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184 SCANDALO ALL’HERMITAGE Pittori e scultori che i comunisti avrebbero volentieri spedito nei gulag adesso violano il più austero dei musei russi. La mostra si chiama «Newspeak» ed è collegata a un programma della tv inglese: un «X factor» che, invece di scoprire l’erede di Lucio Battisti, si propone di lanciare il nuovo Damien Hirst. ARTE CONTEMPORANEA LA RIVIN DEI « DEVIATI »

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184

SCANDALO ALL’HERMITAGE

Pittorie scultori che i comunisti

avrebbero volentierispedito nei gulag

adesso violano il più austero dei musei russi. La mostra si chiama «Newspeak» ed è collegata a un programma

della tv inglese: un «X factor» che, invece di scoprire l’erede di Lucio Battisti, si propone di lanciare il nuovo Damien Hirst.

ARTE CONTEMPORANEA

LA RIVIN DEI «DEVIATI»

cultura

Sarà che i segni del comu-nismo sono duri a sparire.Sarà che non ho mai vistoper strada tanti ubriachi ogente dall’aspetto dismes-

so. Sarà che i fasti zaristi sono finiti da unsecolo o che le notti poco illuminate sem-brano nascondere ancora tormenti da De-litto e castigo di Fëdor Dostoevskij. Fat-

di SILVIA GRILLI - da San Pietroburgo

Il museodell’Hermitage

a San Pietroburgo.Sopra, una sala

della mostra«Newspeak».

CITA

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certo Scott King, come in una delle fotodel «Guerrigliero eroico» più viste, mani-polate e ridotte a poster appesi nelle came-re degli adolescenti di mezzo mondo.

In un angolo, semiilluminati dalle fi-nestre che danno sul fiume Neva, ho vi-sto di spalle sei ragazzi incappucciati. Liho sfiorati, per accertarmi che stessero be-ne, prima di rendermi conto che erano di

cera, firmati da due giovani ar-tisti di Glasgow, i Littlewhite-head. «L’80 per cento dell’artecontemporanea è pattume» midice Dimitri Ozerkov, il cura-tore di 33 anni, dal faccino di

studente studioso, che segue i nuovi pro-getti dell’Hermitage. «Ma il compito diun’istituzione culturale statale è saper sce-gliere ed educare la gente a che cos’è l’ar-te di oggi».

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to sta che la tanto esaltata San Pietro-burgo, a cui Vladimir Putin, che vi è na-to, ha elargito una caterva di soldi per unnuovo Rinascimento, mi ha dato l’impres-sione di una Parigi triste. La sua grandez-za imperiale è austera e lontana. E i gigan-teschi scaloni del museo Hermitage incu-tono una soggezione lontana dalla spensie-ratezza curiosa che accompagna il visitato-re al Louvre o al Metropolitan Museum.

In realtà sono andata a San Pietroburgoper vedere una mostra insolita tra i Veláz-quez, i Renoir, i Monet, i Van Gogh, i Tin-toretto, i Leonardo da Vinci, le scultureneoclassiche di Antonio Canova e i sepol-cri greci esposti nei 183 mila metri qua-drati dell’Hermitage. Intitolata Newspeak(come la lingua fittizia inventata dalloscrittore George Orwell in 1984), èun’esposizione di opere che fanno parte diquell’inarrestabile e discutibile ondata eti-chettata come «arte contemporanea».

Si può provare un misto di scetticismoe confusione nel vedere dentro il museofondato dall’imperatrice Caterina la Gran-de i lavori di 25 giovani inglesi portati quida una spregiudicata galleria londinese, laSaatchi. Alcuni artisti non hanno ancora30 anni, ma forse un giorno saranno famo-si, grazie ad abili operazioni di marketing.Una di queste strategie è una specie di XFactor sull’arte, una serie che sta per par-tire sulla televisione inglese Bbc. S’intito-la Scuola di Saatchi. Come in X Factor, an-che qui ci sarà una giuria di critici. Stavol-ta però non cercherà gli eredi di Lucio Bat-

tisti o Renato Zero, ma di Damien Hirsto Tracey Emin. La trasmissione è stata giàregistrata e già vinta da un’artista espostaqui all’Hermitage. Ma, poiché il program-ma non è iniziato, nessuno vuole rivelar-mi chi sia.

Comunque nella venerabile sala Niko-laevsky del Palazzo d’Inverno mi ha col-pito un’installazione chiamata MadameBlavatsky. Un’artista dinome Goshka Macugas’è immaginata da mor-ta la visionaria fondatri-ce della New age. Cosìha steso Helena Blavat-sky, defunta e completamente vestita dinero, sopra due sedie di legno. In un visonero stagliato su fondo rosso mi è sembra-to di riconoscere Ernesto Che Guevara. In-vece era la cantante Cher, riprodotta da un

ProvocazioneIn alto, «Real special very

painting» di Barry Reigate.Sotto, una sala della mostra.

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Poi però sono ritornata nel vecchio, au-tentico mondo dell’Hermitage. Nell’uffi-cio più grande e pieno di anticamere earazzi fiamminghi che abbia mai visto, hoincontrato il direttore Mikhail Piotrovski.Piotrovski è un arabista di 65 anni, com-passato come un conduttore di quei pro-grammi culturali che andavano in onda atarda sera alla radio. Parla un inglese fluen-te quasi privo di accento e, quando gli sifanno domande sgradite, guarda un oro-logio alla sua sinistra, che appartenne aPiotr Cajkovskij. È stato nominato per de-creto direttore del museo subito dopo ladissoluzione dell’Unione Sovietica, ma inrealtà l’Hermitage è sempre stato casa sua.Prima di lui difatti suo padre, l’archeolo-go Boris Borisovich, è stato direttore per26 anni. E a padre e figlio, dinastia che du-ra da 42 anni, è stato attribuito un pre-mio alla carriera: non una targa, non unNobel, non il nome di una piazza. No: unpianeta, chiamato Piotrovski.

Il direttore siede a una scrivania che fauna certa impressione, appena si scopre cheapparteneva all’imperatore Alessandro III.Dice che non c’è tanta differenza tra l’artedi oggi e quella classica. «L’arte è arte. Nonci sono rivoluzioni, solo un linguaggio checambia. Il mondo è uno solo, l’umanitàanche». Sostiene che la differenza tra i no-stri tempi e quelli di suo padre è che «ne-gli anni del comunismo dominava l’ideo-logia. Ora abbiamo più libertà, più oppor-

tunità, ma persfruttarle dobbia-mo trovare nuovimodi per fare soldie mostrare il pote-re della Russia nelmondo».

Tuttavia, manmano che parla,sembra sia cambia-to poco dagli annidel comunista BorisBorisovich. «Odiola parola proprietà»dice Piotrovski.«L’arte appartiene atutti, va condivisa eprestata». E ancora:«Il mercato non è

l’esatto criterio di ciò che vale e di ciò chenon vale. Gli artisti devono fermarsi e pen-sare meno ai soldi. Musei come il nostro pos-sono definire il diverso criterio».

Diventa più simpatico quando raccon-ta dei primi ministri e capi di stato chesono entrati qui. Silvio Berlusconi nonancora, ma Tony Blair, George W. Bush,Bill Clinton sì. Bush fu affascinato dalturbinio di colori dell’Apoteosi del Regnodi Caterina II di Gregorio Guglielmi,dalla pittura fiamminga e olandese, so-prattutto dalla carne da macello appesain un quadro di Rembrandt. Quando,guardando l’orologio di Caikovskij,

Piotrovski diceche «la crisi del-l’arte contempo-ranea è salutare.Non posso sop-portare che unRembrandt valgameno di un deKooning», si ca-pisce che l’Her-mitage non è poicosì cambiato.Non c’è arte con-temporanea chetenga. Hai vogliaa fare l’X Factordegli artisti. I 2milioni 360 milavisitatori che en-trano ogni annoin questo museovogliono sempreammirare i gran-di classici. ●

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Rivoluzione«It happened in the corner» dei Littlewhitehead.

Sotto, Mikhail Piotrovski, direttoredell’Hermitage, e una sala della mostra.

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