cucina- accademia cucina italiana nr

73
CIVILTÀ DELLA TAVOLA N. 224 FEBBRAIO 2011 N. 224, FEBBRAIO 2011 / MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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l'arte della cucina

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L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

www.accademia1953.it

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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S O M M A R I O

CARI ACCADEMICI...

3 Una cucina di qualità(Giovanni Ballarini)

EDITORIALE

5 In “media” stat virtus(Gianni Franceschi)

CULTURA & RICERCA

7 Salviamo il nostro gusto(Marino de Medici)

9 La carne di bufalo(Lejla Sorrentino Mancusi)

11 Conosce è vivere(Donato Pasquariello)

13 Il cibo da strada(Tito Trombacco)

18 Sua maestà la sopressa(Piero Zanettin)

20 La “capunata”di Campobasso(Enzo Nocera)

21 La cucina degli odori(Elio Palombi)

23 Il tartufo in Friuli(Giorgio Viel)

25 Ricette italiane in terra calvinista(Ciro Pernice)

27 I microcosmi dell’Amarone(Daniele Accordino)

29 Bambini a tavola(Raoul Ragazzi)

31 Musicisti golosi(Loretta Orsenigo Bonacina)

32 Pepe e sale(Anna Lante)

34 Le minestre nel mondo(Giorgia Fieni)

35 Storia della china(Giancarlo Burri)

I NOSTRI CONVEGNI

14 Biodiversità in tavola(Bruno Capurso)

16 Il tratturo interrotto(Maurizio Adezio)

17 Tutto sull’olio(Marinella CurreCaporuscio)

SICUREZZA & QUALITÀ

37 I sughi pronti(Gabriele Gasparro)

LE RUBRICHE

4 Calendario accademico

33 Ricette d’autore

38 Notiziario

39 In libreria

41 Vita dell’Accademia

54 Carnet degli Accademici

55 Dalle Delegazioni

69 International Summary

La copertina: “Testa reversibile con canestro di frutta” (particolare, 1591 circa), di Giuseppe Arcimboldo.Il dipinto (proprietà French & Company, New York) fa parte della mostra “Arcimboldo - Artista milanesetra Leonardo e Caravaggio” aperta a Milano, Palazzo Reale, dal 10 febbraio al 22 maggio 2011.

Basterà ruotare l’immagine in copertina di 180° per vedere il canestro trasformarsi in un cappello e la fruttain un volto. Alle “teste reversibili” e alla natura morta la mostra dedica un’intera sezione, con alcuni capo-lavori assoluti di Arcimboldo, tra cui questo, da cui avrebbe preso ispirazione addirittura Caravaggio per lanatura morta più celebre della storia dell’arte: la canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana.

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAÈ STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

E DA LUIGI BERTETT, DINO BUZZATI TRAVERSO,CESARE CHIODI, GIANNINO CITTERIO, ERNESTO DONÀ

DALLE ROSE, MICHELE GUIDO FRANCI, GIANNI MAZZOCCHIBASTONI, ARNOLDO MONDADORI, ATTILIO NAVA,

ARTURO ORVIETO, SEVERINO PAGANI, ALDO PASSANTE,GIAN LUIGI PONTI, GIÒ PONTI, DINO VILLANI,

EDOARDO VISCONTI DI MODRONE,CON MASSIMO ALBERINI E VINCENZO BUONASSISI.

C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 224 • PAG INA 1

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XIV ASSEMBLEA DEI DELEGATIXXII CONVEGNO INTERNAZIONALE SULLA CIVILTÀ DELLA TAVOLA

Roma 27-28-29 maggio 2011

Programma di massima

Venerdì 27 maggio

Arrivo dei partecipanti e sistemazione nell’hotel “Vittorio Veneto”, 4 stelle, Corso d’Italia 1, 00198 Roma

ore 20.30 Cena di benvenuto di tradizione locale in hotel

Sabato 28 maggio

ore 8.00 Assemblea ordinaria dei Delegati (I convocazione) in hotelore 8.30 Consulta Accademica (2009-2011) - approvazione conto consuntivo 2010ore 9.30 Assemblea ordinaria dei Delegati (II convocazione) - elezione organi istituzionaliore 11.00 Coffee breakore 11.30 Consulta Accademica (2011-2013) - elezione Consiglio di Presidenzaore 13.00 Colazione di lavoro in hotelore 16.00 XXII Convegno Internazionale sulla Civiltà della Tavola dedicato

all’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia, in hotelore 20.15 Partenza in pullman per la sede della cena in onore del Presidenteore 20.30 Cena di galaore 23.30 Rientro all’hotel in pullman

Per gli accompagnatori:

ore 9.30 Partenza in pullman per visita turisticaore 13.00 Colazione di lavoro in hotelore 16.00 XXII Convegno Internazionale sulla Civiltà della Tavola dedicato

all’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia, in hotel

Domenica 29 maggio

ore 8.00 Prima colazione in albergo e rilascio delle camereore 10.00 Consiglio di Presidenza

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Una cucina di qualità

C A R I A C C A D E M I C I . . .

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

“Un alimento senza qualitàè senza anima,

e se può sostenere il corpo dell’uomo,

non ne può nutrire l’anima”.

C ari Accademici, la qualità hadue dimensioni, quella biologi-ca e quella culturale. Con la pri-

ma, attraverso canali psicosensoriali ecenestesici, vi è il soddisfacimento deibisogni fisiologici, con la secondal’appagamento di esigenze individualie sociali, anche di tipo identitario, sul-le quali si basa la sicurezza percepita.Le due dimensioni tendono a equili-brarsi e la richiesta di una qualità cul-turale aumenta quando i bisogni fisio-logici sono soddisfatti.

La qualità degli alimenti è lo spec-chio della società. Da qui i diversi li-velli, e le differenti opinioni e idee diqualità, biologiche e culturali. In unasocietà agricola e preindustriale ilgrasso dei cibi è qualità, in una societàpostindustriale è qualità il cibo magro.Nelle società tradizionali la qualità na-turale era ricercata e solo limitatamen-te manipolata con i procedimenti di

conservazione, che peraltro sono al-l’origine d’importanti prodotti alimen-tari tradizionali, molti dei quali dive-nuti tipici, quali il pane, il vino, l’olio, isalumi, le paste secche, la frutta con-servata e via dicendo. Più recente-mente, e con l’avvento di una ricercascientifica, si è passati alla progettazio-ne e alla costruzione di nuove qualitàche si arricchiscono su nuove dimen-sioni, soprattutto di tipo sociale. Peresempio, all’antichissima qualità natu-rale di una coscia di maiale, sulla qua-le operava la tradizione millenaria del-la conservazione con la salatura e lastagionatura, oggi si aggiunge la qua-lità del servizio con la presentazionedel prosciutto affettato in vaschetta econ atmosfera modificata, nel quadroanche delle nuove tecnologie del fre-sco. Oggi, e sempre più domani, unariduzione dell’impatto ambientale edella sostenibilità delle produzioni ali-mentari sono nuove dimensioni dellaqualità degli alimenti.

Fare qualità non è soltanto tecnica,ma è anche un’arte. Nel passato lascelta, la conservazione e la trasfor-mazione alimentare erano arti, talvol-ta inquadrate tra quelle povere o,meglio, popolari o del popolo, masempre arti. Un prodotto di qualità,soprattutto oggi, in un mondo post-moderno e postindustriale, non puòtrascurare una dimensione artisticaattraverso la quale al consumatoresono comunicati significati e valoriche superano la funzione di base. Peresempio un orologio diventa ungioiello, un vestito diviene un simbo-lo e un alimento un “cibo della me-moria” e un importante elementoidentitario. Inevitabilmente, un pro-dotto fatto con arte, anche negli ali-menti, conduce alla presenza e allasfida del contraffatto, in tutte le suediverse tipologie di falso, sofisticato

ecc., divenendo “fatto senza arte”. Suquesta dimensione meglio si com-prende il ruolo e il significato dellaqualità degli alimenti quali cibi iden-titari e su questa linea non va dimen-ticato che Thomas Mann affermò che“il tipico è anche mitico”.

La qualità degli alimenti non com-prende soltanto la loro origine e pro-duzione, ma si correla anche con lemodalità di uso non in cucina e suldove e come il cibo è consumato. Aquesto riguardo vengono in mentegli aforismi di Jean-Anthelme Brillat-Savarin, secondo il quale “gli animalisi pascono, l’uomo mangia, solo l’uo-mo di spirito sa mangiare” e “il buon-gusto è un atto del nostro giudizio,con il quale noi diamo la preferenzaalle cose che sono piacevoli al gustosu quelle che non hanno tale qua-lità”. Su questa linea, la qualità è lospecchio del gusto o, meglio, delbuon gusto di una società.

Nella qualità alimentare oggi si stapassando dalla necessità e dalla tradi-zione all’innovazione e a una nuovaprogettualità che può utilizzare ali-menti nuovi o rinnovati e soprattuttonuove tecnologie di produzione, con-servazione e trasformazione. Mai co-me in questo momento è necessariocustodire il passato e conoscere il pre-sente per costruire un futuro, in unprocesso sempre più rapido e vasto,come nel passato. Non si dimentichi,infatti, che tutta la tradizione è il fruttod’innovazioni ben riuscite. Molto di-versi, per esempio, sono gli odierniformaggi grana Dop o i prosciutti Dope Igp dai loro progenitori di soltantocento o centocinquanta anni fa, conqualità che si sono modificate peradattarsi alle nuove esigenze sociali eindividuali dei consumatori. Su questalinea, sempre nell’ambito di una conti-nua innovazione, oggi si constata co-

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me la qualità deve essere continua-mente seguita, soprattutto con unaprogettazione attenta alle nuove esi-genze dei consumatori, in un mercatoche da locale è divenuto globale.

La cesura sempre più spinta dei col-legamenti tradizionali tra campagna ecittà, intese come luoghi di produzio-ne e di consumo alimentare, con losviluppo e l’interposizione dell’arti-gianato e dell’industria alimentare, edella grande distribuzione alimentare,ha interrotto un tradizionale legamedi conoscenza dell’alimento, creandoun vuoto culturale che è stato riempi-to da timori e paure anche epidemi-che, e delle quali abbiamo numerosie recenti esempi. Se la qualità intrin-seca e le tecniche di produzione econtrollo degli alimenti (protocolli,manuali, tracciabilità, Haccp, etichet-tatura e tempi di scadenza o di consu-mo consigliato ecc.) hanno una signi-ficativa importanza per la sicurezzadegli alimenti, non risolvono comple-tamente il problema di una comuni-cazione della qualità dei singoli pro-dotti alimentari, in relazione ai diversi

contesti culturali d’uso e d’apprezza-mento psicosensoriale, delle diversesituazioni gustative e soprattutto delledifferenti memorie gastronomiche.

La qualità degli alimenti e dei lorousi non va disgiunta dall’evoluzionedel gusto in un quadro italiano nelquale a una supercucina, con diffe-renziazioni territoriali, si stanno af-fiancando delle sottocucine aculturalidove la qualità tradizionale degli ali-menti, come sopra tratteggiata, trovadifficile inserimento e valorizzazione.Invadente è una nuova progettualitàalimentare, che trova la sua espressio-ne di punta nel “food design” indiriz-zato a soddisfare soprattutto le esi-genze produttive e distributive, utiliz-zando anche nuove metodiche, peresempio le tecnologie del fresco. Im-portanti sono le manipolazioni delgusto in un quadro indirizzato a unasempre più marcata utilizzazione dipresentazioni con caratteri sensorialimondializzati, postmoderni e postoc-cidentali. Sempre più diffusa è la so-stituzione di una trasmissione cultura-le della qualità alimentare attraverso

un diretto apprendimento “naturale”,con sistemi di comunicazione “artifi-ciali” attraverso i mezzi di comunica-zione di massa, con non rare mistifi-cazioni suggestive e ingannevoli difalse tradizioni, come i “prodotti delnonno” o “della nonna”, ambienti dicoltivazione e produzione ideali mainesistenti e via dicendo, che contri-buiscono a manipolare il gusto equindi la percezione della qualità cul-turale e psicosociale degli alimenti.

Un quadro della qualità, quello trat-teggiato, che inevitabilmente si riflettesulla cucina e che deve far meditare,soprattutto se si pensa che l’Italia de-ve mantenersi fedele a una plurimille-naria tradizione di produzione di ali-menti con una qualità biologica e so-ciale, da utilizzare per un’alimentazio-ne d’alto livello qualitativo, sia per ilcorpo sia per l’anima.

Mai dimenticando, infine, che unalimento senza qualità è senza ani-ma, e se può sostenere il corpo del-l’uomo, non ne può nutrire l’anima.

GIOVANNI BALLARINISee English text page 69

FEBBRAIO

26 febbraio - ImolaConvegno “Quale formazione per una cucina di qualità?”(Delegazioni dell’Emilia Romagna)

MARZO

3 marzo - CanicattìConvegno “La dieta mediterranea patrimonio dell’umanità nella scuola:a confronto Italia, Spagna, Francia”

11 marzo - AlessandriaIncontro “Che cosa mangiamo oggi?La sicurezza della nostra tavola”(in collaborazione con Onav)

18-19 marzo - Viareggio VersiliaConvegno a Camaiore “L’olio della costa in Versilia”

25-26-27 marzo - TorinoConvegno “La cucina dell’Unità d’Italia, dalla sabauda alla nazionale”(Delegazioni della provincia di Torino)

APRILE

1-3 aprile - Penisola SorrentinaConvegno a Sorrento “I formaggi italiani, delizia della tavola”Decennale della Delegazione1-3 aprile - Modica(possibile prolungamento al 5 aprile)Convegno “La dolce contea: pasticceria e cioccolato di Modica dai Grimaldi ad oggi”

9 aprile - Versilia StoricaConvegno su “La castagna in Alta Versilia”

9-10 aprile - PiacenzaConvegno “La ristorazione di qualità”

16 aprile - Foggia, Gargano,Foggia-LuceraConvegno “I funghi del Gargano”

30 aprile-1 maggio - FirenzeConvegno per i 150 anni dell’Unitàd’Italia

MAGGIO

6 maggio - Versilia StoricaPremio per il miglior chef dell’istitutoalberghiero di Serravezza (Lucca)

7 maggio - BiellaCinquantenario della Delegazione

27-28-29 maggio - RomaXIV Assemblea dei DelegatiXXII convegno internazionale sulla civiltà della tavola

GIUGNO

9-12 giugno - BudapestConvegno “Specificità e diversità della cucina italiana a 150 anni dall’Unità d’Italia”

11 giugno - VigevanoConvegno “Pepe rosa”

15-18 giugno - SiracusaEscursione e incontro conla Delegazione di Stoccolma

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2011

C A R I A C C A D E M I C I . . .

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E D I T O R I A L E

In “media” stat virtusDI GIANNI FRANCESCHI

“Questa «virtù» deve essere considerata «virtuosa» o «virtuale»?”.

I n “media” stat virtus: questo titolopretende, in via preliminare, unaconoscenza del significato delle

parole. Infatti, come diceva HumptyDumpty, il simpatico “testa d’uovo”di “Alice nel paese delle meraviglie”,prima di iniziare un qualsiasi discor-so è estremamente necessario met-tersi d’accordo sul significato delleparole.

Quindi, procediamo. “Media” è pa-rola latina, presa in prestito dagli an-glosassoni per indicare i mezzi di co-municazione di massa, e dal linguag-gio anglosassone è tornata qui danoi con quel significato. Ma siamo si-curi che, dicendo “media”, s’intendaproprio questo? Non è piuttosto l’al-tra accezione italiana, mutuata dallamatematica, che significa “via dimezzo”? E, proprio in fatto di comu-nicazione gastronomica, dobbiamorilevare che la “media”, quella mate-matica, è assolutamente bassa. Neparleremo.

E passiamo alla virtù. Anche que-sta è parola latina, “virtus, virtutis”,usata dai nostri antichi nel significatodi forza, valore, coraggio, bravura,eccellenza, merito. Questa parolaviene dritta dritta dal sostantivo lati-no “vir”, che intendeva indicare il ve-ro uomo, l’eroe, il vincitore, in con-trapposizione a “homo”.

Virtù, quindi, sostengono i lingui-sti, è il sostantivo astratto delle piùconcrete virtù virili, appena specifi-cate.

Ma per restare nel tema della co-municazione gastronomica, questa“virtù” deve essere considerata “vir-tuosa” o “virtuale”?

La risposta è facile e difficile nellastessa maniera.

Infatti nel campo della comunica-zione gastronomica ci troviamo ingenere di fronte a una forma “virtuo-

sa”, capace cioè di produrre un effet-to positivo. In contrapposizione,però, ci può essere una comunica-zione “virtuale”, che esiste in poten-za ma non in atto, e quindi assoluta-mente incapace di produrre effettipositivi.

A questo punto sorge un ulterioredubbio: la comunicazione gastrono-mica deve essere considerata un vei-colo “mediatico” oppure un rapporto“medianico”? In effetti la parola “me-dium”, in latino nominativo singolaredi “media”, indica un evocatore dientità astratte ma nasce dalla medesi-ma radice etimologica. E questorafforza il sospetto che esista davve-ro, in questo campo, una comunica-zione “virtuale”.

Noi stiamo vivendo in quello che èstato definito “villaggio globale”,cioè il mondo intero che, piano pia-no, in punta di piedi, è entrato nelnostro salotto di casa. E non c’èniente da fare: ogni giorno, ogniistante, dobbiamo fare i conti conquesto ospite, gradito o non graditopoco importa, che è entrato con pre-potenza e presunzione, nelle nostrevite.

E la “comunicazione globale” èuno degli elementi più importanti, eanche più subdoli, di questa globa-lizzazione strisciante che ci avvilup-pa. E oggi non è forse diventata glo-bale, globalizzata, anche la comuni-cazione gastronomica?

Guardiamoci un po’ dentro.Ecco la comunicazione cartacea.

Libri, giornali, riviste, opuscoli, di-spense, monografie. Non ci sarebbeche l’imbarazzo della scelta. Ma èimpossibile scegliere tra dieci, cento,mille entità uguali, identiche, quasiin fotocopia.

Sorge il dubbio, a questo proposi-to, che nel campo della comunica-

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E D I T O R I A L E

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zione gastronomica la “globalizza-zione” sia un sinonimo di una “imi-tazione” che acquista i contorni diun incredibile plagio collettivo, con-scio o inconscio non importa.

Esempio: un quotidiano lancia unaserie di volumi a carattere gastrono-mico: facciamo l’ipotesi che si trattidi un ricettario. All’improvviso, qua-si per generazione spontanea (o for-se per spionaggio industriale?), tuttio quasi gli altri quotidiani seguonola medesima strada.

Così le edicole sono inondate daricettari regionali, internazionali, na-talizi, dolciari, primi piatti, verdure,pietanze, enciclopedie. In genere ilprimo volume della serie viene rega-lato, una specie di esca per potervendere tutta la collana (a prezzi ingenere non proprio bassi).

Mi viene in mente una battuta che,come si dice, se non è vera è bentrovata. È stato chiesto a una bambi-na: “Che cos’è un libro?”. Risposta:“È una cosa che se la compri ti rega-lano un giornale”.

Poi ci sono le dispense. Anchequi, tutto lo scibile gastronomicoviene sviscerato. Poi ci sono i “me-dia” come la radio e la televisione.

Qui, sembra impossibile, è peggioche nelle edicole. A tutte le ore delgiorno (e anche della notte) su tuttii canali, su tutte le frequenze, è unimperversare continuo e infinito dicuochi, pasticcieri, coltivatori, vinai,dietologi, enologi, botanici, espertidi questo o di quello, e poi padelle,pignatte, pentole, fritture, bolliti,olio, aceto, burro, cotolette, pastafatta in casa, torte, ciambelle: unastoria infinita. Si assiste a una mede-sima, noiosa e infinita telenovela:infatti ogni trasmissione è uguale al-l’altra.

Ovviamente, ciascun canale ha insé il concorsino, il piccolo o grandepremio, la telefonata da casa, ilcoinvolgimento del telespettatore(più facilmente le telespettatrici). E,guarda caso, c’è anche il risvoltopubblicitario, palese con gli spotabilmente inseriti al momento giu-sto, meno palese se vengono utiliz-

zati messaggi pubblicitari sublimina-li più sottili (ma non troppo) ma al-trettanto persuasivi.

Tutto questo carnevale gastrono-mico, ovviamente, andrebbe ascrittoa quella comunicazione gastronomi-ca “virtuale” di cui s’è fatto cenno af-fermando che essa esiste in potenzama non in atto, e quindi è incapacedi produrre effetti positivi. Tutto giu-sto. Ma l’incapacità a dare effetti po-sitivi è purtroppo accompagnata auna sottile e nefasta produzione dieffetti negativi.

A tutto questo va aggiunto il circomassimo della comunicazione ga-stronomica, vale a dire internet. Quii siti a essa dedicati sono infiniti, ita-liani e internazionali, ripetitivi, in-gannevoli, solo raramente seri e bendocumentati.

A questo punto c’è da chiedersi sein queste condizioni possa esistereanche una comunicazione gastrono-mica “virtuosa”.

Libri, dispense o enciclopedie aparte, molti quotidiani hanno criticigastronomici validi, preparati, di ot-timo livello culturale, coscienti del-l’influenza che possono esercitaresul lettore. La stessa cosa si può direper i settimanali.

Ci sono anche ottime riviste spe-cializzate, che promuovono con in-telligenza e buon gusto una culturagastronomica di eccellente livello.Ma queste pubblicazioni, per potervivere, sono costrette a far ricorsoalla pubblicità e questo talvolta (perfortuna non sempre) può, se noncondizionare, almeno influire su de-terminate scelte editoriali.

Vorrei qui fare un accenno alla no-stra rivista, una pubblicazione suigeneris, assolutamente priva di pub-blicità (per scelta e per obbligo sta-tutario), aliena quindi da condizio-namenti o suggestioni.

Accanto alle cronache sull’intensaattività istituzionale dell’Accademiae delle sue numerose Delegazioni inItalia e all’estero, “Civiltà della Tavo-la” pubblica in ogni numero saggi dicultura gastronomica di alto livello,contribuendo così a formare, nei

suoi oltre settemila Accademici, unaconsapevolezza culturale di buon li-vello e a dare un’informazione esattasugli studi e le ricerche nel vastissi-mo settore della comunicazione ga-stronomica. Ritengo che questo mo-do di comunicazione gastronomicasia davvero “virtuoso” nel senso piùcompleto dell’accezione.

C’è un’ultima considerazione dafare che riguarda le case editrici li-brarie e le librerie. Molte grandi ca-se editrici pubblicano testi impor-tanti relativi alla storia della cucina,alle tradizioni gastronomiche, allasociologia del cibo, alle storie e vi-cende della tavola italiana o stranie-ra, alle radici della civiltà della ta-vola.

Ma il maggior plauso, io credo,deve andare a quella miriade dipiccoli editori di provincia chepubblicano con grande impegnoanche economico testi relativi allecucine locali, al territorio, ai pro-dotti, alle tradizioni, agli usi e co-stumi di un paese, di una città, diuna regione. È un’attività beneme-rita, di grandissimo valore storico eculturale, che andrebbe maggior-mente valorizzata.

In questo ambito culturale l’Acca-demia pubblica testi di grande rigorescientifico nella sua collana di cultu-ra gastronomica, accanto ai periodici“quaderni” che riportano gli atti deipiù importanti convegni tematici or-ganizzati ogni anno.

Per concludere, vorrei citare unafrase del poeta inglese Wystan HughAuden che ha detto: “Quello che imass media offrono non è arte madivertimento fatto per essere consu-mato come cibo, dimenticato e sosti-tuito da un nuovo piatto”.

Il giornalista Mario Giordano, notofustigatore di costumi e malcostumi,apre così il suo ultimo libro dal tito-lo emblematico “Siamo fritti”: “Nonsi è mai parlato così tanto di mangia-re. E non si è mai mangiato così ma-le”. Un rapporto tra causa ed effettoche dà da pensare.

GIANNI FRANCESCHISee International Summary page 69

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C U L T U R A & R I C E R C A

Salviamo il nostro gustoDI MARINO DE MEDICI

Accademico della Virginia

“I prodotti italiani Dop/Igpdevono far fronte alla concorrenza

di prodotti made in Usa che hanno lo stesso nome”.

G li italiani che viaggiano negliStati Uniti, e nel mondo inte-ro, se ne accorgono a ogni

pie’ sospinto. Dappertutto circolanoprodotti agroalimentari con tanto dietichette, colori, immagini e riferi-menti geografici italiani, ma che ita-liani non sono. È il fenomeno chia-mato dell’“Italian sounding”, contro ilquale l’Italia e l’Unione europea sibattono da anni, ma senza risultatiapprezzabili. Il contenzioso è parti-colarmente spinoso con gli Stati Uni-ti, che non riconoscono giuridica-mente le indicazioni geografiche peri prodotti agroalimentari, fatto tantopiù increscioso in mancanza di un si-stema di reciprocità tra la normativacomunitaria e quella statunitense.Specificamente, gli Stati Uniti si op-pongono alle richieste europee in te-ma di indicazioni geografiche e alconcetto stesso di indicazioni geogra-fiche protette perché lo consideranoin contrasto con il loro sistema di“trademarks”.

Il vero nodo del problema è que-sto: gli Stati Uniti non tutelanoespressioni di origine geografica chesi ritengono generiche per l’indica-zione di beni o di servizi. Un segno è“generico” quando il suo uso sia tal-mente diffuso da indurre il consuma-tore a considerarlo come una catego-ria che comprende tutti i beni o servi-zi dello stesso tipo piuttosto che co-me una designazione di origine geo-grafica. Le indicazioni generiche nongodono di protezione negli Stati Uni-ti. Ergo, quando una designazione diorigine geografica è divenuta “generi-ca” può essere utilizzata da qualsiasiproduttore per identificare i propribeni o servizi. Una conseguenza diquesto stato di fatto è che il non rico-noscimento delle peculiarità esclusi-ve di un prodotto contribuisce alla di-

minuzione del valore stesso del pro-dotto sul mercato. Questa situazionespiega perché il mercato americanosia inondato di formaggi di nome ita-liano, quasi tutti prodotti nello statodel Wisconsin, di bassa qualità.

Basta andare al sito di uno di questigrandi produttori caseari, per vedereuna sfilza di formaggi definiti, conammirevole sfacciataggine, “classicalItalian cheeses made in the Usa”. Unesempio: il formaggio asiago, un pro-dotto Dop, è commercializzato come“asiago cheese”. Ma non è il solo:nell’ammucchiata di falsificazioni cisono il gorgonzola, il provolone, ilparmigiano, il mascarpone e perfinola burrata. Per non parlare di monta-gne di mozzarella che alimentano lamastodontica industria americanadella pizza, sfornata in tutte le dimen-sioni, spessori e varietà di ingredien-ti, incluso l’ananas.

In parole povere, per quanto i pro-duttori ed esportatori italiani si arra-battino, non riescono a ottenere letutele giuridiche, previste dalla nor-mativa statunitense, da parte di unorganismo federale denominato Usp-to (Us patent and trademark office).Ai prodotti italiani targati Dop/Igpviene infatti negato il riconoscimentodel “certification mark” con la moti-vazione che l’indicazione geograficaè considerata nome generico. Il di-sgraziato “Italian sounding” fa sì che iprodotti italiani Dop/Igp devono farfronte alla spietata concorrenza diprodotti made in Usa che hanno lostesso nome, ma che non sono dellastessa qualità.

Vero è che dal 1994 sono in vigorei cosiddetti accordi Trip (Trade rela-ted aspects of intellectual property ri-ghts), il cui intento è di stabilire re-quisiti e di determinare un livello mi-nimo di protezione che ogni Paese

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deve garantire. Ma se l’obiettivo eraquello di conferire una certa tutelaarginando la diluizione delle indica-zioni geografiche in nomi generici,l’ordinamento statunitense comportagrossi ostacoli nell’attuazione di taleprincipio e ammette soltanto un ri-corso per i titolari di “marchi famosi”.È una questione di lana caprina mira-bilmente intessuta dalla “commonlaw” americana, con eccezioni che la-sciano interdetti, come la cosiddettaclausola del nonno (“grandfatherclause”) che rende valido l’uso diquei marchi contenenti indicazionigeografiche di altri Paesi ma registratiin buona fede prima dell’entrata invigore degli accordi Trip. Questaclausola ha consentito a un canadesedi spacciare il suo prodotto comeprosciutto di Parma con buona pace,o rabbia, del consorzio italiano. Ilguaio di tanti prodotti italiani ricalca

il destino del formaggio asiago, chein America ha assunto il significato dinome comune, ossia è divenuto ge-nerico.

In materia di protezione delle indi-cazioni geografiche, si è creata inverouna spaccatura tra l’Unione europea,l’Africa e parte dell’Asia da una parte,e dall’altra Stati Uniti, Canada, Austra-lia e America Latina (l’Argentina su-bissa i supermercati americani con ilfalso parmigiano, battezzato “reggia-nito”). Il blocco europeo riconoscevalore giuridico alle denominazionidi origine, quello americano invececonsidera i “certification marks” co-me un’alternativa giuridicamenteplausibile e parimenti efficace. Danotare che mentre i Paesi Ue conferi-scono alla tutela delle indicazionigeografiche una normativa speciale,gli Stati Uniti applicano un fritto mi-sto di norme che regolano i marchi

commerciali, la concorrenza sleale ela sicurezza dei consumatori. Vale lapena di segnalare che nella diatribaUsa-Ue, chi più ne fa le spese è l’Ita-lia, che vanta un vero primato in fattodi prodotti con la qualifica di Dop eIgp.

Vista la quasi impossibilità di vin-cere la battaglia contro la “commonlaw”, la speranza degli esportatoriitaliani si affida a campagne educati-ve volte a sensibilizzare il consuma-tore americano mettendolo di gradodi discernere l’etichettatura e di di-stinguere quella ingannevole, pur-troppo lecita. Il consumatore ameri-cano è pratico e in molti casi sa ren-dersi conto della provenienza e dellaqualità di un certo prodotto. In altriPaesi, come la Cina, è una causa per-sa in partenza.

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Wall Street e la speculazione si preparano a regalarealla gastronomia mondiale una nuova specialità: lafettina d’oro. La scelta è semplice: il mondo è a cortodi bovini. I prezzi dei mangimi sono alle stelle. Iprezzi dei derivati sulla bistecca (i “live cattle futu-res”) alla borsa di Chicago sono schizzati all’insù(+16% in meno di dodici mesi). E l’onda lunga degliaumenti rischia di tracimare a breve nei carrelli deiconsumatori. “Mettiamoci l’animoin pace: la carne non sarà più unprodotto di massa - è la previsionedi Henning Steinfeld, responsabiledegli allevamenti della Fao -. Irialzi di questi mesi sono qui perrestare. Una costata nel 2050 co-sterà come il caviale di oggi”. Esa-gerazioni? Un po’ sì, ma non trop-po dice François Tomei, direttoregenerale di Assocarni: “Il proble-ma contingente è il boom delprezzo dei cereali e i rialzi non si sono ancora sentitiperché allevatori e macellatori hanno assorbito gliaumenti”. A lungo termine però “l’allarme della Faoha un suo fondamento: su 6 miliardi di esseri umanisolo poche centinaia di milioni hanno accesso alleproteine nobili della carne, mentre le terre ancoradisponibili per allevare le bestie sono pochissime e so-lo in Brasile e Russia”. Negli Stati Uniti, il più grande

ranch mondiale, c’è oggi il livello più basso di bovinidal 1973, causa siccità e crisi finanziaria. Il balzodei costi delle stalle ha mandato gambe all’aria deci-ne di aziende in Europa e in Italia e il Brasile, gran-de esportatore a inizio millennio, fatica ora a soddi-sfare la richiesta nazionale. I capi in vendita, così,sono sempre meno, mentre la richiesta cresce a ritmivertiginosi: l’export Usa è salito quest’anno del 26%.

“Basta che i cinesi decidano dimangiare un chilo di carne inpiù all’anno per travolgere gliequilibri del mercato” prosegueTomei. Quel che è sicuro è chedobbiamo razionalizzare le risor-se, specie l’Italia che importa il50% del suo fabbisogno di bistec-che, malgrado la crisi abbia ta-gliato del 2% i consumi quest’an-no. Come evitare di fare della fet-tina il caviale del terzo millennio?

“Portando tecnologie nelle stalle e difendendo con lapolitica comunitaria i prodotti Ue” conclude Tomei.Oppure tagliando i consumi. Fino a poche decine dianni fa, in fondo, la carne arrivava in tavola unavolta alla settimana, nel giorno di festa. Si calmiereb-bero i mercati, si mangerebbe più sano. E, di sicuro,vitelli e mucche non avrebbero niente da ridire. (Et-tore Livini, “La Repubblica”)

CARNE: L’ABBUFFATA È FINITA

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La carne di bufaloDI LEJLA SORRENTINO MANCUSI

Accademica di Napoli-CapriCentro Studi “F. Marenghi”

“È tenera e saporita, adatta a qualsiasi

tipo di ricetta”.

N ell’Italia meridionale, ricca diaree paludose e improduttive,alcuni secoli fa si diffuse l’al-

levamento dei bufali, ancora oggiconcentrati soprattutto in Campania,nelle province di Caserta e Salerno,dove spesso le acque del Sele e delVolturno invadono i terreni, ma an-che nell’agro pontino in provincia diLatina e in quantità minore in Cala-bria, Lucania e Puglia. La presenza diquesto animale si rivelò una risorsaimportante per l’economia di quellezone, sfruttato sia come animale dalavoro e da latte sia per consumarnele carni. L’allevamento inoltre non ri-chiedeva particolari accorgimenti oattrezzature in quanto le bestie eranolasciate allo stato brado in zone ina-datte a qualsiasi coltivazione. Sin daallora con il latte di bufala venivanoprodotte ricotte e provature, di solitosottoposte ad affumicatura per allun-garne il tempo di conservazione. Ilpellame dei bufali maschi era utiliz-zato in Toscana in attività artigianalitipiche.

Animale piuttosto selvatico, la suafama di aggressività e ferocia accen-deva lo spirito d’avventura dei viag-giatori stranieri che si spingevano inluoghi impervi del Sud Italia pur diammirare paesaggi aspri e incontami-nati e di provare il brivido di un in-contro a distanza ravvicinata con letemibili bestie. Così Goethe quandosi recò a visitare i templi di Paestum:“Passammo per ruscelli e paludi ovedei bufali, che avevano l’aspetto d’ip-popotami, ci guardarono fissamentecoi loro occhi selvaggi e rossi comesangue”.

La presenza dei bufali e i loro mol-teplici utilizzi sono attestati in Italiasin dal XII-XIII secolo, e diventanosempre più frequenti dopo il XIV. Trai cespiti elencati nel testamento del

padre di Ettore Fieramosca c’era unterreno dove erano allevati bufali.Nel “Libreto de tutte le cosse che semanzano” (1508) di Michele Savona-rola, i “buffoli”, pur considerati allastregua dei buoi, sono classificati“più sechi e più duri assai da padire”.Marco Lastri, ecclesiastico vissuto aFirenze, nel suo “Corso di agricoltu-ra” (1801) annotò: “Migliore assai del-la carne del bufalo adulto, e positiva-mente buona, è la carne del bufalottotenero”.

A Napoli, secondo la statistica ri-portata da Errico De Renzi nel suosaggio “Sull’alimentazione del popo-lo minuto di Napoli”, nel dicembre1861 furono macellati 54 bufali e ben91 nel dicembre 1862. Nel “Breveragguaglio dell’agricoltura e pastori-zia del Regno di Napoli” (1845) di A.Bruni e G. Gasparrini, si legge: “Lecarni dei bufoli di un anno sono buo-ne a mangiare, essendo tenere, pas-sato tal tempo sono dure”.

Il nostro Presidente Ballarini, nelsuo esaustivo “Elogio della carne”(1992) scrive: “Le carni bufaline sidifferenziano dalle carni bovine per ilcolore rosso cupo intenso, oltre cheper l’aspetto della superficie di sezio-ne che presenta una «grana» più gros-solana. È più apprezzata la carne delgiovane (annutolo) anche perchémeno grassa”.

Ciò nonostante, sia nei ricettari delpassato che in quelli più recenti, lacarne bufalina è quasi sempre igno-rata, limitandosi a confrontarla conquella bovina, e pochissimi le conce-dono dignità propria con ricette adhoc. Vincenzo Corrado, che non ave-va inserito la carne di bufalo ne “Ilcuoco galante” (1773), nel successivo“I pranzi giornalieri” (1832) la consi-derò degna di essere servita alla tavo-la dei grandi: inserì ben sette ricette e

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annotò: “Sebbene la carne di bufalanon sia da soddisfare ogni palato, illacerto però, siccome il fegato, la lin-gua e la zinna, è eccellente”. Alexandre Dumas nel suo “Granddictionnaire de cuisine” (1873) ripor-ta una bizzarra ricetta ricevuta dallochef dei Rotschild: “Prendete un mu-so di bufalo, fatelo spurgare, sbian-chitelo e raffreddatelo, poi raschiate-lo e fiammeggiatelo per eliminare ipeli, infine mettetelo in un buon fon-do e fatelo cuocere per tre ore. Assi-curatevi di tanto in tanto se si è cotto,

poi sgocciolatelo e sistematelo in unpiatto cosparso di una buona salsatritata molto saporita e servite. Si puòservire questa pietanza in diverse ma-niere: sia in cartoccio, alla provenza-le, alla marinara, alla lionese, alla tar-tara, con salsa di pomodori e alla Vil-leroy”.

Nel ricettario francese “L’art de bienmanger” (1904) di Edmond Richardinc’è un’altra ricetta singolare da realiz-zare dopo una battuta di caccia: “Am-mazzate un bufalo, sezionatelo, pren-detene il filetto che taglierete in fettesottili. Accendete tra due pietre piatteun fuoco di legno resinoso, sistemateal centro una marmitta di campagnache riempirete di vino, condite que-

sto vino di sale, pepe, bacche di gi-nepro, grani di mostarda e qualcheerba aromatica. Tuffateci le fette sot-tili, fate cuocere per tre ore e servite.Pietanza molto apprezzata dai caccia-tori nell’America del Nord”.

Ancora penuria nei testi del Nove-cento, ascrivibile all’affinità con la car-ne bovina e alla difficoltà di reperirlasul mercato. Tra le rare ricette c’è lospezzatino di bufala, tipico della zonadi Eboli, ne “La Campania” (1981) diDomenico Manzon, compianto Acca-demico napoletano. In un libro, che

definire insolito sarebbe riduttivo, “Lericette dei professori per cucinare lecarni italiane” (1986), dove i professo-ri sono i veterinari e gli zootecnici ap-passionati di gastronomia, il prof. Ma-riano Aleandri, da vero esperto, offreun valido contributo all’uso della car-ne bufalina con ricette della cucinapopolare ciociara: arrosto di bufalotto,spezzatino di annutolo, carne di bufa-lo in umido. Nel terzo millennio c’èun’inversione di tendenza in Campa-nia, con una campagna per la valoriz-zazione della carne di bufalo, iniziataforse per utilizzare i bufalotti maschiconsiderati un onere inutile e destinatia essere soppressi.

Di recente sono sorti allevamenti

bufalini finalizzati esclusivamente allaproduzione di carni e salumi pregiati,escludendo del tutto i tradizionaliprodotti caseari. Nei ristoranti ubicatinelle aree vocate agli allevamenti dibufali, gli chef più quotati hanno va-lorizzato la carne bufalina, alcuni nehanno fatto addirittura il fiore all’oc-chiello dei loro menu con una vastascelta di ricette e la moda ha conta-giato un po’ tutti gli operatori del set-tore desiderosi di offrire novità allet-tanti ai clienti. Sono stati indetti con-corsi negli istituti alberghieri per pre-

miare la migliore ricetta di carne dibufalo e sono stati invitati chef famo-si per elaborare nuove preparazioniche abbiano come protagonista que-sto ingrediente.

Anche la scienza ha dato il suocontributo, elencando le qualità posi-tive della carne bufalina: è tenera esaporita, è adatta a tutti, soprattuttoanziani e bambini, è tra le carni piùmagre e leggere, ha bassissimo con-tenuto di colesterolo e alti valori diproteine e di ferro, è versatile in cuci-na, adatta a qualsiasi tipo di ricettasia della tradizione familiare che del-la cucina innovativa o d’alta classe.

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Conoscere è vivereDI DONATO PASQUARIELLO

Accademico di Roma Appia

“Le capacità analitiche della dimensione culturale,

applicate al sapore del piatto, rendono possibile

ripercorrerne il precedente vissuto”.

N ella sua più ampia accezio-ne, la cultura, quale prodottodelle interazioni aventi nor-

malmente luogo tra appartenenti aun ambiente umano, compendia og-getti di conoscenza, informazioni eistruzioni essenziali ai fini della con-vivenza e della sopravvivenza, ac-cumulati nel tempo e continuamen-te modificati per effetto di nuoveesperienze ed elaborazioni, di cuiviene curata la trasmissione da unagenerazione all’altra.

Alcune di tali acquisizioni sonorelativamente recenti, ma la maggiorparte proviene dal passato attraver-so il senso comune.

Riguardata soggettivamente, lacultura si identifica nella specialecapacità di apprendere dagli altri, incontrapposizione al proprio isola-mento esperienziale, per cui acqui-sta rilievo, come risulterà in appres-so, la qualità della comunicazionenelle sue varie forme, necessariaper la diffusione delle informazioniculturali.

Così essa assicura la disponibilitàdi una serie di strumenti del sapere,quali categorie di giudizio utili a di-stinguere il vero dal falso, modellidi analisi e di interpretazione di fattied eventi, schemi logico-razionaliper l’assunzione delle decisioniquotidiane e, non ultima, la memo-ria organizzata di precedenti espe-rienze personali o collettive.

Preliminare interesse riveste l’ana-lisi del modo in cui la cultura vienedi fatto a interagire con il senso delgusto, conferendo contenuti qualifi-canti alle capacità di discriminazio-ne e di interpretazione stimolatedalla gamma dei sapori quotidiana-mente esperiti.

Conoscere è vivere: non è possi-bile godere di un’esistenza piena

senza l’indispensabile sussidio delleconoscenze rivenienti dal possessodi un minimo bagaglio culturale, eciò è particolarmente vero nel casodel quotidiano esercizio del sensodel gusto.

La percezione gustativa concre-tizza infatti un atto di scambio tramondo esterno, conoscibile con glistrumenti fisico-biologici propri delsenso, e quello interno all’indivi-duo, da cui in definitiva prendeforma, sulla scorta delle conoscen-ze e delle esperienze possedute,l’interpretazione delle sensazioniavverti te; quest ’ult ima si rivelaquindi tanto più completa quantopiù tenda a integrare le “primitive”modalità di mero scrutinio fisicodella percezione con le sensibilitàproprie di una visione “culturale”del mondo e del sistema di valori aessa associato.

Il modellamento “culturale” delsenso del gusto permette di dareautonomo rilievo ai tanti saporicompendiati in quello d’insieme,rendendoli al tempo stesso distin-guibili nella loro reale articolazionemalgrado l’apparente uniformità dipercezione; quando poi sorretto daconoscenze specifiche di cucina, lostesso approccio consente di anda-re ben oltre il mero aspetto esterio-re della pietanza, destrutturandolanelle sue caratteristiche e compo-nenti elementari per attribuirvi gliapprezzamenti gustativi di cui alpersonale repertorio delle sensa-zioni memorizzate.

Le capacità analitiche proprie del-la dimensione culturale, applicatecriticamente al sapore del piatto,rendono infatti possibile ripercor-rerne mentalmente, a ritroso, tutto ilprecedente vissuto, declinandolo inuna serie di informazioni relative al-

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la composizione, alla preparazione,alla cottura e a ogni altra fase di la-vorazione occorsa.

Ogni particolare percettivo, postoa raffronto sia con la memoria espe-rienziale sia con l’immaginario cul-turale, diviene oggetto di conside-razione: dalla qualità e specificitàdegli ingredienti alla validità dellescelte relative, dalla coerenza, se-quenzialità e tempistica dei proces-si di cucina alle cure, attenzioni esensibilità trasfuse nell’elaborazio-ne finale.

Il processo cognitivo, sviluppatodialetticamente su tali basi, nonpuò che trovare coerente epilogo,oltre che in un meditato e ben fon-dato giudizio, pure in un sensibileaccrescimento del piacere ritraibile,quanto meno in termini di consape-volezza.

L’approccio analitico, rivolto poial proprio interno, offre pure la pos-sibilità di enucleare, nell’ambito del-la complessiva impressione gustati-va, la parte strettamente riferibileagli aspetti qualitativi della pietanza,quella eventualmente attribuibile al-le componenti inconsce ed emozio-nali accompagnanti la percezione einfine quella da farsi risalire ai sem-pre presenti condizionamenti situa-zionali e di contesto.

Nell’atto di percezione gustativa,il soggetto viene di norma a trovar-si confinato in un universo espe-rienziale del tutto personale, nonsempre traducibile in forme di co-municazione efficaci, dati i noti li-miti del linguaggio a descrivererealtà estremamente complesse,quali quella dei sapori e dei sentoripossibili nonché delle correlatesensazioni di piacere; egli rimanedi fatto isolato, non solo dagli altri,ma anche temporalmente da sestesso, quale portatore di prece-denti analoghe esperienze nonidentificate e quindi non registratenella propria memoria permanente.

In questo caso sovviene appuntola cultura che, oltre a favorire ilcorretto scrutinio di quanto perce-pito alla luce delle categorie men-

tali di analisi, permette pure di ac-crescere notevolmente le possibi-lità di dare estrinsecazione alle sen-sazioni avvertite, di norma effime-re, volatili, incerte e talvolta persi-no false.

Il ricorso a opportune semplifica-zioni linguistiche consente infatti diuscire dalla mera soggettività, atti-vando processi esterni di compara-zione e di giudizio per una verificacondivisa delle proprie sensazioni,e di disporre altresì di spunti di ri-flessione utili per l’avvio e lo svi-luppo di conversazioni che valganoa rendere piacevole l’esperienzaconviviale e ad assicurare alla stes-sa degno completamento.

La cultura riesce così a stimolaresia un uso creativo della lingua,conferendole quella plasticità ne-cessaria a dare espressione e signi-ficato a sensazioni altrimenti desti-nate all’oblio individuale e colletti-vo, sia le condizioni, al tempo stes-so, per il miglior godimento delpiacere della tavola nella sua di-mensione edonistica.

Un significativo portato della cul-tura è poi quello di conferire indub-bia maturità - in termini di equili-brio e di flessibilità, da un lato, e distabilità, dall’altro - nella gestionedelle molteplici situazioni, anchecomplesse, in cui di norma si ècoinvolti nella vita di tutti i giorni.

Un più consapevole modo di es-sere e di porsi nei riguardi dellarealtà permette fra l’altro di riguar-dare con opportuna distanza criticaabitudini e schemi alimentari pro-pri della comunità o gruppo socialedi appartenenza, quali per esempiole dominanti gustative, i legami pri-vilegiati tra alimenti e sapori, l’usoselettivo di parte delle sostanzecommestibili del proprio ambiente,i processi a volte singolari di pre-parazione e di cottura.

Una moderata apertura a nuoveesperienze, promossa dall’atteggia-mento flessibile proprio della di-mensione culturale, potrebbe favo-rire, quando del caso, opportunemediazioni o anche un superamen-

to di tali vincoli, quando avvertiticome limitazioni alla personale li-bertà di espressione cucinaria.

Una solida formazione culturalepuò in certi casi costituire, per con-tro, un argine di tutto rispetto alnon trascurabile rischio di assimila-zione di mode, schemi e stili omo-loganti in campo alimentare, veico-lati dall’ormai pervasiva globalizza-zione o dalle reiterate campagnepubblicitarie.

Una più strenua e motivata resi-stenza, come solo la cultura sa ga-rantire, può essere per esempioespressa avverso i molteplici tentati-vi finalizzati sia a ridurre la gammadei prodotti alimentari a quelli piùuniversalmente coltivabili e com-merciabili, a scapito della biodiver-sità e delle produzioni di nicchia,sia a indirizzare l’universo naturaledei sapori verso quelli artificiosa-mente appetibili, anche se inevita-bilmente forieri di un progressivoappiattimento del gusto.

Un ulteriore positivo riflesso dellacultura, e in particolare delle sotteseconoscenze di carattere storico-so-ciale legate al proprio ambiente, èinfine il senso di profondo rispettonutrito nei riguardi delle tradizionicostituenti il patrimonio identitarioe simbolico della comunità di ap-partenenza.

Un rispetto che muove non tantoe non solo dalla avvertita esigenzadella loro reiterazione o dalla grati-tudine dovuta alle generazioni checontribuirono alla loro affermazio-ne, quanto dalla profonda convin-zione della loro oggettiva e intrinse-ca utilità, della validità delle motiva-zioni di base, della comprovata coe-renza delle scelte implicite.

Certe soluzioni di cucina della no-stra tradizione appaiono infatti, spe-cie quando ben comprese in tutta laloro portata, così mirabilmente riu-scite da indurre a pensare che essenon potevano, per logica stessa dinatura, che essere così concepite erealizzate.

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Il cibo da stradaDI TITO TROMBACCO

Accademico di Bologna dei Bentivoglio

“Rappresenta il più arcaicomodello di ristorazione,

semplice e umile, strettamente

legato al territorio”.

I l mangiare per strada è una dellepiù vecchie forme di nutrimentoche l’uomo abbia inventato: nasce

e deriva dalle abitudini alimentari ca-ratteristiche dei popoli nomadi. Già iRomani nelle città sparse per l’Impe-ro e a Roma, a una cert’ora della gior-nata lavorativa, dovevano fermarsiper mangiare e bere. Per far fronte aquesta esigenza, sorgono e si molti-plicano taverne e botteghe di variogenere, ma compaiono anche tantivenditori ambulanti di generi alimen-tari. Questa attività continua nei seco-li, visto che le classi popolari e quellemeno abbienti urbane, per tutto ilMedioevo, e oltre, trascorrevano granparte della giornata sulla strada e quiconsumavano anche i pasti.

Questo modo di vivere è ben testi-moniato dalle tante pubblicazionigrafiche che raffigurano questi mo-menti e che hanno reso celebre an-che il venditore ambulante di vivan-de. È per questi motivi che il cibo dastrada, chiamato oggi “street food” o“cucina da strada”, rappresenta il piùarcaico e originale modello di ristora-zione. Semplice e umile nei compo-nenti, strettamente legata al territorioe alla stagionalità dei prodotti, questaespressione di pratica cucinaria oggiavviene specialmente in occasione difiere, mercati e sagre.

Attualmente, in questi posti e inqueste occasioni, la figura dell’ambu-lante è sostituita dai moderni furgo-ni, attrezzati con cucina, che offronoin questi contesti le tante specialitàtipiche regionali: dalle piadine allepizze, dalle crescentine alle tigelle,dalle tante focacce allo sfincione, al-l’erbazzone, alle salsicce, al pescefritto, tutti prodotti tradizionali, anti-chi e locali, prodotti e cibi che parla-no di storia, di identità, quindi di cul-tura popolare.

Non c’è regione italiana che nonoffra lo spunto, anche se solo in que-sta sobria forma, per far conoscere alfrettoloso passante o turista la sua ric-chezza di cibi, prodotti e specialità. Ilcibo che troviamo in bella evidenza èquello che la nostra mente racchiudenel suo profondo. La sollecitazionedovuta alle offerte lungo le strade fascattare uno dei tanti strumenti sen-soriali, in primis l’occhio poi il naso,e questo impulso fa emergere ricordi,sapori, profumi e sensazioni dimenti-cati. Poiché il ricordo nel tempo siamplifica, e generalmente le cose ciappaiono più grandi e migliori diquello che in realtà non siano state,anche se non ne hai bisogno ti fermi,fai una sosta, e qualunque cibo sem-bra avere più gusto.

Trattandosi il più delle volte di eser-cizi all’aperto, in zone popolose e an-tiche della città, essi sono una validaalternativa al chiuso della trattoria odel ristorante. In questi luoghi il gio-vane più facilmente socializza con l’a-dulto: stando gomito a gomito, si dia-loga, non si è più soli, si comunica.

Questi luoghi diventano un mezzodi comunicazione e di socializzazioneinteressante, affermandosi in tal modocome uno dei tanti momenti culturalidella civiltà del cibo e della tavola.

La cucina da strada quale strumentodi incontro tra vecchie e nuove tradi-zioni, potrà rappresentare un possibi-le deterrente al processo di globaliz-zazione, se riuscirà a mantenere intat-te quelle che sono le sue più profon-de radici di tipicità del tradizionaleprodotto locale, simbolo della gastro-nomia di un territorio. Un contributosignificativo e importante per mante-nere viva la nostra identità, la nostratradizionale civiltà della tavola e delcibo, la nostra cultura.

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I N O S T R I C O N V E G N I

Biodiversità in tavolaDI BRUNO CAPURSOAccademico di Pisa

“È stata sottolineata l’esigenza di conservare il più possibile le varietà

locali delle specie di prodotti,valorizzandone

la biodiversità come specialità di nicchia”.

O rganizzato dalla Delegazionedi Pisa e dalla Facoltà diAgraria, si è svolto a Pisa il

convegno sul tema “Biodiversità in ta-vola: varietà di ortaggi antiche e mo-derne”. I lavori sono stati ospitati nel-l’aula magna, messa a disposizionedalla Facoltà di Agraria, e sono statiintrodotti e coordinati dalla presideprofessoressa Manuela Giovannetti, laquale ha sottolineato l’importanza deltema scelto, che si presenta fonda-mentale non soltanto per la nostra vi-ta quotidiana ma anche per quelladello stesso pianeta Terra. L’argomen-to è degno di nota soprattutto perchéil 2010 è stato l’anno dedicato dall’O-nu proprio alla biodiversità, la cuiconservazione “nelle specie vegetali,animali e microbiche, rappresentauno strumento strategico per salva-guardare risorse preziose per le futuregenerazioni” e deve essere preservatadalla “nuova minaccia per la sicurez-za alimentare rappresentata dal riscal-damento globale”.

Dopo il saluto del vice-sindaco,dottor Paolo Ghezzi, che ha manife-stato apprezzamento per la scelta deltema anche perché in consonanzacon iniziative dell’amministrazionecomunale a favore della diffusione diuna cultura della corretta alimenta-zione, i quattro relatori, Alberto Par-dossi e Mario Macchia, professori adAgraria, Carlo Cannella, professoreordinario dell’Università “La Sapien-za” di Roma, e Alfredo Pelle, giornali-sta, gastronomo e Accademico, Se-gretario del Centro Studi “Franco Ma-renghi”, hanno intrattenuto il nume-roso e attento pubblico trattando, ri-spettivamente, di “Geni e sregolatez-za nel pomodoro”, “Varietà locali inpensione: conservazione e valorizza-zione”, “Stagionalità dei prodotti or-tofrutticoli” e “Biodiversità in tavola”,

titoli che esplicitano chiaramente letesi svolte.

Interessanti e dense di informazionisono state tutte le relazioni, a comin-ciare da quella sul pomodoro, che inrealtà è una bacca, di cui sono statedescritte la storia, dalle origini nelCentro America alla sua importazionein Europa da parte degli scopritori delnuovo mondo, e la cui massima pro-duzione oggi è in Cina; il suo svilup-po in numerose varietà (particolarequella di colore nero) e il riconosci-mento di alte doti nutrienti e salutariper contenuto di sostanze antiossi-danti. Sono state ricordate anche lepiù recenti vicissitudini di questo redegli ortaggi, fino all’allarme per gliodierni rischi di attentati alla sua ge-nuinità a fronte dell’incremento spes-so incontrollato della sua produzionein condizioni ambientali insalubri pervarie forme di inquinamento.

È stata poi richiamata l’attenzionesulla tendenziale rarefazione delle va-rietà locali di ortaggi, progressiva-mente sostituite da varietà selezionateper rispondere sempre meglio alleesigenze della grande distribuzioneche, per ragioni di interessi di merca-to, inducono a dare rilievo alle qualitàdi lunga conservabilità e bell’aspettoa scapito dei sapori e della salubritàdei prodotti. E, come correttivo a talinegativi comportamenti, è stata sotto-lineata l’esigenza di conservare il piùpossibile le varietà locali, valorizzan-done la biodiversità come specialitàdi nicchia. Sotto un altro punto di vi-sta, è stato esaltato lo stretto legamenaturale tra la qualità dei prodotti or-tofrutticoli e la loro stagionalità, la-mentando l’invadenza malamentepersuasiva della pubblicità e della cat-tiva informazione e negando qualitàai prodotti presenti tutto l’anno, mas-simamente in termini di valore nutriti-

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vo e di gusto, a causa della loro spes-so incompleta o innaturale maturazio-ne, oltre che in termini strettamenteeconomici per gli alti prezzi del fuoristagione. Il momento finale e conclu-sivo della destinazione dei prodottisulle nostre tavole è stato tratteggiatocon sagacia ed esperienza segnalan-do, da un lato, l’innegabile influenzadelle generali condizioni del mercatoe della produzione ortofrutticola sulconfezionamento delle pietanze e ri-conoscendo, dall’altro, il pregio del-l’estrema varietà dei numerosi prodot-ti di cui sono ricche le nostre regioniper la preparazione dei migliori piattidi cucina locale.

Il convegno si è concluso con la ce-rimonia per il conferimento del pre-

mio di studio dell’Accademia Italianadella Cucina-Delegazione di Pisa, de-stinato alla migliore tesi avente per ar-gomento “Biodiversità e qualità nelleproduzioni agrarie”, assegnato a unalaureata con una ricerca dedicata allardo di Colonnata. A chiusura del la-vori, il Presidente Giovani Ballarini,dopo aver ringraziato quanti hannovoluto contribuire al successo delconvegno, ha richiamato il concettodi “barbari” per certi nuovi modi difar cucina, pur con le valenze positiveproprie di ogni novità evolutiva, cheha contrapposto all’imbarbarimentodella cucina causato dal condiziona-mento di esigenze di tempo (fretta) espesa (risparmio), del quale inveceavere paura, finendo per confidare

nel mantenimento della vera tradizio-ne della cucina, pur riconoscendonela fruibilità limitata purtroppo soltantoa pochi. Con l’alto Patrocinio dell’O-nu, della Regione Toscana, della Pro-vincia e del Comune di Pisa, dell’As-sociazione Provinciale Allevatori, del-la Confederazione Italiana Agricoltori,della Coldiretti e con il contributo del-la Camera di Commercio di Pisa e del-la Confagricoltura e con la collabora-zione di Cld Libri. I convegnisti hannoconcluso la mattinata con un ottimopranzo al ristorante dell’hotel “SanRanieri”, dove il Delegato Franco Milliha salutato i partecipanti ringrazian-doli per aver contribuito alla riuscitadella manifestazione.

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I N O S T R I C O N V E G N I

I festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia stan-no entrando nel vivo. L’Accademia Italiana della Cu-cina sta facendo la sua parte per gli aspetti culturali egastronomici. La Segreteria del programma per le cele-brazioni, organo dipendente dalla Presidenza delConsiglio dei Ministri, ha autorizzato l’Accademia autilizzare il logo ufficiale delle manifestazioni nazio-nali del prossimo anno. Un riconoscimento che faonore all’Accademia e al suo costante impegno per fa-vorire studi e ricerche sul valore culturale e socialedella cucina, nella difesa delle tradizioni gastronomi-che e nella promozione dei nostri prodotti agroalimen-tari di qualità in Italia e all’estero. La Delegazione diParma-Bassa Parmense, guidata dal Delegato Massi-mo Gelati, con l’Accademico Paolo Pongolini ha pen-sato a un piatto che richiamasse da una parte le ca-ratteristiche del territorio padano, dall’altra l’unitàd’Italia con i suoi colori. È nato “L’Insieme”. Il piatto èstato progettato e realizzato da Marco Dalla Bona,chef stellato della Bassa parmense, dopo oltre un annodi prove e sperimentazioni. Si tratta di un insieme così composto: una mariolabollita in modo classico, tagliata calda a cubo, servitacon lenticchie brasate con pancetta e pepe nero, rifini-ta con una riga di salsa rossa; una testina bollita abassa temperatura, tagliata a tronchetti di forma cu-bica, adagiata su fagioli borlotti schiacciati, rifinitacon una riga di salsa verde; un foie gras in terrina alnaturale, adagiato su un cubetto di mela condensataal naturale, rifinita con una riga di gelatina bianca

al Calvados. Il foie gras non è tipicamente padano, marichiama l’evoluzione dell’utilizzo delle frattaglie, co-me si faceva un tempo nelle famiglie della Bassa pada-na (in particolare a Mortara) e in Friuli. È la nota piùacida della preparazione. Il piatto è stato presentato inanteprima mondiale al ristorante “Stella d’Oro” di So-ragna. Oltre alle autorità accademiche - il PresidenteGiovanni Ballarini, Vittorio Brandonisio, Coordinato-re, e Massimo Gelati, Delegato - erano presenti LuigiViana e Vincenzo Bernazzoli, rispettivamente prefettoe presidente della Provincia di Parma, e il comandan-te provinciale dei Carabinieri Paolo Cerruti. Nella se-rata, che ha previsto il più classico dei menu natalizidella Bassa parmense (culatello di 24 mesi, anolini inbrodo di terza, carrello dei bolliti e zuppa inglese), èstato inoltre annunciato il convegno internazionaleche si terrà a Imola il 26 febbraio 2011, e che vedràcoinvolte tutte le ventisei Delegazioni regionali. L’even-to sarà il culmine delle manifestazioni preparate dal-l’Accademia per festeggiare i 150 anni dell’unità d’Ita-lia nella regione. Al convegno, che ha lo scopo di ap-profondire luci e ombre del sistema della formazionein materia di cucina e gastronomia, parteciperanno icuochi nazionali più famosi e illustri rappresentantiistituzionali in materia di formazione. Durante la se-rata Ballarini, Brandonisio e Gelati hanno conferma-to che l’Accademia avrà il compito di “approfondire,dal punto di vista culturale e cucinario, gli aspetti distoria della cucina legati ai 150 dell’unità d’Italia”.(Rino Tamani)

Dalla “Gazzetta di Parma”

È NATO “L’INSIEME”, IL PIATTO DELL’UNITÀ D’ITALIA

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I N O S T R I C O N V E G N I

Il tratturo interrottoDI MAURIZIO ADEZIOAccademico di Chieti

“Il primo di una serie di incontri

tra Abruzzo e Molise, due regioni divise

da una legge”.

S ul tema “Divisi dalla Carta - fattidella stessa pasta”, che richiamala particolarissima condizione di

una condivisione fatta anche deglielementi e degli alimenti essenzialima interrotta da un atto di legge,Abruzzo e Molise hanno deciso di in-contrarsi fino alla fine del 2013. Èquesto il cinquantesimo anniversariodella separazione della regioneAbruzzi e Molise nelle due attuali re-gioni, Abruzzo e Molise, avvenuta nel1963 con legge costituzionale. Il pro-getto è stato elaborato dalle Delega-zioni di Chieti e Isernia, guidate ri-spettivamente da Mimmo D’Alessio eda Giovanna Maj, nel corso di una se-rie di incontri tutti finalizzati a dar so-stanza a quella che non è sembratasolo una grande idea ma anche la ne-cessità di una ricognizione e di unafutura proposta, che già da tempoemerge dai settori più attenti della po-

litica e dell’economia. Le Delegazioni,per vocazione, hanno pensato e agitosul piano istituzionalmente proprio,quello della gastronomia e della pro-posta che può ruotare attorno a essa,sia in termini più ampiamente cultu-rali sia in termini di proposta gastro-nomica e turistica.

Il progetto ha già avviato il suo lun-go viaggio. Nei tre anni che seguiran-no ci saranno appuntamenti a tema al-ternativamente nei territori di compe-tenza delle due Delegazioni. La par-tenza ufficiale è stata data nella bellacornice del Teatro comunale di Atessa,uno dei gioielli del patrimonio cultura-le abruzzese, con il convegno sul te-ma: “Il tratturo interrotto”. Hanno par-tecipato, oltre alle autorità locali, an-che gli assessori regionali all’Agricoltu-ra di Abruzzo e Molise, a testimonian-za dell’interesse suscitato dalla sceltaculturale delle rispettive Delegazioniaccademiche. Il tema è stato sviluppa-to con dotte relazioni dal prof. Norber-to Lombardi, storico di conclamataesperienza, che ha ripercorso la storiadel tratturo e della sua enorme valenzaeconomica per le regioni che esso at-traversava.

Il prof. Lombardi, facendo riferimen-to alla presenza di simili esperienzeanche in altre aree dell’Europa e aven-do ricordato i passi già avviati, ha lan-ciato la proposta di dare rilievo e di-gnità europea alle realtà tratturali che,tutelate e riscoperte, diventerebbero,così, volano di importanti attività cul-turali e turistiche. Gli ha fatto eco ilprof. Di Rico, docente presso la facoltàdi Architettura dell’Università “G.D’Annunzio” di Chieti-Pescara, che haraccontato la storia del tratturo, anzidei tratturi, attraverso immagini e se-zioni speciali che hanno illustrato tuttigli aspetti legati a quello che veramen-te è stato un fenomeno storico per l’in-

tera area medioadriatica: dalle chiesealle croci viarie (davanti alle quali sistipulavano oralmente i contratti), dal-le locande alle strade urbane, agli stes-si borghi nati dalla transumanza, finoalle curiosità locali. Dopo queste duepagine che hanno affascinato l’affollatoteatro atessano, il tratturo è stato ogget-to delle due “relazioni sorelle” tenutedalla Delegata di Isernia, GiovannaMaj, e dal Delegato di Chieti, MimmoD’Alessio, sulla tradizione gastronomi-ca delle due regioni. È stata unamezz’ora intensa e appassionante, du-rante la quale, grazie alla capacità de-scrittiva dei due Delegati, il teatro èsembrato riempirsi di colori, di profumie di sapori che crescevano di intensitàman mano che l’elenco di piatti e ricet-te veniva srotolato dai due Accademici.Prima del congedo, affidato a un sug-gestivo aperitivo, nel cortile dell’adia-cente Municipio, a base di prodotti tipi-ci delle due regioni, le conclusioni so-no state sintetizzate, con simpatia ebravura, da Giulio Borrelli, giornalista edirettore della sede Rai di New York.Originario proprio di Atessa, Borrelliha voluto dedicare un’intera mattinatadi una visita privata nella sua terra san-grina a questo evento accademico, sot-tolineando quanto il convegno ha of-ferto ma soprattutto lanciando idee eproposte per dare il meritato futuro aitemi affrontati.

La giornata di studio è proseguitacon la riunione conviviale organizzata,con la consueta sapienza, dalla Consul-ta accademica di Chieti presso il risto-rante “L’Anfora” di Monte Marcone diAtessa. Il prossimo appuntamento saràorganizzato in terra molisana. Fino alladata dell’anniversario saranno tenuti in-contri e convegni su argomenti specifi-ci: pasta, olio, vino, formaggi, e i menudelle festività religiose.

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MARINELLA CURRE CAPORUSCIODelegata della Spezia

Un convegno sul campo per conoscere e valorizzare

un prodotto d’eccellenza del territorio.

A distanza di cinquanta anniesatti (novembre 1960) dal-l’approvazione della legge che

istituì la categoria merceologica dell’o-lio extravergine di oliva, la Delegazio-ne della Spezia ha promosso il conve-gno “Conoscere l’olio”, sull’importan-za di questo prodotto nella bassa Lu-nigiana, per valorizzare il territorio at-traverso il sapore e le emozioni dellatradizione, che nell’enogastronomiatrova alcune delle sue valenze più pe-culiari. Sono state trattate tematichequali la raccolta delle olive, e la tra-sformazione in olio, la potatura, laprotezione della pianta e le qualitànutritive e salutari dell’olio di oliva.

Questi i temi che hanno legato ilconvegno interattivo, che ha visto lapartecipazione del Presidente Gio-vanni Ballarini. Due i momenti cardi-ne. Prima la visita al frantoio Lucchi eGuastalli in località Vincinella a SantoStefano Magra, poi il prosieguo dellerelazioni al ristorante “Vallecchia” sul-la collina di Castelnuovo Magra, stori-camente vocata alla produzione diolio Dop. Due scelte motivate dall’ec-cellenza dell’azienda di Marco Lucchie Carlo Guastalli, che dal 1995 opera-no in nome della qualità. E per quan-to attiene al ristorante, ha fatto da ga-ranzia l’autorevolezza della sua fon-datrice, che ha mantenuto intatto ilgrande amore per la cucina di casa.

Alla Vincinella il dottor Lucchi haintrattenuto gli Accademici “sul cam-po”, nella piena operatività delle raffi-nate macchine (uniche in Liguria perla frangitura a due fasi). Accanto a luiil responsabile della Camera di com-mercio della Spezia dottor FabrizioBatti, per i rilievi dei dati di produzio-ne sul territorio nell’ultimo decennio.Al ristorante “Vallecchia” si sono suc-cedute le relazioni degli AccademiciEgidio Banti, sindaco di Maissana, sul

tema “Olive e olio nella storia del ter-ritorio della bassa Lunigiana”; Giusep-pe Stoppelli, responsabile dell’Azien-da sperimentale di Pallodola, sul tema“L’olivicoltura: una moderna risorsaeconomica”; Roberto Galli, gastroen-terologo, sul tema “Olio e salute”; Al-fredo Pelle, giornalista e Segretariodel Centro Studi, sul tema “Olio in cu-cina”. Fra i numerosi ospiti il prefettodella Spezia dott. Giuseppe Forlani, ilsindaco di Castelnuovo Marzio Favini,Franco Cocco, Consultore nazionale,il Delegato di Milano Navigli Giovan-ni Battista Spezia.

Menu molto particolare quello stu-diato dal Simposiarca Giuseppe Stop-pelli e dalla Delegata Marinella CurreCaporuscio, tutto centrato sull’olio ap-pena franto e sugli antichi costumi dicasa della zona di Vallecchia: bru-schette, testaroli castelnovesi, tagliatel-le alla contadina, baccalà in biancocon patate e cipolle, ceci bolliti, tortadi riso dolce. Alle due cuoche il Presi-dente Ballarini ha consegnato una me-daglia di Orio Vergani quale prestigio-so riconoscimento per aver conservatocon passione tutto ciò che il passatoha loro consegnato e che sarà riservagrande di valori per le generazioni fu-ture. Il menu servito è stato illustratobrillantemente, dal punto di vista stori-co, da Alfredo Pelle. Alla fine dei lavo-ri del convegno interattivo, che hachiuso tutto un anno di celebrazioneper i cinquant’anni di vita della Dele-gazione spezzina, il Presidente Ballari-ni e la Delegata Curre Caporuscio, auna voce, si sono soffermati sul valorefondamentale della conoscenza delletradizioni e dei prodotti del territorio,di cui si fece portatore Orio Vergani.Valore che costituisce il cuore di tuttele iniziative accademiche in camponazionale e internazionale.

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I N O S T R I C O N V E G N I

Tutto sull’olio

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C U L T U R A & R I C E R C A

Sua maestà la sopressaDI PIERO ZANETTIN

Accademico di Eugania-Basso Padovano

“Ottime carni, mani sapienti,sale, pepe, vino:

un miracolo di sapore costruito con poco”.

L asciate un veneto parteggiarespudoratamente per un prodot-to degno di stare su qualsiasi ta-

vola, anche reale, così come sulla miae sulle vostre. Un salume grande,morbido, dall’amalgama perfetto, daiprofumi gentili, profondi e persistenti.Fondamentali la morbidezza delle suecarni, la sua delicatezza e le incredibi-li sfumature di dolcezza che si svilup-pano in mesi di cantina, grazie anchealla sua grossa massa.

Ottime carni, mani sapienti, sale,pepe, vino: un miracolo di sapore co-struito con poco, senza l’apporto diforti aromi aggiunti come in altri salu-mi italici. Storia antica per le sopresse:dipinte in un quadro di Jacopo delPonte nel 1577, citate in un inventariodel 1777 e nei mercuriali della Came-ra di commercio di Vicenza del 1862.Gran festa per la sua preparazione,festa nel freddo più crudo dell’inver-

no, nuvole di vapore da gran paiolid’acqua bollente, festa crudele, festasanguinaria, ma nessun odio, solo ilgran desiderio di volersi riappropriarecon amore, sulla buona tavola, del di-vin porcello.

Nel tempo andato (ma ancora oggiin piena campagna), gli uomini lavo-ravano il maiale solo nei due mesi piùfreddi dell’anno: dicembre e gennaio.Tradizioni del tempo antico, gran cu-ra per un maiale bello pesante, cre-sciuto a mais e avanzi di cucina, scel-ta dei tagli migliori: filetto, costate,coppa, sottofiletto e pancetta. Snerva-tura accuratissima, cura profonda del-la massa tritata con una sua manipola-zione molto prolungata e accurata peromogeneizzare gli aromi, fino al limi-te della “smelmatura”, ovvero unaperfetta integrazione della parte ma-gra e grassa, con il grasso quasi asciogliersi e a compenetrare il magro.Sale grosso pestato, pepe nero spez-zato, vino, bianco o rosso, a piacere,ma giovane, fresco, profumato. Nien-te aglio, non nella sopressa veneta. Alpiù, per qualcuno, una sensazioneminima, che non si avverte, ma chese non ci fosse mancherebbe: unospicchio intero in infusione nel vino,poi tolto quando si aggiunge il vinoalla massa. È tutto. Chi parla d’altriaromi non parla, per me, di vera so-pressa veneta. Il tempo è passato, seimesi almeno, e ora vediamo la so-pressa ricoperta di una bella muffaconsistente, bianco-verdastra, da cep-pi selezionati, possibile solo nellevecchie cantine.

L’emozione del taglio: la speranzo-sa ricerca dell’ennesimo miracolo delgusto, del rinnovo di una consuetasorpresa. Tagliamo il fondo a scoprirela carne rosata, qualche incisione lun-go il bordo per scollare il budello earretrarlo: ora possiamo godere di

profumi perfetti, la lama può avviarsipiano, come l’archetto sulle corde diun violino. Siamo in pieno cibo slow:la sopressa non si mangia in piedi. Se-diamoci, tranquilli, pacifici e vogliosi:la lama affilata scende gentile e lentanella carne rosata. I profumi si apro-no nell’aria: annusiamo ogni fetta pri-ma di passarla alla bocca. Fette spes-se, fette morbide, che si piegano dol-cemente sotto il loro stesso peso.

Ma come si mangia, a che ora, concosa? Problemi zero: perfetta alle 10del mattino, al desco del mezzogior-no, allo spuntino del pomeriggio, co-me antipasto o cena, assoluta per losfizio di mezzanotte. Cruda, in “pu-rezza”, così com’esce dal coltello oscottata un momento sulla griglia congocce d’aceto o di vino. Con panebianco fresco, pane biscotto, polentacalda appena versata sul tagliere op-pure grigliata. Accompagnatela converdure selvatiche cotte in tegame,come il tarassaco, con “verze sofega”(stufate lentamente in tegame da cru-do), funghi freschi appena spadellatio sott’olio. Non dimenticate di farla apezzi in una bella frittata con un piz-zico di prezzemolo. Sapori delicati,per un buon vino veneto, fresco, pro-fumato, non barricato: un Merlot, unpiù aromatico Cabernet, un rosso mi-sto di campagna o anche - a trovarlo -un buon Clinto. Sopressa veneta o vi-centina, trevisana, veronese: stessetradizioni con sottili variazioni, maga-ri con un po’ più di parte grassa nellatrevisana, rispetto al Basso padovano.E, per finire, le “sopresse investite”:salumi grandi, grossi, per le feste spe-ciali. La pasta insaccata in grandi bu-delli inserendo al centro filoncini difiletto del maiale od ossocollo. Pezzispeciali, pezzi rari, per l’espressionemassima dell’arte del “mazzolin”, l’ar-tista del confezionamento, capace di

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togliere ogni anche minimo residuod’aria dall’interno del salume, aria cherisulterebbe assolutamente nefasta. Viho invogliato? Forse sì, ma una talmagnificenza dove si trova? Ovun-que, qualcuno dirà, basta un qualsiasisupermercato o salumiere. È vero, ma- salvo difficilissime e improbabili ec-cezioni - la produzione industrialenon soddisfa le mie ambizioni di qua-lità, profumi e morbidezza. Troppastandardizzazione, niente muffe nobi-li, troppi additivi, conservanti, arominon naturali, talora con utilizzo di car-ni miste, non esclusivamente di maia-

le. Come per altri prodotti, le normati-ve vigenti condizionano pesantemen-te le grandi qualità del passato, vie-tando la vendita, nei negozi, delleproduzioni casalinghe. Maiali piccoli,troppo magri, da allevamento intensi-vo, forni d’asciugatura, stanze sterili,acciai inox e ceramiche, additivi variportano a una modesta qualità e auna scarsa fermentazione del salume.Niente di comparabile con le lavora-zioni tradizionali, con lunga stagiona-tura in vecchie cantine, con forma-zione di muffe nobili e una consi-stente fermentazione delle carni, che

diventano più digeribili in quanto ar-ricchite da grassi polinsaturi, sicura-mente migliori per la nostra salute.

E allora? Sopresse vere addio? As-solutamente no. Esistono, basta cer-carle. A tutti un augurio per una buo-na ricerca, per un vagare divertito epaziente fra contadini o piccole ma-cellerie artigiane, fra appassionati delbuon gusto, contando sul passaparo-la dei buongustai. Una ricerca alla ri-scoperta del sapore, una ricerca peremozioni continue, per ricordare emantenere le nostre grandi tradizioni.

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C U L T U R A & R I C E R C A

In un passato molto remoto l’albicocca era conosciu-ta come mela d’Armenia. Quando la conobbero, iRomani chiamarono appunto la pianta “Armenia-cumcum malum”, perché pur essendo pianta di ori-gine asiatica, nel suo lentissimo percorso di occiden-talizzazione, “sostò” vari secoli in Armenia dovetrovò ideali condizioni di clima e terreno. Pianta an-tichissima al punto da far pensare a storici fantasiosidella prima ora, convinti, per le conoscenze dell’epo-ca, che il Paradiso terrestre fosse da quelle parti, chela perfida Eva indusse al peccato il progenitore Ada-mo con un’albicocca, dà un frutto delizioso e accat-tivante, dalla buccia irresistibile di velluto rosa, sof-fusa di raggi tra l’arancione e il tenue vermiglio.Questa bellezza esterna del frutto sembra già esserepreannunciata dai fiori che, per dirla con FrancescoD. Guerrazzi, “bianchi non si possono dire e vermi-gli né meno, bensì di una tinta che sembra aver datoil tono alle guance di una vergine al primo parlard’amore”. Ancora oggi, nel nome scientifico dell’albi-cocco, Armeniaca vulgaris, si ricorda l’Armenia e sicita una leggenda locale secondo cui per il fabbiso-gno di legna di un esercito invasore, fu decretatol’abbattimento di tutte le piante improduttive. Traqueste rientravano albicocchi selvatici cari a unasplendida fanciulla che, sapendo di perderli, si ad-dormentò piangente sotto le loro chiome. Al mattino,svegliandosi, trovò i rami carichi di frutti, per cui lepiante vennero graziate. L’imperatore Yu, che regnòin Cina verso il 2200 a.C., menzionò l’albicocco, mala coltivazione della pianta cominciò solo tre secoliprima di Cristo. Teofrasto di Lesbo (371-276 a.C.)non lo menziona nella sua “Storia sull’origine dellepiante”. Plinio il Vecchio fa delle citazioni, ma nonsembrano verosimilmente riferibili all’albicocco,piuttosto ad altre drupacee, tipo pesche ancestrali.

Per i Romani la prima menzione dell’albicocco fu diColumella, nel I secolo, mentre per i Greci fu Diosco-ride, contemporaneo dello scrittore latino. È supponi-bile che i primi passi verso l’Europa, detto frutto li fe-ce con i soldati di Alessandro Magno nel 327 a.C. InItalia si pensa che l’abbiano portato i crociati dal Vi-cino Oriente, quindi molto dopo l’anno 1000. Anti-camente i medici studiavano per ciascuna piantaogni possibile impiego farmacologico, ma inizial-mente l’albicocco ha avuto in tal senso più avversio-ne che consensi. Soprattutto medici arabi e medievalilo accusavano di provocare le peggiori febbri. Succes-sivamente, per la medicina popolare araba, l’albicoc-ca passò come toccasana per l’afonia e il mal d’orec-chi. Gli studi più recenti hanno dimostrato che que-sto frutto ha insospettate virtù terapeutiche. Per esem-pio stimola la produzione di emoglobina, che tra-sporta ferro e dà colore al sangue. I gastronomi, in-vece, proprio durante il proibizionismo dell’albicoccaper i mali su accennati, non hanno mai cessato diporre in atto squisite ricette di conserve, di marmella-te e canditi del frutto messo al bando. Oggi ben sap-piamo che l’albicocca è ricca di vitamine C e A (odella crescita): è molto benefica per bambini e adole-scenti e il suo succo spremuto fresco lo è anche per ilattanti. In cucina, a parte le marmellate, le conservee i canditi, abbiamo ancora l’impiego del succo nellagelatina che viene usata per “apricottare”, cioè spen-nellare torte o pasticcini prima di glassarli. Un tipicoesempio è la notissima Sacher. Vi sono anche salseadatte all’accompagnamento di carni rosse e ad ac-costamenti salati. Nell’albicocca si trovano anche levitamine B e PP, oltre ai sali di magnesio, fosforo,ferro, calcio e potassio. È quindi un frutto nutrizio-nalmente molto importante perché aiuta l’anemico,lo stressato e il depresso. (Amedeo Santarelli)

LA MELA D’ARMENIA

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C U L T U R A & R I C E R C A

La “capunata” di CampobassoDI ENZO NOCERA

Accademico di CampobassoCentro Studi “F. Marenghi”

“Era un prodotto tipico delle cantine che offrivano

agli avventori preparazionisemplici ma gustose”.

A Campobasso possiamo in-contrare diverse identità cuci-narie: quella originaria che si

è formata nel borgo entro le mura èquella della città che, partita dall’otto-centesco borgo murattiano, è poi di-ventata la città nuova, che ha fagoci-tato anche periferie e contrade. Lacittà, scriveva Francesco Jovine nelsuo “Viaggio nel Molise”, “è venutasu lentamente, è nata per una sorta dicollaborazione di tutti i comuni delcontado, è il risultato di un’aspirazio-ne corale di tutti gli abitanti delle ter-re che l’hanno vista nascere”. Ma aCampobasso possiamo rintracciareanche una terza identità derivata dalpassato: la cucina della transumanza,la civiltà del tratturo che attraversavaproprio la città.

I ristoratori e le famiglie di Campo-basso hanno imparato a valorizzarele ricette locali, le tradizioni legate al-

le usanze, alle superstizioni, alle festi-vità, ai riti; a utilizzare soprattutto iprodotti stagionali, evitando omolo-gazioni con la cucina della moda.

Questa cucina, in particolare quelladelle osterie, nel passato esaltava ladote e l’abilità che ogni oste dovevaavere per stuzzicare l’appetito e stimo-lare la “bevuta”. I piatti, che avevanola peculiarità di poter essere consu-mati rapidamente (anche se la loropreparazione richiedeva, a volte, unalunga e attenta manipolazione), era-no per lo più già pronti: “spuntini” ve-loci e saporiti, capaci di soddisfare lanecessità sia di chi si accontentava diun pezzo di pizza bianca farcita con latrippa o con baccalà al sugo o conuno spezzatino, sia di quelli che vi sirecavano per trascorrere qualche oracon gli amici bevendo un bicchiere divino e gustando i “passatiempe”: oli-ve, ceci e fave arrostiti, finocchi e “lac-ci” (sedani). Tutti cibi minuti “da sgra-nocchiare”, come scriveva Guido Pio-vene nel suo “Viaggio in Italia”, par-lando di Campobasso.

Piatti semplici, legati ai prodottidella terra e alla stagione, come la“capunata”, cibo emblematico dell’e-state, fresco e genuino, perché pre-parato con gli ortaggi che in questastagione si trovano al mercato. Anco-ra oggi, soprattutto all’interno delborgo, abbiamo la possibilità di sce-gliere un menu stuzzicante, compo-sto da “nierve e mussillo” (nervetti etestina a insalata), caponata, trippa eformaggio di primo sale.

Questi piatti possiamo trovarli an-che nei ristoranti e nelle osterie che,sul filo della memoria, hanno impara-to a proporli.

La caponata coniuga sapientemen-te gli ingredienti, i sapori e i coloridell’estate con il tradizionale “taral-lo”, il grosso biscotto di semola di

grano duro (ogni famiglia, comeogni ristoratore, ha la sua ricetta)che, fatto a pezzi e intriso di acqua espruzzato di aceto, deve essere co-sparso di fettine di pomodoro, pez-zettini di sedano, di tortarelle, di pe-peroni verdi, uova sode, olive, filettidi acciughe; il tutto profumato di ori-gano e condito con l’olio extravergi-ne d’oliva molisano.

Questo piatto, estivo per eccellen-za, potrebbe rappresentare il punto dipartenza di un percorso alla ricerca diun’identità culturale in fatto di ali-mentazione e di gastronomia e delletante risorse ancora poco conosciute.Un percorso fuori dall’usuale, attra-verso trattorie, cantine e forni, ma an-che nel mangiare di strada, delle fiere,delle baracche, delle sagre, rispolve-rando la memoria dell’infanzia, pe-scando nella rete dei ricordi e dei se-greti per riscoprire le origini di tantialtri piatti. Di questo fresco e riccopiatto estivo siamo debitori alla cuci-na delle cantine che era organizzatapiù sullo stimolo e sul sostegno al be-re che sulla varietà del mangiare.

La denominazione “caponata” è de-bitrice del latino volgare, da “caupo-na”, osteria, ed era un prodotto tipicodelle cantine che assumevano spessola dignità di osterie o di trattorie, si-curamente nei giorni di festa quandogli osti offrivano agli avventori altrepreparazioni semplici ma gustose; laloro funzione usuale, invece, eraquella di mescita di vino e di luogo diincontro e di gioco.

La “capunata campuasciana” nondeve essere confusa con la caponatasiciliana, essa è un piatto fresco, gu-stoso, appagante, che coinvolge i no-stri sensi ed è completo per i suoi in-gredienti dal punto di vista nutrizio-nale.

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DI ELIO PALOMBIAccademico di Napoli-Capri

“Beccaria cerca di perorarela causa degli odori,

esaltandone le capacità gastronomiche”.

P otrebbe apparire singolare, senon addirittura irriverente, acco-stare Cesare Beccaria, autore del

“Dei delitti e delle pene”, a un argo-mento tanto frivolo come quello dellaricerca sugli odori, sui colori e sui sa-pori. Il grande lombardo - passato allastoria con un’opera immortale per lacarica fortemente umanitaria che tra-sudava dalle sue pagine - evidente-mente non disdegnava di trattare ar-gomenti frivoli ben lontani dall’operache gli aveva dato la gloria.

Anche se può risultare strano, inrealtà al tema penale Beccaria, all’etàdi venticinque anni, dedicò uno spa-zio di tempo molto breve, tanto checon il “Dei delitti e delle pene” siesaurì il suo apporto alla materia,mentre i suoi interessi culturali, du-rante l’intero arco della sua vita, siorientarono altrove, concentrandosiprevalentemente sulla materia econo-mica. Prima come insegnante di Eco-nomia pubblica e commercio pressole Scuole palatine e più tardi comemembro del Supremo Consiglio dieconomia pubblica di Milano, espres-se pareri sulle maggiori proposte diriforma da parte del governo centralesu questioni annonarie, contratti ecommerci, moneta e misure, nonchésulla sanità.

Negli anni in cui cominciava ad as-saporare il successo con la sua operapenalistica, partecipò attivamente al-l’attività del gruppo che diede vita alperiodico “Il Caffè”, fondato da PietroVerri, e, ben integrato nel gruppo,partecipava al processo di trasforma-zione sociale, anche se i suoi primidue contributi al giornale non si di-stinsero certo per slancio progressistaverso i cambiamenti in atto. Il primo,“Il Faraone”, era dedicato al gioco disorte con le carte, mentre l’altro, il“Frammento sugli odori”, che vide la

luce il 1° luglio 1764, si occupava deirapporti fra gli odori e i sapori.

In un momento di grande tensionepsicologica a causa dei seri guai chela pubblicazione della sua operaavrebbe potuto procurargli con il so-vrano e con la Chiesa, tanto che ven-ne pubblicata anonima, appare benstrano come Beccaria avesse l’animodi occuparsi di un argomento così fri-volo. Appariva “straordinario” che unletterato del suo calibro si occupassedi simili banalità, ma - osservava Bec-caria con grande ironia - meglio af-frontare tali argomenti piuttosto cheimpiegare il proprio “ingegno a com-pilar qualche dissertazione in fogliodelle fibbie delle scarpe antiche, o asciffrare gli smarriti caratteri d’un’i-scrizione”. In ogni caso, nonostantele vive preoccupazioni del momento,Beccaria riesce a dimenticare i suoiguai concentrandosi, forse anche perdistrarsi, su un argomento che eglistesso definisce frivolo.

Con tono semi serio, nel “Fram-mento sugli odori”, affronta il proble-ma dello spasmodico tentativo degliuomini di dare una novella vita ai lo-ro sensi, notando, però, che “solo ilnaso, parte così rispettabile di noistessi e fedele consigliere di ciò chenuoce e giova, sembra essere trascu-rato”. Nell’analisi degli odori, distin-gueva quelli semplici dai composti,includendo nei primi quelli delle er-be, dei fiori, di alcune piante, “di al-cuni minerali come l’ambra e il bu-chero, e di qualche parte animale co-me il muschio e il zibetto”. Gli odoricomposti, invece, “sono preparatidall’arte, che combina i doni della na-tura, destinandoli al lusso ed alla vo-luttà delle persone agiate”.

Dagli odori ai sapori il passo è bre-ve e “questi due sensi sono amici efedeli l’uno dell’altro. Ciò che offen-

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La cucina degli odori

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de l’odorato è per lo più pessimo alpalato e ciò che offende il palato èquasi sempre nemico dell’odorato”.Sostiene Beccaria che tutto ciò che“offende l’uno o l’altro sia velenosoper la sanità, se in ciò non avessi tut-ta l’autorità dei medici e de’ spezialicontraria; senza di essa, sembrereb-bemi che ciò che disgusta il palato ol’odorato, cioè ne disordina le fibre,

dovesse produrre lo stesso effetto suidelicati organi dello stomaco”.

Con esperienza consumata rilevavala stretta correlazione esistente tragusto e odorato: “L’odore mi eccital’idea del sapore, che gli sapori fortisono quasi sempre accompagnati daodori forti. In somma, trovo una fisio-nomia nelle cose, come negli uomini,che in qualche maniera ne dipinge il

carattere”. Notava che per la boccaera stato fatto anche troppo rispetto aquello che si era fatto per il naso.“Noi siamo passati dai cibi più sem-plici, preparati dalla natura, ai più fa-cili da comporsi, indi agli ultimi raffi-namenti delle tavole francesi. Ma ne-gli odori abbiamo appena formate lepiù semplici combinazioni, ed il lus-so, che crea nuovi bisogni e nuovipiaceri, non ha per anche perfeziona-ta la cucina del naso”.

Giunto a questo punto, Beccariacerca di perorare la causa degli odori,esaltandone le capacità gastronomi-che, attraverso l’abbinamento ai sa-pori. “La cucina degli odori - osserva-va - è una manifattura che manca alnostro secolo; e pure io trovo che sipotrebbero fare altrettante combina-zioni quante con le vivande se nefanno. Io mi figuro di vivere in un se-colo più raffinato e di vedere nelle fa-miglie de’ grandi due cuochi, uno peril naso e l’altro per la bocca, e di assi-stere ai banchetti odorosi serviti disalse, manicaretti di profumi, vedereil naso avere i suoi parasiti ed essereaccarezzato a segno di avere i suoipasti regolati al giorno. Gli odori sec-chi disposti con simmetria in scatolet-te d’oro e di argento, e gli odori liqui-di presentati come bevande in boc-cette di cristallo. Vi sarebbero gliodori caldi, gli odori freddi, e i giorniconsacrati al digiuno ed all’astinenzadovrebbero essere sbanditi gli odorivoluttuosi e dolci, ma permessi i soliseri e indifferenti”.

“Eccovi - concludeva Beccaria - ideliri di un filosofo; e un delirio sugliodori può benissimo interessarequanto le monadi di Leibniz”. Inrealtà, il grande filosofo aveva coltoun’occasione apparentemente banaleper cercare di individuare una delle“luminose verità” che aiutano a realiz-zare la maggiore felicità dei cittadini.Anche la trattazione di un argomentocosì frivolo come quello sugli odori,trattato da un filosofo in forma “deli-rante”, avrebbe potuto raggiungerel’obiettivo che gli stava tanto a cuore.

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PANETTONI IN SALDOFinite le feste, è tempo di saldi, anche in campo alimentare. Non è raro,infatti, in questo periodo, trovare, oltre a quelli industriali, panettoni ar-tigianali a prezzo stracciato. Recita un antico proverbio latino: “Malusmale cogitat”, cioè “Il cattivo o il maligno pensa a cose malvagie, catti-ve”. Non sempre è vero, non mi reputo per niente malvagio o cattivo, maogni volta che si approssimava il Natale, nell’osservare nei magazzinidella grande distribuzione i panettoni di produzione industriale, cheproprio grazie alla commercializzazione di massa erano messi in ven-dita a poco più di 3 euro al chilo, mi veniva da pensare a quelli prodottiartigianalmente che si aggiravano da 18-20 euro in su, fino a raggiun-gere cifre più elevate nel caso di pasticcerie quasi blasonate, dai nomialtisonanti. E mi meravigliavo del fatto che nessuno avesse ancora pen-sato di fare quello che poi in realtà hanno fatto alcuni pasticcieri a dirpoco disonesti, che ogni anno vengono scoperti dai Nas in diverse partid’Italia. Tralasciando l’utilizzo di un olio minerale paraffino-naftenico,un derivato del petrolio, scoperto di recente negli stabilimenti di produ-zione di biscotti vari, perché indispensabile per la plastificazione delleconfezioni, vorrei un momento riportare l’attenzione alla truffa di na-tura economica, che nulla di male poteva fare alla salute dei consuma-tori, se non alla loro tasca, cioè quella dei panettoni, nostro simbolo delNatale, che a quanto pare ha coinvolto parecchi operatori del settore. Hoimmaginato, così, cosa potesse essere accaduto, magari in una piccolabottega artigiana a conduzione familiare, per stare al passo con la crisieconomica e competere con la grande distribuzione. Insomma potrebbeessere andata che, un giorno, l’ipotetico figlio, pasticciere rampante, diun onesto artigiano, convince padre e madre a farsi furbi e a spacciareper artigianale un panettone industriale. Come? Semplicemente andan-do ad acquistare panettoni industriali in alcuni supermercati fuori zo-na, e riconfezionandoli con carte da regalo colorate e lucide, con beinastri e un bel rametto verde di vischio beneaugurante, sistemandoli invetrina con il cartello “panettone artigianale”. Non solo, dopo aver presogli ordinativi con un piccolo anticipo (il panettone artigianale deve esse-re ordinato prima, soprattutto se si lavora in un piccolo locale che nonpuò tenere scorte), prima di consegnarli, li facevano stare per pochi mi-nuti nel forno e, nel metterli in mano ai clienti, avrebbero raccomanda-to: ”Fatelo raffreddare del tutto, ma ricordatevi di aprire la confezionequalche ora prima di mangiarlo, è più fragrante!”. Ma sarà andata pro-prio così? È meglio riderci sopra, ma comunque quando dovrete acqui-stare un panettone artigianale, anche in “saldo”, fateci un pensiero ecomunque aprite bene gli occhi, perché i pasticcieri seri e per bene maifarebbero una simile azione. (da un articolo di Sergio Corbino)

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Il tartufo in FriuliDI GIORGIO VIEL

Accademico di Pordenone

“Si sta alimentando il sognodi ottenere una produzione

guidata del più stimato tra i funghi ipogei”.

D ioscoride dice che i tartufi so-no radici rotonde, senza gam-bo, senza foglie e ingiallite.

Per Plinio sono chiamati tartufi quellecose circondate dappertutto dalla ter-ra, appoggiate a nessuna radice, eneppure a dei filamenti, che in nes-sun modo aderiscono alla terra e so-no rinchiusi nella scorza, cosicché sipuò dire che altro non sono che uncallo della terra, non possono essereseminati e nascono quando si sonoverificate le piogge autunnali e so-prattutto a causa dei tuoni. BattistaPlatino Cremense afferma che nasco-no con le piogge autunnali e per ituoni frequenti. È Alfonso Ciccarelloche riporta queste notizie, nel trattato“Opusculum de tuberibus”, pubblica-to nel 1564, che rappresenta la sum-ma delle conoscenze dell’epoca.

La grande cucina delle corti italianedel Rinascimento prediligeva i tartufineri dell’Umbria; oggi si stimano dimaggior pregio i bianchi del Piemon-te, ma questo oscuro prodotto dellaterra, che passa, a caro prezzo, dallemani impiastricciate di mota del tar-tufaio alle mense e ai conviti più raf-finati ed eleganti, alligna anche neiboschetti e nei parchi del Friuli, perfi-no in qualche giardino.

In natura si annoverano nove spe-cie aventi valenza gastronomica. Neiboschi della regione crescono in mo-do naturale solo quattro di queste. AMuzzana del Turgnano si raccoglieuna discreta quantità di bianco pre-giato (Tuber magnatum) e in totale,nel Friuli, se ne rinvengono quantitàche, se non possono essere definitecospicue, sono pur sempre di buonarilevanza. Molto più diffuso il nerocomune (Tuber mesentericum), qual-che quintale, di qualità comune.Completano il panorama il bianchet-to (Tuber borchii) e l’estivo.

Esiste in regione un gruppo storicodi cercatori e coltivatori e due sono isodalizi che si interessano al preziosotubero: l’Associazione tartufai delFriuli-Venezia Giulia, che annovera50-60 appassionati, e l’associazioneAmatori tartufi di Muzzana, che contanelle sue fila oltre 200 appartenenti.Quest’ultima si dedica alla valorizza-zione del tartufo bianco pregiato, chesi trova in natura nei boschi della pia-nura friulana. Sono questi boschi i re-sti della “silva Lupanica”, che si esten-deva un tempo tra Isonzo e Livenza, edella “silva Fetontea” o “silva Magna”compresa tra le foci del Tagliamentoe quelle del Po. Le grandi vie romanePostumia e Annia contribuirono acancellare la continuità di tali foreste,la centuriazione di colonizzazioneaprì poi squarci sempre più ampi trala vegetazione di querce e carpini. In-cremento demografico e bonifichecompletarono l’opera di drastica ridu-zione. Rimangono oggi un paio diporzioni di circa 165 ettari ciascuna,popolate da farnia, carpino bianco,frassino, olmo e nocciolo, territori oveil bianco pregiato trova condizioni fa-vorevoli per il proprio sviluppo.

Ciccarello riporta metodi di ripro-duzione, a dir poco fantasiosi, imma-ginati dai naturalisti del passato, esuggerisce un suo sistema, che, alme-no all’apparenza, potrebbe far inten-dere una sia pur vaga intuizione deiprocessi di riproduzione del tartufo.Le moderne conoscenze, grazie allaricerca scientifica, al supporto di mi-cologi ricercatori nelle università, al-l’ausilio di mezzi tecnologici avanza-ti, hanno alfine svelato i reali mecca-nismi della proliferazione e dell’eto-logia del tartufo, che permettono laconoscenza delle caratteristiche edelle modalità di coltivazione di que-sto frutto della terra. La coltura dei

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tartufi avviene attraverso la micorriz-zazione di piante che in natura li pro-ducono spontaneamente, come il lec-cio, il carpino, il nocciolo, la quercia,il pioppo. Prima che si formino i corpifruttiferi bisogna però attendere unadecina d’anni. Qui si innestano la pas-sione e la conoscenza delle genti dellevalli e della pianura friulane, profondeconoscitrici della natura dei suoli, del-le condizioni climatiche, delle possibi-lità di utilizzo di zone altrimenti desti-nate all’abituale abbandono. C’è unatartufaia di Tuber melanosporum, ilnero pregiato usualmente identificatocome “Norcia”, nelle immediate vici-nanze del centro di Pordenone. In unpiccolo bosco di querce e noccioli

dell’immediata periferia della città, unappassionato coltivatore raccoglie ipreziosi tuberi. Non è il solo in pro-vincia, giacché le tartufaie stanno di-venendo abbastanza numerose.

Uno tra i pionieri e attualmente tra imassimi esperti di coltivazione deltartufo si trova a Sequals, la patria diCarnera, ed è tra quanti si applicanocon dedizione, da parecchi anni, allaricerca e alla coltivazione di alcunespecie. Ha riservato a questa sua ideauna buona estensione di terreni:quattro ettari a Tuber melanosporum- che non si trova in natura nella zo-na, è solo coltivato in buone quantità- e due ettari a Tuber aestivum, il co-siddetto “scorzone”, che qui cresce di

ottima qualità, quasi assimilabile almelanosporum; a detta di esperti mi-cologi e intenditori, non si saprebbedistinguere tra i due, se non attraver-so l’indagine al microscopio dellespore. Merito delle caratteristiche deiterreni dove le piante micorrizzatesono inserite e delle caratteristicheclimatiche della zona.

Quasi mezzo ettaro piantato conessenze dedicate al Tuber magna-tum, in fase sperimentale e non an-cora pienamente produttive, sta inol-tre alimentando il sogno di ottenereuna produzione guidata del più sti-mato tra i funghi ipogei.

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La collaborazione degli Accademici alla loro rivista, ol-tre che gradita, è indispensabile. Ma occorre che gli Ac-cademici tengano presenti alcune norme essenziali, af-finché i loro scritti, frutto di passione e impegno, trovi-no rapida ed esauriente pubblicazione.

■ Testi degli articoli: è necessario, per quanto possi-bile, che i testi vengano inviati per via elettronica,utilizzando questo indirizzo e-mail: [email protected]

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spettato il limite di 10 righe (pari a 600 caratteri,spazi inclusi) onde evitare anche in questo caso tagli emutilazioni. Le schede giunte in Segreteria oltre il limiteregolamentare di 30 giorni verranno cestinate.

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■ La Direzione della rivista si riserva, ovviamente, i ne-cessari controlli, l’eventuale revisione dei testi e la pos-sibilità di pubblicarli secondo gli spazi disponibili.

ISTRUZIONI PER LA COLLABORAZIONE ALLA RIVISTA

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Ricette italiane in terra calvinistaDI CIRO PERNICE

Delegato di Den Haag-Scheveningen

Magirus ha portato nella rocca del calvinismo

la cucina del papato.

È durante una tregua nella guerrad’indipendenza olandese (co-nosciuta anche come la Guerra

degli ottanta anni, 1568-1648) che An-tonius Magirus pubblica il suo libro dicucina: “Koocboec oft familierenkeukenboec” (Libro di cucina o librodi cucina familiare). È un momentoparticolare: il popolo dei Paesi Bassi,avendo duramente combattuto controgli spagnoli, vuole godersi questa pa-rentesi di pace e la cucina come arte èuno dei piaceri ancora da scoprire inOlanda. Il libro di Magirus, pubblica-to nel 1612 a Lovanio (Leuven), èdunque uscito in un momento parti-colarmente favorevole. Il “Koocboec”è unico nel suo genere, è uno dei duesoli libri di cucina pubblicati nei PaesiBassi del XVII secolo, e di esso sonosopravvissute solo cinque copie.

Per l’Accademia il libro di Magirusriveste una particolare importanza peril fatto che per la prima volta vengo-no proposti a un pubblico “olandese”dei piatti preparati con ingredienti“italiani” come il formaggio parmigia-no, la ricotta, i mostaccioli, i tartufi, ipinoli, e tante erbe aromatiche e ver-dure di provenienza mediterranea.Questo libro “dimenticato” fu risco-perto dagli storici di cultura cucinariasolo quando una delle rare copie, edi-ta nel 1655, fu donata alla bibliotecadell’Universita di Amsterdam (UvA)nel 2007. Nello stesso anno gli autoriSchildermans, Sels e Willebrands,pubblicano il libro “Lieve schat, watvind je lekker?” (Mio caro, cosa ti pia-ce?), un adattamento in chiave mo-derna del libro di Magirus.

Per meglio capire l’opera di Magi-rus, proviamo a ricostruire il mondoin cui egli visse. L’Europa era domi-nata dalla Spagna di Filippo III, era incorso la Guerra degli ottanta anni, e iPaesi Bassi erano divisi tra nord e

sud. A nord, le 7 province della Re-pubblica olandese, e a sud l’Olandaspagnola; grosso modo il Reno fun-geva da frontiera. Il nord era preva-lentemente calvinista mentre il sudera cattolico. Le 7 province si trova-vano alle soglie di quel periodo stori-co, corrispondente più o meno alXVII secolo, che sarebbe poi diventa-to famoso come “il secolo d’oro olan-dese”, caratterizzato da una grandericchezza dovuta al commercio mon-diale e da un grande sviluppo dellearti e delle scienze. Gli olandesi infat-ti cominciarono allora a diventareuna potenza mondiale, pronta anchead assimilare gusti e culture stranieri.

Magirus ha basato il suo libro ingran parte sul testo di BartolomeoScappi, “Arte del cucinare, con laquale si può ammaestrare qual si vo-glia cuoco, scalco, trinciante o mastrodi casa”, adattando le varie ricette se-condo i gusti della borghesia olande-se alla quale si rivolgeva.

Della vita personale di AntoniusMagirus non si sa molto. Si supponeche sia nato nel Brabante tra il 1567 eil 1572, da una famiglia benestanteborghese, e che forse il suo vero no-me era Antoon (De) Cock o Kok. Egliscrisse il libro in tarda età, firmando-lo, come era allora di moda, con unopseudonimo di derivazione greca:Magirus. A differenza di Scappi, Ma-girus non era un cuoco di professio-ne, ma piuttosto un “bon-vivant” chevolle scrivere un libro per le signoredella bassa nobiltà e della borghesia,cercando di convincerle che la buonacucina non era poi così difficile e in-coraggiandole a provare nuovi ingre-dienti e nuove ricette.

Il “Koocboec” di Magirus contiene170 ricette, suddivise in diversi capi-toli: conserve e confetture, zuppe,creme di frutta fresca e secca, prepa-

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razione delle uova, salse, bolliti, arro-sti, stufati, fritture, preparazione delletorte, e alcuni modi per cucinare ilpesce. Queste ricette sono state sele-zionate tenendo conto degli ingre-dienti di base disponibili nei PaesiBassi e dei gusti là dominanti.

Magirus amava molto i pasticci e letorte salate, tanto da dichiararle “pie-tanze miracolose: consolano i malati,migliorano l’umore dei mariti, e sonola soluzione ideale per le visite ina-spettate”. E infatti il capitolo su pastic-ci e torte è quello con il maggior nu-mero di ricette. Purtroppo Magirusnon ha “copiato” dal libro di Scappinessuna delle ricette per la pasta fattain casa, e dato che non era neancheun amante del pesce, il suo libro con-tiene solamente nove ricette sulla pre-

parazione del pesce (di acqua dolce)e di ostriche. Molte delle salse propo-ste da Magirus (e Scappi) sono, se-condo gli usi e i gusti del XVI-XVII se-colo, acide, soprattutto quelle per lacarne. Il parmigiano, che all’epocaera già conosciuto e utilizzato nellacucina fiamminga, è usato nelle ricet-te per zuppe, torte e ripieni, ma è l’u-tilizzazione della ricotta, anch’essa in-grediente per ripieni e torte, a solle-vare domande sui metodi di approv-vigionamento. Questo formaggio fre-sco non sembra trasportabile su di-stanze continentali con i mezzi di tra-sporto di allora e quindi si dovrebbeipotizzare l’esistenza di una produzio-ne di ricotta in loco.

Non è neppure immediato identifi-care quali tra i diversi dolci che sono

chiamati mostaccioli nelle varie re-gioni d’Italia sia da identificare conquelli (“mostacciolen”) che Magirusutilizza, quasi sempre a pezzetti op-pure grattugiati nei ripieni e nelle tor-te. Sembra molto probabile che si ri-ferisca a quelli napoletani, arrivati neiPaesi Bassi tramite la Spagna.

Antonius Magirus non era certa-mente un cuoco ai livelli di Bartolo-meo Scappi, ma di sicuro ha portatoin quella che era considerata una roc-caforte del calvinismo la cultura e ivalori di una cucina che, se non pote-va ancora definirsi “italiana”, prove-niva certamente da una delle più raf-finate e cosmopolite corti rinascimen-tali: il papato.

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Cosa occorre per la riuscita di un piatto?Che la materia prima sia di ottima qualità. Questo èun rischio sempre in agguato in Italia. Prendiamoper esempio la carne. Oggi, poco dopo che l’animaleviene macellato, la carne viene messa in frigorifero.Una volta invece, dopo la macellazione, la carne ve-niva lasciata per diversi giorni sotto pelle e solo dopoqualche giorno adoperata o conservata.Perché questa meticolosità?Nei libri che ho scritto a partire dagli anni Ottanta,la mia preoccupazione principale è stata quella disuggerire come sia possibile trattare i cibi affinchépossano conservare i sapori.Quale è stato il suo primo libro?Fu “Il cuoco gentiluomo”, che può essere consideratoil fondamento di tutti gli altri che sono seguiti.Cosa occorre di essenziale per preparare il pe-sce?La cosa più importante è che sia fresco, il resto puòessere secondario, purché mantenga la sua peculia-rità e non venga infarcito di troppo aglio che ne alte-ra il sapore. Il pesce deve sapere di mare.Come nacque il risotto alla milanese?Le massaie lombarde modificarono il riso degli spa-gnoli, ne tolsero gli elementi estranei come pollo egamberi, lo ammorbidirono con il burro e sino a po-co tempo fa aggiungevano anche il midollo, che peròrisulta un po’ indigesto. Unirono il formaggio e, pro-babilmente, aumentarono più tardi la dose dello zaf-ferano, e così nacque il risotto alla milanese.

L’olio è da usare nelle fritture o solo come con-dimento?Anche qui bisognerebbe fare un po’ di storia percomprenderne l’uso migliore. Occorre ricordare chein alta Italia per friggere si usava soprattutto il burro,oppure lo strutto o i semi di lino. L’olio era considera-to quasi un medicinale e quello che si usava, soprat-tutto crudo, era quello pregiato del lago di Garda. Inuna mia intervista di anni fa, parlo del burro e lodefinisco “romantico” mentre l’olio lo definisco “clas-sico”. In Italia l’olio d’oliva extravergine si consumacomunemente da non più di 60-70 anni. Diciamoche per essere goduto deve essere crudo. Un altro suo libro, molto conosciuto, è “Il genti-luomo in cucina”: di che cosa tratta?Il libro ricorda, tra una ricetta e l’altra, le origini po-polari della nostra cucina, nata dalle esigenze deipoveri ed elevata alla mensa borghese, completamen-te diversa da quella francese copiata dai ricchi bor-ghesi e da quella dei re.Parlare di cucina ci porta inevitabilmente aparlare di menu. Lei ne è stato un collezionista.Sì, ho collezionato menu importanti per anni e anni.La mia raccolta di oltre 3.000 menu è stata poi cedu-ta all’accademia Barilla di Parma.Che cosa devono fare gli italiani per non di-sperdere la loro meravigliosa cucina?Reagire sapendo che cucina e cultura vanno di paripasso.

(Roberto Cutaia)

Dai giornali

INTERVISTA A LIVIO CERINI DI CASTEGNATE

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I microcosmi dell’Amarone DI DANIELE ACCORDINO

Enologo

“Le variabili di un vino derivano dalle molteplici

componenti ambientali che rendono unico

un vigneto”.

D i tutte le categorie di alimenti edi bevande prodotti, quella delvino sicuramente offre la mag-

giore diversità di gusti e le maggioridifferenze di immagine e di prezzo.L’attuale situazione viticola mondialeè contraddistinta da un’offerta di vinoeccedente causata dalla forte espan-sione delle superfici vitate, in partico-lare nell’emisfero sud, congiuntamen-te alla riduzione della domanda neiPaesi europei (Francia e Italia), tradi-zionalmente forti consumatori di vino.Questo squilibrio del mercato esasperasempre di più la concorrenza tra i pro-duttori.

Al tempo stesso assistiamo a ununiformarsi degli stili del vino dovutoall’utilizzo, ovunque nel mondo, di unnumero limitato di vitigni “internazio-nali” e all’industrializzazione dei pro-cessi di lavorazione. Questa standardiz-zazione ampelografica e tecnologicanon fa che rendere più devastanti glieffetti della concorrenza: riduzione deiprezzi ed erosione dei margini, soloper citarne alcuni.

La creazione di valore rappresentaquindi la più grande sfida che i viti-coltori mondiali, italiani e francesi inparticolare, devono fronteggiare. I vi-gneti europei che non presentanoquesti vantaggi competitivi avrannosempre costi di produzione più ele-vati rispetto ai loro concorrenti dellezone calde; sono quindi costretti allaricerca della massima valorizzazionedel prodotto, della sua identità e tipi-cità che non può essere esportabile.

Ovviamente il gusto è l’armaturastessa della tipicità di un vino, a con-dizione che possegga tre attributi es-senziali: essere facilmente riconosci-bile, apprezzato dai consumatori elocalizzabile, cioè riconducibile aun’origine geografica e al relativo sa-pere. Si giunge quindi al termine “ter-

roir”, intraducibile in italiano ma chein Francia ha un significato quasi mi-stico, esprimendo l’invariabile unitàcostituita dal suolo, dall’esposizionee da ogni altra sfaccettatura dell’am-biente della vite.

È il “terroir” che interpreta l’Amaro-ne, o è l’Amarone che interpreta il“terroir”? In un modo o nell’altro que-ste due cose sono intimamente legate,a rappresentare la chiave della Valpo-licella, dove le differenze territorialisono evidenti e da sempre esistite, mi-surate e studiate. Già Giovanni Batti-sta Perez, nella sua stupenda operadel 1900 dal titolo “La provincia di Ve-rona ed i suoi vini” esprime un’elo-quente e precisa dissertazione sull’ar-gomento. E allora come riconoscere i“terroir” della Valpolicella dotati dimaggiore potenza espressiva? Normal-mente sono quelli caratterizzati dacondizioni estreme. Dal punto di vistadel suolo, per esempio, sappiamoche i più grandi vini derivano da ter-reni di antica origine, permeabili epertanto dilavati e relativamente po-veri, nei quali gli apparati radicalipossano espandersi fino a profonditàelevate: la vallata di Sant’Ambrogio,grazie al calcare marnoso derivantedalla scaglia rossa, riesce a otteneredei Recioti sopraffini; l’arenaria calca-rea Mazzurega ottiene Amaroni cor-posi e longevi; i basalti, ovvero lerocce eruttive di San Rocco chiamate“Toar” danno Amaroni setosi e dibuona alcolicità; i terreni alluvionali ele coltri detritiche di Castelrotto dan-no Amaroni speziati e infine i calcarinummulitici di Jago nella vallata diNegrar danno Amaroni di grande ele-ganza e rara finezza.

Ecco quindi la scoperta che la Val-policella con il suo Amarone si com-pone di mille sfaccettature ed emo-zioni e la lettura del paesaggio e dei

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ll 2010 è stato proclamato dall’Onu “Anno interna-zionale della biodiversità” per sottoporre all’attenzio-ne del mondo la questione dell’impoverimento am-bientale e dell’erosione del patrimonio genetico cheinclude molte specie di piante, di animali e di mi-crorganismi, ma anche le differenze genetiche all’in-terno di ogni specie, cioè le varietà. In questo ambito,e grazie a un uno sponsor privato, sono stati salvati700 antichi dipinti di preziose varietà ortofrutticoleconservati negli archivi della Facoltà di Agraria del-l’Università “Federico II” di Napoli. Si tratta di tavole dipinte a mano e di grande valoreartistico e culturale, che raffigurano le varietà di or-taggi e frutta presenti in Italia nel secolo scorso, dicui alcune ormai scomparse, testimonianza della sto-ria agraria e alimentare della Campania e del nostroPaese. Le tavole fanno parte di una preziosa collezione,unica per numerosità e contenuti, che rischiava dideteriorarsi irreparabilmente a causa dell’usura deltempo. Le illustrazioni sono state riprese con fotoca-mera digitale, ridefinite e catalogate. L’archivio elet-tronico potrà essere pubblicato sul web e i dipinti an-dranno ad arricchire il Museo della biodiversità del-l’ortofrutticoltura, allestito nella stessa Facoltà diAgraria affinché, come ha sottolineato la responsabi-le del progetto per l’Università di Napoli, prof.ssa Ste-fania De Pascale, possa essere conosciuta da tutti

una grande raccolta di immagini sull’ortofrutta an-tica, preservando nel tempo un patrimonio unicodella cultura scientifica del secolo scorso. Si tratta, infatti, di immagini molto accurate che co-stituiscono un’attenta rappresentazione del germo-plasma ortofrutticolo italiano del Novecento e, oltread avere un eccezionale valore documentario nellastoria della nostra agricoltura, costituiscono un im-portante riferimento per coloro che guardano con at-tenzione alle “antiche varietà”, nell’intento di preser-vare il grande patrimonio varietale italiano dall’ero-sione genetica e di recuperare le varietà della nostratradizione. Le illustrazioni, eseguite tra gli inizi del Novecento eil 1960, avevano scopo didattico e di ricerca, sull’e-sempio di quanto aveva fatto, nei primi anni dell’Ot-tocento, il conte Giorgio Gallesio. Egli riportò in di-pinti e disegni “le varietà più squisite degli alberi dafrutto coltivati in Italia”, in un’opera pomologica mo-numentale, “La pomona italiana”. Era la prima epiù importante raccolta di immagini e descrizioni difrutta al tempo in Italia. L’iniziativa del recupero delle tavole è stata illustratanel corso di un convegno, organizzato in collabora-zione con l’Accademia dei georgofili, su “Ortofruttaantica: immagini e racconti”, che si è svolto alla Fa-coltà di Agraria dell’Università degli studi di Napoli“Federico II”. (dai giornali)

IL RECUPERO DI ANTICHI DISEGNI

suoi vini fatica a essere contenuta ecostretta entro schemi e formule pre-cise. Il vigneto, punto primo dellascenicità dell’Amarone, deve esserescoperto anche nei piccoli particolarilegati all’agire della natura, all’operadell’uomo e al passare del tempo.

Passeggiare in un vigneto della Val-policella è un momento di rara emo-zione e basta il contatto con le sueespressioni cromatiche, i suoi profu-mi, i rumori, il vento a renderlo unicoe irripetibile.

Partire dal vino per trovare un lega-me con l’origine è possibile, attraver-so dei marcatori efficaci come gli an-tociani, i polifenoli, l’acido tartarico emalico, gli alcoli, alcuni composti aro-matici e alcuni caratteri sensoriali spe-cifici. Le variabili di un vino derivanodalle molteplici componenti ambien-tali che rendono unico un vigneto.

Per l’ambiente fisico intervengonoil clima, il suolo e la morfologia delterritorio. Temperature, sbalzi termi-ci, valori minimi notturni, precipita-zioni in interazione con i caratteri fi-sici dei suoli e con la loro penden-za, microclimi originati da esposi-zioni e altitudine, composizione chi-mica dei suoli, direzione e velocitàdel vento in funzione delle brezze,sono i fattori che maggiormentecontribuiscono all’espressione qua-litativa del vino.

Le specificità clonali e le tecnichecolturali sedimentate nel tempo inte-ragiscono con le caratteristiche am-bientali esprimendo la vera tipicità eautenticità dei vini. Tanti piccoli qua-dri che formano assieme un panora-ma unico racchiuso nelle sfumature,nei profumi e nel gusto dell’Amarone.

Non bisogna però sottovalutare il

fatto che nel risultato finale una dellecomponenti importanti è il fattoreuomo. Uomini che grazie alla lorosapiente capacità lavorativa, inventi-va e autenticità, ricchi di un inesauri-bile patrimonio di cultura rurale, san-no essere gli interpreti di questi mi-crocosmi.

La linea guida del nostro fare epensare è la consapevolezza che nonesiste un unico Amarone ma diverseespressioni di Amarone che dobbia-mo scoprire e interpretare per ridareil giusto valore e significato alla paro-la tipicità verso la riconoscibilità e au-tenticità.

Ciò che si vede in uno sguardo aun vigneto della Valpolicella è moltodi più delle forme, delle ombre e deidisegni. È un’intera civiltà.

DANIELE ACCORDINOSee International Summary page 69

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Bambini a tavolaDI RAOUL RAGAZZI

Accademico di Merano

“L’educazione è un viaggiolungo e faticoso

per chi parte da lontano, ma possiamo cominciare

con un primo passo alla prossima spesa,

assieme ai nostri figli”.

C iascun Accademico padre sa odovrebbe sapere che l’educa-zione alla civiltà della tavola

inizia sin dalla tenera età. Fin dai tempi antichi i genitori si

sono posti il problema della correttaalimentazione dei propri figli ma neitempi moderni sembra si sia ulterior-mente diffusa una pericolosa sensa-zione di inadeguatezza. I motivi deldisagio sono noti: moltiplicazione in-verosimile delle pietanze, inappeten-za dei pargoli, scarsa concentrazionea tavola, capricci dei piccoli che por-tano a ricatti e forzature. In questopanorama si inseriscono i falsi miticreati per scopi commerciali dallapubblicità, e si avverte una diffusapaura di mettere in tavola cibi solobelli e non anche sani. Eppure attor-no a noi abbiamo numerose oppor-tunità di approvvigionarci con pro-dotti genuini per noi e per i bambini.Inoltre possiamo sempre contare supreziose consulenze di ottimi pedia-

tri e nonni presenti e premurosi. Maa volte la confusione, specie per gliAccademici più “verdi”, è in agguato.Ed è ancora più evidente per i giova-ni Accademici del “sesso forte”, chetra i fornelli spesso tanto forti nonsono, schiacciati dai (giusti) miti del-la cucina della mamma e della cuci-na della nonna.

Che fare quindi per superare dubbie incertezze? Come educare al gusto inostri figli? Spesso la civiltà della ta-vola si trasmette con l’esempio. È deltutto evidente che se proponiamo ci-bi gassati e merendine, sarà difficileche i nostri figli richiedano sponta-neamente frutta e verdura cruda distagione. Ma ragioniamo. Anzi, sedia-moci. Cosa possiamo fare noi giovaniAccademici per la nostra famiglia? In-nanzi tutto il momento della sceltadegli ingredienti, che saranno più tar-di gli attori nel palcoscenico della ta-vola, è altrettanto importante quantoquello in cui la giovane famiglia si

Particolare da“Il pranzo dei fanciulli”

di Gustave Van de Woestyne.

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riunisce attorno al desco. In Alto Adi-ge, accanto alla sempre ben fornitaGrande distribuzione organizzata,che propone una struttura e un’orga-nizzazione di vendita e prodotti similiin tutte le regioni d’Italia, fioriscononel fondovalle numerosi mercati delcontadino (“Bauermarkt”) con pro-dotti locali in prevalenza sfusi, di sta-gione e del territorio. Offrono i pro-dotti freschi, venduti spesso in abbi-namento a una gratuita breve spiega-zione sulla loro provenienza e sullaloro coltivazione e non è difficile ri-cevere in omaggio un pezzetto di for-maggio, tagliato a coltello e offerto albambino, con un sorriso, da una gio-vane e ruspante contadina.

Ci sono poi i mercati tradizionali,qui proposti a cadenza bisettimana-le, e i negozi specializzati in alta ga-stronomia. Questi ultimi offrono ilmeglio della produzione agroalimen-tare nazionale e internazionale, siste-mata su banconi luccicanti e affettatasu Berkel satinate. In altura, i masi dimontagna regalano non solo vettespettacolari e aria incontaminata, maoffrono il contatto con i veri produt-

tori delle materie prime e si scopresenza traumi che le mucche fannodegli ottimi latticini che vanno dalcolore giallo chiaro (Almkäse o for-maggio da latte vaccino da pascoloalpino) a quello più carico (burro eformaggi di malga stagionati).

Da vedere a metà settembre è il ri-to della transumanza, ben noto inmolte nostre regioni alpine e appen-niniche. In un bel paese dell’alta ValPassiria ogni anno, a giugno, i pasto-ri si dirigono con le loro mandrie dibuoi e pecore alle malghe. Per cele-brare il ritorno nel fondovalle, dallalocale Pro loco viene organizzata afine estate una grande festa e a mez-zogiorno inizia la transumanza conslitte trainate da cavalli e circa 200capi di bestiame. Un’occasione unicaper fare incontrare i figli con i pro-duttori in un modo giocoso. Altrascoperta da fare con i bambini ri-guarda le erbe e i fiori commestibili,in un castello in Val Venosta, dove sipuò gratuitamente entrare in un belgiardino e scoprire assieme ai proprigiovani allievi alcune piante sempli-ci, con molti profumi diversi e talvol-

ta con poteri curativi. Proviamo a ri-conoscere non solo il basilico e lacamomilla, ma anche il sambuco e lalavanda, la melissa e la malva, lapiantaggine e la salvia.

Trasformare l’acquisto di ciascunodi questi ingredienti in un’esperienzagiocosa e profumata è un momentodi comunione con i pargoli indimen-ticabile. Far comprendere quanta fati-ca si fa a raccogliere gli asparagi por-ta a rispettare il piatto che si ha da-vanti. E rispettare il cibo significa ri-spettare se stessi. Altro dilemma peril giovane Accademico è la trasforma-zione degli alimenti. Non è questa lasede per discutere dei diversi metodidi cottura, ma è intuitivo che vi sonoalcuni metodi (piastra, griglia, cartoc-cio, stufatura, bollitura) che sono dapreferire ad altri (frittura).

Il tempo che si dedica alla cotturapotrebbe essere utilizzato per riflet-tere sul valore dell’attesa. È impor-tante tenere a mente che la prepara-zione del pasto dovrebbe essere unrito festoso. I bambini non hanno bi-sogno di un piatto “stellato”. Chiedo-no però organizzazione in cucina,goliardia spirito di squadra, e un pa-sto semplice e genuino preparatocon amore. E tempo passato assie-me. Impastare e preparare con lemani, tentare abbinamenti dolci eacidi, caldo e freddo diventa speri-mentazione, crescita, conoscenzadelle proprie inclinazioni.

Infine, seguire il ritmo delle stagio-ni fa bene all’economia locale, alportafoglio e anche alla salute. È unviaggio lungo e faticoso per chi parteda lontano, ma possiamo cominciarecon un primo passo alla prossimaspesa, assieme ai nostri figli.

Ha scritto Lao Tse: “Un albero il cuitronco si può a malapena abbraccia-re nasce da un minuscolo germoglio.Una torre alta nove piani incominciada un mucchietto di terra. Un viaggiodi mille miglia ha inizio sotto la pian-ta dei tuoi piedi”. E, modestamenteaggiungo io, il canederlo più buonodel mondo è fatto con il pane di ieri.

RAOUL RAGAZZISee International Summary page 69

CANEDERLI DI PANE NERO AI BRUSCANDOLIIngredienti: 300 gr di pane nero, 50 gr di cipollotto primaverile (oporro), 50 gr di scalogno, due uova intere più un tuorlo, latte, 100gr di bruscandoli (fiori di luppolo, solo le cime) cotti, olio extravergi-ne d’oliva, parmigiano grattugiato, pepe, sale.Preparazione: soffriggere lo scalogno in olio d’oliva, con il cipollotto e ibruscandoli leggermente scottati in acqua e tagliati. Tagliare il pane adadolini, salarlo, bagnarlo con poco latte e le uova leggermente sbattu-te. Aggiungere il pane al soffritto, condire con poco parmigiano e farriposare per mezz’ora. Con l’aiuto di un cucchiaio leggermente bagna-to, formare degli gnocchi oblunghi che poi saranno cotti in acqua sala-ta per pochi minuti. Condire con pancetta rosolata in olio d’oliva me-scolato con burro. Cospargere di formaggio parmigiano grattugiato.

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Musicisti golosiDI LORETTA ORSENIGO BONACINA

Accademica di Milano

“Lo stomaco è il direttore che dirige

la grande orchestra delle nostre passioni”.

C anta Musetta nella “Bohème”:“Ah, se nel bicchier sta il piacer,in giovin bocca sta l’Amor”.

Giacomo Puccini, che ne è l’autore, si-curamente era dello stesso parere. Gliautori delle opere più belle che l’Italiaha donato al mondo, oltre che lasciareil proprio segno nel firmamento inter-nazionale della musica, spesso l’han-no lasciato anche sulle tavole. Giaco-mo Puccini, nato a Lucca, era un fineintenditore di buon cibo e ancor mi-glior vino. All’inizio della sua carrieraamava cenare bene, ma quando i sol-di scarseggiavano, si divertiva a pre-parare la pasta con le anguille cucina-ta utilizzando le “cèe”, anguille ciecheappena nate, tipiche di quel lembo diterra posto fra il lago di Massaciuccolie le Alpi Apuane, o le aringhe con iravanelli, due piatti che, con pocaspesa, erano in grado di soddisfare lafame sua e di coloro che frequentava-

no la sua casa. Troviamo tracce, nelsuo epistolario, di un grande amoreper i fagioli in umido da mangiare in-sieme ai tipici salamini lucchesi. Or-mai famoso, riuniva gli amici a Torredel Lago, in un’osteria da lui ribattez-zata il “Club Bohème”, dove, in allegracompagnia, mangiava cacciagione dicui era ghiottissimo.

“Non conosco un’occupazione mi-gliore del mangiare, cioè, del man-giare veramente. L’appetito è per lostomaco quello che l’amore è per ilcuore. Lo stomaco è il direttore chedirige la grande orchestra delle no-stre passioni”. Cosi scriveva Gioac-chino Rossini. La sua passione eranoi maccheroni, che farciva personal-mente, con l’aiuto di un cannolo, dipurè di tartufo, rimanendo a sorve-gliarne affascinato la cottura; si face-va mandare i maccheroni da Napoli,il prosciutto da Siviglia, da Gorgon-zola il celebre formaggio, da Milanoil panettone: la sua era una continuaricerca dell’eccellenza in cucina. A luidobbiamo alcune tra le nostre miglio-ri ricette, per esempio i tournedos al-la Rossini, che devono il loro nomealla frase francese “tournez le dos”.Ci tramanda infatti la cronaca deitempi che il maggiordomo del com-positore, per evitare che i commensa-li copiassero la ricetta di questo piat-to creato appositamente per il mae-stro, voltava loro la schiena al mo-mento di completarne a tavola la pre-parazione, per non svelarne i segreti.

L’opera più famosa di VincenzoBellini, “Norma”, ci è particolarmentegradita per aver dato i natali a uno trai più piacevoli piatti della tradizionesiciliana, catanese per essere precisi,come catanese era l’autore. Nel casodi Bellini non possiamo parlare di unvero e proprio crapulone anzi, tutto ilcontrario. In riferimento alla “Norma”,

comunque, è noto l’aneddoto secon-do il quale, al termine della primarappresentazione in Sicilia, si comin-ciò a usare la frase “una vera Norma”per indicare una cosa fatta a regolad’arte, da cui il nome della pasta.

“Libiamo ne’ lieti calici”, il celebrebrindisi a tempo di valzer del primo at-to della “Traviata”, intonato da Violettae Alfredo, ci introduce nella vita e nelpensiero di Giuseppe Verdi, che nato aRoncole di Busseto, in provincia diParma, amava la cucina e la buona ta-vola come è caratteristica di tutti i suoiconterranei. Tra i suoi piatti preferitiuno per tutti: i tortelli ripieni di erbettecon il Lambrusco, un vero omaggio al-la Bassa padana. Verdi adorava, inol-tre, “Il Cova”, la pasticceria milanese divia Montenapoleone aperta nel lonta-no 1817, dove acquistava il panettone,che amava servire ben caldo, a Natalenella sua casa milanese. D’estate, inve-ce, offriva un semifreddo fatto conburro, amaretti e savoiardi, tenuto infresco per alcune ore nella ghiacciaiadi villa Sant’Agata. Giuseppe Verdiamava la sua terra e i suoi prodotti, frai quali uno in particolare, di cui usavaanche far omaggio agli amici: la spalladi maiale cotta. Eccone la ricetta scrittadi suo pugno. “Badate che, per cuoce-re bene la «spalletta» bisogna: metterlanell’acqua tiepida per circa due ore,onde levargli il sale. Si mette dopo inaltra acqua fredda, e si fa bollire a fuo-co lento, onde non scoppi, per circatre ore e mezzo, e forse quattro la piùgrossa. Per saper se la cottura è al pun-to giusto, si fora la «spalletta» con uncure-dents e, se entra facilmente, la«spalletta» è cotta. Si lascia raffreddarenel proprio brodo e si serve. Guardatesoprattutto alla cottura; se è dura non èbuona, se è troppo cotta diventaasciutta e stopposa”.

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Pepe e saleDI ANNA LANTE

Accademica di Padova

Ambedue questi ingredienti,presenti nella cucina

di tutto il mondo, sono statianche grandi protagonisti

della storia.

I l pepe, re delle spezie, è originariodell’India, lungo le coste del Mala-bar, dove era utilizzato sin dalla

preistoria. Secondo la leggenda fuAlessandro Magno a introdurlo nelmondo occidentale al rientro da unaspedizione in Oriente. Lo storico Ero-doto d’Alicarnasso racconta che nel-l’antica Grecia il commercio del pepeera fiorente. Ippocrate lo inseriva neisuoi medicamenti e per Teofrasto fa-voriva la digestione. Saranno i Greci,nel IV secolo a.C., ad affiancare all’u-so terapeutico quello cucinario. Plinioil Vecchio si lamentava che, a causadel pepe, Roma doveva sostenere uncospicuo esborso di denaro. Apicio loinseriva nella maggioranza delle suericette dolci e salate; sulle tavole com-parivano le “piperatoria”, pepaioled’argento finemente cesellate, e nel92 d.C. furono costruiti gli “horrea pi-pearia”, granai del pepe. Oltre che incucina il pepe era utilizzato come far-maco per le sue proprietà diuretiche estimolanti dell’appetito.

Ma esso era anche moneta di scam-bio e quando Alarico, re dei Visigoti,saccheggiò Roma, pretese tra l’altrouna cospicua riserva di pepe. Dopo lacaduta di Roma, prima i Bizantini epoi gli Arabi assunsero il controllo delsuo traffico; alla fine del Medioevogran parte del commercio di questaspezia passava per Venezia. Nel XVsecolo, Vasco de Gama raggiunse l’In-dia circumnavigando l’Africa e Lisbo-na diventò protagonista del mercato.La vecchia rete commerciale di Arabie Veneziani continuò comunque acontrabbandare con successo enormiquantità di pepe. Per gli antichi, pepebianco e nero appartenevano a duepiante diverse; in realtà sono entram-bi frutti del Piper nigrum, arbustorampicante della famiglia delle Pipe-racee. Il pepe nero è ottenuto dalle

bacche ancora verdi che durante l’es-siccazione subiscono l’imbrunimentoenzimatico, assumendo il tipicoaspetto nerastro e rugoso. Anche ilpepe verde è raccolto al medesimostadio di maturazione, ma viene per-lopiù conservato in salamoia, mentrequello bianco è ricavato dal seme pri-vato di buccia e polpa. Il pepe rosa o“falso pepe” è invece il frutto di Schi-nus terebinthifolius, pianta della fa-miglia delle Anacardiacee.

L’aroma piccante è dovuto all’alca-loide piperina, contenuto nella polpae nel seme, caratteristica che spiega ilsapore più intenso del pepe nero equello più morbido del pepe bianco.Nella polpa sono presenti anche so-stanze aromatiche terpeniche checonferiscono sentori di limone, legnoe fiori. Essendo volatili e suscettibilialla fotoossidazione devono essereprotette da un imballaggio adeguato,macinando il pepe solo prima dell’u-tilizzo.

Sin dall’antichità il sale è stato es-senziale per il miglioramento dellaqualità degli alimenti in quanto per-metteva di modificare la velocità del-le reazioni di degradazione. La con-servazione di carne e pesce sotto saleè possibile perché questo ingredienteriduce l’attività dell’acqua, un para-metro che misura l’acqua libera, di-sponibile per la crescita microbica ele reazioni biochimiche alla base del-le alterazioni dei prodotti alimentari.Omero lo chiamava “sostanza divi-na”, mentre per Platone il sale era“particolarmente caro agli dei”. Se-condo lo storico Tito Livio, sarebbestato il re Anco Marzio a far costruirele saline a Ostia, collegate a Romamediante la via Salaria; ai soldati chefacevano parte di avamposti all’este-ro, in zone in cui scarseggiava il sale,ne veniva fornita una quantità chia-

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mata “salarium”, che più tardi si tra-sformò in una gratifica in denaro.Durante l’impero, i Romani costruiro-no molte saline nei territori sottomes-si, come Egitto e Siria, introducendo imetodi di produzione che conosce-vano. Cesare insegnò a bollire l’ac-qua marina ai Britanni, che erano so-liti versare dell’acqua salata sul car-bone acceso, raschiare la crosta for-matasi e utilizzarla come sale. La re-pubblica di Venezia trovò un’impor-tante fonte di ricchezza nel commer-cio del sale controllando buona partedel mare Adriatico e del Mediterra-neo, fino a Creta e Cipro. Con l’“ordosalis” impose ai suoi mercanti di tor-nare a Venezia trasportando nelle ga-lee da mercato “l’oro bianco”, mentreil magistrato al sal divenne un’impor-tante magistratura della Serenissima.

Per quanto riguarda le origini, ilcloruro di sodio può essere ottenutodal sale marino e dal salgemma.

Il primo è prodotto nelle saline perevaporazione dell’acqua di mare,mentre il secondo è un minerale chesi trova in giacimenti sotterranei for-matisi nel corso dei millenni dall’eva-porazione di masse d’acqua salata,intrappolate tra gli strati della crostaterrestre. Ambedue possono averecolori diversi: quello hawaiano RedAlea è rosso perché ottenuto da ac-que marine con argilla ricca di ferro,mentre quello Himalayano è rosa. Laforma fisica può costituire un’altravariabile: il sale di Maldon, molto uti-lizzato in cucina, si presenta comesottilissime scaglie croccanti e vieneimpiegato su consistenze morbide epersino sul cioccolato, mentre il salemarino in forma liquida ha un ridottocontenuto di sodio. Secondo Teofra-sto il gusto salato “era dovuto ad ato-mi grossi, rotondi”.

Oggi, l’analisi sensoriale ha stabili-to che il sapore salato interessa so-prattutto la porzione laterale dellalingua, ma sarebbero le dimensionimolecolari dei sali a giocare un ruolochiave nel gusto percepito, rispettiva-mente salato per il cloruro di sodio eamaro per quello di potassio.

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LE RICETTE D’AUTORE

Per fare berlingozzi alla seneseImpastinsi libre tre di fior di farina con sedici uova ben battute et unpoco di sale, facendo di modo che la pasta sia più presto tenera chesoda; poi d’essa pasta faccisene una ciambellotta tonda; bagnisiamendue le pizze di chiare d’ova battute, acciocché s’attacchino in-sieme, infarinisi la pala del forno e pongasi sopra la ciambellotta etaglisi in tre luoghi e diasegli il colore con ove battute e subito si spol-verizzi di zuccaro e ponghisino al forno che sia ben netto et alquantocaldetto; e come si comincia ad alzare e pigliare il colore, pongasi so-pra uno sfoglio di carta, e cotta che sarà servasi calda, perché quan-do è fredda non è così buona, e non è così ghiaccente e saporita.

BARTOLOMEO SCAPPIda “Opera” (1570)

Biscottini di pasta di mandorle e farina d’amidoPigliarai due libre di mandole ambrosine pelate, e biscottate in unateglia a fuoco lento, acciò non piglino il color rosso; pestate nel mor-taro, li aggiongerai quattro once di fior di cedro, una libra di zucca-ro fino, una libra e meza d’amido tamisato; ben pestata ogni cosa in-sieme, li aggiongerai sei chiare d’ova; e se vorrai mettervi un grano dimuschio, o d’ambra, sarà a beneplacito; ed incorporando questi in-gredienti, ne farai pasta, preparando una padella grande da forno,polverizzandola di farina, le disporrai dentro i biscottini, grandi co-me ducatoni, o a beneplacito, avertendo che il forno sia caldo a por-zione, lasciando alquanto mitigare (se farà bisogno) l’attività del ca-lore.

BARTOLOMEO STEFANIda “L’arte di ben cucinare” (1662)

Biscotti di farina di risoPrendete 2 once farina di riso e mettetela con 6 once zuccaro fino,quattro rossi d’ovo, un pizzicotto cedrone grattato. Battete tutto assie-me in un mortaio per un quarto d’ora, dopo aggiungete otto bianchid’ovo sbattuti bene e metteteli nelle cassette di carta unte con butirroe cuoceteli in forno dolce; dopo che saranno freddati li leverete e vifarete sopra un diaccio con bianco d’ovo, un cucchiaro zuccaro fi-nissimo e un poco di cedrone grattato e battetelo bene che venga inspuma e mettetela sopra a detti e fateli seccare in forno.

ANONIMO REGGIANOda “Libro contenente la maniera di cucinare” (1700)

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Le minestre nel mondoDI GIORGIA FIENI

Scienze e tecnologie alimentari

Possono anche essere consumate il giorno dopo:

alcune risultano anche migliori, perché l’amalgama dei sapori

migliora col tempo.

L a minestra è sempre stato un piat-to tipico della cucina povera. Loha deciso la semplicità dei suoi

ingredienti: un brodo in cui cuociono iprodotti del territorio, facili da reperiree di basso costo. Jack Klugman in pro-posito ha scritto: “Un bravo cuoco è unindividuo bravo abbastanza da dare al-la sua zuppa un nome diverso ognigiorno”. I nobili però proprio per que-sto l’hanno quasi sempre non propriodisprezzata, ma di certo tenuta in pocaconsiderazione: è stata addirittura defi-nita “la biada dell’uomo”. Questo piattoera invece tipico di chi non poteva per-mettersi altro; lo stesso suo nome (natoprobabilmente nel XIII secolo) derivada “minestrare”, ovvero “ammansire,servire”, che non è altro che l’operazio-ne di distribuzione, direttamente dal re-cipiente di terracotta, ai commensaliche faceva il capofamiglia. Spesso ac-cadeva che la raccolta dei vegetali

(specie legumi) non era sufficiente perpreparare minestre monoingredienteper le famiglie numerose, quindi si mi-scelavano, all’interno della stesso pen-tolone, vari tipi di ingredienti, quali ca-voli, erbe di campo e/o cipolle, ma an-che cotenne di maiale.

La minestra rimane comunque unadelle poche ricette che è arrivata im-mutata sulle tavole odierne dai tempiantichi, sebbene possa arricchirsi diingredienti (a seconda della disponi-bilità e del gusto personale) al puntoda diventare quasi un piatto unico.Nella versione più semplice diventazuppa (la cui etimologia, risalente alXVI secolo, deriva appunto da “sup-pa”, che significa “fetta di pane in-zuppata”, la quale durante il Medioe-vo serviva unicamente da piatto diportata, poi lasciato come pasto perla servitù) o pancotto. Un altro trattodistintivo di semplicità è l’aggiunta dipasta, fresca o secca; ma ci sono an-che casi particolari come le maricon-de (fatte con pane e formaggio grat-tugiato) o le polpette di carne (chetrasformano il primo piatto in unpiatto unico). L’alternativa alla pastaerano le castagne o i cereali o i legu-mi o le verdure dell’orto. Un’altra va-riazione è quella della “stracciatella”:un brodo di carne arricchito con uo-va sbattute e parmigiano grattugiato.

Alcune di queste preparazioni hannovalicato i confini regionali per diventa-re parte della tradizione italiana, comel’acquacotta, la “buiabesa” (una versio-ne della “bouillabaisse” provenzale,preparata a Imperia) e il cacciucco dipesce, ma sono famose anche la tosca-na pappa col pomodoro, la friulana jo-ta, il sardo pane “frattau”, la spezzina“mesciua” (“mescolanza” a base di le-gumi) e la milanese “cassoeula”. Infine,non dobbiamo dimenticare che anchequesto, come altri primi piatti, ha subi-

to col tempo delle modifiche e degliaggiornamenti, che l’hanno adattatomeglio alla vita quotidiana di ognunodi noi. I cuochi hanno così pensato ditrasformare zuppe e minestre in creme(o passati che dir si voglia). La partico-larità delle minestre, inoltre, è che sonoadatte a tutte le stagioni.

Se guardiamo all’estero troviamouna quantità di minestre altrettantovaria che quelle italiane, che ovvia-mente tengono conto della disponibi-lità degli ingredienti e del clima locale.Nei Paesi dell’est Europa, per esem-pio, è molto comune il “borsch”, pre-parato con acqua, lesso, cipolla, cavo-lo, barbabietole e panna acida. NeiPaesi del nord Europa le minestre so-no a base di ortaggi, pollo, pesce omolluschi (la “musilngesuppe” dane-se, per esempio, a base di cozze). L’e-lemento mare si riscontra naturalmen-te anche nel sud Europa (come la“bourride” provenzale a base di tri-glie), assieme alle verdure; e poi ab-biamo le greche “avgolemono” (conlimone, brodo di pollo, riso, tuorli eprezzemolo) e “fakes” (a base di len-ticchie), la francese “soupe à l’oignon”(cipolle). L’Europa continentale infinepreferisce zuppe a base di fegato,pancetta e birra. L’uso di alimenti lo-cali capita anche al di fuori dal nostrocontinente: in Algeria per esempio siusano molte spezie e carne di monto-ne; a Cuba fagioli, pomodori e lentic-chie; in Cina le zuppe chiare sonoconsiderate bevande mentre quellecon le tagliatelle sono abbondanti dacostituire un piatto unico.

La minestra risulta quindi ancoraoggi in tutto il mondo un piatto cheraccoglie le risorse alimentari locali: èun elemento di tradizione che cam-bia solo nei tempi di cottura e nellatemperatura a cui è servito.

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C U L T U R A & R I C E R C A

Storia della chinaDI GIANCARLO BURRI

Accademico di Padova

“In vari luoghi, piccole dosidi china venivano utilizzate

per preparare elisir amarieupeptici, venduti come «specialità della casa»”.

F orse a qualcuno sarà tornato inmente, sentendo parlare dellecelebrazioni dei 150 anni dell’u-

nità d’Italia, il jingle a due voci (Erne-sto Calindri e Franco Volpi) di unvecchio “Carosello” della China Mar-tini, quello del “Dura minga”, per in-tenderci. Un prodotto della più ge-nuina tradizione liquoristica italiana,la china (o meglio l’elisir di china),proprio nell’Ottocento venne per-dendo poco alla volta l’indicazione difarmaco specifico contro la febbreterzana e quartana, acquistando lasua attuale connotazione di amaro -tonico - eupeptico. Un prodotto il cuipercorso erboristico si perde lontanonel tempo. Secondo il “Dizionario disanità” (1779), “china” deriverebbeda “kina”, cioè corteccia, parola trattadal dialetto di alcune tribù indie. Kinakina, cioè corteccia della corteccia, oregina delle cortecce, rappresente-rebbe un superlativo, riferito a un’im-ponente rubiacea sempreverde (ilnome Cinchona fu dato, nel Settecen-to, dall’astronomo Carlo Maria de laCondamine all’albero che poi Linneo

denominò Cinchona officinalis) usa-ta dalle popolazioni andine per colo-rare e tingere le stoffe, ma anche co-me rimedio contro le febbri.

Il segreto su questo febbrifugo na-turale fu mantenuto a lungo daglisciamani e fu rivelato, a uno o piùspagnoli, solo verso il 1630. Un pri-mo dato storico, del 1638, riferiscedella guarigione - con un trattamentoterapeutico a base di infusi di china -di don Juan Lopez de Canizares, go-vernatore di Loxa. E sempre nel 1638anche donna Ana de Osorio, mogliedel viceré del Perù, conte di Chin-chon, fu guarita, grazie all’interventodel governatore di Loxa, che le inviòil nuovo farmaco.

Entusiasta, la nobildonna decise difar importare in Europa la preziosasostanza di origine vegetale e dellamissione si occuparono i Gesuiti, co-me ricorda Francesco Redi in una let-tera del 1686 nel libro “Esperienze in-torno a diverse cose naturali”; perquesto motivo, fu conosciuta come“polvere dei Gesuiti”.

La sostanziale ignoranza circa le ca-

ELISIR DI CHINA DELL’ARTUSIIngredienti: china peruviana contusa, grammi 50; corteccia secca diarancio amaro contusa, grammi 5; spirito di vino, grammi 700; ac-qua, grammi 700; zucchero bianco, grammi 700. Preparazione: mescolate dapprima grammi 250 del detto spirito congrammi 150 della detta acqua, e in questa miscela mettete in infusio-ne la china e la corteccia d’arancio, tenendola in luogo tiepido unadecina di giorni, agitando il vaso almeno una volta al giorno. Poipassatela da un pannolino strizzando forte onde n’esca tutta la so-stanza, e filtratela per carta. Fatto ciò sciogliete lo zucchero al fuoconei rimanenti grammi 550 di acqua senza farlo bollire e passatelodal setaccio, o meglio da un pannolino, per nettarlo da qualche im-purità se vi fosse. Aggiungete i rimanenti grammi 450 di spirito, me-scolate ogni cosa insieme e l’elisir sarà fatto. Prima di filtrarlo assag-giatelo e se vi paresse troppo forte aggiungete acqua.

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C U L T U R A & R I C E R C A

ratteristiche farmacologiche della chi-na contribuì, tra il 1660 e il 1680, alnascere di molti rimedi segreti per cu-rare le febbri, spacciati per miracolo-si, in cui erano presenti le più svariatedroghe esotiche, comprese talvoltaanche piccole quantità della polveredei Gesuiti, o polvere della contessa.

Si deve allo speziale Robert Talboril merito di aver convinto la medicinaufficiale a riconoscere le proprietà te-rapeutiche della china. Colpito dagliindubbi successi del rimedio di Tal-bor, lo stesso Re Sole trattò l’acquistodel suo segreto, che gli fu ceduto dalmedico inglese per l’enorme cifra di2.000 luigi d’oro, con la condizione dinon pubblicarlo fino alla sua morte.Un grande merito negli studi sull’usorazionale della terapia della china vaa due medici italiani: Giovanni MariaLancisi e Francesco Torti, ma solo nel1820 due chimici francesi, Pierre-Jo-

seph Pelletier e Joseph-Bienaimé Ca-ventou, riuscirono a isolare dalla cor-teccia della china il principio attivo informa pura, un alcaloide che fu deno-minato “chinino”.

E per secoli, nonostante i suoi ef-fetti collaterali, il chinino rimase l’u-nico farmaco antimalarico. Già nelSettecento, in vari luoghi, piccoledosi di china venivano utilizzate perpreparare elisir amari eupeptici, ven-duti come “specialità della casa” inmolte farmacie, ma il vero boom digiulebbe ed elisir di china si ebbe apartire dalla metà dell’Ottocento, co-me testimoniano tante antiche farma-cie. Contemporaneamente, in Pie-monte, sorsero numerose ditte cheproponevano anche vini (Barolo) eliquori aromatizzati con la china (inparticolare la Cinchona calisaya, su-damericana, preferita per il suo mag-gior contenuto in sostanze aromati-

che), tra cui il popolarissimo FernetBranca (creato nel 1845, a Milano, daMaria Scala, moglie di BernardinoBranca) e l’altrettanto popolare ChinaMartini (nata dalla evoluzione dell’o-riginario vino chinato, denominato“elisir di china”, prodotto dalla Distil-leria Nazionale da spirito di vino diAgnelli-Balduino, nel 1847).

Tra i tanti estimatori della china an-che il celebre scrittore-gastronomoPellegrino Artusi, che ne “La scienzain cucina e l’arte di mangiar bene”,quasi al termine del capitolo dedicatoai liquori, volle includere l’elisir dichina, commentandolo con questeparole: “Non tutte le ricette che ioprovo le espongo al pubblico: moltene scarto perocché non mi sembranomeritevoli; ma questo elisir che mi hasoddisfatto molto, ve lo descrivo”.

GIANCARLO BURRISee International Summary page 69

Le precisazioni che il prof. Zeppa ha ritenuto fare (nelnumero di novembre della rivista, ndr) al mio articolosui formaggi m’inducono a fare alcune considerazio-ni. Innanzi tutto ringrazio il collega per l’attenzioneriservata al mio articolo, che non aveva alcuna prete-sa di scientificità. È evidente, infatti, che augurarsi dirintracciare una misura delle piccole frodi alimentari(anche per i formaggi) sui dati ufficiali dell’Istat sa-rebbe un’ingenua aspettativa. Approfitto però delle suepuntualizzazioni per tornare sul tema e in particolaresu alcune questioni aperte che meritano qualche chia-rimento. Frequentando le riviste che si occupano delladifesa dei consumatori e leggendo i resoconti delle fro-di alimentari ogni anno scoperte dai Nas dell’Armadei Carabinieri o segnalate dalle Asl, si ha la sensazio-ne che vi sia una parte dei formaggi prodotti nel no-stro Paese (come per esempio i grattugiati, le sottilette, iformaggini, ecc.) che può essere oggetto di sofisticazio-ni. Questi formaggi “non fanno male” ma non sempreè riportato in etichetta in modo corretto e chiaro il loroesatto contenuto. Le precisazioni del collega Zeppasembrano essere suggerite da due preoccupazioni checondivido. La prima preoccupazione riguarda l’asim-metria informativa fra produttore e consumatore sulleeffettive caratteristiche qualitative del prodotto, chenon sempre sono esposte in modo chiaro ed esplicito inetichetta. L’asimmetria informativa è uno dei tradizio-nali “fallimenti del mercato” che non consente una

competizione trasparente e leale fra i produttori. L’eti-chettatura dei prodotti (specie quelli alimentari) deveessere assolutamente trasparente. Se le regole dellaconcorrenza, che prevedono una chiara informazio-ne al consumatore, sono violate, può accadere che, co-me avviene per la moneta, il prodotto “cattivo” finiscaper scacciare quello “buono”. Ciò può succedere per iformaggi fusi sostenuti da una grande attività di co-municazione pubblicitaria di promozione e da prezziattraenti, specie in una fase di congiuntura sfavorevo-le. La seconda preoccupazione, generata in parte dal-la prima, riguarda lo stato di difficoltà del nostro com-parto caseario, specie in quella componente che pro-duce formaggi di grande qualità e tradizione, domi-nata da imprese di piccola e media dimensione. Que-sti formaggi e queste imprese vanno messi al riparo dauna comunicazione che utilizza la parola “formag-gio” senza tener conto delle grandi differenze nei costidi produzione (materie prime), nelle caratteristichedel processo produttivo, nell’origine territoriale e nei“saperi” incorporati nel prodotto. Cominciare a distin-guere fra diversi tipi di “formaggi” può contribuire adifendere le piccole imprese e i prodotti tipici daun’agguerrita concorrenza internazionale con pro-dotti indifferenziati, frutto di procedimenti standar-dizzati più attenti alla quantità che alla qualità e de-stinati a un mercato di massa dominato dalla grandedistribuzione. (Carlo Magni)

CONSIDERAZIONI SUI FORMAGGI

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I sughi pronti

S I C U R E Z Z A & Q U A L I T À

G li scaffali dei supermercati de-stinati ai sughi pronti diventa-no sempre più “frequentati”. Le

varietà offerte sono numerose: tutte lespecialità delle varie salse regionalisono presenti, dall’amatriciana al pe-sto, dalle vongole all’arrabbiata, dallabolognese al pomodoro e basilico evia di seguito. Tante le marche e vari iprezzi. La produzione nazionale è incontinuo aumento, siamo su quasi45.000 tonnellate l’anno. Molte sonole ragioni di questo boom di consumi.Il tempo che si dedica alla cucina èsempre meno, si è disposti a pagareun po’ per non stare a soffriggere espadellare, e avere, dopo una rapidariscaldata, un bel sugo pronto per lapasta. D’altro canto anche l’industriaha fatto passi da gigante fornendo unprodotto qualitativamente molto buo-no, lanciato da campagne pubblicita-rie molto convincenti e pressanti chehanno allargato il mercato. Molto cu-rioso notare che a trainare la crescitacomplessiva del comparto sono i seg-menti del pesto e dei sughi non a basedi pomodoro. L’effetto di spinta sui ri-sultati del pesto è stato provocato dallancio e dal sostegno pubblicitario sulpesto alla siciliana e alla calabresepromosso da una grande azienda na-zionale.

Da un punto di vista nutrizionalenulla da eccepire, anche se sono pre-senti grassi e, in alcuni casi, conser-vanti. Al riguardo, se si vuol esserescrupolosi, si possono preferire i pro-dotti a più breve scadenza che potreb-bero avere meno conservanti oppure iprodotti definiti “biologici”, che tutta-via possono presentarsi di colore unpo’ più spento per la mancanza diqualche “ravvivatore”. A questo puntoci sembra saggia la raccomandazionedel prof. Andrea Ghiselli dell’Istitutonazionale ricerche alimentari e nutri-

zione, secondo il quale “ogni tanto sa-rebbe però opportuno, per un correttoattaccamento ai piatti che prepariamo,cucinare il sugo in casa. Anche perchépreparare una semplice salsa al pomo-doro richiede davvero poco tempo”.

SI BEVE MENO VINO

L’Italia, l’antica Enotria, il paese delvino, non ama più bere vino. I con-sumi calano ogni anno sempre dipiù, siamo scesi sotto la soglia dei 20milioni di ettolitri, con un consumopro capite che è sotto ai 40 litri l’an-no. E pensare che non molti anni fasi superavano abbondantemente icento litri. Peraltro, in altri Paesi, unavolta scarsi bevitori di vino, i consu-mi crescono: Regno Unito, Stati Uniti,Russia e persino la Cina che, nel 2010ha consumato vino in ragione del più160% rispetto all’anno precedente. Sibeve meno a casa, anche perché leabitudini alimentari stanno rapida-mente cambiando. Ma anche nei ri-storanti il fenomeno esiste, e con ledisposizioni recenti sull’alcol per chiguida, la tendenza alla diminuzionedel consumo, per il timore dell’etilo-metro, si sta accentuando. In verità, ilvino al ristorante costa troppo caro,soprattutto se è di qualità, ed è questouno dei problemi che ne limitano leordinazioni, oltre naturalmente al fat-to che bisogna contenersi nei consu-mi anche per i tanto conclamati pro-blemi di salute. Ecco perché le botti-glie spesso, a fine pasto, rimangonosemipiene, soprattutto quando ci sitrova da soli o in compagnie scarse oastemie. Si può spendere meno ordi-nando il vino della casa, la cui qualitàorganolettica alle volte è opinabile,oppure richiedere delle confezioni diridotte dimensioni che però, quandoci sono, hanno dei costi proporzionali

veramente elevati. Una soluzione alproblema potrebbe essere quella diportare a casa la bottiglia il cui conte-nuto è stato solo parzialmente bevu-to, ma sarebbe necessario “agevolare”i consumatori che ovviamente mostra-no una certa ritrosia verso questa pos-sibilità. Alcuni ristoratori hanno pen-sato di consentire ai clienti di recupe-rare il vino non bevuto, fornendo ap-positi contenitori per portarsi la botti-glia a casa. È una buona idea che ri-corda i piccoli armadi dei club esclusi-vi inglesi, dove il socio ripone la suabottiglia personale di Porto o di Whi-sky, per consumarla gradualmenteogni sera.

Ci può consolare che se si beve po-co si beve meglio, poiché il consuma-tore preferisce il vino di qualità, deno-tando un’educazione al gusto e un al-lontanamento dall’antica tendenzadell’ebbrezza, che spesso confina conl’alcolismo. Infine c’è da notare un fe-nomeno collaterale alla diminuzionedella richiesta di vino al ristorante, os-sia l’aumento vertiginoso del consu-mo di birra. Infatti, gli italiani la ordi-nano più del vino, secondo una re-cente indagine dell’Assobirra. Ben il20,6% dei clienti dei ristoranti chiedebirra e solo il 18% preferisce il vino.Solo sette anni fa la distanza tra le duebevande era notevole, 38% vino e22,7% birra. Sempre secondo l’indagi-ne, quando s’invitano a casa amici eparenti per una cena un po’ speciale,una volta su tre in tavola arriva una“bionda”. Sul piano nazionale il con-sumo di birra si attesta su 24 litri l’an-no pro capite e la richiesta è semprepiù proiettata verso il prodotto di qua-lità. La “birretta” rinfrescante, bevutanel periodo estivo lascia spazio a birrepiù corpose, adatte a un bel piatto.

GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

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N O T I Z I A R I O

L’ORIGINE IN ETICHETTA È LEGGE PER TUTTI I CIBI

Alla fine il momento è arrivato:la Commissione Agricolturadella Camera ha dato il via li-bera alla legge che riguardal’etichettatura dei prodotti ali-mentari e che prevede l’obbli-go di indicare la provenienzadei cibi lungo tutta la filiera equindi in ogni fase della pro-duzione, con ripercussioni im-portanti nel mercato internoed europeo (sempre che l’U-nione europea, competente inmateria, non si opponga). Lanuova legge è composta da 7articoli, e il n. 4 stabilisce l’ob-bligo di “riportare nell’etichet-tatura l’indicazione del luogodi origine o provenienza (an-che nella pubblicità, articolo 5)e dell’uso di Ogm in qualun-que fase della catena alimenta-re” per i prodotti alimentari“trasformati, parzialmente tra-sformati o non trasformati”.Origine in etichetta, dunque,per le carni che non l’avevano(suini, ovini e conigli), latte alunga conservazione, frutta everdura trasformate. Rafforzatele sanzioni e la salvaguardiadelle produzioni a denomina-zione (articolo 2), italiane (arti-colo 3) e della produzione ecommercio dei mangimi (arti-colo 6).

IL PESTO PROTAGONISTANEL MONDO

Il pesto è stato protagonistanella Giornata internazionaledelle cucine italiane, quandocuochi e ristoratori di tutto ilmondo si sono cimentati inuno dei piatti simbolo dellanostra gastronomia: il pesto al-la genovese. L’evento, nato quattro anni fasu iniziativa del network diprofessionisti della cucina ita-liana Itchefs (1.200 tra cuochie operatori della ristorazionedi 70 Paesi), è stato dedicato auno dei piatti italiani più con-traffatti, preparato, per l’occa-

sione, secondo la ricetta au-tentica. L’iniziativa infatti vuoleessere proprio una sorta dimobilitazione dei cuochi asso-ciati Itchefs per dire no alle fal-sificazioni che danneggiano ilmade in Italy. La scelta della pietanza non èstata dettata dal caso, ma dauna necessità di difesa dell’ori-ginalità della ricetta. Il pestoalla genovese e le tagliatelle alragù bolognese, a cui era dedi-cata la precedente edizione,sono infatti fra le pietanze piùcontraffatte nella cucina che sispaccia per italiana nel mon-do. L’edizione 2011 della Gior-nata delle cucine italiane erastata lanciata in anteprima aNew York, in collaborazionecon l’Italian culinary academy,alla presenza di alcuni dei piùgrandi chef italiani, guidati daMassimiliano Alajmo (“Le Ca-landre”) che ha preparato lacena di gala in occasione dellapremiazione degli Italian cuisi-ne worldwide awards, conferi-ti a cuochi, giornalisti e opera-tori di settore che nel 2010 onel corso della loro carrierahanno dato un contributo allasalvaguardia e della diffusionealla cultura enogastronomicaitaliana.

FINANZIATI I PROGETTIDEI PRODUTTORITOSCANI

Nelle mense pubbliche dellaToscana vanno forte i cibi bio-logici, tipici, tradizionali e conil marchio “Agriqualità”. Ilbando, emesso durante l’esta-te dalla Regione per la promo-zione di questi cibi e per l’e-ducazione alimentare e l’ag-giornamento professionale,che quest’anno aveva una do-tazione di 700.000 euro, hafatto registrare il “tutto esauri-to” con la presentazione di 76domande che sono state ac-colte e di altre 32 che sonogiunte invece fuori termine. L’iniziativa ha avuto un dupli-ce obiettivo. Il primo è stato

quello di incrementare il con-sumo di cibi genuini, prodottisul territorio, e di far conosce-re e diffondere la qualità e latipicità, che in Toscana vanta-no livelli di eccellenza. Il se-condo, che è direttamente col-legato, è stato quello di dareun sostegno ai produttori lo-cali, la cosiddetta “filiera cor-ta”, e di dare un impulso al-l’innovazione. La Regione Toscana ha ap-prezzato la qualità e la quan-tità dei progetti presentati daidiversi comuni. Fra i 76 pro-getti finanziati, alcuni (16) so-no stati classificati come “pro-getti pilota”: ricevono il 90%dell’importo totale di spesa delprogetto. I rimanenti progettiricevono un contributo che vadal 20% al 60% dell’importo, aseconda della tipologia delprogetto stesso (“scuola in fat-toria”; “mensa toscana”; “ortiscolastici”).

NUOVE VARIETÀ DI VITERESISTENTI ALLE MALATTIE

Un recente studio della CornelUniversity (Usa), guidato daSean Myles, riportato dallaBbc, su nuove potenziali ma-lattie per la vite, oltre a eviden-ziare la minaccia costante diquelle conosciute, come l’oi-dio o la fillossera, e la neces-sità di ridurre i trattamenti chi-mici dettata da esigenze am-bientali, ha portato gli scien-ziati americani a ipotizzare losviluppo di nuove varietà diuva, da studiare grazie alle co-noscenze sul Dna della vite. Si parte dal fatto che tutte lepiù diffuse varietà di vite sonodella stessa famiglia, quelladella Vitis vinifera, addomesti-cata 5-6.000 anni fa tra l’Arme-nia e la Turchia, e, avendo su-bito incroci tra varietà in ma-niera molto limitata, sono piùesposte alle malattie. I ricerca-tori Usa, inoltre, hanno map-pato il genoma di più di 1.000campioni di vite, utili per stu-

diare varietà resistenti alle ma-lattie. C’è anche una propostadella Commissione Ue per eli-minare, nel 2013, l’utilizzo disostanze “non essenziali”. Perquesto gli scienziati cercano disviluppare nuove varietà diuva immuni alle infezioni, siacon l’ibridazione con specieresistenti, lunga e costosa, siacon la manipolazione dei geni. Conoscendo questi tratti, èpossibile trapiantare le pianti-ne, guardare il Dna appena siottiene il tessuto della primafoglia, e tenere quelle con iprofili genetici che interessanoallo scopo. Myles ha affermatoche in questo modo si rispar-miano tempo e denaro e che ènecessario un cambio di men-talità: “Deve avvenire. Nonpossiamo continuare a utiliz-zare le stesse cultivar per iprossimi mille anni” .

BOLOGNA GOLOSA

Quest’anno è stato il capoluo-go emiliano a essere sceltocome prima tappa italiana deltour mondiale della manife-stazione “Salon du chocolat”,appuntamento internazionalecon i migliori artigiani ciocco-latieri e pasticcieri. Nel corsodella manifestazione, sonostati riproposti, arricchendoli,tutti gli eventi che hanno con-tribuito alla sua fama nelmondo, realizzati in collabo-razione con l’associazione ita-liana di consumatori di cioc-colato, la Compagnia del cioc-colato che, per l’occasione, hapromosso il primo Chocolateforum. In questo contesto, dodici tra ipiù importanti cioccolatieri epasticcieri italiani e francesi sisono confrontati, attraverso se-minari, lezioni e degustazioniguidate, sul tema delle qualitàdel cioccolato, in riferimentoalle materie prime e alle diffe-renti lavorazioni.

a cura diSILVIA DE LORENZO

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I N L I B R E R I A

LA STORIA DI CIÒ CHE MANGIAMOdi Renzo Pellati

Daniela Pizza Editore - Torinowww.danielapiazzaeditore.com€ 28,00

Il volume è molto ricco sia nel-la veste grafica sia nei conte-nuti. L’autore, esperto in Scien-ze dell’alimentazione e Igiene,ripercorre con dovizia di parti-colari, passione e rigore scien-tifico la lunga storia che i di-versi alimenti che compongo-no la nostra dieta hanno per-corso prima di arrivare sullenostre tavole. Per cucinare be-ne e mantenere una buona sa-lute occorre avere una buonaconoscenza delle tecniche edei materiali, di cosa è statofatto in precedenza, soprattut-to oggi quando non c’è più loscambio di nozioni tra genera-zioni. È per questo che, nelvolume, a informazioni prezio-se circa le proprietà nutrientidei vari piatti, si affiancanoepisodi, fatti storici, documen-tazioni che raccontano di co-me nei secoli siano cambiatele abitudini alimentari dell’uo-mo. Per facilitare il lettore nel-la ricerca della notizia che gliinteressa, gli alimenti sonoraggruppati secondo l’ordinecon cui di solito compaiononei pasti quotidiani: le bevan-de, i primi, le carni, le verdure,i dessert, la frutta. Ne risultauna lettura snella e coinvol-gente che incuriosisce e accre-

sce il desiderio di conosceremeglio ciò che utilizziamoogni giorno per vivere nel mi-gliore dei modi.

L’ARTE DELLA CUCINABOLOGNESEdi Tito Trombacco

Atesa Editrice - Bolognawww.atesa.itFuori commercio

La cucina è un fatto culturale eper il buongustaio bologneseera un fatto naturale: da lui latavola è sempre stata conside-rata come convivio, ha sempresignificato, cioè, trasformare ilgusto nutrizionale del cibo inun fatto culturale di grande va-lore comunicativo. E proprionel significato sociale e cultu-rale del cibo, riferito a un terri-torio, possiamo trovare tuttoquello che riguarda la sua sto-ria. Nel libro di Tito Trombac-co la ricca e secolare civiltà diBologna comprende anche isuoi piatti più noti, massimaespressione della sua arte cuci-naria, prendendo in considera-zione, oltre alle ricette più co-nosciute, anche quelle chehanno preso corpo con l’av-vento dell’ottocentesca cucinaborghese, magari meno note odimenticate. Arricchite da cen-ni storici, ecco dunque le ricet-te bolognesi antiche e quelledepositate; i grandi piatti deiristoranti più famosi e quellipiù semplici delle campagne.

Un’operazione culturale cheacquista maggior valore inquanto alcune sono state scrit-te in dialetto e il dialetto, comescrive Sergio Savigni nella pre-sentazione del libro, “non èsolo una lingua, è la voce diuna terra”.

CORNETTO E CAPPUCCINOdi Gianni Moriani

Terra Ferma EdizioniCrocetta del Montello (TV)www.terra-ferma.it€ 8,00

Vi si traccia la storia della cola-zione all’italiana, visto che dauna citata indagine svolta daAstra/Demoskopea, realizzataalcuni anni fa, quasi sei milionidi italiani bevono il cappucci-no e otto milioni consumanoun cornetto quando fanno co-lazione al bar (quasi undici mi-lioni due volte a settimana). Siparte dalla storia del caffè dicui nel XVII secolo Venezia eradivenuta capitale europea perle importazioni dall’Oriente, esi arriva alla nascita del cap-puccino, quando padre MarcoD’Aviano, a Vienna alla finedel Seicento, corresse il gustotroppo forte del caffè con dellatte. Nello stesso periodo,sempre da Vienna, arriva ilcornetto. Un pasticciere locale,infatti, per festeggiare la vitto-ria sui turchi, creò un dolce aforma di mezzaluna.

ARTE & GASTRONOMIAdi Mario Marubbi e CarlaBertinelli SpottieQUADRI & COLORIdi Ambrogio Saronni

Cremona Fiere - Cremonawww.cremonafiere.it€ 15,00

Volume unico per due operecomplementari. La prima rac-coglie un bel saggio di MarioMarubbi che analizza il concet-to filosofico del rapporto tra lapittura e il cibo, e affronta ilproblema di che cosa effettiva-mente rappresenti un quadrodi natura morta, esaminandose esso si esaurisca effettiva-mente solo nella rappresenta-zione oggettiva di ciò che vi èraffigurato. Carla BertinelliSpotti, con originalità ed effica-cia, affianca a venti naturemorte di pittori cremonesi ooperanti nel Cremonese, sceltetra quelle possedute dal Museocivico Ala Ponzone o da priva-ti, testi di gastronomia (ricetteo brani letterari) contempora-nei alle opere o affini per con-tenuto. Le nature morte sonopresentate in sequenza così daricreare un ipotetico menu eper ogni cibo rappresentatoCarla Bertinelli Spotti tracciaanche una breve interessantestoria. Arte, letteratura e gastro-nomia si uniscono così in unapiacevole conoscenza del pas-sato con l’invito a riflettere sulpresente. Nel verso del volu-

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I N L I B R E R I A

me, Ambrogio Saronni prendespunto dai dipinti degli artisticremonesi per elaborare ricetteche valorizzano sia la qualitàdelle gustose pietanze sia l’e-stetica. Il volume fa parte dellaCollana “Il Bontà”, una manife-stazione enogastromica chevuole dare risalto alle produ-zioni tipiche nazionali, in occa-sione della quale ogni annoviene pubblicata un’opera chepone l’accento sui prodotti del-la tradizione, trovando ognivolta spunti diversi.

DESINARI E CENEdi Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa

Edizioni Polistampa Via Livorno, 8/32, Firenze€ 32,00

Scritti negli anni 1964-65 i duevolumi “Desinari e Cene” e“Pranzi e Convivi” (recensionequi di seguito) rappresentavanodue classici della storia della cu-cina toscana ormai introvabili. Èper questo motivo che questa ri-stampa anastatica costituisceevento di grande valore: l’opera,infatti, nel 1967 vinse a Parigi ilGran Prix de la Littérature Ga-stronomique. In questo primolibro l’Autrice affronta un viag-gio dalla preistoria fino al Quat-trocento, passando per le civiltàgreca e latina e, quindi, per ilMedioevo e il Rinascimento.Può sembrare un percorso mol-to lungo, e in effetti lo è, tuttavia

l’impostazione del lavoro, di fa-cile e gradevole lettura, è unmodo per anticipare un percor-so che la storiografia sull’ali-mentazione, all’epoca ancorasoltanto ai primi passi, avrebbesuccessivamente arricchito.Inoltre, l’approccio dell’autrice èquello di via via definire e deli-mitare sempre più l’indaginestorica alla specifica civiltà to-scana. In ognuna delle tre partiin cui è diviso il volume, l’excur-sus storico (Dalla preistoria al-l’XI secolo - La cucina toscana -Il Quattrocento) è completatoda un’ampia raccolta di ricettedell’epoca.

PRANZI E CONVITIdi Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa

Edizioni Polistampa Via Livorno, 8/32, Firenze€ 37,00

II secondo volume, che ha co-me sottotitolo “La cucina tosca-na dal XVI secolo ai giorni no-stri”, parte dagli ultimi anni delQuattrocento per delineare inmaniera ricca e divertente le vi-cende storiche e l’incrociarsicontinuo della politica, dell’ar-te, della cultura e della vita coni banchetti e i conviti dell’epocamedicea. Come scrive l’Autricealla fine della parte storica delvolume, seguendo i dettami diNicolò Tommaseo, “In questoviaggio attraverso la cucina fio-rentina di tutti i tempi, siamo

entrati nella storia della città diFirenze dalla porta storicamen-te più antica, quella della cuci-na”. Una cucina, che va al di làdelle appartenenze di classe, icui caratteri originali sono rap-presentati dalla semplicità edalla genuinità delle materieprime. Una cucina raccontataattraverso la storia viva dellacittà dove il cibo è sempre pro-tagonista come fatto sociale,economico ma soprattutto cul-turale. Come nel primo volu-me, ogni sezione (Dal Savona-rola al primo duca di Firenze -Il fasto dei granduchi medicei -Dagli ultimi Medici ai tempimoderni) è arricchita dalle im-magini delle opere a tema ga-stronomico dei principali pittoridell’epoca e da una vasto re-pertorio di ricette storiche.

LA CUCINADELLA FILIBUSTAdi Melani Le Bris

Elèuthera - Milanowww.eleuthera.it€ 20,00

L’Autrice, insieme al padre Mi-chel, noto storico francese del-la pirateria, ricostruisce, attra-verso una gustosa narrazione,la storia culinaria della filibustacaraibica, riprendendo anchele vicende e le ricette contenu-te nel “Viaggio alle Antille” delreligioso Jean Baptiste-Labat.Un centinaio di ricette si alter-nano così ad aneddoti e vicen-

de delle popolazioni da cuiorigina la cucina meticcia dellaquale oggi si consumano mol-te preparazioni. Dalle salse alpeperoncino alle frittelle dimerluzzo; dall’uso delle speziealle grigliate e alle fricassee;dai crostacei ai vini; dal rum alpunch e ai famosi cocktail.

OSPITI ALLA CORTEDI SISSIdi Silvano Faggioni

Reverdito Editore Via G. Catoni 49, Trento € 19,00

Partendo dalla narrazione dellevicende della vita dell’imperatri-ce d’Austria, nota col nome diSissi, l’Autore si sofferma sullacucina della corte di Vienna edel momento in cui la culturagastronomica nella capitale del-l’Impero fece un salto di qualità.Sia Francesco Giuseppe sia suamoglie Elisabeth erano moltoparchi nel mangiare, tuttavia, intavola, anche nei giorni normali(per non parlare delle feste edelle occasioni particolari) arri-vava ogni ben di Dio, anche sequest’abbondanza nasceva piut-tosto da esigenze d’etichetta.Nel libro sono riportate molte ri-cette originali dei piatti serviti inoccasione di banchetti, presen-tate in termini di fattibilità. Qual-cuna è stata riproposta invecenella traduzione letterale, perdare l’idea della complessità edel lavoro che richiedeva.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

BIELLA3 dicembre 2010

Ristorante “Caffetteria delChiostro” di Franco Ramella.●Via Quintino Sella 59,Biella; =015 2523112; co-perti 60. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferieagosto; giorno di chiusuralunedì. ●Prezzo € 50,00;tradizionale, familiare, ac-cogliente.

Le vivande servite: piccolaentratina di benvenuto confreschi calici di spumantebrut; verticale di fassone, car-ciofi e “moulleaux” di parmi-giano reggiano; crema dizucca con sfoglia di baccalàmantecato e fritto; “suprême”di galletto ripiena di casta-gne, verza e salsiccia cotta alforno guarnita con riduzioneal Porto; tortino antico di me-le e pere con crema ghiaccia-ta di Armagnac e marroni;caffè e pasticceria mignon.

I vini in tavola: Matì rosé(azienda agricola Roeno,Belluno Veronese); Erbaluce“La Rustia” 2009 (aziendaagricola Ortolani, San Gior-gio Canavese); Dolcetto diDogliani “Papà Celso” 2007(azienda agricola MarzianoAbbona, Dogliani - Cuneo);Muscat De Rivesaltes 2007(azienda agricola Dom Brial,Les Vignerons de Baixas -Francia).

Commenti: La cena degliauguri con una plebiscitariapartecipazione si è svolta davecchi amici nella “Caffette-ria del Chiostro” di San Seba-stiano nel cuore di Biella. Lafamiglia Ramella si è adope-rata con successo nell’allesti-mento della sala e nell’ese-cuzione del menu proposto.Tutti i piatti sono stati ottimi,ma soprattutto grande entu-siasmo hanno incontrato ilverticale di fassone per laqualità della carne e la cre-ma di zucca per la sua legge-rezza, un velluto. Appropria-ti la scelta e l’abbinamentodei vini. Il Delegato ha com-

mosso gli Accademici con lasua tradizionale chiacchiera-ta natalizia.

TORINO24 novembre 2010

Ristorante “Dadò”. ●ViaSant’Antonio da Padova 3,Torino; =011 19507972; co-perti 50. ●Parcheggio incusto-dito; prenotazione consiglia-bile; giorno di chiusura dome-nica e lunedì. ●Valutazione7,40; prezzo € 45,00; acco-gliente, elegante, caratteristico.

Le vivande servite: millefo-glie di salmone affumicatomaison con pane nero e pan-na acida; tartare di lampugasu letto di insalatina; orzo efarro arrostiti con pesto legge-ro; ravioli di patate di monta-gna all’olio di noci con spina-cetti e nocciole tostate; filettodi persico in crosta di pane al-le erbe con cavoli di stagione;meringa con crema di cachi.

I vini in tavola: Timorassodei Colli Tortonesi Luigi Bo-veri Montale Celli selezioneanno 2007.

Commenti: Tutti i piattihanno riscosso unanime ap-prezzamento, in particolaregli originali ravioli di patate el’innovativo dessert di merin-ga con crema di cachi. Nelcorso della riunione convi-viale è stato servito un unicovino: il Timorasso. Il Simpo-siarca Enrico Guazzotti ha il-lustrato il territorio dei ColliTortonesi dal quale provienequesto bianco dalle caratteri-stiche uniche e il produttoreLuigi Boveri ha sottolineatol’importante opera svolta daivignaioli locali per riportarein auge la coltivazione diquesto vitigno autoctono cheera in via di estinzione. Lagentilezza e l’ospitalità dellapadrona di casa sono stateencomiabili e la consegnadel gagliardetto ha significa-to il riconoscimento alla sua

professionalità. La serata si èsvolta in un’atmosfera ami-chevole e di soddisfazionedei commensali.

ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE

23 novembre 2010

Ristorante “Doc” di Paolo Al-berelli e Cinzia Mattioli, fon-dato nel 1982. ●Via VittorioVeneto 1, Borgio Verezzi (Sa-vona); =0182 611477, an-che fax; coperti 30. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie variabili; giornodi chiusura lunedì e mar-

tedì. ●Valutazione 8,50;prezzo € 60,00; raffinato,accogliente, caratteristico,con cucina innovativa.

Le vivande servite: quiche dipesci di scoglio su passatina dizucca e machetto di acciughesalate; triglie di scoglio in pandi erbe con purè all’anice stel-lato e caviale balik; lasagne dimare con gamberi rosa nostra-ni al forno con basilico; risot-to carnaroli leggermente pic-cante ai profumi dell’orto,mantecato con crema di po-modori essiccati; pavè di ora-ta nostrana alla ligure e po-lentina croccante con pomo-doro cuore di bue, olive e pi-noli; piccola biscotteria; fanta-sia di dolci al cucchiaio.

I vini in tavola: Ribolla gial-la extra brut metodo classico(Puiatti, Isonzo del Friuli); Pi-not grigio Valdadige Doc2009 (azienda agrituristicaBossi Fedrigotti, Rovereto);Dindarello 2007 (Maculan,Breganze).

Commenti: Le aspettativedegli Accademici per questariunione conviviale, in unodei locali più importanti dellaLiguria, sono state pienamen-te soddisfatte. Il livello del-l’accoglienza da parte di Cin-zia Mattioli, valente somme-lier Ais, e piatti proposti dalmarito e cuoco Paolo Alberel-li sono stati davvero molto al-ti. Silvio Torre lo ha definitoun innovatore che non ha di-menticato la tradizione. Tuttele portate hanno ottenutogiudizi molto positivi e lunghiapplausi hanno salutato e rin-graziato il cuoco, Cinzia Mat-tioli ottima direttrice di sala ele due gentilissime cameriereche con garbo ed eleganzahanno svolto il loro compitocon alta professionalità.

ALBENGAE PONENTE LIGURE

10 dicembre 2010

Ristorante “Hermitage” dellafamiglia Barbera, fondatonel 1980. ●Via Roma 152,Villanova d’Albenga (Savo-na); =0182 582976, fax0182 582975; coperti50+100. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione necessaria; ferie gen-naio; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8; prez-zo € 45,00; elegante, tradi-zionale, accogliente.

LIGURIA

PIEMONTE

INDICE

Piemonte, Liguria pagina 41

Lombardia 42

Trentino-Alto Adige, Veneto 43

Emilia Romagna 44

Toscana 45

Marche 46

Umbria, Lazio, Campania, Puglia 47

Sicilia, Sardegna, Europa 48

Nel mondo 49

CENA ECUMENICA 51

CARNET DEGLI ACCADEMICI 54

DALLE DELEGAZIONI 55

CENA ECUMENICA 65

Ai Delegati: imprescindibili ragioni editoriali rendono necessariomantenere i “Commenti” delle riunioni conviviali in uno spazio li-mitato. La direzione della rivista ha provveduto a tagliare i “Com-menti” che superano il limite, indicato (peraltro da sempre) sulleschede prestampate, di dieci righe dattiloscritte. La decisione è statapresa nella convinzione che le ragioni di fondo che l’hanno determi-nata verranno comprese e applicate.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

LIGURIA segue

Le vivande servite: aperiti-vo con farinata, panissa, tortaverde e acciughe fritte; insa-lata russa con le verdure del-la piana di Albenga e gambe-ri al vapore; frittura di novel-lini e carciofi di Albenga;“prete” con salsa ai peperoni;raviolini con ripieno di borra-gine in brodo di cappone;troffie di Recco con scampi ecarciofi; cosciotto di tacchinoripieno con patate al forno emostarda tradizionale; arancecaramellate con gelato allavaniglia; panettone.

I vini in tavola: Friuli GravePinot bianco Doc 2009, FriuliGrave Merlot Doc 2009 (tuttie due dell’azienda Forchir,Bicinicco, Udine); Moscatod’Asti Doc 2009 (Traversa,Neive, Cuneo).

Commenti: La riunione con-viviale degli auguri si è svoltain un locale storico dell’Al-benganese, condotto conmano sapiente da Nino Bar-bera e dai suoi figli, che co-niuga con intelligenza ricettetradizionali dell’entroterracon il pesce della costa e leverdure della piana. È stata laserata dell’olio nuovo di pro-duzione locale, dal bel colo-re verde intenso, di buon au-gurio, portato in tavola confette di pane alle olive. Lasuccessione dei piatti è stataaccolta con entusiasmo, nelritrovare i sapori della tradi-zione, come è consuetudinea Natale. Molto apprezzati il“prete”, i raviolini in brodo eil tacchino. Buoni i vini friu-lani e il Moscato d’Asti, con ilquale il Delegato Silvio Torreha brindato all’anno nuovo eall’ingresso nella Delegazio-ne come Accademico onora-rio di Pier Franco Quaglieni,la cui figura di storico, scrit-tore e gastronomo è stata il-lustrata dal Vice-Delegato eSimposiarca Roberto Pirino.

GENOVA EST29 novembre 2010

Ristorante “La Piedigrotta daCarmine e Antonio” di Car-mine e Antonio Vaccaro,fondato nel 1977. ●Via A.Gianelli 29 E/r, Genova;=010 3200561, fax 0103200601; coperti 90. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferieuna settimana a Ferragostoe una settimana a febbraio;giorno di chiusura merco-

ledì. ●Valutazione 8,50;prezzo € 50,00; accogliente.

Le vivande servite: insalatadi gamberi con carciofi; cata-lana di crostacei; risotto dimare; paccheri con ragù digallinella; pescato del giornoal sale; frittura mista; carrellodei dolci della casa; caffè.

I vini in tavola: Prosecco(Foss Marai); Ribolla gialla(tenuta Roncalto di Livon).

Commenti: La Delegazionesi era ripromessa di effettuareun’altra visita ai fratelli Car-mine e Antonio Vaccaro do-po il grande successo riscos-so dalla prima cena di dueanni fa. L’esito molto positivoanche del secondo convivioha confermato la decisa ricer-ca del miglior pescato digiornata che la cucina napo-letana e genovese di questoottimo locale offre all’affezio-nata clientela. Unanimemen-te è stata riconosciuta la vali-dità dei piatti proposti, percui tutto il menu può essereconsigliato senza dubbio al-cuno sulla sua bontà. Arduoinfatti è stabilire quale piattosia stato più gustoso degli al-tri; a emblema della genui-nità e della freschezza si puòmenzionare il secondo diorate di grossa taglia cucinateal forno in crosta di sale.

LA SPEZIA26 novembre 2010

Ristorante “Vallecchia”. ●ViaVallecchia, loc. Vallecchia,Castelnuovo di Magra (LaSpezia); =0187 674104; co-perti 100. ●Parcheggio lun-go la strada; ferie mai; gior-no di chiusura mercoledì.●Valutazione 8,30; prezzo €30,00; rustico.

Le vivande servite: bru-schetta all’olio e al pomodo-ro; sott’oli dell’orto; testarolicastelnovesi all’olio e formag-gio; tagliatelle alla contadina;baccalà bollito con patate ecipolle, insalata di ceci; tortadi riso dolce; caffè e digestivi.

I vini in tavola: VermentinoColli di Luni, rosso Auxo (tut-ti e due dell’azienda Ca’ Lu-nae di Paolo Bosoni).

Commenti: In occasionedella riunione conviviale tut-te le pietanze hanno avutoun eccezionale successo, dai

testaroli tipici di Castelnuovo(sorta di crêpe povere) cottinei testi di terracotta e conditisolo con olio e formaggio, al-la pasta alla contadina (sortadi tagliatelle di sola acqua efarina fatte a mano e conditecon cavolo nero e patate), al-l’eccezionale baccalà lessato,accompagnato da cipolle epatate dell’orto: sapori di unavolta che abbiamo avuto lagioia di riassaporare.

RIVIERA DEI FIORI3 dicembre 2010

Ristorante “San Giorgio” diCaterina Lanteri Cravet, fon-dato nel 1961. ●Via A. Volta19, Cervo (Imperia); =0183400175, anche fax; coperti40. ●Parcheggio sufficiente,scomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie novembre egennaio; giorno di chiusuramartedì. ●Valutazione 8,50;prezzo € 65,00; elegante,caratteristico.

Le vivande servite: mare,monti e salsa cappon magro;sformato di carciofi con fi-langé di seppia grigliata e sal-sa scalogno; capasanta man-dorlata con vellutata di zuccasoffice di gorgonzola e ama-retto; gnocchetti con gambe-retti all’acqua pazza, reggianoe appena peperoncino; sca-loppa di pesce in pan brio-che; julienne di verza cruda esalsa bagnafredda; sorbettino;soffice di tiramisu.

I vini in tavola: Angoris Pi-not brut Modolet; MaurigiBacca bianca 2009 da uveautoctone siciliane; Moscatod’Asti (Vignaioli di Santo Ste-fano Belbo).

Commenti: Piacevole ritor-no in un ambiente accoglien-te, dove Caterina si apprestaa celebrare i cinquant’anni diininterrotta attività con la ver-ve e la simpatia di sempre,che riesce a trasmettere neisuoi piatti, grazie anche allacomplicità in cucina del figlioAlessandro, appositamente“stuzzicato” dal SimposiarcaEnrico Ascheri. Armonia edelicatezza dei piatti, tutticonfezionati con prodotti dialta qualità e proposti conequilibrio, senza rinunciarealla sperimentazione. Degnedi nota le interpretazioni ba-sate sul pesce e sulle verdu-re, di provenienza stretta-mente locale: dal mantecato

alla delizia della capasanta edegli gnocchetti. Piccola pau-sa soltanto nella scaloppa, inqualche caso leggermente incredito con la cottura. Unavisita a un tempio della risto-razione, uno dei pochi dovela ricerca della perfezione ècostante e sempre premiata.

ALTO MILANESE18 novembre 2010

Ristorante “Corte Lombarda”di Michele Martinetti, FulvioRaffanini e Fabrizio Nebulo-ni, fondato nel 1983. ●Piaz-za Matteotti 9, frazione Can-talupo, Cerro Maggiore (Mi-lano); =0331 533575; co-perti 80. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie ago-sto; giorno di chiusura dome-nica sera e lunedì. ●Valuta-zione 8,20; prezzo € 40,00;elegante, caratteristico.

Le vivande servite: rotolo dipollastrelle e quaglie concuore di formaggella brianzo-la alla grappa di vespolina efoglie di vite croccante; risot-to con pere Martina, scampi,grappa, barrique e appassitodi capra; coscia di coniglio inporchetta alla salsa di grappaalla salvia; semifreddo allagrappa di Moscato in salsa va-niglia con accompagnamentodi caco-mela; grappa bianca(cru di Gattinara), aromatica(Brachetto), invecchiata (ri-serva Francoli 7 anni).

I vini in tavola: rosso Ca-detto Igt dell’Umbria (cantineLungarotti - Torgiano).

Commenti: Un relatored’eccezione, uno chef fanta-sioso e attento, un ambientecoinvolgente, un patron di-sponibile e un menu intri-gante. Nella serata dedicataalla grappa sono stati centratitutti questi obiettivi. Alessan-dro Francoli, storico dell’eno-logia e distillazione pressol’Università di Pavia, in vestedi Simposiarca, ha incantatocon un brillante excursus sul-l’arte della distillazione e ci

ha guidato nella degustazio-ne di tre varietà di grappa(bianca, aromatica e invec-chiata). Durante la cena èstato inoltre presentato unprodotto che la distilleriaFrancoli sta sperimentando:un olio di vinaccioli ottenutocon spremitura a freddo disemi di uva monovitigno; icommenti sono stati contro-versi ma tutti ne hanno inco-raggiato il perfezionamento.A conclusione della cena ilDelegato ha espresso ap-prezzamento e ringraziamen-ti sia all’ospite che allo staffdi cucina per la realizzazionedi piatti non usuali, eseguiticon cura, equilibrio, ma so-prattutto passione.

CREMONA9 dicembre 2010

Ristorante “La Lucciola” del-la famiglia Nicolini, fondatonel 1994. ●Via al Porto 16,Cremona; =0372 412952;coperti 90. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; ferietre settimane in agosto e 10giorni a fine anno; giornodi chiusura mercoledì sera egiovedì. ●Valutazione 7,80;prezzo € 50,00; rustico, ac-cogliente.

Le vivande servite: insalatadi astice con spinaci; carpac-cio di centrofolo con filetti diarancia; ravioli di branzino;scaloppa di ricciola ai carcio-fi; bavarese ai marroni; caffè,clementine e baci di dama.

I vini in tavola: Fiocco dirose Pinot grigio e Soave Pie-ropan Malvasia dolce, Orodelle Vigne, ambedue dell’a-zienda agricola Lusenti (Pc).

Commenti: La riunione con-viviale degli auguri ha pre-sentato momenti diversi, tuttipartecipati. Gli Accademici,presenti in gran numero confamiliari e amici, hanno mol-to apprezzato il menu di pe-sce (insolito per i cremonesi)proposto da Roberto Nicolini,giudicando ottime le materieprime, buona la presentazio-ne dei piatti, attento e solleci-to il servizio. Il locale, postoin riva al Po, è un sicuro pun-to di riferimento della ristora-zione cremonese, attento allastagionalità nei piatti sia diterra che di mare. Dopo il sa-luto del Delegato, don An-drea Foglia, con la sensibilità

LOMBARDIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

e l’umanità che lo contraddi-stinguono, ha invitato a riflet-tere sul significato del Nataleperché sia vissuto come unmomento di accoglienza, dicondivisione e di solidarietà.Infine, il momento dell’alle-gria, con la tombola che havisto tutti uniti in una raccoltadi denaro, versato a “Le cuci-ne benefiche” che ogni gior-no distribuiscono pasti caldiai poveri della città.

MONZA E BRIANZA19 novembre 2010

Ristorante “La Rimessa” diSergio Mauri. ●Via CardinalFerrari 13/B, Mariano Co-mense (Como); =031749668; coperti 50. ●Par-cheggio incustodito, sufficien-te; prenotazione consigliabi-le; ferie agosto e 10 giorni agennaio; giorno di chiusuradomenica sera e lunedì. ●Va-lutazione 7,20; prezzo €

35,00; elegante, tradizionale.

Le vivande servite: vanigliacon lenticchie; “cassoeula”con polenta di farina macina-ta a pietra; formaggio con lepere.

I vini in tavola: BonardaOltrepò Pavese 2009 (azien-da agricola Rossi); Bianco deiColli Mantovani.

Commenti: Appuntamentodedicato alla cucina tradizio-nale del territorio con la pro-posta di un piatto forte comela “cassoeula”, interpretata inmodo da soddisfare il gustomoderno, con un preventivosgrassamento delle costine dimaiale. Unanime apprezza-mento per il cibo e grandesuccesso per la disponibilitàdello chef a rispondere allequestioni poste. Come chiccafinale è stato proposto unamaro del Ghisallo, sottoli-neandone la storia: uscita diproduzione da oltre 30 anni,la ricetta, donata dalla vedovadel titolare al Comune diCanzo, è rimasta in giacenzafino a poco più di un anno fa,quando è stata acquisita dalsig. Gandola che ne ha inizia-to di nuovo la produzione:una mistella di erbe rigorosa-mente locali con distillazioneeffettuata in provincia di Ber-gamo ai margini del territoriodi raccolta. Unanimi il gradi-mento e la soddisfazione peril recupero di una tradizioneche sembrava perduta.

VARESE17 novembre 2010

Ristorante “La Cantina delBorgo - Osteria degli Artisti”di Dario Mazzola, fondatonel 1998. ●Via Roma 40,Castiglione Olona (Varese);=0331 859021, fax 0332238006; coperti 50. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferieagosto; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 7,50;prezzo € 30,00; elegante.

Le vivande servite: crostonidi pane casereccio con pro-sciutto crudo di Langhirano;polenta gialla sotto all’uovo in“cereghin” con grattata di tar-tufo; polenta gialla con ganas-sino cotto tra due “bionde” (labirra Poretti e la cipolla); po-lenta bianca con funghi porci-ni; polenta taragna pasticciata(con casera e formaggella delLuinese); torta di pane.

I vini in tavola: ProseccoBarboza Luigino Benotto Val-dobbiadene; Valpolicella Ri-passo cantina Vaona; Vinopassito Recioto Valpolicella.

Commenti: Il tema scelto èstato il grande piatto lombar-do della polenta, quella ma-cinata alla vecchia maniera inuno dei pochi mulini ad ac-qua che ancora lo fanno conmacine di pietra. Appartieneda tre generazioni alla fami-glia Bernasconi di Malnate,intervenuta, con il suo ultimorampollo, alla riunione con-viviale a illustrare le caratteri-stiche qualitative della sua

polenta che necessita almenodi un’ora e mezza di cottura.Dopo l’aperitivo è stata servi-ta la polenta gialla sotto a unuovo al “cereghin” (alla chie-richetto), cucinati uno a unocon burro ben tostato e contartufo grattato sopra, piattovoluto, senza riserve, da En-rico Colombo; la polentagialla ha poi accompagnatoun ottimo ganassino. Una ce-na del territorio, della tradi-zione e di ottimo risultato, vi-ste le votazioni. Il Simposiar-ca Giuseppe Boscarino haproposto il ristorante e segui-to passo per passo l’organiz-zazione della la serata.

BOLZANO18 novembre 2010

Ristorante “Signaterhof” diErica e Gunther Lobiser, fon-dato nel 1992. ●Signato 166,Renon (Bolzano); =0471365353, anche fax; coperti60. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 10 gen-naio-14 febbraio e 15 giu-gno-4 luglio; giorno di chiu-sura domenica sera e lu-nedì. ●Valutazione 7,50;prezzo € 23,00; accogliente,caratteristico.

Le vivande servite: brodo dimanzo con crostini di milzaed erba cipollina; bis con“Schlutzer” fatti in casa e ra-violi di patate con formaggiodi pecora con burro e salvia;“Schlachtplatte” (stinco, pun-tine, carne salmistrata, salsic-ce, sanguinaccio, crauti, ca-nederli e patate arrostite);“Klotzenkrapfen” (crostoli ri-pieni con pere secche e mar-mellata di prugne); castagnearrosto.

I vini in tavola: KernerWeingut Niklas J. Sölva 2009;Pinot nero Hofstätter riservaMazon 2007.

Commenti: Classico localedella tradizione con bella stu-be ottocentesca per il “Törg-gelen” autunnale, un’anticatradizione annuale dell’AltoAdige per festeggiare la ven-demmia. Il nome deriva dallatino “torculum” che signifi-ca torchio e si riferisce allapressatura dell’uva nelle can-tine. Il menu, decisamentesostanzioso, è quello tipico,preparato con molta cura ebella presentazione. Saporitoil brodo di manzo con i cro-stini fritti e spalmati di milza,buoni gli “Schlutzer” (raviolidi pasta ripieni di spinaci) e iravioli fatti con la pasta di pa-tate, ripieni di formaggio dipecora (uno dei piatti fortidello chef). Vale una visital’assaggio del secondo tuttodi maiale “Schlachtplatte”(piatto della macellazione):le carni arrostite (stinco epuntine) o lessate (salsicce,sanguinaccio e carré di maia-

le affumicato) sono servitecon canederli allo speck,crauti, patate arrostite con ci-polle, rafano e senape; ottimii “Klotzenkrapfen”, crostoliripieni con pere secche emarmellata di prugne, per fi-nire, come in ogni “Törgge-len”, con le caldarroste. Giu-stamente il locale è stato in-serito ne “Le buone tavoledella tradizione”.

ALTO VICENTINO9 dicembre 2010

Ristorante “Locanda Perinel-la” dei fratelli Perin, fondatonel 1993. ●Via Bregonza 19,Brogliano (Vicenza); =0445947688; coperti 120. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie dal 26 dicem-bre al 6 gennaio e dal 2 al24 agosto; giorno di chiusu-ra domenica sera e lunedì.●Valutazione 7,75; prezzo €50,00; elegante, familiare,accogliente.

Le vivande servite: frittellecon erba maresina; fegatinidi pollo bardati con pancetta;carpaccio di trota del Chiam-po leggermente fumé conzucca in “saor” e funghipioppini; lasagne con grousee broccolo fiolaro di Creazzo;controfiletto di cervo con ra-dicchio di Treviso e purea disedano rapa; panettone dellatradizione con crema mascar-pone, mostarda vicentina emandorlato veneto.

I vini in tavola: Bellaguar-dia extra brut (azienda agri-cola Bellaguardia); Montefiorentine Soave classico Doc2009 (azienda agricola Ca’Rugate); Cabernet SauvignonDoc 2008 (azienda agricolatenuta La Bertolà); Terra deirovi rosso del Veneto Igt2000 (azienda agricola Luigi-no Dal Maso); Moscato Fiorid’arancio spumante Doc2009 (azienda agricola Ca’Bianca di Turetta Stefano).

Commenti: Gli Accademicisi sono ritrovati, per festeg-

VENETO

TRENTINO - ALTO ADIGE

L’Accademia ha fatto realizza-re un nuovo piatto in silverplate, in formato più grande edelegante, che reca inciso, sulfondo, il tempietto accademico,il tutto circondato da una co-rona di stelle traforate che in-tendono rappresentare l’uni-

versalità della nostra Accademia. Questo oggetto simbolicoè consigliato come omaggio da consegnare ai ristoratorivisitati che si siano dimostrati particolarmente meritevoli.Per ogni ulteriore notizia in merito e per le eventuali richie-ste i Delegati possono rivolgersi alla Segreteria di Milano([email protected]).

IL NUOVO PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

giare la chiusura dell’anno,nella “Locanda Perinella”ove è stata fondata la Dele-gazione. La serata, Simpo-siarca la Consulta, si è apertacon una specialità della val-lata dell’Agno: le frittelle conl’erba maresina e i fegatini dipollo bardati con pancettaabbinati a un buon spuman-te locale. Come antipasto, uncarpaccio di trota del Chiam-po leggermente fumé con“saor” di zucca e funghipioppini dal gusto allo stessotempo delicato e deciso. Aseguire, ottime lasagne conragù di grouse e broccolofiolaro di Creazzo. Dopo ilcontrofiletto di cervo con ra-dicchio di Treviso e purea disedano rapa, si è conclusocon un panettone artigianaledi pregevole fattura. Il Dele-gato ha aperto la serata conl’illustrazione del menu el’ha chiusa donando allochef e titolare del locale lavetrofania e il guidoncinodell’Accademia.

VERONA18 novembre 2010

Ristorante “Leso” di Ivo Leso,fondato nel 1815. ●PiazzaXIII Comuni, Val di Porro,Boscochiesanuova (Verona);=045 7050093; coperti 90.●Parcheggio comodo; preno-tazione consigiabile; ferie agiugno; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 7,80;prezzo € 45,00; tradizionale.

Le vivande servite: sfoglia-tina con formaggio monte emarmellata di mirtilli; polen-tina al capriolo; maltagliati digrano saraceno al fagiano; ri-sotto al profumo di boscocon porcini e tartufo; pernicerossa con polenta; tordo bot-taccio con uva e ginepro; tor-ta di mele alla cannella, fioc-co di neve al caramello.

I vini in tavola: Novello eAmarone (cantine Tommasi);Recioto Soave Araldo 2006(Spumante cantina di Mon-teforte).

Commenti: Il menu, predi-sposto dal cuoco proprieta-rio, ha deliziato gli Accade-mici con sapori di collaudatamemoria cucinaria, ma haanche dilettato con innova-zioni veramente piacevoli, inparticolare, oltre gli apprez-zati maltagliati di grano, lochef ha fatto anche assaggia-

re dei tortelli con ripieno dicastagne conditi con cremadi Recioto: stupendi. Ottimoil tordo bottaccio. Infine, untocco di poesia della Lessi-nia, il fiocco di neve al cara-mello (morbido budino di ri-cotta). La cena è stata accom-pagnata con vini eccezionaliofferti dall’Accademico Tom-masi: un Novello “spiegato”dal suo produttore, un Ama-rone sempre di sua produ-zione, degno vino di piatti dicacciagione. La dettagliata einteressante descrizione èstata molto apprezzata dagliAccademici. Alla fine com-menti e giudizi per lo più en-tusiasti e la consegna del ga-gliardetto.

BORGO VAL DI TARO27 novembre 2010

Ristorante “Re di Spade” diMarco Belmonti, fondato nel2004. ●Via Veneto 85, Rub-biano di Solignano (Par-ma); =0525 401224, anchefax; coperti 60. ●Parcheggioincustodito; prenotazioneconsigliabile; ferie gennaio;giorno di chiusura mercoledì.●Valutazione 7,30; prezzo €50,00; tradizionale.

Le vivande servite: pro-sciutto crudo di Parma, pan-cetta di produzione del risto-rante, torte d’erba e patate; ri-sotto al tartufo nero; tagliolinial tartufo bianco; tagliata conriccioli di tartufo; tiramisu.

I vini in tavola: Prosecco,Chianti.

Commenti: Il menu presen-tato dallo chef Marco in ono-re del tartufo è stato gustatocon compiacimento dagli Ac-cademici e ospiti. Piatto dellagiornata il tartufo della ValCeno, piacevole al gusto nel-la combinazione delle porta-te sapientemente cucinate.Particolarmente apprezzati itagliolini al tartufo bianco.Ottima la tagliata. Una riunio-ne conviviale che ha piena-mente soddisfatto. Buono ilvino che ben si è coniugato

con le vivande. Soddisfacen-te il servizio. Simposiarcadella giornata Pierluigi Fede-le che, con dovizia di argo-menti, ha piacevolmente in-trattenuto i commensali sultema “Il tartufo della Val Ce-no”. Corretto il rapporto qua-lità/prezzo.

CENTOCITTÀ DEL GUERCINO

5 dicembre 2010

Ristorante “Dolce e Salato”di Dolce e Salato Sas di Mon-tori Claudia e C., fondatonel 1986. ●Piazza L. Calori16/18, San Pietro in Casale(Bologna); =051 811111,fax 051 818818; coperti 70.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie mai. ●Va-lutazione 6,95; prezzo €

55,00; elegante, familiare,accogliente.

Le vivande servite: selezio-ne di salumi di Felino, Lan-ghirano e Parma; torta salatadi riso con crema di senape emandorle tostate; tortellini inbrodo di cappone; Carnarolidel Pavese alla parmigiana efunghi bruschettati; guancia-lino di vitello ristretto al San-giovese; piccola tagliata allapiastra; erbe di campo stra-scinate e patate al forno; cro-stata di frutta, salsa vanigliatae zuppa inglese.

I vini in tavola: PignolettoColli Imolesi; LambruscoGrasparossa Castelvetro Doc(Chiarli); Lagrein Alto AdigeDoc (Viticoltori Appiano); Pi-not nero Alto Adige Doc(Hofstatter); Albana di Roma-gna passito Domus Aurea(Ferrucci).

Commenti: Per la riunioneconviviale degli auguri è sta-to scelto questo locale diconsolidata tradizione, in unambiente familiare e acco-gliente, non privo di sobriaeleganza. Fin da subito si ècreato un piacevole clima dicordiale convivialità che, tral’altro, ha consentito di stem-perare la lentezza della cuci-na la quale, per l’occasione,si è espressa una linea sottolo standard abituale, in partein parte a causa dell’elevatonumero dei presenti. Il guan-cialino tirato al Sangioveseha tuttavia incontrato genera-le approvazione, così comela piccola tagliata. In apertura

il Delegato ha brevemente ri-percorso le tappe dell’annoaccademico, ricordandone imomenti più significativi. Aseguire, la presentazione el’accoglienza di due nuoviAccademici che entrano a farparte della famiglia e ne ar-ricchiscono il contenutoumano e culturale.

CERVIA18 novembre 2010

Ristorante “Ca’ Erbosa - dalRiccio” di Sergio Sintoni,fondato nel 2009. ●Via Er-bosa 45, Bastia (Ravenna);=0544 566494, anche fax;coperti 200+100. ●Parcheg-gio incustodito, sufficiente;prenotazione consigliabile;ferie dall’8 al 24 gennaio;giorno di chiusura lunedì emartedì. ●Valutazione 8,70;prezzo € 35,00; accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo con crostini con beccacciae crostini al sugo di cinghia-le; culatello; squacquerone efichi caramellati; risotto allafolaga; tortelli agli stridoli; ca-pretto al forno; spezzatino dicapretto; cinghiale in salmìcon polenta; budino di ricot-ta e mandorle; caffè e liquori.

I vini in tavola: Prosecco diConegliano di Valdobbiade-ne Doc (cantina Case Bian-che); Grozzol 2009 Pinot ne-ro Doc, Lagrein 2009 Doc,Lagrein riserva 2007 Doc,Merlot Cabernet 2007 Doc(tutti della cantina Hofstat-ter); Amarone della Valpoli-cella 2006 Doc (cantina Mu-sella); Albana passita dolce diBertinoro Doc.

Commenti: Il Riccio, pro-prietario del locale, ha pro-posto piatti dagli intensi sa-pori quali il cinghiale insalmì, crostini con beccacciae al sugo di cinghiale, sino aun ottimo e delicato risottoalla folaga più che graditodai commensali. Da eviden-ziare gli eccellenti tortelli aglistridoli (tutte le paste sonoabilmente tirate al matterellodalle sfogline di casa) e, nonultimo, il ricercato abbina-mento dei vini sapientemen-te presentati a ogni portata.Serata trascorsa in allegria altermine della quale il Delega-to ha convocato il Riccio e labrigata di sala e di cucina, tracui Sergio Sintoni, al quale,in segno di gratitudine e rico-

noscenza per la perfetta riu-scita della riunione convivia-le, sono stati consegnati il ga-gliardetto dell’Accademia e lavetrofania 2010.

CESENA27 novembre 2010

Ristorante “Osteria dell’Alle-gria” di Anna Cangini, fon-dato nel 1904. ●Via Ciola,321, Ciola di Mercato Sara-ceno (Forlì-Cesena); =0547692382; coperti 40. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferie fi-ne settimana di giugno e lu-glio; giorno di chiusura do-menica sera e lunedì. ●Va-lutazione 8; prezzo € 50,00;familiare, rustico.

Le vivande servite: scagliedi parmigiano reggiano conaceto balsamico tradizionaledi Modena; squacqueronecon “savor”; cappellacci di ri-cotta al tartufo; tagliatelle alragù di capriolo; capriolo elepre in salmì; allodole inumido e allo spiedo; funghifritti, olive, pinzimonio; zup-pa inglese, ciambella e cro-stata.

I vini in tavola: Sangiovesedi Romagna Doc superiore2007; Cabernet 2007; Merlot2007 (tutti vini dell’aziendaCa’ di Camilla, Valbiano diSarsina).

Commenti: Anche quest’an-no la Delegazione non ha ri-nunciato al tradizionale ap-puntamento dedicato al tar-tufo. Al celebrato tubero èstata abbinata la cacciagioneofferta, insieme ai vini dellapropria azienda, dal Simpo-siarca Franco Fabbri. Tra ipiatti che hanno riscosso l’u-nanime consenso, una parti-colare nota di merito è stataassegnata ai cappellacci di ri-cotta conditi generosamentecon tartufo e burro fuso, alletagliatelle al ragù di capriolo,alle allodole in umido e allospiedo. Apprezzati i vini e illoro abbinamento. Una sera-ta molto riuscita e piena diallegria, in perfetta sintoniacon il nome del locale e conil carattere dei gestori che sisono amabilmente prestati arispondere alle curiosità delDelegato Mario Manuzzi su-gli ingredienti e sulla tecnicadi preparazione dei piatti.Graditi ospiti Vincenzo Ferra-ri Amorotti della Confraterni-

EMILIA ROMAGNA

VENETO segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ta dell’aceto balsamico tradi-zionale di Modena e Salvato-re Alberghini della Delega-zione di Cento, che hannoportato, nelle tipiche ampol-line, il loro prezioso acetobalsamico.

FORLÌ19 novembre 2010

Ristorante “Al Vecchio Con-vento” di Giovanni Cameli eMarisa Raggi, fondato nel1975. ●Via Roma 7, Porticodi Romagna (Forlì-Cesena);=0543 967053, fax 0543967157; coperti 80. ●Par-cheggio nelle strade circo-stanti; ferie 10 gennaio-10febbraio; giorno di chiusuramercoledì. ●Valutazione7,70; prezzo € 60,00.

Le vivande servite: crostinial tartufo e olio nuovo; fon-duta con zucchine e tartufo;cappelletti in brodo con tar-tufo; tagliolini al tartufo; uovastrapazzate al tartufo; for-maggio con tartufo; zabaioneghiacciato con tartufo; caffè;distillati.

I vini in tavola: MantignanoSangiovese riserva 2004azienda agricola Placci Emi-lio “Il Pratello”.

Commenti: Per una serataall’insegna del tartufo gli Ac-cademici si sono recati a Por-tico dove da anni regna Mari-sa Fabbri, nota, oltre che perl’ottima cucina, anche perimportanti iniziative per lavalorizzazione dell’Appenni-no tosco-romagnolo. Il me-nu, curato dal SimposiarcaPiergiuseppe Parronchi, spa-ziava su tutte le utilizzazionidel tartufo: dall’antipasto aldolce. Alcuni piatti erano ve-ramente originali, come icappelletti in brodo e il semi-freddo associati al tartufo. Ilpiatto più apprezzato è risul-tato la fonduta con zucchine,anche questa originale e sa-poritissima. Molto accoglien-te il locale con una sala riser-vata agli Accademici in cuicampeggiava una particola-rissima serie di clessidre fun-zionanti, invece che con lasabbia, con i vini di Roma-gna. Al termine, il DelegatoEdgardo Zagnoli si è congra-tulato con Marisa Fabbri etutto lo staff della cucina ca-pitanato da Giovanni Cameli,consegnando il piatto acca-demico in ricordo.

PARMA25 novembre 2010

Ristorante “Trattoria AntichiSapori”, gestione dal 1995.●Località Gaione, Stradamontanara 318, Parma;=0521 648165; coperti80+80. ●Parcheggio insuffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie 1-20/21 agosto;giorno di chiusura martedì.●Valutazione 7,10; prezzo €35,00.

Le vivande servite: crema disedano rapa e gambero; tortadi cipolle caramellata, cremadi parmigiano; riso manteca-to, topinambur, pistacchio;baccalà mantecato, melagra-na e broccoli; biancomangia-re all’anice, gelatina di the,ananas arrostita; cioccolatosoffiato, carote, gelato all’uva.

I vini in tavola: Prosecco2009 (azienda agricola Con-tarini); Norital Pinot nero2008 e Moscato giallo ven-demmia tardiva 2006 (ambe-due dell’azienda agricolaLoacker).

Commenti: Il locale è statoscelto, visto che il cuoco Da-vide Censi è un diplomatodella scuola alberghiera diSalsomaggiore, per introdurrel’argomento del convegno or-ganizzato a Imola dalle Dele-gazioni dell’Emilia-Romagnaper il 26 febbraio del 2011,nel corso del quale si tratteràdella formazione professiona-le presso le scuole alberghie-re. Il Simposiarca della serata,che è stata dedicata a relazio-ni sulle attività della Delega-zione, è stato Luigi Ampollini.Il taglio attuale del locale nonè più quello di una trattoria,ma di un ristorante “rustico-chic”. Le sue caratteristiche so-no la ricerca in campo gastro-nomico associata a un utilizzodi materie prime tradizionali,l’ambiente, il servizio acco-gliente e attento, il buon rap-porto qualità/prezzo. Tra ipiatti della serata, la crema disedano rapa e gambero ha ot-tenuto un particolare successo.

PARMABASSA PARMENSE26 novembre 2010

Ristorante “Relais di Campa-gna Galù” di Sergio Prezio-sa, fondato nel 2009. ●ViaAlbareto 16, San SecondoParmense (Parma); =0521

371252, anche fax; coperti50. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile. ●Valutazione8; prezzo € 50,00; tradizio-nale, accogliente.

Le vivande servite: “Max”(piatto dedicato a Massimilia-no Alajmo); riso, spalla cotta,zucca, polvere di caffè; co-scia d’anatra caramellata alvin cotto, castagne, mela lavi-na al peperoncino; morbidoall’erba Luigia, pere al pepedi Setchuan, zafferano.

I vini in tavola: Malvasiaextra dry Acuto 2008 (Carradi Casatico); Godimondo Ca-bernet franc 2008 e Fior d’A-rancio Spumante 2008 (LaMontecchia).

Commenti: La Delegazioneguidata dal Delegato Massi-mo Gelati ha organizzatoun’interessante riunione con-viviale, ideata dal Simposiar-ca Emanuele Tragni, ap-profondendo il tema dellaformazione, in particolareascoltando le esperienze didue allievi di MassimilianoAlajmo, patron de “Le Calan-dre” di Rubano: lo chef Ser-gio Preziosa e il maestro pa-sticciere Matteo Berti. A se-guire la cena, con piatti tra iquali spiccava quello dedica-to ad Alajmo. Data l’impor-tanza dell’evento, la serata havisto la partecipazione delCoordinatore territoriale Vit-torio Brandonisio, storicodella cucina e delle tradizionigastronomiche, oltre ad Ac-cademici di altre Delegazionied esponenti di arcisodalizigastronomici.

RIMINI25 novembre 2010

Ristorante “La Rocca” di Mi-chele e Vittorio Andruccioli,fondato nel 1950. ●Via Roc-ca 34, Verucchio (Rimini);=0541 679850, fax 0541670121; coperti 100+60.●Parcheggio custodito; pre-notazione consigliabile; ferieuna settimana da Natale al-l’Epifania, da fine novembrea fine febbraio aperto solodurante il fine settimana;giorno di chiusura merco-ledì. ●Valutazione 8,90;prezzo € 45,00; tradiziona-le, familiare.

Le vivande servite: degu-stazione di guanciale, lardo,

coppa, salame e prosciutto acoltello; stricchetti al ragù dimora e Sangiovese; prosciut-to di mora al forno con pro-fumi ed erbe spontanee diVerucchio; grigliata di moracon salsiccia, costoline, pan-cetta, lombo (braciola), spie-dini e fegatelli; contorni distagione; porcospino, dolceal cucchiaio fatto in casa.

I vini in tavola: E’ Nir dlaRoca, Sangiovese superioree Rebola (Ca’ Perdicchi, Ri-mini).

Commenti: Il ristorante hauna consolidata tradizionecon tre generazioni e 50 annidi gestione che soddisfano ibuoni palati con i piatti tipicidella Romagna. Il titolare Mi-chele Andruccioli ha prepa-rato un’ampia degustazionedel maiale tipico romagnolodetto “mora di Romagna”. GliAccademici hanno gustatocon piacere tutte le portate. Ilgradimento della serata è di-mostrato dalla votazione.

MAREMMA-PRESIDI14 novembre 2010

Ristorante “La Godenda” diFrancesco Maria Guerreschi,fondato nel 2005. ●Via dellaSgrilla 16/A, Capalbio (Gros-seto); =0564 609090, fax0564 609185; coperti 80.●Parcheggio comodo; preno-tazione consigliabile; ferie10 gennaio-11 febbraio;giorno di chiusura martedì.●Valutazione 8; prezzo €

40,00; elegante, tradiziona-le, accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: focacci-na farcita; tortina rustica; car-paccio di vitello maremma-no; tortino di ricotta alle erbecon composta di bacche dirosa canina; lasagnetta di po-lenta con verdurine croccantie crema di pecorino; millefo-glie di melanzane con moz-zarella di bufala e pecorino;salumi misti di cinta senese;acqua cotta; zuppa di borlottie cavolo nero; zuppa di ce-reali e legumi; risotto con

straccetti di vitello e bocciolidi rosa canina in riduzione diCabernet; punta di petto dimaremmana in cottura fon-dente con millefoglie di pata-te; mousse di cachi; morbidodi cioccolato bianco e fruttidi bosco; crema cotta allozafferano; torta caprese; can-tucci e biscottini.

I vini in tavola: Prosecco LaGioiosa; Perlaia, VermentinoIgt Maremma 2009, aziendaagricola Bruni; Plinio, Ver-mentino Igt Maremma 2009,azienda agricola Bruni; Ripi-glio, rosso Igt Maremma 2009,azienda agricola Due Palme.

Commenti: Il ristorante “LaGodenda”, che in toscano ar-caico significa “lista dei cibi”,si è proposto di far conoscerela cucina borghese di campa-gna toscana, adattandola aigusti e alle necessità dieteti-che di oggi. L’ambiente e levivande sono stati molto ap-prezzati dagli Accademici chehanno avuto modo di goderedella bellezza di un angoloinedito della Maremma.

PISA-VALDERA16 novembre 2010

Ristorante “Enrico” di EnricoMarinelli, fondato nel 1967.●Via A. Gramsci 2, Ponsac-co (Pisa); =0587 731305,fax 0583 731514. ●Parcheg-gio incustodito, sufficiente;prenotazione consigliabile;ferie 2 settimane a Natale;giorno di chiusura domeni-ca. ●Valutazione 6,15; prez-zo € 45,00; tradizionale.

Le vivande servite: aperiti-vo con salatini; polpo converdure, caldo; gnocchi aran-cia e gamberetti; riso alla ma-rinara; gamberoni al fornocon crema di porro gratinati;tortino al cioccolato con cre-ma pasticciera; caffè e liquori.

I vini in tavola: ProseccoDe Faveri; Vermentino di Su-vereto, Russo; Pinot bianco,Terlano; Moscato d’Asti, Mas-solino.

Commenti: Serata in un lo-cale tradizionale della pianadi Pisa, da sempre indirizzatoalla cucina di mare. Serata,tuttavia, non appagante, sottodiversi aspetti. Inadeguato l’a-peritivo, senza inventiva; buo-ni anche se squilibrati per ec-cesso di agrumi gli gnocchi;

TOSCANA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

gradevole il riso alla marinara,come i gamberoni. Ancora suun piano di mera gradevolez-za i vini, senza particolari no-te di merito. Nel complesso,considerando i precedenti,una cena che non ha riscossoparticolare successo, lascian-do negli Accademici qualcheinsoddisfazione. Nel corsodella serata, è stato ufficializ-zato l’ingresso del nuovo Ac-cademico Francesco Virgone.

SIENA-VALDELSA3 dicembre 2010

Ristorante “Il Molino il Mo-ro” di Gigliola Papa e SergioDe Lorenzo, fondato nel2000. ●Via della Ruota 2,Colle di Val d’Elsa (Siena);=0577 920862, anche fax;coperti 150. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura lu-nedì e martedì a pranzo.●Valutazione 8,90; prezzo €48,00; rustico, caratteristico.

Le vivande servite: selezio-ni di antipasti dello chef; mi-nestra di farro; gnocchetti far-citi con pecorino; ombra dimanzo marinato con fondutadi gorgonzola e pere al mie-le; coppa di crema nocciola,pistacchio e amarene; dolcinatalizi senesi.

I vini in tavola: Aurora roséPonte; “Paulus” Chianti ColliSenesi Molino S. Antimo; Ver-naccia di San Gimignano Fu-gnano; Torcolato Breganze.

Commenti: Eccellente e fe-stosa la riunione convivialecon numerosa partecipazionedi Accademici e ospiti, tra iquali il Coordinatore territo-riale Gianni Limberti e il De-legato di Chianciano FrancoTagliapietra. Ricca varietà di

antipasti con il plauso e il gra-dimento dei convenuti chehanno molto apprezzato lavariazione dallo schema clas-sico della cena di Natale (contortellini, bolliti e altro). Gran-de e molto riuscito l’impegnodella chef Gigliola Papa. Ec-cellente il servizio gestito dalmaître Sergio De Lorenzo.

VALDELSAFIORENTINA

10 novembre 2010

Ristorante “Sale e Pepe” di Ra-nieri, gestione dal 2010. ●ViaXXV Luglio 13/15, Certaldo(Firenze); coperti 50+30.●Parcheggio vicino; prenota-zione venerdì, sabato e dome-nica; giorno di chiusuramartedì. ●Prezzo € 25,00.

Le vivande servite: cozze efagioli, purpetielli, coccolealle alghe; acciughe marina-te; seppie ripiene; insalata dipolpo; insalata di spada; ca-pesante; cicale alla diavola;paccheri all’astice; scialatiellialla marinara; cartoccio dispigola e gamberi; tortino dicioccolata calda.

Commenti: Serata piacevo-le, organizzata dal Simposiar-ca Alessandro Signorini, conla presenza di numerosi Ac-cademici e ospiti, fra cui ilCoordinatore territoriale eConsultore nazionale FrancoCocco. Un breve accennotratto da “Armonia perduta”dello scrittore napoletanoRaffaele La Capria ha ricorda-to la casa, la famiglia e le abi-tudini della giovinezza, of-frendo uno spaccato dellapiù schietta e genuina tradi-zione cucinaria partenopea.Capita spesso che cibi e pro-dotti tipici evochino luoghi eatmosfere. Così la Delegazio-ne ha celebrato la cucina

partenopea in questo risto-rante gestito dallo chef Ra-nieri, napoletano verace. Lafoto e la consegna della ve-trofania di rito hanno conclu-so la riunione conviviale.

VALDINIEVOLE20 novembre 2010

Ristorante “La Pecora Nera”di Luciana Armento Cenni,fondato nel 2010. ●Via SanMartino 18, MontecatiniTerme (Pistoia); =057270331, fax 057 271624;coperti 45. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriegennaio; chiusura a mezzo-giorno e il lunedì in inverno.●Valutazione 8,10; prezzo €40,00; raffinato, elegante.

Le vivande servite: aperiti-vo con stuzzichini; insalatinadi puntarelle; risotto con noc-ciole e castelmagno; filetto disuino alle castagne con pata-te fondenti; tagliata di bufalacon carciofi fritti e rape rifat-te; gelato della “Pecora Nera”su carpaccio di pompelmo.

I vini in tavola: Lagrein2008 (Hofstätter); Barbera2008 (Ceretto); Sherry (Viña25 Domecq).

Commenti: Esito eccellentedella riunione convivialemensile, per tenere a battesi-mo il nuovo locale. I motividi soddisfazione vanno dal-l’ambiente sobrio ed elegantealla mise en place raffinata, alservizio puntuale, attento ediscreto controllato dalla pro-prietaria Luciana ArmentoCenni, all’ottima scelta dei vi-ni, consigliati dal figlio Fabio.La serata è stata organizzata,con impegno e qualche fati-ca, dai neo-Accademici Betti,Bordin e Giovannini, al loro

debutto come Simposiarchi;essi hanno scelto un apprez-zato menu, in equilibrio framodernità e tradizione, in cuihanno meritato particolaresegnalazione: anche per lanovità, l’inconsueta tagliatadi bufala; per la perfetta cot-tura, il risotto; per l’origina-lità, il dessert. Tutti i piatti so-no stati serviti con ottimi vini;speciale menzione va alloSherry Domecq. Auguriamoa questo locale di diventareun punto di riferimento dellaristorazione montecatinese.

VIAREGGIO-VERSILIA9 dicembre 2010

Ristorante “Da Romano” diRomano Franceschini, fon-dato nel 1966. ●Via Mazzi-ni 122, Viareggio (Lucca);=0584 31382; coperti 53.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; giorno di chiu-sura lunedì e in agosto an-che il martedì a pranzo.●Valutazione 8,90; prezzo €65,00; raffinato.

Le vivande servite: filetto ditriglia pomodoro e basilico;scampi, sparnocchi, cicala emolluschi con fagioli schiac-cioni di Pietrasanta e olio ex-travergine di oliva; calama-retti ripieni di verdure e cro-stacei; treccia di filetto di so-gliola sopra le patate e tar-tufo bianco; paccheri di Gra-gnano alla viareggina conpesce di fondale, calamaretti,scampi, vongole, arselle; ora-ta all’acqua pazza; sparnoc-chi al miele di castagno.

I vini in tavola: Champagneper l’aperitivo; Montecarlobianco azienda agricola Fran-ceschini; Tocai friulano azien-da agricola Mario Schioppet-to; Moscato d’Asti.

Commenti: Per la cena de-gli auguri, il Delegato nonpoteva trovare un locale mi-gliore. L’eccellenza di piattiche esaltano la freschezza e isapori del pesce, un servizioimpeccabile, un ambienteelegante e soprattutto la gen-tilezza e disponibilità di Ro-mano e della chef, la moglieFranca, hanno contribuito auna serata veramente impec-cabile. La Simpiosarca PaolaCasucci ha presentato unasua relazione sull’olio di oli-va e sulle temperature di cot-tura. Tutti gli Accademici,

con la loro votazione, hannoespresso il loro plauso per lamigliore serata della Delega-zione e sentitamente ringra-ziato Romano per l’alto livel-lo di ogni singolo piatto e perla cura nella scelta dei vini.Romano ci ha regalato unavera cena d’eccellenza.

ANCONA19 novembre 2010

Ristorante “Divinus” di Vini-cio Cantiani, fondato nel2010. ●Via Cupramontana9, Jesi (Ancona); =3290413138; coperti 40. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; giornodi chiusura lunedì. ●Valuta-zione 7,50; prezzo € 30,00;accogliente.

Le vivande servite: aperitivocon crostini di polenta fritti esalumi; chitarrine con pendo-lini, speck e rucola; risotto aifunghi porcini; stinco di maia-le con patate arrosto e fricò diverdure; torta tenerina al cioc-colato fondente con crema al-l’arancia; caffè e digestivo.

I vini in tavola: VerdicchioDoc dei Castelli di Jesi “LeGemme”, Lacrima di Morrod’Alba “Alborada”, Passito “IlRoccolo” (tutti dell’aziendaBrunori).

Commenti: La riunione con-viviale si è svolta nel ristoran-te “Divinus”, di recente aper-to dal giovanissimo Vinicioche ha voluto fare il saltomettendosi alla prova da so-lo. La Delegazione ha volutoincoraggiare tale iniziativa,svolgendo nel locale anchela presentazione del libro “Lascarpetta nel piatto”, scrittodall’imprenditrice NenellaImpiglia. Il risultato è statoampiamente positivo pur sein presenza delle ovvie pic-cole imperfezioni di chi è al-l’inizio dell’attività. Interes-santi i crostini e la qualità deisalumi e soprattutto le chitar-rine; il risotto ai funghi porci-ni non ha avuto omogeneitànella presentazione, segno di

MARCHE

TOSCANA segue

La cucina musulmanaIn Francia c’è già e presto ci sarà anche in Italia la presenza,nei supermercati, di prodotti confezionati da una multinaziona-le (la Nestlé) secondo i criteri della cucina “halal”, cioè osservan-te delle prescrizioni gastronomiche del “Corano”. I prodottiavranno la certificazione di un ente islamico autorizzato.

(dai giornali)

CURIOSITÀ

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

inesperienza della cucina.Valido lo stinco di maiale converdure che, se fosse statoaperto, avrebbe meglio rece-pito il condimento. Ottimo ildolce. Molto curato ed effi-ciente il servizio.

GUBBIO16 novembre 2010

Ristorante “Federico daMontefeltro” di Agostino Ca-soli, fondato nel 1974. ●Viadella Repubblica 35, Gubbio(Perugia); =075 9273949;coperti 180. ●Parcheggiosufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie febbraio;giorno di chiusura merco-ledì. ●Valutazione 8,10;prezzo € 25,00; tradiziona-le, familiare, accogliente, ca-ratteristico.

Le vivande servite: crostini;pappardelle al sugo di lepre;fagianella ai funghi; erbacampagnola ripassata; patatearrosto; caldarroste; tozzetti.

I vini in tavola: Prosecco;Grechetto (cantine Rocca deiFabbri); Montefalco rosso(cantine Goretti); Vino Novel-lo Bindolo (cantine Donini).

Commenti: La riunione con-viviale è stata a base di cac-ciagione e il titolare Tino Ca-soli, per l’occasione, è riusci-to a trovare carni non di alle-vamento: cosa non da pocoanche nelle nostre zone, do-ve una volta i carnieri deicacciatori erano sempre con-sistenti. I piatti proposti sonostati tutti di alto livello per l’e-saltazione degli ingredienti enel solco delle usanze eugu-bine. Senza fronzoli ma contanta saporita sostanza. A co-minciare dai crostini neri perfinire con una fagianella confunghi: ottima, squisita, gu-stosa. Buone anche le pap-pardelle rigorosamente tiratea mano e condite con sugo dilepre delicato e al tempo stes-so ricco di sapore. Valido ilservizio e buono l’abbina-mento con i vini. Ottimo ilrapporto qualità/prezzo.

ROMA-CASTELLI19 novembre 2010

Ristorante “Da Dino” di Ti-ziano Prati, fondato nel1976. ●Via Roma 368, Laria-no (Roma); =06 9648309;coperti 160+120. ●Parcheg-gio incustodito; prenotazio-ne consigliata; ferie Natale;giorno di chiusura merco-ledì. ●Valutazione 8; prezzo€ 35,00.

Le vivande servite: antipa-sto di bruschette miste; po-lenta con spuntature e salsic-ce; fettuccine al ragù di pa-lombaccio; abbacchio al for-no, patate, puntarelle; dolce,caffè, amari, distillati.

I vini in tavola: Chardon-nay Igt 2009, azienda Casaledel Giglio; Syrah e Merlot Igt2006, azienda Quadrifoglio;Moscato d’Asti Docg 2009,azienda Doglia.

Commenti: Gustose le bru-schette con pomodoro, patédi olive, funghi. Ottima la po-lenta con le spuntature e sal-sicce e, a richiesta, con fun-ghi. Saporite le fettuccine,fatte a mano, esaltate dal su-go di palombaccio ottenutocon una cottura molto lenta.Meno apprezzato l’abbac-chio. I vini ben si sposavanocon le proprietà organoletti-che dei piatti. Il dolce, pastie-ra di ricotta e cioccolato, hachiuso positivamente l’incon-tro. Innovazione nella tradi-zione è l’impegno della pro-prietà verso la clientela.

VITERBO11 novembre 2010

Ristorante “Ai Tre Scalini”,fondato nel 1979. ●Via Vit-torio Emanuele III 1, Sorianonel Cimino (Viterbo);=0761 745970; coperti 80.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie dal 15 al30 giugno; giorno di chiusu-ra mercoledì. ●Valutazione7,40; prezzo € 35,00; acco-gliente.

Le vivande servite: insalatadi funghi, funghi fritti, bru-schetta con crema di funghicalda, mini zuppa di ceci ecastagne; fieno con funghiporcini; gnocchi col ferro alsugo di funghi porcini; minifiletto ai porcini tartufato;cappella di porcino e patate;dessert Monte Bianco, dol-cetti secchi con Malvasia pas-sito; caldarroste.

I vini in tavola: bianco Gre-chetto “Poggio della Costa”(S. Mottura); rosso “Akemi”(I. Mottura).

Commenti: La riunione au-tunnale, Simposiarca Anto-nello Lupino, ha avuto cometema centrale i funghi porci-ni, vanto dei Monti Cimini,per l’abbondanza di casta-gneti. L’antipasto consistevain un tris, oltre alla mini zup-pa tradizionale di ceci e ca-stagne. I primi piatti costitui-scono la caratteristica dellazona e del locale; preferenzaassoluta per il fieno (taglioli-ni finissimi con procedimen-to particolare di cottura) eparticolare successo per l’ot-timo filetto con la cappella diporcini e patate. Sfiziosi idolci, apprezzato il gelato dinocciola e castagne con pro-dotti locali. Il titolare Massi-mo ha accolto la Delegazio-ne con premura e gentilezzae ha offerto un aperitivo asorpresa, con ottime frittelledi borragine e “fregnacce”(crêpe di acqua e farina con-dite con formaggio grattugia-to). Servizio premuroso e so-lerte.

AVELLINO11 dicembre 2010

Ristorante “La Locandina”di Nunzia Calvo, gestionedal 1998. ●Via Palazzo Pa-risi 13, Aiello del Sabato(Avellino); =0825 666620,anche fax. ●Parcheggio suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7; prezzo € 30,00; pa-noramico in locanda relais.

Le vivande servite: frittelleai semi di finocchio; vol-au-vent al prosciutto; vol-au-vent agli spinaci; cicci di San-ta Lucia; ravioli di ricotta alsugo fresco; agnello cacio euova; cassatina; stuffoli; pa-stiera.

I vini in tavola: Proseccocuvée Boj Doc Valdo in Val-dobbiadene (Treviso); Aglia-nico Igt Tenuta Ponte in La-pio (Avellino); Passito diPantelleria Calatrasi in Sanci-pirello (Palermo).

Commenti: Il Prosecco, lefrittelle e i vol-au-vent sonostati serviti nella sala del bar,gli Accademici con gli ac-compagnatori sono poi en-trati nell’ampia sala da pran-zo. Dopo l’applaudita con-versazione del Vice-DelegatoStaglianò l’incipit è stato fattocon i cicci di Santa Lucia, pie-tanza tradizionale del perio-do che, insieme ai gustosi ra-violi e al saporito agnello ca-cio e uova, ha ottenuto unavotazione intorno a 7. I tredolci, invece, hanno meritatovotazioni maggiori, special-mente la pastiera, preparatae offerta dalla coppia Amaliae Rosario Pagano, che per ilsuo profumo e il suo aspettoha meritato la massima vota-zione.

FOGGIA26 novembre 2010

Ristorante “Mare in Tavola”di Decade srl, fondato nel2009. ●Corso del Mezzo-giorno 35, Foggia; =0881662493; coperti 90-100.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione non necessaria;ferie mai; giorno di chiusu-ra lunedì a mezzogiorno.●Valutazione 7,20; prezzo€ 35,00.

Le vivande servite: antipa-sti vari di mare; paccheri aisapori di mare; tris al forno(filetto di spigola, gambero-ne, seppiolina gratinata); frit-tura mista di pesce; sorbetto;pasticcini; caffè e limoncello.

I vini in tavola: Donna Ilia-na Libera, Falanghina Igt(Coppadoro, Foggia).

Commenti: La visita a questoristorante aperto da meno diun anno è stata una piacevolesorpresa, non tanto per l’origi-nalità dei piatti, a dire il veropiuttosto semplici, quanto perla freschezza della materiaprima che, in tema soprattuttodi pesce, è fondamentale. Az-zeccato l’abbinamento con laFalanghina Coppadoro. Senzainfamia e senza lode la pastic-ceria e il sorbetto. Un plausoai titolari del ristorante per illodevole rapporto qualità/prezzo e al Simposiarca Gian-ni Pompa per l’indovinatascelta del locale.

FOGGIA-LUCERA25 novembre 2010

Trattoria “Utz” di GiovanniFerramosca e Stefania Festa,fondata nel 2010. ●CorsoGaribaldi 103, Lucera (Fog-gia); =333 5828602; coper-ti 55. ●Parcheggio scomodo;prenotazione consigliabile;ferie mai; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazione7,50; prezzo € 35,00; acco-gliente, caratteristico.

Le vivande servite: crostinidi pane di Monte Sant’Ange-lo con crema alle erbe; vellu-tata di fave di Carpino concardi selvatici e funghi car-doncelli; orecchiette di granoarso con verdure, patate epolpettine della transuman-za; arrotolato di sgombro alforno con cicorie di campo;torta di mandorle con cremaal rosmarino.

I vini in tavola: Cacc’ e mit-te di Lucera “Agromonte”2008 Doc (azienda Petrilli -Lucera); spumante “Xenium”2009 (Bombino in purezzadelle cantine Domini Dauni -San Severo).

Commenti: Una riunioneconviviale ben riuscita, all’in-segna della cucina del territo-rio opportunamente rivisita-ta, che si è svolta presso unacaratteristica e accoglientetrattoria del centro storico diLucera. Simposiarca l’Acca-demica Orfina Scrocco cheha brillantemente riferito no-tizie sul locale e illustrato ilmenu con dovizia di partico-lari e riferimenti storici. Primadella cena, il Delegato Luigi

PUGLIA

CAMPANIA

LAZIO

UMBRIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

PUGLIA segue

Altobella ha brevemente in-trattenuto i convenuti relazio-nando sull’attività svolta dallaDelegazione nel corrente an-no nonché sulla situazioneeconomica e ha conclusochiedendo suggerimenti per ilprogramma del prossimo an-no. La serata si è chiusa con icomplimenti e la consegnadel guidoncino della Delega-zione ai titolari dell’esercizio.

CEFALÙ14 novembre 2010

Ristorante “Terravecchia” diManfredi Dolce. ●CastellanaSicula (Palermo). ●Parcheg-gio comodo. ●Valutazione8,10; prezzo € 25,00.

Le vivande servite: ricottafresca, preparata secondol’antico procedimento di ca-seificazione; caponata “Terra-vecchia”; tuma e primintiocon marmellata di pere no-strana; ricotta miele e noci;carpaccio di melanzane; fritta-ta di “mazzarieddi”; giri in pa-stella; giri pomodori e formag-gio; tagliatelle al ragù di cin-ghiale nostrano; straccetti pa-nati; arrosto di salsiccia e ca-strato locale; insalata; verdureselvatiche di stagione; fichid’India; uva; cannoli; torta.

I vini in tavola: Nero d’Avo-la da vigne delle Madonie;degustazione del Novellodalle vigne del Feudo Tubia.

Commenti: Gli Accademicidella Delegazione hanno ri-scoperto i sapori della terrapresso l’agriturismo “Terra-vecchia”. A pranzo verdureselvatiche preparate secondotradizionali ricette madonite,formaggi e carni del territo-rio, vino novello. Visita almulino “Petrolito” e alle scu-derie con possibilità di caval-care. Un pastore ha preparatola ricotta fresca e il pasticcieredella “Dolcezze delle Mado-nie” ha personalizzato la tortadell’Accademia. Il Simposiar-ca Enzo Culotta ha catturatol’attenzione di tutti con il te-ma “Le tecniche caserarie”.

SIRACUSA7 dicembre 2010

Ristorante “Minosse” di Gerar-do Visetti, fondato nel 1972.●Piazza Minerva 5, Siracusa;=0931 465626, fax 0931465535; coperti 100. ●Par-cheggio scomodo; prenotazio-ne consigliabile; ferie mai;giorno di chiusura nessuno.●Valutazione 7,45; prezzo €

40,00; elegante, accogliente.

Le vivande servite: sforma-tino di zucca e code di gam-bero “dolcevita”; orecchietteal ragù di cernia; ricciola alla“Minosse”; torretta di verdu-re; cassatelle di nonna Enza.

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene Doc Mionetto,Spago; Sirah “Kaid” 2007 casavin. di Camporeale, Palermo;Moscato di Siracusa “DonNuzzo” Gulino, Siracusa.

Commenti: Curati la confe-zione delle portate e il servi-zio. Alla fine dell’ottima cenaè stata richiesta in sala la pre-senza della brigata di cucinae naturalmente dello chef Ge-rardo Visetti, affaticato macontento, che ha risposto aiquesiti sull’elaborazione di al-cuni piatti, e del maître Gian-luca Aterrano, che ha coordi-nato con competenza attentail servizio in tavola. Entrambisono stati gratificati dalle pa-role di apprezzamento delConsultore dell’AccademiaMario Ursino, dal sentito ap-plauso per la cura nell’elabo-razione e presentazione delleportate e dalla consegna delgagliardetto accademico edella vetrofania da parte delDelegato Angelo Tamburini.

CAGLIARI20 novembre 2010

Ristorante “Semplicemente ilLido” di Pierpaolo Lavra.●Viale Poetto 41, Cagliari;coperti 40-50. ●Parcheggiodel ristorante; prenotazioneconsigliabile; giorno di chiu-sura domenica. ●Valutazio-ne 8,50; prezzo € 37,00.

Le vivande servite: tortinodi zucca con crema ai for-maggi e bocconcini di bufalae pancetta; lasagnette di pa-ne “carasau” ai carciofi confonduta di pecorino; costo-lette di agnello in crosta dipistacchi; guanciale di vitel-lone, fonduta al 70% con gal-linacci e broccoli saltati ai se-mi di coriandolo; terrina di pe-re in crosta di cioccolato ama-ro e arachidi tostate con zuc-chero, gelatina di lamponi.

I vini in tavola: Vermentinodi Gallura Thilibas, cantinePedres, Olbia; Antiogu Man-drolisai rosso, cantine Fradi-les, Atzara.

Commenti: Il menu è statoun omaggio alle materie pri-me della Sardegna, così comei vini che hanno accompa-gnato le vivande. Il Simpo-siarca Cesare Moralis, sempremolto attento alla ricerca diristoratori che valorizzano iprodotti della tradizione loca-le, ha trovato un ottimo sup-porto nel giovane PierapaoloLavra che lo ha accompagna-to e aiutato nella scelta delmenu e dei vini, creando sul-le basi tradizionali delle pro-poste gastronomiche innova-tive e molto apprezzate dagliAccademici e dai loro ospiti.Segni di vivo apprezzamentosono stati infine espressi perla posizione del locale, in unarotonda sul mare con una vi-sta fantastica, per l’eleganzadell’ambiente e per l’eccel-lente livello del servizio.

GALLURA12 novembre 2010

“Hermae Restaurant” pressol’hotel “Mercure Olbia” diCenter Hotel srl, fondato nel2010. ●Via Amba Alagi, Ol-bia (Olbia Tempio); =07891890067, fax 0789 890343;coperti 80. ●Parcheggio cu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura nes-suno. ●Valutazione 8; prez-zo € 70,00; elegante, acco-gliente.

Le vivande servite: gamberiin tempura; sushi; carpacciodi baccalà con carciofi sardiprofumati alla bottarga dimuggine e olio al finocchiettoselvatico; fregola in umido digallinella di mare con arsellee pomodoro essiccato; tortelliin colore di pasta fresca con

porcini e gamberi rossi fiam-mati al ragù di cappone dimare; filetto di rombo in fo-glie di castagno con fumettovellutato alle erbette e bietolasaltata al pecorino; tortino tie-pido in leggero profumo dicachi con salsa alla zucca ecrema al gianduia.

I vini in tavola: Tridentumspumante metodo classicoTrento Doc (Cesarini Sforza);Branu Vermentino di GalluraDocg 2009 (Vigne Surrau);rosso Surrau Carignano Can-nonau Cabernet Igt 2008 (Vi-gne Surrau); Sole di SurrauVermentino stramaturo (Vi-gne Surrau).

Commenti: Riunione convi-viale di gala in onore del Pre-sidente Giovanni Ballarini;Simposiarca l’AccademicoGiancarlo Naseddu. Graditis-simi ospiti il sindaco di Olbiaon. Gianni Giovannelli, l’as-sessore alla Cultura del Co-mune di Olbia arch. VanniSanna, lo chef Sergio Mei e ilprof. Alessio Fasano, direttoredel centro di ricerche sulla ce-liachia dell’Università di Balti-mora. Gli Accademici hannoconcordemente apprezzato ilmenu sapientemente elabora-to dallo chef Domenico Da-pas con prodotti di stagione edel territorio. Ottimi il servizioe l’organizzazione curata daCarmine Capellupo e gli abbi-namenti cibo/vino propostidal delegato Ais Gallura Gio-vanni Secchi che ha guidatola degustazione.

NUORO10 dicembre 2010

Ristorante “Il Portico” diGraziano Ladu e Vania To-lu, fondato nel 1997. ●ViaMonsignor Bua 13, Nuoro;=0784 217641; coperti 60.●Parcheggio scomodo; pre-notazione consigliabile; feriedal 16 al 31 luglio; giornodi chiusura mercoledì. ●Va-lutazione 7,71; prezzo €

45,00; accogliente.

Le vivande servite: budinodi pecorino tiepido; cuore diprosciutto della casa con me-lone invernale; flan di broc-coletti selvatici; mustela affu-micata e crema di formaggio;lingua di vitello al verde consenape in grani e melanzaneall’agro; quenelle di ricotta dipecora alle erbette e crosto-ne di pane; cuore di manzo a

dadini marinato e saltato alrosmarino; agnolotti ai car-ciofi con scaglie di ricotta sa-lata; polenta morbida consalsiccia sgranata e funghi;rosette di filetto di maialecon verdure selvatiche trasci-nate al guanciale; arrosto sal-sato di vitello al punto rosa;chaud-froid di mela cotta egelato alla crema di latte conriduzione di mosto.

I vini in tavola: Livollè Doc(cantina Giuseppe Gabbas -Nuoro); Cagnulari Doc (can-tina sociale Santa Maria laPalma - Alghero).

Commenti: La luce prenata-lizia della vicina cattedrale, ilcuore del centro storico giàvestito a festa hanno antici-pato l’atmosfera gioiosa dellariunione conviviale degli au-guri nel rinato ristorante “IlPortico”. Tanta bella genteper scambiarsi gli auspici mi-gliori e per gustare un menuraffinato e originale propostoda una cucina che coniuga latradizione con una calibratae creativa innovazione. Gliantipasti coi soffusi saporidella montagna di Barbagia, iprimi piatti intensi e corposi(polenta e agnolotti), i secon-di di carne ingentilita da aro-mi speciali hanno dato piace-volezza a una cena ritmatada un servizio sufficiente-mente adeguato alla circo-stanza e rallegrata da nettaridi buone cantine.

VIENNA18 novembre 2010

Ristorante “Rossini” di Vincen-zo Maddaluno, fondato nel1986. ●Schönlaterngasse 11,Vienna; =0043 15126214;coperti 80. ●Parcheggio sco-modo; ferie mai; giorno dichiusura domenica e festivi.●Valutazione 7,50; prezzo €50,00; familiare.

Le vivande servite: varietàdi antipasti di verdure stagio-nali, di frutti di mare e carpac-

AUSTRIA

SARDEGNA

SICILIA

EUROPA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

cio di pesce spada e tonno;linguine con gli scampi; fusillicon ragù napoletano; polpocroccante; spigola all’acquapazza; sorbetto al limone; in-voltini di manzo alla napole-tana; delizie napoletane.

I vini in tavola: Salice salen-tino (Leone De Castris); Ver-mentino di Gallura (La Cala).

Commenti: Volentieri la De-legazione ha rivisitato questaormai famosa trattoria che da25 anni continua la sua operadi corretta ambasciatrice dellacucina campana a Vienna. Iltitolare, Maddaluno, dà buo-na prova della brigata dellasua cucina presentando co-stantemente un menu campa-no classico, corretta interpre-tazione della cucina di quellaregione. Buoni gli antipasti,specialmente i frutti di mare,e i fusilli. Tra i secondi parti-colarmente apprezzata la spi-gola all’acqua pazza; menogli involtini, forse anche perl’eccessiva quantità di piattiserviti che ha trovato i com-mensali meno disposti. Buonii vini in tavola. Miglior abbi-namento: Vermentino e spi-gola. Buoni i dessert. Serviziorapido, cortese e professiona-le. Serata ben riuscita, nellaquale Antony Handler hapassato la campana della De-legazione a Franco Benussiche, nel salutare gli Accade-mici, ha brevemente illustratoil suo programma per il pros-simo biennio.

MONACO DI BAVIERA3 dicembre 2010

Ristorante “Dolce Sosta” diGiuseppe Vuoso e Angelo Sco-pelliti, fondato nel 1997.●Willibaldstrasse 24, Monacodi Baviera; =089 54643737,fax 089 54643736; coperti80. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsinsigliabile; ferie mai;giorno di chiusura domeni-ca. ●Valutazione 7,70; prez-zo € 60,00; tradizionale, ac-cogliente.

Le vivande servite: benve-nuto con stuzzichini; quaglieal Marsala con lenticchie ros-se; strozzapreti al ragù di cin-ghiale e castagne; petto di fa-raona su caponatina di ver-dure; crespelle con crema dipistacchio.

I vini in tavola: Franciacor-ta brut, azienda agricola LeMarchesine; Pithecusa rosso,azienda agricola La Pietra diTommasone; Barbera d’Astisuperiore, cantina F.lli Bian-co; Passito Gocce d’Ambra,azienda Casa d’Ambra.

Commenti: Accoglienzaospitale e simpatica, garbatoallestimento dei tavoli unita-mente a un servizio pronto eaccurato hanno contribuito al-la buona riuscita della riunio-ne conviviale di Natale. Oltreche per il gusto genuino dellepietanze, il menu è stato am-piamente apprezzato per laqualità delle materie prime.Quasi tutti i piatti hanno in-contrato il favore degli Acca-demici e dei loro ospiti, conuna particolare nota di meritoper le quaglie al Marsala e peril petto di faraona. Ottimi i vi-ni (notevole il Franciacortabrut e l’ischitano Pithecusarosso), che hanno gradevol-mente accompagnato la suc-cessione dei piatti. Nel com-plesso la serata è risultatamolto riuscita e piacevole;molto gradito l’omaggio nata-lizio del Simposiarca (Accade-mico di recente nomina) Fer-di Dalla Villa che in questomodo ha voluto festeggiare ilsuo ingresso in Accademia el’organizzazione della sua pri-ma riunione conviviale.

AMSTERDAM-LEIDEN

Ristorante “Incanto” di Si-mone Ambrosin. ●Amstel 2,Amsterdam; =020 4233681.●Parcheggio difficile in cen-tro a pagamento; prenota-zione consigliabile. ●Valuta-zione 8; prezzo € 65,00;raffinato, elegante.

Le vivande servite: cape-sante con crema di zucca; ri-sotto con coda di vitello ezafferano di Navelli Dop;controfiletto di cervo alla me-lagrana; tortino al cioccolatocon gelato al pistacchio; vinodi visciole.

I vini in tavola: aperitivoProsecco extra dry Funer2009; Gewürztraminer Tra-min 2008; Trebbiano di Luga-na Ca’ Lojera riserva 2004;Barolo Bruno Giacosa 2005.

Commenti: La SimposiarcaNicoletta Brondi ha scelto un

ristorante situato nel cuore diAmsterdam. Simone Ambro-sin, proprietario del locale,ha accolto la Delegazione ri-servando una bellissima sala.La serata è stata aperta dauno stuzzichino di polpa digranchio e totano fritto, mol-to apprezzato, che ben si ac-compagnava con il ProseccoFuner. Ottime le capesantesu crema di zucca. Un risottoperfettamente al dente perprimo piatto, gustoso e sapo-rito. La coda di vitello dolcis-sima si sposava perfettamen-te con il riso, predominandoforse un po’ troppo sullo zaf-ferano. Il cervo era tenerissi-mo e gustoso, senza caratte-ristiche di selvatico troppomarcate. Infine il tortino alcioccolato, una rara delizia,sapientemente accompagna-to con un vino molto specia-le, fatto di visciole. Ottimo illivello dei vini e perfetti gliabbinamenti. Il tutto è statoprofessionalmente presenta-to dal sommelier Ais Ema-nuele Birtolo. Prendendospunto da uno dei piatti, laSimposiarca ha relazionatosul tema dello zafferano Dopdi Navelli.

SUISSE ROMANDE4 dicembre 2010

“Dario’s Restaurant” di DarioFantauzzo. ●Rue de Mont-choisy 4, Ginevra; =0227007507; coperti 40. ●Par-cheggio pubblico; prenota-zione consigliabile; giornodi chiusura sabato e dome-nica a mezzogiorno. ●Valu-tazione non effettuata; prez-zo fr 130; accogliente.

Le vivande servite: panelle,arancinette, frittatine e bru-schetta; ricottina vaccina concaponata di melanzane; pa-sta alle sarde e finocchiettoselvatico; involtino di pescespada alla palermitana conbagatelle di verdura; cassati-na di marzapane; cannolo diricotta; caffè e limoncello.

I vini in tavola: Prosecco(cantina Almiro); Leone d’Al-merita e Lamuri, Nero d’Avo-la (ambedue cantine Tascad’Almerita).

Commenti: La riunione con-viviale natalizia è stata ancheoccasione del passaggio del-la campana, da Giulio Alby a

Sofia Cattani. Numerose lepresenze di Accademici e in-vitati. L’ambasciatore Mauri-zio Moreno ha portato i salutidel Presidente Ballarini epresentato due nuove Acca-demiche della Delegazione.È intervenuto per l’aperitivoil sindaco di Ginevra, signoraSandrine Salerno, alla quale

Maurizio Moreno ha fattoomaggio di un piatto dell’Ac-cademia. La cena è stata ani-mata, il cibo tipicamente sici-liano è stato apprezzato ehanno riscosso particolaresuccesso la caponata di me-lanzane e la pasta alle sarde.Il servizio è stato veloce e at-tento.

SVIZZERA

OLANDA

GERMANIA

N E L M O N D O

CANBERRA2 dicembre 2010

Ristorante “Tosolini’s Civic”di Carlo Tosolini. ●19, Bai-leys Arc, Canberra; =61262474317; coperti 80. ●Par-cheggio sufficiente; prenota-zione necessaria; ferie mai;giorno di chiusura nessuno.●Valutazione 8,50; prezzoaus $ 65,00; tradizionale.

Le vivande servite: risottoagli asparagi, erbe fresche eparmigiano reggiano; frittoleggero di calamari con ru-ghettina alla salsa di limone;agnellini al forno su letto dipurea di piselli, peperonataal sugo di rosmarino; rollè divitello al prosciutto, provolo-ne e asparagi su letto di pu-rea di patate alla salsa di bur-ro alle erbe; artavagio taleg-gio alle albicocche secche esemi di papavero; classicopanettone.

I vini in tavola: Gavi di Gavi2008 (Marco Bonfante);Chianti Docg 2007 (Castiglio-ni); Moscato d’Asti 2009 (Mi-chele Chiarlo).

Commenti: La Delegazioneha deciso di festeggiare il Na-tale presso un ristorante giàvisitato e che a detta degli Ac-cademici è risultato il miglioredi Canberra, confermando ilgiudizio anche questa volta. Ilrisotto era ottimo, forse un

po’ pochi i calamari fritti. Nul-la da eccepire sui secondi esul formaggio. I vini scelti so-no stati di pieno gradimentosia per l’abbinamento sia peril gusto. L’ambiente era comeal solito piacevole; unica pec-ca, l’acustica che a dire il veroha un po’ rovinato il piaceredella conversazione. Scambiodi auguri tra gli Accademiciper le feste natalizie e appun-tamento per il prossimo mesedi febbraio per celebrare tuttiinsieme il 150° anniversariodell’unità d’Italia.

LOS ANGELES22 novembre 2010

“Tra di Noi Restaurant” diTarcisio Mosconi e AntonioAlessi, fondato nel 1991.●3835 Cross Creek Road 8A,Malibu; =310 4560169; co-perti 70+50. ●Parcheggiopubblico, gratuito; prenota-zione consigliabile; ferie Rin-graziamento e Natale. ●Valu-tazione 8,20; prezzo us $ 100.

Le vivande servite: pizzabianca al tartufo, fiori di zuc-chine, mozzarella fritta, cote-chino, peperoni al formag-gio; insalata al tartufo nero;orecchiette funghi e piselli;tonnarelli al pomodoro e ba-silico; filetto di sogliola, fre-gola sarda e finocchio; brasa-to di manzo; cremoso di ma-scarpone all’Averna; crostatadi mirtilli; caldarroste.

STATI UNITI

AUSTRALIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

STATI UNITI segue

I vini in tavola: Proseccobrut Fantinel, Veneto; 2008Sangiovese Malibu vi-neyards; 2005 Syrah del Bon-dio biologico; 2009 Pinot gri-gio Italo Cescon; 2008 Zin-fandel Buelher vineyards.

Commenti: Il giovane, magià pienamente affermato,chef Francesco Velasco (cile-no cresciuto in Italia) ha pre-sentato, fra i vari piatti di cuiva maggiormente orgoglio-so, i tonnarelli al pomodoroe basilico - piatto semplicema raffinato - e le orecchiet-

te funghi e piselli condite altavolo in una forma vuota dipecorino e presentate in mo-do assai spettacolare. Gran-de successo hanno ottenuto,fra i secondi, il brasato dimanzo e, come dolce, la ri-nomata crostata, questa voltanella variante ai mirtilli.

NEW YORK1 dicembre 2010

Ristorante “Centolire” di PinoLuongo, fondato nel 2001.●1167 Madison avenue, New

York; =212 7347711, fax212 794500; coperti 180.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; ferieNatale e Ringraziamento;giorno di chiusura nessuno.●Valutazione 9; prezzo us $125,00; elegante.

Le vivande servite: cotechi-no con lenticchie; pappardel-le al ragù di cinghiale; costinedi manzo con broccoletti diBruxelles; spigola con carcio-fini in guazzetto; “pichi pachi”(dolce di melanzane caramel-late e mousse di cioccolata).

I vini in tavola: Cima di Co-negliano extra dry delle Ve-nezie; Senato Le Coste delVeneto 2008; Villa Antinori2006.

Commenti: Pino Luongonon delude mai con la suaprofessionalità, creatività emaestria. Un perfetto insie-me per la riunione convivia-le di Natale. Tutti entusiastidel cibo, a partire dagli stuz-zichini con il Prosecco, i pre-feriti. La polenta fritta: squisi-ta. Ci sono stati poi gli entu-siasti del cotechino con len-

ticchie e quelli delle pappar-delle al ragù di cinghiale.Tutti hanno veramente ap-prezzato le costine di manzocotte alla perfezione. Il dolceè tipico napoletano ed è sta-to richiesto anche se non ti-pico natalizio. Ben abbinati ivini. Serata riuscitissima contanti interventi fra cui quellidi nuovi Accademici già af-fiatati con i veterani. Il menuè stato scelto e concordatoda Giuliano Bucialli e PinoLuongo. Un grazie anche aGianfranco Cherici bravissi-mo direttore.

Prodotto della tradizione dolciaria sanvitese, il “cille-pijene” non ha niente da condividere con altri pro-dotti regionali abruzzesi, tranne la forma, e non sem-pre. Perché “cillepijene” a San Vito mentre si chiama“lu celle” a Guilmi, “lu cillucc’e’” a Guardiagrele eOrsogna, “lu tarallucce e tarall’e” a Lanciano e din-torni? Si è cercato di spiegare l’origine della denomi-nazione riferendola alla forma che viene data, nelcorso della preparazione, al dolce: un uccellino in vo-lo ad ali aperte e spiegate, oppure raccolte e congiuntecome se il volo fosse terminato. Tutto il dolce suggeri-sce l’immagine di qualcosa che si chiude ermetica-mente intorno a una farcia semplice e composta allostesso tempo, frutto di elaborazione attenta e spesso ri-cercata. Il “cillepijene”, nella cultura contadina, ve-niva preparato con la sfoglia esterna a base di olio evino secondo proporzioni più o meno convalidate infamiglia: due parti di olio e una di vino bianco, op-pure una parte di olio e una di vino. Il tutto amalga-mato con farina di grano tenero oppure con un mistodi farina di grano tenero e grano duro, a secondadella disponibilità del momento. La tradizione piùraffinata ricorda che i “cillepijene” venivano predi-sposti per le occasioni migliori (nozze, battesimi, fi-danzamenti e assegnazioni di dote per la sposa) conla sfoglia esterna di pasta frolla: farina di grano tene-ro amalgamata rigorosamente con olio, zucchero,tuorli d’uova in proporzioni tali da ottenere una sfo-glia molto tenera e friabile, di gusto fresco, determi-nato dal profumo della buccia di limone. Si trattavadi un prodotto più costoso e spesso difficile da realiz-zare a causa della disponibilità non sempre adeguatadelle uova fresche. Era riservato anche, per tradizio-ne, dai mezzadri e dai braccianti agricoli per acco-gliere i padroni al loro arrivo in campagna, ed eraservito con l’accompagnamento di rosolio di domesti-ca preparazione. Oggi “lu cillepijene” resta un dolcedi culto per “lu riceviment’e” nel festeggiamento dellenozze, dove si offre in ambedue le versioni, con la sfo-glia esterna “ad uojje e vvin’e” e con quella di “pasta

froll’e”. La farcia, o come si dice per tradizione “lu ri-pijene”, è realizzata secondo modalità e proporzioniche possono variare, con una certezza: la marmellatad’uva, preparata con uva da vino, la qualità delMontepulciano, secondo procedure molto laboriose.Uva ben matura e selezionata, messa a bollire in duepentole diverse: da una parte le bucce e dall’altra lapolpa. A metà cottura la polpa viene passata “a lu cri-vell’e” (setaccio) per essere privata dei semi e viene ag-giunta alle bucce in cottura. A fuoco piuttosto lento iltutto viene fatto bollire fino a quando non si ottieneun composto ben amalgamato e profumato. In tempidominati dalla parsimonia e dalla povertà, la farciaera condita con pezzettini di buccia d’arancia dellacosta sanvitese. In tempi migliori la farcia è stata ar-ricchita con altri ingredienti a seconda del gusto per-sonale: mandorle e/o noci secche, l’immancabile buc-cia d’arancia e cannella. Anche per la marmellatapuò esserci un’eventuale variante rispetto a quellad’uva: può essere impiegata la marmellata di amare-na o quella di arance, ma tutte fatte in casa. Il “cille-pijene” sanvitese ha una tale specificità che non può es-sere considerato come derivante da quello teramano,come a volte si legge in qualche testo. Si tratta di unprodotto di nicchia che, quanto più è tradizionalmenterealizzato, tanto più si presenta diverso, secondo un fe-lice connubio tra i sapori del luogo e la genialità delledonne, abili creatrici. La ricetta è stata codificata aSan Vito Chietino. (Mario Del Zoppo)

LA RICETTAIngredienti per la sfoglia: una parte di vino bianco; unaparte e mezza di olio d’oliva; fiore di farina di grano te-nero e/o duro per una sfoglia duttile e morbida. Per lafarcia: marmellata d’uva; mandorle e/o noci tritate;buccia d’arancia o di limone grattugiata; cannella.Preparazione: realizzare la sfoglia, tagliarla in di-schi; sistemarvi la farcia e chiudere il dolce a formadi celluccio rotondo e ripiegato. Cuocere a tempera-tura abbastanza sostenuta per almeno 20 minuti.

IL “CILLEPIJENE” SANVITESE

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A - E C U M E N I C A

ALBA-LANGHE21 ottobre 2010

Ristorante dell’agriturismo“Antica Meridiana” di An-gioletta De Giorgis e MassimoMartinelli, fondato nel 2007.●Via Montex 1, Vicoforte(Cuneo); =0174 563364;coperti 32. ●Parcheggio cu-stodito; prenotazione neces-saria. ●Valutazione 8; prez-zo € 40,00; tradizionale, ac-cogliente, rustico.

Le vivande servite: aperiti-vo con salame cotto e crudo;paté di cipolle; prugne allardo; trippe alla Battaglino;testina destrutturata; mine-stra di ceci e costine; ratatuiadi verdure con fricandò esalsiccia; pere al vino e tor-rone; torta sorpresa di frutta;caffè.

I vini in tavola: Brut Fratus;Touraine Amboise 2009; Dol-cetto Langhe Monregalesi2009; Martinelli; NebbioloRatti 2008; Moscato d’Asti2009.

Commenti: Nell’autunno or-mai avanzato, nel silenziodelle nebbie che ammantanole colline, ecco un complessoedilizio del Settecento cheoggi è un tempio per la de-gustazione dei vini della no-stra terra. Gran sacerdote èMassimo Martinelli, le vestalinon donne ma piante e vi-gneti: la sacra struttura qualetempio della cena ecumeni-ca. Ottimi piatti cucinati daMassimo, enologo, patriarcadel Barolo, che si diletta incucina, per il piacere deicommensali, con abilità emaestria, coadiuvato dalla si-gnora Angioletta.

VERBANOCUSIO-OSSOLA28 ottobre 2010

Ristorante “Buongusto” diDebora Castano. ●Via Cen-tro 67, frazione Mozzio,Crodo (Verbania); =032461680. ●Parcheggio como-do; ferie 1-20 novembre;giorno di chiusura martedìin bassa stagione. ●Valuta-zione 7; prezzo € 35,00.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con ranefritte, salamini “dla duja” (sa-lami conservati nel grasso dimaiale); fidighina; paniscianovarese; “rustida” (boccon-cini di lombo accompagnatida frutta, amaretti e semoli-ni); oca ruspante arrosto far-cita di verza e marroni; sor-betto alla pera.

I vini in tavola: Riesling Ol-trepò Doc brut “La Versa”;Gavi Docg 2009 “La Morra”;Dolcetto Doc del Monferratoda Calosso.

Commenti: La cuoca Patri-zia Santini ha voluto concre-tizzare il tema della cucinadelle festività religiose realiz-zando alcune specialità dellasua cucina d’origine, quellanovarese. Dopo il brindisiiniziale e il saluto agli ospiti,il Delegato ha brevementepresentato sia l’argomentosia lo svolgimento della sera-ta. Particolarmente apprezza-te sono state le rane fritte, lapaniscia e in parte l’oca, lacui delicatezza e finezza dicottura sono state fortementesminuite dal ripieno eccessi-vamente salato, inconvenien-te verificatosi anche per lepatate, e in minor misura perla “rustida”. Questo impro-prio uso del sale ha purtrop-po largamente influito sullevalutazioni. A fine serata Pa-trizia si è intrattenuta con icommensali fornendo chiari-menti e illustrando il com-plesso lavoro per il reperi-mento delle materie prime eper la preparazione dei piatti,dimostrando di voler miglio-rare e affinare le sue prepara-zioni.

GENOVA21 ottobre 2010

Villa Borsotto-Ayroli, saladegli affreschi del Tavarone,cena organizzata da Cate-ring Più. ●Salita nuova No-stra Signora del Monte 3,Genova; =010 8601285,fax 010 515576; coperti250. ●Parcheggio incustodi-to; ferie agosto; giorno dichiusura lunedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 37,00;raffinato.

Le vivande servite: panis-sette fritte; terrine di sott’oliodell’orto e galantina; ravioli“au tuccu de funzi”; costinedi agnello, stecco fritto conostia e purea di fave; pandol-ce e canestrelli.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene (cantina Bol-la); Vermentino della Rivieradi Ponente (cantina Fontana-cota); Ormeasco dell’Impe-riese (cantina Pornassio);Passito del Golfo del Tigullio(cantina Bisson).

Commenti: Per la cena ecu-menica, che si è svolta inconvento nella sala del pia-no nobile con gli affreschidel Tavarone, la Delegazioneha fatto affidamento sulla cu-cina delle feste religiose. Lepreparazioni sono state ese-guite in modo puntuale, sen-za dimenticare la tradizionesquisitamente genovese invirtù della quale qualsiasipiatto, anche nelle occasioniin cui deve predominare l’o-pulenza, denota e presuppo-ne pur sempre la semplicitàdelle materie prime e degliingredienti, lasciando alleguarnizioni e agli addobbi ilcompito di rendere ricca laportata.

LARIANA21 ottobre 2010

Ristorante “Il Cantuccio” diMauro Elli. ●Via Dante 36,Albavilla (Como); =031628736, anche fax; coperti32. ●Parcheggio incustodito,insufficiente; giorno di chiu-sura lunedì e martedì amezzogiorno. ●Valutazione8,50; prezzo € 50,00; tradi-zionale, accogliente.

Le vivande servite: capponmagro reinterpretato; con-sommé ristretto di capponeaccompagnato dal paté deisuoi fegatelli; ravioli con lamortadella della tradizionebrianzola al burro d’alpeggio;capretto di Caslino arrostocon aromi di montagna; pa-tata ripiena; cioccolato all’uo-vo caldo e freddo; pasticceriachiaccherata; caffè.

I vini in tavola: Onda di Lu-na da uve Vermentino Alba-rola e Greco; Oltrepò PaveseBonarda; Lacrima di Morrod’Alba; Asti Spumante.

Commenti: Lo chef MauroElli ha partecipato con entu-siasmo alla sfida: troppo faci-le riproporre i piatti della tra-dizione oppure offrire solu-zioni che richiamano gli usidi diverse religioni. Con alle-gria e curiosità ha saputo ri-spettare le tradizioni con untocco di “follia creativa” chesoltanto un maestro della cu-cina può permettersi. Ottimela cena e l’atmosfera. Memo-rabili il cappon magro reinter-pretato e i ravioli con morta-della della tradizione brianzo-la; pieno di spirito e stupored’infanzia il cioccolato all’uo-vo caldo e freddo. Meritatissi-ma la votazione eccellente.

VIGEVANO21 ottobre 2010

Ristorante “Il Cuuc” di Davi-de Palestro, fondato nel2007. ●Corso Garibaldi 20,Mortara (Pavia); =038499106, anche fax; coperti90. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 5-30 ago-sto; giorno di chiusura do-menica sera e lunedì. ●Va-lutazione 7,50; prezzo €

48,00; accogliente.

Le vivande servite: boccon-cini di frittata; quadretti dimarbré d’oca; fette di salamedi Varzi con pani assortiti;cornetto di sfoglia con sal-mone marinato; fritto di pe-sciolini e rane; risotto gialloalla milanese; sottocoscia indolce cottura con cipollineborrettane glassate e patateall’alloro; crema bruciata pro-fumata al sapore di cannella.

I vini in tavola: Oltre, classi-co cruasé Docg, azienda agri-cola Ca’ di Frara Mornico Lo-sana (Pavia); Bonarda “Cam-po del Monte” 2008 aziendaagricola Agnes Rovescala (Pa-via); Bonarda “Possessionedel Console” 2007 aziendaagricola Agnes Rovescala, Pa-via; vino liquoroso “Merlino”07/93 azienda agricola Pojere Sandri Faedo, Trento.

Commenti: Il patron chefDavide Palestro ha preparatoun gustosissimo tavolo riccodi cose prelibate, tra le qualivanno ricordati i quadretti dimarbré d’oca e i cornetti disfoglia con salmone marina-to. Seduti a mensa, preparataa tavola reale, è stato servitoun fumante risotto giallo alla

milanese dal gusto delicato edalla giusta cottura, unani-memente apprezzato. Qual-che discordanza per il sotto-coscia. La crema bruciata hamesso alla prova la golositàdei partecipanti. Ogni portataè stata accompagnata da unvino di buona qualità e in ar-monia. È stato distribuito ilvolume “La cucina delle festi-vità religiose”. La signora Ga-briella Castaldi, con un’ampiae dettagliata conversazione,ha parlato delle origini dellafesta del ringraziamento edell’importanza che gli ameri-cani riservano alla cucina diquel giorno. Buono il rappor-to qualità/prezzo/servizio.

COSTADEGLI ETRUSCHI

21 ottobre 2010

Ristorante “Le Giunche” diPorta Gaetano, fondato nel2010. ●Via della Cammina-ta 3, località Le Giunche,Guardistallo (Pisa); =0586652073; coperti 40+70.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 8; prezzo €

35,00; accogliente, familiare.

Le vivande servite: degu-stazione di culatello di Zibel-lo e parmigiano reggiano;cappelletti in brodo (prepa-rati e serviti in sala); tortellialle erbette; bollito misto(cappone, cotechino, lesso dimanzo, lingua, cappello delprete, specchio di petto,campanello, muscolo, stin-co); salsa verde, salsa rossa,mostarde classiche, purea dipatate; barbe rosse; verdurecotte a vapore; castagnacciocon pinoli e rosmarino, cal-darroste, castagne bollite.

I vini in tavola: Fortanina“La Luna” 2009 (Fortana)cantina Ceci, Parma; “Rose-gola” (Sangiovese-Merlot-Sy-rah) cantina La Regola, Ripar-bella; “Marcello” 2009 (Lam-brusco) cantina Ariola, Par-ma; Brachetto Cascina Fonda2009 (Brachetto rosso) canti-na Cascina Fonda, Mango;Malvasia dolce dei colli diParma 2009 cantina Calzetti.

Commenti: Cena ecumeni-ca in clima di amicizia e con-vivialità, alla presenza di nu-merosi Accademici e ospiti.

TOSCANA

LOMBARDIA

LIGURIA

PIEMONTE

CENA ECUMENICA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A - E C U M E N I C A

La cena è stata preceduta dal-la presentazione di tre nuoviAccademici e da una esposi-zione sul significato del tema“La cucina delle festività reli-giose”. Il menu è stato orga-nizzato pensando alla cucinadelle feste invernali dove ilbollito, anticipato dal suobrodo, molte volte rappre-sentava il piatto principale.Brodo che veniva accompa-gnato da paste fatte in casa,eventualmente ripiene diavanzi di carne del giornoprima finemente triturati, o diverdure di campo. La cena siè aperta con una degustazio-ne, particolarmente apprez-zata, di culatello di Zibello(specialità non tipica del ter-ritorio) con scaglie di parmi-giano reggiano, che lo chef,di origini parmensi, ha volu-to proporre in omaggio allasua terra. Gustosissimo ilbrodo servito direttamente insala. Ottimo pure il bollito.Apprezzati i vini, in specialmodo il Lambrusco e la Mal-vasia al dessert. Il tutto servi-to con abbondanza e con unservizio preciso e attento.

VALDINIEVOLE22 ottobre 2010

Istituto professionale alber-ghiero “F. Martini”, fondatonel 1959. ●Via del Castello2, Castello della Querceta(Pistoia); =057 278176; co-perti 80. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione necessaria; ferie du-rante le vacanze scolastiche.●Valutazione non effettuata,elegante.

Le vivande servite: cocktailcon stuzzichini; quadrucci inbrodo ristretto; sformato dizucca gialla e spinaci con salsadi pecorino; carré di vitella ar-rosto con verdure tornite; scot-tadito di agnello con patate eal forno; semifreddo ai cantuc-ci; biscottini assortiti; caffè.

I vini in tavola: Bianco diBolgheri 2009 (Satta); Nobiledi Montepulciano 2006 (Fat-toria del Cerro); Vin santo(Poggioturrito).

Commenti: Riunione convi-viale ecumenica con buonapresenza di Accademici eospiti, tenuta in questa scuo-la, da decenni vanto dell’artedell’ospitalità di Montecatini,ora diretta dal preside Pagni.Prima ancora di parlare del

menu, invero non troppo inlinea con il tema della serata,merita sottolineare la grandeprova di professionalità of-ferta dagli allievi dell’istituto,magistralmente guidati dailoro insegnanti. Nel ben co-struito menu sono stati ap-prezzati le piccole delizied’accompagnamento agliaperitivi, lo sformato di zuccae spinaci, l’ottimo carré di vi-tella e l’eccellente dessert.Una segnalazione merita ilNobile di Montepulciano. Altermine, il Delegato, dopol’usuale informativa sulleprossime iniziative, ha breve-mente chiarito il significatodella serata e la sua valenzaunificante, ricordando comel’occasione, ormai tradiziona-le, assuma il valore di confer-ma di fedeltà ai valori dasempre affermati e sostenutidal nostro Sodalizio.

TERMOLI21 ottobre 2010

Osteria “Pepe Nero” di Mau-rizio Miserere e Mario Mo-riello, fondato nel 2007.●Via Ruffini 25, Termoli;=0875 539145; coperti30+30. ●Parcheggio scomo-do; prenotazione consiglia-bile; ferie mai; giorno dichiusura mercoledì. ●Valu-tazione 7,70; prezzo €

30,00; rustico.

Le vivande servite: pampa-nella all’uso di San Martino;“lambascione òve e savecìc-ce” (lambascioni uova e sal-siccia); “cace e òve cu tartu-fe” (cacio e uova con tar-tufo); “peparùle mbuttite”(peperoni ripieni); “panecùt-te e fòjje” (pancotto e verdu-ra campestre); “fafe arreccia-te” (fave arricciate); “zite chibraciole” (ziti al ragù di carnecon involtini); “fesìlle ch’a fe-catàzze, a vendrèsche, ù ca-scavalle e i porcine” (fusillicon sugo di salsiccia di fega-to, ventresca, caciocavallo eporcini); agnello “cace e òve”alla molisana; “gallucce arre-chjne cu tartufe e i porcine”(pollo ripieno con tartufo eporcini molisani); cicerchiataall’uso di Larino; pesche diCastelbottaccio; cilli di Mon-tecilfone; pizza dolce.

I vini in tavola: Cerasuolorosato e Aglianico di Torre-cuso, cantina Iorio.

Commenti: Riuscitissima riu-nione conviviale ecumenica.Il Consultore Gianni Amoru-so, organizzatore e Simpo-siarca attento e puntuale, haben saputo individuare conMario, chef della piccola maaccogliente osteria, un menudegno della circostanza e taleda celebrare antiche ricette ti-piche di molti paesi del terri-torio bassomolisano. Dopo ilsaluto introduttivo e una bre-ve nota sul valore culturaledell’incontro, il Delegato hapresentato il nuovo volumedegli “Itinerari di cultura ga-stronomica”. Il Simposiarcaha illustrato il menu con do-vizia di particolari, riferimentistorici e aneddoti, spiegandola scelta dei singoli piatti, de-gli ingredienti e le prepara-zioni secondo le usanze delpaese di provenienza. Tuttemolto buone, ben realizzate esapientemente presentate lenumerose portate; attento egradevole il servizio. Dotta einteressante la relazione sultema “Sacralità della mensa eofferta di cibo ai poveri confinalità devozionali”, tenutadalla prof.ssa Fernanda Pu-gliese, direttrice della rivistabilingue di cultura e attualitàdelle minoranze linguistichedegli arbëreshë e croati delMolise “Kamastra” e membrodel nostro Cst.

TARANTO27 ottobre 2010

Ristorante “Four Seasons”,fondato nel 1998. ●Via Lec-ce 51, San Giorgio Jonico(Taranto); =099 5925125.●Parcheggio sulla stradaadiacente; prenotazione op-portuna; ferie mai; giorno dichiusura lunedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 45,00.

Le vivande servite: sforma-to di funghi canestrati, cula-tello e spuma di stracchino;tortelli di cardi in purea di fa-ve; risotto con cannaroli esalsiccia al Negramaro; filettoal Primitivo e miele di casta-gno; verdure; tortini agliagrumi e gelato; zucchetticon ricotta e pistacchio.

I vini in tavola: Negramarodi San Marzano di San Gior-gio Jonico.

Commenti: Il Delegato Lui-gi Rando e l’Accademico

Giuseppe Mazzarino hannopresentato il volume su “Lacucina delle festività religio-se”. L’incontro a tavola è poistato piacevolissimo e ap-prezzato anche per la qualitàdella cucina. Il SimposiarcaSalvatore Perrucci ha sugge-rito il locale preparando l’in-contro, e il gestore-titolaredell’esercizio Mimmo Guari-no, con la sua particolareesperienza acquisita nei mi-gliori ristoranti in Italia e al-l’estero, ha realizzato un ser-vizio perfetto e una eccezio-nale presentazione per tuttele pietanze. L’uso di prodottidi stagione e locali ha con-sentito un’ottima riuscita ditutte le pietanze e solo dueAccademici hanno formulatoqualche riserva per una noncondivisa dissociazione dallatradizione. Eccezionali i dolcie ottimo il vino; il costo con-tenuto è stato ritenuto in li-nea con la qualità. Ospiti ilpresidente del tribunale deiminori dott. Lanzo e ladott.ssa Carmela Pagano,prefetto del territorio.

CALTANISSETTA21 ottobre 2010

Istituto alberghiero “Sen. A.Di Rocco”. ●Via Leone XIII64, Caltanissetta; =0934598089; coperti 100. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie durante le va-canze estive. ●Valutazione8,50; prezzo € 30,00; tradi-zionale, accogliente.

Le vivande servite: muffu-letti conditi, cuccìa salata congrano, ceci, olio d’oliva; “pa-sta ccu ramanastri e fasola”;agnello al forno e polpette dipane; cavolfiore e cardi inpastella; cuccìa dolce con laricotta; pasta “ccu meli” (spa-ghetti sminuzzati e conditicon miele, mandorle tostatee cannella); “lumere” (cane-strini realizzati con lo stessoinvolucro del cannolo e farci-ti di crema di ricotta e che ri-cordano piccole lanterne),pignoccata, “cuddureddi” diDelia (antichissimi dolci aforma di coroncine), taralli,trecce pasquali, sfinci, coto-gnata consolidata in anticheformine a carattere votivo.

I vini in tavola: “Terra diLuce” Nero d’Avola Igt.

Commenti: Per l’organizza-zione della cena ecumenicapresso l’istituto alberghiero,gli Accademici, la Delegata ei Consultori hanno potutoapprezzare la collaborazionee l’entusiasmo del presidedott. Bruno Lupica, del vice-preside dott. Salvatore Paren-ti, del prof. Barbarino La Li-cata e di tutto lo staff dellacucina e del servizio ai tavolidei docenti e dei collaborato-ri scolastici che si sono impe-gnati per la riuscita della se-rata. La scelta delle pietanzee dei dolci devozionali dellaprovincia nissena è scaturitada un’attenta ricerca con idocenti. La cena è stata servi-ta nell’elegante salone, conun efficiente e attento servi-zio ai tavoli. Le pietanze so-no state molto apprezzate,molto curata la presentazio-ne dei piatti e la mise en pla-ce. I numerosi dolci a fine ce-na sono stati serviti al buffetadornato da originali sculturea intaglio realizzate con degliortaggi dagli allievi dell’istitu-to. Un sentito ringraziamentoal preside dott. Bruno Lupicache ha accolto con tanta di-sponibilità gli Accademici.

COLONIA21 ottobre 2010

Ristorante “L’Accento” diFranco Medaina, fondatonel 1995. ●Kammergasse,Colonia; =0221 247238,anche fax; coperti 35. ●Feriemai; giorno di chiusura sa-bato. ●Valutazione 8; prez-zo € 55,00.

Le vivande servite: stuzzi-chini vari; alici al forno; risot-to con sedano; arrosto diagnello con patate; melanza-ne alla cioccolata.

I vini in tavola: Proseccorosé 2009 (Gavioli); Terradei2009 (Tommasone); Gavi2009 (La Scolca); Ratafià DiMeo; Amarone La Bastia2005, Bastia (Ca’ de Rocchi).

Commenti: Serata ottima-mente riuscita anche se conmolte difficoltà iniziali dovuteal tema. Sono stati scelti piattiestremamente semplici legatiun tempo alla tradizione reli-giosa italiana, ma che ogginon hanno più scadenze par-ticolari. La cucina, come sem-pre al ristorante “L’Accento”,

GERMANIA

SICILIA

PUGLIA

MOLISE

TOSCANA segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A - E C U M E N I C A

è stata squisita e allo chefFranco Medaina va il meritodi essersi confrontato conpiatti a lui estranei ma benriusciti. Non certo il risotto,che un mantovano come luinon può mai fallire, ma, peresempio, le melanzane con lacioccolata di chiara originedalla costa amalfitana.

DÜSSELDORF21 ottobre 2010

Ristorante “Pigage” di RenéDi Nardo, fondato nel 1980.●Benrather Schloßallee 28,Düsseldorf; =0211 714066,fax 0211 714068; coperti 90.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; giorno di chiu-sura domenica. ●Valutazio-ne 7,46; prezzo € 65,00; fa-miliare.

Le vivande servite: casatiel-lo; cappelletti all’uso di Ro-magna; baccalà del frate cap-puccino; oca ripiena di SanMartino; cuccìa dolce di San-ta Lucia.

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene (Sorelle Bron-ca); Vernaccia di San Gimi-gnano Vigna Casanova Docg2008 - Fontaleoni; Chianti clas-sico Vigna Vecchia Docg 2004- F. Beccari, Radda in Chianti.

Commenti: Un’elevata pre-senza di commensali ha resoonore all’impegno profusodal Simposiarca HeinrichBackhausen e dallo chef del-la cucina Klaus Heuer per lapreparazione di un menu im-pegnativo. A tutti i commen-sali sono stati distribuiti nonsolo il menu, ma anche le ri-cette delle portate, in linguasia italiana che tedesca.Quelli di nazionalità tedescasi sono dimostrati molto inte-ressati al casatiello e alla suapreparazione, a Napoli, inoccasione della Pasqua. IlDelegato e il Simposiarcahanno fatto del loro meglioper le relative spiegazioni. Siè discusso a lungo, per esem-pio, circa la differenza frabaccalà e stoccafisso, o per laricetta non semplice da ese-guire per l’oca ripiena di SanMartino. La valutazione di7,46 è senz’altro bassa perl’impegno profuso, ma il bac-calà non è per tutti i gusti.Con la cena ecumenica diquest’anno la Delegazione èriuscita comunque a far co-

noscere piatti al di fuori diquelli più famosi. Un grazieanche al proprietario sig. DiNardo che ha messo a dispo-sizione un ambiente elegantee insieme intimo.

VARSAVIA21 ottobre 2010

Ristorante “Delizia” di LucaBo e Lorenzo Robustelli, fon-dato nel 2010. ●Hoza 58/60,Varsavia; =0048 226226665;coperti 30. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazione 8;prezzo zloty 180 (€ 45,00);elegante.

Le vivande servite: tortapasqualina; tortelli di zuccamantovani; nodino di vitellaal gorgonzola con funghi gal-letti; pastiera napoletana.

I vini in tavola: Moscatogiallo, Bolognani Doc 2009(Trentino).

Commenti: Il locale scelto èuno dei ristoranti italiani piùapprezzati a Varsavia. Loren-zo Robustelli ha preparatoun menu, per la cena ecume-nica, che rispecchia un po’ lacucina delle feste di tutta lapenisola italiana: dalla tortapasqualina della sua terra na-tia ai tortelli di zucca manto-vani (saporitissimi con untocco di amaretto), all’ottimapastiera napoletana. Luca Boha proposto un’ottima sceltadi vini. È stato gradito soprat-tutto il Moscato giallo che sisposava particolamente benecon i tortelli. Locale moltopiacevole con un’atmosferaraccolta e, per fortuna, undesign semplice ed elegante.

CANBERRA21 ottobre 2010

Trattoria “La Locanda” diPaolo Milanesi, fondata nel2009. ●1 London Circuit,Canberra; coperti 200. ●Par-cheggio sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie mai;giorno di chiusura nessuno.●Valutazione 8,30; prezzoaus $ 65,00; tradizionale.

Le vivande servite: tagliatadi pesce fresco con salsa alle

olive nere e pomodori fre-schi; risotto “cu nivuru” al ne-ro di seppie della tradizionesiciliana; pappardelle fatte incasa al sugo di gamberi e po-modoro; pesce fresco (oratapescata la mattina stessa) consalsa verde all’aglio e pepero-ni grigliati (specialità della zo-na di Agrigento); sorbettodella casa al limone e arancia.

I vini in tavola: Trebbianod’Abruzzo Gran Sasso; Ne-groamaro di Puglia Lucarelli;Dal Zotto rosato King ValleyVic; Pinot grigio d’AbruzzoGran Sasso.

Commenti: La SimposiarcaLaura Giovenco ha presenta-to il tema della cena ecume-nica. Scegliendo la cena dellavigilia di Natale e sofferman-dosi, soprattutto, sulla nascitadelle feste religiose in tutto ilmondo e in tutte le religioni,ha raccontato aneddoti dellevarie regioni europee, ex-traeuropee e italiane. I com-mensali hanno degustato ilmenu preparato da Paolo Mi-lanesi, trasferitosi a Canberral’anno scorso dopo una lun-ga permanenza all’estero chegli ha dato la possibilità diaccrescere la sua cultura incampo cucinario. Tutti gli in-gredienti erano stati reperitiin loco ed erano di primissi-ma qualità e freschezza, ilpesce non era d’allevamento,ma pescato in mare la matti-na stessa. L’amore di Paoloper la cucina è nato all’età di

9 anni: la nonna e la mammagli hanno lasciato le miglioriricette e i segreti che custodi-sce in un prezioso cofanettoe che non rivela a nessuno. Ipartecipanti con piacere han-no passato un’ottima serataall’insegna della convivialitàe del buon gusto.

NEW YORK25 ottobre 2010

Ristorante “Etcetera Etcetera”di Daniele Kucera, FrancoLazzari, Stefano Terzi, fon-dato nel 2004. ●352 West44th street, New York;=2139941412; coperti 60.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; ferieNatale, 4 luglio, Labour Day;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 9; prezzo $110,00; accogliente.

Le vivande servite: crostinial sale marino e rosmarino;ravioli con funghi e olio tartu-fato; polpettine di vitello; ra-violi di zucca mantovani; ri-sotto con gamberetti e bucciadi limone; filetto di manzocon crema di porcini; patateal timo e broccoli; pastiera na-poletana; tronco di Natale;krapfen; panettone con za-baione; frappe; cassata alla si-ciliana.

I vini in tavola: Valdo, Pro-secco di Valdobbiadene;

Roero Arneis Castiglione Fal-letto 2009; Rosso di Montalci-no, Castello Martinozzi 2008;Moscato d’Asti, Galarej 2008.

Commenti: Cena ecumeni-ca di grande successo sia ga-stronomico ed enologicoche di convivialità. Un’atmo-sfera calda e accogliente conla partecipazione di nuoviAccademici e di importantipersonalità. Gli aperitivi nonerano abbondanti di propo-sito, per dare spazio al buffetfinale dei dolci. Infatti il temaquest’anno era la cucina del-le festività religiose, dove ab-bondano i dessert. Partico-larmente apprezzate le pol-pettine di vitello e i crostinidi sale marino e rosmarino,graditissimi i ravioli di zuccamantovani (dosato alla per-fezione l’impasto della zuccae degli amaretti). Grande en-tusiasmo per il risotto congamberetti e buccia di limo-ne, per non dire della perfe-zione del filetto di manzo,dalla cottura alla crema diporcini. Il buffet di dolci èstato la grande attrazione: daikrapfen di Trieste al golosopanettone e zabaione, allacassata alla siciliana con lapasta reale di mandorle, ec-cellente e leggera per quelche si può, e alla pastiera na-poletana preparata da Miche-le Miele. I vini eccellenti, so-prattutto il Roero Arneis, sisposavano benissimo con icibi. Applauditissimo lo chefStefano Terzi.

STATI UNITI

AUSTRALIA

POLONIA

PREMIO “DINO VILLANI”AL PANETTONE... DI CREMONA

La Delegazione di Cremona, in occasione della cena ecume-nica, alla presenza di autorità e di numerosi Accademici haconferito a Claudio Manini il premio accademico “Dino Vil-lani” per l’eccellenza del panettone da lui prodotto artigia-nalmente usando ingredienti di qualità. Già nel 2005 l’altaqualità del suo panettone era stata riconosciuta dalla severagiuria della Castalimenti di Brescia; ma, a dire il vero, tuttala sua produzione e la sua attività sono da anni improntatea una continua ricerca di perfezionamento: fondamentale lasua ammissione al Richmond nella categoria artisti che gli hapermesso di partecipare, come rappresentante dell’Italia, amanifestazioni di portata internazionale, apportando allaproduzione artistica l’innovazione della tridimensionalitàdelle opere realizzate in pane. È motivo d’orgoglio per la De-legazione averlo segnalato e aver ottenuto per lui l’ambito ri-conoscimento. (Carla Bertinelli Spotti)

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NUOVI ACCADEMICI

PIEMONTE

Cuneo-Saluzzo Ferruccio Franza

Torino Lingotto Flavia Accorinti

LIGURIA

Genova Maria Elena Gallesio Piuma Ferraro

LOMBARDIA

Alto Milanese Giorgio Casotti

Milano Duomo Annelie Kleffmann Iannaccone

Milano NavigliPaolo Veneziano

Monza e Brianza Patrizia Piacentini Faedo

TRENTINO-ALTO ADIGE

Bolzano Roland Buratti Guido Sommavilla

VENETO

Eugania-Basso Padovano Antonella Peron Paone

Rovigo-Adria-Chioggia Marco Rinaldi

EMILIA ROMAGNA

Cento-Città del Guercino Paolo Borghi Maurizio Martini

TOSCANA

Siena-Valdelsa Marco Ciampolini Aldo Zizzo

Versilia Storica Massimo Capanni

ABRUZZO

Pescara Franco FariasGiuseppe Fioritoni

Teramo Vittorio CalvisiAnna FusaroCarlo LattanziPaola Natali

CAMPANIA

Napoli Angelo Peluso

SICILIA

Val di NotoRosario Cappuccio

SARDEGNA

SassariGiacomo Spano

REPUBBLICA DOMINICANA

Santo DomingoJose Antonio Matos Ramirez

STATI UNITI

New YorkJudith Missoni

VARIAZIONE INCARICHI

TOSCANA

LunigianaVice-DelegataRagna EngelbergsConsultoriAlcide BaldassiniGiuseppe BenelliGianfranco Mazzini (Segretario)

SICILIA

Catania EstDelegataFrancesca Ferreri Dell’Anguilla

REGNO UNITO

LondraDelegatoMaurizio FazzariVice DelegateSidney Celia RossRosella MiddletonConsultoriSimona Petronitti (Tesoriere)Etta Carnelli (Segretario)Giuseppe d’AnnaSilvia MazzolaSilvana CamillettiElena ParigiLucille Perricone

NON SONO PIÙ TRA NOI

TOSCANA

SienaBaccio Baccetti Niccolini, Accademico dellaDelegazione di Siena dal 1997, se n’è andatolasciandoci un’eredità di amicizia e di sapien-za, ma anche di scienza e ricerca. Grande uffi-ciale dell’ordine al merito della Repubblica ita-liana, medaglia d’oro per i benemeriti dellascuola, era socio dell’Accademia nazionale deilincei, delle Accademie dei georgofili e dei fi-siocritici. Scienziato di fama internazionale, èstato preside della Facoltà di Scienze matema-tiche, fisiche e naturali dell’Università di Sienae direttore dell’Istituto di Zoologia. Gli Accade-mici della Delegazione di Siena lo ricorderan-no sempre con affetto e partecipazione.

UMBRIA

Foligno Umberto De Mai

SICILIA

CaltagironeConcetta Saccuzzo

ERRATA CORRIGENel numero di gennaio 2011 l’AccademicoSilvio Piazza per un refuso di stampa è appar-so come nuovo Accademico a Messina ma èAccademico della Delegazione di Marsala.

Aggiornamenti a cura diCARMEN SOGA, ILENIA CALLEGARO

e LORENA GALLINA

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

ASTI

INCONTROCON CHANNEL 4La famosa emittente televisivabritannica Channel 4 ha invia-to una squadra di registi eoperatori nel Monferrato asti-giano per girare la puntata 0 diun documentario che ha comesoggetto la cucina. Promotoredi questa iniziativa è statoGiorgio Alessio, estroso cuocoche ha avuto i suoi natali inMoncalvo, ma che opera dauna decina d’anni a Scarbo-rough, nel Nord dell’Inghilter-ra, nel suo ristorante “La Lan-terna”. Per realizzare il primodi quella che dovrebbe essereuna lunga serie di documenta-ri, Giorgio ha scelto il suoMonferrato in un’occasioneveramente speciale, la Fieradel tartufo di Moncalvo. Il filoconduttore della puntata, cheè stata girata fra Moncalvo,Asti e Grazzano, è stato uncuoco monferrino che cucinanel Monferrato per un gruppodi monferrini, usando materiaprima locale con qualche in-grediente portato apposita-mente dall’Inghilterra. Alessio,infatti, ha voluto che ad assa-porare e giudicare la sua operafosse un gruppetto di Accade-mici di Asti guidati dal Delega-to Piero Bava. E i piatti chesono stati offerti non solo era-no ottimi ma anche pieni dipersonalità e di un amore perla terra natia che traspariva an-che dai minimi particolari.Quando abbiamo chiesto alnostro anfitrione quale fosse ilsuo modo di interpretare la no-stra tradizione in un luogo cosìlontano e culturalmente diver-so, ci ha risposto: “Il mio scopoè di usare materie prime fre-sche, schiette e di ottima qua-lità per persuadere la genteche il buon cibo non deve perforza essere complicato. Vogliomostrare ai clienti inglesi unmodo di cucinare italiano, anzi

piemontese, partendo dagli in-gredienti che cerco di far pro-venire il più possibile dalla miaterra”. Infatti, quando rientra èsempre carico non solo di tar-tufi o funghi ma persino di ac-qua minerale. Nella sua coe-renza non dimentica il paese dicui è ospite, cimentandosi conottimi risultati nella cucina dimare. Dopo il pranzo, che ci haampiamente soddisfatto, abbia-mo avuto un interessante e co-struttivo scambio di opinionicol cuoco, che ci ha messi incontatto con un mondo nuovoper alcuni di noi, quello dellaristorazione italiana all’estero edi tutte le difficoltà che incontraun cuoco serio per rimanere ta-le. Il Delegato, dopo aver spie-gato gli intenti dell’Accademia,ha espresso il suo apprezza-mento per il lavoro svolto e lavolontà di continuare la colla-borazione con il ristoratore. Pri-ma del commiato, GiorgioAlessio ci ha offerto una copiadel suo libro di ricette, che,guarda caso, è intitolato comeil grande amore della sua vita(gastronomicamente parlando)“White truffle”.

ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE

IN NOME DELLA CULTURA

La Delegazione si è data ap-puntamento al ristorante “Her-mitage” di Villanova d’Albengaper la riunione conviviale de-gli auguri. In questa serata diamicizia e di particolare im-portanza per la vita della Dele-gazione, è stata festeggiata lanomina ad Accademico onora-rio di Pier Franco Quaglieni.Una nomina che viene conferi-ta dal Presidente, su propostadel Delegato competente, soloa personalità di chiara fama.Pier Franco Quaglieni entradunque a pieno titolo nella vi-ta culturale dell’Accademia,come molti altri illustri uomini

di cultura, tra cui Mario Solda-ti, di cui Quaglieni fu amico estretto collaboratore. Questanomina ci riempie di gioia edè stimolo a una crescita ancoramaggiore della nostra Delega-zione per custodire, difenderee migliorare le conoscenzedella buona cucina italiana nelnostro territorio. Pier FrancoQuaglieni, storico del Risorgi-mento e grande esperto di ga-stronomia, è stato poi invitatodal Vice-Delegato e Simposiar-ca della serata Roberto Pirino atratteggiare un ritratto di Ippo-lito Nievo. Singolare figura discrittore e patriota, morto inun naufragio di ritorno dallaspedizione dei Mille di Giu-seppe Garibaldi, scrisse nel1857 “Le confessioni di un ita-liano”, ambientato in Friuli,terra in cui sono stati prodottigli ottimi vini che hanno ac-compagnato i cibi serviti in ta-vola. Un bilancio dell’anno incorso e gli auguri per l’annonuovo del Delegato Silvio Tor-re hanno concluso una bellaserata svoltasi sotto il segnodell’amicizia. (Roberto Pirino)

CREMONA

MUSICA E CUCINADEL SETTECENTO

La Delegazione, in collabora-zione con la Camera di com-mercio, la “Strada del gusto”cremonese e la scuola alber-ghiera “L. Einaudi”, ha organiz-zato un affollatissimo incontrovolto a far conoscere la musicae la cucina al tempo di AntonioStradivari. Roberto Codazzi,critico musicale del giornale“La Provincia” di Cremona, hapresentato le novità musicalidel Settecento in una città dovela liuteria aveva raggiunto livel-li altissimi. Carla BertinelliSpotti ha documentato l’arrivoa Cremona della cucina france-se mediante 135 ricette divul-gate da un almanacco del

1794, “La cuoca cremonese”,che insegna a cucinare con fa-cilità qualunque sorta di vivan-de. Gli chef della “Strada delgusto” e i giovani chef dellascuola con i loro maestri, gui-dati dall’Accademica Maria Atti-lia Fabbri Dall’Oglio, hannorealizzato le proposte da leisuggerite e imbandito due ma-gnifiche tavole che hanno ri-creato l’atmosfera dei buffetsettecenteschi. Queste le pre-parazioni salate: fagiano allacertosina; pasticcetti alla be-sciamella e alla sultana; piccolicestini di pasta brisé con verdu-re; globo di riso alla certosina;pasticcio di lasagne in pastasfogliata; insalata reale. Questele preparazioni dolci: un enor-me pan di Spagna glassato efarcito con crema alla vaniglia;babà; spume; piccoli choux; bi-scotti savoiardi e ciambellettevarie. Il tutto disposto artistica-mente sulle tavole, imbandite earricchite da bellissime decora-zioni floreali create da Gian-paolo di “Callas fiori”. Maria At-tilia Fabbri Dall’Oglio ha tenutoquindi una lectio magistralis,molto applaudita, sulla novitàin cucina nel secolo dei lumi eha presentato le varie prepara-zioni che sono poi state offertealla degustazione. Numerosi gliAccademici e i giornalisti pre-senti tra il pubblico, che hannopoi dato notizia dell’evento suigiornali locali. Per invitare ilpubblico all’incontro, una ma-gnifica vetrina era stata allestitaallo Iat, nel centro della città, ri-producente una natura mortacon strumenti musicali del pit-tore Antonio Gianlisi, conserva-ta al Museo civico Ala Ponzonedi Cremona. (Carla BertinelliSpotti)

LARIANA

PESCE DI LAGOAPPENA PESCATO

Esistono ancora ristoratori chenon usano l’articolo prima diindicare il piatto sulla lista; che

LOMBARDIALIGURIA

PIEMONTE

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

non utilizzano diminutivi ovezzeggiativi; che non adotta-no stoviglie ideate per suscita-re stupore anziché contenerecibi onesti, reperiti e cucinaticon passione artigianale. LaDelegazione ha avuto la fortu-na di ritrovare queste antichesensazioni in occasione di unariunione conviviale che si èsvolta sul lato “povero” del la-go di Como, in quel di Lezze-no, pochi chilometri prima diBellagio, dove è nato l’“Ittituri-smo da Abate” (la denomina-zione e la grafica adottata perl’insegna rappresentano le solenote stonate). Una trattoriaonesta, corretta e rispettosadelle aspettative, ove vieneproposto pesce di lago fre-schissimo, catturato esclusiva-

mente dai due fratelli Abate, ti-tolari del locale e pescatoriprofessionisti.Tanto all’antica, i due giovanifratelli pescatori, da avere ilcoraggio di chiudere il localequando il pescato scarseggia.Una cucina memore e rispetto-sa delle tradizioni locali, senzafronzoli o pretese eccessive;caratterizzata da sapori puliti,veri e spesso sepolti nella me-moria dei più anziani. Ottimi ilfritto misto di lago, le bru-schette con missoltino, le albo-relle in carpione, un carpionerustico e forte, come quellousato un tempo allo scopo diassicurare una più lunga con-servazione al piatto cucinato.Ottimi, soprattutto, l’ambientee la cordiale presenza dei tito-

lari, con un dialetto “laghè”che torna a echeggiare fra i ta-voli in modo naturale, senzavoler “creare ambiente”. Untuffo nel passato, alla riscoper-ta di sapori veri, nel ricordo ditradizioni a volte dimenticate.Anche così si tutela la civiltàdella tavola, anche questo - oforse, soprattutto questo - èAccademia. (Enzo Pomentale)

MILANO DUOMO

ALLA SCOPERTADEL CUSCUS

Nicola Favia, Simposiarca dellaserata, ha impostato il consue-to appuntamento mensile conl’obiettivo di approfondire la

conoscenza del cuscus, unpiatto dalle chiare origini ara-be, comunque molto eseguitoe apprezzato in Sicilia dove, aSan Vito Lo Capo, viene an-nualmente organizzato un fe-stival che ha proprio nel cu-scus l’interprete principale.Dopo un’approfondita relazio-ne del Simposiarca sulle originie sulle modalità di preparazio-ne di questo piatto, il menuprevedeva un tris di antipasti,di chiara connotazione isolana:panelle siciliane, caponata concioccolato fondente e sarde abeccafico. Il cuscus venivaquindi presentato in tre varian-ti principali: di pesce alla trapa-nese, alle verdure e, per finire,dolce con gelato di pistacchiodi Bronte. La cena era accom-

Presso il ristorante “Da Toni”, a Gradiscutta di Var-mo, si sono incontrate le Consulte regionali per loscambio degli auguri di Natale. All’incontro eranopresenti due graditissimi ospiti: la Delegata di Toron-to, Marisa Bergagnini, e il presidente dell’Ente Friulinel mondo, dott. Pietro Pittaro. Un eccellente menustagionale, suggerito dalla Consultrice Pucci Stroili emolto ben interpretato dallo chef Roberto Cozzarolo,ha fatto da contorno agli interventi riguardanti ilconsuntivo delle attività culturali svolte durante l’an-no. Il Coordinatore territoriale Renzo Mattioni si ècompiaciuto per il notevole impegno profuso dalle De-legazioni e dal Centro Studi territoriale, ottimamentediretto da Giorgio Viel. Il Centro Studi ha realizzatodue convegni nazionali, quello di Udine su “La globa-lizzazione nella storia: esempi di sana contaminazio-ne enogastronomica” e quello di Trieste su “L’aromadel caffè italiano da Trieste nel mondo”. Altri dueconvegni a carattere regionale sono stati organizzatidalle Delegazioni di Trieste e di Pordenone: “Frutta everdura nell’arte” e “... e baccalà”. La Delegazione diUdine ha collaborato con il Dipartimento di Glottolo-gia dell’Università di Udine al corso di perfeziona-mento post laurea su “Valori identitari e imprendito-rialità”, riservato a 12 laureati discendenti da fami-glie friulane emigrate in Argentina e in Brasile, eRenzo Mattioni ha tenuto una lezione sulla cucinaregionale, cui sono seguiti una visita alla mostra “An-geli: volti dell’invisibile” a Illegio in Carnia e un in-contro conviviale dove i corsisti hanno potuto assapo-rare alcuni piatti della cucina locale. Proseguendo

nella illustrazione delle attività culturali, Renzo Mat-tioni ha sottolineato l’impegno per la stesura dei testiriguardanti sia la “Cucina della frutta”, sia la “Cuci-na dell’unità d’Italia” e ha parlato della collaborazio-ne con la rivista di enogastronomia “Fuoco Lento”. Aquesta impegnativa attività va aggiunto un ultimoimportante tassello, la visita a Toronto della Consul-trice Donatella Trevisan, accompagnata dallo chefdel ristorante “Da Toni”, Roberto Cozzarolo, per unevento accademico imperniato su “Il Friuli, la sua sto-ria e i suoi cibi”. L’iniziativa, ideata dalla Delegata diToronto, Marisa Bergagnini, è stata sostenuta dall’I-stituto italiano di cultura e dall’Ente Friuli nel mon-do. Roberto Cozzarolo ha preparato la cena ecumeni-ca della Delegazione di Toronto, che si è svolta pressoil ristorante del “George Brown” college, e il tema eraimperniato sulla cucina tipica friulana. Il consenso èstato unanime. In un successivo incontro RobertoCozzarolo ha tenuto una lezione di arte cucinariaagli studenti dei corsi di chef del “George Brown”. ADonatella Trevisan è stato, invece, riservato il compitodi illustrare i piatti e i vini serviti durante la cenaecumenica e quello di tenere una conferenza in in-glese presso l’Istituto italiano di cultura dal titolo“Food and culture from a fortunate corner of Italycalled Friuli“. Approfittando della presenza dei princi-pali attori di quell’evento, il Coordinatore territoriale liha voluti ringraziare per il successo della manifesta-zione consegnando a Roberto Cozzarolo una targadell’Accademia e al dott. Pietro Pittaro il piatto acca-demico. (Renzo Mattioni)

UN ANNO INTENSO PER IL FRIULI-VENEZIA GIULIA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

pagnata da un tris di vini bian-chi: Charme Doc Firriato 2009,Etna Doc Barone di Villagran-de 2009 e Malvasia delle LipariBarone di Villagrande 2006.Folta la rappresentanza di Ac-cademici, accogliente il locale,allegra l’atmosfera, per una se-rata di indubbio successo. (An-drea Cesari de Maria)

PADOVA

LA VIA DELL’AMBRA

Un sabato reso dolce da unbel sole tiepido, il fascino anti-co dell’ambra, una città, Adria,carica di storia e di antichi re-taggi, un ristorante, il “Molte-ni”, fedele alle tradizioni mi-gliori della cucina del territo-rio, ingredienti sicuri per unabella giornata accademica ar-ricchita dalla piacevole com-pagnia degli amici della localeDelegazione di Rovigo-Adria-Chioggia. L’idea di visitareAdria, il suo Museo archeolo-gico nazionale e la mostra“Ambra pietra del Sole e donodegli dei”, è stata di Giampao-lo Guarnieri, siniscalco dellariunione conviviale insieme aGiuseppe Carinci, Accademicodi Adria. La perfetta tempisti-ca, l’organizzazione puntuale ela felice scelta del menu hannofatto da degna cornice a un’i-dea gradita a tutti i partecipan-ti. Adria, da millenni stazionecardine del commercio del-l’ambra verso Roma e il suoimpero, mantiene ancora que-sta prestigiosa prerogativa nonpiù come stazione di transitodella preziosa resina ma pro-muovendone la conoscenza,l’utilizzo e la diffusione con in-contri, rievocazioni, ricerche estudi. È stata la direttrice delMuseo, dottoressa GiovannaGambacurta, a guidare la co-mitiva prima nella sala dellamostra dedicata all’ambra e su-bito dopo lungo gli spazi beneallestiti del prestigioso museo.

Maestria e dottrina hanno sti-molato interesse e partecipa-zione, suscitato quesiti appro-priati e risposte chiare e inte-ressanti. Il menu preparatodall’albergo ristorante “Molte-ni” ha reso omaggio sia ai tra-scorsi romani di Adria, con ilrombo alla Nerone secondoApicio, sia alla via dell’ambra,con il semifreddo allo zabaio-ne con gocce d’ambra. Duran-te la riunione conviviale, al sa-luto affettuoso di Giorgio Gol-fetti, Delegato di Rovigo, hafatto seguito quello di CesareBisantis che, con una breve re-lazione, ha ricordato i vari si-gnificati che, nel corso dei se-coli, sono stati attribuiti all’am-bra: le proprietà magiche (sot-to forma di amuleto da portareaddosso), quelle mitologichema, soprattutto, quelle medi-che (somministrazione in pil-lole o cialde o applicazionecome unguento). Una sostan-za quasi magica poiché ritenu-ta figlia del Sole, che, sino allaseconda metà dell’Ottocento,venne considerata come unapanacea contro tutti i mali.(Cesare Bisantis)

ROVIGO-ADRIA-CHIOGGIA,EUGANIA-BASSO PADOVANO, FERRARA EVENEZIA MESTRE

QUATTRO DELEGAZIONISI SCAMBIANOGLI AUGURI

Una riunione conviviale degliauguri diversa, quella celebra-ta a Villa Morosini di Polesella(Rovigo). Nella splendida cor-nice della casa di campagnadel grande “capitano de mar”Francesco Morosini, “il Pelo-ponnesiaco” vincitore dellaflotta turca a Lepanto, si sonoincontrati cento Accademicidelle quattro Delegazioni con-finanti con la lunga e strettastriscia di terra polesana tral’Adige e il Po. Si sono così po-tuti ritrovare tutti insieme perla tradizionale riunione convi-

viale degli auguri natalizi gra-zie all’impegno profuso daiDelegati Giorgio Golfetti, Pie-tro Fracanzani, Victor Dana edEttore Bonalberti e dai lorocollaboratori, uniti dalla con-vinzione che sia opportuno enecessario attivare questi in-contri interdelegazione, perampliare quella rete di fruttuo-si scambi culturali sostenutadall’amicizia come elementocaratterizzante di tutta l’attivitàaccademica. E così è potutoaccadere che grazie alla natu-rale e doverosa amicizia tra iDelegati si stia sperimentandoun fruttuoso scambio di espe-rienze tra le diverse consulte e,con occasioni come quelle diVilla Morosini, tra gli Accade-mici delle varie realtà territo-riali. Obiettivo dell’incontro:celebrare l’avvento del Natalecon un menu risultante dall’u-nione di alcuni piatti delle tra-dizioni enogastronomiche del-le quattro province, così vici-ne, ma anche così diverse perstoria e tradizione gastronomi-ca. Ne è risultato un felice con-nubio tra gli antipasti a base dipesce della tradizione venezia-na - per la verità l’unica notastonata nella realizzazione diuno chef, Maurizio Dolcettodel ristorante “Il Cavaliere” diBosaro (Rovigo), più abile conle carni che con le prelibatez-ze dei cicchetti a base di bac-calà mantecato (pessimo quel-lo realizzato, lontano mille mi-glia dal celebre mantecato ve-neziano) - di sarde in “saor” edi anguille fritte e marinate,queste ultime più legate allatradizione polesana e ferrare-se. Partito, dunque, in estremasalita, il menu si è poi svilup-pato in un crescendo che haavuto le sue espressioni mi-gliori nel ferrarese pasticcio dimaccheroni, di rara bontà, enei capponi in “canevera” coni quali Dolcetto ha saputo ri-scattarsi a pieno titolo e sulsuo terreno più congeniale,grazie a un’esecuzione perfet-ta di questo piatto tipico dellatradizione padovana. Ottima

anche la bondola polesana diproduzione diretta dello chef,accompagnata da una delicatapurea di patate e dai classici“fasioi in putacin”. Piatti pre-sentati con dovizia di riferi-menti storici e culturali, ri-spettivamente, da Michela DalBorgo per quelli veneziani,Victor Dana per quelli ferrare-si, Pietro Fracanzani per lagallina in “canevera” e Gior-gio Golfetti per la bondolapolesana. In bella mostra, sul-le 12 tavole elegantementeimbandite, le celebri “coppie”di pane ferrarese, oggetto diimmediata vogliosa curiositàdei palati meno abituati aquesta eccellenza della tradi-zione della panificazione ita-liana. Gran finale con un’ori-ginale zuppa inglese, dolce ti-pico delle festività natalizie diFerrara, e un assaggio delpampepato, da qualche ricer-cato denominato pampapato,che ha accompagnato gli au-guri finali. Prosecco di Val-dobbiadene e Lambrusco diSorbara l’hanno fatta da pa-droni con il prezioso Fior d’A-rancio Passito di Villa Sceri-man. La riunione conviviale,alla quale ha partecipato, daAccademico di Ferrara, il Vi-ce-Presidente vicario SeverinoSani, è stata condotta da Etto-re Bonalberti e allietata da al-cune apprezzate esecuzionicanore e al pianoforte dellamezzosoprano e concertistarussa Victoria Lyamina e daltrio goldoniano Alberta, Luisae Gianni, con un simpatico si-parietto prenatalizio in costu-me d’epoca, tratto da “I ruste-ghi” di Carlo Goldoni. A ricor-do della giornata, l’ing. Lucia-no Zerbinati, proprietario diVilla Morosini, aveva fattorealizzare, dal maestro Giam-paolo Berto, 50 litografieesclusive, rappresentanti quat-tro scorci tradizionali dellecittà di Rovigo, Ferrara, Pado-va e Venezia, che i quattroDelegati hanno voluto conse-gnare come regalo di Nataleai loro Accademici. Insomma,

VENETO

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una riunione conviviale degliauguri antica e moderna altempo stesso. Un modello daconservare e riproporre in al-tre occasioni utili per garanti-re alla vita del nostro sodali-zio una sempre più convinta eappassionata partecipazione.(Ettore Bonalberti)

IMOLA

I COLORI DEL GUSTO

Nella splendida cornice dellaPinacoteca comunale San Do-menico di Imola è stata allesti-ta la terza mostra dell’Accade-mia “I colori del gusto”, inseri-ta tra le manifestazioni delBaccanale 2010, e inauguratadal Delegato alla presenza dimolti Accademici, tra i quali ilConsultore nazionale UmbertoCenni, il Direttore del CentroStudi della Romagna Alessan-dro Cantagalli, il Coordinatoreterritoriale della Sicilia orienta-le Mario Ursino, il Delegato diCento Salvatore Alberghini.L’assessore per la Cultura delComune di Imola prof. ValterGalavotti si è soffermato sul-l’importanza dell’evento imo-lese “Salse, sughi e condimen-ti” e sulla stretta relazione tra iltema del Baccanale e la mostradell’Accademia. Massimo Montanari, per l’oc-casione consulente del Bacca-nale, ha invece sottolineatol’importanza dei condimenti,elementi che definiscono unpiatto e gli danno una precisaidentità gastronomica e cultu-rale: ben si sposa pertanto iltema della manifestazione conla mostra napoletana. Il Dele-gato ha invitato infine MarioUrsino a illustrare alcuni parti-colari della mostra stessa. Altermine ci si è incontrati conmolti Accademici della Dele-gazione al ristorante “San Do-menico”, a pochi metri dallaPinacoteca, per una riunioneconviviale. (Gianni Mita)

VERSILIA STORICA

NUOVA DELEGAZIONEIN TOSCANA

Presso il ristorante del centrocongressi “Versilia Holidays”, ènata ufficialmente la Delega-zione della Versilia Storica. Pri-ma della cena, il PresidenteGiovanni Ballarini, in un brevediscorso, ha indicato gli scopiche l’Accademia, come istitu-zione culturale della Repubbli-ca, vuole perseguire in Italia enel mondo attraverso le sueDelegazioni. Quindi il Presi-dente ha consegnato alla neoDelegata Anna Ricci Pinucci lacampana che segnerà l’inizio ela chiusura delle riunioni con-viviali. La Delegata ha poi pre-sentato al Presidente Ballarini,al Segretario generale PaoloPetroni e al Coordinatore terri-toriale Franco Cocco il suostaff e gli altri Accademici chehanno dato vita a questa nuo-va Delegazione. Parole di au-gurio sono state rivolte dal sin-daco di Pietrasanta, dott. Do-menico Lombardi, dal sindacodi Forte dei Marmi, dott. Um-berto Buratti, e dall’assessorealla Cultura del Comune di Se-ravezza prof. Franco Carli. Allaserata hanno partecipato mol-te delle Delegazioni della To-scana. (Anna Ricci Pinucci)

ANCONA

TRA MODA E CUCINA

La Delegazione guidata daMauro Magagnini si è riunita alristorante “Divinus” di Jesi(Ancona) per la presentazionedel bel libro “La scarpetta nelpiatto”, scritto dall’imprenditri-ce dell’alta moda calzaturieraNenella Impiglia, marchigianacolta e amante della sua terra edelle sue tradizioni. E questo

amore per le Marche, per lasua cittadina d’origine (SerraSan Quirico) e per la sua fami-glia traspare da ogni riga dellasua opera. Il rapporto sempreparallelo tra moda e cucina è iltema conduttore del libro, conricordi familiari di gioventù di-visi tra l’osservare e apprende-re la cucina della nonna e ge-stire il suo look con il disegnar-si, da ragazzina, l’abbigliamen-to, segno premonitore del suosuccesso, da grande, nel mon-do della moda. Le ricette, i sa-pori descritti dimostrano sem-pre l’affettuoso amore per quelmondo marchigiano così sem-plice ma così ricco di umanitàe fascino, non disgiunto da unpo’ di nostalgia per quanto èpassato e non è più riscontra-bile. L’appendice di ricettemarchigiane, quelle della non-na o di una cucina di tradizio-ne, è altrettanto valida e signifi-cativa e leggerle dopo quantoil libro testimonia e ricorda èun ulteriore tuffo nella ricchez-za, nella bellezza e nelle splen-dide tradizioni delle nostreMarche. (Mauro Magagnini)

FORMIA-GAETA

ATMOSFERA E SAPORI DELL’ANTICA ARTE CULINARIA

Per la cena di fine anno, la De-legazione si è riunita presso ilristorante “Antica Carrera” diFondi, dove è stata servita unacena che ha proposto alcunipiatti classici della cucina dipesce della Riviera di Ulisse(tra Terracina e Gaeta) rivisitatinel gusto della tradizione cuci-naria fondana. Il tutto, utiliz-zando i prodotti della piana diFondi, Sperlonga e Monte SanBiagio, conferiti nel mercatoortofrutticolo di Fondi, secon-do in Europa per quantità divendita e primo, senza dubbio,per varietà di offerta (arrivandola frutta da tutto il mondo) e

freschezza. Il ristorante, oggigestito da Massimo Rotunno,che cura la sala con garbo e at-tenzione per la clientela, e Ma-ria Cristina Biasillo, chef di for-mazione sul campo e affina-mento in stage e corsi di cuci-na, è erede dell’albergo-risto-rante “Appia”, aperto da Quiri-no Rotunno, nonno di Massi-mo, nel 1946 in via Roma, luo-go nel quale si è svolto per ol-tre venti anni il commercio or-tofrutticolo. Là si fermavano adormire i commercianti prove-nienti da tutta Italia, che gusta-vano la cucina tradizionalefondana - “pett’l e fasule”, sal-siccia e broccoletti, baccalàbollito con peperoni secchi, ra-ne, gamberetti di fiume, luma-che, caccia del lago di Fondi -unendosi ai buongustai delluogo, tra cui il poeta Liberodel Libero, il pittore DomenicoPurificato, il regista GiuseppeDe Santis, lo slavista Dan Dani-no di Sarra. Tradizione, gusto,amicizia e incontro tra storiesociali, economiche e culturalidiverse costituivano il tratto ca-ratteristico di questa come dialtre osterie fondane sorte suc-cessivamente. Il progresso eco-nomico-sociale, che ha portatoil ristorante “Appia” dapprimaall’interno proprio del mercatoortofrutticolo quando ha aper-to i battenti nella modernastruttura di viale Piemonte,successivamente in via Carrera(da qui il suo attuale nome,che ricorda la strada utilizzatadagli antichi carrettieri che sirecavano ogni giorno nellacampagna per la raccolta deiprodotti coltivati), pur se haampliato e affinato l’offerta del-le pietanze, non tralascia maidi mantenere l’atmosfera e i sa-pori dell’antica arte cucinaria,unendo armoniosamente latradizione alla novità. La cenaè stata aperta dalla sfoglia dibufala con pesto e calamaretti,un piatto originale, con la moz-zarella di bufala prodotta dalcaseificio fondano “Paolella” eil pesce appena approdato sulmercato di Terracina. Si è pas-

LAZIO

MARCHE

TOSCANA

EMILIA ROMAGNA

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sati poi alla fantasia del golfoall’“Antica Carrera”, un tritticodi assaggi del pescato con le-gumi e ortaggi. Continuandocon il pesce, è stata propostauna frittura gustosa e fragrante,per finire con il dolce rappre-sentato dal panettone del for-no cittadino “Ferdinando Tam-metta”, condito con la cremachantilly al pistacchio e ciocco-lato fondente, realizzato dallochef Biasillo. Il tutto, accompa-gnato dal Prosecco dell’azien-da agricola “Terre di San Ve-nanzio” e dal vino (Satrico,Chardonnay, Aphrodisium)dell’azienda agricola “Casaledel Giglio”. Il clima convivialee natalizio ha suggellato un an-no di incontri mensili che ilDelegato Pino Orlandi ha orga-nizzato nei comuni del Sudpontino, facendo apprezzare lavarietà della cucina territoriale(di terra, di mare e di lago) e lamaestria di chef anziani e gio-vani che completano con la lo-ro arte e l’indomabile passionela meraviglia del golfo di Gaetae della Piana di Fondi. (Virgi-nio Palazzo)

LATINA

UN CLIMA DI AMICIZIA E RELIGIOSITÀ

Gli Accademici pontini, con iloro ospiti di riguardo fra iquali il presidente del Tribuna-le di Latina dott. Guido Cera-soli, il Coordinatore regionalePublio Viola, i Presidenti di va-ri Club di servizio, si sono riu-niti presso il ristorante “La Sti-va” per festeggiare la ricorren-za del Santo Natale. Il conviviosi è svolto nel salone dei caval-li, luogo nel quale è facile rie-vocare le gesta leggendarie didivinità ed eroi, fin dalle origi-ni del mondo. La presenza del-le statue di quadrupedi nel sa-lone ha fatto tornare alla me-moria Apollo, dio del Sole, colsuo carro trainato da quattrodestrieri; l’amazzone Camilla ei centauri con le loro passioniper le donne e per il vino. Main questa serata, oltre ai ricordimitologici di un passato remo-to, si è festeggiato il Santo Na-tale e, dopo il saluto auguraledi Benedetto Prandi e dopo

l’elenco di tutti gli ospiti pre-senti declamato dal cerimonie-re Anna De Donato Nascani,ha avuto inizio il convivio chesi è svolto nel migliore dei mo-di: ambiente raffinato, tavolipreparati con cura, cucina, vi-no, servizio di livello elevato,partecipazione affettiva e reli-giosa all’evento da parte di tut-ti. Fra i piatti presentati unaparticolare citazione hannomeritato l’insalata di mare e iravioli di zucca mantovana. Al-la fine della serata la soddisfa-zione dei presenti, per l’esitofavorevole della manifestazio-ne, è stata espressa dall’Acca-demico Carlo Alberto Melegarie da Publio Viola che hannosottolineato come nell’Accade-mia di Latina la bontà del cibosia strettamente collegata conla tradizione civile e religiosadel popolo, il sentimento d’a-micizia, la presenza sul territo-rio di ristoratori illuminati co-me Gianluigi Superti e di chefpreparati, esperti e capaci diinterpretare i gusti degli Acca-demici, come Mario: è notodel resto che entrambi questi

personaggi hanno fatto la sto-ria della gastronomia pontina.(Agostino D’Onofrio)

ROMAE ROMA NOMENTANA

PRESENTATO IL VOLUME“LE FESTE DEL POPOLO”

Le due Delegazioni romane sisono unite per la cena di galadegli auguri di Natale, orga-nizzando la riunione convi-viale, secondo una vecchiatradizione, con un particolaretono di eleganza in uno deiposti più esclusivi della capi-tale, dove la cucina offrespunti di particolare cura dieccellenza gastronomica.Quest’anno si è scelto l’hotel“Hassler Roma”, situato in ci-ma alla scalinata di piazza diSpagna, storico albergo di lus-so nel cuore della città eterna,dove opera uno chef conside-rato fra i più emergenti nelquadro della ristorazione diélite, Francesco Apreda. Il ri-storante dell’albergo, “Imà-

La cena degli auguri è stata anche l’occasione dellapartecipazione del Presidente Giovanni Ballarini aun’attività della Delegazione reggiana quando, perla particolare atmosfera, meglio si esprime il senti-mento della festa e dell’amicizia. Ed è stato proprioin questa atmosfera che il Presidente, il Coordinatoreterritoriale dell’Emilia e gli Accademici reggiani, connumerosi ospiti tra i quali anche le presidentesse del-la locale sezione della Società “Dante Alighieri” e delClub del fornello, si sono scambiati i migliori augurialzando i calici del brindisi proposto dallo stesso Gio-vanni Ballarini. L’incontro è avvenuto nella caldaatmosfera della “Corte Bebbi” di Barco di Bibbiano(Reggio Emilia) ed è stato reso particolarmente piace-vole dal ricco e originale menu suggerito dal Simpo-siarca Eugenio Menozzi e realizzato dal catering“Don Papi” di Corrado Catellani, che ha servito cibidi alta qualità come il formaggio grana, i salumi egli stuzzichini caldi dell’aperitivo e piatti di gastro-nomia anche innovativa come il cotechino con lo za-baione, la “pastarasa”, il carré di vitello all’arancia

con contorno di verdure, le pere cotte aromatizzatecon tartufo bianco. Prima del caffè, nel rispetto dellatradizione, la spongata di Brescello accompagnatadal bicchierino di anisetta. Il Presidente e il Delegatohanno voluto esprimere la loro piena soddisfazioneconsegnando allo chef, rispettivamente, la medaglia“Orio Vergani” per chi valorizza la cucina italiana eil guidoncino della Delegazione. Prima del brindisiconclusivo della serata, il Presidente Ballarini ha ri-cordato l’importanza di salvaguardare, senza tra-scurare corrette interpretazioni, le tradizioni alimen-tari, facendo sì che i piatti tradizionali nelle ricor-renze religiose continuino a essere sulle tavole dellefamiglie riunite in queste occasioni, come concretorichiamo al significato della festa che in quel mo-mento si celebra. Ha inoltre auspicato che, nell’atti-vità del prossimo anno, non manchino specificheiniziative culturali in linea con quelle proposte a li-vello nazionale o regionale a ricordo del centocin-quantesimo anniversario dell’Italia unita. (CesareCorradini)

A REGGIO EMILIA CON IL PRESIDENTE BALLARINI

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go”, ha recentemente acquisi-to una stella Michelin, cosaabbastanza rara nel quadrodella ristorazione romana.Eleganza, stile, un’altissimaqualità in termini di servizio ediscrezione hanno resol’“Hassler” un vero e propriosimbolo dell’ospitalità interna-zionale. Simposiarca della se-rata è stato Gabriele Gaspar-ro, Coordinatore territoriale eDelegato di Roma, coadiuvatodall’Accademico ConsultoreAntonio Masciullo e, per lascelta dei vini, dall’Accademi-co, maestro sommelier, San-dro Tomassi. Più di settanta

gli Accademici intervenuti,con numerosi ospiti fra i qualil’Accademica Barbara Frate-schi Sen della Delegazione diGinevra, ospite dell’ambascia-tore Moreno, l’architetto Man-lio Amato, il dott. Coletti, ilbarone Gillet. È intervenuto,ospite dell’Accademico To-massi, Davide Malizia, un gio-vane pasticciere proclamatorecentemente a Lussemburgocampione del mondo per lapasticceria. Malizia si è dichia-rato disponibile per collabora-re con le Delegazioni romanenell’organizzazione di semi-nari sul tema dell’arte pastic-

ciera. Dopo un eccellenteaperitivo servito nella salaVietri, durante il quale è statoofferto un Prosecco Valdo, ac-compagnato da un ecceziona-le assortimento di “delikates-sen”, vere specialità dellochef, con un lontano sentorenei fritti di sapori orientali,che denunciavano l’esperien-za nipponica del cuoco, si èpassati per la cena nel lussuo-so salone Medici. L’apparec-chiatura dei tavoli particolar-mente curata era arricchita dadecorazioni natalizie e dacentrotavola di rose rosse. IlDelegato di Roma Nomentana

Alessandro Di Giovanni haaperto la serata con il saluto ela presentazione degli ospiti,per passare poi la parola aGabriele Gasparro il quale haricordato la storia dell’hotel,sorto nel 1885 per iniziativadell’albergatore svizzero Has-sler, nell’epoca della Romaumbertina, quando cominciòa fiorire nella città un’intensaimprenditoria dedicata all’o-spitalità e alla ristorazione, deltutto mancante nel periodopapalino. A quell’epoca, quelpoco di attrezzatura alber-ghiera era riservata solo aglistranieri del “Gran tour”. Ga-

Giovanna Maria Maj,Delegata di Isernia, eClaudio Nacca, Delegatodi Roma Eur, coadiuvatida altri Accademici delledue Delegazioni, tra iquali Franco di Nucci,Francesco Ricciardi eMassimo Valentini, han-no supportato il “TrofeoSettecolli”, tradizionale

raduno di auto d’epoca organizzato dall’Mg car clubd’Italia. Dedicata alla scoperta dell’Alto Molise, lamanifestazione ha offerto ai partecipanti l’opportu-nità di conoscere gli angoli più suggestivi di una re-gione meravigliosa, tagliata fuori dagli abituali cir-cuiti turistici ma non per questo meno ricca di bel-lezze naturali, storia, tradizioni e, non da ultimo, diun’ottima tradizione e offerta gastronomica. Temadel raduno è stato la civiltà della transumanza. 21equipaggi provenienti da tutta Italia, a bordo di mo-delli Mg dal 1946 al 1998, hanno costeggiato alcunitratturi, degna cornice alle loro escursioni. Stretta-mente associata alla cultura pastorale, è l’arte dellafabbricazione dei formaggi, in gran parte alla basedella cucina tipica della regione, ma non l’unico ele-mento. Non molti sanno, per esempio, che oggi inMolise si concentra il 40% della produzione nazio-nale di tartufo, soprattutto della pregiata specie bian-ca, e che Isernia è conosciuta in tutto il mondo per lacoltivazione di una sua tipica quanto eccellente ci-polla. Sotto la guida di Giovanna Maria Maj e diClaudio Nacca (in veste anche di direttore del Centronazionale Lazio dell’Mg car club), il raduno ha avu-to una connotazione gastronomica precisa e di qua-

lità: tra i piatti tipici degustati nel corso dei tre gior-ni, sono rimasti particolarmente impressi nella me-moria degli ospiti la zuppa “alla santé”, le tacconcel-le, i cavatelli, la gallina bollita, le pallotte, i cacioca-valli, la stracciata, la manteca, i salumi molisani, ilbaccalà in agrodolce di Frosolone. Oltre agli aspetticucinari della tradizione, trattati ai massimi livelligrazie alla preziosa guida offerta dagli Accademicidella Delegazione di Isernia, particolare cura è stataposta nella proposta di luoghi di eccezionale valorenaturalistico e paesaggistico e nella guida alla sco-perta delle vestigia della civiltà sannitica che caratte-rizzò questi territori ben prima della fondazione diRoma. Dopo un omaggio alla città di Agnone, con visita al-la storica Pontificia Fonderia Marinelli, alla bibliote-ca del convento di San Francesco e a uno dei più an-tichi e famosi caseifici della regione, gli itinerari delraduno hanno toccato i centri di Pescopennataro,Capracotta, Vastogirardi, Carovilli e Pescolancianoper concludersi, dopo aver visitato il teatro sannitadi Pietrabbondante e gli abitati di Cittanova del San-nio e Frosolone, a Colle dell’Orso. Un’esibizione delgruppo musicale “Il Tratturo”, uno dei più antichi ecelebrati tra i promotori della musica etnica in Italia,e un concerto jazz del “Vittorio Sabelli Quartet”, or-ganizzato per l’occasione presso il Teatro italo-ar-gentino di Agnone, hanno impreziosito l’evento. Inoccasione di quest’ultimo evento, Vittorio Sabelli hapresentato in anteprima assoluta un nuovo pezzo,composto appositamente per celebrare il raduno, daltitolo “Mg” e che sarà inserito nel prossimo albumdell’artista agnonese in uscita a febbraio, album chel’autore ha voluto dedicare, in segno di stima, al-l’Accademia. (F.R.)

IN MOLISE ACCADEMICI IN MG

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sparro ha poi raccontato millecuriosità e spunti di costumeconcernenti la zona di Trinitàdei Monti e dintorni, una del-le più dense di storia di Roma.Il Simposiarca ha quindi pre-sentato il sedicesimo volumedella collana delle Delegazio-ni romane “A tavola con l’Ac-cademia”, un lavoro entratoormai nella tradizione dell’at-tività culturale di Roma, varioe curioso per gli argomentitrattati, molto apprezzato e ri-chiesto. Questa volta si è trat-tato delle “Feste del popolo”,delle circostanze che vedeva-no “a tavola” il popolo roma-no, dai tempi degli imperatoriche davano “panem et circen-ses”, alle mangiate nei giornidelle feste rituali o dellescampagnate. Spesso le festi-vità davano sfogo all’aviditàaffamata della plebe. Si sonoricordate le mense dei poverie le colonie marine, dove i ra-gazzi delle borgate romanepotevano mangiare ogni gior-no, almeno per un mese. Lefeste del “partito”, quando tut-te le proposte e le discussionipolitiche finivano “in gloria”,col panino con la salsiccia e ilmezzo litro di Frascati, fracanti e “ballo liscio”. Copiadel volume è stata poi conse-gnata a ogni partecipante del-la serata. Per rispettare la caraa tutti tradizione della tombo-la familiare di una volta, si so-no estratti a sorte, a cura delVice-Delegato di Roma PinoFerrarini, dei ricchi cesti dispecialità alimentari che han-no fatto la gioia inaspettatadegli Accademici vincitori. Ilmenu predisposto dallo chefFrancesco Apreda ha ricevutoil consenso e il gradimentodegli ospiti. Un antipasto dibresaola di chianina, con bat-tuto di patate alla frutta seccae ovoline, ha aperto la cena. Ilprimo, una rivisitazione dellatradizionale carbonara con fu-silli di Gragnano, seguito dalsecondo, un medaglione divitello alle erbe con crema dibroccoli romaneschi e polve-

re di mandorle, ottimo per laperfetta cottura e per l’ecce-zionale qualità della carne.Delizia di torrone con manda-rini canditi e pistacchi, perdessert; inoltre ghiotte pralinee piccola pasticceria, con i ri-tuali panettone e pandoro. Vi-ni ottimi: lo Chardonnay delleVenezie Allegrini, il ChiantiCastiglioni di Frescobaldi e ilfruttato e gradevolissimo Mo-scato d’Asti Vignaioli di SantoStefano. Sollecito, molto pro-fessionale e rapido il serviziodi sala, diretto dal maître Mar-co Forcina. Un applauso ha accolto allafine lo chef Francesco Apre-da, al quale Gabriele Gaspar-ro, in nome degli Accademici,esprimendo i più vivi compli-menti per il menu servito, haconsegnato il piatto dell’Acca-demia come riconoscimentoalla sua professionalità. Cor-diali scambi di auguri fra gliAccademici hanno conclusouna serata veramente piace-vole, tutta all’insegna del piùsentito spirito accademico.(Gabriele Gasparro)

CAMPOBASSO E ISERNIA

SUGGESTIVA CERIMONIA AD AGNONE

Gli Accademici delle due De-legazioni hanno condiviso unevento della tradizione diAgnone, molto esclusivo eparticolare. Diverso è sentirloraccontare, piacevole viverlo,insieme all’intero paese, par-tecipando con fede ed emo-zione a un’antica festa religio-sa, che si svolge in onore del-la Madonna delle Grazie. Nel-la chiesa di San Marco, gli Ac-cademici hanno assistito all’e-secuzione della “Pastorale”,ispirata al mondo dei pastori edei contadini, composta nellaseconda metà dell’Ottocentodall’agnonese Filippo Gambe-rale. Numerosi Accademici

delle due Delegazioni si era-no trovati ad Agnone, la seraprima, per una cena di incon-tro, al ristorante “La Botte”dell’hotel “San Martino”. LeAccademiche di Isernia e lasignora Rosetta Di Nucci ave-vano impreziosito la sala conlunghi tralci di bacche, ri-creando cespugli invernali inun trionfo di colori. Il menuera composto da ottimi piattidella tradizione, realizzati epresentati con cura dallo chefNicola Masciotra. Avevanocollaborato all’organizzazionedella cena, alla scelta dellepietanze, al nostro benessereper la durata del soggiorno inAgnone, i Simposiarchi Raf-faele Cicchese, della Delega-zione di Campobasso, che ciaveva parlato della storia deipiatti e della loro preparazio-ne, e Franco Di Nucci dellaDelegazione di Isernia che ciaveva illustrato la tradizionelegata alla ricorrenza religio-sa. Significativo scopo di que-ste due giornate è stato pro-prio la partecipazione allamessa solenne che alle 6 dimattina vede riuniti i cittadinidi Agnone nella chiesa di SanMarco, ove ancora si rinnovala benedizione che una voltail gran numero di ramai, maanche di fonditori di campa-ne, orafi, falegnami, calzolaidella città, riceveva il 21 no-vembre, giorno di celebrazio-ne della Madonna delle Gra-zie, prima di partire per ven-dere i propri prodotti fuori delpaese, in occasione di mercatie di fiere organizzati per Nata-le. I numerosi artigiani, nel ti-more e nell’incertezza di nonrientrare in famiglia per la ri-correnza sacra, a causa delleabbondanti nevicate, chieseroe ottennero, dalle autorità re-ligiose, di anticipare al 21 no-vembre l’inizio delle festivitànatalizie e di far suonare la“Pastorale” durante questo ri-to, per poter partire portandonel cuore il suono delle careamate note, date dal tintinniodelle campane. Gli Accademi-

ci hanno raggiunto Agnone lasera precedente la festa, pro-prio per essere puntuali aquesto suggestivo appunta-mento, vivendo così il risve-glio prima dell’alba, l’uscita dinotte, la ricerca del posto nel-la chiesa già gremita, l’attesadel vescovo che ha officiato lamessa solenne. Per tradizione,a questo rito segue una so-stanziosa colazione, la stessache necessitava per riscaldaree dare energia a chi dovevaintraprendere il lungo viag-gio: una calda, nutriente tazzadi cioccolata in cui inzupparei dolci “raffaioli”, biscotti dipan di Spagna, cotti al caminosotto la coppa. Un momentodi dolce tradizione, che gliAccademici hanno gustato incase private appositamenteaperte agli ospiti, apprezzan-do ancora una volta la squisi-ta ospitalità degli agnonesi. Alcuni commercianti e artigia-ni, su richiesta di chi ha orga-nizzato questo incontro, han-no aperto i loro negozi per-mettendo così agli Accademi-ci di acquistare ottimi prodottilocali, in particolare le “node-ra” di trippa di agnello. La vi-sita ad alcune chiese, signifi-cative ricchezze di Agnone,alla prestigiosa Biblioteca, allafonderia Marinelli con l’an-nesso museo delle campane,ha concluso la giornata di co-noscenza della città. Tutti gliAccademici e i numerosi egraditissimi ospiti si sono ri-trovati a pranzo per gustare lepietanze tradizionali del Nata-le agnonese. I Simposiarchihanno descritto le particola-rità e le accortezze con cuivengono confezionate ancoranelle famiglie le prelibatezzeche il giovane chef Nicola haegregiamente interpretato, fa-cendo riferimento ai ricettaridella madre. Tutti felici ecommossi, soprattutto gli Ac-cademici di Campobasso chenon conoscevano questa tra-dizione religiosa, per avercondiviso un momento impor-tante del costume di questa

MOLISE

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

città, vissuto dagli abitanti conamore per il proprio paese,per la propria storia, per leproprie tradizioni. (Anna MariaLombardi e Maria Cristina Car-bonelli di Letino)

ISERNIA

GIOIA, SPENSIERATEZZAE MILLE AUGURI

Cena degli auguri per la Dele-gazione: un incontro fra amici,ultimo appuntamento del2010. Gli Accademici si sonoriuniti nel locale “La Strada” al-le porte d’Isernia. Nella sala liaspettavano i tavoli apparec-chiati con cura e un bel buffetsemicircolare, rallegrati dai co-lori del Natale, e la gradita sor-presa di un dono offerto dal-l’Accademica Enza Neri che havoluto regalare a tutti un ele-fantino portafortuna. La riunione conviviale è stataprogrammata al buffet, ricco ditante proposte di antipasti, e aitavoli, dove sono stati serviti iprimi piatti caldi. Al suono del-la campana la Delegata ha da-to il benvenuto agli Accademi-ci e ai numerosi ospiti. Nel suosaluto ha parlato del profondosignificato del Natale e ha illu-strato quanto ha voluto augu-rare sul frontespizio dell’ele-gante, allegro menu: “Scintilledi felicità e spensieratezza”.Scintille che con la loro spetta-colare energia evocano il fuo-co, dagli innumerevoli signifi-cati simbolici; felicità, perenneauspicata ricerca; spensieratez-za, come distacco e riposo dal-le quotidiane preoccupazioni.Si è creata subito una vivaceatmosfera data dal piacevolechiacchierare e dal sottofondomusicale che discretamente haproposto canzoni degli anniOttanta, volute dai perfetti or-ganizzatori di questa serata: gliAccademici Enza Neri e Pa-squalino Piersimoni. I due otti-mi primi piatti, serviti caldi aitavoli, sono stati graditissimi everamente di pregevole esecu-

zione. Difficile dire se eranopiù buoni i ravioli di castagnecon funghi porcini o il risottoal radicchio e provola. E poi ilcappone ripieno, al buffet, contanti contorni, i magnifici for-maggi e per finire l’assortimen-to di dolci di casa, fatti da alcu-ni Accademici che hanno sa-puto così realizzare e offrireun vario, esauriente assaggiodella tradizione, ancora moltosentita nelle famiglie durantele festività natalizie. A conclu-sione di serata la musica hapreso il sopravvento e si è ini-ziato a ballare: un’allegra con-clusione che accompagna i sa-luti di chi va via dopo averscambiato ancora i più affet-tuosi auguri con tutti, soddi-sfatti di questo spensierato in-contro. (Maria Cristina Carbo-nelli di Letino)

AVELLINO

SALVAGUARDAREI RITI ALIMENTARI

La bella giornata di sole ha ral-legrato la gita fuori porta degliAccademici della Delegazioneriuniti con i familiari per la fe-sta degli auguri nel ristorante“La Locandina”, una luminosastruttura in stile postmoderno,situata sulla collina di Aiellodel Sabato dalla quale si godeun bel panorama. Prima delpranzo, il Vice-Delegato Sta-glianò ha tenuto un’interessan-te conversazione sul valore delcibo come apportatore di lega-mi culturali ed etnologici, ri-chiamando l’attenzione sul fat-to che molte pietanze hannoresistito attraverso i secoli alvariare delle religioni e delledifferenti egemonie straniere.Per esempio alcuni cibi dellefestività cristiane sono mutuatida piatti della religione paganaed ebraica e malgrado le note-voli differenze politiche e reli-giose, ebrei e palestinesi man-giano gli stessi falafel, ossia

polpette fritte di fave e ceci tri-tati con cipolla, aglio e corian-dolo, mentre libanesi, cristianie iracheni mussulmani man-giano gli stessi involtini di vitea base di carne macinata diagnello. I costumi alimentari hanno unaforte caratterizzazione legata alterritorio, in funzione delle lo-cali produzioni agricole o an-che in funzione delle credenzereligiose delle diverse comu-nità. Questo fenomeno si con-trappone all’industrializzazionee alla globalizzazione dellegrandi catene agroalimentari,che oggi impongono sulle no-stre tavole prodotti preconfe-zionati; da questo consegue,soprattutto nei giovani, la per-dita della conoscenza dellepietanze tradizionali del territo-rio. Spetta dunque a noi adultipreservare le tradizioni e i ritialimentari delle nostra comu-nità adempiendo in questomodo allo scopo principaledella nostra Accademia. (MarioDe Simone)

FOGGIA-LUCERA

LA CUCINA POVERAIN CAPITANATA

Presso l’hotel “Mercure Cico-lella” di Foggia, la Delegazioneha presentato il volume “Lacucina povera in Capitanata”(Ed. del rosone - Foggia). Do-po un breve intervento del De-legato Luigi Altobella e una si-gnificativa introduzione dellaresponsabile della casa editri-ce prof.ssa Falina Marasca, hapreso la parola l’autrice del li-bro, prof.ssa Antonietta Ursittiche ha realizzato l’opera avva-lendosi anche delle ricerche dialcuni suoi alunni dell’istitutoalberghiero di Tor di Lama(Foggia), diretto dalla presideAdriana Ravviso. L’autrice, tral’altro, ha sottolineato come fi-gure semplici ma simbolichedel nostro passato, la spigola-

trice, il pastore, il terrazzano,affiancate da figure storichecome il “catapano” di bizanti-na memoria (da cui il nome diCapitanata usato ancor’oggiper la provincia di Foggia) eFederico II di Svevia, in questaparticolare avventura scolasti-ca abbiano assunto una confi-gurazione assai reale: gli stu-denti si sono ritrovati in unmondo cronologicamente lon-tano ma più che vicino cultu-ralmente perché letto alla lucedei segni riconoscibili in quel-lo che siamo ancora oggi. Il re-cupero di sapori provenientida deschi antichi, ha prosegui-to la prof.ssa Ursitti, è un do-vere delle generazioni chehanno conosciuto il valore cul-turale e non soltanto il buonsapore dei piatti poveri; ed èun dovere delle stesse genera-zioni guidare i giovani alla sal-vaguardia delle tradizioni po-polari affinché possano a lorovolta promuovere un’alternati-va di qualità in un mondo incui alcune realtà rischiano diessere offuscate da costumi dimassa che tendono a ingloba-re tutto e tutti. È stato altresì sottolineato chel’iniziativa della pubblicazionedi questo volume ha dimostra-to come la scuola possa diven-tare veicolo di conoscenzeconcrete e non soltanto teori-che e avulse dal quotidiano.Testimonianze ed esempi diquesto sono le numerose “ri-cette storiche” contenute e ri-proposte diligentemente nellaseconda parte del volume; ri-cette che vanno dalla descri-zione dei vari tipi di pancottocon verdure, alle paste freschedi farina di grano arso, allazuppa di cicorie o di fave o diborragine, alla cosiddetta mi-nestra di cocozza, alle cicer-chie con i finocchietti, alle lu-mache al pomodoro, alle variepreparazioni con i funghi car-doncelli, ai lampascioni cottiin vario modo e altro ancora.Dopo la presentazione del li-bro gli Accademici si sono riu-niti, con consorti e alcuni ospi-

PUGLIA

CAMPANIA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

ti, per la tradizionale cena de-gli auguri natalizi, durante laquale il volume è stato distri-buito ai convenuti qualeomaggio della Delegazione.(Luigi Altobella)

SIRACUSA

LA CUCINADEI CAVALIERI

La cornice: Palazzo Beneventa-no del Bosco in piazza Duomoa Siracusa, edificato originaria-mente dalla famiglia Arezzo eche nel corso del tempo fu se-de della Camera della regina,del Senato e che ospitò laCommenda gerosolimitanadella famiglia Borgia, per poiessere acquisito da GuglielmoBeneventano. I cuochi: i cava-lieri e le dame del Sovrano emilitare ordine di Malta, ossiaAntonietta Arezzo, MartinoGargallo, Ramiro Ramirez, Cor-

rado Arezzo, Ercole Noto Sar-degna, Pietro Beneventano. Lafinalità dell’evento, la cucinadei cavalieri: una serata gastro-nomica a sostegno alle operedell’Ordine. Notevoli le autore-voli presenze della cultura edell’alta borghesia siciliana. Aevento avvenuto, va sottolinea-to che si è realizzata in pieno lafinalità di riscoperta e promo-zione delle ricette e dei saporidel territorio in un periodo del-l’anno che ci predispone parti-colarmente a tutto ciò che ètradizione, suggestioni, gustiantichi che fanno rinasceredentro ognuno di noi sopiteemozioni e antichi ricordi. AlDelegato di Siracusa è stato as-segnato il ruolo di giudice uni-co dell’evento gastronomico,un compito che ha richiestonotevole impegno e particolariattenzioni. Nei fatti tutte le pietanze, giànegli aromi, nell’aspetto e nelgusto, sono state degne digrande apprezzamento: il bro-do “consato” alla ragusana, la

matriciana, lo sformato dell’or-tolano, le braciole calabresi, iltimballo della contea, il maiali-no nero dei Nebrodi in Nerod’Avola, il mont blanc. In abbi-namento, i vini della cantinaBeneventano: Chardonnay IgtSicilia, Nero d’Avola Igt Sicilia,Syrah Igt Sicilia, Grillo Igt Sici-lia, Moscato di Siracusa Doc einfine lo Spumante, ultimo na-to ma già molto apprezzato.Bisognava decretare una prio-rità e la targa Natale 2010, conla motivazione “Per avere con-fezionato con grande abilitàuna pietanza tradizionale uti-lizzando e valorizzando i pro-dotti e gli ingredienti tipici delterritorio”, è stata attribuita albrodo consato alla ragusana ealla sua realizzatrice AntoniettaArezzo, che l’ha ricevuta dalDelegato di Siracusa affiancatodal Direttore del Centro Studiper la Sicilia orientale CettinaPipitone Voza che, con sentiteparole, si è dichiarata in totalesintonia nel giudizio accade-mico. (Angelo Tamburini)

SIRACUSA

VIAGGIO NELLE TRADIZIONI DELLE FESTIVITÀ NATALIZIE

La Delegazione al gran com-pleto ha visitato il ristorante“Minosse” dell’hotel “Roma” inoccasione dell’incontro di Na-tale 2010. Il Delegato AngeloTamburini ha introdotto ilconvivio degli auguri leggen-do un brano di un’antica “no-vena” in dialetto siciliano e ciòha contribuito a contestualiz-zare la tradizione natalizia delterritorio. Ha poi brevementeriferito di alcuni importantieventi e fra questi la recentepartecipazione di una nutritarappresentanza della Delega-zione siracusana al venticin-quennale della Delegazione diLondra e al convegno interna-zionale organizzato per l’occa-sione. Hanno onorato il convi-vio natalizio Mario Ursino,Coordinatore territoriale per laSicilia orientale e Delegato di

SICILIA

La Delegazione ha consegnato il premio “GiuseppeGavotti” 2010 ai titolari della trattoria “Rossi”, inValnerina, con la motivazione di “aver mantenutonegli anni un modo di cucinare tradizionale, ese-guendo le ricette tradizionali in modo ottimale”. Edi anni ne sono passati veramente tanti, da quandoGiovanni Rossi, alla fine dell’Ottocento, costruì unabaracca in legno sulla riva del Nera allo scopo disfamare operai e carrettieri che si recavano nella vi-cina Terni, dove stava nascendo il polo industrialepiù importante del Centro-Sud. Altra fortuna per iRossi fu la sistemazione della strada statale Valneri-na, unica pedemontana di collegamento tra Roma,l’Alta Umbria e le Marche. La baracca in legno fupresto sostituita da un edificio in muratura e nac-que l’“Osteria Rossi”, mappata dal 1912 come riferi-mento dall’Istituto geografico militare. Negli anniCinquanta dello scorso secolo, lasciata alle spallel’ultima guerra, si trasformò da semplice osteria intrattoria, ampliando la scelta dei piatti, la sede el’organizzazione del locale. Tra gli anni Sessanta eSettanta, con il matrimonio di Adolfo Rossi, la tradi-zione di famiglia, basata sui prodotti ittici prove-

nienti dal fiume, si mescolò con la saporosa cucinadella montagna. Le acque del Nera erano limpide epulite, bastava immergere le mani nella vegetazionedelle sponde per ritirarle piene di gamberi; le troteerano abbondanti; era facile approvvigionarsi diagnelli, capretti e cacciagione, così come di salumi eformaggi da accompagnare al famoso pane di Ter-ni, bianco, sciapo di sale e di crosta croccante; erasempre acceso il fuoco nell’enorme camino su cuigiravano grandi spiedi e poggiavano graticole subraci di legna. Anche se oggi sono scomparsi gambe-ri e trote, basta comunque affacciarsi in cucina, do-ve si tira ancora a mano la sfoglia delle tagliatelle,per ritrovare il grande camino, le braci di legna, gi-rarrosti e graticole. La trattoria “Rossi” propone an-cora la sua cucina, antica di centoventi anni, fortu-natamente rivisitata in grassi e tempi di cottura, af-fiancata da una serie di piatti di moderna concezio-ne. Coesistono quindi, nell’attuale menu, la tradi-zione di famiglia e l’innovazione apportata dall’ul-tima generazione dei Rossi, Andrea e Gianluca, checurano anche con corretta professionalità sala ecantina. (Guido Schiaroli)

TERNI CONSEGNA IL PREMIO “GAVOTTI” ALLA TRATTORIA “ROSSI”

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

Catania, che ha rivolto un bre-ve saluto e voti augurali; il De-legato di Ragusa FrancescoMilazzo e quello di ModicaCarlo Ottaviano. Il Delegato diSiracusa ha introdotto il prof.Corrado Di Pietro, etnoantro-pologo che ha brevemente re-lazionato su “Il Natale, l’albe-ro, la cucina, la Befana”, intra-prendendo un viaggio neltempo e nelle tradizioni dellefestività natalizie anche in rap-porto alle primordiali festivitàpagane: la luce, la convivia-lità, la sacralità, l’attesa chehanno da sempre accomunatoquesto periodo dell’anno, neitempi, costituendo motivo ebase di culti fideistici, simboli-ci e rituali. Interrogativi, asso-nanze, ricerche che hanno

catturato l’attenzione e la cu-riosità, motivando attente ri-flessioni sul significato che og-gi attualizza Natale. Un sentito applauso ha sottoli-neato l’apprezzamento dellarelazione. Dopo la cena, si èrichiesta in sala la presenzadella brigata di cucina e natu-ralmente dello chef GerardoVisetti, affaticato ma contento,che ha risposto ai quesiti sul-l’elaborazione di alcuni piatti,e del maître Gianluca Aterranoche ha coordinato con compe-tenza attenta il servizio in ta-vola, gratificati dalle parole diapprezzamento di Mario Ursi-no, dal sentito applauso per lacura nell’elaborazione e pre-sentazione delle portate e dal-la consegna del guidoncino e

della vetrofania dell’Accade-mia da parte del Delegato.(Angelo Tamburini)

BUDAPEST

GALÀ DEGLI AUGURI

Quest’anno la Delegazione haorganizzato una riunione con-viviale denominata “Gala degliauguri” nella sede più presti-giosa della città, presso l’hotel“Four Seasons Gresham Pala-ce”. L’organizzazione di questoevento ha avuto più obiettivi:un’operazione di rilancio d’im-magine della Delegazione; fartestare agli Accademici i piatti

e le bevande offerti dal servizioristorazione di questo presti-gioso hotel che è gestito inqualità da due italiani, che ten-gono alto il prestigio dei cibi,dei vini e della gastronomia ita-liana all’estero; preannunciarel’organizzazione di un conve-gno internazionale, a giugno2011, in occasione degli impor-tanti eventi del prossimo seme-stre, ossia la celebrazione dei150 dell’unita d’Italia e il seme-stre di presidenza europea del-l’Ungheria. Convegno da rea-lizzare anche con la collabora-zione dell’Istituto italiano dicultura, della Camera di com-mercio Italia-Ungheria e dell’I-stituto per il commercio estero,e per il quale è stato richiesto ilpatrocinio della nostra amba-sciata. Il tema proposto sarà:“Specificità e diversità della cu-cina italiana a 150 anni dall’u-nità d’Italia”. La partecipazionedi importanti oratori italiani edello chef Sergio Mei in qualitàdi relatore completeranno l’im-magine del “Sistema Italia” aBudapest con un notevole ri-scontro mediatico. Nella riu-nione conviviale, il menu è sta-to appositamente preparatoper noi con lo scopo accade-mico del Simposiarca di illu-strare la storia e la figura dellochef Nino Bergese, “re deglichef-chef dei re”, di cui abbia-mo gustato alcune specialità,rivisitate dall’executive-chef Si-mone Cerea, coadiuvato dalfood&beverage manager An-drea Colla. La preparazione deipiatti, i vini abbinati e il servi-zio sono stati tutti all’altezzadella prestigiosa fama di cuigode questa catena d’hotel nelmondo. La riunione conviviale,che si è svolta nel salone daltetto di vetro in un palazzo Li-berty splendidamente restaura-to (da maestranze italiane),con un panorama mozzafiatosul Ponte delle Catene, si èconclusa con un caloroso salu-to e un brindisi di buon augu-rio per l’anno nuovo a tutti gliAccademici e ai loro amici-ospiti. (Alberto Tibaldi)

UNGHERIA

DALLA DELEGAZIONE DEL TIGULLIOIL PREMIO “GAVOTTI” AI LUCHIN DI CHIAVARI

Nella sala presidenziale della Società Economica di Chiavari si è svolta la cerimo-nia di consegna del premio “Giuseppe Gavotti” 2010 alla “Osteria con cucina Lu-chin”, riconoscimento che l’Accademia riserva ai ristoranti che abbiano mante-nuta viva nel tempo la buona cucina tradizionale tipica del territorio. Il “Luchin”,parecchi anni orsono, vince il concorso bandito dalla Delegazione del Tigullio ri-servato ai “farinotti” del comprensorio del Levante ligure per la produzione dellamigliore farinata, il cui disciplinare, successivamente, fu depositato presso la Ca-mera di commercio di Genova con il marchio “farinata del Tigullio”. Prima dellaconsegna del premio intestato al fondatore della Delegazione di Genova, il dott.Alfredo Provenzali, giornalista di chiara fama, ha illustrato la figura di GiuseppeGavotti nelle sue molteplici sfaccettature di uomo di vastissima cultura umanisticae raffinato intenditore di gastronomia, difensore della buona tavola tradizionale,attivissimo organizzatore di tante Delegazioni del Genovesato. Contestualmentealla consegna del riconoscimento, Antonio Bonino è intervenuto per ringraziarel’Accademia e per assicurare i presenti sul mantenimento della buona cucina au-tentica tradizionale praticata dal 1907 nell’“Osteria Luchin”. Con gli interventi diNicolò e Luca Mangiante, che rappresentano tre generazioni dei Bonino-Man-giante, gli Accademici si sono trasferiti nei noti locali di via Bighetti ove si è con-sumata una cena che ha raggiunto il top della buona tavola, costituita dai piattidella tradizione, serviti fin dal 1907 agli affezionati clienti. È la storia di una fa-miglia che in un secolo di onesto operare molto ha dato alla città e molto ha rice-vuto. Ha dato ospitalità e amicizia e ha ricevuto stima e riconoscenza. L’origina-ria idea di raccontare l’evolversi umano e commerciale dei Bonino-Mangiante, inarte “Luchin”, si è trasformata in un viaggio negli ultimi cent’anni di una cittàricca di storia e di personalità, nel segno e nel rispetto della tradizione. Col passaredel tempo l’“Osteria” avrebbe potuto, per qualità dei cibi, squisita accoglienza escelta frequentazione, trasformarsi in ristorante alla moda, cenacolo artistico o ri-trovo d’élite, ma alle lusinghe dell’apparente progresso è stata preferita la soliditàdi tradizioni che non hanno tempo né prezzo. (David Bixio)

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GENOVA

CENA IN CONVENTO

La celebrazione della cenaecumenica ha riscontrato il vi-vo gradimento e l’unanimeapprovazione degli Accade-mici e dei loro numerosi egraditissimi ospiti. L’incontroè avvenuto nella villa Borsot-to-Ayroli, sede della Congre-gazione delle suore Gianelli-ne che, alle molteplici attivitàeducative, hanno aggiuntoanche l’organizzazione di cu-cina per conto terzi, qualeevoluzione della loro consue-tudine di fornire pasti ai ra-gazzi delle scuole, ma ancheagli adulti. La cucina squisita-mente ligure praticata dallemonache è buona e genuina erisulta assai gradita a molte fa-miglie genovesi che, in casodi necessità o per occasioniparticolari, se la fanno recapi-tare a casa. Si tratta di menuvariati, riguardosi dei dettamidelle diverse fedi religiose edelaborati nel pieno rispettodelle norme igieniche e sani-tarie. Gli utili dell’attività ven-gono tutti impiegati per rea-lizzare iniziative essenzial-mente a favore delle donnenei luoghi di missione. La ce-na ecumenica si è così svoltanella sala ricevimenti sita alpiano nobile della villa e de-corata con magnifici affreschidi Lazzaro Tavarone (1556-1641), uno dei migliori allievidi Luca Cambiaso. La Delegazione, per l’occasio-ne, ha celebrato la cucina del-le feste religiose con prepara-zioni eseguite in modo pun-tuale, senza dimenticare latradizione squisitamente ge-novese in virtù della qualequalsiasi piatto, anche nelleoccasioni in cui deve predo-minare l’opulenza, presuppo-

ne pur sempre la semplicitàdelle materie prime, lasciandoalle guarnizioni e agli addob-bi il compito di rendere riccala portata. Esempio tipico è ilpandolce, che concretizza ildessert delle festività religiosee specificamente del Natale, icui ingredienti sono costituitidalla farina impastata con illievito e resa dolce dall’uvetta.Una volta cotto, il pandolceviene servito con un ramettodi alloro inserito alla sommitàin augurio di pace e di pro-sperità.

MILANO DUOMO

ALLA SCOPERTA DELLACUCINA MARCHIGIANA

Il Delegato di Milano Duomo,Andrea Cesari de Maria, per lariunione conviviale ecumenicadi quest’anno ha pensato a unprogramma originale: l’ap-profondimento di una cucinadiversa, che conosce moltobene, la cucina marchigiana.Sede dell’appuntamento nonpoteva che essere l’“AnticaHostaria la Rampina” di SanGiuliano Milanese, da anni ge-stita, in sala e in cucina, daifratelli Gagliardi, originari diMatelica, in provincia di Mace-rata. Ecco quindi coppa, sala-me di Fabriano, ciauscolo, pe-corino fresco e stagionato conmiele, olive e crema fritte co-me antipasti. Come primo piat-to è stato scelto uno dei classi-ci della cucina marchigiana, i“vincisgrassi”, una pasta al for-no dalla preparazione estre-mamente lunga ed elaborata,presente nelle ricorrenze, tan-to in casa che al ristorante.Il piatto forte era assai compli-cato anch’esso in quanto aesecuzione: un coniglio, disos-sato in porchetta, di notevolesapidità grazie alla farcitura di

finocchio selvatico. Conclude-vano la cena, veramente gradi-ta da tutti, una crescia fogliatae una crema all’alchermes. UnVerdicchio di Matelica riservail Cerro accompagnava degna-mente la riunione conviviale,mentre con il dessert venivanoservite una Vernaccia di Serra-petrona Docg Alberto Quac-quarini, e un’altra Vernaccia disolo passito di fattura artigia-nale, realizzata unendo l’anticatradizione del luogo alle piùmoderne conoscenze enologi-che. Hanno accompagnato lediverse portate alcune letturetratte dal libro “Giù la piazzanon c’è nessuno” della scrittri-ce Dolores Prato, recentemen-te riscoperta e rivalutata dallacritica letteraria, mentre unapoesia recitata in dialetto ma-ceratese, “Lo dore de lo caffè”,chiudeva tra gli applausi la riu-scitissima serata.

ALTO VICENTINO E VICENZA

I PIATTI DELLE FESTE

Le due Delegazioni hanno or-ganizzato la cena ecumenica alCentro formazione professio-nale “San Gaetano” di Vicenza,al fine di valorizzare la cucinavicentina delle feste attraversola ricerca storica di antichipiatti della tradizione. Il compito delle due Consulteaccademiche non era facile,ma il risultato è stato più cheottimo. I piatti sono stati pre-sentati con un menu, scritto indialetto vicentino con tradu-zione in italiano e illustrato daun’opera artistica raffigurantela “Veduta della città di Vicen-za e di Monte Berico”, miniatu-ra in matricola del Collegio deinotai di Vicenza del 1633. Al-l’interno uno studio su religio-ne e gastronomia nella provin-cia di Vicenza, dedicato all’Ac-cademico onorario LucianoRizzi, socio della Delegazione

di Vicenza e successivamentefondatore della DelegazioneAlto Vicentino nel 2002, scom-parso lo scorso anno.Prima di prendere posto al ta-volo, gli Accademici sono statifatti accomodare in un’aulascolastica ove, dopo il suonodella campana e i saluti deidue Delegati, il professore ecuoco Amedeo Sandri ha in-trattenuto gli intervenuti par-lando di cucina delle feste nelVicentino e di tradizioni locali.Successivamente gli Accade-mici sono stati invitati a consu-mare l’aperitivo in una zonadella cucina dell’istituto alber-ghiero, appositamente allesti-ta. Qui sono state servite lefrittelle aromatizzate con l’erbaamara o maresina e quelle conla sardina salata. Per quanto ri-guarda le “fritole co la maresi-na e la sardea”, è stato ricorda-to che la domenica, nel pome-riggio, le donne e i ragazzi sifermavano a comperare le frit-telle, fatte al momento e toltebollenti dall’olio, avvolte incarta zucchero assorbente.Nel corso dell’aperitivo, è statoproposto anche un piatto tipi-camente vicentino, lo “scope-ton” (sardone o aringa) con lapolenta. A tavola, i Delegati,dopo una breve introduzionealla serata, hanno passato laparola al Siniscalco di VicenzaGiovanni Manfredini che ha il-lustrato ai presenti il menudella serata, con i vari piattipredisposti dalle Consulte del-le due Delegazioni con il cuo-co, professore Amedeo Sandri.Si è iniziato con la minestra“maridà” (minestra di risi, ta-gliatelle e fegatini in brodo).Questa si faceva solo la dome-nica o nelle occasioni più im-portanti, in quanto il brodo erafatto con la carne e questa eramolto preziosa. Il termine“maridà” (maritata) sta a indi-care il matrimonio inconsuetofra pasta e riso, con l’aggiuntadel condimento dei fegatini in“desfrito” (soffritto). Era consi-derato il piatto simbolo dell’u-nione della famiglia. Per se-

VENETO

LOMBARDIA

LIGURIA

D A L L E D E L E G A Z I O N I - E C U M E N I C A

CENA ECUMENICA

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condo, l’oca “de San Martin”,che veniva preparata l’11 no-vembre, giorno molto impor-tante perché i mezzadri e le fa-miglie contadine sapevano illoro destino per l’anno a veni-re. Ancora oggi “fare San Mar-tin” significa fare trasloco. Latradizione voleva che i conta-dini conferissero ai loro datoridi lavoro, proprietari dei terre-ni dati loro in gestione, unasorta di “obolo” per ricono-scenza e devozione nella spe-ranza del rinnovo del contrat-to. Quasi sempre si trattava dianimali da cortile, e in partico-lare di capponi e oche. Questeultime erano pronte per esserepreparate ripiene, general-mente con pane, frutta fresca esecca e carni o insaccati (pan-cetta, salsiccia, pasta di sala-me) e cotte nel forno a legna.A questo piatto è stato affian-cato lo spiedo con gli “oseiscapa” (uccelli scappati), inquanto gli uccelli dello spiedotradizionale della festa diOgnissanti sono stati sostituitida carni diverse. Per dessert altri piatti della tra-dizione vicentina dei giorni difesta: favette dei morti e undolce che a Natale era d’obbli-go in tutte le case del Vicenti-no, fatto con mostarda e ma-scarpone. Il Simposiarca del-l’Alto Vicentino, Paolo Dall’I-gna, svolgendo una breve rela-zione sui piatti della tradizionelocale nei giorni delle feste, haricordato, tra l’altro, che la mo-starda vicentina, derivata dalleantiche mostarde medievali dicui parla anche Maestro Marti-no nel “Libro de arte coquina-ria”, si è legata alla mela coto-gna, importata dal MedioOriente, ben differenziandosiquindi dalla mostarda cremo-nese. Subito dopo, l’AccademicoGiandomenico Cortese dellaDelegazione di Vicenza ha il-lustrato il suo scritto sui “Sa-pori del Vicentino, di ieri e dioggi”. Infine, Fausto Maculan,Accademico di Vicenza, haesposto alcune storie e aned-

doti sui vini vicentini, soprat-tutto della zona di Breganze, ela leggenda sul fiume Bacchi-glione, figlio di Bacco, che ba-gna Vicenza e parte della suaprovincia. Prima di battere lacampana di chiusura, i Dele-gati hanno incoraggiato il di-rettore, i professori e i ragazzidel “San Gaetano” a continua-re a lavorare per ricordare ipiatti della tradizione, ondevalorizzare i prodotti del terri-torio. A ricordo della serata èstato poi fatto loro dono di al-cune pubblicazioni dell’Acca-demia e del menu realizzatoper la particolare serata ecu-menica. (Renzo Rizzi)

BOLOGNA

UNA SCELTA D’UMILTÀ

L’ormai tradizionale cena ecu-menica, quest’anno dedicata aimenu delle festività religiose,ha visto la Delegazione orga-nizzare la serata nella sala delrefettorio dell’Antoniano. Conil Delegato Umberto Cavezzali,la Vice-Delegata EmanuelaPaiello e un buon numero diAccademici, erano presenti ilvescovo ausiliare della Diocesimons. Ernesto Vecchi e i pre-fetti di Bologna Tranfaglia e diParma Viana. Il saluto e la be-nedizione di mons. Vecchihanno preceduto la relazionedi Giancarlo Roversi, notogiornalista e scrittore (Accade-mico onorario), che ha riscos-so il vivo apprezzamento ditutti, senz’altro più dei piattiche sono stati presentati. Al termine del convivio mons.Vecchi, nell’accomiatarsi, haespresso al Delegato il suocompiacimento, perché unacosì prestigiosa istituzione cul-turale come l’Accademia hafatto una scelta d’umiltà orga-nizzando la serata in un refet-torio che giornalmente ospitaa pranzo poveri e derelitti.(Umberto Cavezzali)

CERVIA

SERATA IN VERSI

In occasione della cena ecu-menica è stato presentato e il-lustrato il volume degli “Itine-rari di cultura gastronomica”sulla cucina delle festività reli-giose, alla realizzazione delquale ha dato il suo contribui-to anche la Delegazione diCervia con le tradizionali pre-parazioni in occasione di festevarie, come quella dell’Ascen-sione o quella di San Lorenzo,molto significative per il terri-torio cervese. Nel corso dellariunione conviviale ecumeni-ca, inoltre, sono state ricorda-te le preparazioni tradizionalidelle feste natalizie o pasquali,quali i cappelletti a uso di ma-gro, il brodo di cappone, gliarrosti, i dolci e alcune prepa-razioni della campagna. Sonostati inoltre citati canti e fila-strocche, riportati in alcunepubblicazioni romagnole, ri-guardanti, per esempio, l’epi-fania, giorno in cui iniziava la“Pasquella” che altro non erache l’inizio dei “trebbi” fra lefamiglie e si apriva così il pe-riodo dei balli in casa che se-gnavano l’inizio del Carneva-le. Sovente queste filastroccherispecchiavano nelle loro pa-role qual era la vita di queitempi.

VALDINIEVOLE

RITORNO A SCUOLA

La cena ecumenica di que-st’anno è stata l’occasione pertornare all’istituto alberghierodi Montecatini, che da oltrecinquant’anni prepara i giova-ni alla difficile arte dell’ospita-lità. Ci sembra giusto spende-re qualche parola di elogio,che suoni anche di ringrazia-mento per la grande prova diimpegno e capacità offerta da-gli allievi sotto l’occhio sem-

pre vigile dei loro insegnanti,cui bastava uno sguardo, uncenno, un ammiccamento di-screto per risolvere sul nasce-re eventuali difficoltà. Sotto laregia complessiva di A. Anto-nino, F. Giani ha curato il rice-vimento degli ospiti, mentre imaître A. Trinci e M. Paccagni-ni hanno guidato la brigata disala-bar e gli chef G. Tazzini eD. Gherardini quella di cuci-na. A tutti, docenti, allievi e alpreside Pagni, sono andati icomplimenti e il plauso deicommensali per il cibo e, so-prattutto, per il servizio assicu-rato da una brigata tanto nu-merosa quanto ormai introva-bile al giorno d’oggi; questo èrisultato davvero di alto profi-lo, puntuale, attento, sollecito,senza neppure le piccole sba-vature possibili in giovani an-cora in formazione, ma già av-viati a una promettente pro-fessionalità.Come simpatico e istruttivo in-termezzo fra le portate, i maî-tre hanno illustrato, esemplifi-candolo nell’offerta dei singolipiatti, le diverse forme di ser-vizio evolutesi a correggere ilfasto pantagruelico dei pranzirinascimentali. In primo luogoil servizio “alla francese”, sce-nografico e disordinato, verocontraltare alla fame endemicadelle plebi; poi la basilareriforma del Kourakin con ilservizio “alla russa”, con cui siaffermano il buon gusto, l’or-dine e la sobrietà della na-scente borghesia, che rifiuta“sprechi, splendori insoliti estravaganze” a favore di cibicotti e serviti al punto giusto,in razionale sequenza; infinele varianti nazionali: inglese,italiana, francese moderna,con i loro specifici rituali.Un’attenzione particolare haavuto poi una portata assaispeciale, la “canard à la pres-se”, per la cui preparazione lascuola possiede, da oltre unventennio, il rarissimo e pre-zioso marchingegno. Del piat-to ci è stata ricordata l’inven-zione a opera di Frédéric De-

TOSCANA

EMILIA ROMAGNA

D A L L E D E L E G A Z I O N I - E C U M E N I C A

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lair della “Tour d’Argent”, colnome appunto di “canetonTour d’Argent”; ne è stata de-scritta la preparazione e rievo-cata un po’ della mitologia chelo circonda. Agli Accademici èvenuta l’acquolina in bocca,con la promessa di venire aprovarlo. (A.G.)

TORONTO

TORONTO CHIAMA, UDINE RISPONDE

Per la cena ecumenica di que-st’anno, i menu gustati dagliAccademici e dai loro ospitihanno trovato ispirazione nel-la tradizione cucinaria legataalle festività religiose. “Toron-to chiama, Udine risponde” èil titolo in prima pagina che ilmensile italiano “Fuoco lento”ha dato a questa iniziativa. LaDelegazione infatti ha volutodare risalto a questo impor-tante convivio ecumenicocontattando la Delegazione diUdine e invitando a Torontol’Accademica Donatella Trevi-san Ramelli a tenere una con-ferenza e lo chef friulano Ro-berto Cozzarolo. A Toronto iltema è stato interpretato confrico croccante, boreto allagradese, “cjalsons” della Car-nia, pite e altre specialità pro-venienti dal Friuli, terra dellaDelegata di Toronto MarisaBergagnini. Ogni piatto è sta-to accompagnato da pregiativini friulani. Indispensabileper la realizzazione dell’even-to è stata la collaborazionecon altre istituzioni: l’Istitutoitaliano di cultura di Toronto,il “George Brown” college el’Ente Friuli nel mondo, chehanno da subito risposto congrande entusiasmo alla pro-posta della Delegazione. Pro-prio nelle cucine della “Chefs’House” (il ristorante dove glistudenti del “George Brown”imparano lavorando a fiancodi cuochi professionisti), lo

chef Cozzarolo ha preparatole pietanze tradizionali dellasua regione, lasciando spazioa qualche tocco innovativo.L’abilità di rendere attuali le ri-cette tradizionali è infatti unodei motivi per cui quest’abilecuoco è stato scelto e chiama-to in Canada dall’Accademia diToronto. La cena è stata unsuccesso per commensali, cuo-chi e studenti. Gli ospiti, tra cuiil console generale d’Italia aToronto dott. Gianni Bardini, ildirettore dell’Istituto italiano dicultura dott. Martin Stiglio, lavice-direttrice dott.ssa AdrianaFrisenna, la presidentessa del“George Brown” college AnnSado, il preside della scuolaalberghiera “John Walker”, ilDelegato ad honorem TonySantamaura e numerosi Acca-demici e amici hanno potutonon solo deliziare il palato,ma conoscere la cucina friula-na grazie alla presentazionedelle pietanze curata da Dona-tella Trevisan Ramelli, rappre-sentante della Delegazione diUdine. La Delegata MarisaBergagnini ha presentato allochef Roberto Cozzarolo il me-ritato piatto accademico e havoluto ringraziare lo chef decuisine Oliver Li, l’Ente Friulinel mondo e il suo presidentePietro Pittaro, Aldo Morassuttiproprietario del ristorante friu-lano “Da Toni”, il Delegato diUdine Renzo Mattioni e l’Isti-tuto italiano di cultura per il

loro supporto a questa iniziati-va. Infine, per dare un’ulterio-re possibilità al pubblico diToronto di conoscere e ap-prezzare la ricchezza del patri-monio culturale e gastronomi-co del Friuli-Venezia Giulia,pochi giorni dopo la cena, si ètenuta presso i locali dell’Isti-tuto italiano di cultura unaconferenza dell’AccademicaDonatella Trevisan Ramelli in-titolata “Food and culturefrom a fortunate corner ofItaly called Friuli”. (MarisaBergagnini)

NEW YORK

I DOLCI DELLE FESTE

Evento di grande successo inun locale veramente acco-gliente e caldo malgrado lo sti-le fosse molto contempora-neo: “Etcetera Etcetera” di Da-niele Kucera (proprietario an-che di “Viceversa”), un risto-rante molto frequentato, nellazona dei teatri, quel giorno eraaperto solo per la Delegazio-ne. La bravissima AccademicaGiada Valenti, coadiuvata dalmarito J.J. Paul, era la Simpo-siarca della serata e ha accoltogli Accademici con tanto entu-siasmo descrivendo il menu esoffermandosi soprattutto suidessert. La partecipazione di

quasi tutti gli Accademici non-ché di molte personalità im-portanti ha reso ancora più al-legra la cena ecumenica.È intervenuto il nuovo NunzioApostolico presso le NazioniUnite monsignor Francis Chul-likatt, che ha preso il posto delcaro Celestino Migliore (ormaia Varsavia). Le sue parole, inperfetto italiano, sono statemeravigliose e molto toccanti.Erano presenti due nuovi Ac-cademici: Ilaria Dagnini Brey,scrittrice famosa e giornalista eMico Delianova Licastro, dele-gato del Coni negli Usa pressole Nazioni Unite. Fra gli Acca-demici fedelissimi di sempre,Daniel Brewbaker composito-re e pianista di fama mondiale.Tra i giovani postulanti, My-riam Bisherat, figlia di una del-le famiglie reali di Amman inGiordania. Era presente ancheMichele Miele chef proprieta-rio del famosissimo “Gino”,che ci ha deliziato con unasquisita pastiera napoletana.Infatti, per seguire il tema dellaserata “La cucina delle festivitàreligiose”, l’Accademico Giu-liano Bugialli ha ideato un buf-fet ricco di dolci, che ha risve-gliato i ricordi visivi, olfattivi,degustativi dell’infanzia. LaDelegata Francesca BaldeschiBalleani si è congratulata calo-rosamente con i proprietariDaniele Kucera, Franco Lazza-ri e Stefano Terzi (che è ancheil cuoco).

STATI UNITI

CANADA

CENA ECUMENICA 2011La cena ecumenica è ormai diventata istituzionaleper l’Accademia. Quest’anno, quindi, la riunioneconviviale, che vedrà insieme, alla stessa mensa vir-tuale, gli oltre settemila Accademici in Italia e nelmondo, si svolgerà il 20 ottobre alle 20,30. I Delegaticureranno che la cena ecumenica sia accompagna-ta da una idonea relazione di carattere culturaleche illustri l’importante tema proposto.

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D A L L E D E L E G A Z I O N I - E C U M E N I C A

NEW YORK SOHO

CULTURE E CIBI DIVERSI

La Delegazione si è riunitapresso il famoso Club italo-americano “Tiro a Segno” diSoho, per affrontare il delizio-so quanto intrigante argomen-to della cucina in tempo di fe-stività religiose. Il bravissimochef Giovanni Lanzarotti, diorigine emiliana, ci ha propo-sto un menu all’altezza dell’oc-casione. Abbiamo iniziato lacena con una verace torta pa-squalina, accompagnata conuna Falanghina; per primo de-gli ottimi tortelli di San Gio-vanni abbinati con un Valpoli-cella superiore Ripasso; per se-condo lo chef ci ha propostoun piatto di agnello cacio euova, combinato con un otti-mo Nebbiolo del Monferrato.Per concludere non potevanomancare le famose zeppole diSan Giuseppe, specialità delclub che ci ospitava. Il signorAngelo Bongiovanni, managerdel club, ha abilmente ricreatol’ambiente festivo tipico dellegrandi occasioni. Potremmodire con un titolo più accade-mico: “Come la festa e il sacropossono ritmare il tempo del-l’alimentazione”. Il modo piùadeguato per farlo non potevache essere con una cena ecu-menica dedicata, che ha vistointervenire in una vera e pro-pria tavola rotonda - si intendeanche per mangiare - oltre alDelegato Berardo Paradiso,circondato da un folto gruppodi Accademici e autorità locali,anche i due relatori, StefanoAcunto e Andrea Fiano. Il pri-mo si è soffermato proprio sulcibo nel cristianesimo in occa-sione della festa sacra. Aspettodi forte religiosità ancora oggipresente in tutta Italia, ma so-prattutto nel Sud e forse, piùche altrove, in Sicilia dove, vi-ste le millenarie invasioni chesi sono susseguite nei secoli, sitrova anche uno dei più grandimosaici della cucina al mondo,

con riferimenti a quella ebrai-ca, cristiana, musulmana, pa-gana (greca e romana insieme)e anche preellenica propriadei Sikani. Stefano Acunto, perparlare del cibo in alcune festi-vità cattoliche, ha posto la suaattenzione sul monito latino diOrazio circa la moderatezza ela virtù del mezzo (“aurea me-diocritas”) di contro all’eccessoe all’abbondanza oltremisura,facendo risalire le prime rego-le in tal proposito, anche nutri-zionale, alla figura del papaSan Gregorio, che istituì i 7peccati cardinali sulla praticadei vizi più diffusi all’epoca.Da qui la temperanza divennela vetta più alta proprio come

“accettazione dei limiti naturalidel piacere, concetto-chiavenella storia della Chiesa”. Larelazione di Andrea Fiano ver-teva sul sistema alimentareebraico come vero archivio dimemoria e cultura da traman-dare attraverso le ricette, mametteva in evidenza anche ilcomune denominatore ali-mentare delle tre diverse reli-gioni monoteistiche: il sacrifi-cio dell’agnello, vero e pro-prio “capro espiatorio” per tut-to e tutti. Nel trascorrere deimillenni e dei secoli, ogni reli-gione ha avuto uno specificomomento in cui il proprio de-calogo alimentare è stato inqualche misura rivisto a se-

conda delle feste e dei rituali,anche in stretta correlazionecon i luoghi abitati dalle co-munità in questione. Ritornan-do al cibo ebraico il relatoreha sottolineato come questo sisposti insieme al popolo chel’ha generato in qualsiasi luo-go le persecuzioni l’abbianocondotto. Il suono della cam-pana ha concluso una seratain cui tutti hanno brindato al-l’amicizia e al rispetto per ilprossimo, perché finché ci so-no curiosità e rispetto, c’è spa-zio e tempo per l’ospitalità re-ciproca, così da potersi scam-biare culture e valori, raccontie leggende attraverso il cibo.(Berardo Paradiso)

INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICAPer semplificare e facilitare i contatti con i vari settori dell’Accademia, sono stati

istituiti nuovi indirizzi e-mail ai quali inoltrare la posta.Anche se gli indirizzi utilizzati finora rimarranno comunque validi ancora per

qualche mese, invitiamo tutti gli Accademici a servirsi dei nuovi da subito.

e-mail per il Presidente:[email protected]

e-mail per il Segretario generale:[email protected]

e-mail per la Segreteria nazionale e redazione milanese della rivista:

[email protected]

e-mail per la Direzionee redazione romana della rivista:[email protected]

e-mail per la Biblioteca nazionale “Giuseppe Dell’Osso”:[email protected]

Ricordiamo che l’Accademia ha un proprio sito Internet:www.accademia1953.it

da cui è possibile, tra l’altro, consultare e scaricare gli ultimi tre numeri pubblicati di “Civiltà della Tavola” in formato Pdf.

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

Dear Academicians, quality has twodimensions, biological and

cultural. The first works throughpsycho-sensorial and kinaestheticchannels and satisfies one’sphysiological needs, whereas thesecond gratifies individual and socialneeds, including those related to one’sidentity, and which is the basis forone’s perceived certainty. The twodimensions tend to balance each otherand the search for cultural qualityincreases once physiological needshave been met.

The quality of food mirrors a society.Hence the different degrees of, andthe various opinions and ideas about,quality, both biological and cultural. Inan agricultural, pre-industrial society,the fat on foods is considered quality,while in a post-industrial society low-fat food represents quality. Intraditional societies natural quality wassought after and only very slightlymanipulated through conservationtechniques; on the other hand, thesetechniques are the basis for importanttraditional food products, many ofwhich have become typical such asbread, wine, oil, cured pork products,dry pasta, fruit preserves, and so on.More recently, and with the advent ofscientific research, we haveprogressed to inventing anddeveloping new forms of quality withbroader scope, particularly social. Forexample, to the ancient natural qualityof a ham which was exalted by theage-old tradition of preservation usingsalt and a period of aging, we nowadd the quality of sliced prosciutto intrays with modified atmospherepackaging, and all this is within theframework of the new “fresh food

technologies”. Today, and this willcertainly be even truer in the future, areduction in the environmental impactand the sustainability of foodproduction have given a broaderscope to the quality of foods. Producing quality is not just atechnique, but also an art. In the pastthe selection, conservation andprocessing of food were arts,sometimes classified among those ofthe poor, or rather of the workingclasses or the masses, but they werestill arts. A quality product, especiallytoday in our post-modern and post-industrial world, cannot ignore theartistic dimension whichcommunicates meaning and value tothe consumer that go beyond its basicfunction. For example, a watchbecomes a jewel, a suit becomes asymbol and a food becomes “a dishthat brings back memories” and animportant aspect of one’s identity.Inevitably, a product made artistically,even a food product, leads to theappearance (and the challenge) offakes of all types, sophisticated andnot, which are “made without art”. Inthis regard one can better understandthe role and importance of quality infoods; they relate to one’s identity andalong these lines we must rememberthe words of Thomas Mann who saidthat “what is typical is also mythical”.

The quality of food does not justinvolve where it comes from and howit is produced; it is also related to howit is used outside the kitchen andwhere and how the food is eaten. Inthis regard the aphorisms of Jean-Anthèlme Brillat Savarin come tomind; he claimed that “animals graze,men eat, but only men with souls

know how to eat” and “good taste isan act of judgment, with which wegive preference to things that arepleasing to the taste over those that donot possess that quality”. Along thisline, quality is the mirror of taste orrather, of the good taste of a society.

In regards to the quality of food today,we are moving from necessity andtradition to innovation and newinventiveness that can use new orupdated foods and particularly newproduction, conservation andprocessing technologies. Never beforehas it been so necessary to preservethe past and know the present inorder to construct the future, in anever more rapid and vast process, as itwas done in the past. We should notforget that all traditions are the fruit ofvery successful innovation. Forexample, the present day DOP1 “granacheeses” or DOP and IGP2 prosciuttoare very different from their forebearsof just a hundred or a hundred andfifty years ago, with qualitativecharacteristics that have changed toadapt to the new social and individualrequirements of consumers. Along thisline, and still within the framework ofcontinuing innovation, we can seetoday that quality must be constantlypursued, particularly with aninventiveness that is attentive to thenew requirements of consumers, in amarket that has evolved from the localto the global.

The ever more noticeable break in thetraditional connections between thecountryside and cities, perceived asplaces for producing and consumingfood, with the development andinterposition of artisans and the foodindustry, and the major fooddistribution chains, has interrupted atraditional connection to one’sknowledge of food; this interruptionhas created a cultural void that isbeing filled by anxiety and fear ofepidemic proportions of which wehave numerous recent examples.

D E A R A C C A D E M I A M E M B E R S . . .see page 3

HIGH QUALITY CUISINE

1. Translator’s note: DOP or Denominazione di Origine Protetta, (Protected Designation of Origin)2. Translator’s note: IGP or Indicazione Geografica Protetta, (Protected Geographic Indication)

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Even though the intrinsic quality andthe techniques of production andinspection of foods (protocols,manuals, traceability, HACCP, labelingand expiration dates or recommendedperiods of consumption, etc) are ofconsiderable importance for foodsafety, they do not completely resolvethe problem of communicating thequality of individual food products, inrelation to the various culturalcontexts in which they are used andthe psycho-sensorial assessments ofdifferent taste situations and especiallydifferent gastronomic memories.

The quality of food and how it is usedshould not be separated from howtaste has evolved in Italy where anational cuisine, with regionalvariations, is being flanked by non-culturally specific sub-cuisines wherethe traditional quality of the food - asoutlined above - does not easily findits place and is not highly valued. Weare witnessing the intrusion of a newfood inventiveness, expressed mainlyin Food Design and primarily intendedto satisfy the requirements ofproduction and distribution, usingnew methods, for example “freshproduct technologies”. Manipulatingtaste plays a considerable role in aframework that is directed to an evermore distinct way of presenting foodwith globalized, post-modern andpost-western sensorial characteristics.The cultural transmission of foodquality through a direct and “natural”learning experience is being replacedby “artificial” systems of masscommunication, combined with notinfrequent suggestive mystificationsthat are misleading as they indicatefalse traditions such as “products fromGrandpa” or “from Granny” , idealgrowing and production environmentsthat do not exist, and so on and soforth; they contribute to manipulatingtaste and thus influence theperception of the cultural and psycho-social quality of the food.

The idea of quality outlined above hasan inevitable impact on cooking and

should make us think, especially ifone believes that Italy must remainfaithful to its traditions of foodproduction with high biological andsocial quality that go back severalthousand years; this must be used toachieve high quality foodconsumption for the body as well asthe spirit.

And finally let us never forget thatfood without quality has no soul, andwhile it may sustain the body it cannotnourish the spirit.

GIOVANNI BALLARINI

EDITORIAL

VIRTUE SHOULD LIEIN THE MEDIA TOO

see page 5

There is a virtuous form of culinarycommunication besides the massforms that inundate television,newspapers, books and magazines.The Accademia has always promoteda high level of gastronomic culture,and the magazine Civilization of theTable represents a “virtuous” example.

LET’S SAVE ITALIAN TASTEsee page 7

In the United States, Italian DOP andIGP products must compete withAmerican products that share the samename, but not the same level ofquality. Virginia Academician Marinode Medici discusses this problem,explaining how Italian products areoften denied the “certified”designation.

WATER BUFFALO MEATsee page 9

Centuries ago water buffalo wereraised in the swampy andunproductive areas of Southern Italy.Today these animals are primarily

concentrated in the Campanianprovinces of Caserta and Salerno.Naples-Capri Academician LeijaMancusi Sorrentino discusses thecharacteristics and excellent quality ofthis meat.

TO KNOW IS TO LIVEsee page 11

It is impossible to enjoy a fullexistence without the indispensiblehelp of the knowledge that comesfrom our cultural backgrounds. This isespecially true in the daily exercise ofour sense of taste.

THE ROYAL SOPPRESSAsee page 18

Piero Zanettin, Academician from theEugania-Lower Po Delegationdescribes a typical salami of theVeneto region: la soppressa. Large,soft and delicately scented, it is aperfectly blended salami aged in thecellar for months.

CAPUNATA FROM CAMPOBASSOsee page 20

As Campobasso Academician EnzoNocera explains, capunata was asimple but tasty dish wine producers

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typically offered to customers tostimulate their taste for wine. It is acold dish comprised of taralli (tubularcrackers), slices of tomato, celery,green peppers, hardboiled eggs,anchovy filets and oil - not to beconfused with Sicilian caponata.

SCENT OF A…CUISINEsee page 21

Cesare Beccaria, the Italianphilosopher and economist whobecame famous for his work OnCrimes and Punishment, also dealtwith lighter issues. In his semi-seriousFragments of Scent, Beccaria makesthe case for our sense of smell,exalting its influence on gastronomy.

TRUFFLES IN FRIULIsee page 23

Four species of truffle are native to theforests of the Friuli region. PordenoneAcademician Giorgio Viel describestheir characteristics and areas ofproduction, and discusses the goal ofobtaining a production focusedaround the most prized of theseunderground mushrooms.

ITALIAN RECIPESIN THE LAND OF CALVIN

see page 25

Ciro Pernice, The Hague-Scheveningen Delegate critiquesAntonius Magirus’s book Koocboec oftfamilieren keukenboec (The FamilyCookbook), published in 1612. Thework is important because it is the firstintroduction of Italian cuisine andingredients to the Dutch people.

AMARONE: A MICROCOSMsee page 27

The variables of wine result from themany environmental components thatmake each vineyard unique.

Oenologist Daniele Accordinoexplains that there is no singleAmarone but rather variousexpressions of this important wine justwaiting to be discovered andinterpreted in order to restore theproper meaning of the word“typicality”.

CHILDREN AT THE TABLEsee page 29

Merano Academician Raoul Ragazziposes the question of how to educatechildren’s palates. It is a long andexhausting journey, but the first stepcan be a family trip to the grocerystore.

GASTRONOMIC MUSICIANSsee page 31

Through an analysis of opera lyrics,Milan Academician Loretta OrsenigoBoncini describes the appetizingculinary and alimentary habits of someof the great Italian composers such asGiacomo Puccini, Vincenzo Belliniand Giuseppe Verdi.

SALT AND PEPPERsee page 32

Salt and pepper are ingredients usedin every cuisine, but they are alsoprotagonists of history. PaduaAcademician Anna Lante explains thatpepper, the king of spices, originallycame from India, where it was used

since prehistoric times. Salt wasessential for improving the quality offood as well as its preservation.

SOUP AROUND THE WORLDsee page 34

Soup has always been a classic dish ofthe cuisine of “the poor”, and it is oneof the few recipes that has remainedunchanged since ancient times, eventhough today it may be improved bynew ingredients. This dish still utilizeslocal products and has remained animportant element of tradition.

THE HISTORY OF CHINCHONAsee page 35

Chinchona bark was used by theAndean peoples to combat fever. Inspite of its side effects, for centuriesquinine was the only treatment formalaria. In the 19th Century the Chinaliquor made from Chinchona barkacquired its modern connotation as adigestive, tonic and dyspeptic, andbegan to be served as a “specialty ofthe house”.

OUR CONFERENCES

BIODIVERSITY ON THE TABLEsee page 14

A conference on the themeBiodiversity on the Table: Ancient andModern Produce was organized by thePisa Delegation in collaboration withthe University’s Department ofAgriculture. The conferenceemphasized the need to preserve thecultivation of local varieties of fruitsand vegetables, and help make bio-diverse foods a niche market.

THE BROKEN FENCEsee page 16

The Delegations of Chieti and Iserniahave initiated a project to reunite, at

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least gastronomically, two regionsseparated by law but united bygeography: Abruzzo and Molise. Thesubject was discussed during theconference Divided on the Map butMade from the Same Pasta, the first ina series of meetings that will continuethrough 2013.

EVERYTHING YOU EVER WANTEDTO KNOW ABOUT OIL….

see page 17

Fifty years after the approval of the

law creating the special category ofExtra Virgin Olive Oil, the La SpeziaDelegation sponsored the conferenceUnderstanding Olive Oil, whichfocused on this product’s importancein the Lower Lunigiana territory, andon enhancing its importance in termsof flavor and tradition.

TranslatorsNICOLA LEA FURLAN

DONALD J. CLARKSummarized

FEDERICA GUERCIOTTI

I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

FEBBRAIO 2011 / N. 224

DIRETTORE

GIOVANNI BALLARINI

DIRETTORE RESPONSABILE

GIANNI FRANCESCHI

VICEDIRETTORE E DIRETTORE ARTISTICO

FRANCESCO RICCIARDI

SEGRETERIA DI REDAZIONE

TILDE MATTIELLO

COORDINAMENTO REDAZIONALE

SILVIA DE LORENZO

IMPAGINAZIONE

MARIA TERESA PASQUALI

IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DIDaniele Accordino, Anonimo reggiano, Maurizio

Adezio, Carla Bertinelli Spotti, David Bixio, Giancarlo Burri, Bruno Capurso, Sergio Corbino,Cesare Corradini, Marinella Curre Caporuscio,Roberto Cutaia, Silvia De Lorenzo, Marino de

Medici, Mario Del Zoppo, Giorgia Fieni, GabrieleGasparro, Anna Lante, Ettore Livini, Carlo Magni,Renzo Mattioni, Enzo Nocera, Loretta Orsenigo Bonacina, Elio Palombi, Donato Pasquariello,

Ciro Pernice, Raoul Ragazzi, Amedeo Santarelli, Bartolomeo Scappi, Guido Schiaroli, Lejla

Sorrentino Mancusi, Bartolomeo Stefani, RinoTamani, Tito Trombacco, Giorgio Viel, Piero Zanettin.

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EDITORE

ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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Giovanni Ballarini, Presidente e legale rappresentantedell’Accademia e, come tale, titolare del trattamentodei dati, comunica agli associati che il sistema informa-tivo è conforme al D.Lgs. 27 giugno 2003, n.196“Testo unico delle disposizioni in materia di pro-tezione dei dati personali”. Il trattamento dei datidegli Accademici si svolge, pertanto nel rispetto deidiritti e delle libertà fondamentali, con particolare rife-rimento alla riservatezza, all’identità personale e aldiritto della protezione dei dati personali e sensibili.

Rivista associataall’Unione StampaPeriodica Italiana

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

NEWS see page 38

Special and unusual news about eventsin the food world such as fairs, shows,competitions, prizes, conventions etc.“News” is a section detailing specialhappenings connected with the world ofgood eating and drinking andsummarises interesting articles from thegastronomic press.

LIFE IN THE ACCADEMIAsee page 41

This section covers the Accademia’sactivities in Italy and abroad and lists all restaurant visits by Accademiamembers and their reports. The latterincludes the different courses served,dishes chosen, wines etc. together with

any special features of the restaurantincluding address, prices, opening days,parking facilities and so on.

LIST OF ACCADEMIA MEMBERSsee page 54

This section updates the Accademia’s greybooklet by providing information aboutnew Accademia members and any changes to the Italian and foreign Delegations.

NEWS FROM THE DELEGATIONSsee page 55

This heading covers the activities other than restaurant outings of the AccademiaDelegations in Italy and abroad such as meetings, conferences, conventions relating to the world of gastronomy.