da “armonia”a “crimine”, l’evoluzione della … · portare all’interno del mondo...

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UNIVERSITÁ DI REGGIO CALABRIA Facoltà di Giurisprudenza Corso di Laurea in specialistica DA “ARMONIA”A “CRIMINE”, L’EVOLUZIONE DELLA ‘NDRANGHETA DALLA “SANTA” AD OGGI Tesi di laurea di: G IOVANNA F ULCO Relatore: CHIAR. MO PROF. NICOLA GRATTERI ANNO ACCADEMICO 2010 2011

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UNIVERSITÁ DI REGGIO CALABRIA

Facoltà di Giurisprudenza

Corso di Laurea in specialistica

DA “ARMONIA”A “CRIMINE”,

L’EVOLUZIONE DELLA

‘NDRANGHETA DALLA “SANTA” AD

OGGI

Tesi d i laurea d i :

GIOVANNA FULCO

Relatore: CHIAR. MO PROF. NICOLA GRATTERI

ANNO ACCADEMICO 2010 – 2011

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1 Introduzione ..................................................................................................3

Capitolo Secondo

Nuovo riassetto strutturale e organico della ‘ndrangheta 2.1 Una cupola per la ‘ndrangheta, vecchie e nuove alleanze………………………65 2.2 La nuova struttura verticistica della ‘ndrangheta: la Provincia………………….69 2.3 I Mandamenti…………………………………………………………………….74

2.3.1Fascia Tirrenica……………………………………………………………..76 2.3.2Fascia Ionica……………………………………………………………….. 80

2.4 La riunione di Polsi………………………………………………………………96 2.5 Gerarchie, gradi, cariche e rituali………………………………………………...99 2.6 La cupola lombarda………………………………………………………………108 2.7 Le proiezioni nazionali della ‘ndrangheta in Lombardia, Piemonte e Liguria…...118

2.7.1 La Lombardia ………………………………………………………………121 2.7.2 Il Piemonte……………………………………………………………….....124 2.7.3 La Liguria………………………………………………………………...…128

2.8 Le proiezioni internazionali della ‘ndrangheta in Germania, Canada e Australia..132 2.8.1 Germania……………………………………………………………………132 2.8.2 Canada………………………………………………………………………136 2.8.3 Australia………………………………………………………………….....141

2.9 Le infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle attività economiche produttive………….144

Conclusioni .................................................................................................................157

Riferimenti Bibliografici e siti internet di riferimento……………………………165

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Introduzione

Il lavoro che qui presento è il frutto di un percorso di

ricerca intrapreso con entusiasmo perché mi ha permesso di

portare all’interno del mondo universitario un tema poco trattato

ma che assume grande rilevanza per le sue ricadute sul sistema

sociale.

Con esso ho voluto mettere in evidenza i caratteri specifici di un

fenomeno assai grave che via via si è trasformato nel tempo,

perché capace di adattarsi ad un sistema in mutazione rapida.

La trattazione della ‘ndrangheta che è pericolo pubblico che tiene

in libertà vigilata i cittadini calabresi e non solo, con i suoi

vischiosi rapporti, con i soggetti sociali, economici e politici

dell’intero territorio nazionale, con il controllo e la

manipolazione di economie e commerci, di relazioni e opinioni,

di voti e burocrazie.

La ‘ndrangheta che pur in un Paese, come l’Italia, dove di fatto

esiste la migliore legislazione antimafia al mondo, non si è

riusciti ancora ad estirpare, forse perché tanti tantissimi di noi,

non facciamo il nostro dovere.

Per comprendere lo spessore e la diffusione del fenomeno mafia

ho cercato inizialmente di delineare i profili di questa

pericolosissima organizzazione criminale calabrese, ho

ripercorso l’evoluzione strutturale della ‘ndrangheta

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concentrandomi, infine, sullo stato attuale della stessa. In

particolare nel primo capitolo ho ricostruito la storia della

criminalità organizzata, prima cercandone una definizione, poi

raccontando l’origine e l’evoluzione storica e strutturale. Nel

secondo capitolo della tesi ho sviluppato nel dettaglio

l’argomento che costituisce il presupposto dell’intero elaborato.

In esso ho analizzato la nuova struttura verticistica, la

suddivisione della provincia di Reggio Calabria in tre

mandamenti e le proiezioni nazionali e transnazionali della

‘ndrangheta.

L’intento finale che mi sono prefissa con questa mia opera è

quello di avvicinare al problema ‘ndrangheta soprattutto chi di

esso si è sempre disinteressato, ritenendolo (a torto) molto

lontano da sé.

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CAPITOLO SECONDO

NUOVO RIASSETTO STRUTTURALE E ORGANICO

DELLA ‘NDRANGHETA

2.1 Una cupola per la ‘ndrangheta vecchie e nuove alleanze.

La fine della seconda guerra di mafia di Reggio Calabria

aveva sancito determinate zone di appartenenza per ogni cosca,

c’era una suddivisione del territorio fra i clan, un potere

orizzontale, che, però, non ha resistito alle evoluzioni della

‘ndrangheta, che negli ultimi dieci anni, si è dotata di un vertice

decisionale”.1 L’operazione “Meta”2, condotta dai carabinieri,

riesce a ricostruire come, negli anni, alleanze storiche si siano

rimodulate, incrinando rapporti decennali. Come riporta

l’ordinanza di custodia cautelare, le indagini avrebbero permesso

di “affermare che nell’ultimo decennio si è andato consolidando

nel territorio cittadino, specie con riferimento alle attività di tipo

estorsivo ed al settore degli appalti, un nuovo assetto criminale

1 Informativa DDA di Reggio Calabria 1994 processo Olimpia.

2 Maxioperazione del Ros dei Carabinieri di Reggio Calabria, che nel giugno 2010

eseguì decine di arresti nei confronti dei boss di Reggio Calabria, di affiliati e di

imprenditori che avrebbero fatto da prestanome alle cosche.

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caratterizzato dalla nascita di una sorta di confederazione

associativa tra le principali cosche storiche del reggino (de

Stefano-Condello-Libri)”.

Un’organizzazione che sarebbe stata gestita in prima persona da

Giuseppe De Stefano e Pasquale Libri. De Stefano, il più giovane

della triade avrebbe ricevuto il grado di “Crimine3”, con il placet

degli altri due boss più anziani ed esperti: su di lui, quindi

sarebbe ricaduto il ruolo “operativo” nei nuovi meccanismi.

Un’alleanza che avrebbe “come finalità quella di coordinare e

dirigere la gestione in via ordinaria e costante di un’attività

criminosa”. Ovvero il capillare taglieggiamento di commercianti

e imprenditori e la spartizione degli appalti.

Nel programma della “Cupola”, cosi, confluiscono e si fondono i

progetti delle singole famiglie.

Ecco perché questo organismo non viene considerato

un’autonoma associazione criminale distinta dalle singole

associazioni, ma una sorta di vertice collegiale di una super-

associazione nata dalla sostanziale integrazione delle famiglie.

L’accusa contesta a Giuseppe De Stefano, Pasquale Condello e

Pasquale Libri di aver creato, all’interno della ‘ndrangheta, un

organo decisionale di tipo verticistico per gestire il controllo

delle attività criminali nella città di Reggio Calabria e dintorni

(da Pellaro a Villa San Giovanni).

3 E’ la persona responsabile della pianificazione ed esecuzione delle azioni delittuose del locale al quale appartiene.

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Si tratta di una grossa novità nel panorama criminale reggino,

che modifica le alleanze scaturite dalla seconda guerra di mafia,

quando dopo l’attentato dinamitardo a Nino Imerti e , due giorni

dopo, l’eliminazione di Paolo De Stefano, si crearono due

schieramenti contrapposti.

Un primo, capeggiato dalla famiglia mafiosa dei De Stefano,

vedeva l’adesione delle cosche Libri, Tegano, Latella, Barreca,

Paviglianiti e Zito.Un secondo schieramento, facente capo alla

cosca Imerti, vedeva l’adesione di Condello, Saraceno, Fontana,

Serraino, Rosmini e Logiudice.

Per una serie di nuove alleanze che nascono, ce n’è almeno una

storica, che si sarebbe incrinata negli anni. E’ quella tra la cosca

De Stefano e quella dei Tegano. Quello che viene fuori secondo

le indagini, è un “clima instabile”. I contrasti sono tra Giuseppe

De Stefano e lo zio Orazio De Stefano, legato da rapporti di

parentela con i Tegano, contrasti che emergerebbero anche dalle

indagini relative all’eliminazione del boss di san Giovannello,

Maurio Audino.

Il quartiere di San Giovannello, era sotto l’egida del clan Tegano,

ma Audino, tipo ambizioso, allontanatosi da Orazio per

avvicinarsi al nipote Giuseppe De Stefano, viene fatto fuori

proprio nel suo regno, a bordo della sua auto, nel dicembre del

2003. A decidere la sua eliminazione sarebbe stata proprio la

famiglia Tegano che non gli avrebbe perdonato il “tradimento”.

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Sarebbe questo l’atto più eclatante, di rottura, tra due delle

famiglie più potenti della città, un tempo federate nella guerra

contro i Condello e gli Imerti.

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2.2 La nuova struttura verticistica della ‘ndrangheta: la

Provincia.

Oltre alle inchieste “Meta e Crimine4” era già stata

l’operazione “Reale5”a mostrare che gli inquirenti fossero sulla

buona strada per scoprire come, negli ultimi anni, la ‘ndrangheta

abbia organizzato i propri assetti e le proprie gerarchie, mutando

da organizzazione familistica e orizzontale in una ferrea struttura

verticistico-piramidale ma con la “testa” a Reggio Calabria. Un

processo di cambiamento che non nasce dall’oggi al domani ma

che attraversa diverse fasi e, di conseguenza, altrettante inchieste

della procura e delle forze dell’ordine.

Ma è l’operazione denominata “Il Crimine”, condotta dalla

procure di Milano e Reggio Calabria a svelare fino in fondo i

nuovi assetti della ‘ndrangheta.

Il “capo crimine” e il “mastro” sarebbero le due figure apicali

nella nuova struttura verticistica della ‘ndrangheta, che le

4 Inchiesta "Crimine,un'attività investigativa della Dda di Reggio che porta la firma del

procuratore Giuseppe Pignatone, degli aggiunti Michele Prestipino e Nicola Gratteri, e

dei pm Antonio De Bernardo, Giovanni Musarò e Maria Luisa Miranda.Nel luglio

2010. ha portato all'arresto di oltre 300 persone

5 L’operazione costituisce lo sviluppo dell’indagine “labirinto” del R.O.S., avviata nel

2007 in direzione della cosca “Pelle” di San Luca (RC) e finalizzata alla cattura del

boss Antonio Pelle “Gambazza”, inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi,

arrestato dallo stesso R.O.S. il 12 giugno dello scorso anno, dopo una lunghissima

latitanza

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indagini condotte dalle procure di Milano e Reggio Calabria

hanno svelato. E se il secondo, Giuseppe Commisso, “u’

mastro”, sarebbe l’elemento di spicco dell’omonima, celebre,

cosca di Siderno, nella Locride, il primo, Domenico Oppedisano,

esponente dell’omonima famiglia di Rosarno, è un soggetto

praticamente sconosciuto alle cronache fino all’arresto.

Oppedisano sarebbe il coordinatore della nuova struttura

verticistica della ‘ndrangheta che, cosi delineata dalle ultime

indagini, si struttura in tre mandamenti: tirrenico, ionico e

cittadino.

Tutti devono sottostare alla “provincia”, anche le cellule sparse

nelle varie zone d’Italia e all’estero devono interpellare la

“provincia”. La designazione di Oppedisano a massima figura

carismatica della 'ndrangheta sarebbe stata decisa dai capi

mandamento durante il matrimonio, avvenuto il 19 agosto 2009,

tra i figli di due boss: Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro. Proprio in

un’occasione nuziale, secondo quanto accertato dagli

investigatori, vennero decise tutte le cariche di vertice della

mafia calabrese: capo crimine appunto Oppedisano, capo società,

cioè il numero due, il già arrestato Antonino Latella, mentre il

ruolo di mastro generale fu affidato a Bruno Gioffré.

Ruoli che vennero poi confermati a Polsi il 2 settembre, proprio

durante le celebrazioni per la festa della Madonna, dove i

Carabinieri avrebbero filmato l'istante in cui i capimafia lo

riconoscerebbero come capo. Il ruolo indiscusso di Oppedisano

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emerge da una serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali

compiute nel corso delle indagini. Oppedisano, aveva il controllo

assoluto di qualsiasi attività dell’organizzazione, dai rituali di

affiliazione alle singole attività illecite delle cosche sia italiane

che all’estero A Oppedisano spettava, insomma, tenere in mano

l'intera situazione ma a termine, poiché la Crimine era una

struttura che veniva periodicamente rinnovata.

Il riferimento alla provincia emergeva anche dalle intercettazioni

captate nell’ambito del p.p. denominato “Armonia6” (al vertice

c'è Giuseppe Morabito e ne fanno parte Giuseppe Pansera,

Filiberto Maesano, Antonio Pelle, Giuseppe Pelle e altri ) ove,

con riferimento alla riunione in cui hanno “fatto il vangelo”

Maisano Filiberto precisa che si è riunita tutta la “provincia”.7

Dalle ultime indagini sono emersi ulteriori nuovi elementi che,

oltre a attestare l’esistenza della struttura denominata

“Provincia”, ne delineano anche le modalità di costituzione, le

competenze e la consistenza organica. Il ruolo e la fisionomia

della provincia, oltre che in diverse conversazioni intercettate nel

corso di tutta l’attività tecnica, emergono chiaramente ed

univocamente in una particolare occasione nell’ambito della

quale Francesco Gattuso, detto “Ciccillo”, viene ritenuto

6 Nel 2003 l'operazione Armonia svela l'esistenza di un'associazione mafiosa

denominata crimine: unisce i locali della zona jonica della provincia di Reggio

Calabria.

7 Conversazione intercettata il 14.10.1998 tra Maisano Filiberto e tale Saverio.

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responsabile di “gravi mancanze” nei confronti di alcuni

elementi dell’organizzazione, ragione per cui dovrà essere posto

sotto accusa da un “tribunale8”. Del resto indicativa, in tal senso,

è anche la vicenda relativa la Locale di Roghudi. Nel periodo

compreso tra il 28.02.2010 e il 10.03.2010, all’interno

dell’abitazione di Pelle Giuseppe, si registravano una serie di

conversazioni tra presenti di altissima rilevanza investigativa,

aventi ad oggetto la nomina del capo locale9 di Roghudi (RC) e

la conseguente necessità di equiparare le “doti” di alcuni affiliati

appartenenti alle due diverse fazioni, al fine di riequilibrare il

potere spettante alle due famiglie storicamente presenti sul

territorio: gli Zavettieri ed i Tripodi. Per risolvere la questione in

data 09.03.10 fu organizzato un vero e proprio summit. Il giorno

prima del summit all’interno dell’abitazione del Pelle veniva

registrata una frase particolarmente rilevante pronunciata da

Rocco Morabito: quest’ultimo, infatti, affermava che nel caso in

cui la controversia non fosse stata risolta nel corso del summit

col dialogo tra le famiglie, la decisione sarebbe spettata alla

“Provincia, come responsabile”, che a quel punto avrebbe deciso

8 Deputato a giudicare i sodali responsabili di determinate "mancanze" o "trascuratezze

di ‘ndrangheta composto, appunto, dai soggetti facenti parte della provincia.

9 “Termine che indica in gergo la struttura di gestione locale del potere mafioso”, dalla

sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermata in Cassazione,

N. 2002/1512 Reg. sent., 2002/361 Reg. Gen., P.P. 14/1998 RGNR DDA (Indagine

Armonia).

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chi aveva ragione e chi torto: “Ma se vogliono parlare

chiamiamo la provincia come responsabile e parliamo……e chi

ha ragione… incompr……con gli uomini!.. …e vediamo come si

deve fare, e vediamo chi ha più!.. E vediamo chi ha torto e chi ha

ragione pure!..”. Non pare revocabile in dubbio che

Rocco Morabito, quando parlava della “Provincia”, si riferisse ad

un organismo sopra ordinato ai locali. Al riguardo, dal tenore

delle conversazioni intercettate emergono chiaramente due

circostanze:

• Questo organismo, nel caso in cui i Tripodi e gli

Zavettieri non avessero raggiunto una soluzione

condivisa, avrebbe avuto il potere di decidere “chi ha

torto e chi ha ragione”, avrebbe cioè designato il capo-

locale di Roghudi;

• La “Provincia” non ha competenza solo sui locali della

fascia jonica, ma ha competenza su tutti le locali della

Calabria e fuori di essa.10

10 Informativa DDA di Reggio Calabria 2010, Crimine vol. 1.

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2.3 I mandamenti.

Come anticipato, a livello territoriale sono state individuate

tre macro aree - “Ionica”, Tirrenica (“Costa”e “Piana”) e Centro

(Reggio Calabria città) - che forniscono rispettivamente i

componenti degli organismi “provinciali” ed i rappresentati per

le articolazione della ‘ndrangheta a livello nazionale e

transnazionale.

Per tali strutture frequenti erano i riferimenti che emergevano

dalle intercettazioni relative al p.p. denominato “Armonia”.

Da quanto emerso dalle attività di indagini effettuate nell’ambito

del p.p. “Crimine” l’assetto territoriale non appare mutato. Il

riferimento a jonica, tirrenica (Piana + Costa) e centro (Reggio

Calabria città) è costante e continuo. I primi dati relativi tale

aspetto emergono il 30.01.2009 nel corso di un dialogo

intercorso tra Oppedisano e Santo Giovanni Caridi dal quale si

ricava la suddivisione in zone (“nella nostra zona... nella nostra

zona... nella nostra zona guardate... nella nostra zona”) ed è

possibile comprendere l’estensione territoriale del mandamento

tirrenico (“noi non parliamo nei confronti di Reggio, nei

confronti di...(inc)... “ma parliamo della zona nostra tutta

completa... Piana e Costa” …… “della zona nostra tutta

completa... Piana e Costa”).

Dalle esternazioni che Oppedisano rivolge a Caridi emerge un

altro spaccato relativo la suddivisione territoriale; si rileva

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l’esistenza di insediamenti criminali di stampo ‘ndranghetistico a

Guarda Valle, nel vibonese e a Cetraro.

Le cosche operanti nell’intera provincia evidenziano differenti

caratteristiche e modalità di espressione a seconda della zona di

radicamento. Le cosche dell’area tirrenica, così come buona

parte di quelle presenti nel capoluogo, praticano l’occupazione

del territorio come principale fattore di accumulazione

economica realizzando sia il sistematico condizionamento di tutti

i settori produttivi che sfruttamento delle risorse destinate alla

realizzazione di importanti opere pubbliche. Le cosche dell’area

ionica, attive su un territorio che offre minori opportunità

economiche, caratterizzato da una morfologia impervia ed aspra

(dalla costa fino alle vette dell’Aspromonte) e per questo

difficilmente permeabile a un‟efficace controllo da parte delle

forze di polizia, si sono dedicate per anni ai sequestri di persona.

I profitti di questa attività hanno poi costituito la base per

l‟ingresso in grande stile nel traffico internazionale degli

stupefacenti.

Per comprendere il livello di pervasività della ‘ndrangheta, è

utile rappresentare una mappa aggiornata delle cosche e della

loro dislocazione sul territorio:

A. La fascia tirrenica

• Società di Rosarno;

• La società di Polistena;

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• La Locale di Gioia Tauro;

• Il locale di Sinopoli;

• Locali della zona sud della città di Reggio

Calabria:Oppido Martina, Bagnara e San

Giorgio Morgeto;

• Locali di Croce Valanidi, Oliveto, Trunca-

Allai;

• Società di Reggio Calabria.

B. La fascia ionica

• Società di Melito Porto Salvo. La cosca

Iamonte;

• La locale di Roghudi;

• La locale di Palizzi;

• La locale di Africo e la ‘ndrina distaccata di

Motticella;

• La locale di San Luca e di Natile di Careri;

• la localiedi Grotteria, Marina di Gioiosa

Jonica, Gioiosa Jonica e Siderno.

2.3.1 Fascia Tirrenica.

La situazione nei centri della fascia costiera tirrenica è

caratterizzata da una consistente stabilità, “nonostante la

presenza sul territorio di numerose famiglie”. Le cosche

emergenti, ad ogni modo, sono quelle di Francesco Muto e le

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“famiglie” alleate dei Polillo di Cetraro, e degli Stemmo-Valente

di Scalea e Belvedere Marittimo, specializzate nel controllo delle

attività connesse alla pesca e alla commercializzazione dei

prodotti ittici nelle zone di Paola e di Scalea. A Paola e a

Fuscaldo, inoltre, sono presenti i Serpa-Martello-Scofano:

gestiscono una diversificata tipologia di attività delittuose, vanno

dallo spaccio di sostanze stupefacenti alle estorsioni e l’usura. Il

centro di Amantea risulta controllato dalla famiglia Gentile

(traffico di droga); i Femia sono insediati a Santa Maria del

Cedro (tra l’altro, gestiscono il mercato del video-poker); a San

Lucido si è consolidato il controllo dell’organizzazione di

Michele Tundis, che “rappresenta una proiezione sul territorio

del gruppo cittadino dei Perna-Cicero-Rua”. Nella provincia di

Reggio Calabria operano cosche “numerose, ben organizzate dal

punto di vista strutturale, che vantano schieramenti dotati di

grande potenza di fuoco”. Uno scenario criminale che unito a un

tradizionale criminale risalente nel tempo ne hanno determinato

l’affermazione in ambiti territoriali che vanno ben oltre i luoghi

di origine. La ’ndrangheta reggina vanta proiezioni sulla quasi

totalità del territorio nazionale, ma anche insediamenti

organizzati in numerosi paesi esteri, con proiezioni

extracontinentali, attraverso le quali gestisce in ambito

internazionale proficui traffici di stupefacenti, importando

enormi quantità di droga sia dal Sud America che attraverso le

rotte balcaniche”. Gli interessi delle cosche mafiose del reggino è

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rivolto al traffico di sostanze stupefacenti, ma non solo: “Non

trascurano il tradizionale controllo del racket delle estorsioni, che

garantisce un sicuro presidio del territorio”. Gli investigatori,

comparando i dati riferiti alla provincia di Reggio con quelli di

altre province calabresi, rilevano “la pericolosità delle contiguità

delle cosche al tessuto economico, in particolare in questo

momento, in cui sono in fase di realizzazione importanti opere

pubbliche”.

Rispetto alle altre famiglie mafiose della Calabria, in provincia di

Reggio “permane la suddivisione territoriale articolata in

mandamenti: uno cittadino e due provinciali (ionico e tirrenico),

e gli equilibri fra le numerose famiglie sono ben definiti e

connotati da grande stabilità”.

Con particolare riferimento al mandamento tirrenico, si è

accertato che della macroarea fanno parte sia la fascia costiera -la

“costa”- sia la piana di Gioia Tauro -la“piana”11- e che il locale

più importante è quello di Rosarno, dove esiste una vera e

propria “Società”, in quanto ne fanno parte almeno sette soggetti

appartenenti alla “Società Maggiore”. Dall’attività di indagine

compiuta è emerso in modo inequivocabile che: anche a

Polistena esiste una vera e propria “Società”con a capo Longo

Vincenzo; l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta a Gioia Tauro

11 Intercettazione ambientale di Domenico Oppedisano, 31.01.09, progr. 104: “ma

parliamo della zona nostra tutta completa... Piana e Costa” …… “della zona nostra

tutta completa... Piana e Costa”).

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e l’esistenza a Sinopoli di una locale di ‘ndrangheta, il cui capo

indiscusso era lo storico boss Domenico Alvaro.

Numerosi elementi per ricostruire l’organigramma di alcune

locali della zona Sud di Reggio Calabria (Oliveto, Croce

Valanidi e Trunca-Allai) emergono dall’attività di indagine

espletata dalla Compagnia CC di Melito12 dai cui esiti si attesta il

dominio della famiglia Gattuso nel ruolo di direzione e

organizzazione della locale di Oliveto.

Per quanto riguarda Reggio Calabria, il rapporto della Dia

conferma che la supremazia è detenuta dalla cosca De Stefano-

Tegano; in passato ha condiviso potere e affari con il gruppo dei

Condello-Rosmini, ma negli ultimi anni sta riprendendo il

sopravvento sia a livello “amministrativo” che economico-

militare. La strategia delle “famiglie” cittadine è sempre più

orientata all’accaparramento di appalti e sub-appalti pubblici,

attraverso prestanome; ma anche potendo contare su complicità

con le varie amministrazioni locali, nelle quali vengono

“infiltrati” personaggi vicini alle cosche; e si giustifica dunque

pienamente la definizione di “comitato d’affari”.

Nella fascia tirrenica la stabilità del “sistema mafioso, anche in

vista dei rilevanti interessi economici connessi all’area portuale

di Gioia Tauro, è assicurata dai Piromalli-Molé… Le attività di

transhipment e gli insediamenti di importanti iniziative

12 Nell’ambito del p.p. 2332/07 R.G.N.R-D.D.A.

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imprenditoriali hanno attirato l’attenzione delle locali famiglie

mafiose, che hanno visto nelle nuove realtà commerciali rilevanti

opportunità per la realizzazione di affari illeciti e per affermare il

predominio nell’area di influenza”.

2.3.2 Fascia ionica.

Enorme importanza è rivestita, all’interno della

“Provincia”, dal c.d. “mandamento ionico” ed in particolare dalla

persona di Giuseppe Commisso “il mastro”, personaggio-chiave,

insieme ad Domenico Oppedisano. L’importanza del

“mandamento ionico” è stata riscontrata non soltanto in relazione

alle dinamiche della “Provincia” e del “Crimine”, ma anche e

soprattutto nei rapporti con gli organismi criminali operanti nel

nord Italia ed all’estero. Intorno alla figura del “Mastro”, ed a

strettissimo contatto con questi, si muove ed opera una sorta di

“triumvirato”, composto da Carmelo Bruzzese, Giorgio De Masi

ed Rocco Aquino, in rappresentanza, rispettivamente, dei locali

di Grotteria, Gioiosa Jonica e Marina di Gioiosa Jonica,

evidentemente di rilevanza strategica, insieme al locale di

Siderno, all’interno del mandamento e nei rapporti con gli

organismi criminali insistenti fuori dal territorio calabrese.

“Il mastro” si occupa di tutte le problematiche criminali

riguardanti non soltanto la società di Siderno, al vertice della

quale ovviamente è posto, ma anche di quelle riguardanti altri

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locali del “mandamento” (ovvero quello di Caulonia ed altri

quali Canolo e Mammola), riguardanti la zona delle “Serre”

riguardanti in generale la “Provincia” e gli altri organismi

nazionali e transnazionali.

Altro “pezzo da novanta”, nell’ambito della fascia ionica, è

ovviamente Giuseppe Pelle.

Le indagini hanno, inoltre, consentito di accertare l’esistenza dei

locali di Melito Porto Salvo, Palazzi, Roghudi, S. Luca, di Africo

e la ‘ndrina distaccata di Motticella.

L’esistenza sul territorio di Melito Porto Salvo, e zone limitrofe,

di una organizzazione mafiosa facente capo a Iamonte Natale è

un dato incontrovertibile, definitivamente acclarato dalla storia

giudiziaria degli ultimi anni.

Un importante tassello in questo senso si trae dalla parte motiva

del decreto13 emesso dal Tribunale di Reggio Calabria - sez.

misure di prevenzione - in data 13.7.2001 e dep. il 22.7.2002 in

cui è stata analizzata, ai fini dell’adozione di provvedimenti di

confisca di beni, l’organizzazione criminale degli Iamonte,

operante in Melito Porto Salvo e territori limitrofi.

L’organizzazione criminale facente capo a Natale Iamonte14 e ai

figli di quest’ultimo, è stata al centro di alcuni tra i più importanti

processi di mafia celebrati nel corso degli ultimi decenni;

13 Nr. 19/00 RGMP e 77/02 R. Provv.

14Da molti anni ristretto e sottoposto al regime di massima sicurezza previsto dall’art.

41 bis della Legge n°354 del 26 luglio del 1975.

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22

processi che hanno consentito di svelarne la struttura verticistica,

l’organigramma, la notevole capacità militare, le specifiche

modalità d’azione (essenzialmente imperniate sull’uso della

forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo), i principali

obiettivi illeciti perseguiti (correlati più o meno strettamente agli

interessi economici di volta in volta avuti di mira in relazione al

territorio controllato). L’ingombrante presenza di questo nucleo

criminale e la sua incessante, nefasta ingerenza in tutte le attività

economiche e politiche svoltesi nel territorio assoggettato al suo

dominio, sono state puntualmente confermate da numerose

pronunce giurisdizionali, l’ultima delle quali è stata emessa dalla

Corte D’Assise di Reggio Calabria, in data 26.4.2001,

nell’ambito del procedimento nr. 31/93 R.G.N.R. DDA15 per i

delitti di associazione mafiosa, concorso in omicidio, traffico

internazionale di stupefacenti ed armi, estorsione e

danneggiamento.

Le investigazioni coordinate dalla Direzione Distrettuale

Antimafia16 hanno consentito di mettere a fuoco i contorni di

un’associazione per delinquere di tipo mafioso, operante nel

territorio di Melito Porto Salvo, denominata cosca Iamonte, i cui

maggiori esponenti rispondono ai nomi di Natale, Vincenzo ,

Giuseppe, Remingo , Carmelo e Antonino Iamonte.

15 Nel quale si è registrata la confluenza di diversi procedimenti penali tra cui quelli

denominati “D-DAY 1” e “D-DAY 2”)

16 In relazione al p.p. 31/1993 RGNR DDA

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23

Dal processo principale venivano stralciate le posizioni di alcuni

imputati tra i quali Giuseppe e Vincenzo Iamonte. I fatti sono

stati oggetto di giudizio da parte della Corte d’Assise (seconda

sezione) di Reggio Calabria che con la sentenza emessa in data

21.2.2004 condannava Giuseppe e Vincenzo Iamonte per i reati

di associazione mafiosa ed estorsione e con sentenza emessa in

data 08.04.2004, confermava la pena dell’ergastolo per Natale

Iamonte.

In virtù di tale sentenza, passata in giudicato, è stato

giudizialmente stabilito che in Melito Porto Salvo esiste ed opera

una articolazione dell’associazione per delinquere di tipo

mafioso facente capo alla famiglia Iamonte.

Grazie invece agli accertamenti eseguiti dal R.O.S.-Sez.

Anticrimine di RC nell’ambito della c.d. “Operazione Reale”17 è

stato possibile ricostruire la vicenda relativa alla locale di

Roghudi.

L’attività di indagine si fonda pressoché esclusivamente sulle

conversazioni tra presenti registrate nel Febbraio, Marzo e Aprile

2010 all’interno dell’abitazione sita in dove risiede la famiglia

Pelle, “Gambazza”, e sulla parallela e successiva attività di

indagine, eseguita a riscontro di quanto captato.

17 Nr. 1095/10 R.G.N.R.-D.D.A, compendiati nella nota nr. 81/5 -3 di prot. del

14.06.10, depositata in data 15.06.10 e acquisita in originale agli atti dell’inchiesta

Crimine.

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24

In tal modo si è accertato che Giuseppe Pelle, sottoposto alla

misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di

soggiorno nel comune di residenza, riceveva costantemente le

visite di numerosi personaggi di rilievo del panorama criminale

della provincia reggina. In particolare, nel periodo compreso tra

il 28.02.2010 e il 9.04.2010, all’interno dell’abitazione di

Giuseppe Pelle, si registravano una serie di conversazioni tra

presenti di altissima rilevanza investigativa, aventi ad oggetto la

nomina del capo locale18 di Roghudi (RC) e la conseguente

necessità di equiparare le “doti” di alcuni affiliati appartenenti

alle due diverse fazioni, al fine di riequilibrare il potere spettante

alle due famiglie storicamente presenti sul territorio: gli

Zavettieri ed i Tripodi.

Il contenuto delle conversazioni intercettate ha permesso di

conoscere la progressione in grado, nell’organizzazione

‘ndranghetistica, di diversi soggetti che già in passato erano stati

protagonisti nella contesa per il controllo della medesima locale.

Per quanto concerne la locale di Palizzi, già dalle conversazioni

relative al procedimento “Armonia”, risultava che Filiberto

Maisano era un altro storico “Patriarca” della ‘ndrangheta. In

proposito è opportuno precisare che in quel procedimento la

18 “Termine che indica in gergo la struttura di gestione locale del potere mafioso”,

dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermata in

Cassazione, N. 2002/1512 Reg. sent., 2002/361 Reg. Gen., P.P. 14/1998 RGNR

DDA (Indagine Armonia).

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25

Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 11.07.02,

condannava il Maisano alla reclusione per il delitto p. e p.

dall’art. 416 bis, comma quarto, c.p.19

Successivamente l’attività di indagine espletata nell’ambito

dell’inchiesta “Crimine” ha consentito di accertare che il

Maisano tuttora fa parte dell’organizzazione denominata

‘ndrangheta, all’interno della quale ricopre il ruolo di capo-locale

di Palizzi.

Sempre nella fascia ionica è stata accertata l’esistenza della

Locale di Africo, a pieno titolo inserita nella organizzazione

unitaria di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta e, dunque,

l’appartenenza ad essa di alcuni soggetti che ricoprono posizioni

di vertice. In particolare è emerso: l’esistenza e la piena

operatività della Locale di Africo; che il capo locale Rocco

Morabito, (figlio di Giuseppe “U Tiradritto”), è attualmente

detenuto per il reato di cui all’art 416 bis c.p.; che Saverio

Mollica20e Giuseppe Velona’ in qualità di soggetti direttamente

interessati, ma anche ambasciatori di molti, hanno lavorato per

arrivare alla riapertura della Locale di Motticella; che la

riapertura della Locale di Motticella non veniva autorizzata dalla

19 Se l’associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni

nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal

secondo comma.

20 È coniugato con Mollaca Teresa, di Gioacchino e Morabito Caterina, nata ad Africo

il 6 gennaio 1955.

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26

Provincia, a seguito del dissenso in tal senso degli Africoti e che

veniva autorizzata unicamente l’apertura di una ‘ndrina

distaccata.

Con riferimento al territorio di San Luca sono emersi elementi

concreti atti a delineare l’appartenenza all’associazione di

stampo mafioso denominata ‘ndrangheta a carico di alcuni

soggetti che ricoprono posizioni di vertice: Bruno Gioffrè,

Antonio Manglaviti, Giuseppe Marvelli e Giuseppe Gianpaolo.

Dall’indagine “Infinito” della Direzione Distrettuale di Milano

sono emerse numerose conversazioni ambientali che confermano

l’esistenza e l’importanza dei locali di Grotteria, Marina di

Gioiosa Jonica e Gioiosa Jonica, Siderno, l’esistenza di stabili

legami tra i rappresentanti di vertice dei locali, nonché sulla

rilevanza strategica e gestionale delle riunioni della c.d.

Provincia Jonica.

Costante punto di riferimento negli assetti criminali del citato

territorio sono alcuni soggetti che ricoprono posizioni di vertice:

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27

Carmelo Bruzzese , capo locale di Grotteria, Giorgio De Masi21,

Antonio Ursino22 e Mario Ursini.23

Nel territorio dell’alto Jonio Reggino operano diverse ed

agguerrite organizzazioni criminali di stampo mafioso, i cui

interessi, come ampiamente dimostrato anche dalle attività di

polizia giudiziaria svolte in passato, vanno dal riciclaggio di

denaro “sporco”, svolto anche attraverso investimenti

immobiliari e mobiliari, all’acquisto e vendita di armi, al

narcotraffico (con solide proiezioni internazionali) ed

all’accaparramento degli appalti pubblici.

Tra le più agguerrite organizzazioni di quest’area spiccano le

cosche ”Aquino” e “Mazzaferro”, entrambe originarie di Marina

Gioiosa Jonica (RC), in ostilità tra di loro sin dagli inizi degli

anni 70, quando ebbero a scontrarsi per la supremazia nel lucroso

affare del contrabbando di sigarette (da cui derivò, tra l’altro,

anche a una violenta faida che ha prodotto diversi morti

21 Chiamato in alcune conversazioni telefoniche “u mungianisi” che è il soprannome

storico a lui riconducibile, come emerge in atti. La sua identificazione è stata

comunque riscontrata a seguito del controllo a seguito degli incontri – summit del

giorno 30.07.2008 e 12.08.2008 (cfr. informativa R.O.S. Servizio Centrale II^ sez.).

22 Posto al vertice della ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica, riveste un ruolo importante

anche nei rapporti con gli organismi lombardi (cfr. infra Capitolo dedicato alle

“Proiezioni nazionali dell’organizzazione criminale”;

23 Nato a Gioiosa Ionica (RC) il 20 aprile 1950 ivi residente in contrada Varano 9/E:

Posto al vertice della ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica.

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28

ammazzati) e, oggi, per motivi legati al predominio mafioso del

territorio.

La consorteria, come d’altronde hanno fatto le restanti

organizzazioni ‘ndranghetiste presenti sul territorio, si è

fortemente sviluppata nel corso degli ultimi decenni con la

gestione di tutta una serie di attività criminali, il contrabbando di

sigarette (inizi anni 70), le estorsioni, le truffe e l’usura, attività

che hanno consentito una crescita della forza intimidatrice ed un

controllo sempre più penetrante sul territorio. Successivamente la

cosca ha esteso i propri interessi alle attività legate al traffico

nazionale e internazionale di sostanze stupefacenti, riciclando

quei canali in passato utilizzati per il contrabbando di sigarette.

La forza del vincolo associativo della cosca in questione va

ricercata nei legami di sangue tra i componenti del sodalizio.

È notorio infatti che le associazioni di tipo mafioso si basano su

legami di parentela (per vincoli di sangue ed affinità), che

mettono al riparo dal rischio di eventuali defezioni ed aumentano

la potenza della cosca nei confronti di altri organismi similari,

rendendola maggiormente temibile.24

24 E’improbabile l'apertura di un forte contrasto tra accoscati, legati da un forte vincolo

di sangue, ed addirittura, è quasi impossibile il tradimento da parte di uno di questi.

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29

Questa regola, che rende particolarmente potenti le cosche della

‘ndrangheta, è validissima per gli Aquino, il cui gruppo si diparte

tra un nucleo familiare particolarmente nutrito.

Un ruolo di primo piano è rivestito da Aquino Rocco, il quale ha

uno strettissimo legame con Giuseppe Commisso “il mastro”. Si

tratta di due personaggi di primissimo piano, sia a livello

“provinciale” sia, ovviamente, all’interno del “mandamento

ionico.

È da oltre 30 anni che la famiglia dei “Commisso” di Siderno

gestisce con profitto innumerevoli attività illecite, anche oltre i

confini nazionali; i suoi punti di forza continuano a ruotare

attorno agli esclusivi canali di collegamento sparsi in Italia e in

vari paesi del mondo. Lombardia, Piemonte, Liguria le regioni

settentrionali che tracciano i confini del c.d. triangolo industriale,

un’area in continuo fermento, considerata un proficuo terminale

per lo smercio degli ingenti quantitativi di stupefacenti fatti

giungere dall’estero.

Nord dell’Europa, Usa, Canada, Australia sono solo alcuni dei

principali centri nevralgici ove i rappresentanti della cosca

“Commisso” hanno attecchito con facilità, grazie anche ai

differenti sistemi di lotta alla criminalità.

Ancora oggi i “Commisso” di Siderno - per mezzo del loro più

illustre rappresentante Commisso Giuseppe, detto il “Mastro” -

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30

seguitano a influenzare la politica di tutta la ‘ndrangheta. Per

essi, la “parola” è lo strumento più tenue di un feroce potere col

quale dirimere le problematiche criminali, anche quelle più

lontane.

Tuttavia, quel vocabolo sprigiona la sua forza simbolica anche

fuori da quei confini; la sua evanescente sostanza è fatta

d’intimidazione, rispetto e silenzio. Un espediente potente e

spoglio di violenza, col quale poter maneggiare la volontà altrui,

piegandola agli interessi di quanti gli si rivolgono anche per

ragioni personali, come appunto: recuperare dei crediti, ottenere

dei finanziamenti, intraprendere delle nuove attività commerciali,

trovare un posto di lavoro, essere agevolati in campo medico

nonché beneficiare dei suoi autorevoli uffici per ricomporre

bonariamente dissidi privati. Insomma, un corollario di rogazioni

lecite gravate, però, dall’intervento di un putrescente sistema

mafioso.

Negli ultimi anni, la realtà mafiosa del locale di Caulonia ha

subito forti modificazioni, inevitabile frutto dei processi evolutivi

che vedono alternarsi disgrazie e fortune dei clan locali. Invero,

nel corso degli anni ‘90 fu registrato il declino della potente

cosca capeggiata da Giuseppe Ruga Cosimo, nota alle cronache

nazionali per alcuni efferati sequestri di persona commessi ai

danni di facoltose famiglie del Centro e del Nord Italia25.

25 CERETO Mario, rapito a Cuorgnè (TO) il 23 maggio 1975, ALESSIO Paolo,

sequestrato a Moncalieri (TO) il 23 novembre 1981, BORTOLOTTI Giorgio,

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31

In realtà, quel gruppo criminale, denominato “Ruga-Metastasio-

Loiero”, era costituito da una federazione locale di ‘ndrine

capeggiate, appunto, dal nucleo dei “Ruga”; approfittando

dell’arresto di alcuni di quelli, degli esponenti della famiglia

“Metastasio”26 sottrassero lo scettro di comando a Giuseppe

Cosimo Ruga, mantenendo, tuttavia, una struttura unitaria

dell’organizzazione.

Quel repentino “passaggio di potere” fu registrato nel corso

dell’operazione nota con il nome di “Stilaro”, un’inchiesta

avviata, nell’ottobre del 1992, per accertare le responsabilità di

alcuni gravi fatti di sangue, culminati con la nota “strage di

Guarda Valle”27 (tentativi di un “allargamento” dei “Ruga”28

verso Nord, nei domini delle ‘ndrine del catanzarese) e verificare

l’esistenza d’irregolarità sulla gestione degli appalti pubblici

concessi dal Comune di Camini (RC).

Due anni dopo, furono accertate le collusioni tra il gruppo dei

“RUGA” e diversi amministratori di quella Giunta, alcuni dei

sequestrato a Saronno (VA) il 14 dicembre 1981 e GELLINI Maurizio, rapito a

Pomezia (RM) il 4 maggio 1982.

26 Un ramo della famiglia METASTASIO è emigrato in Canada.

27 Tale delitto costituiva il momento culminante dello scontro tra il clan

“EMMANUELE”, dominante nella limitrofa zona di Santa Caterina dello Ionio (CZ) e

il gruppo dei “RUGA”, che aveva tentato di acquisire dei lavori in appalto nell’area del

catanzarese.

28 Al cui fianco si schierarono anche le “famiglie” di MARZIANO Giovanni e

LOIERO Nicola.

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quali strettamente imparentati con gli esponenti del clan; legami

che, di fatto, consentivano un infiltrazione della ‘ndrangheta nel

tessuto politico locale, anche attraverso la pratica del “voto di

scambio”.

Tuttavia, all’inizio del 1998, con l’operazione “Circe”, furono

scoperte nuove infiltrazioni della cosca “Mestasio-Ruga-Loiero-

Gallace” - nel frattempo potenziatasi con l’ingresso del clan

“Loiero” - che, dimostrando un’inalterata capacità di controllo

del territorio, mise le mani sui lavori di rifacimento del

lungomare di Monasterace (RC), danneggiato da una violenta

mareggiata.

Anche il produttivo indotto delle acque minerali fu un terreno

fertile per le attività del clan; dall’attività d’imbottigliamento,

effettuato dall’industria di acque minerali “Mangiatorella”, alla

concessione per la rivendita delle acque, gestita direttamente da

società collegate ai “Ruga”. Secondo le dichiarazioni fornite da

alcuni collaboratori di giustizia, per quei trasporti le aziende

avrebbero pagato una sorta di “diritto di carico” che le avrebbe

affrancate da ogni rischio; attraverso i tanti viaggi lungo la

Penisola, poi, l’organizzazione avrebbe provveduto al

trasferimento di ingenti quantità di sostanze stupefacenti,

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33

acquistate anche per il tramite del gruppo “Commisso” di

Siderno29.

La capacità del clan “Ruga-Metastasio” di “infiltrare” altre zone

d’Italia fu dimostrata anche da altre investigazioni, in particolare

quelle condotte a Torino, ove gli inquirenti riuscirono a

smascherare alcuni componenti del gruppo “Metastasio”30 che,

dietro la facciata di un’impresa per il “movimento terra”,

avevano avviato una serie di attività estorsive ai danni di

operatori del medesimo settore.

L’attività di intercettazione ambientale all’interno della

lavanderia “Ape Green” ha consentito, altresì, di individuare i

principali esponenti della ‘ndrangheta nei “locali” di Mammola e

Canolo. Per il locale di Mammola: Isidoro Cosimo Calla’,

Salvatore Macri’ e Rodolfo Scali. Per il locale di Canolo:

Raffaele D’Agostino, Rosario Filippone e Giuseppe Raso.

Uno degli elementi di assoluta novità emersi nel corso dell’

indagine è che il territorio delle “Serre”, di norma ricadente nella

competenza geo-politica della provincia di Vibo Valentia, è alle

dipendenze – sotto il profilo criminale - del “governo centrale”

reggino: il così detto “Crimine di Polsi”.

29 Cfr. pag.124 e seguenti dell’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere nr. 73/93

RGNR - nr.116/93 R. GIP, datata 17.2.1994 del Giudice per le Indagini Preliminari

presso il Tribunale di Reggio Calabria.

30 Tra cui METASTASIO Domenico, nato il 6 febbraio 1967.

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34

Il principio della dipendenza del territorio delle “Serre” dal

Crimine di Polsi, peraltro, è espressamente enunciato dai

principali protagonisti dell’intera indagine ed esponenti di spicco

dell’intera organizzazione della ‘ndrangheta.

L’appartenenza dei Locali nel “Vibonese” alla struttura

territoriale dell’ndrangheta è, infatti, un tema ricorrente nelle

intercettazioni. Il dato emerge inequivocabilmente dalla

conversazione intercettata il 24.08.2009 in cui il Capo Crimine,

Domenico Oppedisano asserisce che “il Vibonese ha fatto

sempre capo qua31”.

Un chiaro esempio della dipendenza del territorio delle Serre

vibonesi dal Crimine reggino è rappresentato dalla vicenda del

conferimento della carica della “santa” a Giuseppe Galati detto

Pino32 e Michele33Fiorillo in occasione del matrimonio di

quest’ultimo.

Per quanto riguarda il locale di Cassari e Nardodipace (VV)

emerge la figura di Rocco Bruno Tassone, indicato Bruno u

Paciotu come personaggio che si sarebbe messo a posto il

Locale.

31 Informativa DDA di RC Crimine allegato 9 volume 2.

32 Nato a Vibo Valentia il 16 marzo 1964, ivi residente in Via Mesima 4 - frazione

Piscopio. Titolare della ditta “La dolce vita” S.a.s;

33 Nato a Vibo Valentia il 12 marzo 1986, residente a San Gregorio di Ippona (VV) in

Via Bologna 13.

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35

L’accostamento del nome di Rocco Tassone nel contesto del

conferimento di “cariche” e il termine ”compare” col quale viene

indicato, inducono a ritenere che questo personaggio sia intraneo

all’organizzazione ndrangheta.

Responsabile per la società di Piscopio (VV) è Antonio Cuppari,

mentre per quanto riguarda il Locale di Fabrizia occorre

soffermarsi in maniera puntuale sulla figura di Giuseppe Antonio

Primerano .

Infine per quanto riguarda il Locale di Serra San Bruno non si

può che fare riferimento a tale Damiano Vallelunga (deceduto a

seguito di un omicidio nel 2009).

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36

2.3 La riunione di Polsi .

Per come ampiamente riportato nei precedenti paragrafi le

indagini effettuate nell’ambito dell’inchiesta “crimine”hanno

consentito di conferire concretezza ad uno dei momenti più

importanti per la associazione ‘ndrangheta: si tratta della

riunione che viene effettuata, dai maggiori esponenti

dell’organizzazione, in occasione dell’annuale festa in onore

della Madonna di Polsi. Dalle intercettazioni emergono

nitidamente i contorni di un complesso rituale che sancisce

l’investitura delle cariche di vertice, si tratta, dunque, di un

momento chiave che determina la composizione organica del

vertice della ‘ndrangheta.

Come già messo in evidenza, le acquisizioni investigative hanno

consentito di ricostruire l’iter con cui vengono decise ed entrano

in vigore le nuove cariche; infatti la decisione assunta il

19.8.2009, preceduta da una serie di incontri, viene ufficializzata

a Polsi ed entra in vigore a mezzogiorno del 02 settembre .

Il riferimento continuo alla ricorrenza religiosa ha indotto ad una

verifica dei movimenti di chi oramai assumeva la carica di

“capocrimine” che, nelle intercettazioni, viene indicata “la prima

carica”. Venivano, pertanto, predisposti idonei servizi, sia a

distanza che in prossimità, e il risultato di tali attività forniva un

inconfutabile riscontro ai contenuti delle intercettazioni e davano

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37

immediata e precisa informazione sugli attuali assetti della

‘ndrangheta.

La necessità di conferire le nuove “cariche” è un tema ricorrente

nelle conversazioni intercettate nel corso delle indagini. La

questione viene sollevata più volte da diversi esponenti della

‘ndrangheta e riguarda tutta la “provincia” con le relative

articolazioni nazionali e extranazionali. Dall’analisi delle

acquisizioni investigative emergono diversi elementi circa

modalità, tempi e luoghi in cui dovranno avvenire riunioni di

vertice finalizzate al conferimento delle nuove “cariche”.

Già il 30.12.2008 presso l’appezzamento di terreno di Domenico

Oppedisano viene intercettata una importante conversazione

ambientale34 tra il predetto e Bruno Nesci il quale ivi si era

recato accompagnato da Bruno Ciancio.

I tre si soffermano in conversazione35, il dialogo, improntato

sulle cosche della zona, sulle cariche di ‘ndrangheta e sulle

regole che disciplinano i rapporti tra persone appartenenti a varie

‘ndrine, o locali consente di focalizzare l’attenzione su un aspetto

di vitale importanza per l’organizzazione: la riunione dei

maggiori esponenti delle Piana, della Jonica e di Reggio per il

conferimento di cariche (certamente a livello provinciale).

Inoltre, dalle esternazioni di Oppedisano appariva che tale

34 Conversazione ambientale, nr. 77 del 30.12.2008 captata in Rosarno nel terreno di

Oppedisano Domenico RIT 2459/08 (linea 1203).

35 Allegato 47 volume 2 alla informativa di PG del 06.04.2010.

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summit avrebbe potuto tenersi nella zona della “piana” (“adesso

sembra che stanno accogliendo elementi per farlo nella

piana...inc...)” che, assieme alla “costa” è parte del mandamento

tirrenico.

La conversazione in esame consente di ricavare che le “cariche”

non sono conferite “a vita” ma, rivestono carattere di attribuzione

temporanea.

Il 19.8.2009, in occasione del ricevimento per le nozze tra Elisa

Pelle e Giuseppe Barbaro viene celebrato il citato summit al

quale prendono parte uomini di ‘ndrangheta in rappresentanza di

“locali” siti sia in Italia che all’estero. e della successiva ratifica

in occasione della festa per la Madonna di Polsi.

I contenuti delle intercettazioni successive alla riunione

rappresentano una fonte preziosissima di informazioni e

forniscono un esclusivo quadro di una delle più potenti

organizzazioni criminali del mondo. Gli elementi più importanti

concernenti la struttura di vertice della ‘ndrangheta e le relative

cariche, vengono captati proprio in questa fase. Quando uno dei

principali protagonisti della riunione (o se vogliamo il più

importante) Domenico Oppedisano, informa altri associati

dell’esito di questo summit. Il primo dato che si coglie è che

Domenico Oppedisano, su proposta di Ciccillo Gattuso e con

qualche divergenza di Giuseppe Pelle, poi superata

dall’intervento di Giuseppe Giampaolo, abbia ricevuto la carica

più prestigiosa ossia quella di “capocrimine”.

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2.5 Gerarchie, gradi, cariche e rituali.

Si è già detto che sul territorio operano diverse strutture

denominate “locali” , “ndrine” e “ndrine distaccate”; queste

strutture hanno il compito di controllare capillarmente il

territorio e sono dotate anch’esse di “cariche” e “copiate” a

livello locale; si è anche detto che la locale è formata secondo lo

schema della cd. doppia compartimentazione: La Società Minore

e La Società Maggiore.

Non in tutti i locali si riesce a costituire la Società Maggiore,

quando un locale è formato anche dalla Società Maggiore spesso

la locale viene definita con il termine società, proprio per

indicare la differenza con la locale formata solo dalla minore.

Nel “locale” vi sono le relative “cariche”, ma altro elemento di

carattere generale è il requisito di territorialità delle stesse, non

solo per l’ambito di operatività che riguarda proprio il “centro

abitato” controllato, bensì perché chi le ricopre deve risiedere

nello steso centro.

A livello “locale” per il primo compartimento della Società

Minore troviamo una progressione fino allo “sgarro” - picciotto,

camorrista, sgarrista; per il successivo compartimento della

Società Maggiore troviamo una progressione fino al “padrino” -

santa, vangelo, tre quartino, quartino, padrino o quintino.

Nell’ambito delle individuate strutture operano i diversi elementi

collocati in una rigorosa gerarchia. In questa prospettiva la

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gerarchia della ‘ndrangheta riveste un ruolo di primaria

importanza, anche in considerazione del fatto che i livelli più alti,

oltre che rappresentare l’organo decisionale, sono depositari di

conoscenze non accessibili ai livelli inferiori, ed hanno la

possibilità di relazionarsi con altre organizzazioni. L’attribuzione

delle cariche è collegata al possesso di uno specifico grado o dote

o fiore. Ecco dunque, la gerarchia, dalla base ai vertici, divisi in

“Società Minore”e “Società Maggiore”.

A. Società Minore.

• Giovane d'onore. Non è un vero e proprio grado. È una

affiliazione per "diritto di sangue", un titolo che viene

assegnato al momento della nascita e che tocca in pratica ai

figli degli 'ndranghetisti come buon auspicio affinché in

futuro possano diventare uomini d'onore;

• Picciotto d'onore. È il primo vero gradino della "carriera"

nella 'ndrangheta. Si tratta di un gregario, esecutore di ordini,

il quale deve cieca obbedienza agli altri gradi della cosca con

l'unica speranza di ottenere benefici tangibili e immediati. I

picciotti, in pratica, sono la fanteria, o meglio il corpo dei

caporali delle cosche calabresi;

• Camorrista. È un affiliato già di una certa importanza ed è

arrivato al grado dopo un "tirocinio" più o meno lungo. A lui

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sono affidate funzioni che il picciotto non può svolgere . In

alcune zone risultano distinzioni in questa stessa "qualifica" ;

• Sgarrista o Camorrista di sgarro. Si tratta di un affiliato con

incarichi di rilievo, in quanto è il grado ultimo della Società

Minore;

B. Società Maggiore.

• Santista. È il primo grado della maggiore. È colui che ha

ottenuto la "Santa", cioè un grado ancora più elevato per

esclusivi meriti criminosi ;

• Vangelo. Viene detto anche vangelista perché ha prestato

giuramento di fedeltà all'organizzazione criminale mettendo

una mano su una copia del Vangelo. Grado di altissimo

livello, si ottiene "per più meritevole condotta

delinquenziale".

• Quartino. Grado successivo al Vangelo, verosimilmente

creata successivamente alla quella del vangelo e

contestualmente alle successive di tre quartino e padrino.

• Trequartino. Grado successivo al Quartino, verosimilmente

creata successivamente alla quella del vangelo e

contestualmente alla successiva di padrino.

• Padrino o Quintino. Grado apicale che uno 'ndranghetista può

raggiungere. È attribuito a un ristretto numero di mafiosi che

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all'interno dell'organizzazione vanno così a costituire una

oligarchia con diversi privilegi e altrettante responsabilità.

Chi non fa parte della ‘ndrangheta viene definito “contrasto”;

mentre i non appartenenti alla ‘ndrangheta, ma soggetti dei quali

ci si può fidare e che potrebbero entrare a far parte della

‘ndrangheta sono chiamati “contrasti onorati”

Si entra nella 'Ndrangheta, o, per dirla nel gergo mafioso, si

viene battezzati con un rito preciso, che può avvenire

automaticamente, poco dopo la nascita se si tratta del figlio di un

importante esponente dell'organizzazione (in questo caso, finché

il bambino non raggiungerà i quattordici anni, età minima per

entrare nella 'ndrangheta, si dirà che il piccolo è "mezzo dentro e

mezzo fuori"), oppure con un giuramento, per il quale garantisce

con la vita il mafioso che presenta il novizio, simile ad una

cerimonia esoterica, durante la quale il nuovo affiliato è

chiamato a giurare nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Il

battesimo dura tutta la vita e ad uno sgarro paga spesso la

famiglia del nuovo affiliato.

I Gradi, dote o fiore, non sono a carattere temporaneo, nel senso

che, proprio come avviene in qualsivoglia struttura gerarchica, si

passa di grado per merito o anzianità, attraverso il previsto rito

(possibile quindi una perdita solo in casi eccezionali per

demeriti); diversamente, invece, avviene per le cariche che hanno

carattere temporaneo (per le quali è egualmente previsto un rito

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di investitura); da non confondere, dunque, gradi (doti o fiori) e

cariche che hanno carattere temporaneo (per quanto determinate

cariche possono durare molti anni, anche fino alla morte).

La carica è la funzione che il singolo affiliato svolge all’interno

di una struttura di ‘ndrangheta; l’attribuzione delle cariche è

collegata al possesso di uno specifico grado o dote.

Capo ‘ndrina, è la persona posto al vertice della ‘ndrina.

Capo locale (Capo società in caso di società; vedi capitolo sulla

struttura differenza tra società e locale), o capo bastone, è il

responsabile della locale, per cui decide, autonomamente, le

modalità operative finalizzate al conseguimento dell’illecito fine

sociale; indice le riunioni della locale, decide su affiliazioni e

promozioni, dirime i contrasti tra affiliati della locale e, cosa più

importante, dirige l’attività criminale all’interno del “territorio”

di sua competenza.

Contabile è la persona deputata alla gestione dei proventi

dell’attività illecita e provvede al sostegno economico delle

famiglie degli affiliati che ne abbiano bisogno (soggetti in

carcere), attingendo dal fondo comune detto “bacinella”.

Crimine è la persona responsabile della pianificazione ed

esecuzione delle azioni delittuose della locale al quale

appartiene. Sia il Crimine che il contabile comunque agiscono

ottemperando alle disposizione del capo locale.

La terna appena elencata è la cd. copiata (livello locale), che

viene comunicata al momento della investitura.

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Mastro di giornata è il porta voce del capo”, tramite lui gli

affiliati ricevono disposizioni, fa circolare le c.d. “novità” dalla

“maggiore” alla “minore”, ed è sempre lui quello che informa il

capo locale delle varie “attività” della locale, mettendolo al

corrente di eventuali problematiche. L’utilizzo di una siffatta

figura è funzionale anche alla necessità di garantire, al capo

locale, un elevato indice di sicurezza .

Capo Crimine è la persona alla quale viene riconosciuta la

massima carica all’interno della provincia.

Mastro Generale è una carica riferita alla struttura territoriale di

secondo livello. Mutua le sue funzioni da quelle del mastro di

giornata (figura comunque presente anche nella struttura di

secondo livello) dal quale si differenzia principalmente poiché

indirizza le sue funzioni di “porta voce” ai responsabili delle

varie locali, facenti parte della struttura di secondo livello.

Ci sono poi delle particolari figure tipiche della 'ndrangheta, che

sono emerse da pregresse attività di indagine, quale ad. es. quella

della "sorella d'omertà" che è affidata ad una donna, la quale ha il

compito di dare assistenza ai latitanti.

Va peraltro detto che, come risulta anche dalle intercettazioni

eseguite nell’ambito del presente procedimento (e di quelli

collegati), le indicazioni sopra riportate non hanno carattere di

assoluta rigidità perché è possibile in qualche caso sia una

variazione della terminologia utilizzata sia la creazione, anche

temporanea, di nuovi gradi e cariche.

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Inoltre, è’ importante sottolineare, alcuni termini tipici della

‘ndrangheta, quali ad es. quelli riferiti alle colpe o ai riti di

affiliazione.

Con riferimento alle colpe queste, verosimilmente, si

suddividono in:

1) Trascuranze: sono infrazioni di lieve entità

2) Sbagli: sono sanzioni di maggiore entità che possono

essere punite anche con la morte. Tra questi i più

importanti:

a) Tragedia, termine con il quale si intende l’attività di uno

'ndranghetista che per fini personali, pone in essere

condotte tali da far ricadere le proprie colpe sugli altri

affiliati o a causa del suo comportamento può

determinare faide interne o guerre con altri clan.

b) Macchia d’onore, si intende una condotta posta in essere

dall’affiliato o da uno dei congiunti, che causa come

conseguenza la perdita dell’onorabilità personale

dell’affiliato, tanto da essere ritenuto indegno di

continuare a far parte dell’organizzazione.

c) Infamità, quando l’affiliato tradisce e rinnega i principi

fondamentali su cui si basa l’organizzazione criminale,

viene meno al patto di fratellanza non aiutando ovvero

denunciando i propri compagni, e al vincolo di omertà

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svelando funzionamento e dinamiche

dell’organizzazione.

Questo quanto emerso sino ad oggi da pregressi procedimenti

penali ma, quello che sin da ora è importante sottolineare, è che

su tali argomenti, inconsapevolmente, hanno riferito i soggetti

monitorati nel corso della presente attività di indagini; emergerà,

infatti, che sebbene si tratti di materia in continua evoluzione, è

anche vero che spesso quanto già noto coincide con quanto

svelato dagli attuali indagati. Inoltre“santa”, “vangelo”, o

“padrino” non rappresenteranno più astratti concetti che

rinviavano ad una accezione pseudo - religiosa

dell’organizzazione ‘ndrangheta, bensì rispondono a precisi gradi

gerarchici e/o cariche.

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In sintesi la situazione con specifico riferimento alle doti (emerse

nel corso delle intercettazioni autorizzate nel p.p. 1389/08 RGRN

DDA) può essere così schematizzata:36

36 Schema riportato da DDA di Reggio Calabria 2010 crimine vol.1.

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2.6 La cupola lombarda.

L’esistenza di una struttura di coordinamento delle locali

lombarde chiamata “La Lombardia” emerge per la prima volta

nell’indagine “Nord – Sud”. È Saverio Morabito che racconta

delle vicende della sua locale di appartenenza, quella di

Buccinasco e degli uomini di vertice, tra i quali Antonio Papalia.

Riguardo a quest’ultimo afferma di aver appreso da Domenico

Papalia che il fratello Antonio sarebbe stato il responsabile di

tutta la Lombardia e cioè dei locali ivi esistenti. Secondo il

collaboratore ciò determinerebbe grande prestigio e la possibilità

di ottenere qualsiasi tipo di favore. La funzione di coloro che

rivestono ruoli apicali è quella di dirimere i contrasti tra le varie

locali, non ne trarrebbero alcun profitto personale ma solo un

indiretto vantaggio derivante dall’autorevolezza e dal carisma.

Anche nelle indagini “calabresi” emergevano già negli anni 90

riscontri all’esistenza della struttura di collegamento tra le locali

lombarde. In particolare nell’indagine cosiddetta “Armonia” si

dà conto di una lunga conflittualità tra “La Lombardia” e” la casa

madre”, poiché gli esponenti di vertice delle cosche calabresi si

sarebbero rifiutati per lungo tempo di riconoscere identico valore

alle doti degli affiliati delle locali originarie rispetto a quelle di

cui venivano insigniti gli affiliati lombardi. In sostanza la

Calabria avrebbe per lungo tempo tenuto in soggezione “La

Lombardia”, come una sorta di “colonia”.

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La questione avrebbe trovato soluzione all’esito di un

importantissimo summit tenutosi in Aspromonte, a Montalto, che

avrebbe sancito l’unificazione tra il nord e il sud. A tale summit

presero parte Filiberto Maisano, Antonio Macri’ di Siderno,

Antonio Romeo, inteso “U Staccu”, di San Luca, Domenico

Tripodo, di Sanbatello di Reggio Calabria. L’unificazione fu

preceduta da una serie di contatti ed accordi tra le singole

famiglie e venne acquisito naturalmente anche l’assenso delle

locali del nord.

Nella stessa Lombardia una delle figure di rilievo è quella di

Vincenzo Mandalari, navigato uomo di ‘ndrangheta che esprime

tutta la sua ammirazione ed il suo sostegno nei confronti di un

soggetto carismatico quale era Carmelo Novella, ma che, un

secondo dopo la sua eliminazione, è già allineato con gli

avversari di Novella. Nella prima fase delle investigazioni è

emersa infatti la sua vicinanza con colui che è stato fino alla sua

morte il capo indiscusso della “lombardia”. Dalle conversazioni

intercettate traspare anche una ammirazione incondizionata per

un personaggio che ha l’autorevolezza per imporre una

riorganizzazione della “Lombardia”: Novella viene definito il

“perno principale”, “il supremo assoluto”. Il progetto di Novella

di riorganizzare la “lombardia” è talmente condiviso e sentito

come proprio da Mandalari che questi, nel parlarne con Panetta

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dice che la soluzione alla continua creazione di locali da parte di

Carmelo Novella è solo quella di accorparli in più gruppi37.

In sostanza, Mandalari, da esperto di cose di ‘ndrangheta,

immagina che la creazione di altri locali e la conseguente

affiliazione di soggetti che non offrono le necessari garanzie di

riserbo ed omertà possa portare in caso di serie azioni

investigative a fenomeni di pentitismo, con conseguente pericolo

di smantellamento della stessa organizzazione criminale.

Carmelo Novella, al fine di crearsi un seguito, gratifica taluni

affiliati con la concessione di doti ed è arriva addirittura a creare

nuovi locali.

Una delle regole da rispettare nel caso di concessione di una dote

ad una affiliato è quello di chiedere comunque l’assenso del

locale madre in Calabria; ad esempio, se si vuole “beneficiare”

un affiliato di Grotteria, la regola impone che ne sia informato e

ne dia il suo assenso il capo del locale di Grotteria, oltre

naturalmente quello del locale lombardo di appartenenza. Tutto

ciò con Novella non accade perché, ad esempio, conferisce una

dote a Roberto Malgeri (in occasione del summit di Cardano al

Campo del 3 maggio 2008) pur essendo di contrario avviso il

capo del locale a cui appartiene Malgeri, Pietro Francesco

Panetta, e pur non avendo chiesto l’assenso di Domenico Foca’

reggente del locale di Grotteria. Parimenti, senza chiedere alcun

37 Vds conversazione ambientale n. 84 del 4 marzo 2008.

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nulla osta alla “Provincia” Novella dà l’autorizzazione alla

creazione del nuovo locale di Pioltello, consentendo il distacco di

una parte degli affiliati della locale di Milano. Chi non si allinea

alle sue direttive è vittima di vero e proprio ostracismo e viene

minacciato di destituzione. A titolo di esempio si cita il caso di

Panetta che, anche in ragione dei vincoli parentali con Domenico

Foca’, non è affatto convinto di distaccarsi dalla casa madre e

viene minacciato di destituzione a favore di Roberto.Malgeri

Anche il locale di Bresso è oggetto delle attenzioni di Novella e

dei suoi uomini, in particolare essendo momentaneamente fuori

gioco per ragioni di salute Vincenzo Cammareri, Novella pensa

di sostituirlo con il suo fidatissimo autista Saverio Minasi. Ciò dà

luogo a infinite discussioni, anche perchè gli aspiranti alla

sostituzione di Cammareri sono molti, e questa iniziativa è causa

di inimicizia nei confronti di Minasi e dello stesso Novella.

Analogamente, in situazione di difficoltà è Cosimo Barranca

poiché ha perso la reggenza della Lombardia e rischia di perdere

anche il locale. È utile sottolineare che tutti i dissenzienti hanno i

loro importanti referenti calabresi quali Domenico Foca’,

Antonio Gattellari e Giuseppe Commisso.

I problemi creati dalla gestione Novella sono un tema ricorrente.

Il problema di gestire i “locali” della Lombardia è alla base della

vicenda che ha portato all’uccisione di Carmelo Novella.

Le attività di intercettazione hanno consentito di registrare il

profondo dissenso (quasi il disprezzo) nei confronti della

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strategia e della condotta del Carmelo Novella da parte di due

boss di primissimo livello della “Provincia” calabrese, quali

Domenico Oppedisano e Giuseppe Commisso. Come si vedrà,

infatti, Domenico Oppedisano, anche dopo l’omicidio, avvenuto

il 14 luglio 2008 ribadisce la sua scarsa stima per il Novella.

Nell’autunno 2008 si registrano tutta una serie di conversazioni

sul tema “successione” e si documenta l’ infittirsi degli incontri

tra i principali affiliati alla Lombardia. A titolo di esempio si

sottolinea che entrambi i candidati ai primi di settembre si recano

in ospedale da Salvatore Muscatello per “proporsi”. I “grandi

vecchi” in realtà non si schierano con nessuno e preferiscono

attendere le direttive dalla Calabria.

Le conversazione del 15 settembre 2008 e del 09.11. 2008 tra

Vincenzo Mandalari e Panetta consentono alcune riflessioni; la

prima è che la casa madre calabrese dopo l’omicidio Novella ha

ripreso il controllo della situazione, nel senso che nulla può

essere deciso in Lombardia senza l’input e/o l’assenso da parte

della Calabria. La seconda riflessione è che, in tempo di crisi,

viene adottata una soluzione “ di transizione”, nel senso che tutto

rimane sospeso per un congruo periodo di tempo fino a che non

saranno prese decisioni definitive. Ciò spiega il significato della

“camera di passaggio” che, secondo la loro accezione, dovrebbe

essere una specie di unità di crisi che ha il compito di traghettare

l’organizzazione lombarda fuori dall’emergenza. Dunque, ciò

che conta per la ‘ndrangheta è prendere tempo fino a che gli

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animi non siano pacificati e le aspirazioni dei singoli raffreddate.

Il traghettatore di questa prima fase viene individuato in

Giuseppe Neri.

Costui è indicato da Mandalari e Panetta come uno dei fondatori

della Lombardia. È per tale ragione soggetto particolarmente

autorevole, anche perché, è personaggio di caratura diversa

rispetto al contesto ‘ndranghetistico medio, nel senso che ha una

laurea in giurisprudenza e per tale ragione viene indicato come

“l’avvocato”. In effetti la storia di Pino Neri è quella di un

insospettabile che si trova coinvolto a metà degli anni 90

nell’indagine cosiddetta “La notte dei fiori di San Vito”, a

seguito delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che

lo indicano come il capo del “locale di Pavia”. Neri viene

condannato alla pena definitiva di anni 9 di reclusione, ma solo

per la parte che riguarda traffici di stupefacenti, pena che in parte

sconta in carcere e in parte agli arresti domiciliari per motivi di

salute, poiché ha subìto un trapianto cardiaco. Dopo la bufera

giudiziaria Giuseppe Neri, si è reinserito nel contesto sociale

pavese, occupandosi sia di coltivare legami con esponenti politici

locali, sia promuovendo investimenti economici nel settore

immobiliare.

Il 20 gennaio 2009 alcuni dei più importanti affiliati della

Lombardia si riuniscono al Crossodromo di Cardano al Campo

per discutere il da farsi. Si tratta di una riunione molto

importante cui prendono parte Rispoli Vincenzo con i suoi

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uomini Emanuele De Castro e Antonio Benevento, Alessandro

Manno con Marcello Ilario Portaro e GiuseppePiscioneri

.Stefano SAnfilippo, Cosimo Barranca ed il mastro generale

Antonino Lamarmore. È la prima riunione della Lombardia dopo

la morte di Novella e non vi prendono parte nè Mandalari nè

Panetta. La loro assenza può trovare una spiegazione nel fatto

che sia invece presente Cosimo Barranca, che è sempre il rivale

di Mandalari nella successione a Novella.

I presenti fanno importantissimi discorsi sull’assetto della

Lombardia e di nuovo emergono “i distinguo” rispetto a come

deve essere interpretato legame con la Calabria.

Veniva in sostanza ribadita in maniera estremamente esplicita

l’esistenza e l’operatività, in Calabria (o meglio nella provincia

di Reggio Calabria), di tre organismi decisionali e di

coordinamento dei diversi locali, a loro volta confluenti nella

Provincia. Uno, come più volte detto, nella fascia Jonica, uno in

quella Tirrenica (la Piana) ed uno nella città di Reggio Calabria:

una sorta di mandamenti, il cui compito era quello di concordare

le strategie, le alleanze e dirimere le controversie tra i vari locali

ed all’interno dei locali stessi.

Per concludere, la conversazione proseguiva sullo stesso tenore.

Veniva più volte ribadita la necessità di essere compatti in

Lombardia, per evitare un’eccessiva ingerenza di quelli di giù38.

38 Cfr. informativa R.O.S. CC – Servizio Centrale – II^ R.I. II^sez. Nr. 226/1 – 423 di

prot. del 05.02.2010.

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In realtà la “linea autonomista” che alcuni dei partecipanti al

summit del 20 gennaio 2009 avevano cercato di riproporre, come

vedremo, si rivelerà perdente e queste parole di Sanfilippo

torneranno in mente quando ci sarà la votazione per la nomina

del nuovo responsabile.

La figura di Pino Neri è naturalmente rivestita di grande

autorevolezza e ciò fa si che anche gli aspiranti alla successione

Mandalari e Barranca si rimettano alle sue decisioni. La stessa

autorevolezza gli è già stata attribuita dal nuovo vertice della

“Provincia” calabrese. Un momento fondamentale per le

decisioni circa i nuovi assetti della Lombardia è rappresentato dal

matrimonio tra Giuseppe Barbaro, figlio del defunto Pasquale

Barbaro e Elisa Pelle, nipote di Antonio Pelle, alias Gambazza,

che si festeggia contemporaneamente a Platì, San Luca e

Bovalino.

In tale occasione Giuseppe Neri avrebbe ricevuto mandato

direttamente dalla Provincia per porre ordine all’interno della

Lombardia e gli è stato concesso il termine di un anno. In detto

periodo tutte le cariche rimarranno sospese. Neri inizierà da quel

momento le consultazioni con i responsabili di ciascun locale.

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Si arriva così al summit di Paderno Dugnano del 31 ottobre 2009

all’esito del quale viene eletto tale Pasquale Zappia – affiliato al

locale di Corsico - quale “mastro generale della Lombardia39”.

Si desume da quanto emerge nel corso del summit per quanto

concerne il rapporto tra strutture organizzative calabresi e la

Lombardia, un primo assestamento delle relazioni tra i due

organismi

I nuovi rapporti possono essere così sintetizzati:

• Assoluta sovranità delle locali nelle loro azioni, sebbene

comunque inserite nella sovra ordinata struttura lombarda

• Per un anno, tanto in Lombardia che in Calabria, non

verranno concesse nuove doti

• Pasquale Zappia è stato nominato Mastro Generale per la

Lombardia, incaricato di tenere i rapporti e contatti con la

Calabria

• Tutto ciò vale per un anno, al termine del quale la

situazione verrà rivalutata

È da sottolineare che tutte queste decisioni sono state prese “giù”

e che la verifica si dovrà fare tra un anno in Calabria, perché

come dice Pino neri nel suo discorso”siamo tutti, ognuno,uguali

e responsabili nei confronti della “madre…”.

39 Il Summit del 31 ottobre 2009 presso il centro per anziani “Falcone e Borsellino”

ubicato in Paderno Dugnano

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Come osserva la DDA di Milano, quello di Neri è un discorso da

“ politico consumato”: da un lato sottolinea il rispetto che la “

casa madre” porta alla Lombardia (i locali devono essere

riconosciuti in Lombardia per trovare riconoscimento anche in

Calabria), ma le regole vanno rispettate e, per conferire nuove

doti, è necessario attendere il nullaosta di giù. Ancora, fa

intendere che nel “fermo” di tutte le cariche non c’ è alcun

intento punitivo nei confronti della Lombardia , poiché il

provvedimento riguarda la ‘ ndrangheta tutta.

In definitiva, si è addivenuti ad una soluzione transitoria che non

risolve il problema tra le aspirazioni autonomistiche dei locali

lombardi e l’intento della “casa madre calabrese” di esercitare

comunque un controllo sulle sue “filiazioni”, anche soprattutto

per non essere esclusa dai lucrosi affari che si prospettano

nell’Italia settentrionale.

Elementi utili per la ricostruzione dell’organizzazione della

‘ndrangheta emergono dalle indagini svolte sulle locali esistenti,

oltre che in Lombardia, anche in altre regioni italiane (Piemonte

e Liguria) e in Stati esteri (Germania, Svizzera, Canada e

Australia) e sui rapporti tra queste locali e l’organismo di vertice

dell’associazione (Provincia o Crimine) come è stato fin qui

delineato.

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2.7 Le proiezioni nazionali della ‘ndrangheta in Lombardia,

Piemonte e Liguria.

Le indagini svolte nell’ambito dell’inchiesta “crimine”,

come già accennato, hanno consentito di accertare come la

‘ndrangheta calabrese eserciti la propria influenza criminale non

soltanto sul territorio della regione di origine, la Calabria,

appunto, ma anche nel nord Italia (segnatamente, in Lombardia,

Piemonte e Liguria) e, come si vedrà, al di fuori dei confini

nazionali. Nelle regioni del nord Italia, in particolare, si è

riscontrata la presenza di sodalizi criminali di stampo

‘ndranghetistico aventi, al loro interno, la medesima struttura ed

organizzazione, le medesime “cariche”, gli stessi rituali degli

omologhi organismi calabresi, dotati di una loro autonomia ma

comunque collegati a doppio filo con i vertici

dell’organizzazione calabrese (“Crimine”, “Provincia”). Tale

collegamento viene assicurato, in alcuni casi (Lombardia,

Liguria), dall’istituzione di un organismo intermedio,

denominato “Camera di controllo”, in altri casi (Piemonte, zona

di Torino), non essendo stata istituita la “camera di controllo”, il

collegamento è assicurato dai rapporti diretti tra esponenti di

spicco dell’organizzazione operante nel nord Italia

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(generalmente, i capi-locale dei centri più importanti) ed

esponenti di spicco del “Crimine” o della “Provincia40”.

Tra questi principi vi è sicuramente quello della completa

autonomia, al suo interno, del singolo locale di ‘ndrangheta,

principio da considerarsi pienamente valido anche per i locali

“settentrionali”, ragion per cui i rapporti tra le organizzazioni

settentrionali e gli organismi calabresi attengono,

essenzialmente, al riconoscimento, da parte di questi ultimi, dei

locali e delle cariche attivati nel nord Italia, nella concessione di

autorizzazioni e nell’imposizione di “regole e prescrizioni”, nella

gestione di affari comuni nell’osservanza delle regole sociali.

Un classico esempio del tenore di tali rapporti è fornito dal

discorso tenuto da un importante rappresentante della

‘ndrangheta “lombarda”, Giuseppe Neri41, nel corso del summit

avvenuto il 31 ottobre 2009 presso il centro per anziani “Falcone

e Borsellino” ubicato in Paderno Dugnano. Le parole di Neri,

con estrema chiarezza, danno conto, oltre che dell’esistenza, da

molti anni, della “camera di controllo” in Lombardia, anche di

come autonomia, rispetto delle regole tradizionali, prerogative

40 Come avviene, ad esempio, tra Zangrà Rocco ed Oppedisano Domenico, ovvero tra

Catalano Giuseppe e Commisso Giuseppe il “mastro, rapporti comunque improntati al

rispetto rigoroso dei “principi generali” della ‘ndrangheta

41 Trattasi di NERI Giuseppe Antonio, detto Pino, nato a Taurianova (RC) il

19.11.1957, residente a San Martino Siccomario (PV), in via Cavalier Maggi n. 8/A;

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dei vertici calabresi, rappresentino delle esigenze, a tratti

contrastanti, ma che devono necessariamente trovare una

“sintesi” che soddisfi tutte le parti in causa e garantisca quella

“armonia” che sembra essere di vitale importanza per tutti gli

associati.

Le investigazioni effettuate dal Commissariato di P.S. di Siderno,

su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio

Calabria, hanno confermato l’esistenza della “camera di

controllo” non soltanto in Lombardia, ma anche in Liguria,

mentre si è accertato che in Piemonte, o almeno nella zona di

Torino, tale organismo non è stato istituito, il che, a parere di

alcuni associati, sarebbe fonte di maggiori problemi di

organizzazione.

La “Camera di Controllo” ha una funzione di controllo delle

dinamiche criminali presenti in Liguria e Lombardia, e, nel caso

venisse istituita, anche in Piemonte. Un’attività che, comunque,

dovrà essere valutata e decisa dal “Crimine di Polsi”.

La limitata autonomia degli organismi settentrionali è risultata, in

molti casi, fonte di seri problemi per l’intera organizzazione. La

necessità di dover richiedere autorizzazioni (ad esempio, per

l’apertura di locali, per la concessione di cariche e doti, ovvero

per favorire l’avvicendamento alla guida di un locale) ai vertici

calabresi ha comportato in più di una occasione delle frizioni per

la cui composizione si sono rese necessarie discussioni e riunioni

tra personaggi di rilievo. Proprio questi momenti di fibrillazione

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hanno consentito agli investigatori di raccogliere elementi

utilissimi alla ricostruzione degli assetti della ‘ndrangheta nel

nord Italia.

2.7.1 La Lombardia.

La Lombardia per le sue coordinate geografiche e per le sue

infrastrutture è crocevia dei traffici e dei flussi finanziari

nazionali ed internazionali leciti o illeciti. E’ un territorio ricco e

produttore di ricchezza, necessariamente preso in considerazione,

da sempre, dalla criminalità organizzata mafiosa. E’ inoltre un

territorio con grandi opportunità di crescita economica, come

noto infatti ospiterà l’Expo 2015, con una previsione di

investimenti ingentissimi. Negli anni ‘90 decine di indagini,

centinaia di arresti e di maxiprocessi hanno confermato la

presenza sul suo territorio delle Mafie.

Da ultimo si è visto affermarsi lo strapotere della ‘Ndrangheta”,

un controllo pervasivo nella regione Lombardia al pari di quello

della provincia di Reggio Calabria. Del resto gli interessi

economici più consistenti insistono in quel territorio e/o

comunque in zone che manifestano uno sviluppo economico tale

in cui possono essere celati gli enormi capitali illecitamente

accumulati dalla ndrangheta.

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I capitoli più inquietanti della maxi-inchiesta coordinata dal

procuratore Giuseppe Pignatone e dall’aggiunto milanese Ilda

Boccassini documentano la massiccia infiltrazione della

‘ndrangheta nelle imprese del Nord. Almeno 160 aziende sono

state agganciate con l’usura e le estorsioni fino ad essere svuotate

dall’interno: i vecchi proprietari sono stati costretti a svendere,

appalti pubblici senza destare sospetti. Emblematico il caso della

Perego general contractor, una grossa azienda lecchese che, dopo

una grave crisi, è finita sotto il controllo del clan Pelle-Strangio.

Le vicende che riguardano il conflitto tra Ietto/Strangio e

Oppedisano/Varca nonché la verifica delle attività della “Perego”

di Cassago Brianza, rappresentano l’indice di infiltrazione della

‘ndrangheta nel tessuto socio/economico della ricca Lombardia.

Tali vicende sono oggetto specifico dei procedimenti collegati

dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Milano e Reggio

Calabria.

Il quadro della vicenda trae origine dagli interessi di Domenico

Oppedisano e del socio Pasquale Varca in Lombardia, regione in

cui come è da tempo noto, la ‘ndrangheta ha esteso i suoi

tentacoli.

Elementi investigativi raccolti dal Nucleo Investigativo di Monza

e compendiati nella cd “Indagine Infinito” coordinata dalla

Procura Distrettuale di Milano emerge “la figura di Pasquale

Barbaro come punto di riferimento per quello che era l’universo

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del movimento terra nel Nord Italia e, in particolare, in

Lombardia, cardine attorno al quale ruotavano diverse famiglie

di ‘ndrangheta presenti sul territorio Lombardo, ma, soprattutto,

aventi origini e collocazioni in Calabria e riconducibili alla fascia

ionica della provincia di Reggio.

Deceduto quindi Pasquale Barbaro, Varca e Oppedisano

estromessi dalle decisioni relative alla spartizione/gestione dei

lavori e degli appalti per essere privi di un idoneo grado,

auspicano l’intervento risolutore del nuovo “capobastone”

Giuseppe Pelle, detto “gambazza”42 affinché si rechi in

Lombardia a stabilire le modalità di spartizione lasciando ad

Oppedisano e Varca la possibilità di amministrare.

L’intenzione degli Oppedisano e di Varca è di entrare a far parte

del consiglio di amministrazione di una grossa società la Perego

Strade srl43 attraverso la quale aggiudicarsi importanti commesse

per la realizzazione di lavori in Lombardia.

Elementi investigativi sopra evidenziati esaltano l’interesse di

personaggi inseriti in un contesto di ndrangheta verso aziende

sane, in questo caso la Perego attraverso le quali reinvestire i

capitali derivanti da illecite attività.

42 Nato a San Luca 20.08.1960, figlio di Antonio 01.03.1932, detto “gambazza”

43 La perego strade una delle più importanti imprese lombarde nel campo dell’edilizia

con decine di cantieri aperti.La perego ha lavorato nei cantieri di Citylife, il nuovo

comparto residenziale che nascerà in vista dell’Expo, della Pedemontana e della

superstrada Valtellina

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Entrare nelle imprese del nord ha un duplice significato per la

‘ndrangheta: da un lato guadagnare denaro con le commesse e

dall’altro distribuire lavoro alle imprese degli affiliati.

Perego, il titolare dell’impresa “Perego Group s.n.c.”, viene

accusato di associazione mafiosa, per essersi messo in affari con

il boss Salvatore Strangio che riveste la figura di una sorta di

“direttore tecnico”. Strangio fa il bello e il cattivo tempo,per

favorire numerose imprese controllate dagli affiliati lombardi.

Le ragioni della presenza a Milano di Salvatore Strangio sono

strettamente connesse con la tenuta in vita delle società “Perego”.

In sostanza Strangio considera che l’aver salvato l’azienda, che

tra il 2007 e il 2008 si trovava in difficoltà

economiche,verosimilmente con il concreto aiuto economico di

cosche della ‘Ndrangheta, può tornare utile a tutti, a meno che

non si creino problemi anteponendo, ad un interesse più generale

e strategico, le singole esigenze familiari.

2.7.2 Il Piemonte.

Situazione simile a quella ora illustrata per la Lombardia viene

registrata in Piemonte. Nel corso delle indagini sono emersi

stretti e inequivocabili collegamenti tra il clan calabresi (in

particolare, nelle persone di Giuseppe Commisso e Domenico

Oppedisano) e le organizzazioni criminali di stampo

‘ndranghetistico insistenti sul territorio piemontese

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prevalentemente concentrati nel capoluogo e nella provincia

torinese.

Prove dell'esistenza di un "locale di 'ndrangheta" sul territorio

piemontese sarebbero emerse con l’operazione "Crimine", nel

corso della quale era stato documentato un incontro avvenuto

all'interno di un agrumeto di Rosarno tra il "Capo Crimine"

Domenico Oppedisano e i due indagati Rocco Zangrà e Michele

Gariuolo. Era stata ipotizzata anche la costituzione di un nuovo

"locale" di 'ndrangheta, da insediare ad Alba. Proprio in quel

frangente era emerso il ruolo di vertice della struttura piemontese

di Pronestì, che non condivideva la creazione di un'altra struttura

territoriale, ma il cui assenso era ritenuto necessario da

Oppedisano.

Ogni gruppo mafioso, pur operando in autonomia, intrattiene

rapporti con gli altri gruppi dislocati nella stessa area e in quelle

dell’intera regione.

Secondo la D.N.A., “la ‘ndrangheta in Piemonte è presente nel

settore del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nel

riciclaggio, e nell’infiltrazione nel settore dell’edilizia, grazie

anche ad una rete di sostegno e copertura di singole

amministrazioni locali compiacenti. Il progressivo radicamento

nella regione ha favorito la loro graduale infiltrazione del tessuto

economico locale, mediante investimenti in attività

imprenditoriali ed il tentativo di condizionamento degli apparati

della pubblica amministrazione funzionali al controllo di pubblici

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appalti. Appare quest’ultimo, in sostanza, il nuovo settore

d’interesse, condotto attraverso attività più difficili da investigare

perché riconducibili all’area apparentemente legale

dell’economia, ma che nasconde in realtà reati come il

riciclaggio, la corruzione, l’estorsione, la concorrenza illecita e

così via. Sotto tale profilo risultano particolarmente sensibili

al’infiltrazione mafiosa i comparti commerciali, degli

autotrasporti ed immobiliari. Ad essi si aggiunge quello

dell’edilizia che consente, attraverso imprese operanti soprattutto

in lavorazioni a bassa tecnologia, di condizionare il locale

mercato degli appalti pubblici. Le aree di criticità maggiore sono

quelle della Val d’Aosta, della Val di Susa e della città di Torino,

come viene evidenziato dalle indagini giudiziarie in corso”.

Si può affermare che lo storico e stabile radicamento della

‘ndrangheta sul territorio piemontese ha fatto di essa una

componente, ovviamente marginale ma non trascurabile, del

tessuto sociale ed economico della regione. Le principali cosche

operanti in Piemonte sono: i Pesce-Bellocco, i Marando-Agresta-

Trimboli, che fanno parte della cosca Barbaro di Platì, gli Ursini

e i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Morabito-Bruzzaniti-

Palamara di Africo. Tutte cosche importanti della provincia di

Reggio Calabria, alle quali si sono affiancate le vibonesi dei

Mancuso di Limbadi, dei De Fina e degli Arono di Sant’Onofrio.

Nuovo è il collegamento tra gruppi mafiosi calabresi ed

un’organizzazione transnazionale bulgara, operante in diversi

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paesi europei e dedita all’importazione di notevoli quantità di

droga dal Sud America, servendosi di imbarcazioni guidate da

esponenti della malavita italiana, più specificatamente calabrese.

La questione preoccupa perché l’indagine ha messo in luce

l’esistenza di un’alleanza sinergica nel campo del narcotraffico

tra organizzazioni mafiose italiane e straniere. E’ una delle prime

volte che emerge un rapporto del genere.

Le penetrazioni negli apparati della pubblica amministrazione

anche in Piemonte rappresentano uno dei canali privilegiati della

criminalità mafiosa per allargare il campo delle sue redditizie

attività. “Il progressivo radicamento nella regione – scrive nella

relazione la D.N.A. – ha favorito la loro graduale infiltrazione

del tessuto economico locale, mediante investimenti in attività

imprenditoriali ed il tentativo di condizionamento degli apparati

della pubblica amministrazione funzionali al controllo di pubblici

appalti. Appare quest’ultimo, in sostanza, il nuovo settore

d’interesse, condotto attraverso attività più difficili da investigare

perché riconducibili all’area apparentemente legale

dell’economia, ma che nasconde in realtà reati come il

riciclaggio, la corruzione, l’estorsione, la concorrenza sleale e

così via.”

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2.7.3 La Liguria.

Ovunque in Italia, in Europa e nel resto del mondo,

l’insediamento delle ‘ndrine calabresi ha seguito sempre una

ragione geo-economica; così è stato anche per la Liguria che,

assieme al Piemonte e alla Lombardia, fa parte dell’area più

produttiva dell’intero Paese e, grazie al porto principale di

Genova, il più importante accesso alle rotte di

approvvigionamento della droga.

Effettivamente, non fu un caso che, nel 1994, le forze dell’ordine

conclusero uno dei più ingenti sequestri di cocaina mai compiuti

in Europa; invero, nel corso dell’operazione denominata

“Cartagine”.44

Per altro verso, la ‘ndrangheta ha individuato nella Riviera un

paradiso ove poter riciclare le ingenti ricchezze prodotte dalle

attività illecite, una piazza tranquilla dove svolgere con

sistematicità le più proficue attività di estorsione e di usura, il

tutto, per così dire, all’ombra del paravento legale offerto dal

casinò di San Remo ».

44 L' operazione "Cartagine (1994) della Direzione investigativa antimafia tra la Puglia

e la Lombardia e' frutto di oltre un anno di indagini e si e' avvalsa della collaborazione

di sette pentiti, tra i quali il boss della malavita di Trani (Bari) Salvatore Annacondia.

Gli agenti hanno accertato che il sodalizio criminale era formato dal clan dei

cerignolani con i Piarulli di Milano e i Ferrara Caputo in Puglia furono rinvenuti 5 mila

chilogrammi di cocaina purissima, importata direttamente dalla Colombia, da un

cartello federato composto da gruppi colombiani, siciliani e calabresi.

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Come farsi sfuggire, poi, il valore intrinseco di quel territorio di

confine, una qualità tipicamente geografica che, da sempre,

permette un facile attraversamento per accedere in Francia; lo

stesso passaggio che, già dagli anni ’70, condusse molti di quei

criminali a colonizzare gran parte della Costa Azzurra, ove

costruirono vere e proprie reti logistiche per la gestione

d’importanti latitanze, sfruttando anche un rapporto di buona

amicizia con la criminalità marsigliese.

È in quei luoghi, infatti, che nei primi anni ’80 venne arrestato il

boss reggino Paolo De Stefano; nel 2002, a Nizza, Luigi

Facchineri, uno dei primi trenta latitanti più ricercati. E ancora, lì

furono catturati Natale Rosmini, un esponente di spicco

dell’omonima cosca, condannato all’ergastolo per l’omicidio

dell’ex Presidente delle Ferrovie dello Stato Ludovico Ligato, il

pericoloso fuggiasco della cosca “Iamonte” Antonio Mollica, e

Carmelo Gullace, una delle figure più rappresentative del gruppo

“Raso-Gullace-Albanese”.

Grazie all'operazione “Il Crimine” è stato possibile fotografare le

articolazioni 'ndranghetiste presenti in Liguria. Nell'ordinanza si

legge che il contesto criminale riconducibile alla 'ndrangheta è

molto variegato. C'è: «Un gruppo di vertice, riconducibile a

Antonio Rampino ed al suo contesto familiare, collegato ad altre

realtà criminali ». C'è, poi: «Un gruppo originario di Mammola e

riconducibile soprattutto ai Macri’»; «La fazione “dissidente”

capeggiata da Domenico Gangemi e Giuseppe Savoca »; e

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infine: «La figura di Vincenzo Stefanelli, originario di Oppido

Mamertina (RC), impegnato autonomamente nel traffico di

sostanze stupefacenti con suoi compaesani orbitanti

nell’hinterland milanese ». Tra questi gruppi risulta di notevole

importanza il ruolo di Domenico Gangemi. . Figura di elevato

spessore criminale nella città di Genova, interlocutore di don

Mico Oppedisano, capo Crimine della 'ndrangheta reggina.

Gangemi, inoltre, ha sponsorizzato la nascita della “Società

minore” nel basso Piemonte, nello specifico a Sommariva del

Bosco in provincia di Cuneo. Una realtà criminale – certificano i

pm – in: «Stretta dipendenza dal locale di Genova, capeggiato

da Domenico Gangemi.

Come si avrà modo di apprezzare, il rapporto tra ‘ndranghetisti

stanziali e quelli residenti nelle aree di origine è sostanzialmente

inscindibile, e si concretizza con un vincolo per così dire “a

doppio nodo”; invero, se da una parte le “cosche madri” si

assicurano lo sfruttamento delle allettanti peculiarità criminali

offerte da quella Regione, dall’altra i gruppi presenti in Liguria

sfruttano il prestigio e l’appoggio incondizionato della

‘ndrangheta per mantenere intatto il loro potere egemone su quel

feudo lontano.

Una “piazza” così importante, dove vi sono almeno nove locali,

non poteva non essere gestita da una “Camera di Controllo”; da

una struttura, appunto, che potesse regolare i rapporti di forza in

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campo, con la funzione di collegamento con le altre criminali

della ‘ndrangheta.

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2.8 Le proiezioni internazionali della ‘ndrangheta in

Germania, Svizzera, Canada ed Australia.

Premessa

Analizzata la presenza e la struttura dell’organizzazione

della ‘ndrangheta in Italia; nei successivi paragrafi si vedrà come

la medesima organizzazione sia ben radicata in diversi Stati

europei (in particolare in Germania ed in Svizzera) ed anche

oltreoceano (in particolare in Canada e in Australia), ove

esistono “Locali” di ‘ndrangheta organizzati sulla stessa struttura

di quelli italiani e un organismo superiore, anche in quei casi

chiamato “Crimine”, che ne controlla gli affiliati e le loro

attività. Anche in tali casi, come si vedrà, quei vertici di potere

rispondono in ogni modo all’associazione presente in Italia.

2.8.1 La Germania.

Le indagini svolte hanno portato alla luce elementi utili a

delineare l’organizzazione della ‘ndrangheta, avente base

operativa/strategica in Calabria45 con attive ramificazioni sia nel

Nord Italia46 sia all’estero con propaggini in importanti Stati

45 Segnatamente nella provincia di Reggio Calabria.

46 Accertate in Piemonte, Liguria, ma soprattutto in Lombardia nell’hinterland

milanese

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europei come la Germania (accertate nelle città di Singen47,

Rielasingen48, Radolfzell49, Ravensburg50, Engen51, e

Francoforte52) e la Svizzera (a Fravenfeld e Zurigo). In queste

località, come si avrà modo di rilevare, è stato replicato il

modello strutturale della ‘ndrangheta calabrese. Le suddette

ramificazioni criminali, seppur dotate di una certa autonomia,

relativamente alle classiche forme di manifestazione mafiosa, in

realtà sono rigidamente dipendenti alla ‘ndrangheta della

provincia di Reggio Calabria a cui “rispondono”.

In Germania e segnatamente nella città di Singen e nelle zone

limitrofe ma anche a Francoforte è attiva una struttura della

ndrangheta calabrese in cui è inserito Bruno Nesci, che in quel

contesto ricopre un ruolo apicale in quella che viene definita

“società”. Il predetto Nesci inoltre fa capo a Domenico

47 Singen è una città della Germania di 45.000 abitanti circa situata nel land del Baden

–Wurttemberg (versante sud-occidentale della Germania, confina a sud con la Svizzera

e a ovest con la Francia).

48 Rielasingen-Worblingen comune tedesco di 12.000 abitanti circa situato nel land del

Baden -Wurttemberg

49 Radolfzell am Bodensee è una città tedesca della Germania occidentale sul lago di

Costanza. Dopo Costanza e Singen è la terza città più grande del Circondario di

Costanza.

50 Ravensburg è una città della Germania di 47.000 abitanti situata nel land del Baden -

Wurttemberg

51 comune tedesco di 10.000 abitanti circa situato nel land del Baden -Wurttemberg

52 Francoforte sul Meno, città extracircondariale di 670.000 abitanti della Germania

centro-occidentale

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Oppedisano al quale riporta le vicende che riguardano il contesto

criminale in cui è inserito.

Di conseguenza, al fine di monitorare l’evoluzione delle

dinamiche criminali che si svolgevano in Germania, veniva

chiesto di procedere a rogatoria con le autorità tedesche; lo

sviluppo delle indagini in terra teutonica, ad opera di quelle

autorità, consentiva di registrare una serie di conversazioni che

permettevano di ampliare le conoscenze investigative con

riguardo ad alcuni personaggi, di origine calabrese ma dimoranti

in Germania, in stabile contatto con Nesci e con lui associati.

Si aveva oltretutto conferma circa l’esistenza di due gruppi

criminali uno facente capo a Bruno Nesci, l’altro facente capo ad

un personaggio ancora ignoto alle indagini ma certamente di

origine calabrese (e forse anche della stessa zona di origine di

Nesci) che nelle intercettazioni viene soprannominato “lo

svizzero” verosimilmente per essere questi domiciliato in

Svizzera. Al riguardo è utile evidenziare che la città di Singen si

trova quasi a ridosso del confine tra la Germania e la Svizzera.

Tra il gruppo di Nesci e quello dello “svizzero” vi sarebbero

degli attriti che attengono esclusivamente al predominio

territoriale che una fazione vorrebbe esercitare sull’altra. In tale

quadro Nesci si sentirebbe autorizzato ad agire in maniera

autonoma essendo egli autorizzato ad esercitare la sua carica di

capo società forte di una assenso ricevuto da Domenico

Oppedisano; autorizzazione che con tutta evidenza è espressione

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del “crimine” al quale Nesci risponde. Le conversazioni captate

dalla polizia tedesca forniscono ulteriori elementi utili a meglio

delineare l’asseto criminale tedesco; viene confermata l’esistenza

e l’operatività di un articolazione della ndrangheta calabrese in

Germania ed emergono altri dettagli relativi alla degenerazione

di un attrito tra il gruppo criminale di Nesci Bruno e il gruppo di

tale Ntoni, nei colloqui indicato come lo “svizzero53”.

Le indagini hanno quindi consentito di individuare altri soggetti

inseriti in un contesto di ndrangheta riconducibili alla “società di

Singen” nonché di accertare l’esistenza di altri “locali” di

ndrangheta, segnatamente a Francoforte e a Radolfzell. Inoltre, lo

scambio di informazioni con la polizia tedesca consente di

acquisire che locali di ndrangheta sono presenti anche nelle città

di Rilasingen, Ravensburg ed Engen. Le indagini hanno quindi

messo a fuoco il rapporto che lega le citate strutture con la

‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria.

Accertata l’esistenza di locali di ‘ndrangheta in quella regione

della Germania, si pone in evidenza la più volte richiamata

dipendenza dalla Calabria in taluni casi da Fabrizia54, in altri dal

“crimine55”

Le indagini svolte in parallelo con la polizia tedesca hanno

consentito di registrare come le attività di un “locale” di

53 DDA di Reggio Calabria, crimine allegato 202 volume 2

54Locale facente capo a Primerano Giuseppe Antonio

55 E’il caso di Singen allorché era ivi presente il capo società Nesci Bruno.

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‘ndrangheta all’estero siano del tutto simili a quello di un

“locale” in Calabria. Ci si riferisce in particolare alle figure di

vertice (capo locale, capo società, contabile….) ma anche ai

rituali.

2.8.2 Il Canada.

Come si è già detto, le indagini hanno rivelato la presenza della

‘ndrangheta anche oltre oceano. Particolarmente cospicui e

significativi risultano essere gli elementi raccolti in ordine alla

presenza della ‘ndrangheta in territorio canadese. Già l’attività

investigativa svolta dal ROS CC – Servizio Centrale che ha

condotto alla cattura di due importanti latitanti inseriti

nell’elenco dei c.d. primi 30, ossia Giuseppe e Salvatore

Coluccio, ha permesso l’acquisizione di elementi di estremo

rilievo sotto il profilo probatorio per la contestazione associativa

sotto questo peculiare profilo.

I primi segnali circa l’importanza di determinati soggetti

normalmente dimoranti in Canada (Vincenzo Tavernese,

Carmine Verduci e Antonio Coluccio) provenivano dall’accertata

presenza di Verduci alla riunione di ‘ndrangheta del 12.02.2008

56nel corso della quale fu autorizzato il dilazionamento dei debiti

di Giulio Schirripa. In quel contesto venne altresì contattata da

56 fr. informativa R.O.S. CC – Servizio Centrale – II^ R.I. II^sez. Nr. 226/1 – 423 di

prot. del 05.02.2010,

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Emilio Andrianò l’utenza cellulare canadese di Vincenzo

Tavernese.

È poi risultata una costante che alle riunioni partecipassero

esponenti della c.d. cellula canadese e/o comunque alcuni di loro

venissero informati di quanto stava accadendo.

Proprio monitorando Emilio Andrianò è stato possibile

documentare, in alcuni casi, anche visivamente diversi summit

ai quali hanno partecipato, tra gli altri, esponenti di rilievo della

ndrangheta jonica e della ‘ndrangheta di Toronto (Canada) ed, in

particolare, Vincenzo Tavernese, Emilio Andrianò, Carmelo

Bruzzese, Francesco Bonarrigo, Giuseppe Commisso, Giorgio

De masi, Rocco Aquino, Carmine Verduci e Domenico Foca’.

Vincenzo Tavernese, Carmine, Verduci Antonio Coluccio - che

rappresentano, anche secondo le autorità canadesi, il vertice di un

gruppo criminale operante a Toronto (Canada) - si alternano via

via nelle varie riunioni, facendo la spola tra il Canada e la

Calabria.

L’operazione “Crimine” ha, infatti, consentito di far emergere

che: in Canada, in particolare, nelle città di Toronto e Montreal è

operativa una complessa organizzazione criminale di tipo

mafioso, composta da più cellule che racchiudono gruppi -

famiglie di origine calabrese ed altri di origine siciliana. Il leader

di tale organizzazione era, all’epoca, Vito Rizzuto che, in virtù

dei suoi legami con la famiglia mafiosa dei Bonanno e quella dei

“Cuntrera - Caruana” aveva creato, nell’area di Montreal una

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struttura mafiosa ben radicata, collegata con quella di Toronto e

con l’Italia;tale struttura, operativa nel traffico internazionale di

stupefacenti, nel reinvestimento dei narcoproventi, nonché

nell’acquisizione di appalti di opere pubbliche ed altri delitti

connessi, aveva, come detto, stabili rapporti con appartenenti ad

organizzazioni criminali autoctone, tra cui, per l’appunto

Carmelo Bruzzese che viene definito nella richiamata ordinanza

di custodia cautelare come “il referente della “cellula calabrese”

dell’organizzazione, strettamente legato ai vertici

dell’organizzazione, in contatto con i più diretti collaboratori di

Vito Rizzuto e con lo stesso capo prima del suo arresto, avvenuto

nel gennaio 2004, nonché con esponenti di spicco della

criminalità organizzata calabrese. In particolare é impegnato alla

realizzazione di un complessa struttura da destinare ad ospedale,

utilizzando fondi pubblici in un appezzamento di terreno già di

proprietà del Bruzzese e di altri suoi soci…”. Nel corso delle

indagini oltre a documentarsi rapporti funzionali all’esistenza del

sodalizio con Arcadi Francesco, indicato dalla polizia canadese

come il successore di Vito Rizzuto (dopo il suo arresto –

estradizione a New York), rilevano per l’odierno procedimento i

rapporti tra Carmelo Bruzzese e Carmine Verduci che, in ragione

delle conversazioni censurate in quel contesto, viene definito in

atti “un personaggio già emerso nelle indagini vicino al noto

Carmelo Bruzzese” e che aveva il compito di viaggiare

sistematicamente tra l’Italia ed il Canada, fungendo da vettore di

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notizie tra il gruppo italiano e quello canadese, così come,

peraltro, emerso dall’inchiesta crimine. Si evidenziava, inoltre, la

conferma circa i rapporti pregressi (2004) tra lo stesso Bruzzese

ed Emilio Andrianò57.

L’articolazione canadese dell’organizzazione criminale era

principalmente dedita alla gestione del gioco d’azzardo e della

attività usuraia collegata.

Che l’organizzazione fosse attiva in questo lucroso settore è stato

confermato dalle attività tecniche svolte nell’ambito dell’

indagine.

57 Tra le diverse conversazioni intercettate nel corso dell’attività di captazione

dell’utenza in uso al predetto Bruzzese, si deve citare la conversazione telefonica del

19.09.2004 delle ore 20,34 in entrata dall’utenza 0124698461 (intestato a Racco

Giuseppe, via Villa 72, Prascorsano TO) durante la quale, l’interlocutore chiedeva al

Bruzzese la veridicità di un fatto accaduto al figlio di Tropea. Bruzzese,

nell’occasione, precisava che il fatto era effettivamente successo e pronunciando

testualmente “… si, disgraziato figliolo … così ho sentito dire, prima sono venuti a

dirmelo, a dirti la verità … era pure tardi oggi, non mi sentivo tanto bene. Cose che

succedono a questo mondo …”. Successivamente si apprendeva che in data 19.09.2004

le cronache giudiziarie registravano l’omicidio di Commisso Giuseppe (nato il

20.12.1974) avvenuto in Grotteria (RC) da parte di Tropea Maurizio, (al momento

irreperibile), unitamente a Oppedisano Francesco, nato a Locri il 27.12.1972,

quest’ultimo costituitosi il 20.09.2004, presso il Nucleo Operativo Carabinieri di

Roccella Ionica (RC). Tropea Maurizio è stato poi tratto in arresto il successivo

23.09.2004. A tal proposito l’attività di intercettazione in essere a carico di Bruzzese

Carmelo, ha evidenziato che quest’ultimo in data 06.06.2004, alle ore 18,41, ha avuto

un colloquio con Tropea Maurizio dove quest’ultimo si informa circa le condizioni di

salute dell’altro precisando di essere in compagnia di Carmine (Verduci Carmine) e

Milio (Andrianò Emilio).

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Da quanto emerso, le attività illecite e di reinvestimento svolte in

Canada hanno anche lo scopo di consentire il mantenimento in

vita della componente italiana della struttura criminale indagata o

comunque, di garantirne, quando necessario, il relativo supporto

logistico e finanziario.

In sostanza, si rileva un indissolubile cordone ombelicale tra la

componente italiana dell’organizzazione e quella operante in

Canada. Quest’ultima, peraltro, partecipa con suoi rappresentanti

alle riunioni strategiche della Jonica o, comunque, né viene

informata e quando è necessario usufruisce per sè stessa degli

aiuti, in termini operativi, della componente italiana.

Ancora una volta, le attività di indagine delegate al

Commissariato di P.S. di Siderno, e segnatamente, gli esiti della

intercettazione delle conversazioni ambientali intervenute

all’interno della lavanderia gestita da Giuseppe Commisso il

“mastro”, hanno consentito di acquisire agli atti importanti

elementi anche in relazione alla presenza della ‘ndrangheta in

territorio canadese. È emersa l’esistenza di un organismo di

vertice dell’organizzazione nella città di Toronto (una sorta di

“crimine” canadese), nonché l’esistenza di numerosi locali, tra i

quali quello di Thunder Bay (Ontario). I rapporti tra il locale di

Thunder Bay ed i vertici dell’organizzazione criminale siti in

Toronto e le relative problematiche, nonché la struttura

dell’organizzazione e le cariche ricoperte dai singoli associati

rispecchiano fedelmente il “modello” calabrese.

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Quella presente in Canada è una struttura fortemente radicata nel

territorio, composta da un nutrito organico che ha saputo

riprodurre anche in quella Nazione il modello funzionale della

‘ndrangheta calabrese. Lì esistono almeno nove “Locali”, tutti

rappresentati dal “Crimine” di Toronto e dislocati in tutto

l’Ontario, ove ricade appunto la cittadina lacustre di Thunder

Bay. 58

Ad ogni modo, queste strutture rispondono comunque al

“Crimine” reggino per mezzo di alcuni rappresentanti che di

continuo viaggiano tra l’Italia e il Canada, costola della ben nota

“Siderno Group of Crime59”.

2.8.3 L’Australia.

Ancora oggi, in Australia i calabresi costituiscono la collettività

più vasta rispetto a quelle degli altri cittadini di origine italiana

presenti nei tanti agglomerati urbani del Continente. Già dalla

metà dell’800, infatti, una costante corrente migratoria contribuì

a popolare gran parte di quegli sconfinati territori; l’esodo, che si

58 Le risultanze emerse dall’attività di indagine delegata al Commissariato di P.S. di

Siderno.

59 La nascita del Siderno Group of Crime fu voluta negli anni ‘50da Frank Costello e

Albert Anastasia,due appartenenti a cosa nostra americana di origine calabrese. Ancora

oggi il nome del gruppo indica alcune delle più potenti famiglie criminali di Siderno

trasferitesi nel Nord America, che manterrebbero degli stretti legami con le cosche

madri della Calabria.

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strutturò essenzialmente sui richiami dei parenti giunti a

destinazione, svuotò gran parte delle città ed interi paesi della

Calabria.

Sebbene dal 1970 quel flusso subì un drastico calo, gli ultimi

censimenti prodotti dall’Australia “Bureau of Statistics” 60 hanno

indicato, comunque, una massiccia presenza di circa settemila

individui nati in Calabria. È con loro che la cultura e le tradizioni

della Calabria hanno conosciuto una nuova vita, fatta spesso

d’incontri e celebrazioni rievocative degli ambiti aviti; è tra loro

che, disgraziatamente, si è diffuso anche in Australia il peggior

modello criminale nostrano: la ‘ndrangheta.

A tracciare parte di quello spaccato sarà uno dei più illustri

rappresentanti della comunità italiana presente a Stirling, un

popoloso sobborgo di Perth, la capitale del Western Australia:

Domenico Antonio Vallelonga.

Già Sindaco di Stirling dal 1997 al 2005, è stato esponente di

vari consigli regionali e presidente di importanti associazioni

locali, di comitati comunitari e di alcune associazioni di cittadini

italiani. Considerato un autorevole membro della Chiesa cristiana

locale, nel 2002 è stato insignito del Meritorious Service Award,

un prestigioso riconoscimento civile rilasciato dal Western

Australia Local Government Association, e, nel luglio del 2009,

gli è stato conferito il titolo di “Cittadino Onorario” della

60 L’Ente statistico ufficiale australiano

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municipalità di Stirling.

In sintesi dalle risultanze emerse dall’attività di indagine

delegata al Commissariato di Siderno possono essere messe in

rilievo quattro punti:

1. l’esistenza di un “Crimine” australiano che coordinerebbe

l’azione dei vari “Locali” di ‘ndrangheta presenti sul

Continente e risponderebbe direttamente al “Crimine di

Polsi”;

2. l’influente figura criminale di Domenico Antonio

Vallelonga, ex Sindaco e cittadino onorario di Stirling,

considerato un illustre personaggio dall’intera comunità;

3. l’importante carica speciale di “Padrino” assegnata a

Giovanni Vallelonga, capo del “Locale” di Caulonia;

4. il vasto territorio delle “Serre”, che geograficamente

ricadente sotto la provincia di Vibo Valentia, di fatto

viene governato dal “Crimine di Polsi”, l’organismo

criminale tipicamente reggino.

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2.9 Infiltrazione della ‘ndrangheta nelle attività economiche

produttive.

Nel presente paragrafo, verranno analizzati una serie di

elementi emersi nel corso della attività di indagine, dai quali si

evince con chiarezza l’interesse e l’ingerenza della associazione

de quo in attività economiche, appalti e servizi pubblici.

L’organizzazione si avvale del vincolo associativo e della forza

di intimidazione che ne deriva non solo per commettere delitti,

ma anche per acquisire in modo diretto e/o indiretto la

gestione/controllo di attività economiche e, quindi, per realizzare

profitti ingiusti61.

Emblematico è il caso dell’inserimento della associazione

‘ndrangheta nei lavori relativi la S.S. 106 e del raggiungimento

di un soddisfacente equilibrio tra le famiglie Aquino e

Mazzaferro. Nella specie emerge con chiarezza che la ditta

appaltatrice è spettatrice passiva della contesa tra le due cosche

61 Art. 416 bis co III c.p.:l’associazione e’ di tipo mafioso quando coloro che ne fanno

parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della

condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per

acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività

economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare

profitti o vantaggi ingiusti per se’ o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il

libero esercizio del voto o di procurare voti a se’ o ad altri in occasione di

consultazioni elettorali ).

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ma al contempo si rifà dei costi imposti dalle famiglie Aquino e

Mazzaferro a scapito della qualità dei lavori e dei dipendenti più

diligenti che cercano di lavorare nella legalità ma che, invece,

vengono frenati fino al licenziamento.62

Nello specifico, le famiglie Aquino e Mazzaferro ponevano in

essere atti di illecita concorrenza sleale volti al controllo o

comunque al condizionamento dei lavori e servizi (forniture e

offerte commerciali in genere) relativi all’esecuzione del

contratto d’appalto concluso tra la ANAS S.p.a. e la Gioiosa

Società Consortile a.r.l., avente ad oggetto la realizzazione del

tratto della S.S. 106 63 in particolare, arrogandosi facoltà di scelta

delle ditte destinate ad aggiudicarsi i contratti di fornitura (ferro,

calcestruzzo) e servizi di cantiere in genere (movimento terra,

mensa) connessi a tali lavori, ditte64 imposte alla Gioiosa Società

Consortile a.r.l. 65 sulla base di una logica spartitoria dettata

dagli equilibri mafiosi esistenti nel territorio sito del cantiere e,

quindi, anche sulla base di accordi collusivi con esponenti di

altre realtà criminali della zona (famiglia Mazzaferro), attività

62 Dato che emerge in maniera evidente dalla CTU effettuata oltre che dalla attività

tecnica e dalle sommarie informazioni raccolte.

63 Variante al centro abitato di Marina di Gioiosa Jonica (RC), dal km. 107+00 al km.

110+55.

64 Tra queste, la Ferro Sud, la Laterizi Archinà, la Ediltrichilo, la General Appalti,

Hotel Ristorante Miramare s.a.s.

65 Nelle persone di Cascino Cesare, Palmigiano Michele, Fleres Vincenzo;

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illecita resa possibile dall’intervento intimidatorio e dallo

spessore mafioso delle rispettive famiglie.

L’opera di realizzazione del tratto della S:S: 106 dovrebbe

assolvere l’importante funzione di collegamento tra la Strada di

Grande Comunicazione Jonio - Tirreno 66e la variante al centro

abitato di Roccella Jonica.

L’entità e la complessità delle opera giustifica l’ingente quantità

di danaro investito da parte dell’A.N.A.S. e richiede,

inevitabilmente, un notevole “impegno” da parte dell’impresa

aggiudicatrice (Gioiosa S.C.A.R.L.) nel reperimento di mezzi e

della manodopera, nonché nei sub-appalti per le forniture di

materiale (calcestruzzo e ferro) e di servizi, soprattutto per i

lavori di movimentazione terra.

Le sopraccennate “necessità” dell’impresa aggiudicatrice si sono

immediatamente rivelate come opportunità per le famiglie locali

di poter lucrare sull’appalto in argomento mediante

l’accaparramento dei sub-appalti e delle forniture da affidare a

ditte controllate. Questa prospettiva di ingenti profitti ha

inasprito, però, la conflittualità tra le cosche sfociando, nel caso

specifico dell’appalto SS 106 di Marina di Gioiosa Jonica (RC)

(ma anche negli altri comuni limitrofi interessati da simili

66 Per una rapida connessione all’Autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria.

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appalti),67 in un serie di danneggiamenti ed atti intimidatori, sia

come strumento di trattativa tra le contrapposte famiglia che

come mezzo di “pressione” sull’impresa.

Non solo la famiglia Mazzaferro, ma anche quella degli Aquino

stavano entrando nei lavori di ammodernamento della SS. 106, o

meglio, sono già parte dell’appalto.

Ma la famiglia Mazzaferro non è “soddisfatta”. Poiché è stata

esclusa, o comunque stava avendo un ruolo marginale, nelle

forniture e nei sub-appalti ed, allora, con danneggiamenti e

intimidazioni da una parte fa capire alla famiglia avversa (quella

degli Aquino) il suo disappunto e dall’altra spinge l’impresa a

cercare “nuovi equilibri” proprio nei sub-appalti e nelle forniture

perché solo in tal modo i lavori sarebbero potuti andare avanti.

Si può quindi tessere un quadro accusatorio ben definito che

vede, sin dall’inizio, la netta contrapposizione di due famiglie

storicamente presenti sul territorio di Marina di Gioiosa Jonica e

l’inasprirsi dei rapporti proprio in corrispondenza dell’inizio dei

67 Macro Lotto S.S.106 nr.1 (Locri), tratto compreso tra il comune di Ardore e c.da

Marcinà di Grotteria (RC), Impresa Appaltatrice Astaldi s.p.a. & Ferreri s.r.l. per

l’importo di €.450.000.000,00:

67 In data 02/02/2008 rimanevano danneggiati dalle fiamme nr.2 mezzi da cantiere di

proprietà della Ditta Cavamagno s.r.l. Movimento Terra, di proprietà di Magno

Giuseppe, nato a Copertino (LE) il 27/09/1953, sub-appaltatore per Astaldi S.p.a.;

nella notte tra il 21 e 22 febbraio 2008, in c.da Riposo di Locri (RC), venivano

danneggiati l’impianto di produzione di calcestruzzo e i mezzi pesanti ivi parcati, della

ditta Parasporo Carlo, nato a Locri (RC) il 10/03/1960, sub-appaltatore per Astaldi

S.p.a..

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lavori della SS 106.

Uno dei primi “significativi” rapporti commerciali68 sul territorio

che l’impresa Gioiosa SCARL instaura è proprio con l’Hotel

Miramare, struttura alberghiera che, dalle risultanze emerse in

numerose conversazioni e da ulteriori riscontri investigativi,

risulta di fatto di proprietà e gestita proprio dalla famiglia

Aquino.

Gli atti intimidatori 69 attribuibili quindi alla famiglia

Mazzaferro, hanno direttamente danneggiato solo l’impresa

poiché, muoversi direttamente contro i propri rivali, può

significare l’inizio di nuove problematiche territoriali e la perdita

di quella stabilità e “pace” che nessuna delle due “famiglie” in

campo vuole compromettere: infatti, scontri diretti avrebbero

significato anche eventi sanguinari e quindi attenzione

dell’opinione pubblica e maggiore pressione delle Forze

dell’Ordine.

L’apparente tacito assenso della famiglia Aquino, o comunque la

non reazione, non va però inteso come una sconfitta, bensì solo

come la scelta più logica e più “conveniente” da adottare in

previsione degli ingenti profitti che l’inizio e la prosecuzione dei

lavori avrebbe garantito, pur se suddivisi in due parti, cioè ad

entrambe le cosche.

68 All’Hotel Miramare documentazione contabile attestante l’epoca dell’inizio della

collaborazione commerciale.

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Si parte, infatti, dalle problematiche scaturite inizialmente dalla

necessità di reperire sul posto ditte da impiegare nei lavori

preliminari di movimento terra; poi per il reperimento dei

fornitori di ferro d’armatura e, successivamente, per il

calcestruzzo, infine le difficoltà dell’impresa a svincolarsi da

determinati soggetti locali, detentori del controllo assoluto della

zona, che le hanno imposto anche le strutture ricettive ove

servirsi per il vitto e l’alloggio dei suoi dipendenti.

Le problematiche sopra accennate si protrarranno identiche

dall’inizio sino alla chiusura del cantiere, avvenuta in data 31

marzo 2008 a seguito del sequestro disposto da questo Ufficio.

Un aspetto da porre in particolare evidenza sarà la piena

coscienza dei dipendenti dell’impresa stessa della situazione

locale a cui devono attenersi scrupolosamente.

Gli stessi, o per timore o per un loro tornaconto, in numerose

situazioni assumono un atteggiamento omertoso e comunque tale

da rendere più difficile le investigazioni.

Entrando nello specifico degli argomenti che cronologicamente

sono stati sintetizzati, è bene iniziare proprio dalla prime

problematiche risalenti già ai mesi di giugno/ottobre 2007,

allorquando ci sono stati i primi interventi forti da parte della

famiglia Mazzaferro, affinché ditte da essa controllate

partecipassero ai lavori che a breve avrebbero avuto inizio.

La famiglia Aquino ha il controllo della Ditta EDIL Trichilo .

Quest’ultima è entrata nell’appalto grazie “all’opera” di Rocco

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Aquino, il quale tende ad operare nello specifico settore in modo

occulto, senza far trasparire ufficialmente la propria

partecipazione, ma avvalendosi dell’apporto della citata Ditta.

La ditta favorisce una cosca di ‘ndrangheta, avendo piena

cognizione della caratura criminale del soggetto con il quale

collabora in maniera assidua.

La EDIL Trichilo risulta aver intrapreso i rapporti commerciali

con la Gioiosa SCARL sin dall’inizio dei lavori, come unica ditta

fornitrice del ferro d’armatura.

Il condizionamento quindi che il territorio impone all’impresa é

tale che la stessa si trova costretta ad attenersi in modo

scrupoloso a determinate regole.

Trattandosi di un appalto approvato con prezzi di mercato

inadeguati al periodo, e dovendo in qualche modo recuperare

quanto “perso” a causa dell’interessamento delle cosche,

l’impresa ha accettato di operare con l’impiego di materiali di

scarsa qualità, accettando i rischi da ciò derivanti e dichiarando,

falsamente, di aver seguito certe tecniche per realizzare

determinati manufatti, tecniche di lavorazioni mai eseguite. Tale

problematica si protrae in maniera analoga sino alla data del

sequestro del cantiere, avvenuto il 31 marzo 2008.

Proseguendo con l’esame delle infiltrazioni della ‘ndrangheta

nelle attività economiche e commerciali, dalle intercettazioni

tecniche eseguite dai carabinieri, si desume, con chiarezza e

facilità, che i fratelli Aquino, si siano imposti, grazie alla forza

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del vincolo associativo, in diversi settori dell’economia pubblica

e privata, creando dei veri e propri monopoli, imponendosi sul

mercato e determinandone condizioni e situazioni a loro

esclusivo vantaggio ed a quello della cosca d’appartenenza.

In particolare Rocco Aquino, agendo unitamente ai fratelli, stia

investendo, attraverso prestanomi, nel settore turistico

commerciale.

Le attività tecniche hanno permesso di accertare che Rocco

Aquino, titolare, unitamente al fratello Giuseppe70, della “Nuova

Edil di Giuseppe Aquino & C. S.a.s.71 è – di fatto – il

proprietario dell’Hotel Miramare.

Rocco Aquino non risulta né tantomeno è mai risultato

dipendente della società che formalmente gestisce l’albergo in

parola, i cui componenti, alla stregua del proprietario

dell’immobile, risultano – di fatto – prestanome di Rocco

Aquino.

Infatti, dall’analisi dei dati della Camera di Commercio

70 Nato a Marina di Gioiosa Ionica (RC) il 20/02/1962, ivi residente Via Porticato, 43

71 Con sede legale in Marina di Gioiosa Ionica (RC), Via S. Finis, 114, Codice fiscale:

00662070804, numero REA: RC-88589, partita IVA 00662070804, data di iscrizione:

19/02/1996. Ha per oggetto sociale: il commercio all'ingrosso ed al dettaglio di

materiale da costruzione, ferro, cemento sanitari, piastrelle, calce, legno, infissi, esterni

ed interni, in legno ed in qualunque altro materiale, mattoni, ceramica, rubinetteria,

plastica ed ogni altra cosa occorrente per l'edilizia. Socio accomandatario AQUINO

Giuseppe; socio accomandante Aquino Rocco.

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Industria, Artigianato e Agricoltura di Reggio Calabria72 risulta

che allo stato attuale gli unici due soci proprietari dell’attività

commerciale in questione sono Carlo Zavaglia e Salvatore

Totino.

Oltre all’interesse nel settore turistico è emersa una

intermediazione parassitaria della famiglia Aquino nel mercato

della fornitura del ferro I fratelli Rocco e Giuseppe Aquino in

concorso tra loro, ponevano in essere atti di illecita concorrenza

sleale volti al controllo o comunque al condizionamento del

mercato della fornitura di ferro; in particolare, imponendo agli

imprenditori del settore, al di fuori di qualsiasi logica economica

ed imprenditoriale, di rifornirsi di ferro necessariamente per il

tramite della Nuova EDIL 73e le ditte costruttrici acquirenti,

praticando a queste ultime un prezzo maggiorato rispetto a quello

praticato direttamente dalla ferriera per la medesima prestazione.

La tendenza dei soggetti a tenere occulto il loro possesso di

attività commerciali deriva, essenzialmente dalla loro piena

consapevolezza dei rischi che corrono (sequestri e confische)

essendo a tutti gli effetti membri, con ruolo apicale, del sodalizio

criminale,’ndrangheta. Questa attività commerciale è l’unica che,

72 Allegato nr.3 Vedasi fascicolo storico dell’impresa Hotel Ristorante Miramare di

Zavaglia Carlo & C. S.A.S.

73 Di Aquino Giuseppe & C. S.A.S., che non effettuava, in realtà, alcun reale servizio

di trasporto o fornitura di merce, limitandosi esclusivamente ad interporsi tra le ferriere

(tra queste, in particolare, la Ferreria S.I.L.A. di Catania.

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da una visura camerale, risulterà direttamente intestata ai

soggetti. Con questa impresa i due fratelli, Rocco e Giuseppe

Aquino, detengono il controllo assoluto ed incontrastato, sia in

zona che in altri territori limitrofi, del commercio di ferro per

edilizia: è possibile addirittura parlare di monopolio. Gli unici

soci della ditta sono i due fratelli i quali rivestono la carica di

socio accomandatario e socio accomandante È stato constatato

come la ditta Nuova EDIL, non abbia di fatto una vera e propria

sede operativa, bensì solo una sede legale che, a guardar bene gli

atti sopra proposti, risulta corrispondere alla sede legale di altre

due ditte: la General Appalti e la Ferro Sud.

La società in questione non risulta avere a disposizione un

deposito per il materiale, bensì gli approvvigionamenti

avvengono in funzione delle richieste, molto frequenti, che

prende Rocco Aquino, il quale, in ogni circostanza, provvede a

far scaricare il materiale direttamente sul cantiere dell’impresa

edile richiedente. Non risulta, altresì, essere proprietaria, o

comunque avere la disponibilità, di mezzi di trasporto per il

materiale edile, (bilici, trattori o semi articolati), ma il trasporto

presso i cantieri acquirenti avviene o mediante i mezzi di

trasporto delle ferriere o, a volte addirittura, con i mezzi che le

stesse ditte edili richiedenti provvederanno a mettere a

disposizione. Non ha alle dipendenze operai. Così facendo si

evita di dover anticipare grossi capitali per eventuale merce in

giacenza e invenduta, si evitano spese ulteriori derivanti dallo

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scarico e carico della merce e si gestisce, a proprio favore i

prezzi, poiché Rocco Aquino puntualizza ai propri fornitori, per

ogni ordinativo, che non venga mai indicato sulla bolla di

consegna destinata all’impresa edile richiedente, il prezzo del

materiale, che sarà trasmesso a mezzo fax o con altra bolla,

proprio a sua cura. Tutto ciò al fine di applicare i dovuti ricarichi

che gli assicurano l’ingente guadagno. Altro esempio

paradigmatico di intermediazione parassitaria basata sulla forza

di intimidazione della organizzazione mafiosa ‘ndrangheta è l’

attività imprenditoriale gestita dalla Famiglia Mazzaferro: Ditta

CMA. Ernesto Mazzaferro, reale proprietario ed amministratore

della società CMA s.r.l., ubicata in Marina di Gioisca Jonica

(RC), attribuiva, in modo fittizio, prima ad Anna Maria e Franca

Agostino, poi a Marzia Mazzaferro la esclusiva titolarità formale

e la carica di amministratore della citata società.

La ditta C.M.A. s.r.l., formalmente intestata a Marzia

Mazzaferro, di fatto viene gestita dal padre di lei, Ernesto.

La ditta in questione, sicuramente non per una scelta casuale,

opera prevalentemente al di fuori del territorio calabrese e nello

specifico non risulta operare in Marina di Gioiosa Ionica; la

scelta imprenditoriale di Mazzaferro appare quanto mai logica e

di facile interpretazione: lo stesso preferisce lavorare in altre

Regioni, soprattutto in considerazione dei suoi pregressi

giudiziari, evitando l’esposizione diretta;

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Al fine di non incorrere in ulteriori problemi giudiziari,

soprattutto di carattere patrimoniale, ha inteso intestare la

titolarità dell’impresa ad esso invece riconducibile, alla figlia

Marzia.

Analogo esempio di intermediazione parassitaria basata sulla

forza di intimidazione dell’organizzazione mafiosa ‘ndrangheta,

è dato dalla cosca Iamonte.

Remingo Iamonte al fine di eludere le disposizioni di legge in

materia di misure di prevenzione patrimoniale attribuiva

fittiziamente ad Giuseppe Mario Iaria la titolarità formale

dell’esercizio commerciale denominato “Garibaldi Caffè”, sito in

Melito di Porto Salvo74 di fatto di sua proprietà

Le indagini svolte, non solo nell’ambito del procedimento

penale, hanno dimostrato come la cosca Iamonte è saldamente e

pesantemente inserita nel tessuto economico-imprenditoriale

melitese, anche attraverso la gestione di numerose attività

commerciali intestate a prestanomi. Tale dato, in particolare, è

emerso grazie al monitoraggio dei rapporti tra Remingo Iamonte

e Giuseppe Romeo Iaria, inoltre emerge la figura di Giuseppe

Iaria prestanome dello stesso Iamonte.

In particolare, l’attività oggetto di intestazione fittizia allo Iaria è

l’esercizio pubblico denominato “Garibaldi Caffè”, appunto di

Giuseppe Romeo Iaria, con sede legale in Melito Porto Salvo,

Via Garibaldi. Svariate sono le conversazioni in cui Remingo 74 Via Garibaldi nr.5, C.F.: RIAGPP80P26F112N, Nr. REA RC-172019.

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Iamonte fornisce a Iaria puntuali ed insindacabili indicazioni

relative all’esercizio in questione dalle quali si desume con

chiarezza che Remingo Iamonte è il reale detentore della predetta

attività commerciale.

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Conclusioni

Dall’analisi delle diverse attività investigative raccordate

dalla DDA di Reggio Calabria e di Milano, dalla discussione con

i Magistrati i prima linea nelle guerre di mafia mi sono resa

conto di come vicende ed articolazioni che apparentemente

possono apparire isolate in realtà appartengono tutte ad

un’organizzazione unitaria chiamata ‘ndrangheta.

I risultati raggiunti dal mio lavoro di ricerca possono essere

riassunti brevemente in due punti. Il primo dato che emerge è che

la ‘ndrangheta non si presenta più con una struttura orizzontale

fortemente radicata su un territorio o come un’associazione

delinquenziale arretrata, legata a riti arcaici, chiusa in rigidi

schemi, fortemente ancorata alle sue tradizioni e poco propensa

ai cambiamenti. Al contrario la ‘ndrangheta risulta moderna,

innovativa, con un’organizzazione di tipo mafioso unitaria. Le

indagini hanno da un lato confermato le caratteristiche ben note

delle cosche calabresi: il numero eccezionalmente elevato di

affiliati anche in cittadine di modeste dimensioni che esistono fra

gli associati e ne rafforzano i vincoli, anche di natura criminale,

il rispetto di una serie di tradizioni e di rituali, la straordinaria

pervasità sul territorio e il controllo di molte delle manifestazioni

della vita amministrativa, sociale ed economica.

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Ma accanto a queste conferme, le indagini hanno fatto emergere

l’unitarietà della ‘ndrangheta come organizzazione di tipo

mafioso. Non più dunque semplicemente un’insieme di cosche,

famiglie o ‘ndrine, nel loro complesso scoordinate e scollegate

tra di loro, salvo alcuni patti federativi di tipo localistico –

territoriale, certificati da incontri, più o meno casuali ed

episodici, dei rispettivi componenti di vertice. Sotto tale profilo, i

plurimi elementi di prova raccolti consentono di evitare il grave

rischio di una visione parcellizzata, frammentaria e localistica

della ‘ndrangheta, una visione che non ne ha fatto apprezzare la

reale forza complessiva in termini di legami e connessioni con il

mondo “altro”, sia che si tratti di pezzi delle istituzioni, sia che si

tratti di settori dell’imprenditoria, sia infine che si tratti di

appartenenti al mondo della pubblica amministrazione o della

politica.

La ‘ndrangheta si presenta, dunque, come un’organizzazione di

tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale,

articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice. Essa è

insediata nella provincia di Reggio Calabria, dove è suddivisa in

tre aree, denominate mandamenti (Tirrenica, Città e Jonica), nel

cui ambito insistono società e locali, composti a loro volta da

‘ndrine e famiglie.

Ai vertici di tale organizzazione si pone un organo collegiale,

definito Provincia o anche Crimine, con la precisazione che

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quest’ultimo termine è riferito anche alle singole articolazioni

associative e, in altre occasioni, all’intera associazione.

La Provincia ha compiti, funzioni e cariche proprie: gli organi

direttivi sono costituiti dal capocrimine, dal contabile, dal mastro

generale e dal mastro di giornata. Si tratta di cariche elettive e

temporanee, come tutte le cariche di ‘ndrangheta.

Il ruolo di vertice della Provincia è riconosciuto in Calabria e

fuori dalla Calabria.

Dall’analisi da me condotta emerge inoltre un altro elemento di

novità

della ‘ndrangheta : l’esistenza di molteplici proiezioni, oltre il

territorio calabrese (di cui la più importante è “la Lombardia”),

secondo il modello della “colonizzazione”; ed i rapporti tra la

casa madre e tali proiezioni “esterne”.

Ed infatti dal territorio calabrese, la ‘ndrangheta si è da tempo

proiettata verso i mercati del centro – Nord Italia, verso l’Europa,

il Nord America, il Canada, l’Australia.

L’infiltrazione e la penetrazione di questi mercati ha comportato

la stabilizzazione della presenza di strutture ‘ndranghetiste in

continuo contatto ed in rapporto di sostanziale dipendenza con la

Calabria.

Più in particolare, in Lombardia la ‘ndrangheta si è diffusa non

attraverso un modello di imitazione, nel quale gruppi

delinquenziali autoctoni riproducono modelli di azione dei

gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di

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colonizzazione, cioè di espansione su di un nuovo territorio,

organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti,

conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso

in Lombardia. Qui la ‘ndrangheta ha “messo radici”, divenendo

col tempo un’associazione dotata di un certo grado di

indipendenza dalla “casa madre”, con la quale però comunque

continua ad intrattenere rapporti molto stretti e dalla quale

dipende per le più rilevanti scelte strategiche.

I risultati investigativi ottenuti sono il frutto, in primo luogo, del

fattivo coordinamento tra le Procure Distrettuali di Reggio

Calabria e Milano, consapevoli che una piena comprensione del

fenomeno mafioso in esame può aversi solo attraverso il

continuo scambio di materiale informativo e periodiche riunioni

di confronto; questo è un dato che va appieno valorizzato e che

ha trovato una precisa manifestazione nei provvedimenti dei due

uffici giudiziari che vengono contestualmente eseguiti.

Un coordinamento necessario anche per un’altra ragione: da un

lato è infatti essenziale ricostruire l’espansione delle cosche fuori

dalla provincia di Reggio Calabria, ma dall’altro è altrettanto

essenziale contrastarle nel “cuore” del loro potere. In altre parole,

è necessario sviluppare l’azione repressiva in modo contestuale

sia a Reggio Calabria per colpire il centro vitale

dell’accumulazione originaria in termini di potere economico,

criminale in senso stretto, ma anche di “relazioni esterne”, sia

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nelle altre regioni d’Italia dove si sviluppano le diverse

proiezioni territoriali.

Oggi la ‘ndrangheta ha “scoperto” l’importanza della

comunicazione e, attraverso essa, tenta di recuperare quel

“consenso sociale” che in passato le ha permesso di dominare

quasi indisturbata. Una mafia senza consenso, senza omertà e

senza l’appoggio di politici, imprenditori o semplicemente

persone comuni che tacciono davanti a soprusi e intimidazioni, è

una mafia senza potere che non può avere futuro. E questo la

‘ndrangheta lo ha sempre saputo, e si è sempre posta come

custode e portatrice di valori popolari. Per lungo periodo,

nonostante le sue radici criminali, è riuscita a suscitare nella

popolazione atteggiamenti contrastanti. Da un lato la paura,

indotta dalla violenza e dai delitti commessi, dall’altro una sorta

di “reverenziale rispetto”. In passato diventare un ndranghetista

era visto come un modo, anche se negativo, per ottenere rispetto,

autorevolezza, dignità e ricchezza, era un modo per soddisfare la

voglia di riscatto e offriva la possibilità di andare avanti senza

dover abbandonare la propria terra ed emigrare. Inoltre tutti i

rituali, i giuramenti, l’accentuazione dell’aspetto “sacro” di ogni

manifestazione, l’importanza dell’onore e della fedeltà e

l’infamia del tradimento facevano parte della tradizione culturale

della popolazione. Per fortuna in questo periodo la situazione è

notevolmente cambiata. La mafia non è più considerata come

unica opportunità di ricchezza e di riscatto sociale, al contrario

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grazie ai successi delle attività investigative e allo sviluppo di

una sempre migliore comunicazione antimafia, il consenso della

società nei confronti della mafia sembra si stia affievolendo.

Proprio a causa di questo calo di consenso nasce l’esigenza da

parte della ‘ndrangheta, di riacquistare una sorta di “contatto”

con la società.

Ecco perché bisogna parlare dalla ‘ndrangheta sui giornali, sulle

televisioni, nelle scuole, nelle università. Perché solo

sottraendole completamente il consenso e distruggendo quel

muro di omertà che la difende possiamo combatterla. Bisogna

svegliare le coscienze dell’opinione pubblica e indirizzarla verso

la formazione di una cultura antimafia. Bisogna smetterla di

sottovalutare la ‘ndrangheta considerandola come una semplice

affiliazione di Cosa Nostra e iniziare a renderci conto che essa

non è più solo un fenomeno sociale marginale ma rappresenta

una complessa struttura dominante, capace di occupare sempre

più potere nella società. Mi rendo conto che molti miei coetanei

calabresi non conoscono la micidiale potenza della ‘ndrangheta e

non perché siano superficiali, poco interessati o ignoranti, ma

semplicemente perché non se ne parla, non se ne parla a casa,

non se ne parla nelle scuole e devo dire se ne parla poco anche

nella nostra università.

Mentre tutti conoscono personaggi come Provenzano o Totò

Riina sono invece in pochi quelli che, ad esempio, conoscono

Giuseppe Morabito, Pasquale Condello o Domenico Oppedisano

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importanti capibastone della ‘ndrangheta. Risulta quindi di

fondamentale importanza formare e informare i cittadini sulla

reale potenza della ‘ndrangheta, perché solo all’interno di una

società civile conscia e consapevole dei pericoli causati dalla

presenza della criminalità organizzata è possibile intraprendere

una lotta alla mafia. Tale lotta non deve basarsi esclusivamente

su azioni repressive ma deve favorire lo sviluppo di una vera e

propria cultura antimafia. A tal riguardo i media e la scuola

svolgono un ruolo di fondamentale importanza. Attraverso i mass

media è infatti possibile attirare l’attenzione dell’opinione

pubblica e dei politici nei confronti del fenomeno mafioso.

Mentre attraverso la scuola è possibile promuovere e diffondere

un’ Educazione alla legalità, la quale però non deve limitarsi a

impartirei principi costituzionali e giuridici, ma deve far

comprendere la convenienza delle azioni legalmente riconosciute

nella società. La ’ndrangheta ribadisco è un pericolo pubblico

che tiene in libertà vigilata i cittadini calabresi. C’è una palese

vischiosità nel rapporto tra i gruppi di ’ndrangheta e i soggetti

sociali, economici e politici del territorio. Il controllo di

economie e commerci, di relazioni e opinioni, di voti e

burocrazie, non viene agito totalmente da qualcuno “su” qualcun

altro, piuttosto assomiglia al controllo sociale soft, nel quale il

controllato non solo obbedisce ma anche collabora “convinto”

che gli convenga farsi proteggere o entrare a far parte di

un’economia o relazioni o poteri socializzati dalla ’ndrangheta.

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Sicuramente le cose possono cambiare. E la strada è quella di

una sinergia tra istituzioni e società civile che rappresenta la

speranza futura capace di risollevare una terra afflitta dal dolore

dei suoi “eroi” e dal sangue dei suoi “giusti”. Sarebbe necessario

rendere maggiormente aggressiva la repressione, e diffondere tra

i giovani l’idea che oltre al successo e al potere vi è un valore

superiore: l’umanità, la comunità fatta di esseri umani.

In futuro e’ mia intenzione continuare su questo campo di ricerca

per cogliere le costanti trasformazioni di un fenomeno criminale

che costituisce una vera e propria economia parallela con effetti

devastanti sulla collettività, sulla democrazia e sui principi etici

della nostra società .

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www.stopndrangheta.it

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Operazione “Primavera”(2000), Direzione distrettuale antimafia

di Reggio Calabria

Operazione “Armonia”(2003), Direzione distrettuale antimafia di

Reggio Calabria

Operazione “Crimine”(2010), Direzione distrettuale antimafia di

Reggio Calabria

Operazione “Infinito” (2010), Direzione distrettuale antimafia di

Milano

Operazione “Porto”(1998), Direzione distrettuale antimafia di

Reggio Calabria

Operazione “Sinopoli”(1999), Direzione distrettuale antimafia di

Reggio Calabria.