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DALLA RIVOLUZIONE DEL 1905 A QUELLA VITTORIOSA DEL 1917 di Vladimir Ilic Lenin Rapporto sulla rivoluzione del 1905 Giovani amici e compagni, ricorre oggi il dodicesimo anniversario della << domenica di sangue >> la quale è considerata, e a ragione, come l'inizio della rivoluzione russa. Migliaia di operai - e non socialdemocratici, ma credenti e sudditi fedeli - sotto la direzione del pope Gapon, affluiscono da tutte le parti della città, verso il centro della capitale, verso la piazza ove è il Palazzo d'Inverno per presentare allo zar la loro petizione. Gli operai procedono recando le sacre icone. Il loro capo d'allora, Gapon, aveva già dichiarato per iscritto allo zar che egli stesso si rendeva garante della sua sicurezza personale e lo pregava quindi di mostrarsi al popolo. Si chiamano le truppe. Ulani e cosacchi si gettano sulla folla impugnando le sciabole e sparando contro gli operai inermi che, in ginocchio, supplicano i cosacchi di lasciarli andare dallo zar. Secondo i documenti della polizia si contano più di mille morti e duemila feriti. L'indignazione degli operai è indescrivibile. Questo è il quadro d'insieme del 22 gennaio 1905, della << domenica di sangue >>. Per meglio chiarire il significato di questo avvenimento, vi leggerò alcuni brani della petizione degli operai. Essa comincia nel modo seguente: Noi operai, abitanti di Pietroburgo, siamo venuti a Te. Noi siamo i miseri, gli schiavi oltraggiati, oppressi dal dispotismo e dall'arbitrio. Quando il calice della pazienza fu colmo, cessammo di lavorare e chiedemmo ai nostri padroni di darci soltanto il minimo necessario, senza il quale la vita è un supplizio. Ma tutto questo ci fu rifiutato: tutto ciò sembrò illegittimo ai fabbricanti. Noi che siamo qui, in molte migliaia, al pari di tutto il popolo, non abbiamo nessun diritto umano. Per causa dei Tuoi funzionari noi siamo diventati schiavi. La petizione enumera le seguenti richieste: amnistia, libertà sociali, salario normale, passaggio graduale della terra al popolo, convocazione dell'Assemblea costituente sulla base del suffragio universale e uguale. E termina con le seguenti parole: Sovrano! Non rifiutarTi di aiutare il Tuo popolo! Abbatti il muro che esiste fra Te e il Tuo popolo. Ordina e giura che i nostri voti saranno realizzati e Tu renderai felice la Russia; se non lo farai, siamo pronti a morire qui. Noi non abbiamo che due vie: o la libertà e la felicità o la tomba. Leggendo ora questa petizione di operai senza istruzione, analfabeti, guidati da un pope patriarcale, si prova uno strano sentimento. Involontariamente si è spinti a fare un parallelo fra questa ingenua petizione e le pacifiche risoluzioni odierne dei socialpacifisti, cioè di coloro che vogliono essere socialisti ma che in realtà non sono che dei facitori di frasi borghesi. Gli operai incoscienti della Russia prerivoluzionaria non sapevano che lo zar era il capo della classe dominante, e precisamente della classe dei grandi proprietari fondiari, i quali a loro volta, attraverso mille fili, sono già legati con la grande borghesia e sono pronti a difendere con tutti i mezzi che offre la violenza il loro monopolio, i loro privilegi e i loro guadagni. I socialpacifisti contemporanei i quali - senza scherzi! - vogliono apparire << molto colti >>, non sanno che attendere una pace << democratica >> dai

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DALLA RIVOLUZIONE DEL 1905 A QUELLA VITTORIOSA DEL 1917

di Vladimir Ilic Lenin

Rapporto sulla rivoluzione del 1905

Giovani amici e compagni, ricorre oggi il dodicesimo anniversario della << domenica di sangue >> la quale è considerata, e a ragione, come l'inizio della rivoluzione russa. Migliaia di operai - e non socialdemocratici, ma credenti e sudditi fedeli - sotto la direzione del pope Gapon, affluiscono da tutte le parti della città, verso il centro della capitale, verso la piazza ove è il Palazzo d'Inverno per presentare allo zar la loro petizione. Gli operai procedono recando le sacre icone. Il loro capo d'allora, Gapon, aveva già dichiarato per iscritto allo zar che egli stesso si rendeva garante della sua sicurezza personale e lo pregava quindi di mostrarsi al popolo. Si chiamano le truppe. Ulani e cosacchi si gettano sulla folla impugnando le sciabole e sparando contro gli operai inermi che, in ginocchio, supplicano i cosacchi di lasciarli andare dallo zar. Secondo i documenti della polizia si contano più di mille morti e duemila feriti. L'indignazione degli operai è indescrivibile. Questo è il quadro d'insieme del 22 gennaio 1905, della << domenica di sangue >>. Per meglio chiarire il significato di questo avvenimento, vi leggerò alcuni brani della petizione degli operai. Essa comincia nel modo seguente: Noi operai, abitanti di Pietroburgo, siamo venuti a Te. Noi siamo i miseri, gli schiavi oltraggiati, oppressi dal dispotismo e dall'arbitrio. Quando il calice della pazienza fu colmo, cessammo di lavorare e chiedemmo ai nostri padroni di darci soltanto il minimo necessario, senza il quale la vita è un supplizio. Ma tutto questo ci fu rifiutato: tutto ciò sembrò illegittimo ai fabbricanti. Noi che siamo qui, in molte migliaia, al pari di tutto il popolo, non abbiamo nessun diritto umano. Per causa dei Tuoi funzionari noi siamo diventati schiavi. La petizione enumera le seguenti richieste: amnistia, libertà sociali, salario normale, passaggio graduale della terra al popolo, convocazione dell'Assemblea costituente sulla base del suffragio universale e uguale. E termina con le seguenti parole: Sovrano! Non rifiutarTi di aiutare il Tuo popolo! Abbatti il muro che esiste fra Te e il Tuo popolo. Ordina e giura che i nostri voti saranno realizzati e Tu renderai felice la Russia; se non lo farai, siamo pronti a morire qui. Noi non abbiamo che due vie: o la libertà e la felicità o la tomba. Leggendo ora questa petizione di operai senza istruzione, analfabeti, guidati da un pope patriarcale, si prova uno strano sentimento. Involontariamente si è spinti a fare un parallelo fra questa ingenua petizione e le pacifiche risoluzioni odierne dei socialpacifisti, cioè di coloro che vogliono essere socialisti ma che in realtà non sono che dei facitori di frasi borghesi. Gli operai incoscienti della Russia prerivoluzionaria non sapevano che lo zar era il capo della classe dominante, e precisamente della classe dei grandi proprietari fondiari, i quali a loro volta, attraverso mille fili, sono già legati con la grande borghesia e sono pronti a difendere con tutti i mezzi che offre la violenza il loro monopolio, i loro privilegi e i loro guadagni. I socialpacifisti contemporanei i quali - senza scherzi! - vogliono apparire << molto colti >>, non sanno che attendere una pace << democratica >> dai

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governi borghesi che conducono la guerra imperialista di rapina, è tanto sciocco quanto è sciocca l'idea di poter rendere lo zar, le cui mani grondano sangue, incline alle riforme per mezzo di petizioni pacifiche. Però la grande differenza tra gli uni e gli altri sta nel fatto che i socialpacifisti sono, per la maggior parte, degli ipocriti, i quali mirano a distogliere il popolo dalla lotta rivoluzionaria, consigliandogli la calma; mentre gli operai senza istruzione della Russia prerivoluzionaria hanno dimostrato coi fatti di essere gente onesta, che per la prima volta si è destata alla coscienza politica. E appunto in questo risveglio di immense masse popolari alla coscienza politica e alla lotta rivoluzionaria sta tutto il significato storico del 22 gennaio 1905. << In Russia non vi è un popolo rivoluzionario >>, scriveva due giorni prima della << domenica di sangue >> il signor Pietro Struve, allora capo dei liberali russi e redattore del loro organo illegale, libero. Per questo << sapiente >>, presuntuoso e arcistupido capo dei riformisti borghesi, l'idea che un paese contadino, analfabeta, potesse creare un popolo rivoluzionario era un assurdo! Tanto era profonda nei riformisti di allora - come in quelli dei giorni nostri - la convinzione dell'impossibilità di una vera rivoluzione! Prima del 22 gennaio il partito rivoluzionario della Russia era composto di un piccolo gruppo di uomini che i riformisti di allora (proprio come quelli di oggi) chiamavano sprezzantemente <<setta>>. Alcune centinaia di organizzazioni rivoluzionarie, alcune migliaia di aderenti alle organizzazioni locali, una mezza dozzina di fogli rivoluzionari che non uscivano più di una volta al mese, per lo più pubblicati all'estero e introdotti in Russia di contrabbando, tra indescrivibili difficoltà e a prezzo di molti sacrifici. Tali erano, prima del 22 gennaio 1905, i partiti rivoluzionari in Russia, e in prima linea era la socialdemocrazia rivoluzionaria. Questo stato di cose dava ai riformisti gretti e presuntuosi l'apparente diritto di affermare che in Russia non vi era ancora un popolo rivoluzionario. Tuttavia nello spazio di pochi mesi il quadro si trasformò completamente. Le poche centinaia di socialdemocratici rivoluzionari divennero << improvvisamente >> delle migliaia che a loro volta divennero i capi di due-tre milioni di proletari. La lotta proletaria provocò un grande fermento e, talvolta, un movimento rivoluzionario nel profondo della massa di cinquanta-cento milioni di contadini; il movimento contadino ebbe una ripercussione nell'esercito e portò a rivolte di soldati e a scontri rivoluzionari di una parte dell'esercito contro l'altra. Così un colossale paese di 130 milioni di abitanti entrò nella rivoluzione; così la Russia sonnecchiante si trasformò in una Russia con un proletariato rivoluzionario e un popolo rivoluzionario. E' necessario studiare attentamente questo passaggio, comprenderne le possibilità e - per così dire - i metodi e le vie. L'arma principale di questo passaggio fu lo sciopero generale.L'originalità della rivoluzione russa consiste precisamente nel fatto che essa fu democratica borghese, per il suo contenuto sociale, ma proletaria per i suoi mezzi di lotta. Fu democratica borghese perchè tendeva immediatamente - e poteva immediatamente pervenire con le proprie forze - a una repubblica democratica, alla giornata di otto ore, alla confisca di immense proprietà fondiarie della nobiltà, tutte misure che la rivoluzione borghese in Francia nel 1792-93 aveva quasi completamente realizzate. La rivoluzione russa fu nello stesso tempo una rivoluzione proletaria; non soltanto perchè il proletariato ne fu la forza dirigente e fu all'avanguardia del movimento. ma anche perchè l'arma specifica del proletariato, e precisamente lo sciopero, costituiva il mezzo principale per scuotere le masse e il fenomeno più caratteristico nella ondata sempre più travolgente di avvenimenti decisivi. Nella storia mondiale, la rivoluzione russa è la prima - ma non sarà certamente l'ultima - grande rivoluzione in cui lo sciopero politico di massa abbia compiuto una funzione straordinariamente grande. Si può persino affermare che non è possibile comprendere gli avvenimenti della rivoluzione russa e il succedersi delle sue forme politiche se non se ne ricercano le basi nella statistica degli scioperi. So benissimo quanto l'aridità delle cifre e delle statistiche sia poco adatta per una conferenza e quanto esse possano intimorire l'uditorio. Non posso tuttavia non citarvene alcune, approssimative,

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perchè vi sia possibile valutare la base reale, obiettiva di tutto il movimento. Nei dieci anni che precedettero la rivoluzione, il numero medio annuale degli scioperanti fu, in Russia, di 43.000. In tutto il decennio che precedette la rivoluzione, il numero complessivo degli scioperanti fu dunque di 430.000. Nel gennaio del 1905, nel primo mese della rivoluzione, il numero degli scioperanti fu di 440.000. Dunque, più in un solo mese che non in tutto il precedente decennio. In nessun paese del mondo, neppure nei paesi più avanzati come l'Inghilterra, gli Stati Uniti d'America, la Germania, non si è ancora visto un movimento di scioperi così grandioso come in Russia nel 1905. Il numero generale degli scioperanti fu, in quell'anno, di 2 milioni e 800.000, vale a dire due volte più del totale degli operai di fabbrica! Certamente ciò non significa che gli operai di fabbrica delle città fossero, in Russia, più colti, più forti o più preparati alla lotta dei loro fratelli dell'Europa occidentale. E, anzi, vero il contrario. Ma ciò dimostra quanto grande può essere l'energia che sonnecchia nel proletariato. Ciò dimostra che, in un periodo rivoluzionario - lo dico senza alcuna esagerazione, sulla base dei dati più precisi della storia russa - il proletariato può sviluppare un'energia cento volte maggiore che in un normale periodo di calma. Ciò dimostra che, fino al 1905, l'umanità non sapeva ancora come la tensione delle forze del proletariato può essere, ed è, grande, enorme allorchè si tratta di una lotta per scopi effettivamente grandi, allorchè si tratta di lottare in modo veramente rivoluzionario! La storia della rivoluzione russa ci dimostra che precisamente l'avanguardia, la parte migliore degli operai salariati ha condotto la lotta con la maggior tenacia e la maggiore abnegazione. Quanto più grandi erano le officine, tanto più gli scioperi si facevano con tenacia e tanto più frequentemente si ripetevano nello stesso anno. Quanto più grande era la città, tanto più importante era la funzione del proletariato nella lotta. Tre grandi città, Pietroburgo, Riga, Varsavia, dove gli operai sono più coscienti e più numerosi, danno un numero di scioperanti molto maggiore di tutte le altre città, senza parlare poi della campagna. I metallurgici sono in Russia - probabilmente come negli altri paesi capitalistici - la parte più avanzata del proletariato. Si nota il seguente fatto ricco di insegnamenti: in generale su cento operai di fabbrica si ebbero in Russia nel 1905, 160 scioperanti, ma su cento metallurgici si ebbero, nello stesso anno, 320 scioperanti! Secondo i calcoli fatti, in Russia ogni operaio di fabbrica ha perduto in media nel 1905, in seguito agli scioperi, 10 rubli - circa 26 franchi al corso d'anteguerra - sacrificandoli, per così dire, alla lotta. Ma se noi consideriamo i soli metallurgici, la somma è tre volte maggiore! Gli elementi migliori della classe operaia marciavano in testa trascinando dietro a sè gli esitanti, risvegliando i dormienti, incoraggiando i deboli. Durante la rivoluzione, l'intreccio degli scioperi politici con quelli economici fu assolutamente originale. Non c'è dubbio che solo lo strettissimo legame fra queste due forme di sciopero garantì il grande vigore del movimento. Non si sarebbe potuto far partecipare al movimento rivoluzionario la grande massa degli sfruttati se questa non avesse avuto quotidianamente di fronte a sè l'esempio di operai salariati dei diversi rami dell'industria che strappavano ai capitalisti miglioramenti diretti e immediati delle loro condizioni. Grazie a questa lotta un nuovo spirito animò tutta la massa del popolo russo. Per la prima volta, la Russia serva, pigra, patriarcale, devota, obbediente si è liberata dell'antico Adamo; per la prima volta il popolo russo ha ricevuto un'educazione veramente democratica, veramente rivoluzionaria. Quando i signori borghesi e i loro tirapiedi sprovvisti di spirito critico - i socialisti riformisti - parlano con tanta presunzione della << educazione >> delle masse, essi intendono abitualmente con ciò un qualche cosa di scolastico, di pedante, che demoralizza le masse, inculcando loro i pregiudizi borghesi. La vera educazione delle masse non può mai essere separata dalla lotta politica indipendente e soprattutto dalla lotta rivoluzionaria delle masse stesse. Soltanto la lotta educa la classe sfruttata; soltanto la lotta le fa scoprire l'entità della sua forza, allarga il suo orizzonte, eleva le sue capacità, illumina la sua intelligenza e tempra la sua volontà. Ecco perchè, financo i reazionari hanno dovuto riconoscere che il 1905, l'anno della lotta aperta,

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l'<<anno folle >>, ha definitivamente messo nella bara la Russia patriarcale. Esaminiamo più da vicino il rapporto fra metallurgici e tessili in Russia, nella lotta a base di scioperi del 1905. I metallurgici sono gli operai meglio pagati, più coscienti e più colti. Gli operai tessili, due volte e mezzo più numerosi dei metallurgici, nel 1905 formavano la massa più arretrata e peggio pagata di tutte le altre, una massa che spesso non aveva ancora completamente spezzato i suoi legami familiari con la campagna. E qui notiamo la seguente importantissima circostanza. Fra i metallurgici, in tutto il 1905, gli scioperi politici prevalgono su quelli economici, sebbene, all'inizio, tale prevalenza non sia ancora grande come alla fine dell'anno. Al contrario vediamo che all'inizio del 1905 gli scioperi economici hanno, fra i tessili, una forte prevalenza e che solo verso la fine dell'anno prevalgono gli scioperi politici. E dunque perfettamente chiaro che soltanto la lotta economica, soltanto la lotta per i miglioramenti economici immediati riesce a scuotere gli strati più arretrati della massa sfruttata, a dar loro una reale educazione, e - in un periodo rivoluzionario - a trasformarli in qualche mese in un esercito di combattenti politici. Certo, per giungere a questo è stato necessario che la parte più avanzata degli operai non intendesse per lotta di classe la lotta per gli interessi di un piccolo strato superiore della classe operaia, come i riformisti hanno consigliato molto spesso agli operai, ma che il proletariato intervenisse effettivamente come avanguardia della maggioranza degli sfruttati, trascinando questa maggioranza nella lotta, come è avvenuto in Russia nel 1905, e come deve avvenire, e indubbiamente avverrà, nella prossima rivoluzione proletaria in Europa. L'inizio dell'anno 1905 è segnato dalla prima grande ondata di scioperi in tutto il paese. Già nella primavera assistiamo in Russia al risveglio del primo grande movimento contadino, movimento non solo economico, ma anche politico. Per comprendere quanto sia grande il significato di questo fatto, che è una svolta nella storia, bisogna ricordare che i contadini in Russia si sono liberati dal più penoso servaggio della gleba soltanto nel 1861, che i contadini russi sono in maggioranza analfabeti, vivono in una miseria indescrivibile, oppressi dai latifondisti, abbruttiti dai preti e isolati l'uno dall'altro dalle enormi distanze e dalla mancanza di strade. Nel 1825 la Russia aveva visto, per la prima volta, un movimento rivoluzionario diretto contro lo zarismo; ed era stato un movimento dovuto quasi esclusivamente alla nobiltà. Da quel momento fino al 1881, quando Alessandro II fu ucciso dai terroristi, gli intellettuali del medio ceto furono alla testa del movimento. Essi diedero prova del più grande spirito di sacrificio e il loro eroico metodo terroristico di lotta meravigliò il mondo intero. Indubbiamente le vittime di questa lotta non sono caduti invano; indubbiamente esse contribuirono - direttamente o indirettamente - all'ulteriore educazione rivoluzionaria del popolo russo, ma non raggiunsero, e naturalmente non potevano raggiungere, il loro scopo immediato: far scoppiare una rivoluzione popolare. Soltanto la lotta rivoluzionaria del proletariato vi è riuscita. Soltanto le ondate dello sciopero di massa, che si estendevano in tutto il paese grazie ai terribili insegnamenti della guerra imperialista russo-giapponese, trassero dal letargo le grandi masse contadine. La parola << scioperante >> assunse per i contadini un significato completamente nuovo: essa voleva dire qualcosa di simile a un ribelle, a un rivoluzionario, ciò che prima si esprimeva colla parola << studente >>. Ma poichè lo <<studente >> apparteneva al ceto medio, alla categoria di coloro << che studiano >> e dei <<signori >>, egli era estraneo al popolo. Al contrario, lo << scioperante >> proveniva egli stesso dal popolo, apparteneva egli stesso al numero degli sfruttati. Espulso da Pietroburgo, molto spesso egli ritornava al villaggio, parlava ai suoi compagni del villaggio dell'incendio che divampava nelle città minacciando di annientare sia i capitalisti che i nobili. Nel villaggio russo sorse un nuovo tipo: il giovane contadino cosciente. Egli comprendeva gli << scioperanti >>, leggeva i giornali, raccontava ai contadini gli avvenimenti delle città, spiegava ai suoi compagni di villaggio il significato delle rivendicazioni politiche, li stimolava alla lotta contro i grandi proprietari di terra - i nobili - contro i preti e contro i funzionari. I contadini formavano dei gruppi, esaminavano la loro situazione e, a poco a poco, entravano nella lotta; marciavano in folla contro i grandi proprietari fondiari; ne incendiavano i palazzi e le ville, oppure ne prendevano le riserve, s'impadronivano del grano e d'altri viveri; uccidevano i poliziotti

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ed esigevano il passaggio al popolo degli enormi possedimenti dei nobili. Nella primavera del 1905 il movimento contadino era appena all'inizio ed abbracciava soltanto la minoranza dei distretti, cioè circa un settimo. Ma l'unione dello sciopero proletario nelle città col movimento contadino nelle campagne fu sufficiente per scuotere il più << saldo >> e ultimo sostegno dello zarismo, voglio dire l'esercito. Incominciano le insurrezioni militari nella flotta e nell'esercito. Ogni ascesa dell'ondata di scioperi e del movimento contadino nel corso della rivoluzione è accompagnata, in tutte le parti della Russia, da rivolte di soldati. La più nota è la rivolta sulla corazzata Principe Potiomkin della flotta del Mar Nero. Caduta nelle mani degli insorti, essa prese parte attiva alla rivoluzione a Odessa, e, dopo la disfatta della rivoluzione e dopo i tentativi infruttuosi di occupare alti porti (per esempio, Feodosia, in Crimea); si arrese alle autorità rumene a Costanza. Permettetemi di raccontarvi particolareggiatamente un piccolo episodio di questa insurrezione della flotta del Mar Nero perchè possiate vedere in modo concreto gli avvenimenti nel punto culminante del loro sviluppo. Si organizzavano assemblee di operai rivoluzionari e di marinai, ed esse si facevano sempre più frequenti. Poichè non si permetteva ai militari di frequentare i comizi degli operai, questi ultimi cominciarono a frequentare in massa i comizi militari. Operai e soldati si riunivano a migliaia. L'idea dell'azione comune fu accolta con entusiasmo. Nei reparti più coscienti si elessero dei delegati. Il comando militare decise allora di prendere dei provvedimenti. I tentativi di singoli ufficiali di pronunciare discorsi << patriottici >> nei comizi, diedero i più penosi risultati: i marinai, abituati alla discussione, costrinsero i loro superiori a una fuga ignominiosa. In seguito a questi insuccessi, si decise di proibire, in generale, tutti i comizi. Il mattino del 24 Novembre 1905, alle porte delle caserme della marina, fu schierata una compagnia su piede di combattimento. Il contrammiraglio Pisarevski diede ad alta voce il seguente ordine: << Nessuno esca dalle caserme! In caso di trasgressione, sparate! >>: Dalle file uscì allora il marinaio Petrov, caricò davanti a tutti il suo fucile; con un primo colpo uccise il tenente colonnello Stein del reggimento di Brest-Litovsk, e poi, con un secondo colpo, ferì il contrammiraglio Pisarevski. Un ufficiale comandò: << Arrestatelo! >>. Nessuno si mosse. Petrov gettò il suo fucile per terra: << Che fate? Prendetemi, dunque! >>. Fu arrestato. I marinai, che accorrevano da tutte le parti, esigevano imperiosamente la sua liberazione dichiarando di rendersi garanti di lui. Il ferimento era al colmo. - Petrov - domandò un ufficiale, per trovare una via d'uscita - è vero che il colpo è partito casualmente? - Come, per caso!? Mi sono fatto avanti, ho caricato il fucile e ho mirato: questo si chiama un <<caso >>? - Vogliono la tua liberazione.... E Petrov fu liberato. Però i marinai non si accontentarono di questo; tutti gli ufficiali di servizio furono arrestati, disarmati, rinchiusi in un ufficio della caserma...I delegati dei marinai, circa quaranta, discussero tutta la notte. Decisero di liberare gli ufficiali e di non lasciarli più entrare in caserma... Questo episodio vi dice chiaramente come si svolgevano i fatti nella maggior parte delle rivolte militari. Il fermento rivoluzionario del popolo non poteva non guadagnare anche l'esercito. E' caratteristico che alla testa del movimento rivoluzionario nell'esercito e nella flotta si trovavano precisamente questi elementi che provenivano dalle file degli operai industriali e per i quali si richiedeva una buona preparazione tecnica, come per esempio i genieri, ecc. Ma la grande massa era ancora troppo ingenua, troppo pacifica, troppo indulgente, con una mentalità troppo cristiana. Essa s'infiammava abbastanza facilmente: un'ingiustizia, l'atto brutale di un ufficiale, la cattiva alimentazione, ecc. potevano provocare un ammutinamento. Ma mancava la tenacia, la chiara consapevolezza dei propri compiti, non si comprendeva sufficientemente che soltanto la più energica continuazione della lotta armata, che soltanto la vittoria sulle autorità militari e civili, che soltanto l'abbattimento del governo e la conquista del potere in tutto il paese erano la garanzia del successo della rivoluzione.

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La grande massa dei marinai e dei soldati iniziava con facilità una rivolta. Ma con la stessa facilità commetteva l'ingenua sciocchezza di liberare gli ufficiali arrestati; si lasciava convincere dalle promesse e dalle esortazioni dei superiori, che guadagnavano così un tempo prezioso, ricevevano rinforzi, dividevano le forze degli insorti, dopo di che reprimevano ferocemente il movimento e ne mandavano a morte i capi. E' interessante il confronto delle rivolte militari avvenute in Russia nel 1905 con quella dei decabristi, avvenuta nel 1825. La direzione del movimento politico allora era nelle mani quasi esclusivamente degli ufficiali, e soprattutto degli ufficiali nobili, che avevano subito l'influenza delle idee democratiche dell'Europa durante le guerre napoleoniche. La massa dei soldati, ancora formata di servi della gleba, era passiva. La storia del 1905 ci offre un quadro che è completamente l'opposto. Salvo qualche eccezione, lo stato d'animo degli ufficiali era liberale-borghese, riformista, oppure nettamente controrivoluzionario. Gli operai e i contadini in uniforme furono invece l'anima dell'insurrezione. Il movimento era divenuto popolare e, per la prima volta nella storia russa, abbracciava la maggioranza degli sfruttati. Mancava però a questo movimento, da un lato, la tenacia, la risolutezza delle masse che soffrivano troppo di una malattia: la fiducia; dall'altro, l'organizzazione degli operai socialdemocratici rivoluzionari in uniforme, non ancora in grado di prendere la direzione nelle loro mani, di mettersi alla testa dell'esercito rivoluzionario e di passare all'offensiva contro il potere statale. Notiamo a proposito che queste due insufficienze vengono eliminate, forse più lentamente di quello che noi vorremmo, ma in compenso con certezza, non soltanto dallo sviluppo generale del capitalismo, ma anche dalla guerra attuale.... In ogni caso, la storia della rivoluzione russa, come anche la storia della Comune di Parigi del 1871, ci offrono un insegnamento inconfutabile: il militarismo mai e in nessun caso può essere vinto e annientato se non con la lotta vittoriosa di una parte dell'esercito contro l'altra. Non è sufficiente tuonare contro il militarismo, maledirlo, << condannarlo >>, criticarlo e mostrarne la nocività con argomenti; è stolto rifiutare pacificamente di servire nell'esercito. Bisogna tener desta la coscienza rivoluzionaria del proletariato, e non solo genericamente, ma anche preparando concretamente i suoi migliori elementi a mettersi alla testa dell'esercito rivoluzionario nel momento in cui il fermento fra il popolo ha raggiunto la massima profondità. L'esperienza quotidiana di qualsiasi Stato capitalistico ci offre lo stesso insegnamento. Ogni <<piccola >> crisi di uno di questi Stati ci offre in miniatura gli elementi e i tratti delle battaglie che nei periodi di grande crisi si riproducono inevitabilmente su più larga scala. Forse che per esempio, uno sciopero qualsiasi non è una piccola crisi della società capitalistica? Forse che non aveva ragione il ministro prussiano degli affari interni, il signor von Puttkamer, quando pronunciò il detto memorabile: << In ogni sciopero è nascosta l'idea della rivoluzione >>? Forse che l'intervento dei soldati negli scioperi in tutti i paesi capitalistici e perfino, se è lecito esprimersi così, nei paesi più pacifici e più << democratici >> non ci dimostra come andranno le cose nelle crisi veramente gravi? Ma ritorno alla storia della rivoluzione russa. Ho tentato di dimostrarvi come gli scioperi degli operai scossero tutto il paese e i più vasti strati arretrati degli sfruttati, come cominciò il movimento contadino e come fu accompagnato dalle rivolte militari. Nell'autunno del 1905 tutto il movimento raggiunse il punto culminante. Il 19 agosto un manifesto dello zar aveva annunciato l'istituzione di una rappresentanza popolare. La cosiddetta Duma di Bulyghin doveva essere creata sulla base di una legge elettorale la quale concedeva il diritto di voto ad un numero irrisorio di elettori; e questo originale << parlamento >>, con nessun diritto legislativo, era puramente consultivo. La borghesia, i liberali, gli opportunisti, erano pronti ad accogliere a braccia aperte questo <<dono>> dello zar impaurito. Come tutti i riformisti, i nostri riformisti nel 1905 non seppero capire che vi sono situazioni storiche in cui le riforme, e soprattutto le promesse di riforme, perseguono esclusivamente lo scopo di placare il fermento popolare e d'indurre la classe operaia

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rivoluzionaria a cessare o per lo meno ad attenuare la lotta. La socialdemocrazia rivoluzionaria russa comprese molto bene il vero carattere di questa concessione, di questo dono, che aveva la parvenza di una costituzione, fatto nell'agosto 1905. Ed essa, senza esitare un istante, lanciò le parole d'ordine: - Abbasso la Duma consultiva! Boicottare la Duma! Abbasso il governo dello zar! Continuare la lotta rivoluzionaria per abbattere l'attuale governo! Il governo rivoluzionario provvisorio e non lo zar deve convocare la prima e vera rappresentanza popolare in Russia. La storia ha dimostrato che i socialdemocratici rivoluzionari avevano perfettamente ragione, poichè la Duma di Bulyghin non fu mai convocata. L'uragano rivoluzionario la spazzò via prima che fosse convocata; quest'uragano costrinse lo zar a promulgare una nuova legge elettorale, ad aumentare considerevolmente il numero degli elettori ed a riconoscere il carattere legislativo della Duma. L'ottobre e il dicembre 1905 segnano il punto culminante della linea ascendente della rivoluzione russa. Tutte le sorgenti dell'energia rivoluzionaria del popolo erano divenute più copiose. Il numero degli scioperanti che, come ho già detto, nel gennaio del 1905 era di 440.000, nell'ottobre superava il mezzo milione (nel corso di un solo mese!). Bisogna aggiungere inoltre a questa cifra, che abbraccia soltanto gli operai di fabbrica, alcune centinaia di migliaia di persone, fra operai delle ferrovie, postelegrafonici, ecc. Lo sciopero generale dei ferrovieri arrestò tutto il movimento ferroviario e paralizzò nel modo più efficace la forza del governo. Le università e le sale di conferenze dove, in tempi normali, di calma, si pensa esclusivamente ad instillare nei giovani la saggezza professorale e cattedratica ed a farne gli umili servi della borghesia e dello zarismo, furono aperte e servirono come luoghi di riunioni a migliaia e migliaia di operai, di artigiani e di impiegati i quali vennero a discutervi liberamente ed apertamente i problemi politici. La libertà di stampa fu conquistata. La censura fu soppressa in un modo assai semplice. Nessun editore osava più presentare all'autorità gli esemplari richiesti dalla legge e le autorità non osavano reagire. Per la prima volta nella storia della Russia, a Pietroburgo e nelle altre città, i giornali rivoluzionari si pubblicarono liberamente. Soltanto a Pietroburgo uscivano tre giornali socialdemocratici quotidiani con una tiratura da 50 a 100.000 esemplari. Il proletariato era alla testa del movimento. Esso si pose l'obiettivo della conquista rivoluzionaria della giornata di otto ore. La parola d'ordine del proletariato di Pietroburgo era allora: << Giornata di otto ore e armi >>.Per una massa sempre maggiore di operai divenne evidente che soltanto la lotta armata può decidere e decide le sorti della rivoluzione. Nel fuoco della lotta si formò un'organizzazione di massa originale: i celebri Soviet dei deputati operai, assemblee dei delegati di tutte le fabbriche. In alcune città della Russia, questi Soviet dei deputati operai andarono sempre più assumendo la funzione di governo rivoluzionario provvisorio, la funzione di organi e di dirigenti dell'insurrezione. Si tentò anche di organizzare i Soviet dei deputati soldati e marinai e di unirli ai Soviet dei deputati operai. In quei giorni diverse città vissero il periodo delle diverse piccole << repubbliche >> locali, poichè le autorità governative erano state destituite e il Soviet dei deputati operai funzionava effettivamente in qualità di nuovo potere statale. Purtroppo questo periodo fu troppo breve, e le << vittorie>> troppo deboli e troppo isolate. Il movimento contadino raggiunse nell'autunno del 1905 proporzioni ancora maggiori. I << disordini contadini >> e le insurrezioni contadine vere e proprie abbracciarono più di un terzo di tutti i distretti del paese. I contadini incendiarono più di duemila residenze di grandi proprietari fondiari e ripartirono fra di loro i viveri che i nobili predoni avevano rubato al popolo. Purtroppo quest'attività non fu sufficientemente radicale! Purtroppo i contadini distrussero solamente un quindicesimo del numero totale delle residenze dei nobili, vale a dire soltanto la quindicesima parte di quello che essi avrebbero dovuto distruggere per sradicare definitivamente dalla terra russa l'obbrobrio della grande proprietà fondiaria feudale. Purtroppo i contadini agivano in modo troppo disperso, troppo disorganizzato, la loro offensiva era troppo debole, e questa è una delle cause principali della sconfitta della rivoluzione.

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Fra i popoli oppressi della Russia divampò il movimento nazionale di liberazione. In Russia, più della metà, quasi tre quinti (esattamente il 57 per cento) di tutta la popolazione subisce l'oppressione nazionale. Queste popolazioni non hanno nemmeno la libertà di parlare la loro lingua materna, sono russificate con la violenza. I musulmani, per esempio, che sono in Russia decine di milioni, organizzarono con rapidità sorprendente - era il periodo del prodigioso sviluppo delle più diverse organizzazioni - una lega musulmana. Per dare all'assemblea, e soprattutto ai giovani che mi ascoltano, un esempio dell'impetuoso sviluppo del movimento nazionale in rapporto col movimento operaio, vi citerò un piccolo episodio. Nel dicembre 1905 gli scolari polacchi, dopo aver bruciato in centinaia di scuole tutti i libri russi, i quadri e i ritratti dello zar, picchiarono e cacciarono gli insegnanti russi e persino i condiscepoli russi gridando: << Andate in Russia! >>. Le rivendicazioni degli allievi polacchi delle scuole medie erano, fra le altre, le seguenti: 1. tutte le scuole medie devono essere subordinate al Soviet dei deputati operai; 2. convocazione di riunioni comuni di allievi e di operai nei locali delle scuole; 3. gli allievi del ginnasio e del liceo devono essere autorizzati a indossare la camicia rossa come segno di adesione alla prossima repubblica proletaria. Quanto più le ondate del movimento salivano, tanto più la reazione si armava energicamente e risolutamente per la lotta contro la rivoluzione. La rivoluzione russa ha confermato ciò che Kautsky scriveva nel 1902 nel suo libro La rivoluzione sociale (devo dire, a proposito, che egli era ancora, a quei tempi, un marxista rivoluzionario e non un difensore dei socialpatrioti e degli opportunisti com'è oggi). Egli scriveva: ....La prossima rivoluzione....somiglierà meno ad un sollevamento improvviso contro le autorità che a una lunga guerra civile. E proprio stato così! E così sarà indubbiamente nella prossima rivoluzione europea! L'odio dello zarismo si rivolse in particolar modo contro gli ebrei. Da una parte, gli ebrei davano un'alta percentuale di capi (in rapporto al numero totale della popolazione ebraica) al movimento rivoluzionario. Notiamo a proposito che, ancora oggi, gli ebrei hanno il merito di dare, in confronto alle altre nazionalità, una percentuale più elevata di internazionalisti. D'altra parte lo zarismo seppe sfruttare molto abilmente gli abominevoli pregiudizi antisemiti degli strati più arretrati della popolazione, per organizzare, se non dirigere direttamente, i pogrom, questi mostruosi massacri di pacifici ebrei, delle loro mogli, dei loro bambini, che hanno suscitato un così profondo sdegno in tutto il mondo civile. Parlo naturalmente dello sdegno degli elementi realmente democratici del mondo civile e tali sono esclusivamente gli operai socialisti, il proletariato. In cento città, durante questo periodo, si contano più di 4.000 uccisi e di 10.000 mutilati. La borghesia, anche quella dei paesi più liberi, dei paesi repubblicani dell'Europa occidentale, sa fin troppo bene unire le frasi ipocrite sulle << atrocità russe >> coi più scandalosi affari finanziari e soprattutto con l'appoggio finanziario allo zarismo e con lo sfruttamento imperialistico della Russia per mezzo dell'esportazione di capitali, ecc. L'insurrezione del dicembre a Mosca segnò il culmine dell'insurrezione della rivoluzione del 1905. Un piccolo numero di insorti, e precisamente gli operai armati e organizzati - non più di ottomila - resistette per nove giorni contro il governo zarista che non solo non poteva fidarsi della guarnigione di Mosca, ma dovette tenerla rinchiusa nelle caserme e potè soffocare l'insurrezione solo grazie all'arrivo del reggimento di Semenowski da Pietroburgo. La borghesia ama deridere l'insurrezione di Mosca e chiamarla un movimento artificiale. Per esempio, il signor prof. Max Weber nel suo grande lavoro sullo sviluppo politico della Russia - che fa parte delle cosiddette pubblicazioni << scientifiche >> tedesche - ha definito << putsch >> l'insurrezione di Mosca. Il gruppo leninista - scrive questo << sapientissimo >> signor professore - e una parte dei socialisti-rivoluzionari preparavano già da molto tempo questa insurrezione insensata

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Per giudicare questa saggezza professorale di una borghesia pusillanime, è sufficiente rammentare le cifre aride della statistica degli scioperi. Nel gennaio del 1905 in Russia non vi erano che 13.000 scioperanti in lotta per rivendicazioni puramente politiche, nell'ottobre ve ne erano 330.000 e in dicembre si raggiunse il massimo con 370 mila nel corso di un solo mese! Ricordiamo i successi della controrivoluzione, le insurrezioni di contadini e di soldati e ci convinceremo subito che il giudizio della << scienza borghese >> sull'insurrezione di Mosca non è soltanto assurdo, ma è la manovra dei rappresentanti della borghesia vile, che vede nel proletariato il suo nemico di classe più pericoloso. Infatti tutto lo sviluppo della rivoluzione russa portava inevitabilmente alla lotta armata decisiva fra il governo zarista e l'avanguardia del proletariato cosciente. Ho già indicato nella mia esposizione in che cosa consistevano le debolezze della rivoluzione russa, debolezze che ne hanno provocato la temporanea sconfitta. Dopo la repressione dell'insurrezione di dicembre comincia la parabola discendente della rivoluzione. In questo periodo vi sono momenti estremamente interessanti e varrebbe la pena di ricordare il tentativo due volte ripetuto dagli elementi combattivi della classe operaia di far cessare la ritirata generale della rivoluzione e di preparare una nuova offensiva. Ma il tempo concessomi è quasi trascorso e non voglio abusare della pazienza dei miei uditori. Del resto, quel che è essenziale nella rivoluzione: il suo carattere di classe, le sue forze motrici, i suoi metodi di lotta, l'ho già esposto, nella misura almeno in cui un tema così vasto può essere esaurito in una breve conferenza. Non mi restano che alcuni brevi osservazioni sull'importanza mondiale della rivoluzione russa. Storicamente, economicamente, geograficamente, la Russia fa parte, a un tempo, dell'Europa e dell'Asia. Perciò vediamo che la rivoluzione russa non soltanto è riuscita a trarre definitivamente dal suo torpore il paese più grande e più arretrato dell'Europa, e a creare un popolo rivoluzionario diretto dal proletariato rivoluzionario. Essa non è riuscita soltanto a questo. La rivoluzione russa ha suscitato un movimento in tutta l'Asia. Le rivoluzioni in Turchia, in Persia e in Cina dimostrano che la potente insurrezione del 1905 ha lasciato profonde tracce e che le sue conseguenze sul progresso di centinaia di milioni di uomini sono incancellabili. Indirettamente la rivoluzione russa ha influito anche sui paesi dell'occidente. Non dimentichiamo che il 30 ottobre 1905 quando giunse a Vienna il telegramma annunciante il manifesto costituzionale dello zar, questa notizia ebbe una parte determinante nella vittoria definitiva della legge sul suffragio universale in Austria. Il congresso della socialdemocrazia austriaca era riunito ed il compagno Ellenbogen - che non era ancora socialpatriota, che era un compagno - faceva un rapporto sullo sciopero politico, quando quel telegramma fu deposto sul tavolo davanti a lui. La discussione cessò immediatamente. << Il nostro posto è nella strada! >>, gridarono i delegati della socialdemocrazia austriaca. E nei giorni seguenti si ebbero grandi dimostrazioni di strada a Vienna e le barricate a Praga. La vittoria del suffragio universale in Austria era raggiunta. Molto spesso nell'Europa occidentale si ragiona sulla rivoluzione russa come se gli avvenimenti, i rapporti e i metodi di lotta in questo paese arretrato non avessero quasi nulla di analogo ai rapporti esistenti nell'Europa occidentale e non potessero perciò avere che uno scarso significato pratico. Nulla di più erroneo di questa opinione. Indubbiamente, le forme e le cause delle prossime lotte nella prossima rivoluzione europea differiranno per diversi aspetti da quelle della rivoluzione russa. Ma nonostante ciò, la rivoluzione russa rimane - e precisamente grazie al suo carattere proletario, nel particolare significato di questa parola, di cui ho già parlato - il prologo della prossima rivoluzione europea. E'certo che questa prossima rivoluzione può essere soltanto la rivoluzione proletaria, e nel senso ancor più profondo di questa parola, cioè proletaria e socialista anche per il suo contenuto. Questa prossima rivoluzione dimostrerà anche, in una misura ancora maggiore, da un lato, che soltanto lotte accanite, e precisamente la guerra civile, possono liberare l'umanità dal

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giogo del capitalismo e dall'altro lato, che soltanto i proletari che hanno una coscienza di classe potranno agire e agiranno come capi della grandissima maggioranza degli sfruttati. L'attuale calma sepolcrale in Europa non deve ingannarci. L'Europa è gravida di rivoluzioni. Gli orrori indescrivibili della guerra imperialista, i tormenti del carovita creano ovunque uno stato d'animo rivoluzionario; sia le classi dominanti (la borghesia) che i loro incaricati (i governi) si inoltrano sempre più in un vicolo cieco dal quale non potranno uscire senza grandissimi rivolgimenti. Come nel 1905 in Russia il popolo, diretto dal proletariato, è insorto contro il governo dello zar, per conquistare una repubblica democratica, così in Europa, nei prossimi anni, in seguito a questa guerra di rapina, i popoli insorgeranno, diretti dal proletariato, contro il potere del capitale finanziario, contro le grandi banche, contro i capitalisti, e questi rivolgimenti non potranno finire che con l'espropriazione della borghesia e con la vittoria del socialismo. Noi, vecchi, non vedremo forse le battaglie decisive di questa rivoluzione che s'avvicina. Ma io penso di poter esprimere la sicura speranza che la gioventù, la quale milita così egregiamente nel movimento socialista della Svizzera e di tutto il mondo, avrà la fortuna non soltanto di fare la prossima rivoluzione, ma anche di vincere. Nota Questa conferenza fu tenuta da Lenin in tedesco il 22 gennaio 1917 alla Casa del popolo di Zurigo, in un'assemblea della Gioventù operaia svizzera. Fu pubblicata per la prima volta sulla Pravda, n. 18 del 22 gennaio 1925.

Lettere da lontano (1) La prima tappa della prima rivoluzione La prima rivoluzione generata dalla guerra imperialistica mondiale è scoppiata. Questa prima rivoluzione non sarà certamente l'ultima. La prima tappa di questa prima rivoluzione, e cioè della rivoluzione russa del 1 marzo 1917 - a giudicare dagli scarsissimi dati di cui dispone chi dalla Svizzera scrive queste righe - è terminata. Questa prima tappa della nostra rivoluzione non sarà certamente l'ultima. Come è stato possibile questo << miracolo >>: che in soli otto giorni - e cioè entro il termine indicato da M. Miliukov nel suo presuntuoso telegramma a tutti i rappresentanti della Russia all'estero - sia crollata una monarchia che si era mantenuta per secoli e che, malgrado tutto, aveva resistito tre anni, dal 1905 al 1907,ai tremendi conflitti di classe del popolo intero? Nella natura e nella storia non avvengono miracoli, ma ogni svolta repentina della storia, compresa ogni rivoluzione, offre un contenuto così ricco, sviluppa combinazioni così inattese e originali delle forme di lotta e dei rapporti delle forze in lotta, che molte cose debbono sembrare miracoli a un cervello piccolo-borghese. Perchè la monarchia zarista crollasse in pochi giorni è stato necessario il concorso di tutta una serie di condizioni d'importanza storica mondiale. Indichiamo le principali. Senza i tremendi conflitti di classe del 1905-1907, senza l'energia rivoluzionaria di cui diede prova il proletariato russo in quei tre anni, una seconda rivoluzione così rapida - rapida in quanto ha portato a termine in pochi giorni la sua tappa iniziale - sarebbe stata impossibile. La prima

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rivoluzione (1905) aveva rimosso profondamente il terreno, sradicato i pregiudizi secolari, risvegliato alla vita e alla lotta politica milioni di operai e decine di milioni di contadini, rivelato le une alle altre - e al mondo intero - tutte le classi (e tutti i principali partiti) della società russa nella loro vera natura, nei reali rapporti reciproci dei loro interessi, delle loro forze, dei loro metodi d'azione, dei loro scopi immediati e lontani. La prima rivoluzione e il periodo di controrivoluzione che l'ha seguita (1907-1914) hanno messo a nudo tutta la sostanza della monarchia zarista, l'hanno spinta sino al << limite estremo >>, hanno scoperto tutta la putredine, tutta la turpitudine, tutto il cinismo e la corruzione della banda zarista con a capo il mostruoso Rasputin, tutta la ferocia della famiglia dei Romanov, di questi massacratori che inondarono la Russia del sangue degli ebrei, degli operai, dei rivoluzionari, di questi grandi proprietari fondiari << primi fra uguali >>, che posseggono milioni di desiatine di terra, che sono pronti a tutte le atrocità, a tutti i delitti, a rovinare e a strangolare un numero qualsiasi di cittadini pur di conservare questa << sacra proprietà >> loro e della loro classe. Senza la rivoluzione del 1905-1907, senza la controrivoluzione del 1907-1914, un'<<autodefinizione>> così precisa di tutte le classi del popolo russo e di tutti i popoli che abitano la Russia, la definizione dell'atteggiamento di queste classi le une verso le altre e verso la monarchia zarista, che si è rivelata negli otto giorni della rivoluzione del febbraio-marzo 1917, sarebbe stata impossibile. Questa rivoluzione di otto giorni è stata << recitata >> - se è lecita la metafora - precisamente dopo una decina di giorni di prove parziali e generali; gli << attori >> si conoscevano, conoscevano la loro parte, il loro posto, il loro palcoscenico in lungo e in largo, e conoscevano - fino ad ogni sfumatura di una qualche importanza - le tendenze politiche e i mezzi d'azione. Ma se la prima, grande rivoluzione del 1905 - condannata come una << grande ribellione >> dai signori Guckov e Miliukov e dai loro accoliti - ha condotto dopo dodici anni alla << brillante >> e << gloriosa >> rivoluzione del 1917, che i Guckov e i Miliukov proclamano << gloriosa >> giacchè (per il momento) ha dato loro il potere, ad essa è stato necessario un grande, forte e onnipotente <<regista >>, il quale, da una parte, fosse in condizioni di accelerare enormemente il corso della storia universale e, dall'altra, di generare crisi mondiali economiche, politiche, nazionali e internazionali di incomparabile intensità. Oltre allo straordinario acceleramento della storia universale, erano necessarie delle svolte particolarmente brusche perchè il carro della monarchia dei Romanov, insanguinato ed infangato, si rovesciasse di colpo. Questo << regista >> potentissimo, questo acceleratore vigoroso è stata la guerra imperialistica mondiale. Ormai è indiscutibile che essa è una guerra mondiale, poichè oggi gli Stati Uniti e la Cina sono già a metà trascinati nella guerra e lo saranno interamente domani. Ormai è indiscutibile che essa è imperialistica per entrambe le parti. Soltanto i capitalisti ed i loro accoliti socialpatrioti e socialsciovinisti - ovvero, dicendo nomi politici conosciuti in Russia invece di dare definizioni critiche generiche - solo i Guckov e i Lvov, i Miliukov e gli Scingarev, da una parte, solo gli Gvozdev, i Potresov, i Ckhenkeli, i Kerenski e i Ckheidze, dall'altra, possono negare o mascherare questo fatto. Così dalla borghesia tedesca, come dalla borghesia anglo-francese, la guerra è fatta per spogliare altri paesi, soffocare i piccoli popoli, dominare finanziariamente il mondo, dividere e ridividere le colonie, salvare dalla rovina il regime capitalista con la mistificazione e la divisione degli operai dei diversi paesi. La guerra imperialistica doveva, per necessità obiettiva, accelerare straordinariamente e inasprire incomparabilmente la lotta di classe del proletariato contro la borghesia; doveva trasformarsi in guerra civile fra classi nemiche. Questa trasformazione si è iniziata con la rivoluzione del febbraio-marzo 1917, la cui prima tappa ci ha mostrato, in primo luogo, un colpo simultaneo vibrato allo zarismo da due forze opposte: tutta la Russia borghese e dei grandi proprietari fondiari con tutti i suoi accoliti incoscienti e i suoi dirigenti coscienti, gli ambasciatori e i capitalisti anglo-francesi, da una parte, e il Soviet dei deputati operai, che ha cominciato ad attirare a sè i deputati soldati e contadini, dall'altra. Questi tre campi, queste forze politiche fondamentali: 1. la monarchia zarista alla testa dei grandi

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proprietari feudali, alla testa dei vecchi funzionari e generali; 2. la Russia ottobrista e cadetta della borghesia e dei grandi proprietari fondiari dietro la quale si trascina la piccola borghesia (i cui principali rappresentanti sono Kerenski e Ckheidze); 3. il Soviet dei deputati operai e soldati, che cerca i suoi alleati in tutto il proletariato e in tutte le masse più povere della popolazione - queste tre forze politiche fondamentali si sono già manifestate, durante gli otto giorni della << prima tappa >>, con la massima chiarezza, tanto che possono essere riconosciute persino da un osservatore così lontano dagli avvenimenti e costretto, come che scrive queste righe, ad accontentarsi dei laconici telegrammi dei giornali esteri. Ma, prima di parlarne più particolareggiatamente, debbo ritornare alla parte della mia lettera dedicata al fattore più potente, alla guerra mondiale imperialistica. La guerra ha legato l'uno all'altro, con catene di ferro, le potenze belligeranti, i gruppi capitalistici belligeranti, i << padroni >> del regime capitalistico, gli schiavisti della schiavitù capitalistica. Un solo ammasso sanguinolento: ecco che cos'è la vita sociale e politica nel momento storico che attraversiamo. I socialisti che sono passati dalla parte della borghesia al principio della guerra, tutti questi David e questi Scheidemann in Germania, questi Plekhabov, Potresov, Gvozdev e consorti in Russia, si sono per lungo tempo spolmonati a denunciare le << illusioni >> dei rivoluzionari, le << illusioni >> del manifesto di Basilea, la ridicola << chimera >> della trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile. Essi hanno decantato su tutti i tono la forza, la vitalità, la capacità di adattamento che il capitalismo avrebbe dimostrato: essi, che hanno aiutato i capitalisti ad << adattare >>, addomesticare, ingannare e dividere la classe operaia dei diversi paesi. Ma << ride bene chi ride ultimo >>. La borghesia non ha rinviato di molto la crisi rivoluzionaria generata dalla guerra. Questa crisi si sviluppa con forza irresistibile in tutti i paesi, a cominciare dalla Germania, la quale, secondo l'espressione di un osservatore che l'ha visitata recentemente, vive in uno stato di << fame genialmente organizzata >>, per finire all'Inghilterra e alla Francia, dove la fame si avvicina egualmente e dove l'organizzazione è molto meno << geniale >>. E' naturale che la crisi rivoluzionaria sia scoppiata, prima di tutto, nella Russia zarista dove c'era la disorganizzazione più mostruosa e il proletariato più rivoluzionario (non grazie a qualità particolari, ma in seguito alle tradizioni vive del 1905). Questa crisi è stata accelerata da una serie di gravissime sconfitte subite dalla Russia e dai suoi alleati. Le sconfitte hanno scosso tutta la vecchia macchina governativa e tutto il vecchio regime, hanno suscitato contro di esso l'indignazione di tutte le classi della popolazione, hanno esasperato l'esercito, distrutto in grandissima misura il vecchio corpo degli ufficiali - formato da una nobiltà fossilizzata e specialmente da una burocrazia imputridita - che è stato sostituito da elementi giovani, freschi, prevalentemente borghesi, professionisti di origine plebea e piccolo-borghese. Quei servitori dichiarati della borghesia o semplicemente quegli uomini senza carattere, che hanno urlato e strepitato contro il << disfattismo >>, sono posti ora dinanzi al fatto del nesso storico esistente fra la disfatta della monarchia zarista più arretrata e più barbara e l'inizio dell'incendio rivoluzionario. Ma se le disfatte all'inizio della guerra sono state un fattore negativo che ha accelerato l'esplosione, anche il nesso esistente tra il capitale finanziario anglo-francese, l'imperialismo anglo-francese e il capitale russo ottobrista e cadetto è stato un fattore che ha accelerato la crisi mediante la diretta organizzazione del complotto contro Nicola Romanov. Su questo aspetto della questione, straordinariamente importante, la stampa anglo-francese, per ragioni molto comprensibili, ha fatto il silenzio, mentre quella tedesca lo mette malignamente in rilievo. Noi marxisti dobbiamo guardare in faccia la verità, tranquillamente, senza lasciarci impressionare nè dalle menzogne ufficiali, melliflue dei diplomatici e dei ministri del primo gruppo di belligeranti imperialistici, nè dalla strizzata d'occhio e dal risolino dei suoi concorrenti finanziari e militari dell'altro gruppo. Tutto il corso degli avvenimenti della rivoluzione del febbraio-marzo dimostra chiaramente che le ambasciate inglese e francese - le quali da molto tempo compivano, con i loro agenti e le loro << aderenze >>, gli sforzi più disperati per impedire un accordo << separato>> e una pace << separata >> tra Nicola II (speriamo e ci adoperiamo affinchè sia l'ultimo)

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e Guglielmo II - organizzavano direttamente un complotto insieme con gli ottobristi e i cadetti, insieme con una parte dei generali e del corpo degli ufficiali dell'esercito e della guarnigione di Pietroburgo soprattutto per destituire Nicola Romanov. Non ci facciamo illusioni. Non cadremo nell'errore di coloro che sono pronti a esaltare ora, come certi << okisti >> o << menscevichi >> che ondeggiano fra il campo Gvozdev-Potresov e l'internazionalismo e troppo spesso si impantanano nel pacifismo piccolo-borghese, l'<< accordo >> del partito operaio con i cadetti; l'<< appoggio >> del primo ai secondi, ecc. Costoro, in ossequio alla loro vecchia dottrina imparata a memoria (e niente affatto marxista), gettano un velo sul complotto degli imperialisti anglo-francesi con Guckov e Miliukov allo scopo di destituire il <<guerriero principale >> Nicola Romanov, e di mettere al suo posto guerrieri più energici, più freschi, più capaci. Se la rivoluzione ha trionfato così presto e - apparentemente, a un primo sguardo superficiale - in modo così radicale, è soltanto perchè una situazione storica estremamente originale ha fuso assieme, e fuso in modo notevolmente << armonico >>, correnti del tutto differenti, interessi di classe eterogenei, aspirazioni politiche e sociali del tutto opposte. E precisamente: da una parte la congiura degli imperialisti anglo-francesi, che spingevano Miliukov, Guckov e consorti a impadronirsi del potere per continuare la guerra imperialista, per condurla con accanimento e ostinazione ancora maggiori, per massacrare altri milioni di operai e di contadini russi al fine di ottenere Costantinopoli...per i Guckov, la Siria...per i capitalisti francesi, la Mesopotamia... per i capitalisti inglesi, ecc. E dall'altra parte un profondo movimento proletario e delle masse popolari (tutta la popolazione più povera delle città e delle campagne), un movimento di carattere rivoluzionario per il pane, la pace, la libertà effettiva. Sarebbe semplicemente sciocco parlare di << appoggio >> del proletariato rivoluzionario russo all'imperialismo cadetto-ottobrista, << imbastito >> col denaro inglese e abominevole quanto quello zarista. Gli operai rivoluzionari hanno cominciato a distruggere, hanno già distrutto dalle fondamenta l'ignominiosa monarchia zarista, senza entusiasmarsi nè turbarsi se in certi momenti, brevi, dovuti ad un concorso di fattori storici eccezionali, interviene in loro aiuto la lotta di Buchanan, di Guckov, di Miliukov e consorti che vogliono soltanto sostituire un monarca con un altro e preferibilmente sempre con un Romanov! Così e soltanto così stanno le cose. Così e soltanto così deve considerarle l'uomo politico che non teme la verità, che pondera freddamente i rapporti delle forze sociali nella rivoluzione, che valuta ogni << momento attuale >> non soltanto dal punto di vista della sua originalità contingente, ma anche dal punto di vista dei moventi più profondi, dei più profondi rapporti esistenti fra gli interessi del proletariato e quelli della borghesia, sia in Russia che in tutto il mondo. Gli operai di Pietroburgo, come pure gli operai di tutta la Russia, hanno combattuto con abnegazione contro la monarchia zarista, per la libertà, per la terra ai contadini, per la pace, contro la carneficina imperialistica. Il capitale imperialista anglo-francese, per continuare e intensificare la carneficina, ordiva intrighi di palazzo, tramava un complotto con gli ufficiali della guardia, incoraggiava e spingeva i Guckov e i Miliukov e teneva completamente pronto un nuovo governo il quale, poi, ha preso il potere non appena la lotta proletaria ha assestato i primi colpi allo zarismo. Questo nuovo governo, in cui gli ottobristi e i << rinnovatori pacifici (2)>> Lvov e Guckov, ieri complici di Stolypin l'impiccatore, hanno preso nelle loro mani i posti veramente importanti, i posti di battaglia, i posti decisivi, l'esercito, la burocrazia, questo governo in cui Miliukov e gli altri cadetti seggono più che altro a scopo ornamentale, per far bella mostra, per pronunciare melliflui discorsi professorali, mentre il << trudovik >> Kerenski funge da balalaika per ingannare gli operai e i contadini, questo governo non è un aggruppamento accidentale di persone. Questo è il governo dei rappresentanti della nuova classe che in Russia è assurta al potere politico, la classe dei grandi proprietari fondiari capitalisti e della borghesia che da molto tempo reggono economicamente il nostro paese e che - sia durante la rivoluzione del 1905-1907, sia nel periodo della controrivoluzione (1907-1914), sia, infine, e con particolare celerità, durante gli anni della guerra (1914-1917) - si sono organizzati politicamente con estrema rapidità, impadronendosi delle

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amministrazioni locali, dell'istruzione pubblica, dei congressi di ogni specie, della Duma, dei comitati di mobilitazione industriale, ecc. All'inizio del 1917, questa nuova classe era già << quasi >> al potere; e perciò i primi colpi sono bastati per abbattere lo zarismo e per sgombrare il terreno alla borghesia. La guerra imperialista, esigendo un'incredibile tensione delle forze, ha accelerato a tal punto lo sviluppo della Russia arretrata che noi abbiamo raggiunto << di colpo >> (in realtà apparentemente di colpo) l'Italia, l'Inghilterra e quasi la Francia ed abbiamo un governo di <<coalizione >>, << nazionale >> (cioè adatto a condurre la carneficina imperialistica e ad ingannare il popolo), << parlamentare >>. Accanto a questo governo - che, dal punto di vista della guerra attuale, non è, in sostanza, se non un commesso della < ditta >> miliardaria << Inghilterra e Francia >> - è sorto un governo operaio, importante, non ufficiale, poco sviluppato e ancora relativamente debole, il quale esprime gli interessi del proletariato e di tutta la parte povera della popolazione urbana e rurale. Questo governo è il Soviet di deputati operai di Pietrogrado, che cerca dei legami con i soldati e i contadini e anche con gli operai agricoli, e naturalmente con questi in particolare, in primo luogo, più che con i contadini. Tale è l'effettiva situazione politica che noi dobbiamo, innanzi tutto, sforzarci di definire colla massima precisione obiettiva, al fine di stabilire la tattica marxista sull'unica base solida che essa deve avere e cioè sulla base dei fatti. La monarchia zarista è stata abbattuta, ma non ancora distrutta. Il governo borghese degli ottobristi e dei cadetti - che vuol condurre << fino in fondo >> la guerra imperialistica e che in realtà è un commesso della ditta finanziaria << Inghilterra e Francia >> - è costretto a promettere al popolo il massimo della libertà e delle concessioni compatibili colla conservazione del suo potere sul popolo e colla possibilità di continuare il massacro imperialista. Il Soviet dei deputati operai, organizzazione di operai, è l'embrione di un governo operaio, è il rappresentante degli interessi di tutte le masse più povere della popolazione e cioè dei nove decimi della popolazione, che aspirano alla pace, al pane alla libertà. La lotta di queste tre forze determina la situazione che si crea attualmente e che segna il passaggio dalla prima alla seconda tappa della rivoluzione. Fra la prima e la seconda forza la contraddizione non è profonda, ma momentanea, provocata solo dalla congiuntura dell'ora, dalla repentina svolta degli avvenimenti della guerra imperialista. Tutto il nuovo governo si compone di monarchici, perchè il repubblicanesimo verbale di Kerenski non è affatto serio, non è degno di un uomo politico, è oggettivamente politicantismo. Il nuovo governo non aveva ancora distrutto la monarchia zarista e già incominciava a realizzare un'intesa con la dinastia dei grandi proprietari fondiari Romanov. Alla borghesia di tipo ottobrista-cadetto occorre la monarchia quale dirigente della burocrazia e dell'esercito per proteggere i privilegi del capitale contro i lavoratori. Chi dice che gli operai devono appoggiare il nuovo governo nell'interesse della lotta contro la reazione dello zarismo (e lo dicono evidentemente i Potresov, gli Gvozdev, Ckhenkeli, come pure Ckheidze nonostante tutto il suo atteggiamento ambiguo) è un traditore degli operai, un traditore della causa del proletariato, della causa della pace e della libertà. In effetti proprio questo nuovo governo è già legato mani e piedi al capitale imperialista, alla politica imperialista di guerra e di rapina, ha già cominciato ad accordarsi (senza interpellare il popolo!) con la dinastia, sta già lavorando per restaurare la monarchia zarista, invita già Mikhail Romanov come nuovo candidato al tronco degli zar, si preoccupa già di consolidare questo trono, di sostituire alla monarchia legittimista (basata sulla vecchia legge) una monarchia bonapartista, plebiscitaria (basata su votazioni popolari falsificate). No, per lottare effettivamente contro la monarchia zarista, per assicurare effettivamente la libertà, - non soltanto a parole, non soltanto nelle promesse dei magniloquenti Miliukov e Kerenski - non gli operai devono sostenere il nuovo governo, ma questo governo deve << sostenere >> gli operai! Giacchè l'unica garanzia della libertà e della distruzione completa dello zarismo consiste nell'armamento del proletariato, nel consolidamento, nell'estensione, nello sviluppo della funzione,

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dell'importanza e della forza del Soviet dei deputati operai. Tutto il resto è frase vuota e menzogna, automistificazione dei politicanti del campo liberale e radicale, manovra truffaldina. Aiutate l'armamento degli operai, o almeno non ostacolatelo, e in Russia la libertà sarà invincibile, la restaurazione della monarchia impossibile, la repubblica assicurata. Altrimenti i Guckov e i Miliukov restaureranno la monarchia e non attueranno nessuna, assolutamente nessuna delle << libertà >> da loro promesse. Con delle promesse tutti i politicanti della borghesia, in tutte le rivoluzioni borghesi, hanno << nutrito >> il popolo e beffato gli operai. La nostra rivoluzione è una rivoluzione borghese e perciò gli operai debbono sostenere la borghesia - dicono i Potresov, gli Gvozdev, i Ckheidze, come diceva ieri Plekhanov. La nostra rivoluzione è una rivoluzione borghese, diciamo noi marxisti, e perciò gli operai debbono aprire gli occhi al popolo dinanzi alla mistificazione dei politicanti borghesi, insegnargli a non credere alle parole, a contare unicamente sulle proprie forze, sulla propria organizzazione, sulla propria unione, sul proprio armamento. Il governo degli ottobristi e dei cadetti, dei Guckov e dei Miliukov - anche se volesse sinceramente (solo dei bambini possono credere alla sincerità di Guckov e Lvov) - non può dare al popolo nè la pace, nè il pane, nè la libertà. Non può dare la pace perchè è un governo di guerra, un governo di continuazione del massacro imperialista, un governo di rapina, che vuole saccheggiare, occupare l'America, la Galizia,la Turchia, Costantinopoli, riconquistare la Polonia, la Curlandia, la regione lituana, ecc. Questo governo è legato mani e piedi al capitale imperialista anglo-francese. Il capitale russo non è che una succursale della << ditta >> universale che maneggia centinaia di miliardi di rubli e porta l'insegna: << Inghilterra e Francia >>. Non può dare pane perchè è un governo borghese. Nel migliore dei casi, darà al popolo << la fame genialmente organizzata >>, come ha fatto la Germania.Ma il popolo sopporterà la fame. Il popolo saprà, e probabilmente presto, che vi è pane e che se ne può avere, ma unicamente per mezzo di misure che non s'inchinino alla santità del capitale e della proprietà fondiaria. Non può dare la libertà perchè è il governo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, un governo che teme il popolo e che ha già cominciato ad accordarsi con la dinastia dei Romanov In un altro articolo parleremo sugli aspetti tattici della nostra futura politica nei confronti di questo governo. Mostreremo in che cosa consiste l'originalità della situazione attuale - passaggio dalla prima alla seconda tappa della rivoluzione - e diremo perchè in questo momento, la parola d'ordine che fissa il compito all'<< ordine del giorno >>, deve essere: Operai, nella guerra civile contro lo zarismo, avete compiuto prodigi d'eroismo proletario popolare; dovete compiere prodigi nell'organizzazione del proletariato e di tutto il popolo al fine di preparare la vittoria nella seconda tappa della rivoluzione. Ci limitiamo per ora ad analizzare la lotta di classe ed i rapporti delle forze di classe nella presente fase della rivoluzione, ma dobbiamo ancora porre la seguente questione: quali sono gli alleati del proletariato nella rivoluzione in corso? Il proletariato ha due alleati. Innanzi tutto, in Russia, la grande massa dei semiproletari e, in parte, dei piccoli contadini, che ammonta a decine di milioni e abbraccia la stragrande maggioranza della popolazione. A questa massa occorre la pace, il pane, la libertà e la terra. Questa massa subirà inevitabilmente una certa influenza della borghesia e particolarmente della piccola borghesia, alla quale essa è politicamente vicina per le sue condizioni d'esistenza, e oscillerà tra la borghesia e il proletariato.Le dure lezioni della guerra, che saranno tanto più dure quanto più Guckov, Lvov, Miliukov e consorti condurranno energicamente la guerra, spingeranno inevitabilmente questa massa verso il proletariato, la costringeranno a seguirlo. Noi dobbiamo ora sforzarci di approfittare della libertà del nuovo regime e dei Soviet dei deputati operai, innanzi tutto e soprattutto per illuminare e organizzare questa massa. Creare i Soviet dei deputati contadini, i Soviet degli operai agricoli: ecco uno dei nostri compiti più seri. Perciò i nostri sforzi saranno diretti non soltanto a far sì che gli operai agricoli formino i propri Soviet speciali, ma anche a far sì che i contadini più

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poveri e non abbienti si organizzino separatamente dai contadini agiati. Sulle forme e gli scopi speciali del lavoro di organizzazione, oggi più che mai urgente e necessario, parleremo nella prossima lettera. L'altro alleato del proletariato russo è il proletariato di tutti i paesi belligeranti e di tutti i paesi in generale. Esso è oggi notevolmente schiacciato sotto il peso della guerra, e in suo nome parlano troppo spesso i socialsciovinisti, che anche in Europa - come Plekhanov, Gvozdev, Petresov in Russia - sono dalla parte della borghesia. Ma ogni mese di guerra imperialista ha fatto compiere un passo avanti alla liberazione del proletariato della loro influenza, e la rivoluzione russa affretterà inevitabilmente e immensamente questo processo. Con questi due alleati, il proletariato può marciare e marcerà, utilizzando le particolarità dell'attuale momento di transizione, verso la conquista, prima della repubblica democratica e della vittoria completa dei contadini sui grandi proprietari fondiari al posto della semimonarchia di Guckov-Miliukov, e, in seguito, verso il socialismo, che solo darà ai popoli martoriati dalla guerra la pace, il pane e la libertà. Nota (1) Le cinque Lettere da lontano, in cui Lenin esaminava gli avvenimenti rivoluzionari in Russia, furono scritte in Svizzera alla fine di marzo e all'inizio di aprile del 1917. Questa prima lettera fu pubblicata sulla Pravda, nn. 14 e 15, 21 e 22 marzo (3 e 4 aprile) 1917; le altre quattro furono pubblicate nel 1924. (2) Il Partito del rinnovamento pacifico era un'organizzazione controrivoluzionaria della grossa borghesia, fondata nel 1906, che riuniva gli ottobristi di sinistra e i cadetti di destra.

Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale (1) Giunto a Pietroburgo soltanto nella notte del 3 aprile, naturalmente nella riunione del 4 aprile non potevo presentare un rapporto sui compiti del proletariato rivoluzionario se non a nome mio personale e con tutte le riserve dovute alla insufficiente preparazione. L'unica cosa che potevo fare per facilitare il mio lavoro e quello degli oppositori in buona fede era di preparare delle tesi scritte. Le ho lette, e ne ho trasmesso il testo al compagno Tsereteli. Le ho lette due volte e molto lentamente, prima alla riunione dei bolscevichi, poi a quella dei bolscevichi e dei menscevichi. Pubblico queste mie tesi personali, accompagnate soltanto da brevissime note esplicative che ho sviluppato più particolareggiatamente nel mio discorso. Tesi 1. Nel nostro atteggiamento verso la guerra, la quale - sotto il nuovo governo Lvov e consorti, e grazie al carattere capitalistico di questo governo - rimane incondizionatamente, da parte della Russia, una guerra imperialistica di brigantaggio, non è ammissibile nessuna benchè minima concessione al << difensismo >> rivoluzionario. A una guerra rivoluzionaria, che realmente giustifichi il difensismo rivoluzionario, il proletariato

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cosciente può dare il suo consenso soltanto alle seguenti condizioni: a) passaggio del potere nelle mani del proletariato e degli strati più poveri della popolazione contadina che si mettono dalla sua parte; b) rinuncia effettiva, e non a parole, a qualsiasi annessione; c) rottura completa, effettiva, con tutti gli interessi del capitale. Data l'innegabile buona fede di vasti strati delle masse, che sono per il difensismo rivoluzionario e accettano la guerra come una necessità e non per spirito di conquista, dato che essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna innanzi tutto mettere in luce i loro errori minutamente, ostinatamente, pazientemente, mostrando il legame indissolubile fra il capitale e la guerra imperialistica, dimostrando che non è possibile metter fine alla guerra con una pace puramente democratica, e non imposta colla forza, senza abbattere il capitale. Organizzazione della più vasta propaganda di questi concetti nell'esercito combattente. Fraternizzazione. 2. La peculiarità dell'attuale momento in Russia consiste nel passaggio della prima tappa della rivoluzione - che, a causa dell'insufficiente coscienza ed organizzazione del proletariato, ha dato il potere alla borghesia - alla seconda tappa, che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini. Da una parte, questo passaggio è caratterizzato dal massimo di legalità (fra tutti i paesi belligeranti, la Russia è, oggi, il paese più libero del mondo) e, dall'altra parte, dall'assenza di violenza contro le masse e infine, dall'atteggiamento inconsapevolmente fiducioso delle masse verso il governo dei capitalisti, dei peggiori nemici della pace e del socialismo. Questa peculiarità c'impone di saperci adattare alle condizioni particolari del lavoro del partito fra le immense masse proletarie appena destate alla vita politica. 3. Non appoggiare in alcun modo il governo provvisorio; dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni. Smascherare questo governo invece di << esigere >> (ciò che è inammissibile e semina illusioni) che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialista. 4. Riconoscimenti del fatto che il nostro partito è una minoranza e, finora, una piccola minoranza, nella maggior parte dei Soviet deputati degli operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunisti piccolo-borghesi, sottomessi all'influenza della borghesia e veicoli dell'influenza borghese sul proletariato: dai socialisti populisti e dai socialisti-rivoluzionari al Comitato d'organizzazione (Ckheidze, Tsereteli, ecc.), a Steklov, ecc. Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono la sola forma possibile di governo rivoluzionario e che, per conseguenza, il nostro compito, finchè questo governo sarà sottomesso all'influenza della borghesia, può consistere soltanto nella spiegazione paziente, sistematica, perseverante - particolarmente adattata ai bisogni pratici delle masse - degli errori della loro tattica. Finchè saremo in minoranza, faremo un lavoro di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai, affinchè le masse, sulla base dell'esperienza, possano liberarsi dei loro errori. 5. Niente repubblica parlamentare - ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai, sarebbe un passo indietro - ma repubblica dei Soviet dei deputati operai, dei braccianti e dei contadini, in tutto il paese, dal basso in alto. Soppressione della polizia, dell'esercito e del corpo dei funzionari *. Salario ai funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualunque momento -non superiore al salario medio d'un buon operaio. 6. Nel programma agrario trasferire il centro di gravità nel Soviet dei deputati dei salariati agricoli. Confiscare tutte le terre dei grandi proprietari fondiari.

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Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione dei Soviet locali dei deputati dei salariati agricoli e dei contadini poveri. Fare di ogni grande tenuta (da 100 a 300 desiatine circa, secondo le condizioni locali e secondo le decisioni delle istituzioni locali) una azienda modello coltivata per conto della comunità e sottoposta al controllo dei Soviet dei deputati dei salariati agricoli. 7. Fusione immediata di tutte le banche del paese in una unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai. 8. Come nostro compito immediato, non l'<< instaurazione >> del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai. 9. Compiti del partito: a) Congresso immediato del partito. b) Modificare il programma del partito, e principalmente: 1) sull'imperialismo e sulla guerra imperialistica; 2) sull'atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello << Stato-Comune >>(2); 3) correggere il programma minimo invecchiato. c) Cambiare il nome del partito(3). 10. Rinascita dell'Internazionale. Prendere l'iniziativa della creazione di un'Internazionale rivoluzionaria contro i socialsciovinisti e contro il << centro >>(4). Affinchè il lettore possa comprendere per quale ragione ho dovuto sottolineare come una rara eccezione il << caso >> degli oppositori in buona fede, lo invito a confrontare con queste tesi la seguente obiezione del signor Goldenberg: Lenin << ha alzato la bandiera della guerra civile in seno alla democrazia rivoluzionaria >> (citato nell'Iedinstvo del signor Plekhanov, n.5). Non è una perla? Scrivo, leggo, scandisco: << Data l'innegabile buona fede di vasti strati delle masse, che sono per il difensivismo rivoluzionario...dato che essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna innanzitutto mettere in luce i loro errori, minutamente, ostinatamente, pazientemente....>>. E questi signori della borghesia, sedicenti socialdemocratici, che non sono nè i vasti strati nè i rappresentanti delle masse difensiste, riferiscono imperturbabilmente i miei punti di vista in questa forma: << La bandiera [!] della guerra civile >> (di cui non ho detto una parola nè nelle tesi, nè nel rapporto) << è alzata [!] in seno [!!] alla democrazia rivoluzionaria...>>. Che cos'è questo? Che differenza c'è fra questo e l'agitazione per i pogrom, fra questo e la Russkaia Volia? Scrivo, leggo, scandisco: << I Soviet dei deputati operai sono la sola forma possibile di governo rivoluzionario e, per conseguenza, il nostro compito può consistere soltanto nella spiegazione paziente, sistematica, reiterata - particolarmente adattata ai bisogni pratici delle masse - degli errori della loro tattica...>>. E una certa specie di oppositori presenta le mie idee come degli appelli << alla guerra civile in seno alla democrazia rivoluzionaria >>!! Ho attaccato il governo provvisorio perchè, cavandosela con delle promesse, non ha fissato un termine vicino, nè - in generale - alcun termine, per la convocazione dell'Assemblea costituente. Ho dimostrato che, senza i Soviet dei deputati degli operai e dei soldati, la convocazione dell'Assemblea costituente non è assicurata, la sua riuscita è impossibile.

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E mi si accusa d'essere contro la più sollecita convocazione dell'Assemblea costituente!!! Direi che queste affermazioni sono << deliranti >>, se decenni di lotta politica non mi avessero insegnato a considerare la buona fede degli oppositori come una rara eccezione. Il signor Plekhanov, nel suo giornale, ha qualificato il mio discorso come << delirante >>. Benissimo, signor Plekhanov! Ma guardate come siete malaccorto, maldestro e poco perspicace nella vostra polemica. Se per due ore ho detto delle cose deliranti, come mai centinaia di ascoltatori hanno potuto sopportare il mio << delirio >>? E proseguiamo. Perchè il vostro giornale consacra un'intera colonna al mio << delirio >>? Tutto questo zoppica, zoppica molto. E' certo molto più facile gridare, ingiuriare, strillare, che tentar di esporre, di spiegare, di ricordare come ragionavano Marx ed Engels nel 1871, 1872 e 1875 sull'esperienza della Comune di Parigi e sui caratteri dello Stato di cui il proletariato ha bisogno. L'ex marxista signor Plekhanov non desidera probabilmente ricordarsi del marxismo. Ho citato le parole di Rosa Luxemburg, che il 4 agosto 1914 chiamava la socialdemocrazia tedesca << un fetido cadavere >>. I signori Plekhanov, Goldenberg e consorti si sono << offesi >>...per conto di chi? Per conto degli sciovinisti tedeschi che sono stati chiamati sciovinisti! Eccoli in un bell'imbroglio, i poveri socialsciovinisti russi, socialisti a parole, sciovinisti nei fatti.! Note (1) Quest'articolo, contenente le famose << Tesi d'aprile >>, fu pubblicato nella Pravda, n. 26, 7 (20) aprile 1917, e riprodotto da numerosi giornali bolscevichi. * Cioè: sostituire l'armamento generale del popolo all'esercito permanente (2) Cioè di uno Stato a immagine della Comune di Parigi. (3) Sostituire il nome di Partito comunista a quello di << socialdemocrazia >>; perchè i capi ufficiali della socialdemocrazia (difensisti e kautskiani tentennanti) hanno in tutto il mondo, tradito il socialismo passando alla borghesia. (4) Il << centro >> nella socialdemocrazia internazionale è la corrente che oscilla tra gli sciovinisti difensisti e gli internazionalisti: appartengono al << centro >> Kautsky e consorti in Germania, Longuet e consorti in Francia, Ckheidze e consorti in Russia, Turati e consorti in Italia, MacDonald e consorti in Inghilterra, ecc.

Il dualismo del potere (1) Il problema fondamentale di tutte le rivoluzioni è quello del potere dello Stato. Finchè questo problema non è chiarito non si può parlare di partecipazione cosciente e tanto meno di direzione della rivoluzione. L'originalità più notevole della nostra rivoluzione consiste nel fatto che essa ha creato un dualismo del potere. E' necessario prima di tutto rendersi conto chiaramente di questo fatto; senza comprenderlo non si può procedere oltre. Le vecchie << formule >>, per esempio quelle del bolscevismo, occorre saperle completare e correggere perchè sono risultate giuste in generale, ma la loro applicazione concreta è risultata differente. Precedentemente nessuno aveva pensato - e nessuno poteva pensare - a un dualismo del potere. In che cosa consiste il dualismo del potere? Nel fatto che, accanto al governo provvisorio, al governo della borghesia, si è costituito - ancora debole, embrionale, ma cionondimeno reale e in via di sviluppo - un altro governo: i Soviet dei deputati degli operai e dei soldati.

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Qual'è la composizione di classe di quest'altro governo? Il proletariato e i contadini (in uniforme). Qual'è il suo carattere politico? La dittatura rivoluzionaria, cioè un potere che poggia direttamente sulla conquista rivoluzionaria, sull'iniziativa immediata delle masse popolari dal basso e non sulla legge emanata dal potere statale centralizzato. Questo è un tipo di potere completamente diverso da quello che ha rappresentato fino a oggi, in generale, il potere nella repubblica parlamentare democratica borghese dei paesi progrediti d'Europa e d'America. Spesso si dimentica questa circostanza, spesso non vi si riflette e ciò non pertanto essa è decisiva. Questo potere è dello stesso tipo di quello della Comune di Parigi del 1871. Eccone i tratti fondamentali: 1. la fonte del potere non è la legge preventivamente discussa e votata dal parlamento, ma l'iniziativa diretta, locale, dal basso delle masse popolari, la << conquista >> diretta del potere per impiegare l'espressione corrente; 2. la sostituzione della polizia e dell'esercito - in quanto sono separati dal popolo e a esso opposti - con l'armamento diretto di tutto il popolo; l'ordine statale sotto questo potere è assicurato dagli stessi operai e contadini armati, dallo stesso popolo armato; 3. i funzionari, la burocrazia o sono anch'essi sostituiti dal potere diretto dello stesso popolo o, per lo meno, sono posti sotto controllo speciale, e non soltanto sono scelti unicamente per via di elezioni, ma sono revocabili alla prima richiesta del popolo e messi nella condizione di semplici delegati; da strato privilegiato che ha dei << posticini >> con delle laute prebende borghesi sono trasformati in operai di una <<specialità>> particolare, retribuiti in misura non superiore al salario abituale di un buon operaio. In questo e soltanto in questo sta la sostanza della Comune di Parigi, come Stato di tipo particolare. Questa sostanza è stata dimenticata e deformata dai signori Plekhanov (sciovinisti aperti, traditori del marxismo), Kautsky (quelli del << centro >>, che oscillano cioè tra lo sciovinismo e il marxismo) e in generale da tutti i socialdemocratici, socialisti-rivoluzionari e simili che oggi predominano. Ci si diffonde in frasi, ci si trincera nel silenzio, si tergiversa, ci si congratula mille e mille volte reciprocamente in nome della rivoluzione, ma non si vuol riflettere su quello che sono i Soviet dei deputati degli operai e dei soldati. Non si vuol vedere la verità evidente, e cioè non si vuol vedere che nella misura in cui questi Soviet esistono, nella misura in cui costituiscono un potere, esiste in Russia uno Stato del tipo della Comune di Parigi. Ho sottolineato << nella misura >> perchè questo è soltanto un potere embrionale. Esso stesso, e con accordi diretti col governo provvisorio della borghesia e con una serie di concessioni reali, ha ceduto e cede le sue posizioni alla borghesia. Perchè? Forse perchè Ckheidze, Tsereteli, Steklov e consorti commettono << un errore >>? Sciocchezze. Così può pensare soltanto un filisteo, non un marxista. La causa è la insufficiente coscienza e la debole organizzazione dei proletari e dei contadini. L'<< errore >> dei capi su menzionati, sta nella loro posizione piccolo-borghese, sta nel fatto che essi offuscano la coscienza degli operai invece di illuminarla, inculcano illusioni piccolo-borghesi invece di confutarle, consolidano l'influenza della borghesia sulle masse invece di liberarle da questa influenza. Già da questo si deve veder chiaramente perchè anche i nostri compagni commettono tanti errori quando pongono << semplicemente >> la questione: bisogna abbattere subito il governo provvisorio? Rispondo: 1. bisogna abbatterlo perchè è un governo oligarchico, borghese, e non di tutto il popolo:esso non può dare nè la pace, nè il pane, nè la libertà completa; 2. non si può abbatterlo subito perchè si regge su un accordo diretto e indiretto, formale e di fatto, coi Soviet dei deputati degli operai e, innanzi tutto, col Soviet principale, quello di Pietrogrado; 3. in generale, non si può << abbatterlo >> coi metodi usuali perchè si regge sull'<< appoggio >> che dà alla borghesia il secondo governo - il Soviet dei deputati degli operai - il quale è l'unico governo rivoluzionario possibile ed esprime direttamente la coscienza e la volontà della maggioranza degli operai e dei contadini. L'umanità non ha ancora elaborato, e noi non conosciamo finora, un tipo di governo superiore, migliore dei Soviet dei deputati degli operai, dei salariati agricoli, dei contadini e dei soldati. Per giungere al potere, gli operai coscienti devono conquistare la maggioranza; finchè non v'è

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violenza sulle masse non v'è altra via che conduce al potere. Non siamo dei blanquisti, non siamo dei fautori della conquista del potere per opera di una minoranza. Siamo dei marxisti, fautori della lotta di classe proletaria contro l'intossicazione piccolo-borghese, cioè contro il difensismo sciovinista, le frasi, la dipendenza della borghesia. Creeremo un partito comunista proletario; i migliori fautori del bolscevismo ne hanno già creato gli elementi; ci raggrupperemo per svolgere il lavoro proletario di classe, e dai proletari, dai contadini poveri verranno a noi masse sempre più numerose giacchè la vita distruggerà ogni giorno di più le illusioni piccolo-borghesi dei << socialdemocratici >>, dei Ckheidze, Tsereteli, Steklov, ecc., dei <<socialisti-rivoluzionari >>, piccoli borghesi ancora più << puri >>, ecc. La borghesia è per il potere unico della borghesia. Gli operai coscienti sono per il potere unico dei Soviet dei deputati, degli operai, dei salariati agricoli, dei contadini e dei soldati, per il potere unico preparato non con avventure, ma con un lavoro diretto ad illuminare la coscienza proletaria per liberarla dalla influenza della borghesia. La piccola borghesia - << socialdemocratici >>, socialisti-rivoluzionari, ecc. - ostacola colle sue esitazioni questa chiarificazione, questa liberazione. Questo è il compito reale delle forze di classe, che determina i nostri compiti. Nota (1) Pubblicato nella Pravda, n. 28, 9 (22) aprile 1917.

I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione Progetto di piattaforma del partito proletario (1) Il momento storico attuale in Russia è contraddistinto dai seguenti caratteri principali: Il carattere di classe della rivoluzione 1. Il vecchio potere zarista, che rappresentava unicamente un pugno di grandi proprietari feudali e dirigeva tutta la macchina statale (esercito, polizia, burocrazia), è vinto e rovesciato, ma non annientato. Formalmente la monarchia non è abolita. La banda dei Romanov continua i suoi intrighi monarchici. L'immensa proprietà terriera dei grandi proprietari feudali non è liquidata. 2. In Russia il potere statale è passato nelle mani di una classe nuova, e precisamente della borghesia e dei grandi proprietari fondiari imborghesiti. In questo senso, la rivoluzione democratica borghese in Russia è compiuta, Giunta al potere, la borghesia ha fatto blocco con elementi apertamente monarchici noti per avere ardentissimamente appoggiato Nicola il sanguinario e Stolypin l'impiccatore negli anni 1906-1914 (Guckov e altri, politicamente più a destra dei cadetti). Il nuovo governo borghese di Lvov e consorti ha tentato di iniziare ed ha poi iniziato delle trattative con i Romanov per la restaurazione della monarchia in Russia. Questo governo che fa un gran fracasso con frasi rivoluzionarie, chiama ai posti di comando i sostenitori del vecchio regime. Si sforza di riformare il meno possibile l'apparato statale (esercito, polizia, burocrazia), consegnandolo alla borghesia. All'iniziativa rivoluzionaria dell'attività delle masse, alla presa del potere da parte del popolo dal basso, a questa che è l'unica garanzia di effettiva vittoria della rivoluzione, il nuovo governo ha già cominciato ad opporre ostacoli di ogni sorta.

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Fino ad oggi questo governo no ha fissato la data di convocazione della Costituente. Esso non tocca la grande proprietà fondiaria, base materiale dello zarismo feudale. Esso non pensa neppure ad esaminare, a render pubblica, a controllare l'attività delle organizzazioni finanziarie monopolistiche; grandi banche, sindacati e cartelli di capitalisti, ecc. I principali ministeri, i ministeri decisivi (il ministero degli interni e il ministro della guerra, cioè il comando dell'esercito, della polizia, della burocrazia, di tutto il sistema di oppressione delle masse), appartengono nel nuovo governo a monarchici convinti, a sostenitori della grande proprietà fondiaria. Ai cadetti, repubblicani della vigilia, repubblicani loro malgrado, sono lasciati i posti secondari, ma non quelli che riguardano direttamente il popolo e l'apparato del potere statale. A. Kerenski, rappresentante dei trudoviki e << pseudosocialista >>, non assolve assolutamente a nessuna funzione, eccetto quella di addormentare la vigilanza e l'attenzione del popolo con frasi altisonanti. Per tutte queste ragioni il nuovo governo borghese non merita, neppure in politica interna, nessuna fiducia da parte del proletariato e nessun appoggio può essergli da questo accordato. La politica estera del nuovo governo 3. Nel campo della politica estera, che le condizioni oggettive mettono oggi in primo piano, il nuovo governo è il governo della continuazione della guerra imperialistica al fianco delle potenze imperialistiche, Inghilterra, Francia, ecc., per la spartizione del bottino capitalistico, per lo strangolamento dei popoli piccoli e deboli. Sottomesso agli interessi del capitale russo e del suo potente protettore e padrone, il capitale imperialista franco-inglese, che è il capitale più ricco del mondo, il nuovo governo - malgrado il desiderio espresso nel modo più categorico dai Soviet dei deputati degli operai e dei soldati, a nome della maggioranza incontestabile dei popoli della Russia - non ha fatto nessun passo reale per metter fine al macello dei popoli determinato dagli interessi capitalistici. Esso non ha nemmeno pubblicato i trattati segreti di carattere nettamente brigantesco (sulla spartizione della Persia, sul saccheggio della Cina, sul saccheggio della Turchia, sulla spartizione dell'Austria, sul distacco della Prussia orientale e delle colonie tedesche, ecc.), i quali, come è noto, legano la Russia ai pirati del capitale imperialistico franco-inglese. Esso ha confermato questi trattati conclusi dallo zarismo, il quale, per secoli, ha saccheggiato e oppresso più popoli che non tutti gli altri tiranni e despoti; dallo zarismo, che non solo opprimeva, ma disonorava e pervertiva il popolo della Grande Russia, facendone il carnefice degli altri popoli. Il nuovo governo, confermando questi trattati d'infamia e di brigantaggio, non ha proposto a tutti i popoli belligeranti l'armistizio immediato, nonostante la volontà della maggioranza dei popoli della Russia, chiaramente espressa dai Soviet operai e soldati. Si è limitato a prodigare dichiarazioni e frasi solenni, risonanti, pompose, ma assolutamente vuote, che, sulla bocca dei diplomatici borghesi, hanno sempre servito e servono ad ingannare le masse fiduciose e ingenue del popolo oppresso. 4. Perciò, il nuovo governo non solo non merita la benchè minima fiducia in materia di politica estera, ma continuargli a chiedere di proclamare al mondo la volontà di pace espressa dai popoli della Russia, di rinunciare alle annessioni, ecc. non significa altro, di fatto, che ingannare il popolo, infondergli speranze irrealizzabili, ritardare il giorno in cui vedrà chiaro, fargli accettare indirettamente il prolungamento di una guerra il cui vero carattere sociale non è determinato dalle buone intenzioni, ma dal carattere di classe del governo che la conduce, dal legame esistente fra la classe che esso rappresenta e il capitale finanziario imperialistico della Russia, dell'Inghilterra, della Francia, ecc., cioè dalla politica reale, effettiva che questa classe fa. Il peculiare dualismo del potere e il suo significato di classe

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5. La particolarità principale della nostra rivoluzione, quella che richiama nel modo più imperioso l'attenzione su di sè, è il dualismo del potere, che si è creato nei primi giorni dopo la vittoria della rivoluzione. Questo dualismo del potere si manifesta nell'esistenza di due governi: l'uno è il governo principale, il vero, effettivo governo della borghesia, il << governo provvisorio >> di Lvov e consorti, che tiene nelle sue mani tutti gli organi del potere, l'altro è il governo supplementare, collaterale, di <<controllo >>, rappresentato dal Soviet dei deputati degli operai e dei soldati di Pietrogrado, che non ha nelle sue mani gli organi del potere statale, ma che s'appoggia direttamente sulla maggioranza incontestabile del popolo, sugli operai in armi e i soldati. L'origine di classe di questo dualismo del potere e il suo significato di classe consistono nel fatto che la rivoluzione russa del marzo 1917 non solamente ha spazzato via tutta la monarchia zarista, non solo ha trasmesso tutto il potere alla borghesia, ma è giunta fin quasi alla dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. Precisamente tale dittatura (cioè il potere che poggia non sulla legge, ma sulla forza immediata delle masse armate della popolazione), e precisamente quella delle classi suddette, è rappresentata dal Soviet di Pietrogrado e dagli altri Soviet locali dei deputati degli operai e dei soldati. 6. Un'altra particolarità importantissima della rivoluzione russa è che il Soviet dei deputati degli operai e dei soldati di Pietrogrado, che gode, secondo tutti gli indizi, la fiducia della maggioranza dei Soviet locali, cede volontariamente il potere statale alla borghesia e al suo governo provvisorio, cede volontariamente a quest'ultimo la priorità, concludendo con esso un accordo per sostenerlo, limitandosi ad una funzione di osservazione e di controllo sulla convocazione della Costituente (la cui data di convocazione non è stata finora resa pubblica dal governo provvisorio. Questo fatto estremamente originale che, in questa forma, non ha precedenti nella storia, ha creato la compenetrazione, la combinazione di due dittature: la dittatura della borghesia (poichè il governo Lvov e consorti è una dittatura, cioè un potere che poggia non sulla legge e sulla preliminare espressione della volontà popolare, ma sulla presa del potere, per mezzo della forza, da parte di una classe determinata, e cioè della borghesia) e la dittatura del proletariato e dei contadini (il Soviet dei deputati degli operai e dei soldati). Non c'è il minimo dubbio che questa << combinazione >> non può durare lungamente. Non vi possono essere due poteri in uno Stato. L'uno dei due deve scomparire, e tutta la borghesia della Russia lavora già, con tutte le sue forze, con tutti i mezzi, e ovunque, per mettere da parte, indebolire e far scomparire i Soviet dei deputati degli operai e dei soldati, per creare il suo proprio unico potere. Il dualismo del potere non riflette che il periodo transitorio dello sviluppo della rivoluzione, in cui essa ha oltrepassato lo stadio democratico borghese ordinario, ma non è arrivata ancora sino alla <<pura>> dittatura del proletariato e dei contadini. Il significato di classe (e la spiegazione di classe) di questa situazione instabile e transitoria consiste in questo: la nostra rivoluzione, come tutte le rivoluzioni, ha richiesto alle masse il più grande eroismo e il più grande spirito di sacrificio per la lotta contro lo zarismo; inoltre ha messo in movimento innumerevoli elementi piccolo-borghesi. Uno dei principali sintomi scientifici e pratico-politici di ogni vera rivoluzione consiste nell'aumento straordinariamente rapido, brusco ed improvviso del numero dei << piccoli borghesi>> che passano alla partecipazione attiva, indipendente, efficace, alla vita politica, alla costruzione dello Stato. Così è in Russia. La Russia è oggi in effervescenza. Milioni e decine di milioni di uomini, che dormivano da dieci anni, politicamente e schiacciati dal giogo spaventevole dello zarismo e dal lavoro forzato a profitto dei grandi proprietari fondiari e degli industriali, si sono risvegliati e sono stati attratti nella vita politica. E chi sono questi milioni e decine di milioni di uomini? Sono nella maggior parte piccoli padroni, piccoli borghesi, persone che si trovano in una situazione intermedia

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fra i capitalisti e gli operai salariati. La Russia è il paese più piccolo-borghese di tutti i paesi europei. Una gigantesca ondata piccolo-borghese ha sommerso ogni cosa, ha schiacciato non solo col suo numero, ma anche colle sue idee, il proletariato cosciente: ha cioè infettato, permeato vastissimi strati operai con concezioni politiche piccolo-borghesi. Il piccolo borghese dipende nella sua vita dalla borghesia, perchè vive come un padrone e non come un proletario (per il suo posto nella produzione sociale); e per il suo modo di pensare segue pure la borghesia. La fiducia incosciente nei capitalisti, i peggiori nemici della pace e del socialismo: ecco quello che caratterizza la politica attuale delle masse in Russia, ecco che cosa si è sviluppato con rapidità rivoluzionaria sul terreno economico-sociale del paese più piccolo-borghese di tutta l'Europa: Ecco la base di classe dell'<< accordo >> (faccio notare che non ho tanto in vista l'accordo formale quanto l'appoggio di fatto, il consenso tacito, la sottomissione fiduciosa e incosciente al potere) fra il governo provvisorio e il Soviet dei deputati e dei soldati, accordo che ha procurato a Guckov un buon boccone, il vero potere, e al Soviet le promesse, gli onori (fino a nuovo ordine), le lusinghe, le frasi, le assicurazioni, le riverenze dei Kerenski. L'insufficiente forza numerica del proletariato russo, la sua insufficiente coscienza ed organizzazione: ecco il rovescio della medaglia. Tutti i partiti populisti, compresi i socialisti-rivoluzionari, sono sempre stati piccolo-borghesi; il Partito del Comitato d'organizzazione (Ckheidze, Tsereteli e gli altri) egualmente; i rivoluzionari senza partito (Steklov e gli altri) hanno essi pure ceduto all'ondata o non l'hanno superata, non sono riusciti a superarla. Carattere originale della tattica derivante da quanto precede 7. L'originalità della tattica del momento presente deriva per il marxista - obbligato a tener conto dei fatti obiettivi, delle masse e delle classi, e non degli individui - dall'originalità della situazione di fatto che noi abbiamo esposto più sopra. Questa originalità impone, prima di tutto, di versare << un poco di aceto e fiele nell'acqua inzuccherata delle frasi democratiche e rivoluzionarie >> (secondo l'eccellente espressione impiegata ieri a Pietroburgo, al Congresso degli impiegati e operai ferroviari, dal compagno Teodorovic, anch'egli membro del Comitato centrale del nostro partito). Lavoro di critica; spiegazione degli errori dei partiti piccolo-borghesi, socialisti-rivoluzionari e socialdemocratici; preparazione e raggruppamento degli elementi di un partito coscientemente proletario, comunista; liberazione del proletariato dalla << generale >> intossicazione piccolo-borghese. Questo sembra << solamente >> un lavoro di propaganda. In realtà questo è, più di ogni altro, un lavoro rivoluzionario pratico, perchè non è possibile far progredire la rivoluzione, che si è fermata, che è soffocata dalle frasi, che << segna il passo >>, non in conseguenza di un impedimento esteriore, non in seguito a violenze della borghesia (Guckov non fa ancora che minacciare di ricorrere alla violenza contro le masse dei soldati), ma a causa della fiducia incosciente delle masse. Solo combattendo questa fiducia incosciente (non si può e non si deve combatterla che sul terreno delle idee, colla persuasione amichevole, con consigli basati sull'esperienza vissuta) noi possiamo liberarci dalla trionfante orgia di frasi rivoluzionarie e dare impulso reale allo sviluppo sia della coscienza proletaria, sia della coscienza delle masse, sia della loro iniziativa locale, ardita e decisa, alla realizzazione autonoma, allo sviluppo e al consolidamento delle libertà, della democrazia e del principio della proprietà nazionale di tutto il suolo. 8. L'esperienza universale dei governi borghesi ha elaborato due metodi per mantenere il popolo nell'oppressione. Il primo è la violenza, Nicola I Romanov (Nicola il Randello) e Nicola II (il Sanguinario) hanno mostrato al popolo russo tutto quello che si può fare con questi metodi da carnefice. Ma vi è un altro metodo, elaborato nel migliore dei modi dalla borghesia inglese e

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francese, << istruita >> dalle grandi rivoluzioni e dai movimenti rivoluzionari delle masse. E' il metodo dell'inganno, della lusinga, della frase, delle innumerevoli promesse, dell'elemosina d'un soldo, delle concessioni insignificanti per la conservazione delle cose più importanti. L'originalità del momento in Russia consiste nel passaggio, vertiginosamente rapido, dal primo metodo al secondo, dalla violenza alla lusinga del popolo e alle promesse menzognere. Il gatto Vaska ascolta, ma mangia. Miliukov e Guckov detengono il potere, difendono i profitti del capitale, fanno la guerra imperialistica per gli interessi del capitale russo e franco-inglese; e rispondono con promesse, declamazioni, frasi a effetto, ai discorsi dei << cuochi >> del genere di Ckheidze, Tsereteli, Steklov, che minacciano, esortano, scongiurano, supplicano, esigono, proclamano....Il gatto Vaska ascolta, ma mangia. Ma la fiduciosa incoscienza e l'incosciente fiducia si sfalderanno ogni giorno di più, principalmente fra i proletari e i contadini poveri, cui la vita (la loro situazione economica e sociale) insegna a non credere ai capitalisti. I capi della piccola borghesia << devono >> insegnare al popolo la fiducia nella borghesia. I proletari devono insegnargli la sfiducia. Il difensismo rivoluzionario e il suo significato di classe 9. Bisogna riconoscere: il difensismo rivoluzionario come la più considerevole e la più chiara manifestazione dell'ondata piccolo-borghese che ha sommerso << quasi tutto >>. E' proprio questo il nemico peggiore del progresso e del successo della rivoluzione russa. Chi ha ceduto su questo punto e non ha saputo liberarsi, è perduto per la rivoluzione. Ma le masse cedono diversamente dai capi e diversamente riprendono la loro libertà, con un'altra marcia dell'evoluzione e con altri metodi. Il difensismo rivoluzionario è, da un lato, il frutto dell'inganno delle masse per opera della borghesia, il frutto della fiducia incosciente dei contadini e di una parte degli operai: dall'altro lato, è l'espressione degli interessi e delle idee del piccolo padrone, il quale è interessato, fino ad un certo punto, alle annessioni e ai benefici bancari e che << religiosamente >> conserva le tradizioni dello zarismo, che ha pervertito i grandi-russi facendone i carnefici degli altri popoli. La borghesia inganna il popolo speculando sulla nobile fierezza che la rivoluzione gli ispira, e fa credere che il carattere politico-sociale della guerra si sia modificato per la Russia dopo questa tappa della rivoluzione, dopo la sostituzione della monarchia zarista con la quasi-repubblica di Guckov-Miliukov. E il popolo per un certo tempo l'ha creduto, grazie ai vecchi pregiudizi che gli fanno vedere le altre nazionalità della Russia, eccetto i grandi russi, come una specie di proprietà e di dominio ereditario dei grandi russi. Questa ignobile depravazione del popolo dei grandi-russi da parte dello zarismo, che ha loro insegnato a vedere negli altri popoli qualche cosa di inferiore, qualche cosa che appartiene << di diritto >> alla Grande Russia, non poteva dissiparsi d'un tratto. Noi dobbiamo saper spiegare alle masse che il carattere politico-sociale della guerra non è determinato << dalle buone intenzioni >> degli individui, dei gruppi o anche dei popoli, ma dalla situazione della classe che fa la guerra, dalla politica di classe di cui la guerra è la continuazione, dai legami del capitale, come forza economica dominante nella società moderna, dal carattere imperialistico del capitale internazionale, dalla dipendenza (finanziaria, bancaria, diplomatica) della Russia dall'Inghilterra, dalla Francia, ecc. Spiegarlo alle masse con accortezza, in modo ben chiaro, non è facile: è nessuno di noi potrebbe farlo improvvisamente, senza errori. Ma la linea o, più esattamente, il contenuto della nostra propaganda deve essere questa e soltanto questa. La minima concessione al difensismo rivoluzionario è un tradimento del socialismo, è una rinuncia completa all'internazionalismo, quali che siano le belle frasi e le considerazioni <<pratiche>> con le quali essa si giustifica. La parola d'ordine << abbasso la guerra >> è naturalmente giusta, ma non tiene conto delle

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peculiarità degli obiettivi del momento, della necessità di avvicinarsi in altro modo alle grandi masse. Essa, secondo me, rassomiglia alla parola d'ordine << abbasso lo zar >> che un agitatore maldestro << del buon tempo antico >> lanciava semplicemente e direttamente nelle campagne...e riceveva bastonate. La massa dei rappresentanti del difensismo rivoluzionario è in buona fede come classe, anche se non tutti gli individui lo sono, perchè essa appartiene a quelle classi (gli operai e i contadini poveri) che non hanno effettivamente nulla da guadagnare dalle annessioni e dallo strangolamento degli altri popoli. Ben diverso è il caso dei borghesi e dei signori intellettuali, i quali si rendono conto benissimo dell'impossibilità di rinunciare alle annessioni senza rinunciare alla dominazione del capitale, e ingannano slealmente le masse con belle frasi, con promesse illimitate, con innumerevoli assicurazioni. Un elemento della massa difensista, considera la faccenda in modo semplice comune: << Io non voglio annessioni, il tedesco mi "piomba addosso", dunque difendo una causa giusta e non gli interessi imperialistici >>. A quest'uomo bisogna spiegare e rispiegare che non si tratta del suo desiderio personale, ma dei rapporti e delle condizioni politiche di massa e di classe, del legame della guerra con gli interessi del capitale e colla rete finanziaria internazionale, ecc. Soltanto questo modo di combattere il difensismo è serio e promette un successo, che non sarà forse troppo rapido, ma sarà sicuro e solido. Come si può mettere fine alla guerra? 10. Non si può mettere fine alla guerra << secondo il proprio desiderio >>. Non si può mettere fine alla guerra per decisione d'una delle parti. Non si può mettere fine alla guerra << piantando la baionetta per terra >>, per impiegare l'espressione di un soldato difensista. Non si può mettere fine alla guerra con un'<< intesa >> fra i socialisti dei diversi paesi, con l'<<intervento >> dei proletari di tutti i paesi, con la <<volontà>> dei popoli, ecc. Tutte le frasi di questo genere, di cui sono pieni i giornali difensisti, i giornali semidifensisti, seminternazionalisti, come pure gli innumerevoli appelli, manifesti, risoluzioni del Soviet dei deputati degli operai e dei soldati, tutte queste frasi non sono che vuoti, innocenti e pii desideri di piccoli borghesi. Nulla di più dannoso di queste frasi sulla << "manifestazione" della volontà di pace dei popoli >>, sul turno dell'azione rivoluzionaria del proletariato (dopo il << turno >> del proletariato russo verrà il <<turno>> del proletariato tedesco!), ecc. Questa è roba alla Louis Blanc, fantasticherie dolciastre, è un giocare alle << campagne politiche >>, ma di fatto è la ripetizione della favola del gatto Vaska. La guerra non è nata dalla cattiva volontà dei predoni capitalisti, benchè si faccia senza dubbio soltanto nel loro interesse e non arricchisca che loro. La guerra è nata da uno sviluppo semisecolare del capitale mondiale, dai suoi miliardi di fili e di legami. Non si può uscire dalla guerra imperialistica, non si può ottenere una pace democratica, che non sia una pace di sopraffazione senza abbattere il potere del capitale, senza passare il potere statale ad un'altra classe, al proletariato. La rivoluzione russa del febbraio-marzo 1917 è stato l'inizio della trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile. E'stata il primo passo verso la fine della guerra. Soltanto il secondo passo- -cioè il passaggio del potere statale al proletariato - può garantirci la sua fine. Questo sarà il principio della << rottura mondiale del fronte >>, del fronte degli interessi del capitale, e solo rompendo questo fronte, il proletariato può sottrarre l'umanità agli orrori della guerra e procurarle i benefici di una pace durevole. La rivoluzione russa, che ha creato i Soviet operai, ha già condotto il proletariato russo molto vicino a questa << rottura del fronte >> del capitale. Il nuovo tipo di Stato che sorge dalla nostra rivoluzione

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11. Non solo nei loro rapporti di classe, nella loro funzione nella rivoluzione russa, i Soviet dei deputati operai, soldati, contadini, ecc. non sono compresi dalla maggioranza. Essi non sono nemmeno compresi come forma nuova, o meglio, come tipo nuovo di Stato. Il tipo più perfetto, più progredito di Stato borghese, è la repubblica democratica parlamentare: il potere appartiene al parlamento; la macchina dello Stato, l'apparato amministrativo, l'organo della direzione è il solito: esercito permanente, polizia, burocrazia praticamente inamovibile, privilegiata, posta al disopra del popolo. Ma, cominciando dalla fine del secolo XIX, le epoche rivoluzionarie ci offrono un tipo superiore di Stato democratico, uno Stato che cessa già sotto certi aspetti, secondo l'espressione di Engels, di essere Stato, << non essendo più uno Stato nel senso proprio della parola (2)>>. E' questo lo Stato del tipo della Comune di Parigi, che sostituisce la polizia e l'esercito distinti dal popolo con l'armamento diretto e immediato del popolo stesso. Questa è la sostanza della Comune, vilipesa e calunniata dagli scrittori borghesi, che le attribuiscono, erroneamente fra le altre cose, l'intenzione di << introdurre >> immediatamente il socialismo. La rivoluzione russa ha precisamente cominciato a costituire nel 1905 e nel 1907 uno Stato di questo tipo. La Repubblica dei Soviet dei deputati, degli operai, dei soldati, dei contadini, ecc. uniti nella Costituente panrussa dei rappresentanti del popolo, ovvero nel Consiglio dei Soviet ecc.:ecco ciò che si sta attuando, in questo momento, per l'iniziativa di milioni di uomini, i quali creano essi stessi la democrazia, a loro modo, senza aspettare che i signori professori cadetti redigano i loro progetti di legge per una repubblica parlamentare borghese, o che i pedanti e abitudinari della <<socialdemocrazia >> piccolo-borghese - come i signori Plekhanov e Kautsky - abbiano rinunciato a falsificare la dottrina marxista dello Stato. Il marxismo si distingue dall'anarchismo per il fatto che riconosce la necessità dello Stato e del potere statale durante il periodo rivoluzionario in generale e durante l'epoca di transizione dal capitalismo al socialismo in particolare. Il marxismo si distingue dal << socialdemocratismo >> piccolo-borghese e opportunista del signori Plekhanov, Kautsky e consorti, per il fatto che riconosce la necessità, durante il periodo indicato, di uno Stato che sia concepito non come la solita repubblica parlamentare borghese, ma sul modello della Comune di Parigi. Le principali differenze tra quest'ultimo tipo di Stato e il vecchio sono le seguenti: Il ritorno dalla repubblica parlamentare borghese alla monarchia è facilissimo (la storia l'ha dimostrato) perchè rimane intatta tutta la macchina di oppressione: esercito, polizia, burocrazia. La Comune e i Soviet dei deputati operai, soldati, contadini, ecc. spezzano ed eliminano questa macchina. La repubblica parlamentare borghese ostacola, soffoca la vita politica indipendente delle masse e la loro partecipazione diretta all'organizzazione democratica di tutta la vita dello Stato, dal basso in alto. I Soviet dei deputati degli operai e dei soldati fanno il contrario. Essi riproducono il tipo di Stato che la Comune di Parigi elaborava e che Marx ha chiamato << la forma politica finalmente scoperta nella quale si poteva compiere l'emancipazione economica del lavoro (3)>>. Si obietta ordinariamente che il popolo russo non è ancora maturo per l'<< introduzione >> della Comune. E' l'argomento dei signori feudali che dicevano che i contadini non erano maturi per la libertà. La Comune - cioè i Soviet dei deputati degli operai e dei contadini - non << introduce >>, non propone di << introdurre >> e non deve introdurre nessuna trasformazione che non sia assolutamente matura nella realtà economica e nella coscienza della schiacciante maggioranza del popolo. Più lo sfacelo economico e la crisi prodotta dalla guerra si aggravano, più s'impone la necessità di una forma politica il più possibile perfetta, che faciliti la cicatrizzazione delle orribili ferite che la guerra ha inferto alla umanità. Quanto minore è l'esperienza organizzativa del popolo russo, tanto più decisamente bisogna chiamare all'attività organizzativa il popolo stesso e non soltanto alcuni politicanti borghesi e i funzionari provvisti di << posticini redditizi >>. Quanto più presto ci saremo spogliati dei vecchi pregiudizi pseudomarxisti coltivati dalle

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falsificazioni dei signori Plekhanov, Kautsky e consorti, quanto più attivamente aiuteremo il popolo a formare subito e ovunque i Soviet dei deputati degli operai e dei contadini, a prendere nelle mani tutta la vita, quanto più a lungo i signori Lvov e consorti ritarderanno la convocazione dell'Assemblea costituente, tanto più sarà facile al popolo di pronunciarsi (per mezzo dell'Assemblea costituente, o senza di essa, se Lvov non la convoca per lungo tempo) in favore della Repubblica dei Soviet dei deputati degli operai e dei contadini. In questa nuova organizzazione costituita dal popolo stesso dapprincipio gli errori sono inevitabili; ma è meglio commettere qualche errore e andare avanti, piuttosto che aspettare che i professori giuristi del signor Lvov abbiano redatto le leggi sulla convocazione dell'Assemblea costituente, sulla perpetuazione della repubblica parlamentare borghese e sullo strangolamento dei Soviet dei deputati operai e contadini. Se ci organizziamo e sappiamo condurre abilmente la nostra propaganda, non solo i proletari, ma anche i nove decimi dei contadini saranno contro il ristabilimento della polizia, contro la burocrazia inamovibile e privilegiata, contro l'esercito distinto del popolo. E soltanto in questo consiste il nuovo tipo di Stato. 12. La sostituzione della polizia con una milizia popolare è una trasformazione che scaturisce da tutta la marcia della rivoluzione e che si attua ora nella maggior parte delle località della Russia. Noi dobbiamo spiegare alle masse che questa trasformazione, nella maggioranza delle rivoluzioni borghesi di tipo ordinario, è stata del tutto effimera, e che la borghesia, anche la più democratica e repubblicana, ha sempre ristabilito la polizia del vecchio tipo zarista, distinta dal popolo, comandata dalla borghesia, capace di opprimere il popolo in ogni modo. Per impedire il ristabilimento della polizia non esiste che un mezzo: formare una milizia di tutto il popolo, fonderla con l'esercito (sostituzione dell'esercito permanente con l'armamento generale del popolo). Dovranno far parte di questa milizia tutti i cittadini senza esclusione dal 15 ai 65 anni (se con questi limiti di età è possibile, grosso modo, determinare la partecipazione alla milizia degli adolescenti e dei vecchi). I capitalisti dovranno pagare agli operai salariati, ai domestici, ecc., le giornate dedicate al servizio civico nella milizia. Finchè le donne non saranno chiamate non soltanto alla partecipazione autonoma alla vita politica generale, ma anche al servizio civico permanente ed universale, non si potrà parlare non solo di socialismo, ma neanche di democrazia integrale e duratura. Tali funzioni della << polizia >>, come le cure agli ammalati e ai fanciulli abbandonati, il controllo igienico dell'alimentazione ecc., non possono essere assicurate in modo soddisfacente finchè le donne non avranno ottenuto, di fatto e non soltanto sulla carta, l'eguaglianza nei diritti. Impedire il ristabilimento della polizia, attirare le forze organizzative di tutto il popolo per la creazione di una milizia di tutti, ecco gli obiettivi che il proletariato deve proporre alle masse per la salvaguardia, il consolidamento e lo sviluppo della rivoluzione. Programma agrario e programma nazionale 13. Non possiamo sapere esattamente in questo momento se una potente rivoluzione agraria si svilupperà nel prossimo futuro nella campagna russa. Non possiamo sapere quanto precisamente sia profonda la differenziazione di classe; che si è approfondita senza dubbio negli ultimi tempi, dei contadini, in salariati agricoli, operai, e contadini poveri (<< semiproletari >>) da una parte, e in contadini agiati e medi (capitalisti e piccoli capitalisti) dall'altra. L'esperienza soltanto può risolvere e risolverà questi problemi. Ma, come partito del proletariato, noi non solo siamo assolutamente obbligati a presentare fin d'ora un programma agrario, ma dobbiamo anche proporre le misure pratiche immediatamente realizzabili nell'interesse della rivoluzione agraria contadina in Russia. Noi dobbiamo esigere la nazionalizzazione di tutte le terre, cioè il passaggio di tutte le terre esistenti nello Stato in proprietà del potere statale centrale. Questo potere deve determinare le dimensioni,

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ecc., del fondo di colonizzazione, definire le leggi per la conservazione delle foreste, per la bonifica, ecc., vietare rigorosamente ogni mediazione fra il proprietario del suolo - lo Stato - e il coltivatore, suo affittuario (interdizione di ogni alienazione del suolo). Pertanto tutta la facoltà di disporre delle terre, nonchè di determinare le condizioni locali del possesso e del godimento devono essere interamente ed esclusivamente nelle mani non di burocrati e di funzionari, ma dei Soviet, locali e regionali, dei deputati dei contadini. Nell'interesse del miglioramento della tecnica della produzione del grano e dell'aumento di essa, nell'interesse dello sviluppo della grande azienda razionale e del controllo sociale su di essa, dobbiamo sforzarci, dentro i comitati contadini, di fare di ogni grande tenuta confiscata ai grandi proprietari una grande azienda modello sotto il controllo dei Soviet dei deputati dei salariati agricoli. Il partito del proletariato, per controbilanciare le frasi e la politica piccolo-borghese che dominano fra i socialisti-rivoluzionari, e soprattutto le chiacchiere vuote sulla << norma del consumo >>, o del <<lavoro>>, sulla << socializzazione della terra >>, ecc., deve spiegare che il sistema della piccola azienda non è in grado, in regime di produzione mercantile, di liberare l'umanità dalla miseria delle masse e dalla loro oppressione. Il partito del proletariato deve spiegare, senza obbligatoriamente operare subito la scissione nei Soviet dei deputati dei contadini, la necessità di Soviet speciali dei deputati dei salariati agricoli, e di Soviet speciali dei deputati dei contadini poveri (semiproletari) o, per lo meno, di speciali conferenze permanenti di deputati della stessa classe come singole frazioni o come partiti dentro i Soviet comuni dei deputati dei contadini. Senza di questo la dolciastra fraseologia piccolo-borghese dei populisti sui contadini in generale, non farà che velare l'inganno delle masse non possidenti da parte dei contadini agiati, i quali non rappresentano che una varietà di capitalisti. Per controbilanciare la predicazione liberale borghese o puramente burocratica, a cui si abbandonano molti socialisti-rivoluzionari e molti Soviet di deputati degli operai e dei soldati, i quali raccomandano ai contadini di non impadronirsi delle terre dei grandi proprietari e non cominciare la riforma agraria prima della convocazione dell'Assemblea costituente, il partito deve invitare i contadini a realizzare immediatamente e di propria iniziativa questa riforma agraria e ad operare la confisca immediata delle grandi proprietà in base alle decisioni dei loro Soviet locali. Ciò facendo è particolarmente importante insistere sulla necessità di aumentare la produzione dei generi alimentari per i soldati al fronte e per la città. Ogni danneggiamento o deterioramento del bestiame, di utensili, di macchine, di fabbricati, ecc., è assolutamente inammissibile. 14. Nella questione nazionale, il partito proletario deve insistere soprattutto sulla proclamazione e sulla realizzazione immediata della piena libertà di separazione dalla Russia di tutte le nazioni e di tutte le nazioni e di tutti i popoli oppressi dallo zarismo, forzatamente uniti o forzatamente mantenuti nei confini dello Stato, cioè annessi. Tutte le dichiarazioni, i proclami, i manifesti sulla rinuncia alle annessioni che non implicano la libertà effettiva della separazione, si riducono a un inganno borghese del popolo o a pii desideri piccolo-borghesi. Il partito proletario tende alla creazione di uno Stato possibilmente più vasto, perchè ciò è nell'interesse dei lavoratori esso tende all'avvicinamento e poi alla fusione delle nazioni, ma vuole raggiungere questo scopo non con la violenza, ma esclusivamente con l'unione libera e fraterna delle masse degli operai e dei lavoratori di tutte le nazioni. Quanto più la Repubblica russa sarà democratica, quanto meglio si organizzerà in Repubblica dei Soviet dei deputati degli operai e dei contadini, tanto più sarà potente la forza di attrazione volontaria delle masse lavoratrici di tutte le nazioni verso tale repubblica. Piena libertà di separazione, la più larga autonomia locale (e nazionale), garanzie particolareggiatamente elaborate dei diritti delle minoranze nazionali: questo è il programma del proletariato rivoluzionario.

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Nazionalizzazione delle banche e dei sindacati capitalistici 15. Il partito del proletariato non può in nessun modo proporsi lo scopo di << introdurre >> il socialismo in un paese di piccoli contadini, finchè la stragrande maggioranza della popolazione non avrà acquistata la coscienza della necessità di una rivoluzione socialista. Ma solo dei sofisti borghesi, nascosti dietro formulette << pseudomarxiste >>, possono dedurre da questa verità la giustificazione di una politica che rimanda le misure rivoluzionarie urgenti, praticamente mature, spesso realizzate durante la guerra da vari Stati borghesi, assolutamente indispensabili per combattere la totale disorganizzazione economica e la fame. Tali misure come la nazionalizzazione della terra, di tutte le banche e dei sindacati dei capitalisti, o, per lo meno, l'istituzione immediata di un controllo di questi istituti per opera dei Soviet dei deputati degli operai ecc., senza che esse siano << l'introduzione >> del socialismo, sono certamente da propugnare e, nella misura del possibile, da realizzare per via rivoluzionaria. Senza queste misure, le quali non rappresentano che una tappa verso il socialismo, e che sono perfettamente realizzabili da un punto di vista economico, è impossibile guarire le ferite causate dalla guerra e prevenire la catastrofe che ci minaccia; il partito del proletariato rivoluzionario non rinuncerà mai a colpire i favolosi profitti dei capitalisti e dei banchieri, arricchitisi << nella guerra >> in modo particolarmente scandaloso. La situazione dell'Internazionale socialista 16. I doveri internazionale della classe operaia della Russia si pongono soprattutto oggi in primo piano con forza particolare. Ai nostri giorni, soltanto il pigro non giura per l'internazionalismo; persino gli sciovinisti - i fautori del difensismo - persino i signori Plekhanov e Potresov, persino i Kerensku, si definiscono internazionalisti. Tanto più è necessario, per il partito del proletariato, opporre, con una chiarezza, una precisione e una franchezza perfette, l'internazionalismo di fatto all'internazionalismo verbale. I nudi appelli agli operai di tutti i paesi, le vuote assicurazioni di devozione all'internazionalismo, i tentativi diretti o indiretti di fissare il << turno >> delle azioni del proletariato rivoluzionario nei diversi paesi belligeranti, gli sforzi per concludere una << intesa >> fra i socialisti dei paesi belligeranti in vista della lotta rivoluzionaria, le chiacchiere nei congressi socialisti per la campagna in favore della pace, ecc., tutto questo, secondo il suo significato obiettivo, per quanto sinceri possano essere i fautori di queste idee, di questi tentativi o piani, non è che vuota fraseologia o, nel migliore dei casi, si tratta di voti innocenti, ingenui, buoni soltanto a nascondere l'inganno delle masse da parte degli sciovinisti. I socialsciovinisti francesi, che sono i più abili e i più esperti nei metodi degli imbrogli parlamentari, hanno battuto da molto tempo il record nell'arte di pronunciare frasi pacifiste e internazionaliste più che mai sonanti e roboanti, accompagnandole con il cinico tradimento del socialismo e dell'Internazionale, coll'entrata nei ministeri che fanno la guerra imperialista, colla votazione dei crediti di guerra o dei prestiti (come Ckheidze, Tsereteli, Skobelev, Steklov fanno in questi giorni in Russia), coll'opposizione alla lotta rivoluzionaria nel loro proprio paese, ecc. Queste brave persone dimenticano spesso l'atmosfera di crudeltà e di ferocia della guerra imperialista universale. Questa atmosfera non tollera le frasi, s'infischia dei desideri innocenti e dolciastri. L'internazionalismo di fatto è uno, è solo uno: è il lavoro illimitato per lo sviluppo del movimento rivoluzionario e della lotta rivoluzionaria nel proprio paese, è l'appoggio (con la propaganda, con la simpatia, con l'aiuto materiale) a questa lotta, a questa linea politica e solo a questa, in tutti i paesi senza eccezione. Il resto non è che inganno e manilovismo.

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Tre tendenze si sono sviluppate nel movimento operaio e socialista internazionale dopo due anni e più di guerra, in tutti i paesi: e chiunque si allontani dal terreno reale della constatazione di queste tre tendenze, dalla loro analisi, dalla lotta conseguente per la corrente che di fatto è internazionalista, si condanna all'incapacità, all'impotenza e all'errore. Le tre tendenze sono le seguenti: 1) I socialsciovinisti, cioè i socialisti a parole, sciovinisti nei fatti, gente che ammette la <<difesa della patria>> nella guerra imperialista (e soprattutto nella guerra imperialista attuale). Questi sono i nostri nemici di classe. Essi sono passati nel campo della borghesia. Tale è la maggioranza dei capi ufficiali della socialdemocrazia ufficiale in tutti i paesi: i signori Plekhanov e consorti in Russia; gli Scheidemann in Germania; Renaudel, Guesde, Sembat in Francia; Bissolati e consorti in Italia; Hyndman, i fabiani e i << laburisti >> (i capi del <<partito operaio>>) in Inghilterra; Branting e consorti in Svezia; Troelstra e il suo partito in Olanda; Stauning e il suo partito in Danimarca; Victor Berger e gli altri << difensori della patria >> in America, ecc. 2) La seconda corrente - il cosiddetto << centro >> - oscilla fra i socialsciovinisti e i veri internazionalisti. Tutto il << centro >> giura e spergiura sui suoi dei che è marxista, internazionalista, favorevole alla pace, fautore di ogni << pressione >> sul governo, di ogni <<richiesta >> al proprio governo di << esprimere la volontà di pace del popolo >>, fautore di tutte le campagne possibili in favore della pace, fautore della pace senza annessioni, ecc., e della pace coi socialsciovinisti. Il << centro >> è per l'<< unità >>; il centro è contro la scissione. Il << centro >> è il regno della benevola fraseologia piccolo-borghese, dell'internazionalismo verbale, dell'opportunismo pusillanime e del servilismo verso i socialsciovinisti nei fatti. Il nocciolo del problema è che il << centro >> non è, in alcun paese, convinto della necessità di una rivoluzione contro il suo governo, non la propugna, non conduce decisamente la lotta rivoluzionaria, ma al contrario inventa le scuse più banali - per quanto suonino << arcimarxiste >> - al fine di sottrarvisi. I socialsciovinisti sono nostri nemici di classe, sono dei borghesi nel movimento operaio. Essi rappresentano lo strato, i gruppi e sottostrati operai oggettivamente corrotti dalla borghesia (migliori salari, posti onorifici, ecc.), i quali aiutano la loro borghesia a spogliare e a strangolare i popoli piccoli e deboli, a lottare per la spartizione del bottino capitalista. Il << centro >> è composto di gente abitudinaria, corrosa da una legalità putrida, corrotta dall'atmosfera parlamentare ecc., di funzionari abituati ai posti comodi e al lavoro << tranquillo >>. Dal punto di vista storico ed economico, questi elementi non costituiscono uno strato sociale distinto, essi non sono che la transizione fra un'epoca ormai chiusa del movimento operaio - l'epoca del 1871-1914, feconda sotto molti aspetti, soprattutto nell'arte, necessaria al proletariato, dell'organizzazione lenta, sistematica, costante, su vasta, vastissima scala - e un'epoca nuova, resa obiettivamente inevitabile dalla prima guerra imperialistica mondiale, che ha aperto l'era della rivoluzione sociale. Il capo principale e rappresentante del << centro >>, Karl Kautsky, l'autorità più in vista della II Internazionale (1889-1914), dall'agosto 1914 in poi è l'esempio del crollo completo del marxismo, della mancanza inaudita di carattere, delle esitazioni, dei tradimenti più pietosi. La tendenza del <<centro>> è rappresentata in Germania da Kautsky, Haase, Ledebour, dalla cosiddetta <<comunità operaia o del lavoro>> al Reichstag; in Francia da Longuet, Pressemane e dai cosiddetti <<minoritari>> (menscevichi) in generale; in Inghilterra da Snowden, Ramsay MacDonald e molti altri capi del Partito laburista indipendente e in parte dal Partito socialista britannico; da Morris Hillquit e molti altri in America; da Turati, Treves, Modigliani ecc. in Italia; da Robert Grimm, ecc. in Svezia; da Victor Adler e consorti in Austria; dal partito del Comitato d'organizzazione, da Axelrod, Martov, Ckheidze, Tsereteli e altri in Russia, ecc.

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Si comprende che singole persone passino alle volte, senza rendersene conto, dalle posizioni del socialsciovinismo a quelle del << centro >> e viceversa. Ogni marxista sa che le classi rimangono distinte, malgrado il libero passaggio di qualche individuo da una classe all’altra; così, anche le correnti nella vita politica rimangono distinte malgrado il libero passaggio di qualche individuo da una tendenza all’altra, e malgrado i tentativi e gli sforzi di fondere le due correnti. 3) La terza tendenza è quella degli internazionalisti di fatto, rappresentata soprattutto dalla <<sinistra di Zimmerwald >> (riproduciamo in appendice il manifesto del settembre 1915, affinchè i lettori possano conoscere in un documento autentico la nascita di questa tendenza) Il suo carattere essenziale è la rottura completa, sia con il socialsciovinismo, sia col << centro >>. Lotta rivoluzionaria ad oltranza contro il proprio governo imperialista e la propria borghesia imperialista. Il suo principio: << Il nemico principale è nel nostro paese >>. Lotta spietata contro la dolciastra fraseologia socialpacifista (il socialpacifista è un socialista a parole, un pacifista borghese nei fatti; i pacifisti borghesi sognano una pace perpetua, senza il rovesciamento del giogo e del dominio del capitale) e contro i pretesti di ogni genere, che tendono a negare la possibilità o l’utilità o l’opportunità della lotta rivoluzionaria del proletariato e della rivoluzione socialista proletaria in connessione alla guerra attuale. I rappresentanti più notevoli di questa corrente sono: in Germania il << gruppo Spartaco >> o <<gruppo dell’Internazionale >>,con a capo Karl Liebknecht. Karl Liebknecht è il rappresentante più insigne di questa corrente e della nuova e vera Internazionale proletaria. Karl Liebknecht ha chiamato gli operai e i soldati della Germania a rivolgere le armi contro il loro governo: Karl Liebknecht l’ha fatto apertamente, dalla tribuna del Reichstag. Poi, con manifestini stampati alla macchia, è andato sulla Potsdamplatz, una delle piazze più frequentate di Berlino,a una manifestazione condotta al grido di << abbasso il governo >>. Arrestato, è stato condannato ai lavori forzati. Ora si trova in prigione, in una casa di pena, in Germania, come molte centinaia, se non migliaia, di veri socialisti tedeschi, incarcerati per la lotta contro la guerra. Karl Liebknecht ha combattuto implacabilmente nelle sue lettere e nei suoi discorsi, non solo i suoi Plekhanov e Potresov (gli Scheidemann, i Legien, i David e consorti), ma anche i suoi uomini del centro, i suoi Ckheidze e Tsereteli (Kautsky, Haase, Ledebour e consorti). Karl Liebknecht col suo amico Otto Ruhle, soli su 110 deputati, hanno rotto la disciplina, hanno spezzato l’<< unità >> con il << centro >> e cogli sciovinisti levandosi contro tutti. Liebknecht solo rappresenta il socialismo, la causa proletaria, la rivoluzione proletaria. Tutto il resto della socialdemocrazia tedesca non è, secondo la giusta espressione di Roxa Luxemburg (anch’essa membro e dirigente del << gruppo Spartaco>>), che un fetido cadavere. Un altro gruppo di internazionalisti di fatto è quello del giornale Arbeiterpolitik di Brema. In Francia, Loriot e i suoi amici (Bourderon e Merrheim sono caduti nel socialpacifismo) sono i più vicini agli internazionalisti di fatto; e anche il francese Henri Guilbeaux, che pubblica a Ginevra la rivista Le Demain. In Inghilterra il giornale The Trade-Unionist, e una parte dei membri del Partito socialista britannico e del Partito laburista indipendente (William Russel, per esempio, che reclamava apertamente la rottura coi capi traditori del socialismo), il socialista scozzese MacLean, maestro elementare condannato ai lavori forzati dal governo borghese dell’Inghilterra per la sua azione rivoluzionaria contro la guerra. Centinaia di socialisti inglesi sono in prigione per gli stessi delitti. Essi, e solo essi, sono internazionalisti nei fatti. In America il partito operaio socialista e quegli elementi del partito socialista opportunista che cominciarono a pubblicare dal gennaio 1917 il giornale The Internationalist; in Olanda il partito dei << tribunisti >>, che pubblica il giornale De Tribune (Pannekoek, Hermann Gorter, Wijnkoop, Henriette Roland-Holst), che fu col centro a Zimmerwald e che ora è passato a noi; in Svezia il partito dei giovani o sinistri i cui capi sono Lindhagen, Ture Nerman, Carlson, Strom e Z. Hoglund che a Zimmerwald partecipò personalmente alla creazione della << sinistra zimmerwaldiana >>, condannato attualmente al carcere per la sua lotta rivoluzionaria contro la guerra; in Danimarca Trier e i suoi amici, che hanno abbandonato il partito << socialdemocratico >>, divenuto completamente borghese sotto il ministro Stauning, suo

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capo; in Bulgaria, i << tesniaki (4)>>; in Italia,gli uomini che sono più vicini a questa corrente sono il segretario del partito, Costantino Lazzari,e il direttore dell’Avanti! organo centrale del partito, Serrati; in Polonia Radek, Hanecki e gli altri capi della socialdemocrazia raggruppati attorno alla direzione regionale; Rosa Luxemburg, Tyszka e gli altri capi della socialdemocrazia raggruppati attorno alla direzione centrale; in Svizzera quelli della sinistra che hanno redatto la motivazione del << referendum >> del gennaio 1917 per la lotta contro i socialsciovinisti e contro il << centro >> del loro paese e che hanno presentato al congresso socialista del cantone di Zurigo a Toss, l’11 febbraio 1917, una risoluzione rivoluzionaria di principio contro la guerra(5); in Austria, i giovani amici di sinistra di Friedrich Adler per il suo eroico, per quanto sconsiderato attentato alla vita di un ministro, ecc. Poca importanza hanno le sfumature, che esistono nel seno di questa sinistra. Tutto sta nella tendenza. Il nocciolo della questione consiste nel fatto che non è facile essere in pratica internazionalista negli anni dell’orribile guerra imperialista. Questi uomini sono poco numerosi, ma tutto l’avvenire del socialismo è in loro soltanto; essi soli sono le guide delle masse, e non i corruttori delle masse. La differenza fra i riformisti e i rivoluzionari, fra i socialdemocratici e i socialisti in generale, doveva per necessità obiettiva subire un cambiamento nella situazione della guerra imperialista. Chi si contenta di <<esigere >> dai governi borghesi la conclusione della pace o << l’espressione della volontà di pace dei popoli >>,ecc., cade di fatto nel riformismo. Perchè obiettivamente il problema della guerra si pone soltanto in modo rivoluzionario. L’uscita dalla guerra e la pace democratica e senza oppressione, la liberazione dei popoli dal fardello degli interessi, ammontanti a miliardi, da pagare ai signori capitalisti arricchiti dalla <<guerra >>, non sono possibili che mediante la rivoluzione proletaria. Non esiste altra via d’uscita. Si può e si deve esigere dai governi borghesi ogni sorta di riforme, ma non si può, senza cadere nel manilovismo e nel riformismo, esigere, da questi uomini e classi, legati da mille fili al capitale imperialista, la rottura di questi fili; eppure senza questa rottura tutti i discorsi sulla guerra e contro la guerra non sono che delle frasi vuote e ingannatrici. I seguaci di Kautsky e i << centristi >> sono rivoluzionari a parole e riformisti di fatto, internazionalisti a parole e complici del socialsciovinismo di fatto. Il crollo dell’Internazionale di Zimmerwald. Necessità di una III Internazionale 17. L’Internazionale di Zimmerwald ha assunto fin dal principio una posizione esitante, <<kautskiana>>, << centrista >>, ciò che ha obbligato la sinistra di Zimmerwald a separarsi presto, a rendersi indipendente e a lanciare il suo manifesto (stampato in Svizzera in lingua russa, tedesca e francese). Il difetto principale dell’Internazionale di Zimmerwald, la cagione del suo crollo (perchè essa ha già subito un crollo ideologico e politico) sono i suoi ondeggiamenti, la sua indecisione sulla questione più importante che determina praticamente tutte le altre, della rottura col socialsciovinismo e colla vecchia Internazionale socialsciovinista dell’Aja (Olanda) diretta da Vandervelde, Huysmans, ecc. Da noi non si sa ancora che la maggioranza dell’Internazionale di Zimmerwald è appunto composta di kautskiani. Questo è il fatto sostanziale, di cui non si può non tener conto e che ora è noto a tutti nell’Europa occidentale. Anche lo sciovinista, l’ultrasciovinista tedesco Heilmann, direttore dell’arcisciovinista Chemnitzer Zeitung e collaboratore della Glocke arcisciovinista di Parvus (Parvus è, non occorre dirlo, << socialdemocratico >> e zelante fautore dell’<< unità >> socialdemocratica), ha dovuto riconoscere che il << centro >> o << kautskiano >> e la maggioranza di Zimmerwald non sono che una cosa sola. La fine del 1916 e il principio del 1917 hanno definitivamente stabilito questo fatto. Malgrado la condanna del socialpacifismo contenuta nelmanifesto di Kienthal, tutta la destra di Zimmerwald, tutta la maggioranza di Zimmerwald sono cadute nel socialpacifismo: Kautsky e consorti a diverse

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riprese nel gennaio e nel febbraio 1917; Bourderon e Merrheim in Francia votando all’unanimità coi socialsciovinisti le mozioni pacifiste del partito socialista (dicembre 1916) e della << Confederazione generale del lavoro >> (cioè della organizzazione nazionale generale dei sindacati francesi), egualmente nel dicembre 1916; Turati e consorti in Italia, ove il partito intero ha preso un atteggiamento socialpacifista, e Turati è << scivolato >> (non a caso, certamente), nel suo discorso del 17 dicembre 1916, sino a delle frasi nazionaliste destinate ad abbellire la guerra imperialista. Il presidente di Zimmerwald e di Kienthal, Robert Grimm ha fatto blocco, nel gennaio 1917, con i socialsciovinisti del suo partito (Greulich, Pfluger, Gustav Muller, ed altri) contro i veri internazionalisti. Nelle due conferenze internazionali degli zimmerwaldiani dei diversi paesi del gennaio e del febbraio 1917 questa condotta equivoca e ipocrita della maggioranza zimmerwaldiana è stata formalmente stigmatizzata dagli internazionalisti di sinistra di vari paesi: da Munzenberg, segretario dell’organizzazione internazionale dei giovani e redattore dell’eccellente giornale internazionalista Die Jugend-Internationale; da Zinoviev, rappresentante del Comitato centrale del nostro partito; da K.Radek, delegato del partito socialdemocratico polacco (direzione regionale); da Harstein, socialdemocratico tedesco, membro del << gruppo Spartaco >>. Al proletario russo molto è stato dato: in nessun’altra parte del mondo la classe operaia è riuscita ancora a sviluppare tanta energia rivoluzionaria come in Russia. Ma a chi molto è stato dato, molto si chiede. Non si può più oltre tollerare la palude di Zimmerwald. E’ impossibile rimanere, per colpa dei <<kautskiani >> di Zimmerwald, in semicollegamento con l’Internazionale sciovinista dei Plekhanov e degli Scheidemann. Bisogna rompere senza indugio con questa Internazionale. Bisogna rimanere a Zimmerwald solo per fini d’informazione. Occorre che proprio noi, proprio adesso, fondiamo senza tardare una nuova Internazionale rivoluzionaria, proletaria, o meglio non temiamo di constatare apertamente che essa è già fondata e che agisce. E’ questa l’Internazionale degli << internazionalisti >> di fatto, che ho enumerato con precisione più sopra. Essi - e solo essi - sono i rappresentanti delle masse internazionaliste rivoluzionarie, e non i loro corruttori. Se vi sono pochi di questi socialisti, ogni operaio russo si chieda: erano molti i rivoluzionari coscienti in Russia alla vigilia della rivoluzione del febbraio- marzo 1917? Non si tratta di essere in molti, ma di esprimere giustamente le idee e la politica del proletariato veramente rivoluzionario. L’essenziale non è di << proclamare >> l’internazionalismo, ma di saper essere, anche nei tempi più difficili, internazionalisti di fatto. Non ci lusinghiamo con la speranza di un’intesa e di congressi internazionali. Fino a che dura la guerra imperialista, le relazioni internazionali passano sotto la morsa ferrea della dittatura militare borghese. Se anche il << repubblicano >> Miliukov, costretto a sopportare il governo collaterale dei Soviet dei deputati operai non ha lasciato entrare in Russia, nell’aprile 1917, il socialista svizzero Fritz Platten - segretario di un partito, internazionalista, che aveva partecipato ai convegni di Zimmerwald e di Kienthal - benchè egli avesse sposata una russa e si recasse dai parenti di sua moglie, benchè avesse preso parte alla rivoluzione del 1905 a Riga, fosse stato detenuto in quell’epoca nelle prigioni russe e reclamasse la restituzione della cauzione ch’egli dovette versare al governo zarista per essere scarcerato; se il << repubblicano >> Miliukov ha potuto fare questo in Russia, nell’aprile 1917, si può immaginare quanto valgono le promesse, le assicurazioni, le frasi e le dichiarazioni della borghesia sulla pace senza annessioni, ecc. E l’arresto di Trotski per opera del governo inglese? E il rifiuto di lasciar partire dalla Svizzera Martov, e la speranza di attirarlo in Inghilterra, dove l’attende la sorte di Trotski? Non facciamoci illusioni. Non inganniamo noi stessi. << Aspettare >> i congressi o le conferenze internazionali, significa tradire l’Internazionalismo, poichè è dimostrato che non si lasciano pervenire sino a noi, nemmeno da Stoccolma, nè i socialisti fedeli all’internazionalismo, nè le loro lettere, nonostante il fatto che è possibile esercitare, ed è

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esercitata una rigorosissima censura militare. Il nostro partito non deve << aspettare >>, ma fondare senza indugio la III Internazionale. Centinaia di socialisti tireranno un sospiro di soddisfazione nelle prigioni di Germania e d’Inghilterra, migliaia e migliaia di operai tedeschi, i cui scioperi e le cui manifestazioni fanno tremare questo miserabile brigante di Guglielmo II, leggeranno sui foglietti clandestini la nostra decisione, la nostra fiducia fraterna in Karl Liebknecht, e soltanto in lui, la nostra risoluzione di lottare anche oggi contro il <<difensismo rivoluzionario>>; leggeranno questo e si sentiranno rafforzati nel loro internazionalismo rivoluzionario. A chi molto è stato dato, molto si chiede. Non vi è oggi un paese nel mondo dove vi sia tanta libertà come in Russia. Usiamo di questa libertà, non per predicare l’appoggio alla borghesia o al <<difensismo rivoluzionario>> borghese, ma per fondare coraggiosamente, francamente, da proletari, alla Liebknecht, la III Internazionale, un’Internazionale nemica irreducibile dei traditori socialsciovinisti e degli esitanti del << centro >>. 18. In quanto all’unificazione dei socialdemocratici russi, non c’è neanche da parlarne. Non occorre

spendere molte parole, dopo quanto abbiamo detto. Val meglio restare soli come Liebknecht, e questo significa restare col proletariato rivoluzionario, piuttosto che ammettere, sia pure per un istante, l’idea della fusione col partito del Comitato d’organizzazione, con Ckheidze e Tsereteli, che tollerano il blocco con Potresov nella Rabociaia Gazieta, che votano per il prestito(6) nel Comitato esecutivo dei Soviet dei deputati degli operai che sono scivolati nel << difensismo >>. Lasciamo che i morti seppelliscono i loro morti! Chi vuole aiutare gli indecisi, deve prima di tutto cessare di essere indeciso lui stesso. Quale deve essere il nome del nostro partito per essere scientificamente esatto e per contribuire politicamente ad illuminare la coscienza del proletariato. 19. Passo all’ultima questione, quella del nostro partito. Noi dobbiamo chiamarci Partito comunista, come si chiamavano comunisti Marx e Engels. Noi dobbiamo ripetere che siamo marxisti e che prendiamo per base il Manifesto comunista, svisato e tradito dalla socialdemocrazia su due punti principali: 1. gli operai non hanno patria, la << difesa della patria >> nella guerra imperialistica significa tradimento del socialismo; 2. la teoria marxista dello Stato è stata svisata dalla II Internazionale. La denominazione di << socialdemocratico >> è scientificamente falsa, come dimostrò più d’una volta Marx, specialmente nella Critica del programma di Gotha nel 1875, e come ripetè in forma più popolare Engels nel 1894. Dal capitalismo l’umanità non può passare immediatamente che al socialismo, cioè ala proprietà collettiva dei mezzi di produzione e alla ripartizione dei prodotti proporzionalmente al lavoro di ciascuno. Il nostro partito guarda più lontano: il socialismo è inevitabilmente destinato a trasformarsi a poco a poco in comunismo, sulla cui bandiera è scritto: <<Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni >>. Questo è il mio primo argomento. Ecco il secondo: anche la seconda parte della nostra denominazione (socialdemocratici) è scientificamente errata. La democrazia è una delle forme dello Stato. Invece noi marxisti siamo nemici di ogni Stato. I capi della II Internazionale (1889-1914), i signori Plekhanov, Kautsky e i loro simili, hanno avvilito e pervertito il marxismo. Il marxismo si distingue dall’anarchismo perchè riconosce la necessità di uno Stato per la transizione al socialismo: ma non (ed è ciò che si distingue dalla dottrina di Kautski e consorti) di uno Stato del tipo della democrazia borghese parlamentare ordinaria, bensì di uno Stato del tipo della Comune di Parigi del 1871 e del tipo dei Soviet dei deputati degli operai del 1905 e del 1917.

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Mio terzo argomento: la vita ha creato, la rivoluzione ha già di fatto creato da noi,, quantunque in forma ancora debole embrionale, questo nuovo << Stato >> che non è più uno Stato nel vero senso della parola. E’ già una questione di pratica per le masse, e non solo una teoria a uso e consumo dei capi. Lo Stato, nel senso proprio della parola, è il comando esercitato sulle masse da reparti di uomini armati distinti dal popolo. Il nostro nuovo Stato nascente è anch’esso uno Stato perchè a noi sono necessari reparti di uomini armati, perchè ci è necessario l’ordine più rigoroso, perchè ci è necessaria la repressione spietata, violenta di ogni tentativo controrivoluzionario sia zarista, sia borghese alla Guckov. Ma il nostro nuovo Stato nascente non è più uno Stato nel senso proprio della parola, perchè in vari luoghi della Russia questi reparti di uomini armati sono la massa stessa, tutto il popolo, e non delle persone superiori, distinte dal popolo, privilegiate, praticamente inamovibili. Non è indietro che bisogna guardare, ma avanti, non alla solita democrazia di tipo borghese, la quale rafforza il dominio della borghesia coi vecchi organi amministrativi monarchici: polizia, esercito, burocrazia. Bisogna guardare avanti, verso la nuova democrazia nascente, la quale cessa già d’essere una democrazia, perchè la democrazia è la sovranità del popolo, e il popolo armato non può esercitare la sovranità su se stesso. La parola democrazia, applicata al partito comunista, non è soltanto scientificamente errata. Essa è oggi, dopo il marzo 1917, un paraocchi messo al popolo rivoluzionario per impedirgli di edificare liberamente, coraggiosamente, di sua iniziativa, il nuovo ordine: i Soviet dei deputati degli operai e dei contadini e di tutti gli altri deputati, come potere unico nello << Stato >>, precursore della estinzione di ogni specie di Stato. Mio quarto argomento: bisogna tener conto della situazione obiettiva del socialismo nel mondo. Essa non è più quella che era nel 1871-1914, quando Marx e Engels si rassegnavano coscientemente alla parola opportunista e falsa di << socialdemocrazia >>. Perchè allora, dopo la disfatta della Comune di Parigi, la storia poneva all’ordine del giorno un lento lavoro di organizzazione e di educazione. Non ve n’era altro. Gli anarchici avevano (e hanno sempre) sostanzialmente torto, non solo nella teoria, ma anche dal punto di vista economico e politico. Gli anarchici valutarono male il momento, perchè non compresero la situazione mondiale: l’operaio inglese era corrotto dai profitti imperialistici, la Comune schiacciata, a Parigi, il movimento nazionale borghese aveva appena vinto in Germania (1871), la Russia semifeudale dormiva il suo sonno secolare. Marx e Engels valutarono giustamente il momento, compresero la situazione internazionale, capirono i compiti di una lenta marcia prima dell’inizio della rivoluzione sociale. Dobbiamo saper comprendere, noi pure, i compiti e le particolarità della nuova epoca. Non imitiamo i marxisti da strapazzo dei quali Marx diceva: << Ho seminato draghi e ho raccolto pulci (7)>>. La necessità oggettiva del capitalismo, che si era trasformato in imperialismo, ha generato la guerra imperialista. La guerra ha condotto l’umanità intera sull’orlo dell’abisso, ha condotto alla rovina di ogni cultura, all’abbrutimento e alla morte di milioni e milioni d’uomini. Non c’è via d’uscita, all’infuori della rivoluzione del proletariato. E nel momento in cui comincia questa rivoluzione, in cui essa fa i suoi primi passi timidi, incerti, incoscienti, troppo fiduciosi verso la borghesia, in questo momento la maggioranza (è la verità, è un fatto) dei capi << socialdemocratici >>, dei parlamentari << socialdemocratici >>, dei giornali <<socialdemocratici >>, - e gli organi d’azione delle masse sono proprie questi, - la maggioranza ha abbandonato il socialismo, ha tradito il socialismo, è passata nel campo della << sua >> borghesia nazionale. Le masse sono turbate, sconcertate, ingannate da questi capi. E noi favoriremmo questo inganno e lo faciliteremmo conservando un nome vecchio, stantio, imputridito, come è imputridita la II Internazionale! << Molti >> operai intendono la socialdemocrazia nel senso buono; e sia. Ma è tempo di distinguere

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il soggettivo dall’oggettivo. Soggettivamente, questi operai socialdemocratici sono capi fedelissimi delle masse proletarie. Ma, oggettivamente, la situazione mondiale è tale che la vecchia denominazione del nostro partito facilita l’inganno delle masse e ostacola il movimento progressivo, perchè a ogni passo, in ogni giornale, in ogni gruppo parlamentare,la massa vede dei capi, cioè degli uomini la cui parola è più forte, la cui azione è veduta più da lontano! e questi capi sono tutti << anche socialdemocratici >>, sono tutti << per l’unità >> con i socialsciovinisti traditori del socialismo, e tutti presentano in pagamento vecchie cambiali, emesse dalla << socialdemocrazia >>…. Quali sono gli argomenti opposti?….<< Ci confonderanno con gli anarchici-comunisti >>… Perchè non temiamo d’esser confusi coi socialnazionali, coi socialiberali o coi radicali socialisti, i più avanzati e più esperti, in fatto d’inganno borghese delle masse fra i borghesi della repubblica francese? << Le masse sono abituate al loro partito socialdemocratico, gli operai “lo amano”. >> Ecco il solo argomento; ma è un argomento che respinge la scienza marxista e i compiti del domani nella rivoluzione, e la situazione obiettiva del socialismo nel mondo e il fallimento vergognoso della II Internazionale e il male fatto al lavoro pratico dagli stormi dei << socialdemocratici >> che gironzolano attorno ai proletari. E’ l’argomento dell’abitudinarismo, è l’argomento della letargia, è l’argomento dell’inerzia. Ma noi vogliamo ricostruire il mondo. Noi vogliamo mettere fine alla guerra imperialista mondiale, nella quale sono trascinati centinaia di migliaia d’uomini, nella quale sono coinvolti gli interessi di centinaia e centinaia di miliardi di capitale, e che non può terminare con una pace veramente democratica senza la più grande rivoluzione proletaria della storia. E noi abbiamo paura di noi stessi! Noi restiamo attaccati alla nostra << abitudine >>, alla nostra <cara>> camicia sporca…. E’ tempo di gettar via la camicia sporca, è tempo di mettersi della biancheria pulita. Note (1) Pubblicato per la prima volta, come opuscolo, nel settembre 1917. (2) Lettera di F. Engels a A. Bebel del 18-28 marzo 1875; in K. Marx-F. Engels, Ausgewahlte Briefe, Berlin, Dietz, 1953, p. 347. (3) In K. Marx, La guerra civile in Francia, Roma, Rditori Rinascita, 1947, p. 78. (4) Letteralmente: << stretti >>; così si chiamavano i membri del partito socialdemocratico rivoluzionario bulgaro, fondato nel 1903 dopo la scissione del Partito socialdemocratico. Nel 1919 essi entrarono nell'Internazionale comunista e fondarono il Partito comunista bulgaro. (5) Questa risoluzione fu scritta da Lenin e presentata al congresso delle organizzazioni socialdemocratiche del cantone di Zurigo, a nome dei socialdemocratici svizzeri di sinistra. (6) Si tratta del cosiddetto << prestito della libertà >> lanciato dal governo provvisorio per continuare la guerra e sostenuto da tutti i partiti ad eccezione dei bolscevichi. (7) Citazione di H. Heine, in K. Marx-F. Engels. L'ideologia tedesca, Roma. Editori Riuniti, 1958, p. 518.

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Primo Congresso dei deputati operai e soldati di tutta la Russia

3-23 giugno 1917 Discorso sull'atteggiamento verso il governo provvisorio(1) Compagni, nel breve tempo che mi è concesso non potrò soffermarmi che sulle questioni di principio essenziali trattate dal relatore del Comitato esecutivo e dagli oratori che hanno parlato dopo di lui. Credo ciò sia la cosa più razionale. La prima e principale questione che si poneva davanti a noi era questa: a quale assemblea assistiamo? che cosa sono i Soviet, riuniti qui, nel Congresso dei Soviet di tutta la Russia? che cosa è la democrazia rivoluzionaria di cui si parla qui oltre misura appunto per nascondere che non la si comprende affatto e la si rinnega totalmente? Poichè parlare di democrazia rivoluzionaria davanti al Congresso dei Soviet di tutta la Russia e velare il carattere di questa istituzione, la sua composizione di classe, la sua funzione nella rivoluzione, non dirne nemmeno una parola, e al tempo stesso arrogarsi il titolo di democratico, è cosa strana. Ci si espone il programma di una repubblica parlamentare borghese come ce ne sono state in tutti i paesi dell'Europa occidentale; ci si espone un programma di riforme, ammesse oggi da tutti i governi borghesi, compreso il nostro, e al tempo stesso ci si parla di democrazia rivoluzionaria. Davanti a chi si parla? Davanti ai Soviet. Vi chiedo: vi è in Europa un paese borghese, democratico, repubblicano, in cui esista qualcosa di analogo a questi Soviet? Siete costretti a rispondere che no. Una simile istituzione non esiste in nessun luogo, e non può esistere; perchè, una delle due: o un governo borghese con i << piani >> di riforme che ci sono stati esposti, e i quali sono stati proposti decine di volte in tutti i paesi e sono rimasti sulla carta; oppure l'istituzione alla quale oggi si fa appello, un << governo >>di nuovo tipo, creato dalla rivoluzione, di cui si trovano esempi soltanto nella storia dei più grandi slanci rivoluzionari, come quello del 1792 in Francia, del 1871 nello stesso paese e del 1905 in Russia. I Soviet sono un'istituzione la quale non esiste in nessun Stato di tipo parlamentare borghese abituale, e non può esistere accanto a un governo di tipo borghese. E' uno Stato di tipo nuovo, più democratico che nelle risoluzioni del nostro partito abbiamo chiamato repubblica democratica proletaria e contadina, dove il potere apparterrebbe unicamente ai Soviet dei deputati operai e soldati. Si ha torto di credere che si tratti di una questione teorica; si ha torto di voler rappresentare le cose in modo tale come se questo problema potesse essere eluso; si ha torto di addurre che questa o quella istituzione coesistono accanto ai Soviet degli operai e contadini. Sì, esse coesistono. Ma è precisamente ciò che crea un numero inaudito di malintesi, di conflitti, di attriti. E' precisamente ciò che determina il passaggio della rivoluzione russa dalla sua ascesa iniziale, dal suo primo movimento in avanti, alla sua stagnazione e al rinculo, ai quali noi assistiamo ora nel nostro governo di coalizione, in tutta la politica interna ed estera, in relazione all'offensiva imperialista che si prepara. Una delle due: o un governo borghese abituale, e allora i Soviet dei deputati contadini, operai, soldati e altri sono inutili; essi saranno sciolti dai generali controrivoluzionari, i quali tengono l'esercito nelle loro mani e non prestano alcuna attenzione alle manifestazioni oratorie del ministro Kerenski; oppure essi moriranno di morte ingloriosa. Non vi è altra via di uscita per queste istituzioni che non possono marciare indietro nè segnare il passo, ma possono esistere soltanto marciando in avanti. Ecco un tipo di Stato che non è stato inventato dai russi, che è stato generato dalla rivoluzione, giacchè altrimenti essa non potrebbe vincere. Nell'interno dei Soviet di tutta la Russia gli attriti, la lotta dei partiti per il potere sono inevitabili. Ma ciò sarà l'eliminazione degli errori possibili e delle possibili illusioni mediante la propria esperienza politica delle masse (rumori), e non mediante i rapporti fatti dai ministri che si richiamano a ciò che hanno detto ieri, scriveranno domani e prometteranno dopodomani. Ciò è ridicolo, compagni, per un'istituzione creata dalla rivoluzione russa e di fronte alla quale si pone oggi la questione: essere o non essere. I Soviet non possono continuare a esistere come esistono oggi. Delle persone adulte, degli operai e

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dei contadini, debbono riunirsi, approvare delle risoluzioni e ascoltare dei rapporti i quali non possono essere sottoposti ad alcuna verifica documentale! Un simile tipo di istituzione è una transizione verso la repubblica che creerà - non a parole, ma di fatto - un potere solido, senza polizia e senza esercito permanente, un potere il quale non può ancora esistere nell'Europa occidentale. è un potere senza il quale la rivoluzione russa non potrà vincere, ossia riportare la vittoria sulla grande proprietà fondiaria e sull'imperialismo. Senza questo potere non si può neppure parlare di riportare una simile vittoria. E quanto più riflettiamo sul programma che ci si consiglia di accettare qui sui fatti che ci stanno dinanzi, tanto più stridente ci appare la contraddizione essenziale. Ci si dice, come ha detto il relatore e gli altri oratori, che, vedete, il primo governo provvisorio era cattivo! Ma allorchè i bolscevichi - questi malaugurati bolscevichi - dicevano: << Nessun appoggio, nessuna fiducia a questo governo >>, quante accuse di << anarchismo >> piovevano sulle nostre spalle! Tutti dicono oggi che il governo precedente era un governo cattivo; ma il governo di coalizione, con dei ministri quasi socialisti, in che cosa differisce dal precedente? Non è ora di finirla con le chiacchiere sui programmi, sui progetti? non se ne ha abbastanza? non è ora di passare all'azione? Dal 6 maggio, giorno in cui si formò il governo di coalizione, è già passato un mese. Guardate a che punto siamo, guardate lo sfacelo economico che regna in Russia e in tutti i paesi coinvolti nella guerra imperialista! Come si spiega questo sfacelo? Con la rapacità dei capitalisti. Ecco dov'è la vera anarchia. E questo, secondo le confessioni fatte da un vostro giornale, non da un giornale bolscevico - Dio ce ne scampi! - ma dalla ministeriale Rabociaia Gazieta: i prezzi industriali delle forniture di carbone sono stati rialzati dal governo << rivoluzionario >>!! E il governo di coalizione non ha cambiato nulla a questo riguardo. Ci si chiede com'è possibile istaurare il socialismo in Russia, e in generale effettuare di colpo delle trasformazioni radicali. Vane scappatoie, compagni! Spiegando la loro dottrina, Marx ed Engels hanno sempre detto: << La nostra dottrina non è un dogma, ma una guida per l'azione >>: Un capitalismo puro che si trasformi in socialismo puro non esiste in nessuna parte del mondo, e non può esistere in tempo di guerra; esiste un qualcosa di intermedio, un qualcosa di nuovo, senza precedenti, perchè centinaia di milioni di uomini soccombono, trascinati in una guerra criminale tra i capitalisti. Non si tratta di promettere delle riforme: sono parole vuote; si tratta di fare il passo che è necessario oggi. Se volete evocare la democrazia << rivoluzionaria >>, fate una distinzione fra questa nozione e quella di democrazia riformista con un ministero capitalista, perchè è ora , infine di passare dalle frasi sulla << democrazia rivoluzionaria >> e dalle felicitazioni reciproche per questa <<democrazia rivoluzionaria >>, alla definizione classista, come ci insegna il marxismo e, in generale, il socialismo scientifico. Quello che ci propone è il passaggio alla democrazia riformista con un ministero capitalista. Ciò è forse magnifico se si considerano gli esempi che si vedono generalmente nell'Europa occidentale. Ma oggi tutta una serie di paesi sono alla vigilia della catastrofe, e i provvedimenti pratici, ritenuti così complicati e di così difficile applicazione da dover essere elaborati in modo speciale, - come diceva l'oratore precedente, il cittadino ministro delle poste e telegrafi, - questi provvedimenti sono perfettamente chiari. Egli ha detto che in Russia non vi è un partito politico che si dichiari pronto a prendere tutto il potere nelle sue mani. Io rispondo: - Questo partito c'è! nessun partito può rifiutare di far ciò, e il nostro partito non vi si rifiuta: esso è pronto, in ogni momento, a prendere tutto il potere nelle sue mani. (Applausi, risa.). Potete ridere quanto volete, ma se il cittadino ministro ci pone di fronte a questa questione a fianco di un partito di destra, egli riceverà la risposta che si merita. Nessun partito vi si può sottrarre. Finchè la libertà esiste, finchè le minacce di arresto e di deportazione per la Siberia - proferite dai controrivoluzionari con i quali i nostri ministri quasi-socialisti si trovano uniti in un collegio - non sono che minacce, in simile momento ogni partito dice: - Dateci la vostra fiducia, e noi vi daremo il nostro programma. La nostra conferenza del 29 aprile ha dato questo programma. Disgraziatamente non se ne tiene conto, e non si cerca di ispirarvisi. Occorre spiegarlo probabilmente in modo popolare. Cercherò di dare al cittadino ministro delle poste e telegrafi una spiegazione popolare della nostra risoluzione,

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del nostro programma. Il nostro programma, per ciò che concerne la crisi economica, consiste nell'esigere immediatamente, - perchè in ciò non occorre nessuna dilazione - la pubblicazione di tutti gli inauditi profitti, che raggiungono il 500-800 per cento, che i capitalisti intascano non come capitalisti sul mercato libero, in regime capitalista << puro >>, ma sulle forniture di guerra. Ecco dove appunto è necessario e possibile il controllo operaio. Ecco il provvedimento che dovete prendere, - poichè vi dite democrazia << rivoluzionaria >>, - in nome del Soviet, e che può essere realizzato dall'oggi al domani. Questo non è socialismo. E' aprire gli occhi al popolo sulla vera anarchia e sul vero giuoco con l'imperialismo nel quale sono coinvolti i beni del popolo e centinaia di migliaia di esseri umani, che periranno domani perchè continuiamo a strangolare la Grecia. Pubblicate i profitti dei signori capitalisti, arrestate cinquanta o cento grandi milionari. Basterebbe tenerli dentro qualche settimana, sia pur nelle condizioni privilegiate che sono fatte a Nicola Romanov, semplicemente per costringerli a rivelare le macchinazioni, le combinazioni fraudolente, il fango, il lucro i quali, anche sotto il nuovo governo, costano ogni giorno migliaia e milioni al nostro paese. Ecco la ragione principale dell'anarchia e dello sfacelo, ecco perchè diciamo: da noi tutto è rimasto come prima; il ministero di coalizione non ha cambiato nulla; non ha fatto che aggiungere un po' di declamazione, delle dichiarazioni pompose. Per quanto sinceri siano gli uomini, per quanto sinceri siano nel volere il bene dei lavoratori, la situazione resta immutata: la stessa classe è rimasta al potere. La politica che si fa nel momento attuale non è una politica democratica. Ci si parla di << democratizzazione del potere centrale e di quello locale >>. Ma non sapete dunque che queste parole sono una novità per la Russia? Che negli altri paesi decine di ministri quasi-socialisti hanno fatto al paese promesse simili? Che cosa vogliono esse dire, allorquando ci troviamo di fronte a un fatto vivo, concreto: la popolazione locale elegge le autorità, ma l'abbiccì della democrazia è violato dalle pretese del centro, il quale vuole designare o confermare le autorità locali? I capitalisti continuano a dilapidare i beni nazionali. La guerra imperialista continua. E ci si promette delle riforme ancora delle riforme, sempre delle riforme, le quali in generale non possono essere realizzate in queste condizioni, perchè la guerra schiaccia tutto, tutto determina. Perchè non siete d'accordo con coloro che vi dicono che la guerra non si conduce per i profitti dei capitalisti? Qual'è il criterio da seguire? Quello di sapere innanzi tutto: quale classe è al potere, quale classe continua ad essere il padrone, quale classe continua a guadagnare centinaia di miliardi nelle operazioni bancarie e finanziarie? Sempre la stessa classe capitalista, e quindi la guerra che continua è imperialista. E il primo governo provvisorio e il governo con ministri quasi-socialisti non hanno cambiato nulla. I trattati segreti rimangono segreti: la Russia fa la guerra per gli stretti, per continuare la politica di Liakhov(2) in Persia, ecc. So benissimo che voi non volete ciò, che la grande maggioranza di voi non lo vuole, come non lo vogliono i ministri, perchè non si può volerlo, giacchè ciò vuol dire il massacro di centinaia di milioni di uomini. Ma prendete l'offensiva della quale parlano tanto, oggi, i Miliukov e i Maklakov. Essi capiscono perfettamente di che si tratta, sanno che ciò è connesso con la questione del potere, con la questione della rivoluzione. Ci si dice che bisogna distinguere le questioni strategiche dalle questioni politiche. E persino ridicolo porre una simile questione. I cadetti capiscono benissimo che si tratta di un problema politico. Che la lotta rivoluzionaria per la pace, cominciata dal basso, possa portare a una pace separata, è una calunnia. Il primo passo che avremmo fatto se fossimo stati al potere, sarebbe stato di arrestare i grandi capitalisti e di lacerare tutte le trame dei loro intrighi. Senza di ciò, tutte le frasi sulla pace senza annessioni e senza contribuzioni sono parole vuote. Il secondo passo sarebbe stato dichiarare ai popoli, separatamente dai loro governi, che noi consideriamo tutti i capitalisti come dei banditi: sia Terestcenko, - il quale non è migliore di Miliukov, ma questi è unicamente un po' più stupido, - che i capitalisti francesi e inglesi, e tutti gli altri. Persino le vostre proprie Izvestia si sono talmente imbrogliate, che invece della pace senza annessioni e contribuzioni propongono che si mantenga lo status quo. No, noi comprendiamo altrimenti la pace << senza annessioni >>; e su questo punto persino il Congresso contadino è più

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vicino alla verità quando parla di una repubblica << federativa >>; e con ciò esso esprime l'idea che la repubblica russa non vuole opprimere nessun popolo nè alla nuova nè alla vecchia maniera, non vuole fondare sul principio della violenza i suoi rapporti con nessun popolo, nè con la Finlandia, nè con l'Ucraina, nei riguardi delle quali si suscitano dei conflitti inammissibili, intollerabili. Noi vogliamo una repubblica di Russia una e indivisibile, con un potere solido; ma un potere solido si ottiene soltanto con un accordo volontario dei popoli. << Democrazia rivoluzionaria >>: sono grandi parole, ma applicate a un governo che complica con meschini cavilli la questione dell'Ucraina e della Finlandia, le quali non pretendono nemmeno di separarsi dalla Russia. Esse dicono semplicemente: << Non rinviate all'Assemblea costituente l'applicazione dell'abbiccì della democrazia!>>. E' impossibile conchiudere una pace senza annessioni e contribuzioni sino a quando non avrete rinunciato alle vostre proprie annessioni. Poichè è ridicolo, infine, è una commedia; tutti gli operai dell'Europa ne ridono e dicono: << Le loro parole sono eloquenti; essi invitano i popoli ad abbattere i banchieri. Ma i banchieri di casa loro li mandano nei ministeri >>. Arrestateli, rivelate le loro macchinazioni, scopritene le trame! Voi non lo fate, benchè abbiate a vostra disposizione degli organi investiti del potere ai quali è impossibile resistere. Avete vissuto gli anni 1905 e 1917, sapete che la rivoluzione non si fa su ordinazione, che negli altri paesi le rivoluzioni seguirono la via sanguinosa e dura delle insurrezioni, e in Russia non esiste un gruppo o una classe capace di resistere al potere dei Soviet. In Russia questa rivoluzione è possibile, in via di eccezione, come una rivoluzione pacifica. Questa rivoluzione proponga la pace, oggi o domani, a tutti i popoli, la pace mediante la rottura con tutte le classi dei capitalisti, e noi avremo nel più breve periodo di tempo il consenso e della Francia e della Germania rappresentate dai loro popoli, perchè questi paesi soccombono, perchè la situazione della Germania è disperata, perchè la situazione della Germania è disperata, perchè per essa non c'è salvezza e perchè la Francia... (Il presidente: Il tempo che vi era stato concesso è finito.) Fra mezzo minuto finisco....(Rumori, grida: << Continuate >>, proteste, applausi.) (Il presidente: Comunico al congresso che la presidenza propone di prolungare il tempo concesso all'oratore. Chi è contro? La maggioranza è favorevole.) Dicevo dunque che se in Russia la democrazia rivoluzionaria fosse una democrazia non a parole ma nei fatti, essa spingerebbe avanti la rivoluzione, invece di accordarsi con i capitalisti; invece di parlare della pace senza annessioni nè contribuzioni, essa liquiderebbe le annessioni in Russia, e dichiarerebbe apertamente che considera qualsiasi annessione come un atto criminale, di brigantaggio. Allora sarebbe possibile evitare l'offensiva imperialista, che minaccia di far perire migliaia e milioni di uomini per la spartizione della Persia e dei Balcani. E allora si aprirebbe il cammino verso la pace, cammino che non è facile - non lo neghiamo - cammino che non esclude una guerra veramente rivoluzionaria. Noi non poniamo la questione come la pone oggi Bazarov nella Novaia Gizn; diciamo solo che la Russia è posta in condizioni tali che il suo compito è, alla fine della guerra imperialista, meno difficile di ciò che potrebbe parere. ed essa è posta in una posizione geografica tale che le potenze che si arrischiassero ad appoggiarsi sul capitale, sui suoi interessi rapaci, e a insorgere contro la classe operaia russa e i semiproletari che le sono vicini, vale a dire i contadini poveri, - se vi si decidessero, ciò sarebbe per loro un compito in sommo grado difficile. La Germania è sull'orlo del baratro, e dopo l'intervento dell'America che vuole divorare il Messico, e domani, probabilmente, si metterà in lotta con il Giappone, - dopo questo intervento, la situazione della Germania è disperata: essa sarà annientata. La Francia, la cui posizione geografica fa sì che essa soffra di più di tutti gli altri, e il cui esaurimento ha raggiunto il punto culminante, questo paese - meno affamato della Germania - ha perduto infinitamente più materiale umano che non quest'ultima. Se fin dall'inizio aveste dunque cominciato a mettere un freno ai profitti dei capitalisti russi, e aveste dato loro ogni possibilità di appropriarsi centinaia di milioni di lucro; se aveste proposto a tutti i popoli la pace contro i capitalisti di tutti i paesi dichiarando recisamente che voi non avreste intrapreso alcuna trattativa o negoziazione con i capitalisti tedeschi, o con coloro che direttamente o indirettamente

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fanno il loro giuoco o sono con loro in combutta, che avreste rifiutato di parlare con i capitalisti inglesi e francesi, - allora li avreste messi in stato d'accusa davanti agli operai. Non considerereste come una vittoria l'aver rilasciato un passaporto a MacDonald(3), il quale non ha mai condotto nessuna lotta rivoluzionaria contro il capitale e che si lascia passare perchè non esprime nè le idee, nè i principi, nè la pratica, nè l'esperienza della lotta rivoluzionaria contro i capitalisti inglesi, lotta per la quale il nostro compagno MacLean e centinaia di altri socialisti inglesi sono stati imprigionati, così come il nostro compagno Liebknecht, gettato in galera per aver detto: << Soldati tedeschi, sparate contro il vostro Kaiser! >>. Non sarebbe più giusto mandare i capitalisti-imperialisti in quella stessa galera che, in questa terza Duma - della quale, del resto, non so il numero ordinale, terza o quarta - risuscitata specialmente a tale scopo, la maggioranza dei membri del governo provvisorio ci prepara e ci promette ogni giorno e a proposito della quale nel ministero di giustizia già si scrivono nuovo progetti di legge? MacLean e Liebknecht: tali sono i nomi dei socialisti che traducono in atto l'idea della lotta rivoluzionaria contro l'imperialismo. Ecco quello che bisogna dire a tutti i governi. Per lottare in favore della pace, bisogna metterli in stato di accusa davanti ai popoli. Voi porrete così in una situazione imbarazzante tutti i governi imperialisti. Ma ora siete voi che siete messi nell'imbarazzo, quando il 14 marzo, nel vostro appello per la pace rivolto ai popoli, dicevate: << Abbattete i vostri zar, i vostri re e i vostri banchieri! >>; mentre noi, che disponiamo di un'organizzazione mai vista, ricca per il numero dei suoi membri, per la sua esperienza e forza materiale, come è il Soviet dei deputati operai e soldati, - noi conchiudiamo un blocco con i nostri banchieri, costituiamo un governo di coalizione quasi-socialista e stendiamo dei progetti di riforme come se ne sono stesi in Europa per decine e decine d'anni. Laggiù, in Europa, si deride una lotta siffatta per la pace. Laggiù si comprenderà questa lotta soltanto nel giorno in cui i Soviet prenderanno il potere nelle loro mani e agiranno rivoluzionariamente. Un solo paese al mondo potrà, oggi, far cessare subito la guerra imperialista, prendere dei provvedimenti sul piano della lotta di classe contro i capitalisti senza ricorrere a una rivoluzione sanguinosa; un solo paese, e questo paese è la Russia. E così sarà finchè esisterà il Soviet dei deputati operai e soldati. Del resto esso non potrà esistere a lungo a fianco di un governo provvisorio di tipo comune. E rimarrà com'è solo fino all'istante in cui si passerà all'offensiva. Il passaggio all'offensiva è una svolta in tutta la politica della rivoluzione russa; è il passaggio cioè dall'attesa, dalla preparazione della pace mediante l'insurrezione rivoluzionaria che viene dal basso, alla ripresa della guerra. Il passaggio della fraternizzazione su un solo fronte alla fraternizzazione su tutti i fronti; dalla fraternizzazione spontanea, quando degli uomini scambiano con un proletario tedesco affamato un pezzo di pane con un temperino - cosa per cui sono minacciati dell'ergastolo - alla fraternizzazione cosciente. Tale è il cammino che si presentava. Quando prenderemo il potere nelle nostre mani, terremo a freno i capitalisti; e allora la guerra non sarà più quella che viene condotta nel momento attuale, perchè ciò che definisce una guerra è la classe che la conduce e non quel che è stato scritto su pezzi di carta. Sulla carta si può scrivere tutto ciò che si vuole. Ma sino a quando la classe dei capitalisti sarà rappresentato nel governo da una maggioranza, qualsiasi cosa voi scriviate, per quanto eloquenti voi siate, e qualunque sia l'elenco dei ministri quasi-socialisti, la guerra resta una guerra imperialista. Tutti lo sanno, tutti lo vedono. L'esempio dell'Albania, l'esempio della Grecia e della Persia l'hanno dimostrato con tale chiarezza ed evidenza, che in me desta meraviglia il fatto che tutti attacchino la nostra dichiarazione scritta (sull'offensiva) e nessuno dica una sola parola sugli esempi concreti! E' facile promettere dei progetti; quanto ai provvedimenti concreti, li si rinvia sempre. E' facile scrivere una dichiarazione sulla pace senza annessioni, ma l'esempio dell'Albania, della Grecia e della Persia non è forse avvenuto dopo la formazione del ministero di coalizione? Il Dielo Naroda, che è l'organo governativo, l'organo dei ministri e non l'organo del nostro partito, non ha forse scritto a questo proposito che ci si fa beffe della democrazia russa, che si soffoca la Grecia? E quello stesso Miliukov, che voi rappresentate come Dio sa qualche cima, - mentre non è altro che un semplice membro del suo partito, e Terestcenko non differisce da lui in nulla, - scriveva che la diplomazia

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alleata faceva pressione sulla Grecia. La guerra rimane una guerra imperialista, e per quanto grande sia la vostra volontà di pace, per quanto sincera sia la vostra simpatia per i lavoratori, per quanto sincero sia il vostro desiderio di pace, - sono assolutamente convinto che questo desiderio non può non essere sincero nelle masse, - voi siete impotenti, perchè non si può finire la guerra altrimenti che con lo sviluppo ulteriore della rivoluzione. Quando la rivoluzione incominciò in Russia, incominciò al tempo stesso la lotta rivoluzionaria dal basso per la pace. Se voi aveste preso il potere nelle vostre mani, se il potere fosse passato nelle mani delle organizzazioni rivoluzionarie per la lotta contro i capitalisti russi, i lavoratori degli altri paesi vi avrebbero creduto, e avreste potuto proporre la pace. Allora la nostra pace sarebbe stata garantita da due parti almeno: dalla parte dei due popoli che grondano sangue e la cui causa è disperata, dalla parte della Germania e della Francia. E se le circostanze ci avessero posti di fronte a una guerra rivoluzionaria - nessuno può prevedere e noi non respingiamo questa eventualità - avremmo detto: << Noi non siamo dei pacifisti; non rinneghiamo la guerra se la classe rivoluzionaria è al potere, se essa realmente ha privato i capitalisti di ogni possibilità di influire in qualsiasi modo sugli affari, sull'aggravamento della rovina economica, che permette loro di intascare centinaia di milioni >>. Il potere rivoluzionario avrebbe spiegato e detto a tutti i popoli, senza alcuna eccezione, che essi devono essere liberi, che come il popolo tedesco non ha diritto di condurre la guerra per tenersi l'Alsazia e Lorena, così il popolo francese non ha diritto di fare la guerra per tenersi le colonie. Poichè se la Francia combatte per le sue colonie, la Russia possiede Khiva e Bukhara, che sono anch'esse un qualcosa di simile a colonie, ed allora incomincerà la spartizione delle colonie.Ma come spartirle, secondo quale norma? Secondo la forza. Ma la forza si è cambiata, la situazione dei capitalisti è tale che non esiste altra via se non quella della guerra. Quando avrete preso il potere rivoluzionario, avrete davanti a voi il cammino rivoluzionario verso la pace; appello rivoluzionario ai popoli, spiegazione col vostro esempio della tattica da seguire; si aprirà allora davanti a voi il cammino che conduce alla pace conquistata per via rivoluzionaria; e ciò vi permetterà, con certezza quasi assoluta, di salvare dalla morte centinaia di migliaia di esseri umani. Potrete allora essere certi che i popoli tedesco e francese saranno con voi. Quanto ai capitalisti inglesi, americani e giapponesi, anche se volessero la guerra contro la classe operaia rivoluzionaria - le cui forze si decuplicheranno quando i capitalisti saranno domati, allontanati e il controllo passerà alla classe operaia - anche se i capitalisti americani, inglesi e giapponesi volessero la guerra, si può scommettere che in novantanove casi su cento non potrebbero condurla. Sarà sufficiente dichiarare che non siete dei pacifisti, che difenderete la vostra repubblica, la vostra democrazia operaia, proletaria contro i capitalisti tedeschi, francesi e altri, perchè la pace sia assicurata. Per questo abbiamo dato una così capitale importanza alla nostra dichiarazione sull'offensiva. Eccoci giunti a una svolta della storia rivoluzionaria russa. La rivoluzione russa ebbe inizi coll'aiuto della borghesia imperialista inglese, la quale pensava che la Russia fosse un qualcosa di simile alla Cina e all'India. Si è invece visto sorgere, a fianco del governo - la cui maggioranza è formata oggi dai proprietari fondiari e dai capitalisti - i Soviet, istituzioni rappresentative senza precedenti, di una forza unica al mondo, e che voi uccidete con la vostra partecipazione al ministero di coalizione della borghesia. La rivoluzione russa, invece, ha fatto sì che la lotta rivoluzionaria, condotta dal basso contro il governo capitalista, è accolta ovunque, in tutti i paesi, con triplice simpatia. La questione si pone in questo modo: avanzare o retrocedere. Segnare il passo in un periodo di rivoluzione non si può. Ecco perchè l'offensiva è una svolta in tutta la rivoluzione russa, non per l'importanza strategica dell'offensiva, ma nel senso politico ed economico. Oggi l'offensiva significa - oggettivamente, indipendentemente dalla volontà o dalla coscienza di questo o quel ministro - la continuazione del macello imperialista e il massacro di centinaia di migliaia, di milioni di uomini, per strangolare la Persia e altri popoli deboli. Il passaggio del potere al proletariato rivoluzionario, sostenuto dai contadini poveri, segnerà l'inizio della lotta rivoluzionaria per la pace nelle forme più sicure e meno dolorose che l'umanità conosca; sarà il passaggio a una situazione in cui il potere e la vittoria saranno garantite agli operai rivoluzionari della Russia e del mondo intiero. (Applausi di una parte dell'assemblea.)

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Note (1) Tenuto il 4 (17) giugno 1917 e pubblicato sulla Pravda, nn. 82 e 83, 15 e 16 (28 e 29) giugno 1917. (2) V. P. Liakhov, colonnello russo, comandante delle truppe zariste che nel 1908 repressero la rivoluzione in Persia. (3) Il governo inglese aveva rilasciato un passaporto per la Russia a Ramsay MacDonald, dirigente del Partito operaio indipendente inglese, che era stato invitato dai dirigenti menscevichi.

Sulle parole d'ordine(1) E' troppo spesso avvenuto che, allorquando la storia compie una svolta repentina persino i partiti avanzati non riescono, per un tempo più o meno lungo, a comprendere la nuova situazione e ripetono parole d'rodine che erano giuste la vigilia, ma hanno perduto l'indomani ogni significato, e l'hanno perduto tanto << improvvisamente >> quanto << improvvisamente >> è sopravvenuta la svolta repentina della storia. Qualcosa di simile può accadere, a quanto pare, con la parola d'ordine del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet. Questa parola era giusta durante il periodo definitivamente chiuso della nostra rivoluzione che va, poniamo, dal 27 febbraio al 4 luglio. Questa parola d'ordine - è chiaro - oggi non è più giusta. Se non si comprende questo, è impossibile comprendere qualche cosa delle questioni essenziali del momento attuale. Ogni singola parola d'ordine deve essere dedotta dal complesso delle particolarità di una determinata situazione politica. Ora in Russia, dopo il 4 luglio, la situazione politica è radicalmente diversa dalla situazione del 27 febbraio - 4 luglio. Allora, nel periodo della rivoluzione che è ormai chiuso, imperava nello Stato il cosiddetto <<dualismo del potere >>, espressione materiale e formale di una condizione transitoria e indeterminata del potere statale. Non dimentichiamo che la questione del potere è la questione fondamentale di ogni rivoluzione. Il potere era allora in equilibrio instabile. Il governo provvisorio e i Soviet se lo dividevano in base a un accordo volontario. I Soviet erano delegazioni della massa degli operai e dei soldati armati e liberi, che non subivano cioè nessuna violenza esterna. Le armi nelle mani del popolo, la mancanza di una violenza esterna sul popolo: ecco qual era la sostanza della situazione. Ecco ciò che apriva ed assicurava una via di pacifico sviluppo a tutta la rivoluzione. La parola d'ordine: << Passaggio di tutto il potere ai Soviet >>, era la parola d'ordine del passo immediatamente successivo da compiersi, del passo immediatamente possibile su questa via di pacifico sviluppo. Essa era la parola d'ordine dello sviluppo pacifico della rivoluzione, il quale dal 27 febbraio al 4 luglio era possibile ed era, naturalmente, il più desiderabile ma che oggi è assolutamente impossibile. Secondo ogni probabilità, non tutti i fautori della parola d'ordine; << Passaggio di tutto il potere ai Soviet >> compresero che questa era la parola d'ordine dello sviluppo progressivo, pacifico, della rivoluzione. Pacifico, non soltanto nel senso che nessuno, nessuna classe, nessuna forza seria, allora (dal 27 febbraio al 4 luglio), avrebbe potuto impedire o ostacolare il passaggio del potere ai Soviet. Questo non è ancora tutto. Lo sviluppo pacifico, allora, sarebbe stato possibile anche da quest'altro punto di vista: la lotta delle classi e dei partiti all'interno dei Soviet, se il potere fosse passato ad essi tempestivamente e completamente, avrebbe potuto svolgersi nelle forme più pacifiche e meno dolorose. Non si rivolge ancora attenzione sufficiente a questo ultimo aspetto della questione. I Soviet, per la

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loro composizione di classe erano gli organi del movimento degli operai e dei contadini, la forma già pronta della loro dittatura. Se essi avessero avuto tutto il potere, il principale difetto degli strati piccolo-borghesi - il loro peccato principale, la loro fiducia nei capitalisti - sarebbe stato eliminato attraverso la pratica, sarebbe stato criticato dall'esperienza dei loro stessi provvedimenti. La successione delle classi e dei partiti al potere in seno ai Soviet e sulla base del potere esclusivo e totale di Soviet avrebbe potuto procedere pacificamente; il collegamento di tutti i partiti sovietici con le masse avrebbe potuto restare solido e forte. Non si deve perdere di vista, neppure un istante, che soltanto questo stretto collegamento dei partiti sovietici colle masse, ramificandosi liberamente in estensione e in profondità, avrebbe potuto contribuire a dissipare pacificamente le illusioni piccolo-borghesi sulla conciliazione con la borghesia. Il passaggio del potere ai Soviet non avrebbe modificato i rapporti fra le classi e, di per sè, non avrebbe potuto modificarli; non avrebbe modificato per nulla il carattere piccolo-borghese dei contadini. Ma avrebbe compiuto tempestivamente un gran passo verso il distacco dei contadini dalla borghesia e verso il loro avvicinamento, e più tardi la loro unione, con gli operai. Questo sarebbe stato possibile se il potere fosse passato tempestivamente ai Soviet. Così, tutto sarebbe stato più facile, più vantaggioso per il popolo. Questa sarebbe stata la via meno dolorosa e perciò si doveva lottare molto energicamente per seguirla. Ma questa lotta, la lotta per il passaggio del potere ai Soviet, è ora terminata. La via dello sviluppo pacifico è divenuta impossibile. E' incominciata la via non pacifica, la più dolorosa. La svolta del 4 luglio consiste precisamente nel fatto che, dopo di essa, la situazione obiettiva è cambiata repentinamente. La instabilità del potere è finita. Il potere, nei punti decisivi, è passato alla controrivoluzione. Lo sviluppo dei partiti sulle basi della politica di conciliazione dei partiti piccolo-borghesi, socialista-rivoluzionario e menscevico, con i cadetti controrivoluzionari, ha praticamente condotto entrambi questi partiti piccolo-borghesi ad essere, di fatto, i complici e gli aiutanti dei boia controrivoluzionari. L'incosciente fiducia dei piccolo borghesi nei capitalisti ha portato i primi, nel corso dello sviluppo della lotta di partiti, ad appoggiare coscientemente i controrivoluzionari. Si è chiuso un ciclo dello sviluppo delle relazioni fra i partiti. Il 27 febbraio tutte le classi erano unite contro la monarchia. Dopo il 4 luglio la borghesia controrivoluzionaria, a braccetto dei monarchici e dei centoneri, ha legato a sè i piccoli borghesi socialisti-rivoluzionari e menscevichi, anche intimidendoli, ed ha dato il potere statale effettivo ai Cavaignac, alla cricca militare che fucila gli indocili al fronte e massacra i bolscevichi a Pietrogrado. Sostenere attualmente la parola d'ordine del passaggio del potere ai soviet sarebbe donchisciottesco o ridicolo, perchè ciò significherebbe, obiettivamente, ingannare il popolo, inculcargli l'illusione che ancora oggi i Soviet possano prendere il potere purchè lo vogliano o lo decidano, come se nel Soviet vi fossero ancora dei partiti non infangati dalla complicità con i carnefici, come se fosse possibile annullare ciò che è avvenuto. Sarebbe un gravissimo errore credere che il proletariato rivoluzionario sia capace, per <<vendetta>>, se così si può dire, contro i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi - che hanno dato il loro appoggio al massacro dei bolscevichi, alle fucilazioni al fronte e al disarmo degli operai - di << rifiutarsi >> di appoggiarli di fronte alla controrivoluzione. Porre così la questione vorrebbe dire, innanzi tutto, attribuire al proletariato concezioni morali piccolo-borghesi (perchè il proletariato appoggerà sempre, se sarà utile alla causa, non solo la piccola borghesia esitante, ma anche la grande borghesia), e, in secondo luogo - ed è il principale - sarebbe un tentativo piccolo-borghese di sostituire con la << morale >> l'essenza politica della questione. La sostanza della questione è che, già oggi, il potere non può più essere preso pacificamente. Ormai non si può più conquistarlo se non vincendo, in una lotta decisiva, coloro che lo detengono realmente in questo momento, cioè la cricca militare, i Cavaignac, i quali si appoggiano sulle truppe reazionarie chiamate a Pietrogrado, sui cadetti e sui monarchici. La sostanza della questione è che questi nuovi detentori del potere statale possono essere vinti soltanto dalle masse rivoluzionarie del popolo le quali possono muoversi a condizione, non solo di essere dirette dal proletariato,ma anche a condizione di sottrarsi all'influenza dei partiti socialista-

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rivoluzionario e menscevico, traditori della causa della rivoluzione. Chi introduce nella politica la morale piccolo-borghese ragiona così: ammettiamo che i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi abbiano commesso un << errore >> sostenendo i Cavaignac, i quali disarmano il proletariato ed i reggimenti rivoluzionari, ma si deve dar loro la possibilità di <<correggere>> l'errore, non si deve << render loro più difficile >> questo compito, si deve facilitare lo spostamento della piccola borghesia verso gli operai. Questo ragionamento sarebbe un'ingenuità puerile o semplicemente un assurdo, se non fosse un nuovo inganno per gli operai. Giacchè lo spostamento delle masse piccolo-borghesi verso gli operai consisterebbe soltanto, e precisamente, nel distacco di queste masse dai socialisti-rivoluzionari e dai menscevichi. Il partito socialista-rivoluzionario ed il partito menscevico potrebbero correggere e riparare l'<< errore >> soltanto a condizione di dichiarare Tsereteli e Cernov, Dan e Rakitnikov complici dei carnefici. Noi siamo completamente e assolutamente favorevoli a una simile << correzione >> dell'errore commesso... Abbiamo detto che il problema fondamentale della rivoluzione è il problema del potere. Bisogna aggiungere che proprio le rivoluzioni ci mostrano a ogni passo quanto sia complessa la questione di sapere dove è il vero potere, proprio le rivoluzioni ci mostrano un distacco tra il potere formale e il potere reale. Precisamente in ciò sta una delle principali particolarità di ogni periodo rivoluzionario. Nel marzo e nell'aprile 1917 non si sapeva se il potere reale era nelle mani del governo o nelle mani dei Soviet. Oggi è particolarmente importante che gli operai coscienti vedano chiaramente e a fondo il problema fondamentale della rivoluzione: nelle mani di chi è in questo momento il potere statale? Esaminate quali sono le sue manifestazioni materiali, non scambiate le parole coi fatti, e non vi sarà difficile trovare la risposta. << Lo Stato consiste innanzi tutto - scriveva Friedrich Engels(2) - in reparti di uomini armati, con accessori materiali come le prigioni.>> Oggi, questi reparti sono gli allievi ufficiali e i cosacchi reazionari chiamati appositamente a Pietrogrado, sono coloro che tengono in prigione Kamenev e altri, coloro che hanno proibito la Pravda, coloro che hanno disarmato gli operai e una parte determinata dei soldati, coloro che hanno fucilato una parte determinata dei soldati, coloro che fucilano una parte non meno determinata delle truppe al fronte: questi carnefici sono il potere reale. Tsereteli e Cernov sono ministri senza potere, ministri marionette, capi di partiti che sostengono i carnefici. E' un fatto. E questo fatto non cambia per nulla anche se, com'è probabile, Tsereteli e Cernov, personalmente, non approvano le gesta dei carnefici e se i loro giornali le sconfessano timidamente: tali variopinti orpelli politici non mutano la sostanza della questione. La soppressione dell'organo di 150.000 elettori di Pietrogrado e l'assassinio dell'operaio Voinov, ucciso il 6 luglio dagli allievi ufficiali perchè trasportava dalla tipografia il Listok Pravdy, non sono forse festa di carnefici? Non sono cose degne di Cavaignac? Ci si dirà che nè il governo, nè i Soviet ne sono << colpevoli >>. Tanto peggio per il governo e per i Soviet, - rispondiamo noi, -perchè in questo caso vuol dire che essi non contano nulla, che sono delle marionette, che il potere reale non è nelle loro mani. Innanzi tutto e soprattutto il popolo deve sapere la verità, sapere in quali mani è realmente il potere statale. Bisogna dire tutta la verità al popolo: il potere è nelle mani della cricca militare dei Cavaignac (Kerenski, certi generali, ufficiali, ecc), sostenuta dalla borghesia, come classe, con a capo il partito dei cadetti, con tutti i monarchici che agiscono per mezzo dei giornali ultrareazionari come il Novoie Vremia, il Givoie Slovo, ecc. ecc. Questo potere bisogna abbatterlo. Senza di che tutte le parole sulla lotta contro la controrivoluzione sono frasi vuote, e servono soltanto ad << ingannare se stessi e a ingannare il popolo >>. Questo potere è sostenuto oggi anche dai ministri Tsereteli e Cernov e dai loro partiti; bisogna spiegare al popolo la loro funzione di carnefici, come pure l'inevitabilità di un << finale >> simile per cotesti partiti dopo i loro << errori >> del 21 aprile, del 5 maggio, del 9 giugno, del 4 luglio, e dopo che essi avevano approvato la politica dell'offensiva, la quale garantiva preventivamente con nove probabilità su dieci la vittoria dei Cavaignac nelle giornate di luglio.

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Tutta l'agitazione tra il popolo deve essere riorganizzata in modo che essa tenga conto precisamente dell'esperienza concreta della rivoluzione attuale e più particolarmente delle giornate di luglio, in modo che mostri con chiarezza i veri nemici del popolo, la cricca militare, i cadetti, i centoneri e smascheri chiaramente quei partiti piccolo-borghesi, socialista-rivoluzionario e menscevico, i quali hanno assunto la parte di aiutanti dei carnefici. Tutta l'agitazione tra il popolo deve essere riorganizzata in modo da dimostrare che i contadini non potranno assolutamente ottenere la terra fino a quando il potere della cricca militare non sarà stato rovesciato, fino a quando i partiti socialista-rivoluzionario e menscevico non saranno stati smascherati e privati della fiducia popolare. Questo processo sarebbe molto lungo e molto difficile, in condizioni di << normale >> sviluppo del capitalismo, ma la guerra e lo sfacelo economico accelereranno immensamente lo svolgersi degli avvenimenti. Questi << acceleratori >> sono tali che, per essi, un mese o anche una settimana, possono eguagliare un anno. A ciò che abbiamo detto si opporranno senza dubbio due obiezioni: 1) parlare oggi di lotta decisiva, significa incoraggiare azioni isolate di cui soltanto la controrivoluzione potrebbe avvantaggiarsi; 2) l'abbattimento di quest'ultima significa comunque il passaggio del potere ai Soviet. In risposta alla prima obiezione diciamo: gli operai russi sono già abbastanza coscienti per non lasciarsi provocare in un momento che è palesemente sfavorevole per loro. La loro azione e la loro resistenza farebbero, in questo momento, il giuoco della controrivoluzione: è innegabile. Nè si può negare che la lotta decisiva è possibile soltanto con una nuova spinta rivoluzionaria delle più grandi masse. Ma non basta parlare in termini generali di spinta e di flusso rivoluzionario, di aiuto degli operai occidentali, ecc. Bisogna trarre dal nostro passato una conclusione netta, bisogna tener conto delle lezioni ricevute. E' ciò che fa precisamente la parola d'ordine della lotta decisiva contro la controrivoluzione che ha preso il potere. La seconda obiezione consiste anch'essa nella sostituzione di considerazioni troppo generiche a verità concrete. Nulla, nessuna forza all'infuori della forza del proletariato rivoluzionario può abbattere la controrivoluzione borghese. Precisamente il proletariato rivoluzionario, dopo l'esperienza del luglio 1917, deve prendere di sua iniziativa il potere statale nelle proprie mani poichè altrimenti la vittoria della rivoluzione è impossibile. Il potere al proletariato sostenuto dai contadini poveri o dai semiproletari: ecco la sola soluzione. E abbiamo già detto quali circostanze possono grandemente accelerarla. I Soviet possono e devono intervenire in questa nuova rivoluzione, ma non i Soviet attuali, organi di conciliazione con la borghesia. E' un fatto che anche allora noi saremo fautori di una struttura statale di tipo sovietico. Non si tratta dei Soviet in generale, ma di combattere la controrivoluzione attuale e il tradimento dei Soviet attuali. Sostituire l'astratto al concreto è, in tempi rivoluzionari, una delle colpe più gravi e più pericolose. I Soviet attuali hanno fatto bancarotta, sono falliti completamente perchè erano dominati dai partiti socialista-rivoluzionario e menscevico. Oggi questi Soviet rassomigliano a montoni condotti al mattatoio e che belano lamentosamente sotto la scure. I Soviet sono oggi impotenti ed abbandonati a se stessi di fronte alla controrivoluzione che ha vinto e che vince. La parola d'ordine del passaggio del potere ai Soviet potrebbe essere compresa come un << semplice >> invito alla presa del potere da parte dei Soviet attuali, ma parlare questo linguaggio, lanciare simili appelli oggi, significherebbe ingannare il popolo. Nulla è più pericoloso dell'inganno. Un ciclo dello sviluppo della lotta delle classi e dei partiti in Russia - 27 febbraio- 4 luglio - si è chiuso. Comincia un nuovo ciclo nel quale non entrano le vecchie classi, i vecchi partiti, i vecchi Soviet, ma le classi, i partiti e i Soviet rinnovati nel fuoco della lotta, temprati, ammaestrati, rigenerati nel corso della lotta. Non indietro, ma avanti dobbiamo guardare. Non bisogna operare con le vecchie categorie delle classi e dei partiti, ma con le nuove, quelle del periodo successivo al luglio. Il punto di partenza, all'inizio di questo nuovo ciclo, dev'essere che la borghesia controrivoluzionaria ha vinto grazie alla collaborazione dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi e che essa può essere vinta soltanto dal proletariato rivoluzionario. Naturalmente, questo nuovo ciclo comprenderà molte fasi diverse, fino alla vittoria definitiva della

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controrivoluzione, e fino alla sconfitta definitiva (senza lotta) dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, e fino alla nuova ondata di una nuova rivoluzione. Ma di questo non si potrà parlare che più tardi, quando tali fasi si delineeranno in modo preciso... Ogni rivoluzione segna una svolta repentina nella vita delle grandi masse popolari. Finchè questa svolta non è matura, una vera rivoluzione non può avvenire. E nello stesso modo che una svolta nella vita di un qualunque individuo è, per lui, piena di ammaestramenti e gli fa vivere e sentire molte cose, così la rivoluzione dà in poco tempo a tutto il popolo gli insegnamenti più sostanziali e preziosi. Durante le rivoluzioni milioni e decine di milioni di uomini imparavano in una settimana più che in un anno di vita abitudinaria e sonnolenta, perchè una svolta brusca della vita di un popolo permette di rendersi conto nettamente dei fini perseguiti dalle classi sociali, delle loro forze e dei mezzi con i quali agiscono. Note (1) Scritto alla metà di luglio 1917 e pubblicato in opuscolo nello stesso anno. (2) L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Roma, Editori Riuniti, 1963, p. 201.

Gli insegnamenti della rivoluzione(1) Ogni rivoluzione segna una svolta repentina nella vita delle grandi masse popolari. Finchè questa svolta non è matura, una vera rivoluzione non può avvenire. E nello stesso modo che una svolta nella vita di un qualunque individuo è, per lui, piena di ammaestramenti e gli fa vivere e sentire molte cose, così la rivoluzione dà in poco tempo a tutto il popolo gli insegnamenti più sostanziali e preziosi. Durante le rivoluzioni milioni e decine di milioni di uomini imparano in una settimana più che in un anno di vita abitudinaria e sonnolenta, perchè una svolta brusca della vita di un popolo permette di rendersi conto nettamente dei fini perseguiti dalle classi sociali, delle loro forze e dei mezzi con i quali agiscono. Ogni operaio, soldato, contadino cosciente deve riflettere attentamente sugli insegnamenti della rivoluzione russa, soprattutto ora, alla fine di luglio, quando è diventato evidente che la prima fase della nostra rivoluzione è finita con uno scacco. I. Vediamo infatti: che cosa reclamavano le masse operaie e contadine facendo la rivoluzione? Che cosa attendevano dalla rivoluzione? E' ben noto che ne attendevano la libertà, la pace, il pane, la terra. Che vediamo oggi? Invece della libertà si comincia a stabilire il vecchio regime di arbitrio. Si istituisce la pena capitale per i soldati al fronte, si traducono davanti ai tribunali i contadini che, per moto spontaneo, si sono impadroniti delle terre dei grandi proprietari fondiari. Si devastano le tipografie dei giornali operai. Si sospendono, senza processo, i giornali operai. Si arrestano i bolscevichi e spesso non ci si prende neppure la briga di incolparli di qualche reato o si presentano accuse evidentemente calunniose. Ci si obietterà forse che le persecuzioni scatenate contro i bolscevichi non violano la libertà, perchè

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colpiscono solo delle persone determinate in seguito ad accuse determinate. Ma questa obiezione è di una falsità evidente e dolosa, perchè non si può devastare una tipografia nè sospendere dei giornali per delitti commessi da qualche individuo, anche se questi delitti fossero provati e riconosciuti dai tribunali. Diversa sarebbe la situazione se il governo avesse dichiarato criminoso con una legge tutto il partito bolscevico, il suo indirizzo, le sue idee. Ma tutti sanno che il governo della libera Russia non poteva fare e non ha fatto nulla di simile. Ora, è di capitale importanza il fatto che i giornali dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti si siano abbandonati a furiosi attacchi contro i bolscevichi per l'azione volta da questi contro la guerra, contro i grandi proprietari fondiari, contro i capitalisti; ed abbiano reclamato ad alta voce l'arresto e la repressione contro i bolscevichi quando ancora nessuna accusa era stata inventata contro nessun bolscevico. Il popolo vuole la pace. Ma il governo rivoluzionario della libera Russia ha ricominciato la guerra di conquista ubbidendo ai trattati segreti che l'ex zar Nicola II concluse con i capitalisti inglesi e francesi per dare ai capitalisti russi la possibilità di saccheggiare dei popoli stranieri. Questi trattati segreti non sono ancora stati pubblicati: Il governo della libera Russia, con mille pretesti, non ha finora proposto una pace equa a tutti i popoli. Non c'è pane. La carestia incombe nuovamente. Tutti vedono che i capitalisti ed i ricchi frodano sfrontatamente lo Stato con le forniture di guerra (la guerra costa oggi al popolo 50 milioni di rubli al giorno) e realizzano, con il rialzo dei prezzi, guadagni favolosi, mentre nulla, assolutamente nulla, è stato fatto per organizzare un controllo serio della produzione e della distribuzione dei prodotti fra gli operai. I capitalisti, sempre più impudenti, gettano gli operai sul lastrico mentre il popolo soffre per mancanza di merci. L'immensa maggioranza dei contadini ha nettamente e categoricamente dichiarato in numerosi congressi che essi considerano la grande proprietà fondiaria come una iniquità ed una forma di rapina. Ma il governo, che si dice rivoluzionario e democratico e che continua da mesi a ingannare i contadini, li mena per il naso con promesse e dilazioni. Per parecchi mesi i capitalisti non hanno permesso al ministro Cernov di promulgare la legge che proibisce la compravendita delle terre. E quando tale legge è stata finalmente promulgata, i capitalisti hanno cominciato contro Cernov l'odiosa campagna di diffamazione che continua ancora oggi. Il governo difende i grandi proprietari fondiari con tanta sfacciataggine da tradurre in tribunale i contadini per occupazione << arbitraria>> delle terre. Si menano i contadini per il naso raccomandando loro di attendere l'Assemblea costituente. I capitalisti continuano intanto a prorogarne la convocazione. Oggi che, sotto la pressione dei bolscevichi, la convocazione è stata fissata per il 30 settembre, i capitalisti gridano che è <<impossibile accettare un termine così breve >> e reclamano il rinvio dell'Assemblea costituente a una data ulteriore...I membri più influenti del partito dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari - del partito << cadetto >> o del partito della << libertà del popolo >> - per esempio Panin, propugnano apertamente il rinvio dell'Assemblea costituente alla fine della guerra. Per la terra, si aspetta l'Assemblea costituente. Per l'Assemblea costituente, si aspetta la fine della guerra. Perchè la guerra finisca, si aspetta la vittoria completa. Ecco il risultato! I capitalisti e i grandi proprietari fondiari che hanno la maggioranza nel governo si beffano dei contadini. II. Come ha potuto avvenire questo in un paese libero, dopo l'abbattimento del potere zarista? In un paese non libero, lo zar ed un pugno di capitalisti, di grandi proprietari fondiari, di funzionari che nessuno aveva eletto, governano il popolo. In un paese libero il popolo è governato solo da coloro che esso ha eletto e per tale scopo. Durante le elezioni il popolo si divide in partiti e ciascuna classe della popolazione costituisce di solito il proprio partito. Per esempio, i grandi proprietari fondiari, i contadini, i capitalisti, gli operai costituiscono partiti distinti. Ed è per questo che, nei paesi liberi, il popolo è governato mediante le lotte aperte dei partiti ed i liberi accordi tra di essi. Dopo l'abbattimento del potere zarista, avvenuto il 27 febbraio 1917, la Russia, per circa quattro

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mesi, fu governata, come tutti i paesi liberi attraverso la lotta aperta dei partiti liberamente formati e i liberi accordi tra di essi. Per comprendere lo sviluppo della rivoluzione russa, è quindi necessario studiare quali erano i principali partiti, quali interessi di classe difendevano e quali erano i reciproci loro rapporti. III. Rovesciano il potere zarista, il potere statale passò al primo governo provvisorio. Quel governo era formato dai rappresentanti della borghesia, cioè dei capitalisti, ai quali si erano uniti anche i grandi proprietari. Il partito dei << cadetti >>, il principale partito dei capitalisti, era in prima fila come partito dirigente e di governo della borghesia. Il potere non gli era capitato tra le mani per caso, quantunque gli operai, i contadini, i marinai ed i soldati - e non i capitalisti - avessero versato il loro sangue per la libertà combattendo contro le truppe dello zar. Il partito dei capitalisti giungeva al potere perchè questa classe aveva la forza della ricchezza, dell'organizzazione e dell'istruzione. Dopo il 1905, e soprattutto durante la guerra, la classe capitalistica ed i grandi proprietari fondiari che le si erano uniti, avevano compiuto in Russia progressi soprattutto nel campo dell'organizzazione. Il partito cadetto è sempre stato - nel 1905, come dal 1905 al 1917 - un partito monarchico. Dopo la vittoria del popolo sulla tirannide zarista, si dichiarò repubblicano. La storia mostra che i partiti capitalistici, dopo che il popolo ha vinto la monarchia, consentono sempre a essere repubblicani, purchè possano difendere i privilegi dei capitalisti e la loro onnipotenza sul popolo. A parole, il partito cadetto è per la << libertà del popolo >>: In realtà esso sta dalla parte dei capitalisti ed i grandi proprietari fondiari, i monarchici, i centoneri si sono tutti immediatamente posti al suo fianco. Lo provano i giornali e le elezioni. Dopo la rivoluzione e tutta la stampa borghese e tutti i giornali dei centoneri fanno coro ai cadetti. Tutti i partiti monarchici, non osando presentarsi apertamente alle elezioni, per esempio a Pietrogrado, hanno appoggiato i cadetti. Ottenuto il potere governativo, i cadetti tesero tutti i loro sforzi per la continuazione della guerra di conquista e di brigantaggio cominciata dallo zar Nicola II, che aveva concluso trattati segreti di rapina con i capitalisti inglesi e francesi. Quei trattati promettevano ai capitalisti russi, in caso di vittoria, Costantinopoli, la Galizia, l'Armenia, ecc. Il governo dei cadetti cercò di cavarsela con pretesti e facendo al popolo vuote promesse, rinviando la soluzione delle grandi questioni di interesse vitale per gli operai e per i contadini all'Assemblea costituente, di cui, d'altra parte, non stabiliva la data di convocazione. Il popolo, approfittando della libertà, cominciò a organizzarsi da sè. I Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini erano l'organizzazione principale degli operai e dei contadini, i quali formano l'immensa maggioranza della popolazione della Russia. I Soviet avevano cominciato a costituirsi durante la rivoluzione di febbraio, e qualche settimana dopo, nella maggior parte delle grandi città e in molti distretti, tutti gli operai ed i contadini progrediti e coscienti erano uniti nei Soviet. I Soviet erano eletti in piena libertà. I Soviet erano le vere organizzazioni delle masse popolari operaie e contadine. I Soviet erano le vere organizzazioni dell'immensa maggioranza del popolo. Gli operai e i contadini in uniforme erano armati. Naturalmente i Soviet potevano e dovevano prendere nelle loro mani tutto il potere statale. Nello Stato, non avrebbe dovuto esservi nessun altro potere fino alla riunione dell'Assemblea costituente. Solo così la nostra rivoluzione sarebbe stata veramente popolare, veramente democratica. Solo così le masse lavoratrici, che aspirano realmente alla pace, che non hanno alcun interesse alla continuazione di una guerra di conquista, avrebbe potuto cominciare a svolgere fermamente, risolutamente, una politica capace di por termine alla guerra di conquista e di portare alla pace. Solo così gli operai ed i contadini avrebbero potuto domare i capitalisti che guadagnano somme favolose << sulla guerra >> e trascinano il paese allo sfacelo ed alla fame. Ma in seno ai Soviet, il partito degli operai rivoluzionari, il partito socialdemocratico-bolscevico, che esigeva il passaggio di tutto il potere statale ai Soviet, aveva dalla sua parte solo una minoranza dei deputati. La maggioranza dei deputati era favorevole ai partiti socialdemocratico-menscevico e socialista-rivoluzionario, che

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si dichiaravano contro il passaggio del potere ai Soviet. Invece di togliere di mezzo il governo della borghesia e sostituirlo con un governo dei Soviet, quei partiti sostenevano il governo borghese, l'accordo con questo, la formazione di un governo di coalizione. Questa politica di conciliazione con la borghesia, seguita dai partiti socialista-rivoluzionario e menscevico, in cui aveva fiducia la maggioranza del popolo, è in sostanza il fenomeno fondamentale dello sviluppo della rivoluzione in tutti e cinque i mesi trascorsi dopo il suo inizio. IV. Vediamo innanzi tutto come si svolgeva questa politica di conciliazione tra i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi da una parte e la borghesia dall'altra, e poi cercheremo di spiegare come mai la maggioranza del popolo aveva fiducia in questi partiti. V. I menscevichi ed i socialisti-rivoluzionari hanno applicato la loro politica di conciliazione con i capitalisti, in una forma o nell'altra, in tutti i periodi della rivoluzione russa. Negli ultimi giorni del febbraio 1917, appena il popolo ebbe vinto e il potere zarista apparve distrutto, il governo provvisorio dei capitalisti incluse Kerenski nel ministero, come<< socialista >>. In realtà Kerenski non era mai stato socialista: non era che un << trudovik >> e passò ai <<socialisti-rivoluzionari >> soltanto nel marzo 1917, cioè quando l'adesione al partito socialista-rivoluzionario divenne non pericolosa e non svantaggiosa. Il governo provvisorio capitalista tentò subito, per mezzo di Kerenski, vicepresidente del Soviet di Pietrogrado, di accattivarsi il Soviet e di addomesticarlo. Il Soviet, cioè i socialisti-rivoluzionari ed i menscevichi che vi predominavano, si lasciò addomesticare e acconsentì, subito dopo la formazione del governo provvisorio capitalista, a << sostenerlo >> << nella misura >> in cui avrebbe mantenuto le sue promesse. Il Soviet si considerava incaricato di sorvegliare e di controllare gli atti del governo provvisorio. I capi del Soviet crearono la cosiddetta commissione di << contatto >> per assicurare il collegamento con il governo. In questa commissione, i capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi che erano, in realtà, dei ministri senza portafoglio o dei ministri ufficiosi, mercanteggiavano continuamente con il governo capitalista. Questa situazione durò tutto il paese di marzo e quasi tutto il mese di aprile. I capitalisti, che cercavano di guadagnare tempo, tergiversavano e rimandavano. Durante quel periodo, il governo capitalista non fece neppure un gesto più o meno serio per sviluppare la rivoluzione. Non fece niente, assolutamente niente, neppure per adempiere il suo compito immediato, per convocare l'Assemblea costituente. Non pose la questione dinanzi alle organizzazioni locali, non costituì neppure la commissione centrale che avrebbe dovuto studiarla. Il governo aveva una sola preoccupazione: rinnovare segretamente i trattati briganteschi che lo zar aveva concluso con i capitalisti di Francia e di Inghilterra, frenare nel modo più prudente e più insensibile la rivoluzione, promettere tutto e nulla mantenere. Nella << commissione di contatto >> i socialisti-rivoluzionari ed i menscevichi recitavano la parte di ingenui, che si nutrivano con frasi, con promesse, con dei <<domani!>>. I socialisti-rivoluzionari e i menscevichi abboccavano come il corvo della favola e ascoltavano compiacenti e fiduciosi i capitalisti che protestavano la loro grande stima per i Soviet e assicuravano di non poter fare nulla senza di questi. Ma in realtà il tempo passava senza che il governo dei capitalisti facesse la più piccola cosa per la rivoluzione. Contro la rivoluzione, riuscì però in tale periodo a rinnovare i trattati segreti briganteschi o, più esattamente, a confermarli e a << ravvivarli >> per mezzo di trattative complementari, non meno segrete, con i diplomatici dell'imperialismo franco-inglese. Contro la rivoluzione il governo riuscì in quel periodo a gettare le basi di un'organizzazione controrivoluzionaria (o almeno di un avvicinamento) tra i generali e gli ufficiali dell'esercito attivo. Contro la rivoluzione il governo riuscì in quel periodo a spinger all'organizzazione gli industriali, i padroni di officine, i fabbricanti che si vedevano costretti a cedere passo passo sotto la spinta degli operai, ma che cominciavano a sabotare la produzione e a prepararne l'arresto per il momento opportuno. D'altra parte però, l'organizzazione degli operai e dei contadini coscienti nei Soviet progrediva ininterrottamente. I migliori rappresentanti delle classi oppresse sentivano che il

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governo, malgrado l'accordo con il Soviet di Pietrogrado, malgrado la retorica di Kerenski, malgrado l'esistenza di una << commissione di contatto >>, rimaneva un nemico del popolo, un nemico della rivoluzione. Le masse sentivano che la causa della pace, della libertà, della rivoluzione sarebbe stata infallibilmente perduta se non si fosse spezzata la resistenza dei capitalisti. L'impazienza e la collera ingigantivano nelle masse. VI. L'impazienza e la collera scoppiarono il 20-21 aprile. Il movimento fu spontaneo; nessuno l'aveva preparato. Era così nettamente diretto contro il governo, che un reggimento armato si recò al palazzo Mariinski per arrestare i ministri. Tutti compresero chiaramente che il governo non poteva più resistere. I Soviet potevano (e dovevano) prendere il potere senza che nessuna resistenza potesse esser loro opposta da parte di chicchessia. Ma i socialisti-rivoluzionari ed i menscevichi preferirono sostenere il crollante governo dei capitalisti, venire a nuovi compromessi con il governo stesso e fare passi ancora più fatali, che condurranno la rivoluzione alla rovina. La rivoluzione ammaestra tutte le classi con una rapidità e con un vigore sconosciuti in tempo normale, in tempo di pace: I capitalisti meglio organizzati e più esperti di chiunque altro nella lotta delle classi e nella politica, approfittarono dell'insegnamento più rapidamente delle altre classi. Vedendo che la situazione del governo era insostenibile, ricorsero ad un sistema di cui s'erano serviti per interi decenni, dopo il 1848, i capitalisti degli altri paesi, per ingannare, dividere e indebolire gli operai. Il mezzo consiste nella formazione di un ministero detto di << coalizione >>, che riunisce cioè rappresentanti della borghesia e transfughi del socialismo. Nei paesi in cui la libertà e la democrazia esistono da lungo tempo accanto al movimento operaio rivoluzionario, in Inghilterra e in Francia, i capitalisti hanno adoperato tale mezzo molte volte e con gran successo. I capi << socialisti >> entrati in un ministero borghese si sono sempre rivelati marionette, fantocci che servono ad ingannare gli operai, uomini di paglia dietro ai quali si nascondono i capitalisti. I capitalisti << democratici e repubblicani >> di Russia ricorsero a tale mezzo. I socialisti-rivoluzionari e i menscevichi si lasciarono subito giuocare; il 6 maggio il ministero di << coalizione >>, che comprendeva Cernov, Tsereteli e consorti, era un fatto compiuto. Gli ingenui socialisti-rivoluzionari e menscevichi gongolarono. La gloriola ministeriale dei loro capi li circondava di un'aureola di albagia. I capitalisti si fregarono le mani con soddisfazione, giacchè si erano assicurati contro il popolo l'aiuto di << capi dei Soviet >> ottenendone la promessa di sostenere << l'offensiva al fronte >>, cioè la ripresa della brigantesca guerra imperialista, interrotta di fatto. I capitalisti conoscevano bene la tronfia impotenza di quei capi, sapevano che le promesse fatte dalla borghesia - controllo ed organizzazione della produzione, politica di pace, ecc. - non sarebbero state mantenute. E così avvenne. La seconda fase dello sviluppo della rivoluzione, che va dal 6 maggio al 9 o al 18 giugno, ha giustificato completamente i calcoli dei capitalisti che avevano puntato sulla stupidità dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi. Mentre Plekhanov e Skobelev ingannavano se stessi e il popolo con frasi pompose, mentre parlavano di confiscare il 100% dei profitti dei capitalisti, mentre affermavano che la <<resistenza>> di questi ultimi << era spezzata >, ecc., i capitalisti continuavano a rafforzarsi. In realtà nulla fu fatto durante questo periodo, assolutamente nulla, per smorzarne gli appetiti. I transfughi del socialismo diventati ministri si dimostravano macchine parlanti destinate a ingannare le classi oppresse, mentre tutta la direzione dell'apparato statale rimaneva di fatto nelle mani della burocrazia e della borghesia. Il famigerato Palcinski, sottosegretario all'industria, fu uno dei rappresentanti tipici di quell'apparato, che si opponeva a tutti i provvedimenti che potessero colpire i capitalisti. I ministri chiacchieravano e la situazione rimaneva immutata. La borghesia si serviva in modo particolare del ministro Tsereteli per combattere la rivoluzione. Lo si mandò << a calmare >> Kronstadt, dove i rivoluzionari avevano osato destituire il commissario del governo. La stampa borghese scatenò contro Kronstadt, che accusava di volersi << separare >> dalla Russia - questa sciocchezza fu ripetuta su tutti i toni - una campagna clamorosa, accanita, prima di odio, di menzogne, di calunnie, di diffamazione, destinata a intimidire la piccola borghesia

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e i filistei. Tsereteli, il più tipico rappresentante dei filistei ottusi e atterriti, si lasciò <<coscienziosamente >> prendere all'amo dalla borghesia e si sforzò con il più grande zelo di <<fulminare e pacificare >> Kronstadt, senza comprendere di essere così diventato un lacchè della borghesia controrivoluzionaria. Egli divenne lo strumento mediante il quale la borghesia concluse con Kronstadt rivoluzionaria un << accordo >>, per cui il commissario governativo di quella città non sarebbe stato puramente e semplicemente nominato dal governo, ma sarebbe stato eletto sul posto e confermato dal governo. Questi miserabili compromessi assorbivano tutto il tempo dei ministri passati dal socialismo alla borghesia. Dove un ministro borghese non avrebbe potuto presentarsi a difendere il governo, dinanzi agli operai rivoluzionari o nei Soviet, là si presentava (o meglio: veniva inviato dalla borghesia) un ministro << socialista >> - Skobelev, Tsereteli, Cernov o un altro - che adempiva coscienziosamente al compito di servire la borghesia, sudava sangue, difendeva il ministero, assolveva di tutto i capitalisti, ingannava il popolo ripetendogli di aspettare e di aspettare. Il ministro Cernov era soprattutto assorbito dai mercanteggiamenti con i suoi colleghi borghesi: fino al luglio, fino alla nuova << crisi del potere >> che avvenne dopo il movimento del 3-4 luglio, fino alle dimissioni dei ministri cadetti, il ministro Cernov << esortò >> continuamente - ed era questo il lavoro utile e interessante al quale egli si dedicava nell’interesse superiore del popolo - i suoi colleghi borghesi ad acconsentire almeno alla proibizione della compravendita della terra. Questo provvedimento fu promesso nella maniera più solenne ai contadini al Congresso (Soviet) dei delegati contadini, a Pietrogrado. Ma la promessa rimase promessa. Cernov non potè mantenerla nè in maggio nè in giugno, fino a quando l’ondata rivoluzionaria del 3-4 luglio, esplosione spontanea che coincise con le dimissioni dei ministri cadetti, non gli ebbe permesso di applicare tale provvedimento. Ma anche allora questo provvedimento rimase isolato, incapace di migliorare seriamente le condizioni dei contadini in lotta contro i grandi proprietari fondiari per la terra. Nello stesso tempo, al fronte, il compito controrivoluzionario, il compito imperialista di ricominciare la guerra brigantesca, il compito cui un Guckov detestato dal popolo non aveva potuto adempiere, veniva adempiuto brillantemente dal << democratico-rivoluzionario >> Kerenski, recentissimo membro del partito socialista-rivoluzionario. Kerenski si inebriava della propria eloquenza: gli imperialisti lo incensavano, lo lusingavano, lo idolatravano e giuocavano con lui come con una pedina sulla scacchiera, perchè egli serviva anima e corpo i loro interessi, incitando le << truppe rivoluzionarie >> a riprendere la guerra per eseguire i trattati conclusi dallo zar Nicola II con i capitalisti di Francia e di Inghilterra, con lo scopo di far guadagnare ai capitalisti russi Costantinopoli e Leopoli, Erzerum e Trebisonda. Questi avvenimenti si susseguirono nella seconda fase della rivoluzione russa, dal 6 maggio al 9 giugno. La borghesia controrivoluzionaria russa si rafforzò, migliorò le proprie posizioni dietro il paravento e sotto l’egida dei ministri << socialisti >>, preparò l’offensiva contro gli operai rivoluzionari. VII: Il partito degli operai rivoluzionari, il partito bolscevico, preparava per il 9 giugno una manifestazione a Pietrogrado per dar modo alle masse di esprimere in maniera organizzata il loro malcontento e la loro indignazione irresistibilmente cresciuta. I capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi, impigliati nella loro collaborazione con la borghesia, legati dalla politica imperialistica dell’offensiva, vedendo irrimediabilmente compromessa la loro influenza sulle masse, furono atterriti. Un coro di proteste si levò da ogni parte contro la manifestazione, e si videro uniti stavolta i cadetti controrivoluzionari con i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi. Sotto la direzione dei partiti socialista-rivoluzionario e menscevico, e come conseguenza della loro politica di conciliazione con i capitalisti, la conversione delle masse piccolo-borghesi verso l’alleanza con la borghesia controrivoluzionaria si precisò pienamente, con estrema chiarezza. Questa è la portata storica, questo è il significato di classe della crisi del 9 giugno. I bolscevichi, che non desideravano affatto condurre gli operai a una lotta disperata contro i cadetti, i socialisti-rivoluzionari e menscevichi uniti, rinunciarono alla manifestazione. I socialisti-

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rivoluzionari e i menscevichi però, volendo conservare almeno qualche residuo di influenza sulle masse, si videro obbligati a fissare per il 18 giungo una manifestazione generale. La borghesia era fuori di sè perchè si rendeva conto, molto giustamente, che la democrazia piccolo-borghese oscillava in quel momento verso il proletariato. La borghesia decise di paralizzare l’azione della democrazia scatenando l’offensiva al fronte. La manifestazione del 18 giugno diede infatti tra le masse di Pietrogrado una vittoria veramente imponente alle parole d’ordine del proletariato rivoluzionario, alle parole d’ordine del bolscevismo. Il 19 giugno la borghesia e il bonapartista Kerenski annunciarono solennemente che, proprio il 18 giugno, un’offensiva era stata scatenata al fronte. L’offensiva significava praticamente la ripresa della guerra brigantesca nell’interesse dei capitalisti contro la volontà dell’immensa maggioranza dei lavoratori. Perciò all’offensiva erano inevitabilmente legati, da una parte un formidabile rafforzamento dello sciovinismo, e il passaggio del potere militare (e, per conseguenza, statale) alla banda gallonata dei bonapartisti, e d’altra parte il ricorso alla violenza contro le masse, alla persecuzione contro gli internazionalisti, alla soppressione della libertà di agitazione, agli arresti e alle esecuzioni dei nemici della guerra. Se la giornata del 6 maggio aveva legato i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi al carro trionfale della borghesia, la giornata del 18 giugno ve li incatenò come servitori dei capitalisti. VIII. La ripresa della guerra brigantesca doveva accrescere, naturalmente, con rapidità e violenza ancora maggiori la collera delle masse. Il 3 e il 4 luglio avvenne lo scoppio dell’indignazione delle masse, che i bolscevichi tentarono di contenere e al quale essi dovevano sforzarsi - si capisce - di dare la forma più organizzata. Schiavi della borghesia, incatenati dai loro padroni, i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi sottoscrissero tutto ciò che fu loro proposto: sottoscrissero l’entrata delle truppe reazionarie a Pietrogrado, il ristabilimento della pena di morte, il disarmo degli operai e delle truppe rivoluzionarie, gli arresti, le persecuzioni, la sospensione arbitraria dei giornali. Il potere, di cui la borghesia non poteva impadronirsi interamente in seno al governo e che i Soviet non volevano prendere, cadde nelle mani della cricca dei generali bonapartisti sostenuti senza riserva, naturalmente, dai cadetti, dai centoneri, dai grandi proprietari fondiari e dai capitalisti. Di gradino in gradino, una volta entrati sul piano inclinato della conciliazione con la borghesia, i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi continuarono a scivolare irresistibilmente e sempre più in giù fino in fondo. Il 28 febbraio avevano promesso nel Soviet di Pietrogrado un appoggio condizionato al governo borghese. L’avevano salvato il 6 maggio dal fallimento, e, acconsentendo all’offensiva, si erano lasciati trasformare in difensori ed in servi del governo. Si erano uniti il 9 giugno alla borghesia controrivoluzionaria nella campagna velenosa di menzogne e di calunnie scatenata contro il proletariato rivoluzionario. Approvarono il 19 giugno la ripresa - già iniziata - della guerra brigantesca. Acconsentirono il 3 luglio che si chiamassero truppe reazionarie: inizio dell’abbandono definitivo del potere ai bonapartisti. Di gradino in gradino. Questa fine ignobile dei partiti socialista-rivoluzionario e menscevico non avviene per caso; è il risultato, più volte confermato dall’esperienza nei diversi paesi d’Europa, della situazione economica dei piccoli proprietari della piccola borghesia. IX. Tutti hanno potuto osservare che i piccoli padroni fanno l’impossibile per riuscire a << farsi strada>>, a diventare dei veri padroni, per elevarsi alla situazione di un <<grosso >> proprietario, alla posizione della borghesia. Fino a quando il regime capitalista esiste, i piccoli padroni non hanno altra soluzione: o devono elevarsi all’altezza dei capitalisti (e questo, nel migliore dei casi, è possibile a una sola piccola azienda su cento) o devono discendere al livello dei piccoli padroni rovinati, dei semiproletari e infine dei proletari. Così in politica; la democrazia piccolo-borghese, soprattutto nella persona dei suoi capi, si trascina a rimorchio della borghesia. I capi della democrazia piccolo-borghese consolano le loro masse con promesse e con assicurazioni sulla possibilità di una intesa con i grandi capitalisti; nel migliore dei casi dai capitalisti ottengono

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qualche concessione insignificante per pochissimo tempo e per il piccolo strato superiore delle masse lavoratrici. Ma in tutte le questioni decisive, in tutte le questioni importanti, la democrazia piccolo-borghese è sempre stata a rimorchio della borghesia, rimanendone sempre un’appendice impotente o un docile strumento maneggiato dai re della finanza. L’esperienza dell’Inghilterra e della Francia ha confermato più volte questa verità. L’esperienza della rivoluzione russa, durante la quale gli avvenimenti, influenzati soprattutto dalla guerra imperialista e dalla crisi profonda che ne è conseguita, si sono svolti con una rapidità stupefacente, quest’esperienza del febbraio-giugno 1917 ha confermato in modo straordinariamente luminoso ed evidente il vecchio assioma marxista della instabilità della situazione della piccola borghesia. L’insegnamento della rivoluzione russa è questo. Le masse operaie non si salveranno dalla ferrea morsa della guerra, dalla fame e dal giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, se non rompendo completamente con i partiti socialista-rivoluzionario e menscevico, prendendo chiara coscienza della perfida funzione di questi partiti, respingendo ogni accordo con la borghesia, schierandosi risolutamente a fianco degli operai rivoluzionari. Solo gli operai rivoluzionari, se saranno sostenuti dai contadini più poveri, potranno spezzare la resistenza dei capitalisti, condurre il popolo alla conquista della terra senza indennizzo, alla libertà completa, alla vittoria sulla carestia, alla vittoria sulla guerra, ad una pace giusta e duratura. P.S. Questo articolo è stato scritto, come lo dimostra il resto, alla fine di luglio(2). Lo sviluppo della rivoluzione in agosto ha pienamente confermato quanto si dice nell’articolo. Poi, alla fine di agosto, la rivolta di Kornilov(3) ha determinato una nuova svolta della rivoluzione, rivelando nel modo più chiaro a tutto il popolo che i cadetti, uniti con i generali controrivoluzionari, aspirano a sciogliere i Soviet ed a ristabilire la monarchia. Nel prossimo avvenire si vedrà qual’è la forza del nuovo slancio della rivoluzione e se riuscirà a porre un termine alla nefasta politica di conciliazione con la borghesia. Note (1) Scritto a fine luglio (primi di agosto) del 1917. Pubblicato nel Raboci, nn. 8 e 9, 30 e 31 agosto (12 e 13 settembre) 1917. (2) Questa postilla fu scritta il 6 (19) settembre 1917. (3) La congiura controrivoluzionaria dell'agosto 1917, capeggiata dal generale L. G. Kornilov; essa fu sventata dalla popolazione di Pietrogrado.

I bolscevichi devono prendere il potere(1) I bolscevichi, avendo ottenuto la maggioranza nei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati delle due capitali, possono e devono prendere il potere statale nelle proprie mani. Possono farlo, perchè la maggioranza attiva degli elementi rivoluzionari popolari delle due capitali basta a trascinare le masse, a vincere la resistenza dell’avversario, a schiacciarlo, a conquistare il potere e a conservarlo. Perchè, proponendo immediatamente una pace democratica, dando immediatamente la terra ai contadini, restaurando le istituzioni democratiche e le libertà mutilate e distrutte da Kerenski, i bolscevichi formeranno un governo che nessuno potrà rovesciare. La maggioranza del popolo è per noi. La strada lunga e aspra percorsa dal 6 maggio al 31 agosto e

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al 12 settembre lo ha dimostrato: la maggioranza dei Soviet nelle capitali è il frutto dell’evoluzione del popolo verso di noi. Le esitazioni dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi e il rafforzamento degli internazionalisti nelle loro file lo dimostrano egualmente. La Conferenza democratica non rappresenta la maggioranza del popolo rivoluzionario, ma solo i capi piccolo-borghesi conciliatori. Non dobbiamo lasciarci ingannare dal numero dei voti di quella conferenza. La questione non sta nelle elezioni. Paragonate le elezioni delle Dume municipali di Pietrogrado o di Mosca con le elezioni dei Soviet. Paragonate le elezioni di Mosca con lo sciopero del 12 agosto nella stessa città: ecco i dati obiettivi sulla maggioranza degli elementi rivoluzionari che guidano le masse. La Conferenza democratica inganna i contadini, perchè non dà loro nè la pace nè la terra. Solamente un governo bolscevico darà soddisfazione ai contadini. Perchè i bolscevichi devono prendere il potere proprio in questo momento? Perchè la prossima resa di Pietrogrado diminuirà di cento volte le nostre probabilità. Ora, con un esercito comandato da Kerenski e consorti noi non siamo in grado di impedire la resa. E non si può << attendere >> l’Assemblea costituente, perchè, in seguito alla resa di Pietrogrado, Kerenski e consorti potranno sempre togliere di mezzo l’Assemblea. Solamente il nostro partito, una volta al potere, potrà assicurare la convocazione di una Assemblea costituente e, tenendo il potere, accusare gli altri partiti di averla ritardata e provare questa accusa. Solamente un’azione pronta può e deve impedire la conclusione di una pace separata tra gli imperialisti inglesi e francesi. Il popolo è stanco delle esitazioni dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. Solamente il nostro trionfo nelle capitali trascinerà i contadini al nostro seguito. Non si tratta nè del << giorno >> nè del << momento >> dell’insurrezione, nel senso stretto della parola. Solo il voto generale di coloro che sono in contatto con gli operai e con i soldati, con le masse, ne deciderà. Si tratta di questo, che il nostro partito, oggi, alla Conferenza democratica, ha riunito di fatto il proprio congresso e questo congresso deve decidere (deve, voglia o non voglia) del destino della rivoluzione. Si tratta di rendere evidente a tutto il partito il suo compito, che è di porre all’ordine del giorno l’insurrezione armata a Pietrogrado e a Mosca (e nella regione di Mosca), la conquista del potere, il rovesciamento del governo. Riflettere sul modo di fare un’agitazione per questo scopo senza esprimersi in questo modo nella stampa. Ricordare, meditare profondamente le parole di Marx sull’insurrezione:<<L’insurrezione è un’arte(2)>>, ecc. I bolscevichi sarebbero degli ingenui se attendessero di avere << formalmente >> la maggioranza: nessuna rivoluzione aspetta questo. Kerenski e compagni non attendono, ma preparano la resa di Pietrogrado. E precisamente le pietose esitazioni della << Conferenza democratica >> devono far perdere e faranno perdere la pazienza agli operai di Pietrogrado e di Mosca. Se non prendiamo il potere adesso, la storia non ci perdonerà. Non vi è apparato? L’apparato c’è: i Soviet e le organizzazioni democratiche. Precisamente oggi, alla vigilia della pace separata dagli inglesi con i tedeschi, la situazione internazionale è per noi. Proporre, proprio in questo momento, la pace ai popoli, significa vincere. Prendendo oggi simultaneamente il potere a Mosca e a Pietrogrado (poco importa chi comincerà; forse anche Mosca può cominciare ), noi vinceremo assolutamente e certamente.

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Note (1) Lettera al Comitato centrale, al Comitato di Pietrogrado e al Comitato di Mosca del POSDR. Scritta il 12-14 (25-27) settembre 1917 e pubblicata per la prima volta nella Proletarskaia Revolutsia, n. 2, 1921. (2) Cfr. K. Marx-F. Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania, in Il 1848 in Germania e in Francia, Roma, Edizioni Rinascita, 1948, p. 99.

Il marxismo e l'insurrezione(1) La menzogna opportunistica secondo la quale la preparazione dell'insurrezione e, in generale, il considerare l'insurrezione come un'arte è << blanquismo >>, è una delle peggiori e forse la più diffusa delle deformazioni del marxismo nei partiti << socialisti >> dominanti. Il capo dell'opportunismo, Bernstein, ha già acquistato una triste celebrità elevando contro il marxismo l'accusa di blanquismo, e gli opportunisti attuali che gridano al blanquismo, non rinnovano e non arricchiscono affatto, a dire il vero, le magre << idee >> di Bernstein. Accusare i marxisti di blanquismo perchè considerano l'insurrezione come un'arte! Si può forse snaturare la verità in modo più disgustoso, quando nessun marxista può negare che Marx stesso si è pronunciato nel modo più netto, più preciso e più categorico sulla questione, definendo giustamente l'insurrezione un'arte, dicendo che bisogna considerarla come un'arte, che bisogna riportare un primo successo e proseguire di successo in successo, senza interrompere neppure per un istante l'offensiva contro il nemico, approfittando del suo disorientamento, ecc.? Per riuscire, l'insurrezione deve appoggiarsi non su di un complotto, non su di un partito, ma sulla classe progressiva. Questo in primo luogo. L'insurrezione deve appoggiarsi sullo slancio rivoluzionario del popolo. Questo in secondo luogo. L'insurrezione deve sfruttare quel punto critico nella storia della rivoluzione ascendente, che è il momento in cui l'attività delle file più avanzate del popolo è massima e più forti sono le esitazioni nelle file dei nemici e nelle file degli amici deboli, equivoci e indecisi della rivoluzione. Questo in terzo luogo. Ecco le tre condizioni che, nell'impostazione del problema dell'insurrezione, distinguono il marxismo dal blanquismo. Ma allorquando queste condizioni esistono, rifiutarsi di considerare l'insurrezione come un'arte significa tradire il marxismo e tradire la rivoluzione. Per provare che il momento in cui viviamo è precisamente quello in cui il partito ha l'obbligo di riconoscere che l'insurrezione è posta all'ordine del giorno dallo svolgimento degli avvenimenti obiettivi e dev'essere considerata come un'arte, per provare questo sarà meglio ricorrere al metodo comparativo e contrapporre le giornate del 3-4- luglio alle giornate di settembre. Il 3-4 luglio si poteva, senza peccare contro la verità, porre la questione in questi termini: sarebbe preferibile impadronirsi del potere perchè, diversamente, i nostri nemici ci accuseranno egualmente di sedizione e ci puniranno come degli insorti. Ma questa considerazione non permetteva di concludere allora per la presa del potere, perchè mancavano le condizioni obiettive per la vittoria dell'insurrezione. 1. La classe che è l'avanguardia della rivoluzione non era ancora con noi. Non avevamo ancora la maggioranza tra gli operai e i soldati delle due capitali. Oggi l'abbiamo in entrambi i Soviet. Questa maggioranza è esclusivamente il portato degli avvenimenti di luglio e di agosto, dell'esperienza della << repressione >> contro i bolscevichi e del sollevamento di Kornilov.

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2. Mancava allora lo slancio rivoluzionario di tutto il popolo. Oggi, dopo l'avventura di Kornilov, esso esiste. Quel che avviene in provincia e la presa del potere da parte dei Soviet in molte località, lo dimostrano. 3. Non v'erano esitazioni importanti su scala politica generale fra i nostri nemici e fra la piccola borghesia irresoluta. Oggi, queste esitazioni sono gigantesche: il nostro principale nemico, l'imperialismo alleato e mondiale (perchè gli << alleati >> sono alla testa dell'imperialismo mondiale) esita in questo momento tra la guerra fino alla vittoria finale e la pace separata contro la Russia. I nostri democratici piccolo-borghesi, che hanno indubbiamente perduto la maggioranza tra il popolo, hanno cominciato a esitare fortemente, rinunciando al blocco, cioè alla coalizione con i cadetti. 4. Perciò il 3-4 luglio l'insurrezione sarebbe stata un errore: non avremmo potuto conservare il potere nè fisicamente nè politicamente. Non ne avremmo avuto la forza fisica, perchè, quando pure Pietrogrado fosse stata in diversi momenti nelle nostre mani, i nostri operai e i nostri soldati non avrebbero voluto battersi, morire per conservare Pietrogrado; essi non erano ancora << inferociti >> come oggi, non ribollivano di un odio così furibondo contro i Kerenski, e contro gli Tsereteli e i Cernov; e i nostri militanti non erano ancora temprati dall'esperienza della persecuzione contro i bolscevichi, condotta col concorso dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi. Politicamente, il 3-4 luglio non avremmo conservato il potere perchè prima dell'avventura di Kornilov l'esercito e la provincia avrebbero potuto marciare e avrebbero marciato contro Pietrogrado. Oggi il quadro è completamente diverso. Con noi è la maggioranza della nostra classe, l'avanguardia della rivoluzione, l'avanguardia del popolo, capace di trascinare le masse. Con noi è la maggioranza del popolo, perchè le dimissioni di Cernov sono il sintomo più visibile, più evidente (ma non il solo) che dal blocco dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari (e dagli stessi socialisti-rivoluzionari) i contadini non avranno la terra. E proprio in questo consiste il carattere generale, popolare, della rivoluzione. Per noi è il vantaggio della situazione del nostro partito che, tra le inaudite indecisioni di tutto l'imperialismo e di tutto il blocco menscevico-socialista-rivoluzionario, conosce perfettamente la sua strada. Per noi è la vittoria sicura, perchè il popolo è quasi ridotto alla disperazione, e noi additiamo a tutto il popolo la soluzione giusta, dopo avergli mostrato, <<< nei giorni dell'avventura di Kornilov >>, il valore della nostra direzione, dopo aver proposto un compromesso agli uomini del blocco e averne ricevuto, fra le loro incessanti esitazioni, un rifiuto. Sarebbe il più grave degli errori credere che la nostra proposta di compromesso non sia ancora respinta, che la << Conferenza democratica >> possa ancora accettarla. Il compromesso è stato proposto da un partito ad altri partiti; non poteva essere proposto altrimenti. Quei partiti l'hanno respinto. La Conferenza democratica è solo una conferenza e nulla più. Non bisogna dimenticare che la maggioranza del popolo rivoluzionario, i contadini poveri ed esasperati, non vi sono rappresentati. E' una conferenza della minoranza del popolo; ecco la verità evidente che non si deve dimenticare. Considerare la Conferenza democratica come un parlamento sarebbe l'errore più grave, sarebbe, da parte nostra, cretinismo parlamentare della peggiore specie, perchè anche se la conferenza si proclamasse parlamento, e parlamento sovrano della rivoluzione, non potrebbe egualmente decidere nulla: la decisione suprema sta fuori della conferenza, nei quartieri operai di Pietrogrado e di Mosca. Stanno dinanzi a noi tutte le premesse obiettive per un'insurrezione coronata dal successo. Noi abbiamo il vantaggio straordinario di una situazione nella quale solamente la nostra vittoria nell'insurrezione porrà fine alle esitazioni che hanno esasperato il popolo e che sono il peggior supplizio; nella quale solamente la nostra vittoria nell'insurrezione scombussolerà il giuoco di una

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pace separata contro la rivoluzione, e lo farà con la pubblica proposta di una pace più completa, più giusta più rapida: una pace in favore della rivoluzione. Infine, solo il nostro partito, vincendo nell'insurrezione, potrà salvare Pietrogrado, perchè se la nostra offerta di pace sarà respinta e se non otterremo neppure un armistizio, noi diventeremo <<difensisti>>, ci porremmo alla testa dei partiti militari, diventeremo il partito più <<militare>>, faremo la guerra in modo veramente rivoluzionario. Noi toglieremo ai capitalisti tutto il pane e tutte le scarpe. Non lasceremo loro che delle croste di pane, non daremo loro che delle calzature di scorza d'albero. Il pane e le scarpe li invieremo al fronte. E noi conserveremo allora Pietrogrado. La Russia ha ancora immense risorse materiali e morali per un guerra veramente rivoluzionaria. Vi sono perciò novantanove probabilità su cento che i tedeschi ci accordino almeno l'armistizio; e ottenere l'armistizio ora significa già vincere il mondo intero. Coscienti della necessità assoluta che gli operai di Pietrogrado e di Mosca insorgano per la salvezza della rivoluzione e per la salvezza della Russia da una spartizione << separata >> da parte degli imperialisti delle due coalizioni, dobbiamo dapprima, alla conferenza, adattare la nostra tattica politica alle condizioni dell'insurrezione in sviluppo, ed in secondo luogo provare che noi non accettiamo solo a parole la concezione di Marx sulla necessità di considerare l'insurrezione come un'arte. Alla conferenza dobbiamo immediatamente rinsaldare il gruppo bolscevico, senza preoccuparci del numero, senza temere di lasciare gli esitanti nel campo degli esitanti: saranno più utili alla causa della rivoluzione in quel campo che non nel campo dei combattenti risoluti e devoti. Dobbiamo redigere una breve dichiarazione dei bolscevichi, ponendo rudemente in rilievo l'inopportunità dei lunghi discorsi e dei << discorsi >> in generale, la necessità di un'azione immediata per la salvezza della rivoluzione, la necessità assoluta di una rottura completa con la borghesia, della destituzione di tutto il governo attuale, di una rottura completa con gli imperialisti franco-inglesi che preparano la spartizione << separata >> della Russia, e la necessità dell'immediato passaggio di tutto il potere nelle mani della democrazia guidata dal proletariato rivoluzionario. La nostra dichiarazione deve formulare questa conclusione nel modo più breve e più netto, legandola al nostro progetto di programma: pace ai popoli, terra ai contadini, confisca dei profitti scandalosi dei capitalisti, repressione dello scandaloso sabotaggio della produzione perpetrato dai capitalisti. Più la dichiarazione sarà breve e tagliente, meglio sarà. Si dovranno soltanto indicare chiaramente altri due punti di grandissima importanza: il popolo è stanco delle esitazioni, il popolo è tormentato dalle indecisioni dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi; noi rompiamo definitivamente con quei partiti, perchè essi hanno tradito la rivoluzione. Secondo punto: proponendo immediatamente una pace senza annessioni, rompendo senza indugio con gli imperialisti alleati e con tutti gli imperialisti in generale, o noi otterremo immediatamente un armistizio, o tutto il proletariati rivoluzionario sarà per la difesa e, sotto la sua direzione, la democrazia rivoluzionaria farà, da quel momento, una guerra veramente giusta, veramente rivoluzionaria. Dopo aver letto la nostra dichiarazione, dopo aver invitato a decidere e non a parlare, ad agire e non a scrivere risoluzioni, dobbiamo gettare tutto il nostro gruppo nelle officine e nelle caserme: là è il suo posto, là è il nerbo della vita, là è la sorgente della salvezza della rivoluzione, là è il motore della Conferenza democratica. Là, parlando con ardore, con passione, dobbiamo spiegare il nostro programma, ponendo così la questione: o accettazione completa di quel programma da parte della conferenza o insurrezione. Non c'è via di mezzo. L'attesa è impossibile. la rivoluzione perisce. Posta così la questione, concentrato tutto il nostro gruppo nelle officine e nelle caserme, sceglieremo il momento giusto per l'inizio dell'insurrezione.

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E per trattare l'insurrezione da marxisti, cioè come un'arte, dobbiamo, nello stesso tempo, senza perdere un minuto, organizzare uno stato maggiore delle squadre insurrezionali, ripartire le nostre forze, mettere i reggimenti fedeli nei punti più importanti, circondare il Teatro Alessandro, occupare la fortezza di Pietro e Paolo(2), arrestare stato maggiore e governo, mandare contro gli allievi ufficiali e contro la << divisione selvaggia >> delle squadre pronte a sacrificarsi piuttosto che lasciar entrare il nemico nel centro della città, mobilitare gli operai armati, chiamarli a un'ultima accanita battaglia, occupare simultaneamente il telegrafo e il telefono, installare il nostro stato maggiore insurrezionale nella centrale telefonica, collegarlo col telefono a tutte le officine, a tutti i reggimenti, a tutti i punti dove si svolgerà la lotta armata, ecc. Tutto questo è detto naturalmente solo a titolo di indicazione generale per dimostrare che, in questo momento, non si può rimanere fedeli al marxismo e alla rivoluzione senza considerare l'insurrezione come un'arte. Note (1) Lettera al Comitato centrale del POSDR. Scritta il 13-14 (26-27) settembre 1917; pubblicata per la prima volta nella Proletarskaia Revolutsia, n. 2. 1921. (2) Al Teatro Alessandro di Pietrogrado teneva le sue riunioni la Conferenza democratica. La fortezza di Pietro e Paolo, sulla Neva, di fronte al Palazzo d'Inverno, serviva da carcere per i prigionieri politici, aveva un grande arsenale e rappresentava un importante punto strategico.

I compiti della rivoluzione(1) La Russia è un paese di piccola borghesia. L'immensa maggioranza della popolazione appartiene a questa classe. Le sue oscillazioni tra la borghesia e il proletariato sono inevitabili. La causa della rivoluzione, cioè la causa della pace, della libertà, della consegna delle terre ai lavoratori avrà assicurata una vittoria facile, pacifica, rapida, tranquilla, solo se la piccola borghesia si unirà al proletariato. La marcia della nostra rivoluzione ci fa vedere praticamente le esitazioni della piccola borghesia. Non facciamoci illusioni sui partiti socialista-rivoluzionario e menscevico, e perseveriamo, con fermezza, sulla nostra via classista proletaria. La miseria dei contadini più poveri, gli orrori della guerra e della carestia mostrano sempre più chiaramente alle masse che la via proletaria è la via giusta e che è necessario sostenere la rivoluzione proletaria. La marcia della rivoluzione spezza crudelmente, implacabilmente, inesorabilmente le speranze <<pacifiche>> che la piccola borghesia ripone nella << coalizione >> con la borghesia, nell'accordo con quest'ultima, nella possibilità di attendere << tranquillamente >> la convocazione <<prossima>> dell'Assemblea costituente ecc. Ultima, dura, grande lezione, l'avventura di Kornilov, è giunta a completare le mille e mille piccole lezioni - consistenti in inganni - date ogni giorno ai soldati dai loro ufficiali, agli operai e ai contadini localmente dai capitalisti e dai grandi proprietari fondiari, ecc. ecc. Il malcontento, l'indignazione, l'esasperazione crescono continuamente nell'esercito, fra i contadini, fra gli operai. La << coalizione >> dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi con la borghesia, che tutto ha promesso e che nulla ha dato, esaspera le masse, apre loro gli occhi, le spinge

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all'insurrezione. L'opposizione di sinistra si sviluppa tra i socialisti-rivoluzionari (Spiridonova ed altri) e tra i menscevichi (Martov e il suo gruppo) raggiunge già il 40% del << Consiglio >> e del <<Congresso>> di questi partiti. Alla base, tra il proletariato e i contadini, particolarmente tra i contadini più poveri, la maggioranza dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi appartiene alla << sinistra >>. L'avventura di Kornilov insegna. L'avventura di Kornilov ha già insegnato molto. Non è possibile sapere se i Soviet potranno spingersi oggi più innanzi dei loro capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi, e assicurare così lo sviluppo pacifico della rivoluzione, o se continueranno a segnare il passo e a rendere così inevitabile l'insurrezione proletaria. Non è possibile prevederlo. Noi dobbiamo fare tutto il possibile per assicurare una << ultima >> probabilità di sviluppo pacifico alla rivoluzione, esponendo il nostro programma, mettendone in luce il carattere generale, popolare, dimostrando che esso soddisfa completamente gli interessi e le rivendicazioni dell'immensa maggioranza della popolazione. Le righe che seguono costituiscono un tentativo di esporre questo programma. Avviciniamoci ancora con questo programma al << basso popolo >>, alle masse, agli impiegati e ai contadini, non solo a coloro che sono già con noi, ma anche e soprattutto a coloro che seguono i socialisti-rivoluzionari, ai senza partito, agli elementi ancora incoscienti. Adoperiamoci a insegnar loro a ragionare da sè, a prendere da sè le loro decisioni, a inviare le loro delegazioni alla conferenza, ai Soviet, al governo, e allora il nostro lavoro non sarà vano, comunque la conferenza vada a finire. Allora, il nostro lavoro servirà per la conferenza, per le elezioni all'Assemblea costituente, per l'azione politica in generale. La vita insegna che il programma e la tattica dei bolscevichi sono giusti. Dal 20 aprile all'avventura di Kornilov: << Quanto si è vissuto in così poco tempo! >>. L'esperienza delle masse, l'esperienza delle classi oppresse ha loro impartito molti insegnamenti in questo periodo. I capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi si sono completamente staccati dalle masse. Precisamente sulla base del programma più concreto possibile, e nella misura in cui riusciremo a farlo conoscere alle masse, ciò si dimostrerà del tutto giusto. Conseguenze funeste della politica di intesa con i capitalisti 1. Lasciare al potere i rappresentanti della borghesia, anche in piccolo numero, lasciarvi i complici di Kornilov, come i generali Alexeiev, Klembovski, Bagration, Gagarin e altri, o uomini che, come Kerenski, hanno dimostrato la loro completa impotenza di fronte alla borghesia e la loro propensione per i metodi bonapartisti, significa spalancare le porte, da un lato, alla carestia e all'incombente catastrofe economica, che i capitalisti aggravano e accelerano deliberatamente, e, dall'altro, alla catastrofe militare, perchè l'esercito detesta lo stato maggiore e non può partecipare con entusiasmo alla guerra imperialista. E' inoltre indubitabile che i gerarchi e gli ufficiali complici di Kornilov, restando al potere, apriranno deliberatamente il fronte ai tedeschi, come hanno già fatto in Galizia e a Riga. Solo la formazione di un nuovo governo sulle basi che esporremo in seguito potrà prevenire la catastrofe economica e militare imminente. Dopo tutto ciò che è avvenuto dal 20 aprile in poi, continuare, in qualunque forma, la politica di intesa con la borghesia, sarebbe, da parte dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, più che un errore, un aperto tradimento del popolo e della rivoluzione. Il potere ai Soviet 2. Tutto il potere statale deve passare esclusivamente ai rappresentanti dei Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, sulla base di un programma determinato, e con la piena

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responsabilità del governo davanti ai Soviet. si deve procedere immediatamente a nuove elezioni per i Soviet, per approfittare dell'esperienza che il popolo ha acquistato durante le ultime settimane della rivoluzione, particolarmente ricche di insegnamenti, e per rimediare a parecchie ingiustizie stridenti (rappresentanza non proporzionale, ineguaglianze elettorali, ecc.) che sussistono ancora in qualche luogo. Nelle località in cui non esistono ancora istituzioni democraticamente elette, e così pure nell'esercito, tutto il potere deve passare esclusivamente ai Soviet locali, ai commissari eletti da questi ultimi e ad altre istituzioni esclusivamente elettive. Si dovrà procedere, ovunque e senza condizioni, col pieno appoggio dello Stato, all'armamento degli operai e delle truppe rivoluzionarie, delle truppe cioè che si sono mostrate capaci di reprimere i tentativi dei seguaci di Kornilov. La pace ai popoli 3. Il governo dei Soviet deve proporre immediatamente a tutti i popoli belligeranti (e cioè ai loro governi e alle masse operaie e contadine nello stesso tempo) una pace generale, a condizioni democratiche, e un armistizio immediato (anche solo per tre mesi). La rinuncia alle annessioni (conquiste) è la condizione principale di una pace democratica. Questa rinuncia deve essere intesa non nel senso errato che tutte le potenze riacquistano quello che hanno perduto, ma nel solo senso giusto, e cioè che ogni nazionalità, senza eccezione, in Europa e nelle colonie, deve avere la libertà e la possibilità di decidere se erigersi i Stato indipendente o far parte di un altro Stato qualsiasi. Proponendo le condizioni della pace, il governo dei Soviet dovrà immediatamente cominciare ad applicarle: pubblicare e annullare i trattati segreti conclusi dallo zar, che ci legano ancor oggi e che promettono ai capitalisti russi le spoglie della Turchia, dell'Austria, ecc. Inoltre noi dobbiamo riconoscere immediatamente le rivendicazioni degli ucraini e dei finlandesi, e assicurare loro, come a tutte le altre nazionalità della Russia, la libertà completa, fino al diritto di separazione. Tale dovrà essere il nostro atteggiamento verso l'intera Armenia, che noi dovremo impegnarci a evacuare, così pure per i territori turchi occupati dalle nostre truppe, ecc. Queste condizioni di pace non avranno il gradimento dei capitalisti, ma saranno accolte da tutti i popoli con tanto entusiasmo, provocheranno inoltre su scala mondiale una tale esplosione di gioia, una tale indignazione contro il prolungamento di questa guerra brigantesca, che noi otterremo molto probabilmente, subito, un armistizio e il consenso ad iniziar trattative di pace. Perchè la rivoluzione operaia contro la guerra si sviluppa ovunque con forza irresistibile, e potranno farla progredire non le frasi sulla pace (con la quale tutti i governi imperialistici, compreso il nostro governo Kerenski, ingannano da lungo tempo gli operai e i contadini), ma soltanto la rottura con i capitalisti e le concrete proposte di pace. Se si produrrà l'eventualità meno probabile, se in altre parole nessuno degli Stati belligeranti accetterà neppure un armistizio, allora la guerra diventerà per noi una guerra veramente imposta, una guerra veramente giusta, una guerra difensiva. E già per il solo fatto che il proletariato e i contadini più poveri ne avranno coscienza, la Russia diventerà infinitamente più forte, anche militarmente, soprattutto dopo una rottura completa con i capitalisti che spogliano il popolo, senza parlare del fatto che da quel momento noi faremo la guerra non a parole ma con i fatti, uniti alle classi oppresse di tutti i paesi, uniti ai popoli oppressi del mondo intero. In particolare, è necessario mettere il popolo in guardia contro una affermazione dei capitalisti, alla quale abboccano qualche volta gli elementi più timorosi e i piccoli borghesi; i capitalisti inglesi, e gli altri, se romperemo l'alleanza brigantesca con essi, potranno danneggiare gravemente la rivoluzione russa. Questa affermazione è del tutto falsa, perchè << il sostegno finanziario degli alleati >>, arricchendo i banchieri, << sostiene >> gli operai e i contadini russi esattamente come la corda sostiene l'impiccato. La Russia ha grano, carbone, petrolio, ferro a sufficienza; basta

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sbarazzare il popolo dai grandi proprietari fondiari e dai capitalisti che lo derubano, per poter assicurare la giusta ripartizione di quei prodotti. Quanto all'eventualità di un'azione militare dei suoi alleati contro il popolo russo, è evidentemente assurdo supporre che i francesi e gli italiani possano unire le loro truppe a quelle dei tedeschi e lanciarle contro la Russia, dopo che questa abbia proposto una pace giusta. L'Inghilterra, l'America ed il Giappone, anche supponendo che dichiarino guerra alla Russia (il che sarebbe assai difficile, data l'estrema impopolarità di tale guerra e i contrasti di interessi fra i capitalisti di questi paesi sulla spartizione dell'Asia e in modo particolare sul saccheggio della Cina), non potrebbero causare alla Russia la centesima parte dei danni e delle calamità che le sono inflitte dalla guerra con la Germania, l'Austria e la Turchia. La terra a chi lavora 4. Il governo dei Soviet deve proclamare immediatamente l'espropriazione senza indennizzo delle terre dei grandi proprietari fondiari e affidarle in gestione ai comitati contadini fino alla decisione dell'Assemblea costituente. Anche le scorte dei proprietari fondiari dovranno essere affidate agli stessi comitati perchè siano messi immediatamente e gratuitamente a disposizione dei contadini più poveri. Questi provvedimenti, reclamati già da molto tempo dall'immensa maggioranza dei contadini, nelle risoluzioni dei loro congressi, e in centinaia di mandati dei delegati locali (come risulta, fra l'altro, dall'esame dei 242 mandati pubblicati nelle Izvestia del Soviet dei deputati dei contadini) sono di una necessità urgente e assoluta. Nessuno di quei temporeggiamenti di cui hanno tanto sofferto i contadini sotto il ministero di << coalizione >> è più ammissibile. Qualunque governo che meni per le lunghe la realizzazione di tali provvedimenti, deve essere considerato un governo nemico del popolo, che meriterà di essere rovesciato e schiacciato dall'insurrezione degli operai e dei contadini. Soltanto il governo che applicherà quei provvedimenti sarà considerato, per contro, il governo del popolo intero. Lotta contro la carestia e lo sfacelo economico 5. Il governo dei Soviet deve istituire immediatamente su scala statale il controllo operaio della produzione e del consumo. Senza tale controllo, come è stato dimostrato dagli avvenimenti successivi al 6 maggio, tutte le promesse, tutti i tentativi di riforma sono impotenti, la carestia e una catastrofe senza precedenti minacciano il paese da una settimana all'altra. La nazionalizzazione immediata delle banche e delle società di assicurazione, e così pure dei rami più importanti dell'industria (petrolio, carbone, metallurgia, zucchero, ecc.), si impone, contemporaneamente all'abolizione completa del segreto commerciale e alla istituzione di una sorveglianza rigorosa esercitata dagli operai e dai contadini sull'infima minoranza dei capitalisti, che arricchendosi con le forniture dello Stato cerca di non rendere alcun conto e si sottrae ad ogni giusta imposta sul reddito e sul patrimonio. Questi provvedimenti che non toglieranno ai contadini medi, ai cosacchi e ai piccoli artigiani neppure un copeco del loro avere, sono assolutamente necessari per l'equa ripartizione dei gravami della guerra e sono resi urgenti dalla lotta contro la carestia. Solo frenando le rapine dei capitalisti, e impedendo loro di sabotare deliberatamente la produzione, si potrà migliorare la produttività del lavoro, introdurre il servizio generale del lavoro, assicurare lo scambio normale dei cereali coi prodotti dell'industria, far rientrare nel tesoro i molti miliardi di carta-moneta nascosti dai ricchi. Senza questi provvedimenti, l'abolizione senza indennizzo della proprietà fondiaria è impossibile, perchè la maggioranza delle grandi tenute è ipotecata presso le banche, e gli interessi dei grandi proprietari fondiari sono indissolubilmente legati a quelli dei capitalisti. L'ultima risoluzione della sezione economica del Comitato esecutivo centrale dei Soviet dei deputati

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degli operai e dei soldati (vedi la Rabociaia Gazieta, n. 152) non solo riconosce che i provvedimenti del governo (come l'aumento del prezzo del grano, destinato ad arricchire i grandi proprietari fondiari e i kulak) sono << nocivi >>, non solo riconosce << l'inefficienza completa degli organi centrali creati dal governo per regolare la vita economica >>, ma denuncia anche la << violazione delle leggi >> da parte del governo. Questa confessione dei partiti dirigenti socialista-rivoluzionario e menscevico attesta ancora una volta quanto sia criminale la politica di intesa con la borghesia. Lotta contro la controrivoluzione dei proprietari fondiari e dei capitalisti 6. La sollevazione di Kornilov e di Kaledin è stata appoggiata da tutta la classe dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, con alla testa il partito cadetto (<< partito della libertà del popolo >>). I fatti pubblicati nelle Izvestia del Comitato esecutivo centrale lo hanno già provato. Ma nulla di serio è stato fatto nè potrà essere fatto per la repressione completa della controrivoluzione e per un'inchiesta effettiva sulle sue trame, senza la trasmissione del potere ai Soviet. Nessuna commissione potrà condurre a fondo un'inchiesta completa nè arrestare i colpevoli, se non dispone del potere statale. Solo il governo dei Soviet lo potrà e lo dovrà. Solo un tale governo, arrestando i generali kornilovisti e i capi della controrivoluzione borghese (Guckov, Miliukov, Riabuscinski, Maklakov e consorti), decretando lo scioglimento delle associazioni controrivoluzionarie (Duma di Stato, leghe degli ufficiali, ecc.), sottoponendo i loro membri alla sorveglianza dei Soviet locali, congedando le unità militari controrivoluzionarie, potrà preservare la Russia dall'inevitabile ripetizione dei tentativi << kornilovisti >>. Solo il governo dei Soviet potrà creare una commissione che conduca un'inchiesta pubblica e completa sull'affare Kornilov e consorti, come su ogni altro affare di questo genere, provocato dalla borghesia; e solo a una commissione di questo tipo il partito inviterà dal canto suo gli operai bolscevichi a sottomettersi e a prestare il loro concorso senza riserve. Solo il governo dei Soviet potrà lottare con successo contro un'ingiustizia clamorosa come il fatto che i capitalisti grazie ai milioni rubati al popolo, sono padroni delle più importanti tipografie e della maggioranza dei giornali. I giornali controrivoluzionari borghesi (Riec, Russkoie Slovo e altri) devono essere chiusi, le loro tipografie confiscate, la pubblicità privata monopolizzata dallo Stato e riservata a un giornale governativo pubblicato dai Soviet e che dica la verità ai contadini. E' questo il solo mezzo per strappare alla borghesia l'arma potente della stampa, di cui essa si serve per mentire e per calunniare impunemente, per ingannare il popolo, per indurre i contadini in errore e per preparare la controrivoluzione. Lo sviluppo pacifico della rivoluzione 7. La democrazia russa, i Soviet, i partiti socialista-rivoluzionario e menscevico hanno oggi la possibilità, rarissima nella storia delle rivoluzioni, di assicurare la convocazione dell'Assemblea costituente alla data fissata senza nuovi rinvii, di risparmiare al paese una catastrofe economica e militare di assicurare lo sviluppo pacifico della rivoluzione. Se i Soviet prenderanno oggi il potere statale - integralmente ed esclusivamente - per realizzare il programma su esposto, sarà ad essi assicurato non solo l'appoggio della classe operaia e della stragrande maggioranza dei contadini, ma anche l'immenso entusiasmo rivoluzionario dell'esercito e della maggioranza del popolo, quell'entusiasmo senza il quale è impossibile vincere la carestia e la guerra. Non sarà possibile alcuna resistenza ai Soviet, se i Soviet non avranno esitazioni. Nessuna classe oserà insorgere contro i Soviet. Ammaestrati dall'esperienza di Kornilov, i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, davanti all'ultimatum dei Soviet, cederanno pacificamente il potere. Per vincere l'opposizione dei capitalisti al programma dei Soviet, basterà far sorvegliare gli sfruttatori

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dagli operai e dai contadini e punire i recalcitranti con la confisca totale dei loro beni e con un po' di prigione. I Soviet, prendendo tutto il potere, potranno ancora oggi - ed è probabilmente l'ultima occasione favorevole - assicurare lo sviluppo pacifico della rivoluzione, l'elezione pacifica dei deputati da parte del popolo, la lotta pacifica dei partiti in seno ai Soviet, la verifica pratica del programma dei vari partiti, il passaggio pacifico del potere da un partito all'altro. Se non si afferra questa occasione, la più aspra guerra civile tra la borghesia e il proletariato è inevitabile, come dimostra tutto il corso della rivoluzione, cominciando dal movimento del 20 aprile fino all'avventura di Kornilov. La catastrofe inevitabile affretterà la guerra civile. Per quanto è possibile giudicare sulla base di tutti i dati e di tutte le considerazioni accessibili alla mente umana, la guerra civile finirà con la vittoria completa della classe operaia, sostenuta dai contadini più poveri, per la realizzazione del programma su esposto; ma potrebbe diventare crudele e sanguinosa, potrà costare la vita a decine di migliaia di grandi proprietari fondiari, di capitalisti e di ufficiali che li appoggiano. Il proletariato non si arresterà dinanzi ad alcun sacrificio per salvare la rivoluzione, il che è impossibile all'infuori del programma su esposto. Ma il proletariato sosterrebbe con tutti i mezzi i Soviet, se i Soviet afferrassero l'ultima occasione di assicurare lo sviluppo pacifico della rivoluzione. Note (1) Pubblicato nel nn. 20 e 21, 26 e 27 settembre (9 e 10 ottobre) 1917.

Consigli d'un assente(1) Scrivo queste righe l'8 ottobre, e ho poca speranza che esse giungano nelle mani dei compagni di Pietrogrado già il 9 ottobre. E' possibile che esse arrivino in ritardo, giacchè il Congresso dei Soviet del nord è fissato per il 10 ottobre. Ciò nonostante tenterò di intervenire con i miei Consigli d'un assente per il caso che l'azione probabile degli operai e dei soldati di Pietrogrado e dei <<dintorni>> abbia luogo presto, ma non si sia ancora svolta. Che tutto il potere deve passare ai Soviet, è chiaro. Egualmente indiscutibile deve essere per ogni bolscevico che la massima simpatia e l'appoggio senza riserve di tutti i lavoratori e di tutti gli sfruttati del mondo intero, nei paesi belligeranti in particolare, dei contadini russi in modo speciale, sono assicurati al potere proletario rivoluzionario (oppure bolscevico, che ora è la stessa cosa). Non vale la pena di soffermarsi su queste verità conosciute da tutti e dimostrate da lungo tempo. Bisogna soffermarsi su ciò che probabilmente non è completamente chiaro a tutti i compagni, ossia sul fatto che il passaggio del potere ai Soviet significa oggi praticamente l'insurrezione armata. Sembrerebbe una cosa evidente, ma non tutti vi hanno riflettuto e vi riflettono. Rinunciare oggi all'insurrezione armata significherebbe rinunciare alla parola d'ordine principale del bolscevismo (tutto il potere ai Soviet) è a tutto l'internazionalismo proletario rivoluzionario in generale. Ma l'insurrezione armata è una forma particolare di lotta politica, sottoposta a leggi speciali sulle quali bisogna meditare con attenzione. Karl Marx espresse questo concetto con grande efficacia, quando scrisse: << L'insurrezione è un'arte, come la guerra .....>>(2). Tra le regole principali di quest'arte Marx sottolineò le seguenti: 1. Non giocare mai con l'insurrezione, ma, quando la si inizia, mettersi bene in testa che bisogna andare sino in fondo. 2. E' necessario raccogliere nel punto decisivo, nel momento decisivo, forze molto superiori a quelle del nemico, perchè altrimenti questi, meglio preparato e meglio organizzato, annienterà gli insorti. 3. Una volta iniziata l'insurrezione, bisogna agire con la più grande decisione e passare

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assolutamente, a qualunque costo, all'offensiva. << La difensiva è la morte della insurrezione armata>>. 4. Bisogna sforzarsi di prendere il nemico alla sprovvista, di cogliere il momento in cui le sue truppe sono disperse. 5. Bisogna riportare ogni giorno (si potrebbe anche dire << ogni ora >>, se si tratta di una sola città) dei successi, sia pure di poca entità, conservando ad ogni costo la << superiorità morale >>. Marx riassunse gli insegnamenti di tutte le rivoluzioni per quanto riguarda l'insurrezione armata, citando le parole di Danton << il più grande maestro di tattica rivoluzionaria finora conosciuto: De l'audace, de l'audace, encore de l'audace! >>. Applicato alla Russia e all'ottobre del 1917, ciò significa: offensiva simultanea, e il più possibile improvvisa e rapida, contro Pietrogrado, necessariamente dal di fuori e dal di dentro, dai rioni operai e dalla Finlandia, e da Reval, e da Kronstadt; offensiva di tutta la flotta; concentramento di forze immensamente superiori ai 15-20 mila uomini (e forse anche più) della nostra << guardia borghese>> (allievi ufficiali) e delle truppe della nostra << Vandea >> (parte dei cosacchi), ecc. Combinare le nostre tre forze principali: la flotta, gli operai e le unità dell'esercito in modo da occupare ad ogni costo e mantenere, per quanto grandi siano le perdite che ciò possa costare, a) i telefono, b) il telegrafo, c) le stazioni ferroviarie, e d) in primo luogo i ponti. Inquadrare gli elementi più risoluti (i nostri << reparti d'assalto >> e la gioventù operaia, come pure i migliori marinai) in piccoli distaccamenti per occupare tutti i punti più importanti e per partecipare, dovunque, a tutte le operazioni importanti, come per esempio: Accerchiare e isolare Pietrogrado, impadronirsene con un attacco combinato della flotta, degli operai e delle truppe; tale compito richede arte e triplice audacia. Formare dei reparti coi migliori operai armati di fucili e di bombe per l'offensiva e per l'accerchiamento dei << centri >> del nemico (scuole di allievi ufficiali, telegrafo e telefono e così via) con la parola d'ordine: morire tutti piuttosto che lasciar passare il nemico. Speriamo che, nel caso in cui si decida l'insurrezione, i dirigenti applichino con successo i grandi comandamenti di Danton e di Marx. Il successo della rivoluzione russa e della rivoluzione mondiale dipende da due o tre giorni di lotta. Note (1) Scritto l'8 (21) ottobre 1917; pubblicato nella Pravda il 7 novembre 1920. (2) Cfr. K. Marx-F. Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania, in Il 1848 in Germania e in Francia, Roma, Edizioni Rinascita, 1948, p. 99.

Risoluzione(1) Il Comitato centrale riconosce che tanto la situazione internazionale della rivoluzione russa (l'ammutinamento della flotta in Germania, come più alta manifestazione dello sviluppo, in tutta l'Europa, della rivoluzione socialista mondiale, nonchè le minacce del mondo imperialistico allo scopo di soffocare la rivoluzione in Russia), quanto la situazione militare (incontestabile decisione della borghesia russa e di Kerenski e consorti di consegnare Pietrogrado ai tedeschi), quanto anche la conquista della maggioranza nei Soviet realizzata dal partito proletario - connesso, tutto ciò, con l'insurrezione contadina e con l'orientamento della fiducia del popolo verso il nostro partito

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(elezioni a Mosca) - e infine l'evidente preparazione di un secondo tentativo simile a quello di Kornilov (allontanamento delle truppe da Pietrogrado, invio di cosacchi a Pietrogrado, accerchiamento di Minsk effettuato dai cosacchi, ecc.), mettono all'ordine del giorno l'insurrezione armata. Riconoscendo in tal modo che l'insurrezione armata è inevitabile e completamente matura, il Comitato centrale invita tutte le organizzazioni del partito e regolarsi in base a tale constatazione e a discutere e risolvere da questo punto di vista tute le questioni pratiche (congresso dei Soviet della regione del nord, allontanamento delle truppe da Pietrogrado, manifestazioni di Mosca e della popolazione di Minsk, ecc.). Nota (1) Approvata dal Comitato centrale del POSDR il 10 (23) ottobre 1917; pubblicata per la prima volta in Proletarskaia Revolutsia, n. 10, 1922.

Lettera ai membri del partito bolscevico(1) Compagni! Non ho ancora potuto avere i giornali di Pietrogrado di mercoledì 18 ottobre. Quando mi si trasmise per telefono il testo completo del documento firmato da Kamenev e da Zinoviev comparso in un giornale estraneo al nostro partito, nella Novaia Gizn, mi rifiutai dapprima di credervi. Ma i dubbi sono divenuti impossibili e sono perciò costretto ad approfittare dell'occasione per inviare questa lettera ai membri del partito, in modo che essi la ricevano giovedì sera o venerdì mattina, perchè sarebbe criminale tacere di fronte a un atto di crumiraggio così scandaloso. Quanto più importante è la questione pratica, quanto più << conosciuti >> e più responsabili sono coloro che si danno al crumiraggio, tanto più la loro attività è pericolosa, tanto più energicamente i crumiri devono essere gettati fuori e tanto più imperdonabile sarebbe ogni esitazione dovuta ai loro << meriti >> passati. Pensate, dunque! Nei circoli di partito è noto che il partito studia la questione dell'insurrezione sin dal mese di settembre. Nessuno ha mai sentito parlare di una sola lettera o di un solo documento scritti dalle persone sopra nominate. E ora, si può dire alla vigilia del Congresso dei Soviet, due noti bolscevichi si levano contro la maggioranza e - la cosa è chiara - contro il Comitato centrale: Non lo si dice apertamente, ma questo è ancora peggio, perchè le allusioni sono ancor più pericolose. Dal testo del documento firmato da Kamenev e da Zinoviev risulta chiaramente che essi si pongono contro il CC, poichè altrimenti la loro dichiarazione non avrebbe alcun senso; ma non dicono quale decisione del CC contestano. Perchè? E' chiaro: perchè il CC non ha pubblicato tale decisione. Che cosa se ne deduce? Due << bolscevichi eminenti >> di fronte a un'importantissima questione di lotta, alla vigilia della critica giornata del 20 ottobre, nella stampa non di partito e più precisamente in un giornale che, nella questione di cui si parla, marcia spalla a spalla con la borghesia contro il partito operaio, attaccano, in un simile giornale, una decisione non pubblicata dal centro dirigente del partito!

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Ma questo è mille volte più vile, è un milione di volte più dannoso di tutte le dichiarazioni fatte da Plekhanov sulla stampa non di partito nel 1906-1907, dichiarazioni che il partito ha condannato così aspramente(2)! Eppure allora non si trattava che di elezioni e oggi si tratta dell'insurrezione per la conquista del potere. E attaccare su una questione simile, dopo la decisione presa dal cento e non resa pubblica, attaccare al cospetto dei Rodzianko e dei Kerenski, in un giornale estraneo al partito, non è forse l'azione più crumiresca e più perfida che si possa immaginare? Mi riterrei disonorato se, a causa delle nostre strette e vecchie relazioni, esitassi a condannare quegli ex compagni. Dico nettamente che non li considero più come compagni e che lotterò, con tutte le mie forze, davanti al Comitato centrale e al congresso, per la loro espulsione dal partito. Infatti un partito operaio, che dalla vita è posto sempre più frequentemente di fronte la problema dell'insurrezione, non può adempiere questo difficile compito se le decisioni non pubblicate dal suo centro sono attaccate, dopo la loro approvazione, nella stampa estranea al partito e se in tal modo si semina il turbamento e l'esitazione nelle file dei combattenti. Fondino pur i signori Zinoviev e Kamenev un loro proprio partito con qualche decina di disorientati o di candidati all'Assemblea costituente. Gli operai non vi entreranno, perchè la sua prima parola d'ordine sarà: << Ai membri del Comitato centrale battuti sulla questione della lotta decisiva nella riunione generale del CC è lecito ricorrere alla stampa estranea al partito per attaccare le decisioni del partito non rese pubbliche >>. Formino su questo modello il loro partito; il nostro partito operaio bolscevico non avrà che da guadagnarci. Quando tutti i documenti saranno resi pubblici, il crumiraggio di Zinoviev e di Kamenev sarà ancora più evidente. Gli operai si pongano frattanto la questione seguente: << Ammettiamo che la direzione dei sindacati dopo un mese di discussione con una maggioranza superiore all'ottanta per cento, abbia deciso un sciopero, senza tuttavia pubblicarne nè la data, nè qualsiasi altra notizia. Ammettiamo che due membri della direzione, invocando falsamente, dopo la decisione, la propria "opinione personale" non si limitino a scrivere ai gruppi locali per la revisione della decisione già presa, ma diano anche ai giornali non di partito copia delle loro lettere. Ammettiamo infine che essi stessi attacchino nella stampa non di partito la decisione presa, benchè essa non sia ancora stata resa pubblica; ammettiamo che comincino a vilipendere lo sciopero in cospetto dei capitalisti >>. Domandiamo: gli operai esiteranno forse ad espellere dalle loro file simili crumiri? Circa la questione dell'insurrezione, oggi, a così poca distanza dal 20 ottobre, non posso valutare, da lontano, il danno che ha potuto recarci l'azione dei crumiri nella stampa non di partito. E' certo che il danno pratico è grandissimo. Per rimediarvi è necessario, innanzi tutto, ristabilire l'unità del fronte bolscevico con l'espulsione dei crumiri. La debolezza degli argomenti ideologici esposti contro l'insurrezione sarà tanto più evidente, quanto meglio li illustreremo alla luce del sole. Ho mandato nei giorni scorsi un articolo al Raboci Put sulla questione(3) e se la redazione non ne crede possibile la pubblicazione, i membri del partito ne potranno probabilmente leggere il manoscritto. Gli argomenti << ideologici >> - se così si possono chiamare - si riducono a due: innanzi tutto all'<< attesa >> dell'Assemblea costituente. Aspettiamo, forse arriveremo a qualche cosa: ecco tutto. Forse, malgrado la fame, malgrado lo sfacelo, malgrado l'esaurirsi della pazienza dei soldati, malgrado i passi di Rodzianko per consegnare Pietrogrado ai tedeschi (e anche malgrado le serrate), arriveremo ancora a qualche cosa. << Fidiamo nel cielo. >> Ecco tutta la forza dell'argomento. In secondo luogo, un querulo pessimismo. Tutto va benissimo per la borghesia e per Kerenski; tutto va male per noi. I capitalisti sono meravigliosamente pronti in tutto; tutto va male tra gli operai. Sulla situazione militare i << pessimisti >> strillano a perdifiato, mentre gli << ottimisti >> stanno

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zitti perchè nessuno, eccetto i crumiri, trova piacevole fare delle rivelazioni qualsiasi al cospetto di Rodzianko e di Kerenski. Momento difficile. Compito arduo. Tradimento grave. Ciò nonostante il compito sarà adempiuto, gli operai serreranno le file, l'insurrezione contadina e l'impazienza estrema dei soldati al fronte avranno il loro effetto. Serriamo le file, il proletariato deve vincere! Note (1) Scritta il 18 (31) ottobre 1917; pubblicata per la prima volta nella Pravda, n. 250, 1° novembre 1927. (2) Allusione agli articoli pubblicati nel 1906-1907 da Plekhanov nel giornale filocadetto Tovaristc in difesa del blocco elettorale con i cadetti. (3) E' la Lettera ai compagni pubblicata nei nn. 40, 41 e 42 del Raboci Put, 1, 2 e 3 novembre 1917. Trad. it. in: Lenin, La rivoluzione d'ottobre, Roma, Edizioni Rinascita, 1956, pp. 280-298.

Lettera ai membri del Comitato centrale(1) Compagni! Scrivo queste righe la sera del 24, mentre la situazione è estremamente critica. E più chiaro della luce del giorno che ogni temporeggiamento nell'insurrezione, oggi, significa veramente la morte. Con tutte le mie energie mi sforzo di convincere i compagni che tutto è oggi sospeso a un filo, che le questioni all'ordine del giorno non possono essere decise nè da conferenze, nè da congressi (neppure dal Congresso dei Soviet), ma possono essere decise solo dai popoli, dalle masse, dalla lotta delle masse armate. L'aggressione dei borghesi seguaci di Kornilov e l'allontanamento di Verkhovski dicono che non si può aspettare. Bisogna a ogni costo questa sera, questa notte, arrestare il governo, dopo aver disarmato gli allievi ufficiali (ed averli sconfitti, se resistono), ecc. Non è più possibile aspettare! Si può perdere tutto!! La presa immediata del potere significa: difesa del popolo (non di un congresso, ma del popolo, e soprattutto dell'esercito e dei contadini) contro il governo kornilovista che ha cacciato Verkhovski e tramato una seconda congiura Kornilov. Chi deve prendere il potere? Questo non ha importanza in questo momento: lo prenda il Comitato rivoluzionario militare o <<qualsiasi altro organo >>, il quale dichiarerà di voler consegnare il potere solo ai veri rappresentanti degli interessi del popolo, degli interessi dell'esercito (proposta immediata di pace), degli interessi dei contadini (la terra deve essere immediatamente presa, la proprietà privata abolita), degli interessi degli affamati. Tutti i rioni, tutti i reggimenti, tutte le forze devono essere immediatamente mobilitati e devono inviare subito delegazioni al Comitato rivoluzionario militare e al CC bolscevico, esigendo imperiosamente che il potere non sia lasciato a Kerenski e consorti fino al 25, in nessun caso, in nessun modo: la faccenda deve essere assolutamente decisa questa sera o questa notte. La storia non perdonerebbe il temporeggiamento ai rivoluzionari che possono vincere oggi (e vinceranno certamente oggi), ma rischierebbero di perdere molto, di perdere tutto domani.

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Prendendo il potere oggi, non lo prendiamo contro i Soviet, ma per i Soviet. La presa del potere sarà opera dell'insurrezione; lo scopo politico lo si preciserà dopo. Sarebbe nefasto o formalistico aspettare la votazione incerta del 25 ottobre. Il popolo ha il diritto e il dovere di risolvere tali questioni con la forza e non con i voti; il popolo ha il diritto e il dovere di dirigere nei momenti critici i propri rappresentanti, anche i migliori, e non di attenderli. La storia di tutte le rivoluzioni l'ha provato e i rivoluzionari che si lasciassero sfuggire il momento, pur sapendo che la salvezza della rivoluzione, la proposta di pace, la salvezza di Pietrogrado, il mezzo per vincere la carestia, il passaggio della terra ai contadini dipendono da loro, commetterebbero il più grande delitto. Il governo esita. Bisogna finirlo, a ogni costo! Ogni temporeggiamento nell'azione equivale alla morte. Nota(1) Scritta il 24 ottobre (6 novembre) 1917; pubblicata per la prima volta nel 1925 nel libro di Trotski Il 1917. dopo avere scritto questa lettera, Lenin si recò allo Smolny e prese la direzione dell'insurrezione armata.

Manifesto agli operai, ai soldati e ai contadini(1) Il II Congresso panrusso dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati è aperto. Al congresso è rappresentata l'enorme maggioranza dei Soviet. Ad esso assistono anche numerosi delegati dei Soviet contadini. I pieni poteri del Comitato esecutivo centrale, che conduceva una politica di conciliazione, sono scaduti. Forte della volontà dell'immensa maggioranza degli operai, dei soldati e dei contadini, forte della vittoriosa insurrezione compiuta a Pietrogrado dagli operai e dalla guarnigione, il congresso prende il potere nelle proprie mani. Il governo provvisorio è caduto. La maggioranza dei membri del governo provvisorio è già arrestata. Il potere sovietico proporrà una pace democratica immediata a tutti i popoli e un armistizio su tutti i fronti. Esso assicurerà il passaggio gratuito delle terre dei grandi proprietari, di quelle demaniali e di quelle dei monasteri ai comitati contadini, difenderà i diritti del soldato con la democratizzazione completa dell'esercito, instaurerà il controllo operaio sulla produzione, garantirà la convocazione dell'assemblea costituente entro il termine fissato, provvederà ad assicurare il pane alle città e i beni di prima necessità alle campagne, garantirà a tutti i popoli che abitano la Russia l'effettivo diritto dell'autodecisione. Il congresso statuisce: tutto il potere, in tutte le località, passa ai Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini i quali debbono assicurare un saldo ordine rivoluzionario. Il congresso fa appello alla vigilanza e alla fermezza dei soldati che sono nelle trincee. Il Congresso dei Soviet confida che l'esercito rivoluzionario saprà difendere la rivoluzione da qualunque attentato dell'imperialismo sino a che il nuovo governo non sarà riuscito a concludere la pace democratica ch'esso propone immediatamente a tutti i popoli. Il nuovo governo prenderà tutte le misure per assicurare tutto il necessario all'esercito rivoluzionario attuando una politica risoluta di requisizioni e di imposte a carico delle classi abbienti. Esso migliorerà anche la situazione delle famiglie dei soldati. I karnilovisti - Kerenski, Kaledin e altri - tentano di condurre le truppe contro Pietrogrado. Alcuni reparti mobilitati fraudolentemente da Kerenski, sono passati dalla parte del popolo insorto.

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Soldati, opponete un'attiva resistenza al kornilovista Kerenski! State in guardia! Ferrovieri, fermate tutti i convogli di truppe che Kerenski dirige su Pietrogrado! Soldati, operai, impiegati! Le sorti della rivoluzione e della pace democratica sono nelle vostre mani! Evviva la rivoluzione! Il Congresso panrusso dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati I delegati dei Soviet contadini Nota (1) Approvato al II Congresso dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati di tutta la Russia, tenuto il 25-26 ottobre (7-8 novembre) 1917, pubblicato nel Raboci i Soldat, n. 9, 26 ottobre (8 novembre9. Al congresso parteciparono 649 delegati, 390 dei quali erano bolscevichi. I menscevichi, i socialisti-rivoluzionari di destra e i bundisti abbandonarono il congresso dopo l'apertura. Esso approvò i decreti sulla pace e sulla terra e formò il primo governo sovietico, il Consiglio dei commissari del popolo, alla cui presidenza fu eletto Lenin.

Relazione sulla pace(1) La questione della pace è una questione scottante, è la questione nevralgica dei nostri giorni. Se ne è molto parlato, scritto, e voi tutti, certamente, l'avete non poco discussa. Permettetemi perciò di passare alla lettura della dichiarazione che dovrà pubblicare il governo da voi eletto. Decreto sulla pace Il governo operaio e contadino, creato dalla rivoluzione il 24-25 ottobre e forte dell'appoggio dei Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, propone a tutti i popoli belligeranti e ai loro governi l'immediato inizio di trattative per una pace giusta e democratica. Il governo considera come pace giusta e democratica, alla quale aspira la schiacciante maggioranza degli operai e delle classi lavoratrici di tutti i paesi belligeranti, sfinite, estenuate e martoriate dalla guerra, la pace che gli operai e i contadini russi esigevano nel modo più deciso e tenace dopo l'abbattimento della monarchia zarista, una pace immediata senza annessioni (cioè senza la conquista di terre straniere, senza l'annessione forzata di altri popoli) e senza indennità. Questa è la pace che il governo della Russia propone a tutti i popoli belligeranti di concludere immediatamente, dichiarandosi pronto a compiere senza il minimo indugio, subito, tutti i passi decisivi fino alla ratifica definitiva di tutte le proposte di pace da parte delle conferenze, investite di pieni poteri, dei rappresentanti del popolo di tutti i paesi e di tutte le azioni. Per annessione o conquista di terre straniere, il governo intende - conformemente alla coscienza giuridica della democrazia in generale e delle classi lavoratrici in particolare - qualsiasi annessione

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di un popolo piccolo o debole ad uno Stato grande o potente senza che quel popolo ne abbia espresso chiaramente, nettamente e volontariamente il consenso e il desiderio, indipendentemente dal momento in cui quest'annessione forzata è stata compiuta, indipendentemente anche dal grado di progresso o di arretratezza della nazione annessa forzatamente o forzatamente tenuta entro i confini di quello Stato e, infine, indipendentemente dal fatto che questa nazione risieda in Europa o nei lontani paesi transoceanici. Se una nazione qualunque è mantenuta con la violenza entro i confini di un dato Stato, se malgrado il suo espresso desiderio - poco importa se espresso nella stampa, nelle assemblee popolari, nelle decisioni dei partiti o attraverso sommosse e insurrezioni contro il giogo straniero - se malgrado questo non le viene conferito il diritto di votare liberamente dopo la completa evacuazione delle truppe della nazione dominante o, in generale, di ogni altra nazione più potente, e di scegliere, senza la minima costrizione, il suo tipo di ordinamento statale - la sua incorporazione è un'annessione, cioè una conquista e una violenza. Il governo ritiene che continuare questa guerra per decidere come le nazioni potenti e ricche devono spartirsi le nazioni deboli da esse conquistate, sia il più grande delitto contro l'umanità e proclama solennemente la sua decisione di firmare subito le condizioni di una pace che metta fine a questa guerra in conformità delle condizioni sopraindicate, parimenti giuste per tutti i popoli senza eccezione. Nello stesso tempo il governo dichiara di non dare affatto il carattere di un ultimatum alle condizioni di pace sopraindicate, di consentire cioè ad esaminare tutte le altre condizioni di pace, insistendo soltanto perchè esse siano presentate il più rapidamente possibile da un qualsiasi paese belligerante, con la più completa chiarezza e con l'assoluta esclusione di ogni ambiguità e di ogni segretezza. Il governo abolisce la diplomazia segreta ed esprime, da parte sua, la ferma intenzione di condurre tutte le trattative in modo assolutamente pubblico, davanti a tutto il popolo, di cominciare subito la pubblicazione integrale dei trattati segreti confermati o conclusi dal governo dei proprietari fondiari e dei capitalisti dal febbraio al 25 ottobre 1917. Il governo dichiara incondizionatamente e immediatamente abrogato tutto il contenuto di questi trattati quando esso è diretto, come è diretto nella maggior parte dei casi, alla conquista di vantaggi e privilegi per i grandi proprietari fondiari e per i capitalisti russi, al mantenimento o all'accrescimento delle annessioni dei grandi-russi. Il governo, indirizzando ai governi e ai popoli di tutti i paesi la proposta di iniziare immediatamente trattative pubbliche per la conclusione della pace, dichiara da parte sua di essere pronto a condurre queste trattative sia per mezzo di scambi di lettere o telegrammi che di trattative tra i rappresentanti dei diversi paesi o in una conferenza di questi rappresentanti. Per facilitare tali trattative, il governo nomina i suoi rappresentanti plenipotenziari nei paesi neutrali. Il governo propone a tutti i governi e ai popoli di tutti i paesi belligeranti di concludere immediatamente un armistizio. Da parte sua ritiene desiderabile che questo armistizio sia concluso per almeno tre mesi, cioè per un periodo di tempo durante il quale vi sia la piena possibilità di condurre a termine le trattative di pace, con la partecipazione dei rappresentanti, senza eccezione, di tutti i popoli - o nazioni - trascinati nella guerra o costretti a parteciparvi, e di convocare le assemblee dei rappresentanti popolari di tutti i paesi, investiti di pieni poteri, per ratificare definitivamente le condizioni di pace. Il governo provvisorio, operaio e contadino della Russia, indirizzando queste proposte di pace ai governi e ai popoli di tutti i paesi belligeranti, si rivolge anche e specialmente agli operai coscienti delle tre nazioni più progredite dell'umanità, dei più potenti fra gli Stati che partecipano alla guerra attuale: Inghilterra, Francia e Germania. Gli operai di questi paesi hanno reso i più grandi servigi alla causa del progresso e del socialismo: i grandi esempi del movimento cartista in Inghilterra, delle numerose rivoluzioni di importanza storica mondiale compiute dal proletariato francese e, infine, della lotta eroica contro le leggi eccezionali in Germania e, del lavoro, lungo, ostinato, disciplinato, per la creazione di organizzazioni proletarie di massa in Germania, che è un modello per gli operai di tutto il mondo. Tutti questi esempi di eroismo proletario e di creazione storica ci

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danno la garanzia che gli operai di questi paesi comprenderanno i compiti che stanno ora davanti a loro per la liberazione dell'umanità dagli orrori della guerra e dalle sue conseguenze, giacchè questi operai, con la loro attività molteplice, risoluta, devota, energica, ci aiuteranno a far trionfare la causa della pace e, ad un tempo, la causa della liberazione delle masse lavoratrici e sfruttate da ogni schiavitù e da ogni sfruttamento. Il governo operaio e contadino, creato dalla rivoluzione del 24-25 ottobre e forte dell'appoggio dei Soviet dei deputati operai, soldati e contadini, deve iniziare immediatamente le trattative di pace. Il nostro appello deve essere rivolto tanto ai governi quanto ai popoli. Noi non possiamo ignorare i governi perchè altrimenti si ritarderebbe la possibilità di concludere la pace e un governo popolare non può far questo. Ma noi non abbiamo nessun diritto di non rivolgerci contemporaneamente anche ai popoli. Dappertutto i governi e i popoli sono in disaccordo e perciò noi dobbiamo aiutare i popoli a intervenire nelle questioni della guerra e della pace. Noi difenderemo naturalmente con ogni mezzo tutto il nostro programma di pace senza annessioni e senza indennità. Noi non abbandoneremo il nostro programma di pace senza annessioni e senza indennità. Noi non abbandoneremo il nostro programma, ma dobbiamo togliere ai nostri nemici la possibilità di dire che le loro condizioni sono diverse e che è perciò inutile iniziare trattative con noi. No, noi non dobbiamo togliere loro questo vantaggio e non dobbiamo dare alle nostre condizioni il carattere di un ultimatum. Perciò includiamo anche la clausola che esamineremo qualunque condizione di pace, ogni proposta. Esaminare non vuol ancora dire accettare. Noi le sottoporremo al giudizio dell'Assemblea costituente la quale avrà già il potere di decidere che cosa si può e che cosa non si può concedere. Noi lottiamo contro la mistificazione dei governi che, a parole, sono tutti per la pace, per la giustizia, ma che, di fatto, conducono guerre di conquista e di rapina. Nessun governo dirà tutto quel che pensa. Noi siamo contro la diplomazia segreta e agiremo apertamente davanti a tutto il popolo. Noi non chiudiamo e non abbiamo mai chiuso gli occhi davanti alle difficoltà. Non si può porre fino alla guerra con un rifiuto e non si può finire la guerra con una decisione unilaterale. Noi proponiamo un armistizio di tre mesi ma non rifiutiamo un termine più breve affinchè l'esercito estenuato possa almeno per un po' di tempo respirare liberamente. Inoltre in tutti i paesi civili si devono convocare assemblee popolari per discutere le condizioni. Proponendo di concludere subito un armistizio, noi ci rivolgiamo agli operai coscienti di quei paesi che hanno fatto molto per lo sviluppo del movimento proletario. Noi ci rivolgiamo agli operai d'Inghilterra, dove vi fu il movimento cartista, agli operai della Francia, i quali hanno dimostrato ripetutamente nelle insurrezioni tutta la forza della loro coscienza di classe, quanto agli operai della Germania che hanno combattuto le leggi contro i socialisti e creato organizzazioni potenti. Nel manifesto del 14 marzo noi proponevamo di rovesciare i bambini, ma noi stessi non soltanto non avevamo rovesciato i nostri ma avevamo concluso un'alleanza con loro. Adesso abbiamo rovesciato il governo dei banchieri. I governi e la borghesia faranno di tutto per unirsi e soffocare nel sangue la rivoluzione operaia e contadina. Ma tre anni di guerra hanno sufficientemente istruito le masse. V'è un movimento sovietico anche in altri paesi, v'è l'insurrezione nella flotta tedesca, soffocata dagli ufficiali del carnefice Guglielmo. Infine bisogna ricordare che non viviamo nel cuore dell'Africa ma in Europa dove si viene a saper tutto rapidamente. Il movimento operaio avrà il sopravvento e aprirà la via della pace e del socialismo. Nota (1) Tenuta al II Congresso dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati; pubblicata nella Izvestia del CEC, n. 208, 27-28 ottobre (9-10 novembre) 1917 e nella Pravda, n. 171, del 28 ottobre.

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Rapporto sulla questione della terra(1) Riteniamo che la rivoluzione abbia mostrato e dimostrato quanto è importante porre con chiarezza la questione della terra. Lo scoppio dell'insurrezione armata, della seconda rivoluzione, della rivoluzione d'Ottobre, dimostra chiaramente che la terra deve essere trasferita ai contadini. Il governo che è stato abbattuto e i partiti conciliatori menscevico e socialista-rivoluzionario hanno commesso un delitto rinviando, sotto vari pretesti, la soluzione della questione della terra e per ciò stesso hanno condotto il paese allo sfacelo e all'insurrezione dei contadini. False e vilmente ingannatrici suonano le loro parole sui pogrom e l'anarchia nelle campagne. Dove e quando provvedimenti ragionevoli hanno suscitato l'anarchia e i pogrom? Se il governo avesse agito ragionevolmente, e se i suoi provvedimenti avessero soddisfatto i bisogni dei contadini poveri, la massa contadina si sarebbe forse messa in agitazione? Ma tutti i provvedimenti del governo, approvati dai Soviet di Avksentiev e di Dan, erano diretti contro i contadini e hanno spinto i contadini all'insurrezione. Dopo aver suscitato l'insurrezione, il governo si è messo a strillare contro i pogrom e l'anarchia ch'esso stesso aveva provocati. Esso voleva schiacciare l'insurrezione col ferro e nel sangue, ma è stato spazzato via dall'insurrezione armata dei soldati, dei marinai e degli operai rivoluzionari. Per prima cosa, il governo della rivoluzione operaia e contadina deve risolvere la questione della terra, la questione che può tranquillizzare e soddisfare le masse immense dei contadini poveri. Vi leggerò i punti del decreto che il vostro governo sovietico deve promulgare. Uno dei punti di questo decreto contiene il mandato ai comitati agricoli, stabilito in base ai 242 mandati dei Soviet locali dei deputati contadini. Decreto sulla terra 1. La grande proprietà fondiaria è immediatamente abolita senza indennizzo. 2. Le tenute dei grandi proprietari fondiari, come tutte le terre demaniali, dei monasteri, della Chiesa, con tutte le loro scorte vive e morte, gli stabili delle masserie e tutte le suppellettili sono messi a disposizione dei comitati agricoli di volost e dei Soviet distrettuali dei deputati contadini fino alla convocazione dell'Assemblea costituente. 3. Qualunque danno arrecato ai beni confiscati che da questo momento appartengono a tutto il popolo, è dichiarato grave delitto punibile dal tribunale rivoluzionario. I Soviet distrettuali dei deputati contadini prendono tutte le misure necessarie perchè nel corso della confisca della terra dei grandi proprietari sia osservato l'ordine più severo. per decidere quali apprezzamenti, esattamente, e in quale misura, sono soggetti a confisca, e per la più rigorosa difesa rivoluzionaria di tutte le terre che divengono proprietà del popolo, con tutti gli stabili, gli attrezzi, il bestiame, le scorte di prodotti, ecc. 4. Nell'attuazione delle grandi trasformazioni agrarie, finchè l'Assemblea costituente non avrà preso una decisione definitiva in proposito, deve dovunque servire di guida il seguente mandato contadino compilato dalle Izvestia del Soviet panrusso dei deputati contadini in base ai 242 mandati dei contadini delle varie località e pubblicato nel n. 88 dello stesso giornale (Pietrogrado, n. 88, 19 agosto 1917). 5. Le terre dei semplici contadini e dei semplici cosacchi non vengono confiscate.

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Mandato contadino sulla terra La questione della terra, in tutto il suo complesso, può essere risolta soltanto dall'Assemblea costituente eletta da tutto il popolo. La più equa soluzione della questione della terra deve essere la seguente: 1. Il diritto di proprietà privata della terra è abolito per sempre; la terra non può essere nè venduta, nè comprata, nè data in affitto o ipotecata, nè alienata in qualsiasi altro modo. Tutta la terra: del demanio, dei principi della famiglia imperiale, della corona, dei monasteri, della Chiesa, dei benefici, dei maggioraschi, di proprietà privata, delle comunità contadine e dei contadini, ecc. è espropriata senza indennizzo, è dichiarata patrimonio di tutto il popolo e passa a tutti coloro che la lavorano. A coloro che sono danneggiati dal mutamento dei rapporti di proprietà è soltanto riconosciuto il diritto a un aiuto sociale durante il periodo di tempo necessario per adattarsi alle nuove condizioni di esistenza. 2. Tutte le richieste del sottosuolo: minerali, petrolio, carbone, sale, ecc., come pure le foreste e le acque che hanno importanza per tutto lo Stato, passano in esclusivo godimento dello Stato. Tutti i piccoli fiumi, laghi, foreste, ecc., passano in godimento delle comunità contadine a condizione che siano gestiti dagli organi amministrativi autonomi locali. 3. Le terre a coltura intensiva: frutteti, piantagioni, vivai, semenzai, serre, ecc., non sono soggette a divisione ma vengono trasformate in aziende modello e passano in godimento esclusivo delle comunità contadine o dello Stato, a seconda della loro importanza e grandezza. I terreni cintati che circondano le case, nelle città o nei villaggi, con frutteti e orti, rimangono in godimento dei proprietari attuali; una legge determinerà la superficie dei terreni stessi e l'ammontare dell'imposta per il loro godimento. 4. Le fattorie equine, le stazioni di monta, le aziende statali o private per l'allevamento del bestiame, del pollame, ecc., sono confiscate, passano in proprietà di tutto il popolo e vengono trasferite in esclusivo godimento allo Stato o alla comunità contadina a seconda della loro entità e importanza. La questione dell'indennizzo sarà sottoposta all'esame dell'Assemblea costituente. 5. Tutte le scorte vive e morte delle terre confiscate passano senza alcun indennizzo in esclusivo godimento dello Stato o della comunità contadina a seconda della loro entità e importanza. La confisca delle scorte non concerne i contadini che hanno poca terra. 6. Hanno diritto al godimento della terra tutti i cittadini dello Stato russo (senza distinzione di sesso), che desiderano coltivarla col loro lavoro, con l'aiuto della loro famiglia o in cooperativa, e soltanto finchè essi sono in grado di coltivarla. Il lavoro salariato non è ammesso. In caso di inabilità al lavoro di un qualsiasi membro della comunità rurale, per la durata di due anni, quest'ultima ha l'obbligo, entro questo termine, di venirgli in aiuto con la coltivazione collettiva del suo appezzamento finchè egli non abbia ricuperato la capacità di lavorare. I coltivatori che per vecchiaia o invalidità non sono più in grado di coltivare personalmente la terra perdono il diritto al godimento della terra, ma ricevono in compenso una pensione dallo Stato. 7. Il diritto al godimento della terra deve esser egualitario, cioè la terra deve essere ripartita tra i lavoratori secondo le condizioni locali, in base alla norma del lavoro o del consumo. Le forme di utilizzazione della terra devono essere assolutamente libere: familiare, personale, della comunità, cooperativa, in base a quel che sarà deciso nei singoli villaggi o borgate. 8. Tutta la terra, dopo la confisca, passa al fondo agrario di tutto il popolo. La ripartizione tra i lavoratori è diretta dagli organi amministrativi autonomi locali e centrali cominciando dalle comunità rurali e urbane organizzate democraticamente e senza distinzione di ceto fino alle istituzioni centrali regionali. Il fondo agrario è soggetto a ripartizioni periodiche, secondo l'aumento della popolazione e lo sviluppo della produttività e delle colture. Nel cambiamento dei confini dei poderi, il nucleo primitivo dei poderi stessi deve restare intatto. Le terre di coloro che escono dalla comunità, ritornano al fondo agrario. I parenti più prossimi e le persone indicate dagli uscenti hanno la preferenza nell'assegnazione della terra da essi lasciata. Nel momento in cui l'appezzamento viene restituito al fondo agrario, le spese sostenute per la concimazione e per migliorie (miglioramenti radicali) debbono essere rimborsate, nella misura in cui tali migliorie non sono state sfruttate. Se in singole località il fondo agrario non è sufficiente a soddisfare tutta la popolazione locale, la popolazione eccedente deve essere trasferita altrove.

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Lo Stato deve incaricarsi dell'organizzazione del trasferimento, delle spese che esso comporta, della fornitura di scorte, ecc. Il trasferimento deve avvenire nell'ordine seguente: i contadini senza terra che desiderano un trasferimento, poi i membri meno degno della comunità, i disertori, ecc. e, infine, per sorteggio o in base ad accordi. Tutto il contenuto di questo mandato, espressione della volontà assoluta della stragrande maggioranza dei contadini coscienti di tutta la Russia, è proclamato legge provvisoria. Essa, fino alla convocazione dell'Assemblea costituente, sarà attuata immediatamente secondo le possibilità e, in certe sue parti, con quella gradualità che sarà decisa dai Soviet distrettuali dei deputati contadini. Si sentono qui delle voci le quali affermano che il mandato e il decreto stesso sono stati elaborati dai socialisti-rivoluzionari. Sia pure. Non è forse lo stesso che siano stati elaborati dagli uni o dagli altri? Come governo democratico noi non potremmo trascurare una decisione delle masse del popolo,anche se non fossimo d'accordo. All'atto pratico, con l'applicazione del decreto, con la sua attuazione nelle varie località, i contadini stessi comprenderanno dov'è la verità. E anche se i contadini continueranno a seguire i socialisti-rivoluzionari, e anche se essi daranno nell'Assemblea costituente la maggioranza a questo partito, noi diremo anche qui: non importa. La vita è la migliore maestra e mostrerà chi ha ragione, anche se i contadini partiranno da un estremo e noi da un altro per risolvere questa questione. La vita ci obbligherà a riavvicinarci nel torrente generale della creazione rivoluzionaria, nell'elaborazione delle nuove forme statali. Noi dobbiamo seguire la vita, dobbiamo concedere piena libertà alla forza creativa delle masse popolari. Il vecchio governo, abbattuto dall'insurrezione armata, voleva risolvere la questione agraria con l'aiuto della vecchia burocrazia zarista, non ancora destituita. Ma invece di risolvere la questione, la burocrazia lottava soltanto contro i contadini. I contadini hanno imparato qualche cosa durante gli otto mesi della nostra rivoluzione. Essi stessi vogliono risolvere tutte le questioni della terra. Ci pronunciamo perciò contro qualsiasi emendamento di questo progetto di legge; non vogliamo entrare nei particolari appunto perchè scriviamo un decreto e non un programma di azione. La Russia è grande e le condizioni locali sono diverse. Noi abbiamo fiducia che i contadini sapranno risolvere meglio di noi, in senso giusto, la questione. La risolvano essi secondo il nostro programma o secondo quello dei socialisti-rivoluzionari: non è questo l'essenziale. L'essenziale è che i contadini abbiano la ferma convinzione che i grandi proprietari fondiari non esistono più nelle campagne, che i contadini risolvano essi stessi i loro problemi, che essi stessi organizzino la loro vita. Nota (1) Tenuto al II Congresso dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati; pubblicato il 28 ottobre (10 novembre) 1917 nelle Izvestia del CEC, n. 209, e nella , n. 171.

Progetto di norme per il controllo operaio(1) 1. In tutte le imprese industriali, commerciali, bancarie, agricole e altre, con non meno di cinque operai e impiegati (complessivamente), o con un giro d'affari di non meno di 10.000 rubli all'anno, si instaura il controllo operaio sulla produzione, sulla conservazione e sulla compra e la vendita di tutti i prodotti e delle materie prime.

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2. Il controllo operaio è esercitato da tutti gli operai e impiegati dell'azienda, sia direttamente se l'impresa è abbastanza piccola per permetterlo, sia attraverso i loro rappresentanti elettivi che debbono essere designati immediatamente nelle assemblee generali. Si faranno i verbali delle elezioni e i nomi degli eletti saranno comunicati al governo e ai Soviet locali dei deputati operai, soldati e contadini. 3. Senza l'autorizzazione dei rappresentanti eletti dagli operai e dagli impiegati è assolutamente proibita l'interruzione della produzione o del funzionamento delle aziende che hanno un'importanza per tutto il paese (vedi par. 7) come pure ogni modificazione nel loro andamento. 4. Per questi rappresentanti eletti si devono aprire tutti i libri e i documenti senza eccezione, come pure tutti i depositi e le riserve di materiali, di strumenti di lavoro e di prodotti senza nessuna eccezione. 5. Le decisioni dei rappresentanti eletti dagli operai e dagli impiegati sono impegnative per i proprietari dell'azienda e possono essere revocate soltanto dai sindacati e dai congressi. 6. In tutte le aziende, che hanno importanza per tutto lo Stato, tutti i proprietari, tutti i rappresentanti degli operai e degli impiegati eletti per l'esercizio del controllo operaio sono dichiarati responsabili davanti allo Stato dell'ordine e della disciplina più rigorosi e della protezione dei beni. I colpevoli di negligenza, di occultamento degli approvvigionamenti, dei rendiconti, ecc., sono puniti colla confisca di tutti i loro averi e colla reclusione fino a cinque anni. 7. Sono considerate aziende che hanno importanza per tutto lo Stato, tutte le aziende che lavorano per la difesa del paese nonchè quelle legate, in un modo o nell'altro, alla produzione dei generi necessari all'esistenza della popolazione. 8. I Soviet dei deputati operai e le conferenze dei comitati locali di fabbrica e d'officina, come pure i comitati degli impiegati, nelle riunioni generali dei loro rappresentanti fissano norme più particolareggiate per il controllo operaio. Nota (1) Scritto tra il 26 e il 31 ottobre (8-13 novembre) 1917; pubblicato nella Pravda, n. 178, il 3 (16) novembre dello stesso anno.

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Appello del Comitato centrale del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (bolscevico) (1)

A tutti i membri del partito e a tutte le classi lavoratrici della Russia Compagni! Tutti sanno che il II Congresso panrusso dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati ha dato la maggioranza ai delegati del partito bolscevico. Questo fatto è essenziale per comprendere la rivoluzione che pur ora si è svolta e ha vinto tanto a Pietrogrado e a Mosca, quanto in tutta la Russia. Appunto questo fatto dimenticano e trascurano continuamente tutti i sostenitori dei capitalisti e i loro incoscienti accoliti, che scalzano il principio fondamentale della nuova rivoluzione e cioè: tutto il potere ai Soviet. In Russia non dev'esservi altro governo oltre il governo sovietico. Il potere sovietico è conquistato in Russia e il passaggio del governo da un partito sovietico a un altro è assicurato senza nessuna rivoluzione, per una semplice decisione dei Soviet, attraverso la semplice rielezione dei deputati ai Soviet. Il II Congresso panrusso dei Soviet ha dato la maggioranza al partito dei bolscevichi. Perciò, soltanto il governo formato da questo partito è un governo sovietico. Tutti sanno che il Comitato centrale del partito bolscevico, alcune ore prima della formazione del nuovo governo e prima di proporre al II Congresso panrusso dei Soviet la lista dei membri del governo stesso, ha invitato a una sua riunione tre membri autorevolissimi del gruppo dei socialisti-rivoluzionari di sinistra - i compagni Kamkov, Spiro e Karelin - ed ha loro proposto di partecipare al nuovo governo. Siamo estremamente spiacenti che i compagni socialisti-rivoluzionari di sinistra abbiano rifiutato; consideriamo il loro rifiuto come inammissibile per chiunque sia un rivoluzionario e difenda i lavoratori, e siamo pronti, in qualunque momento, a includere dei socialisti-rivoluzionari di sinistra nel governo, ma dichiariamo che come partito della maggioranza del II Congresso panrusso dei Soviet abbiamo il diritto e l'obbligo davanti al popolo di formare il governo. Tutti sanno che il Comitato centrale del nostro partito ha proposto al II Congresso panrusso dei Soviet una lista di commissari del popolo puramente bolscevica e che il congresso ha approvato questa lista di un governo puramente bolscevico. Perciò, le ingannevoli affermazioni che il governo bolscevico non è un governo sovietico, sono assolutamente menzognere e provengono e possono provenire soltanto dai nemici del popolo, dai nemici del potere sovietico. Al contrario - dopo il II Congresso panrusso dei Soviet e fino alla convocazione del III Congresso di Soviet o alla rielezione dei Soviet, o alla formazione di un nuovo governo da parte del Comitato esecutivo centrale - soltanto un governo bolscevico può essere riconosciuto ora come governo sovietico. Compagni! Ieri, 4 novembre, alcuni membri del CC del nostro partito e del Consiglio dei commissari del popolo (Kamenv, Zinoviev, Noghin, Rykov, Miliutin e pochi altri) sono usciti dal CC del nostro partito e - i tre ultimi - dal Consiglio dei commissari del popolo. In un grande partito come il nostro, nonostante, l'indirizzo proletario-rivoluzionario della nostra politica, non era possibile che singoli compagni si mostrassero insufficientemente fermi e tenaci nella lotta contro i nemici del popolo. I compiti che si pongono oggi davanti al nostro partito sono letteralmente immensi, le difficoltà sono enormi e alcuni membri del nostro partito, i quali precedentemente avevano occupato posti di responsabilità, hanno piegato di fronte all'assalto della borghesia e sono fuggiti dalle nostre file. Tutta la borghesia e tutti i suoi accoliti ne giubilano, ne esultano, gridano alla disgregazione, profetizzano la rovina del governo bolscevico. Compagni! Non prestate fede a queste menzogne. I compagni che se ne sono andati hanno agito

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come disertori, non soltanto perchè hanno abbandonato i posti loro affidati, ma anche perchè hanno violato la categorica decisione del CC del nostro partito di aspettare almeno la decisione delle organizzazioni di partito di Pietrogrado e di Mosca prima di andarsene. Noi condanniamo recisamente questa diserzione. Siamo profondamente convinti che tutti gli operai, i soldati ed i contadini coscienti, appartenenti al nostro partito o che simpatizzano per esso, condanneranno con eguale risolutezza il gesto dei disertori. Ma noi dichiariamo che la diserzione di alcuni uomini delle alte sfere del nostro partito non scuoterà minimamente, nemmeno per un istante, l'unità delle masse che seguono il nostro partito, e quindi non scuoterà minimamente il nostro partito. Ricordatevi, compagni, che due di questi disertori, Kamenev e Zinoviev, ancora prima dell'insurrezione di Pietrogrado, si erano dimostrati disertori e crumiri poichè non soltanto avevano votato contro l'insurrezione nella riunione decisiva del CC del 10 ottobre 1917, ma anche dopo la decisione del CC avevano fatto dell'agitazione contro l'insurrezione tra i militanti attivi del partito. Tutti sanno che i giornali timorosi di mettersi dalla parte degli operai e piuttosto pencolanti dalla parte della borghesia (ad esempio la Novaia Gizn), insieme con tutta la stampa borghese, avevano allora fatto un gran chiasso sulla << decomposizione >> del nostro partito, sul << fallimento dell'insurrezione >>, ecc. Ma la vita ha ben presto smentito la menzogna e la calunnia degli uni, i dubbi, gli ondeggiamenti e la viltà degli altri. La << tempesta >> che si voleva scatenare in seguito ai passi di Kamenev e di Zinoviev per spezzare l'insurrezione di Pietrogrado ha dimostrato di essere una tempesta in un bicchiere d'acqua, e il grande slancio delle masse, il grande eroismo di milioni di operai, di soldati e di contadini, a Pietrogrado e a Mosca, sul fronte, nelle trincee e nelle campagne, ha respinto i disertori con la stessa facilità con la quale un treno rigetta una festuca. Si vergognino dunque tutti gli sfiduciati, tutti gli esitanti, tutti, i dubbiosi, tutti coloro che si sono lasciati impaurire dalla borghesia o che hanno ceduto per le grida dei suoi accoliti diretti e indiretti. Nelle masse degli operai e dei soldati e dei soldati di Pietrogrado, di Mosca o di altrove, non v'è neppur l'ombra dell'esitazione. Il nostro partito rimane saldo e fermo, come un sol uomo a guardia del potere sovietico, a guardia degli interessi di tutti i lavoratori e prima di tutto degli operai e dei contadini più poveri! Un coro di imbrattafogli borghesi e di gente che si è lasciata impaurire dalla borghesia ci accusa di essere ostinati, intrattabili, di non voler dividere il potere con un altro partito. Questo è falso, compagni! Noi abbiamo proposto e proponiamo ai socialisti-rivoluzionari di sinistra di dividere il potere con noi. Non è colpa nostra se essi hanno rifiutato. Noi abbiamo persino iniziato trattative e, dopo la chiusura del II Congresso dei Soviet, nel corso di queste trattative, abbiamo fatto concessioni di ogni genere giungendo fino a consentire, a certe condizioni, di ammettere i rappresentanti di una parte della Duma municipale di Pietrogrado, di questo nido di kornilovisti che sarà spazzato via per primo dal popolo se le canaglie korniloviste, se i figli dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari, gli allievi ufficiali, tenteranno nuovamente di opporsi alla volontà del popolo, come hanno fatto domenica scorsa a Pietrogrado e come intendono fare ancora (questo è provato dalla scoperta del complotto di Purisckevic e dai documenti che gli sono stati sequestrati ieri, 3 novembre). Ma quei signori che, stando alle spalle dei socialisti-rivoluzionari di sinistra, si servono di essi nell'interesse della borghesia , hanno interpretato il nostro spirito di conciliazione come una nostra debolezza e ne hanno approfittato per presentare nuovi ultimatum. Alla seduta del 3 novembre sono comparsi i signori Abramovic e Martov i quali ci hanno presentato un ultimatum: nessuna trattativa finchè il nostro governo non metterà fine agli arresti ed alla proibizione dei giornali borghesi. Sia il nostro partito che il CEC del Congresso dei Soviet hanno rifiutato di sottomettersi a questo ultimatum, venuto evidentemente dai sostenitori di Kaledin, della borghesia, di Kerenski e di Kornilov. La congiura di Purisckevic e la delegazione di una parte del 17° corpo d'armata giunta a Pietrogrado il 5 novembre per minacciarci di una marcia sulla capitale (minaccia ridicola, poichè i distaccamenti avanzati di questi kornilovisti sono già stati battuti, sono fuggiti presso Gatcina e in maggioranza si sono sempre rifiutati di marciare contro i Soviet): tutti questi avvenimenti hanno

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mostrato da chi è partito in realtà l'ultimatum dei signori Abramovic e Martov e chi, in realtà, hanno servito costoro. Che tutti i lavoratori siano calmi e saldi! Il nostro partito non cederà mai agli ultimatum della minoranza dei Soviet, della minoranza che si è lasciata impaurire dalla borghesia e che di fatto, in realtà a dispetto delle sue << buone intenzioni >>, è un balocco nelle mani dei kornilovisti. Noi restiamo saldamente fedeli al principio del potere dei Soviet, cioè al potere della maggioranza che si è manifestata all'ultimo Congresso dei Soviet; noi siamo pronti, come eravamo prima, a dividere il potere con la minoranza dei Soviet, a condizione che essa prenda lealmente, onestamente l'impegno di sottomettersi alla maggioranza e di applicare il programma approvato da tutto il II Congresso dei Soviet e consistente in una marcia graduale, ma ferma e senza deviazioni, verso il socialismo. Ma noi non ci sottometteremo a nessun ultimatum di gruppetti di intellettuali, che non hanno le masse con sè, che di fatto hanno con sè soltanto i seguaci di Kornilov, di Savinkov, gli allievi ufficiali, ecc. Che tutti i lavoratori siano calmi e saldi! Il nostro partito, il partito della maggioranza sovietica, rimane compatto e saldo per la difesa dei loro interessi e col nostro partito sono, come prima, milioni di operai nelle città, di soldati nelle trincee, di contadini nei villaggi, pronti a raggiungere a ogn i costo la vittoria della pace e del socialismo! Nota (1) Scritto il 5-6 (18-19) novembre 1917; pubblicato nella Pravda, n. 182, 7 (20) novembre 1917. Progetto di decreto sulla socializzazione dell'economia nazionale(1) La critica situazione dell'approvvigionamento, la minaccia della fame, creata dalla speculazione, dal sabotaggio dei capitalisti e dei funzionari nonchè dallo sfacelo generale, rendono necessari provvedimenti rivoluzionari straordinari per la lotta contro questa calamità. Affinchè tutti i cittadini dello Stato, e in primo luogo tutte le classi lavoratrici, sotto la guida dei loro Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini - senza arrestarsi davanti a nulla e agendo con i mezzi più rivoluzionari - possano immediatamente e in tutti i sensi intraprendere questa lotta, e al fine di garantire un regolare funzionamento della vita economica del paese, si decretano le seguenti norme: Progetto di decreto sulla nazionalizzazione delle banche e sulle misure necessarie per la sua applicazione 1. Tutte le società per azioni sono dichiarate proprietà dello Stato. 2. I membri della direzione e i direttori delle società per azioni, come pure tutti gli azionisti appartenenti alle classi ricche (che posseggono cioè più di 5000 rubli o hanno più di 500 rubli di entrate mensili) hanno l'obbligo di continuare a dirigere in perfetto ordine gli affari dell'azienda attenendosi alla legge sul controllo operaio, presentando tutte le azioni alla Banca di Stato e presentando un resoconto settimanale della loro attività al Soviet locale dei deputati degli operai, dei

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soldati e dei contadini. 3. I prestiti statali, interni ed esteri, sono annullati (aboliti). 4. Gli interessi dei piccoli possessori di obbligazioni, o di azioni di qualunque genere, cioè dei possessori appartenenti alle classi lavoratrici della popolazione, sono garantiti integralmente. 5. Si instaura l'obbligo generale al lavoro: tutti i cittadini di ambo i sessi dai sedici ai cinquantacinque anni sono tenuti a compiere i lavori che saranno fissati dai Soviet locali dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini o dagli altri organi del potere sovietico. 6. Come primo passo verso l'introduzione dell'obbligo generale al lavoro si decreta che le persone appartenenti alle classi ricche (vedi par. 2) sono tenute ad avere e a tenere in regola un libretto di consumo e di lavoro o di bilancio e di lavoro il quale dovrà essere presentato alle rispettive organizzazioni operaie, oppure ai Soviet locali e ai loro organi per l'annotazione settimanale dell'esecuzione di ogni lavoro assunto. 7. Per un giusto inventario e una giusta ripartizione sia delle derrate alimentari che degli altri prodotti necessari, tutti i cittadini dello Stato sono tenuti ad iscriversi a una qualsiasi società di consumo. Gli organi che amministrano le derrate alimentari, i comitati di approvvigionamento e le altre organizzazioni consimili, come pure i sindacati dei ferrovieri e dei lavoratori dei trasporti, sotto la guida dei Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, eseguono il controllo dell'esecuzione di questa legge. Le persone appartenenti alle classi ricche, in particolare hanno l'obbligo di eseguire il lavoro di organizzazione e di direzione degli affari delle società di consumo che verrà loro assegnato dai Soviet. 8. I sindacati degli operai e degli impiegati delle ferrovie hanno l'obbligo di elaborare rapidamente e di cominciare subito ad applicare misure straordinarie per garantire una più razionale organizzazione dei trasporti, specialmente per il trasporto dei generi alimentari, dei combustibili e degli altri generi di prima necessità, soddisfacendo prima di tutto le ordinazioni e le richieste dei Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini e poi quelle delle istituzioni delegate da essi e dal Consiglio superiore della economia mondiale. Al sindacato dei ferrovieri spetta egualmente il compito di condurre, in collaborazione con i Soviet locali, la lotta più energica, senza arrestarsi davanti a misure rivoluzionarie, contro la speculazione sui prodotti alimentari e di perseguire implacabilmente tutti gli speculatori. 9. Le organizzazioni operaie, i sindacati degli impiegati e i Soviet locali hanno l'obbligo di provvedere senza indugio al trasferimento degli operai dalle aziende che si chiudono e smobilitano, come pure dei disoccupati, a lavori utili e alla produzione di oggetti necessari, di cercare ordinazioni, materie prime e combustibili. Senza rinviare in nessun caso questa attività, e organizzando nello stesso tempo, senza attendere ordini speciali dall'alto, lo scambio dei prodotti agricoli con quelli della città, i sindacati e i Soviet locali sono tenuti a conformarsi rigorosamente nello svolgimento del loro lavoro alle disposizioni e alle direttive del Consiglio superiore dell'economia nazionale. 10. Le persone appartenenti alle classi ricche hanno l'obbligo di depositare alla Banca di Stato e presso le sue succursali o presso le casse di risparmio tutto il loro avere in denaro e di non ritirare più di 100-125 rubli ogni settimana (secondo la deliberazione del Soviet locale) per i loro bisogni materiali. Il denaro impiegato nella produzione e nel commercio è consegnato soltanto in base a certificati scritti rilasciati dagli organi del controllo operaio. Per un'effettiva sorveglianza sulle esecuzioni delle presenti disposizioni di legge, si emaneranno

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delle norme sul cambio della moneta attualmente in corso e i colpevoli di frode a danno dello Stato e del popolo sono passibili della confisca di tutti i loro averi. 11. Sono passibili della stessa punizione, nonchè di imprigionamento e di invio al fronte e ai lavori forzati, tutti i contravventori a questa legge, i sabotatori e i funzionari scioperanti, come pure gli speculatori. I Soviet locali e le istituzioni che da essi dipendono sono tenuti a studiare immediatamente le più severe misure rivoluzionarie di lotta contro questi autentici nemici del popolo. 12. I sindacati e le altre organizzazioni dei lavoratori, in collaborazione con i Soviet locali, organizzano gruppi volanti di controllo, con la partecipazione delle persone che danno il maggiore affidamento e sono raccomandate da organizzazioni di partito e da altri organismi, per sorvegliare l'esecuzione di questa legge, per verificare la quantità e la qualità del lavoro compiuto e per tradurre davanti ai tribunali rivoluzionari i colpevoli di violazione o di elusione della legge. Gli operai e gli impiegati delle aziende nazionalizzate devono compiere ogni sforzo e prendere misure straordinarie per migliorare l'organizzazione del lavoro, rafforzare la disciplina, aumentare la produttività del lavoro. Gli organi del controllo operaio devono presentare ogni settimana al Consiglio superiore dell'economia nazionale resoconti su quanto è stato realizzato in questo campo. I colpevoli di mancanze e omissioni sono responsabili dinanzi al tribunale rivoluzionario. Nota (1) Scritto nella prima metà di dicembre 1917; pubblicato per la prima volta nel Narodnoe Khoziaistvo, n. 11, 1918.

Come organizzare l'emulazione?(1) Gli scrittori borghesi hanno imbrattato e imbrattano montagne di carta inneggiando alla concorrenza, all'iniziativa privata e ad altre magnifiche prodezze e bellezze dei capitalisti e del regime capitalistico. Si rimproverava ai socialisti di non voler comprendere l'importanza di tutte queste prodezze e di non tener conto della << natura dell'uomo >>. Ma in realtà il capitalismo ha da lungo tempo sostituito alla piccola produzione mercantile indipendente - dove la concorrenza poteva sviluppare in proporzioni più o meno larghe l'intraprendenza, l'energia, l'iniziativa audace, - la grande e grandissima produzione industriale, le società per azioni, i sindacati e altri monopoli. La concorrenza, sotto un siffatto capitalismo, vuol dire il soffocamento, di una ferocia inaudita, dell'intraprendenza, dell'energia, dell'iniziativa audace delle masse della popolazione, della sua immensa maggioranza, del novantanove per cento dei lavoratori; e significa anche sostituire all'emulazione la truffa finanziaria, il dispotismo, il servilismo al sommo della scala sociale. Il socialismo non soltanto non spegne l'emulazione, ma crea bensì per la prima volta la possibilità di applicarla in modo veramente largo, in proporzioni veramente di massa, di fare entrare realmente la maggioranza dei lavoratori nell'arena di una attività in cui possono manifestare, sviluppare effettivamente le loro capacità, rivelare le doti che sono nel popolo - sorgente dalla quale non si è mai attinto - e che il capitalismo calpestava, comprimeva, soffocava a migliaia e milioni. Il nostro compito, ora che un governo socialista è al potere, è di organizzare l'emulazione. I reggicoda e i cagnotti della borghesia hanno descritto il socialismo come una caserma grigia,

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monotona, abbrutente, uniforme. I lacchè del sacco di scudi, i servi degli sfruttatori - i signori intellettuali borghesi - hanno fatto del socialismo uno << spauracchio >> per il popolo, che, precisamente in regime capitalista, è condannato al bagno e alla caserma, a un lavoro estenuante e monotono, a un'esistenza semiaffamata, a una profonda miseria. I primi passi verso la liberazione dei lavoratori da questo bagno penale è la confisca delle terre dei proprietari fondiari, l'istituzione del controllo operaio, la nazionalizzazione delle banche. I passi successivi saranno: nazionalizzazione delle fabbriche e delle officine, organizzazione obbligatoria di tutta la popolazione in società di consumo, che saranno al tempo stesso società per la vendita dei prodotti, monopolio di Stato del commercio del grano e degli altri articoli di prima necessità Oggi soltanto appare la possibilità di manifestare ampiamente, con un'estensione veramente di massa, l'intraprendenza, l'emulazione e l'iniziativa audace. Ogni fabbrica dalla quale il capitalista è stato cacciato o per lo meno domato da un vero controllo operaio, ogni villaggio dal quale è stato sloggiato il proprietario fondiario sfruttatore, al quale la terra è stata tolta, sono ora, e ora soltanto, un campo d'azione nel quale l'uomo del lavoro può manifestarsi, può raddrizzare un tantino la schiena, tenersi diritto, sentirsi uomo. Dopo secoli di lavoro per altri, di lavoro servile per gli sfruttatori, per la prima volta appare la possibilità di lavorare per sè e di lavorare inoltre approfittando di tutte le conquiste della tecnica e della cultura moderne. E' evidente che questa sostituzione al lavoro servile del lavoro per sè - la più grande che conosca la storia dell'umanità - non può prodursi senza attriti, difficoltà e conflitti, senza violenza nei confronti dei parassiti inveterati e dei loro reggicoda. Quanto a ciò, nessun operaio si fa delle illusioni: temprati da lunghi, lunghissimi anni di lavoro da galeotti a profitto degli sfruttatori, dalle innumerevoli vessazioni e ingiurie da parte di questi ultimi, temprati da una dura miseria, gli operai e i contadini poveri sanno che ci vuole del tempo per spezzare la resistenza degli sfruttatori. Gli operai e i contadini non sono per nulla contaminati dalle illusioni sentimentali dei signori intellettuali, di tutti i rammolliti della Novaia Gizn e altri, i quali hanno <<vociferato >> sino alla raucedine contro i capitalisti, << gesticolato >>. << tuonato >> contro di essi, per poi scoppiare in lagrime e comportarsi come dei cani bastonati il giorno in cui si è trattato di passare agli atti, di mettere in esecuzione le minacce, di mettere in pratica il rovesciamento dei capitalisti. La grandiosa sostituzione al lavoro servile del lavoro per sè, lavoro organizzato metodicamente, su scala gigantesca, secondo un piano nazionale (in una certa misura pure su scala internazionale, mondiale) esige per di più - oltre ai provvedimenti << militari >> di repressione della resistenza degli sfruttatori - immensi sforzi di organizzazione e di iniziativa da parte del proletariato e dei contadini poveri. Il compito organizzativo si intreccia, in un tutto indissolubile, con il compito di reprimere militarmente, in modo implacabile, la resistenza degli schiavisti di ieri (i capitalisti) e della muta dei loro lacchè, i signori intellettuali borghesi. Noi siamo sempre stati gli organizzatori e i capi, noi abbiamo comandato - dicono e pensano gli schiavisti di ieri e i loro commessi reclutati tra gli intellettuali - noi vogliamo rimanere ciò che eravamo, non ci metteremo a dare ascolto al <<popolino>>, agli operai, ai contadini, non ci sottometteremo ad essi; faremo del nostro sapere un'arme per difendere i privilegi del sacco di scudi e il dominio del capitale sul popolo. Così parlano, pensano ed agiscono i borghesi e gli intellettuali borghesi. Dal punto di vista dei loro interessi bassamente egoistici, la loro condotta è comprensibile: anche per i cagnotti e i parassiti dei proprietari fondiari feudali, - i preti, gli scribi e i funzionari descritti da Gogol, gli << intellettuali >> che detestavano Belinski, - fu << difficile >> separarsi dal servaggio. Ma la causa degli sfruttatori e del loro servitorame di intellettuali è una causa disperata. Gli operai e i contadini stanno spezzando la loro resistenza - con una fermezza, una risolutezza e una implacabilità ancora insufficienti, purtroppo - e finiranno con lo spezzarla. << Questi signori >> pensano che il < popolino >>, i << semplici >> operai e contadini poveri non sapranno adempiere il grande compito - veramente eroico nel senso storico e universale della parola - di carattere organizzativo che la rivoluzione socialista ha imposto ai lavoratori. << Non si può fare a meno di noi >>, si dicono a mo' di consolazione gli intellettuali abituati a servire i capitalisti e lo Stato capitalista. Il loro cinico calcolo sarà sventato: già ora uomini colti si staccano da loro e

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passano dalla parte del popolo, dalla parte dei lavoratori, e li aiutano a spezzare la resistenza dei servi del capitale. Quanto ai contadini e agli operai, molti sono fra loro gli uomini dotati di capacità organizzative, e questi uomini cominciano solo ora a essere coscienti di questa loro capacità, a sentirsi attratti verso un lavoro vivo, creativo, grandioso, ad accingersi essi stessi all'edificazione della società socialista. Uno dei compiti più importanti, se non il più importante, consiste oggi nello sviluppare il più largamente possibile, questa libera iniziativa degli operai, di tutti i lavoratori e di tutti gli sfruttati in generale nell'opera del lavoro creativo nel campo dell'organizzazione. Bisogna distruggere ad ogni costo il pregiudizio assurdo, selvaggio, infame, abominevole secondo il quale soltanto le cosiddette << classi superiori >>, soltanto i ricchi e coloro che sono passati per la scuola delle classi ricche possono dirigere lo Stato e l'edificazione organizzativa della società socialista. Questo è un pregiudizio. Esso viene sostenuto dal consuetudinarismo putrido, fossilizzato, dall'abitudine alla schiavitù e, più ancora, dalla sordida cupidigia dei capitalisti, che hanno interesse ad amministrare derubando e a derubare amministrando. No, gli operai non dimenticheranno nemmeno per un istante di aver bisogno della forza del sapere. Lo zelo straordinario che, precisamente ora, gli operai dimostrano nel campo dell'istruzione attesta che da questo lato non vi sono e non vi possono essere errori nel seno del proletariato. Ma il lavoro di organizzazione è anche alla portata di un comune operaio o contadino che sa leggere e scrivere, conosce gli uomini ed è provvisto di un'esperienza pratica. Simili uomini sono masse nel << popolino >>, del quale gli intellettuali parlano in modo altezzoso e con disprezzo. La classe operaia e i contadini posseggono una sorgente ricchissima - sorgente dalla quale non si è mai attinto - di tali uomini dotati di capacità. Gli operai e i contadini sono ancora << timidi >>, non sono abituati all'idea che essi sono ora la classe dominante, e non sono ancora abbastanza risoluti. La rivoluzione non poteva dare di colpo queste qualità a milioni di uomini che la fame, la miseria avevano costretto tutta la vita a lavorare sotto il bastone. Ma ciò che precisamente fa la forza, la vitalità e l'invincibilità della rivoluzione d'Ottobre 1917 è che essa suscita queste qualità, abbatte tutte le vecchie barriere, spezza i legami vetusti, fa entrare i lavoratori nella via dove creano essi stessi la nuova vita. Il censimento e il controllo, tale e il principale compito economico di ogni Soviet dei deputati operai, soldati e contadini, di ogni cooperativa di consumo, di ogni unione o comitato di approvvigionamento, di ogni comitato di officina o organo di controllo operaio in generale. La lotta contro la vecchia abitudine di considerare la misura di lavoro e i mezzi di produzione dal punto di vista dell'uomo asservito che si domanda: come liberarsi da un carico supplementare, come strappare almeno qualche cosa alla borghesia? - questa lotta è indispensabile. Gli operai d'avanguardia, coscienti, l'hanno già cominciata ed oppongono una vigorosa resistenza ai nuovi venuti nell'ambiente di fabbrica, che sono apparsi numerosi specialmente durante la guerra e che vorrebbero ora considerare la fabbrica appartenente al popolo, diventata proprietà del popolo, come nel passato, dal punto di vista dell'unico pensiero: << Strappare il più grosso boccone e alzare il tacco >>. Tutto ciò che vi è di cosciente, di onesto, di pensante tra i contadini e le masse lavoratrici si ergerà in questa lotta a fianco degli operai d'avanguardia. Il censimento e il controllo, se vengono effettuati dai Soviet operai, soldati e contadini, potere supremo dello Stato, oppure attenendosi alle indicazioni, al mandato di questo potere, - censimento e controllo praticato ovunque, generale e universale, censimento della quantità di lavoro e della ripartizione dei prodotti, - costituiscono l'essenza stessa della trasformazione socialista, una volta acquistata e assicurata la direzione politica del proletariato. Il censimento e il controllo, necessari per il passaggio al socialismo, possono essere soltanto opera delle masse. Soltanto la collaborazione volontaria e cosciente delle masse degli operai e dei contadini, compiuta con entusiasmo rivoluzionario, nel censimento e nel controllo dei ricchi, dei furfanti, dei parassiti, dei teppisti può vincere queste sopravvivenze della maledetta società capitalistica, questi rifiuti dell'umanità, queste membra incancrenite e putrescenti della società, questo contagio, questa peste, questa piaga che il capitalismo ha lasciato in eredità al socialismo. Operai e contadini, lavoratori e sfruttati! La terra, le banche, le fabbriche e le officine sono diventate

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proprietà del popolo! Accingetevi voi stessi al censimento e al controllo della produzione e della distribuzione dei prodotti, - questa e soltanto questa è la strada che porta alla vittoria del socialismo, è il pegno della sua vittoria, il pegno della vittoria su qualsiasi sfruttamento, su qualsiasi indigenza e miseria. Poichè in Russia vi è abbastanza grano, ferro, legna, lana cotone e lino per tutti, purchè il lavoro e i prodotti siano ben distribuiti, purchè il controllo sia ben organizzato dal popolo intero, un controllo efficace, pratico di questa ripartizione, purchè siano abbattuti, non soltanto in politica ma anche nella vita economica di tutti i giorni, i nemici del popolo: i ricchi, i loro reggicoda; poi i furfanti, i parassiti e i teppisti. Nessuna pietà per questi nemici del popolo, nemici del socialismo, nemici dei lavoratori. Guerra a morte ai ricchi e ai loro reggicoda, gli intellettuali borghesi; guerra ai furfanti, ai parassiti e ai teppisti: gli uni e gli altri, i primi e i secondi, sono fratelli, figli del capitalismo, rampolli della società feudale e borghese, società in cui un pugno di uomini spogliava il popolo e si faceva beffe di lui: società in cui il bisogno e la miseria gettavano migliaia e migliaia di uomini sulla via del teppismo, della corruzione, della truffa, dell'oblio della dignità umana; società che inculcava necessariamente nei lavoratori il desiderio di sfuggire, sia pure con l'inganno, allo sfruttamento, di liberarsi, almeno per un istante, da un lavoro ripugnante, di strappare un pezzo di pane con qualsivoglia mezzo, a qualsiasi prezzo, per non soffrire la fame, per non sentire se stesso e i propri congiunti affamati. I ricchi e i furfanti sono le due facce di una stessa medaglia, sono le due categorie principali di parassiti nutriti dal capitalismo, sono i principali nemici del socialismo; questi nemici vanno messi sotto una speciale sorveglianza della popolazione intiera; devono essere colpiti implacabilmente alla minima infrazione da parte loro delle regole e delle leggi della società socialista. Ogni debolezza, ogni esitazione, ogni sentimentalismo a questo riguardo costituirebbero il più grave delitto verso il socialismo. Perchè questi parassiti non possano recar danno alla società socialista bisogna organizzare il censimento e il controllo della quantità di lavoro, della produzione e della distribuzione dei prodotti, censimento e controllo che saranno esercitati da tutto il popolo ed effettuati liberatamente ed energicamente con entusiasmo rivoluzionario da milioni e milioni di operai e di contadini. E per organizzare questo censimento e questo controllo perfettamente accessibili, perfettamente proporzionati alle forze di tutti gli operai e di tutti i contadini onesti, intelligenti, attivi, bisogna far sorgere tra loro degli organizzatori capaci, che provengano dalle loro file; bisogna risvegliare in loro - e organizzare su scala nazionale - l'emulazione attorno ai successi da realizzare nel campo della organizzazione; bisogna che gli operai e i contadini comprendano nettamente la differenza tra il consiglio necessario dell'uomo colto e il controllo necessario, esercitato dal << semplice >> operaio e contadino, sull'incuria così frequente nelle persone << colte >>. Questa incuria, questa negligenza, questa sciatteria, questa trascuratezza, questa fretta nervosa, questa tendenza a sostituire la discussione all'azione, le conversazioni al lavoro, questa tendenza a intraprendere tutto e non portare nulla a termine, costituiscono uno dei tratti propri delle << persone colte >> e che non deriva affatto dalla loro cattiva natura, e tanto meno dalla loro malvagità, ma da tutte le abitudini della loro vita, dalle condizioni del loro lavoro, dal loro esaurimento, dalla separazione anormale del lavoro intellettuale dal lavoro manuale, e così via. Tra gli errori, le insufficienze, i passi falsi della nostra rivoluzione, hanno una parte abbastanza importante gli errori, ecc. che nascono da queste particolarità, tristi ma inevitabili in questo momento, degli intellettuali del nostro ambiente, e ad un tempo dalla mancanza di un soddisfacente controllo esercitato dagli operai sul lavoro di organizzazione degli intellettuali. Gli operai e contadini soffrono ancora di << timidezza >>; essi se ne debbono sbarazzare, e se ne sbarazzeranno certamente. E' impossibile fare a meno dei consigli, delle indicazioni direttive degli uomini colti, degli intellettuali, degli specialisti. Ogni operaio e ogni contadino più o meno sensato se ne rendono perfettamente conto, e gli intellettuali del nostro ambiente non possono lagnarsi di mancanza di attenzione e di stima fraterna da parte degli operai e dei contadini. Ma il consiglio e l'indicazione direttiva sono una cosa e l'organizzazione pratica del censimento e del controllo

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un'altra. Spessissimo gli intellettuali sono prodighi di consigli meravigliosi e di indicazioni direttive, ma si rivelano sino al ridicolo, sino all'assurdo, vergognosamente << impotenti >>, incapaci di <<attuare>< questi consigli e queste indicazioni, di applicare un controllo pratico perchè la parola si trasformi in azione. Ecco dove in nessun caso si potrebbe fare a meno dell'aiuto e della funzione dirigente degli organizzatori pratici, usciti dal << popolo >>, dagli operai e dai contadini lavoratori. << Non sono gli dei che fanno cuocere le terraglie >>: questa verità gli operai e i contadini debbono mettersela bene in testa. Debbono comprendere che oggi tutto dipende dalla pratica; che è venuto appunto quel momento storico in cui la teoria si trasforma in pratica, viene vivificata dalla pratica, corretta, verificata dalla pratica, in cui le parole di Marx: << Ogni passo di movimento reale è più importante di una dozzina di programmi(2) >>, sono particolarmente vere. Qualsiasi provvedimento pratico preso per domare realmente i ricchi e i furfanti, per comprimerli e sottometterli a un censimento, a un controllo rigoroso, è più importante di una dozzina di ammirevoli dissertazioni sul socialismo. Poichè la << teoria è grigia, amico mio, ma l'albero della vita è sempre verde >>. Bisogna organizzare l'emulazione fra gli organizzatori pratici operai e contadini. Bisogna combattere contro qualsiasi tendenza a fare tutto sullo stesso stampo, e contro i tentativi di uniformare dall'alto, cosa a cui sono così propensi gli intellettuali. Lo stereotipare e l'uniformare dall'alto non hanno nulla a che vedere con il centralismo democratico e socialista. L'unità in ciò che è fondamentale, capitale, essenziale, non è lesa, è al contrario assicurata dalla varietà nei dettagli, nelle particolarità locali, nel modo di trattare la questione, nei procedimenti per applicare il controllo, nei mezzi per sterminare e rendere innocui i parassiti (i ricchi, i furfanti, i negligenti, le pulcelle isteriche dell'intellettualità, ecc.). La Comune di Parigi ha fornito un grande esempio d'iniziativa, d'indipendenza, di libertà di movimento, di dispiegamento di energia che partono dalla base, combinati con un centralismo volontario, estraneo a qualsivoglia stampo. I nostri Soviet seguono la stessa strada. Ma sono ancora << timidi >>, non hanno ancora preso lo slancio, non sono << entrati a fondo >> nel nuovo, grande, fecondo lavoro di creazione di un regime socialista. E' necessario che i Soviet si mettano all'opera con più ardire e iniziativa. E' necessario che tutte le << comuni >> - qualsiasi fabbrica, villaggio, società cooperativa di consumo, comitato di approvvigionamento - entrino fra di loro in emulazione, come organizzatori pratici del censimento e del controllo del lavoro e della ripartizione dei prodotti. Il programma di questo censimento e di questo controllo è semplice, chiaro, comprensibile per tutti: che tutti abbiano del pane, portino delle scarpe solide e dei vestiti in buono stato, abbiano un alloggio caldo, lavorino coscienziosamente; che nemmeno un furfante (compresi gli scansafatiche) sia lasciato in libertà invece di essere rinchiuso in prigione, o di scontare la pena a un durissimo lavoro forzato; che nemmeno un ricco il quale contravviene alle regole e alle leggi del socialismo possa evitare la sorte del furfante, sorte che giustizia vuole egli debba condividere. << Chi non lavora, non mangia >> - ecco il comandamento pratico del socialismo. Ecco ciò che bisogna organizzare praticamente. Ecco di quali successi pratici debbono essere fieri le nostre <<comuni>>, i nostri organizzatori operai e contadini, e a maggior ragione gli organizzatori intellettuali (a maggior ragione, poichè questi ultimi sono troppo abituati, veramente troppo abituati, ad essere fieri delle loro indicazioni e risoluzioni generali). Migliaia di forme e di procedimenti pratici di censimento e di controllo sui ricchi, sui furfanti e sui parassiti debbono essere elaborati e provati al fuoco della pratica dalle comuni stesse, dalle piccole cellule nella campagna e nella città. La varietà è qui una garanzia di vitalità, il pegno del successo nel raggiungimento dell'obiettivo comune e unico: ripulire il suolo della Russia di qualsiasi insetto nocivo, delle pulci: i furfanti; delle cimici: i ricchi, ecc. In un luogo si metterà in carcere una decina di ricchi, una dozzina di furfanti, una mezza dozzina di operai scansafatiche (teppisti scansafatiche, come molti tipografi di Pietrogrado, soprattutto nelle tipografie del partito). In un altro si farà loro pulire le lattine. In un terzo si distribuirà loro, finita la prigione, dei libretti gialli, perchè tutto il popolo possa sorvegliarli come degli uomini nocivi, sino a quando non si saranno emendati. In un quarto, su dieci persone convinte di parassitismo se ne fucilerà una. In un quinto verrà escogitata

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una combinazione di diversi procedimenti, ad esempio la liberazione condizionale per ottenere che gli elementi correggibili tra i ricchi, gli intellettuali borghesi, i furfanti e i teppisti si emendino rapidamente. Più vi sarà varietà, tanto meglio, tanto più ricca sarà l'esperienza generale, tanto più sicuro e più immediato sarà il trionfo del socialismo, tanto più facilmente la pratica elaborerà - poichè essa solo può farlo - i migliori modi e mezzi di lotta. In quale comune, in quale quartiere di una grande città, in quale fabbrica, in quale villaggio non vi sono affamati, non vi sono disoccupati, non vi sono ricchi parassiti, non vi sono canaglie, lacchè della borghesia, sabotatori che si dicono intellettuali? Dove è stato fatto di più per aumentare la produttività del lavoro? Per costruire case nuove e buone per i poveri, per alloggiarli nelle case dei ricchi? Per distribuire effettivamente una bottiglia di latte ad ogni bambino di famiglia povera? Ecco attorno a quali questioni si deve svolgere l'emulazione delle comuni, delle comunità, delle società e delle associazioni di consumo e di produzione, dei Soviet dei deputati operai, soldati e contadini. E' in questo campo di attività che debbono praticamente essere distinti e chiamati a funzioni amministrative gli organizzatori capaci. Essi sono numerosi fra il popolo. Ma sono soffocati. Bisogna aiutarli e farsi valere. Essi, e soltanto essi, sostenuti dalle masse, potranno salvare la Russia e salvare la causa del socialismo. Note (1) Scritto tra il 25 e il 28 dicembre 1917 (7-10 gennaio 1918), pubblicato per la prima volta nella Pravda, n. 17, 20 gennaio 1929. (2) Lettera a W. Bracke del 5 maggio 1875, in K. Marx-F. Engels, Il partito e l'Internazionale, Roma, Edizioni Rinascita, 1948, p. 224.

Progetto di dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato (1)

L'Assemblea costituente decide: I. 1. La Russia è proclamata Repubblica dei Soviet dei deputati operai, soldati e contadini. Tutto il potere centrale e locale appartiene a questi Soviet. 2. La Repubblica sovietica della Russia è costituita sulla base di una libera unione di nazioni libere, come federazione di repubbliche nazionali sovietiche. II. L'Assemblea costituente, proponendosi come compito essenziale la soppressione di ogni sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, la completa eliminazione della divisione della società in classi, la repressione inesorabile della resistenza degli sfruttatori, la creazione di un'organizzazione socialista della società e la vittoria del socialismo in tutti i paesi, decide: 1. La proprietà privata della terra è abolita. Tutta la terra con tutti gli stabili, le scorte e gli altri accessori della produzione agricola, è dichiarata proprietà di tutto il popolo lavoratore. 2. Allo scopo di assicurare il potere del popolo lavoratore sugli sfruttatori, e come primo passo

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verso il passaggio delle fabbriche, delle officine, delle miniere, delle ferrovie e degli altri mezzi di produzione e di trasporto in piena proprietà dello Stato operaio e contadino, si ratifica la legge promulgata dai Soviet sul controllo operaio e sul Consiglio superiore dell'economia nazionale. 3. Si ratifica il passaggio di tutte le banche in proprietà dello Stato operaio e contadino, come una delle condizioni per la liberazione delle masse lavoratrici dal giogo del capitale. 4. Allo scopo di eliminare gli strati parassitari della società, si instaura l'obbligo generale del lavoro. 5. Per assicurare l'integrità del potere alle masse lavoratrici ed eliminare qualsiasi possibilità di restaurazione del potere degli sfruttatori, si decreta l'armamento dei lavoratori, la formazione dell'Esercito rosso socialista degli operai e dei contadini e il disarmo completo delle classi possidenti. III. 1. L'Assemblea costituente, - esprimendo l'incontrollabile decisione di strappare l'umanità dagli artigli del capitale finanziario e dell'imperialismo, i quali hanno inondato la terra di sangue nella guerra attuale che è la più criminosa di tutte le guerre, - si associa pienamente alla politica seguita dal potere sovietico, politica di rottura dei trattati segreti, di organizzazione della più ampia fraternizzazione con gli operai ed i contadini degli eserciti che oggi combattono fra loro, politica che vuol raggiungere, ad ogni costo, con misure rivoluzionarie, una pace democratica tra i popoli, senza annessioni e senza contribuzioni, sulla base della libera autodecisione delle nazioni. 2. Allo stesso fine, l'Assemblea costituente insiste per la rottura completa con la barbara politica della civiltà borghese, la quale fondava il benessere degli sfruttatori di poche nazioni elette sull'asservimento di centinaia di milioni di lavoratori nell'Asia, nelle colonie in generale e nei piccoli paesi. L'Assemblea costituente saluta la politica del Consiglio dei commissari del popolo, che ha proclamato la completa indipendenza della Finlandia, che ha iniziato l'evacuazione delle truppe dalla Persia ed ha proclamato la libertà di autodecisione dell'Armenia. 3. L'Assemblea costituente considera la legge sovietica sull'annullamento dei prestiti fatti dai governi dello zar, dei proprietari fondiari e della borghesia come un primo colpo al capitale bancario e finanziario internazionale ed esprime la certezza che il potere sovietico proseguirà risolutamente su questa via sino alla completa vittoria dell'insurrezione internazionale operaia contro il giogo del capitale. IV. L'Assemblea costituente - eletta sulla base delle liste di partito, compilate prima della rivoluzione d'Ottobre, quando il popolo non poteva ancora insorgere, con tutta la sua massa, contro gli sfruttatori, non conosceva tutta la forza della loro resistenza nella difesa dei loro privilegi di classe e non aveva ancora intrapreso praticamente l'edificazione della società socialista, - ritiene che contrapporsi al potere sovietico sarebbe un errore capitale anche da un punto di vista formale. E sostanzialmente l'Assemblea costituente stima che, oggi, nel momento della lotta finale del popolo contro i suoi sfruttatori, non dev'esservi posto per questi ultimi in nessuno degli organi del potere. Il potere deve appartenere interamente ed esclusivamente alle masse lavoratrici ed alla loro rappresentanza plenipotenziaria - ai Soviet dei deputati operai, soldati e contadini. L'Assemblea costituente, appoggiando il potere sovietico e i decreti del Consiglio dei commissari del popolo, ritiene di esaurire i propri compiti stabilendo le basi fondamentali della trasformazione socialista della società. In pari tempo, l'Assemblea costituente, aspirando alla creazione di una unione veramente libera e volontaria, e appunto per ciò tanto più stretta e salda, delle classi lavoratrici di tutte le nazioni della Russia, limita il proprio compito alla fissazione dei principi fondamentali della Federazione delle repubbliche sovietiche della Russia e lascia agli operai e ai contadini di ogni nazione il diritto di decidere con indipendenza, nel proprio congresso dei Soviet investito di pieni poteri, se desiderano, e su quali basi, partecipare al governo federale e alle altre istituzioni federali sovietiche.

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Nota (1) Questo progetto di dichiarazione fu approvato con poche modifiche dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia il 3 (16) gennaio 1918. Il giorno seguente, la dichiarazione fu pubblicata dalla Pravda. Il 5 (18) gennaio la maggioranza controrivoluzionaria dell'Assemblea costituente rifiutò di discuterla, e la frazione bolscevica abbandonò l'assemblea. Il 12 (25) gennaio il III Congresso dei Soviet di tutta la Russia approvò la dichiarazione, che in seguito entrò nel testo della Costituzione della RSFSR.

Tesi sulla conclusione di una pace immediata, separata e annessionista (1)

1. La situazione della rivoluzione russa in questo momento è tale che quasi tutti gli operai e la stragrande maggioranza dei contadini sono indubbiamente per il potere sovietico e per la rivoluzione socialista da esso iniziata. Pertanto il successo della rivoluzione socialista è garantito in Russia. 2. D'altra parte la guerra civile, provocata dalla furiosa resistenza delle classi possidenti, perfettamente conscie di dover affrontare l'ultima battaglia decisiva per il mantenimento della proprietà privata della terra e dei mezzi di produzione, non ha ancora raggiunto il suo punto culminante. La vittoria del potere sovietico in questa guerra è certa, ma inevitabilmente dovrà passare un certo periodo di tempo; inevitabilmente essa richiederà una tensione di forze assai grande, vi sarà inevitabilmente un periodo di sfacelo e di caos, dovuto ad ogni guerra, e specialmente alla guerra civile, sino al momento in cui la resistenza della borghesia sarà schiacciata. 3. Inoltre, questa resistenza, nelle sue forme meno attive e non militari: il sabotaggio, la corruzione degli elementi spostati, la corruzione degli agenti della borghesia che si insinuano tra i socialisti per condurre alla perdita la causa del socialismo, ecc. ecc. - questa resistenza si è dimostrata così ostinata e capace di assumere forme così varie che la lotta contro di essa continuerà inevitabilmente ancora per qualche tempo; ed è poco probabile che finisca, nelle sue forme essenziali, prima di qualche mese. Ora, senza avere decisamente vinto questa resistenza passiva e mascherata della borghesia e dei suoi fautori, il successo della rivoluzione socialista è impossibile. 4. Infine, i compiti organizzativi che la trasformazione socialista in Russia impone sono così vasti e ardui che il loro adempimento - data l'abbondanza dei compagni di strada piccolo-borghesi del proletariato socialista e il livello relativamente basso di quest'ultimo - richiederà anch'esso un periodo di tempo abbastanza lungo. 5. Tutte queste circostanze, prese nel loro insieme, sono tali che ne risulta in modo perfettamente netto la necessità, per assicurare il successo del socialismo in Russia,di un certo periodo di tempo - qualche mese almeno - durante il quale il governo socialista deve avere le mani del tutto libere per vincere la borghesia, dapprincipio nel proprio paese, e gettar le basi di un lavoro organizzativo di massa, largo e profondo. 6. Lo stato presente della rivoluzione socialista in Russia deve essere messo alla base di ogni

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definizione dei compiti internazionali del nostro potere sovietico, giacchè al quarto anno di guerra la situazione internazionale è tale che non si saprebbe assolutamente prevedere il momento probabile dell'esplosione rivoluzionaria e dell'abbattimento di un qualunque governo imperialista d'Europa (compreso quello tedesco). E' fuor di dubbio che la rivoluzione socialista deve avvenire ed avverrà in Europa. Tutte le nostre speranze sulla vittoria definitiva del socialismo sono fondate su questa certezza e su questa previsione scientifica. La nostra attività propagandistica in generale, e l'organizzazione della fraternizzazione in particolare, debbono essere accentuate e sviluppate. Ma sarebbe un errore basare la tattica del governo socialista della Russia tentando di determinare se la rivoluzione socialista scoppierà o no in Europa, e specialmente in Germania, entro i sei mesi prossimi (o un altro simile breve termine). Poichè determinare ciò è cosa assolutamente impossibile, tutti i tentativi di tal genere equivarrebbero oggettivamente a un cieco giuoco d'azzardo. 7. Le trattative di pace di Brest-Litovsk hanno chiaramente dimostrato che nel momento attuale - 7 gennaio 1918 - nel governo tedesco (che mena per le briglie gli altri governi della quadruplice alleanza) il partito militare ha decisamente preso il sopravvento; in realtà questo partito ha già posto alla Russia un ultimatum (bisogna attendersi da un giorno all'altro ch'esso venga ufficialmente presentato). Questo ultimatum comporta: o la continuazione della guerra o una pace annessionista, alla condizione cioè che noi evacuiamo tutti i territori da noi occupati, mentre i tedeschi si tengono tutti quelli da loro occupati e ci impongono il pagamento di una contribuzione (in veste di rimborso delle spese per il mantenimento dei prigionieri di guerra), contribuzione che ammonta a una cifra di circa tre miliardi di rubli, pagabile nel termine di qualche anno. 8. Il governo socialista della Russia si trova di fronte a una questione che richiede di essere decisa senza por tempo in mezzo: accettare subito questa pace annessionista o condurre immediatamente una guerra rivoluzionaria. In sostanza, non c'è via di mezzo. Nessuna proroga è ormai attuabile, poichè abbiamo già fatto tutto il possibile e l'impossibile per tirare artificialmente alle lunghe le trattative. 9. Esaminando gli argomenti che parlano in favore di una guerra rivoluzionaria immediata, ci troviamo innanzi tutto di fronte a questo argomento: la pace separata nel momento attuale sarà, oggettivamente, un accordo con gli imperialisti tedeschi, un << mercato imperialista >>, ecc.; e quindi una tale pace sarebbe una rottura totale con i principi fondamentali dell'internazionalismo proletario. Ma questo argomento è manifestamente falso. Gli operai che sono sconfitti in uno sciopero, accettando condizioni di ripresa del lavoro svantaggiose per loro e vantaggiose per i capitalisti non tradiscono il socialismo. Tradiscono il socialismo soltanto coloro che comprano i vantaggi per una parte degli operai a prezzo dei vantaggi per i capitalisti; soltanto tali accordi sono, in via di principio, inammissibili. Chi chiama la guerra contro l'imperialismo tedesco una guerra di difesa e giusta, ma effettivamente riceve l'appoggio degli imperialisti anglo-francesi e nasconde al popolo i trattati segreti conclusi con questi ultimi, costui sì tradisce il socialismo. Chi, senza nascondere nulla al popolo e senza concludere nessun trattato segreto con gli imperialisti, acconsente a firmare - se le forze per continuare la guerra gli mancano in quel momento - delle condizioni di pace svantaggiose per una nazione debole e vantaggiose per uno dei gruppi imperialisti, costui non commettere il minimo tradimento verso il socialismo. 10. Un altro argomento in favore della guerra immediata è il fatto che, firmando la pace, noi diventiamo oggettivamente gli agenti dell'imperialismo tedesco, poichè liberiamo e le sue truppe che tengono il nostro fronte e milioni di prigionieri, ecc. Ma anche questo argomento è manifestamente falso, poichè, oggettivamente, la guerra rivoluzionaria farebbe di noi in questo momento gli agenti dell'imperialismo anglo-francese, che fornirebbero a quest'ultimo le forze

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ausiliarie di cui ha bisogno per raggiungere il proprio fine. Gli inglesi hanno semplicemente proposto al nostro comandante in capo, Krylenko, 100 rubli al mese per ogni soldato russo, se la guerra continuasse. Senza accettare un copeco dagli anglo-francesi, saremmo loro tuttavia oggettivamente utili trattenendo una parte dell'esercito tedesco. In tutti e due i casi non riusciremmo a liberarci interamente da questo o quel legame imperialista, ed è evidente che non ce ne potremmo liberare totalmente senza abbattere l'imperialismo mondiale. La giusta conclusione che se ne può trarre è che, a partire dal momento della vittoria del governo socialista in un paese, bisogna risolvere la questione non dal punto di vista di dare la preferenza a questo o quell'imperialismo, ma esclusivamente dal punto di vista delle condizioni più favorevoli allo sviluppo e all'affermarsi della rivoluzione socialista che si è già iniziata. In altre parole: il principio che deve ora determinare la nostra tattica non è quello di sapere quale dei due imperialismi sarebbe più vantaggioso sostenere oggi, ma quale è il mezzo più sicuro ed efficace per assicurare alla rivoluzione socialista la possibilità di consolidarsi o per lo meno di mantenersi in un paese sino a quando gli altri paesi si uniranno ad esso. 11. Si dice che gli avversari della guerra fra i socialdemocratici tedeschi sono oggi diventati <<disfattisti>> e ci pregano di non cedere all'imperialismo tedesco. Ma noi ammettevamo il disfattismo soltanto nei confronti della borghesia imperialista di casa nostra; quanto alla vittoria sull'imperialismo straniero, vittoria conseguita mediante un'alleanza formale od effettiva con un imperialismo << amico >>, l'abbiamo sempre condannata come un metodo in via di principio inammissibile, e in generale non buono. Quest'argomento non è dunque che una variante del precedente. Se i socialdemocratici di sinistra tedeschi ci avessero proposto di rimandare la pace separata per un periodo di tempo determinato, garantendoci un'azione rivoluzionaria in Germania durante questo intervallo, la questione potrebbe allora porsi per noi in altri termini. Ma i socialdemocratici di sinistra tedeschi non soltanto non dicono ciò, ma dichiarano formalmente: << Resistete sino a quando potete, ma decidete secondo la situazione interna della rivoluzione socialista russa, poichè non si può promettere niente di positivo circa la rivoluzione tedesca >>. 12. Si dice che in diverse dichiarazioni del partito noi abbiamo esplicitamente << promesso >> la guerra rivoluzionaria, e che firmare una pace separata sarebbe venir meno alla propria parola. E' falso. Noi abbiamo parlato della necessità per un governo socialista, nell'epoca imperialista, di <<preparare e sostenere >> la guerra rivoluzionaria; ne abbiamo parlato per combattere il pacifismo astratto, la teoria della negazione completa della << difesa della patria >> nell'epoca imperialista, e, infine, per combattere gli istinti puramente egoistici di una parte dei soldati; ma non ci siamo assunti l'impegno di incominciare una guerra rivoluzionaria senza tener conto della possibilità di condurla in questo o quel momento. Anche ora noi dobbiamo assolutamente preparare la guerra rivoluzionaria. Noi manteniamo questa promessa, come abbiamo mantenuto in generale tutte le nostre promesse che potevano essere immediatamente mantenute: abbiamo annullato tutti i trattati segreti, abbiamo proposto una pace giusta a tutti i popoli, abbiamo in tutti i modi e a più riprese tirato per le lunghe le trattative di pace per dare ad altri popoli la possibilità di unirsi a noi. Ma la questione : si può subito, immediatamente, condurre una guerra rivoluzionaria? Bisogna risolverla esclusivamente tenendo conto delle condizioni materiali della sua realizzazione e degli interessi della rivoluzione socialista, la quale si è già iniziata. 13. Riassumendo la valutazione degli argomenti in favore della guerra rivoluzionaria immediata, bisogna addivenire alla conclusione che questa politica risponderebbe forse alle aspirazioni dell'uomo e ciò che è bello, produce sensazione, colpisce, ma non terrebbe in alcun conto i rapporti oggettivi delle forze di classe e i fattori materiali nel momento presente della rivoluzione socialista iniziata.

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14. E' fuor di dubbio che il nostro esercito è nel momento attuale, e sarà nelle prossime settimane (e probabilmente anche nei prossimi mesi), nell'impossibilità assoluta di respingere con successo l'offensiva tedesca: primo, causa l'estrema stanchezza e l'esaurimento della maggior parte dei soldati, la disorganizzazione inaudita negli approvvigionamenti, nel cambio delle truppe spossate, ecc.; secondo, causa l'assoluta inefficienza del parco dei cavalli, ciò che condanna la nostra artiglieria a una sicura perdita; terzo, causa l'impossibilità assoluta di difendere il litorale tra Riga e Reval, ciò che dà al nemico la certezza quasi assoluta di poter conquistare il resto della Livonia, poi l'Estonia, e di aggirare alle spalle una gran parte delle nostre truppe e, infine prendere Pietrogrado. 15. In seguito, - cosa anch'essa fuor di dubbio, - la maggioranza contadina del nostro esercito si pronunzierebbe in questo momento senza riserve per una pace annessionista e non per una guerra rivoluzionaria immediata, poichè la riorganizzazione socialista dell'esercito, l'afflusso nelle sue file dei distaccamenti della Guardia rossa, ecc. sono appena incominciati. Data la completa democratizzazione dell'esercito, condurre la guerra contro la volontà della maggioranza dei soldati sarebbe un'avventura; ora, la creazione di un esercito socialista operaio e contadino veramente resistente e ideologicamente forte esige, per lo meno, mesi e mesi. 16. I contadini poveri della Russia sono in grado di sostenere la rivoluzione socialista, diretta dalla classe operaia, ma non possono sostenere subito, nel momento attuale, una guerra rivoluzionaria seria. Ignorare in questa questione il rapporto effettivo delle forze di classe sarebbe un errore fatale. 17. La questione della guerra rivoluzionaria si presenta dunque in questo momento nel modo seguente: Se la rivoluzione tedesca scoppiasse e trionfasse nei tre o quattro prossimi mesi, la tattica della guerra rivoluzionaria immediata potrebbe forse non essere funesta alla nostra rivoluzione socialista. Ma se la rivoluzione tedesca non scoppiasse nei prossimi mesi, allora, colla continuazione della guerra, il corso degli avvenimenti sarebbe necessariamente questo: delle gravi sconfitte obbligherebbero la Russia a concludere una pace separata ancora più svantaggiosa, e inoltre questa pace, invece di essere conclusa da un governo socialista, sarebbe conclusa da un altro governo (ad esempio dal blocco della Rada borghese con il partito di Cernov o qualcosa di analogo). Perchè l'esercito contadino, spaventosamente estenuato dalla guerra, fin dalle prime sconfitte, - e sarebbe probabilmente questione di qualche settimana e non di mesi - rovescerebbe il governo operaio socialista. 18. In simili condizioni sarebbe del tutto inammissibile una tattica che punta su una carta il destino della rivoluzione socialista già iniziata in Russia, soltanto perchè la rivoluzione tedesca potrebbe scoppiare in un avvenire molto prossimo, in un termine di tempo molto breve che potrebbe essere misurato a settimane. Una tale tattica sarebbe un'avventura. Noi non abbiamo il diritto di affrontare un tal rischio. 19. E la rivoluzione tedesca, date le sue basi oggettive, non sarà ostacolata se noi concluderemo una pace separata. E' probabile che i fumi dello sciovinismo la indeboliranno per un certo tempo, ma la situazione della Germania rimarrà estremamente difficile; la guerra contro l'Inghilterra e l'America sarà lunga; l'imperialismo aggressivo è completamente e definitivamente smascherato da ambo le parti. L'esempio della Repubblica socialista sovietica in Russia si ergerà, esempio vivente, di fronte ai popoli di tutti i paesi, e la forza di propaganda, di penetrazione rivoluzionaria di questo esempio sarà gigantesca. Qui, regime borghese e guerra aggressiva, smascherata sino in fondo, di due gruppi predoni; là, pace e Repubblica socialista sovietica. 20. Concludendo una pace separata ci sbarazziamo, per quanto è possibile nel momento attuale, dei

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due gruppi imperialisti nemici approfittando della loro ostilità e della guerra che impedisce loro di mettersi d'accordo contro di noi; ne approfittiamo, ottenendo così di avere, per un certo periodo, le mani libere per continuare e consolidare la rivoluzione socialista. La riorganizzazione della Russia sulla base della dittatura del proletariato, sulla base della nazionalizzazione delle banche e della grande industria, in un regime di scambi in natura tra le città e le società rurali di consumo dei piccoli contadini, è perfettamente possibile dal punto di vista economico, a condizione che ci sia assicurato qualche mese di lavoro pacifico. Una simile riorganizzazione renderà il socialismo invincibile in Russia e nel mondo intiero, e creerà al tempo stesso una solida base economica per un possente esercito rosso operaio e contadino. 21. Una guerra veramente rivoluzionaria sarebbe in questo momento la guerra che la Repubblica socialista condurrebbe contro i paesi borghesi, ponendosi lo scopo preciso, approvato pienamente dall'esercito socialista, di abbattere la borghesia negli altri paesi. Ma è certo che nel momento attuale non possiamo ancora prefiggerci questo scopo. Noi condurremmo ora oggettivamente una guerra per la liberazione della Polonia, della Lituania e della Curlandia. Ma nessun marxista può negare, a meno di rompere con i principi fondamentali del marxismo e del socialismo in generale, che gli interessi del socialismo stanno al di sopra di quelli del diritto delle nazioni all'autodecisione. La nostra repubblica socialista ha fatto e continua a fare tutto ciò che è in suo potere per realizzare il diritto all'autodecisione della Finlandia, dell'Ucraina, ecc. Ma se la situazione concreta è ormai tale che l'esistenza della Repubblica socialista è minacciata in questo momento dal fatto che il diritto di qualche nazione (Polonia, Lituania, Curlandia, ecc.) all'autodecisione è stato violato, è ovvio che la questione della salvezza della Repubblica socialista sta al di sopra di ciò. Chi dice quindi: << Non possiamo firmare una pace disonorevole, ignominiosa, ecc., tradire la Polonia, e così via >>, non si accorge che, concludendo la pace a condizione che la Polonia sia liberata, non farebbe che rafforzare ancor più l'imperialismo tedesco contro l'Inghilterra, il Belgio, la Serbia e gli altri paesi. Una pace condizionata dalla liberazione della Polonia, della Lituania, della Curlandia sarebbe una pace << patriottica >> dal punto di vista della Russia, ma non cesserebbe dall'essere una pace con gli annessionisti, con gli imperialisti tedeschi. (1) Scritto il 7 (20) gennaio 1918; pubblicato sulla Pravda, n.34, 11 (24) febbraio 1918.