliore, grazie

anche al sostegno di un vicinato elettivo e amico. Questo modello prevede la condivisione

di spazi e attività comuni, pur mantenendo la propria individualità e i propri tempi di vita.

Vivere in cohousing più che usufruire solo di spazi comuni, è condividere risorse, tempo,

emozioni, dar risposta alle esigenze della comunità attraverso le proprie possibilità e

competenze, trovare negli altri un aiuto per risolvere le proprie problematiche quotidiane.

Chiunque, indifferentemente dall’estrazione economica sociale e culturale può accedere a

questo modello di vita, mettere a disposizione degli altri le proprie capacità e le proprie

esperienze: giovani, bambini, anziani, genitori single, professionisti, ricercatori

universitari, famiglie extracomunitarie, giovani coppie, ecc…

E’ un processo che porta inevitabilmente alla costruzione di un nuovo sapere sociale, alla

definizione di nuovi ruoli, alla negoziazione delle diversità e dei conflitti.

COHO mira a facilitare questo percorso di aggregazione attraverso un approccio di ascolto,

di formazione e di progettazione partecipata.

Il team di COHO vede l’applicazione di questo approccio anche nell’ambito del lavoro e del

vivere l’urbano.

In particolar modo il coworking, sulla scia del cohousing, può essere una possibile risposta

per coloro che stanno ricercando uno spazio lavorativo a basso costo in cui iniziare ad

intraprendere la propria attività professionale. Lavorare in coworking comporta condividere

non solo lo spazio lavorativo ma anche dei valori e creare al tempo stesso sinergie

lavorando a contatto con persone con talenti diversi.

Inoltre vediamo nelle esperienze di riuso degli spazi urbani e delle aree dismesse pratiche

di gestione collettiva dei beni comuni sempre più interessanti e promettenti.

In questi ambiti la formazione di gruppi omogenei di persone che sceglieranno di dimorare

nella stessa struttura è quindi possibile solo attraverso un percorso di integrazione

condiviso, consapevole e partecipato.

Da questo punto di vista il co-design, ovvero processi decisionali partecipati, è uno

strumento fondamentale per fa sì che tutti i soggetti che stanno nel processo siano

coinvolti e responsabilizzati.

Gli spazi, sia lavorativi che residenziali che sociali, sono progettati mettendo a sistema le

differenti esigenze e aspettative che ciascun singolo coabitante fa emergere durante il

processo iniziale. Sono i coabitanti a definire le caratteristiche del loro modello abitativo

definendo gli spazi comuni, la metodologia per condividere le decisioni, l’organizzazione

delle attività e la governance della stessa.

Page 10: Crowdsourcing urbano

5–CROWDSOURCING: TRA IPOTESI DI FINANZIAMENTO E PRATICHE DI

CITTADINANZA ATTIVA

Alla luce di quanto detto sul codesign, lo stesso capitolo sul “generare lavoro” ed i modelli

di business che ne posso stare alla base assume un altro sapore. Co-progettare,

condividere una visione ed i relativi livelli di responsabilità, oltre che gli spazi ed i servizi,

di condominio o di quartiere che siano, ri-apre una concezione dell’oikonomia realmente

basata sulla “gestione della casa”, al di là delle mura domestiche, dove gli scambi

economici sono chiaramente legati alla codificazione, al riconoscimento di un valore

condiviso e, quindi, di mercato In questo senso la co-creazione di un’economia

sostanziale, intesa come attività in grado di fornire i mezzi materiali per il soddisfacimento

dei bisogni delle persone, per dirla con Polanyi3, in cui il riconoscimento del valore dello

scambio non è necessariamente monetizzato, semmai lo è attraverso le monete

complementari, ma di certo elude la finanziarizzazione tipica di questo modello economico

ormai definitivamente decaduto.

Il documento “RiutilizziAMO l’Italia: report 2013” del WWF mette a fuoco chiaramente il

problema: “un qualsiasi progetto che miri al recupero della parti compromesse e degradate

non è solo un progetto ambientale ma anche economico. Si tratta di concepire interventi

che servano a restituire beni alla comunità, recuperandone l’utilità e garantendo la

possibilità di una fruizione collettiva.”

Cosa pensereste se al posto dei “segmenti di clientela” potessimo immaginare gli

stakeholders, ovvero i legittimi detentori di interessi rispetto ad un’attività di business?

Potremmo immaginare una moltitudine di piccoli contributori, ovvero di crowfunders che

apportano saperi, competenze, informazioni, ma anche strumentazioni, assets strategici

ed, appunto, rendono disponibili spazi o finanziano cause in cui credono.

Su questo processo gli esempi sono molteplici, ci limitiamo a citarne una: l’esperienza del

Progetto Rebeldia presso l’Ex colorificio Toscano di Pisa, all’interno del percorso di recupero

delle fabbriche in Argentina, in Grecia, in Turchia, di pochi decenni o anni fa, ci sembra

paradigmatica. In questo esempio viene affrontata direttamente la tematica della proprietà

privata (ndr. di una multinazionale italo-tedesca che ha acquistato e poi dismesso un’area

industriale di 10.000 metri quadrati) e vengono incastonate, come previsto dalla

Costituzione, le valenze di utilità sociale e di salubrità ambientale.

Qui uno stralcio del loro documento base:

“Beni comuni e spazi sociali: una creazione collettiva

Gli spazi sociali si riconfigurano oggi come un nuovo laboratorio per la partecipazione, un

“municipio dei beni comuni”, dove i cittadini possano tornare a incontrarsi, discutere e

condividere scelte e percorsi sui problemi grandi e piccoli delle loro vite, dopo essere stati

esclusi da quasi tutti i processi decisionali, riguardino essi la politica o il mercato, e dunque

3 “Economie primitive arcaiche e moderne”, K. Polanyi, Einaudi, 1980, pag. 135.

Page 11: Crowdsourcing urbano

la profonda crisi che hanno innescato. Rebelpaintingoffre una riflessione a più voci sui

fondamenti teorici e sul potenziale progettuale della restituzione alla collettività di un ex

sito produttivo in stato di abbandono, indagando le ragioni che hanno determinato tale

stato e ricostruendo la storia lunga quasi un secolo che quel luogo ha dietro di sé.

Il nuovo spazio sociale del Progetto Rebeldía intende rappresentare il segno tangibile e

vissuto da migliaia di persone di una direzione alternativa, non legata a un’idea aprioristica

di sviluppo, bensì capace di rispondere a un piano urbano finalmente centrato

sull’ecologia,sulla valorizzazione dell’esistente, sui bisogni dei cittadini.”.

Le pratiche di cittadinanza attiva delle reti di economia solidale, e più in generale del

consumo consapevole e collaborativo, ci hanno fatto conoscere i vari nessi esistenti tra

l’attività civica della cittadinanza, la ricostruzione delle filiere produttive e, dunque, la

valenza strettamente economica per i territori ed i relativi effetti sociali sulla popolazione

locale.

6- CASI STUDIO IN CONCRETO

Di seguito brevemente due esempi applicativi che riportano la trasformazione el’oggetto

del riuso ad opera di due dei target che abbiamo identificato.

• A Civitanova Alta: dalle scatole industriali agli hackerspaces

Trattasi di un edificio industriale dismesso degli anni 80di circa mq. 1500, ubicato in una

delle prime zone industriali appena fuori del centro abitato, la cui vocazione naturale

futura è residenziale e di servizio; la posizione è collinare, ariosa ed aperta verso il mare,

ben collegata alle infrastrutture esistenti.

Il suo volume ampio necessita di un adeguamento antisismico, ma si presta ad essere

facilmente ridistribuito su due livelli con un intervento di prefabbricazione, così da quasi

raddoppiarne la superficie (mq.2100 circa).

Di contro esistono: un laboratorio artigianale di falegnameria ubicato da troppo tempo in

una campagna bella e coltivata, con tutte le gravi problematiche ambientali che ne

Page 12: Crowdsourcing urbano

derivano; un gruppo di giovani designer disoccupati; tanta gente che, per economizzare,

tenta la strada del fai da te.

Il progetto consiste nello spostare l’azienda artigiana nell’edificio dismesso, riconvertendo

ad alloggi loft il vecchio laboratorio per ottenerne un complesso agricolo in cui vivono n°8

famiglie, le quali godono in comune di un ampio orto, di una foresteria gestita anche come

B&B e di un mezzo di trasporto plurimo, usufruiscono di una grande lavanderia attrezzata,

di una officina basic e del sistema di riscaldamento agganciato alla falda acquifera

esistente.

Nell’ex cartotecnica la falegnameria si amplia rinnovando il proprio parco macchinari ed

attrezzando uno spazio del laboratorio come falegnameria sociale al cui interno colloca i

macchinari sostituiti; la falegnameria sociale, affiancata da una rivendita di materiale

costituita dal magazzino dell’azienda, viene seguita dallo stesso personale aziendale che

diviene tutor di coloro che vogliono realizzare o aggiustare qualcosa in proprio.

L’azienda, all’interno di questo spazio, si organizza anche per la formazione di giovani

disoccupati, mentre, predisponendo al piano primo anche un’aula didattica/sala convegni,

si attiva per l’aggiornamento di operatori del settore, la realizzazione di corsi di bricolage,

riparazione, ecc. Parte dell’ex cartotecnica (n° 4 spazi) è ripartita in unità “casa-bottega”

per far posto a giovani creativi che possono anche usufruire della falegnameria sociale e/o

collaborare con l’azienda; altra piccola parte, adiacente all’aula didattica, viene riservata

per il coworking di giovani che intendono iniziare percorsi lavorativi in proprio.

La ristrutturazione dell’edificio, seppure nella sua essenzialità, viene predisposta per

ulteriori rifunzionalizzazioni future nell’ottica di spazi versatili e facilmente riconvertibili.

Termina il progetto la messa a dimora nell’area dell’edificio di un boschetto di faggi, il cui

legname contribuisce ad alimentare, insieme agli scarti delle lavorazioni, il sistema di

riscaldamento dell’intero complesso.

Page 13: Crowdsourcing urbano

• Ex Convento Monteprandone: angioplastica ai centri urbani

Questo antico edificio sorge sulle mura sud di uno splendido piccolo centro storico, raccolto

in cima alle prime colline della costa adriatica; esposto favorevolmente, spazia oltre che

sul mare e sui colli marchigiani anche sulla vallata disseminata di industrie locali.

Sicuramente di antichissima origine, è stato occupato fino a circa 20 anni fa da un ordine

monastico le cui suore si affacciavano in chiesa da un passaggio segreto ora tamponato;

nell’ultimo ventennio di permanenza le suore svolgevano anche servizio di scuola materna,

tant’è che l’edificio ne mostra ancora le tracce.

Giuntato ed intrecciato a questo edificio vi è un palazzetto privato abbandonato da tanti

anni; il loro ingresso, seppure diversificato, avviene da un vicolo caratteristico e tortuoso

del centro storico e, occupando n°2 piani sulle mura fino a raggiungere la strada di

circonvallazione sottostante, totalizza n°5 piani ed una superficie globale di mq. 600 circa.

L’intervento edilizio necessario è sostanzialmente di rinforzo strutturale e riparazione,

mentre, attraverso una progettazione oculata, è possibile mantenere la maggior parte

degli ambienti senza stravolgere l’impianto tipologico esistente; ovviamente devono essere

rinnovati tutti gli impianti e molte delle finiture.

Il progetto è caratterizzato dall’inserimento di un’attività di ospitalità lowcost, pienamente

compatibile con il paese e gli stessi edifici, il cui flusso di utenti, principalmente giovani e

stranieri che prediligono i mezzi pubblici, risulta minimamente impattante mentre

rivitalizza il centro storico adoperandone gli spazi e sollecitandone l’erogazione di servizi.

L’idea segue quella del vecchio proprietario commerciante di vini il quale, prima di

mancare prematuramente, stava progettando la realizzazione di un hotel per ospiti

statunitensi in cerca di prelibatezze vinicole ed enogastronomiche del nostro territorio.

L’attività ricettiva dell’ostello viene integrata da un’agenzia di promozione del territorio, il

cui spazio è posto al piede degli edifici, ovvero sulle mura, nella parte studiata per essere

fruibile ed aperta al pubblico; il progetto prevede infatti il recupero dei locali prospicienti la

strada predisponendoli anche per l’allestimento di mostre, lo svolgimento di eventi e

l’esposizione di prodotti locali.

Page 14: Crowdsourcing urbano

Questi spazi, attraverso la realizzazione di una risalita pubblica e facilitata per persone

disabili o su sedia a ruote, in realtà consente una maggiore permeabilità del centro storico

il quale si trova ad essere agevolmente raggiungibile dalla viabilità esterna, facilitandone

così la fruizione ad oggi compromessa.

In un processo di socializzazione mondiale, dove la società tende sempre più ad

aggregarsi in centri urbani sono presente invece esempi di centri storici dove non c’è

aggregazione ma individualismo e muri sociali. In questo intervento si abbatte il muro

sociali esistente, si facilita la socializzazione attraverso la riconnessione delle due parti

della città e destinando la galleria di risalita ad attività per la collettività.

CONCLUSIONI

A nostro avviso gli esempi appena riportati danno consistenza a quando detto sopra,

aiutando a rileggere questa fase di crisi in chiave positiva. Proprio in queste settimane in

cui la crisi conosce il suo più totale dilagare, dalla politica alla vita culturale, dall’arresto dei

consumi alla chiusura di interi settori produttivi, una terza rivoluzione industriale è da

tempo in corso, all’insegna della stampa 3D e dell’hardware fai da te. In spazi urbani

chiamati makerbar, fablab, hackerspace si vive da anni, ormai, una dimensione del co-

working che, nel frattempo, è diventata del co-making, ovvero della costruzione collettiva

di una nuova realtà. Dagli elementi software ed hardware, questa progettazione

partecipata arriva alla co-definizione dei beni comuni e, quindi, alla carta d’identità

valoriale, oltre che alla struttura, di una nuova dimensione del dimorare.

Un approccio che cambia il rapporto con gli utenti finali e crea una interdisciplinarietà

nell'affrontare il lavoro rende il sapere sempre più un oggetto di scambio peer to peer, più

Page 15: Crowdsourcing urbano

che una giustificazione dell’esclusività e del potere. Il processo partecipato impegna il

nostro gruppo in un percorso per definire l’utilità, il valore aggiunto, per capire le richieste

degli utenti finali e quindi trasformare le esigenze in azioni gestionali e progettuali, per

rendere trasparenti diverse possibili opzioni e ragioni delle scelte, e obbliga all’assunzione

di responsabilità condivise da tutti, co-progettisti, facilitatori di processo e utenti.

Nel tratto che unisce i nuovi artigiani digitali ai sostenitori dei beni comuni che si spingono

a rifunzionalizzare socialmente persino la proprietà privata vediamo un nuovo uso dello

spazio che non è solo fisico, ma anche politico e persino economico.